L` altra faccia della scritturale ed elettronica

ANTONELLO MUSCELLA
L’ altra faccia della
MONETA
scritturale ed elettronica
Registrazione SIAE n. 2010001267
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“La moneta è per sua natura sterile”
Aristotele Philosophus
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INDICE
CAPITOLO I – Storia della Moneta dalle sue origini al
giorno d’oggi
1.1 – Il baratto e lo scambio
1.2 – Le funzioni della Moneta
1.3 – Una Moneta senza Oro
1.4 – Il Signoraggio Bancario
1.5 – Economia finanziaria ed economia reale
1.6 – La moneta come sistema di misura
1.7 – Gli interessi e gli effetti indesiderati sul mercato
1.8 – Il Punto di Crisi
pag. 03
pag. 04
pag. 05
pag. 07
pag. 09
pag. 10
pag. 12
pag. 13
CAPITOLO II – Aspetti Giuridici della Moneta Elettronica
2.1 – Il sistema di pagamento mediante moneta elettronica
2.2 – Gli Istituti di Moneta Elettronica
2.3 – Il titolo V bis del D.Lgs n. 385 del 1° settembre 1993
pag. 12
pag. 20
pag. 22
CAPITOLO III – Aspetti Tecnici ed Economici della moneta
Scritturale ed Elettronica
3.1 – I surrogati della Moneta
3.2 – Le Carte di Debito
3.3 – Le Carte di Credito
3.4 – Strumenti di pagamento immediato
pag. 24
pag. 26
pag. 27
pag. 29
CAPITOLO IV – La Monetica nel Terzo Millennio
4.1 – La tracciabilità
4.2 – La moneta di plastica e la carta d’identità elettronica
4.3 – L’evoluzione della moneta di plastica
4.4 – La magia della moneta di plastica
4.5 – Mondo Virtuale e Moneta Virtuale
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pag. 31
pag. 33
pag. 34
pag. 36
pag. 38
CAPITOLO I
STORIA DELLA MONETA DALLE SUE ORIGINI AL GIORNO
D’OGGI
1.1 IL BARATTO E LO SCAMBIO
Originariamente gli scambi economici avvenivano principalmente attraverso il
baratto. In pratica si prendeva un oggetto e si cercava dall’altra parte di trovare una
persona che fosse desiderosa di entrare in possesso di tale bene in cambio di un altro
oggetto di valore equivalente. Tale sistema, purtroppo, risentiva della sua estrema
complicazione per l’effettuazione degli scambi per il semplice fatto che se io sono
possessore del bene A e desidero possedere il bene B devo trovare un soggetto che sia
possessore del bene B e che, nello stesso tempo, desideri acquisire il bene A.
Appare evidente che in un tale contesto gli scambi diventano assai problematici
poiché si riducono sensibilmente le possibilità combinatorie tra i soggetti con una
forte limitazione dell’attività economica tra i diversi operatori. Proprio per risolvere
tale handicap nella effettuazione degli scambi è subentrata la moneta che è
espressione di un valore numerario che dovrebbe rappresentare una scala di valori
economici rispetto alla quale misurare il valore dei singoli beni. Tale scala di valori
era uguagliata al contenuto d’oro della moneta e , quindi, i beni economici oggetto di
scambio acquisivano una espressione numerica attraverso un processo di astrazione
analogico riferito al valore di una certa quantità di metallo prezioso.
Il motivo per cui si è scelto l’oro come metro di misura del valore dei beni non
si è mai capito e rimane avvolto nel mistero. Infatti, l’oro non ha delle proprietà
particolari, nel senso che non è un metallo indispensabile per il genere umano il quale
potrebbe sicuramente sopravvivere anche senza accumulare rilevanti scorte di
lingotti. Può essere indispensabile per il genere umano possedere o accumulare
petrolio o qualche risorsa agricola come il grano che assolvono al soddisfacimento di
un bisogno primario degli individui come quello del trasporto o quello
dell’alimentazione. Inoltre, l’oro non ha proprietà fisiche particolari. E’ soltanto un
grande conduttore di elettricità ma per questo tipo di finalità va molto meglio il rame
che è anch’esso un grande conduttore elettrico ma è reperibile sul mercato a prezzi
molto inferiori a quello dell’oro.
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Sarebbe logico, se il sistema economico ed il sistema monetario avessero
anch’essi una natura logica, ancorare la moneta ad un qualcosa che abbia un valore
d’uso, cioè ad un bene cha assolva al soddisfacimento di un bisogno diretto
dell’individuo. Rimane, pertanto, un mistero il riferimento all’oro anche se da
informazioni acquisite su Internet è stata recentemente scoperta in Sud Africa una
civiltà molto antica di circa 200.000 anni a.c. (tanto da far saltare i calcoli che
vengono effettuati sull’origine della specie umana) che era anch’essa una civiltà
legata all’oro. Il Sud Africa è una regione molto ricca di diamanti ed altri metalli
preziosi ed in questa antica civiltà che è stata rinvenuta sono presenti tunnel ed altri
manufatti realizzati per l’estrazione dell’oro.
In ogni caso, l’oro ha avuto un grande valore per tutte le civiltà esistite poiché
anche se non svolge nessuna funzione, nel senso di soddisfare dei bisogni umani, ha
avuto sempre una grande rilevanza come collegamento con le divinità. Infatti, quando
si consegna un valore agli Dei, tale valore viene quantificato in qualcosa consistente
in un oggetto d’oro. Per capire questo tipo di considerazione è sufficiente visitare le
chiese dove sono esposti gli ex voto di persone che hanno ricevuto grazie e miracoli
per notare che sono tutti quanti oggetti realizzati in metalli preziosi. Ma l’oro ha
anche un grande valore per la civiltà contemporanea. Infatti, esso viene utilizzato per
suggellare momenti particolari della vita di una persona come in occasione del
matrimonio (in cui si regala la fede nuziale), o di altri eventi collegati con riti sia
religiosi che civili.
Quindi l’oro, anche se non possiede un valore d’uso ha sicuramente un valore
simbolico che gli viene attribuito sia dalle antiche civiltà che da quella
contemporanea.
1.2 LE FUNZIONI DELLA MONETA
Le funzioni della moneta sono quelle di essere strumento di pagamento,
moneta di conto e riserva di valore. Strumento di pagamento significa che io pagando
una certa somma di denaro riesco ad assolvere ad mia obbligazione espressa in
termini monetari. Quindi come strumento di pagamento la moneta è essenziale per
soddisfare le pretese dei creditori onorando i debiti contratti.
La moneta oltre che strumento di pagamento è anche moneta di conto cioè le
rappresentazioni contabili dagli estratti conti alle complesse scritture aziendali sono
espresse in moneta di conto che in Italia è l’Euro come per tutto il resto dell’Europa.
In altri paesi la moneta di conto sarà la Sterlina o il Dollaro a seconda dell’ubicazione
della persona fisica o dell’azienda a cui si riferisce la contabilità.
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Un’altra importante funzione della moneta è quella di riserva di valore nel
senso che la moneta se tesaurizzata conserva il suo valore e permette di procrastinare
il soddisfacimento dei bisogni ad un tempo futuro. Cioè posso decidere di non
destinare la moneta ad un consumo immediato ma destinarla al risparmio facendo in
modo che il suo valore sia conservato nel tempo. Tuttavia quest’ultima funzione della
moneta è abbastanza discutibile poiché è assodato che la moneta non riesce a
conservare il proprio valore per effetto della galoppante inflazione che caratterizza
tutti i sistemi economici.
Un euro conservato nel 2000 avrà nel 2010 un ben altro valore sicuramente
ridotto in cui la sua capacità di acquisto sarà stata dimezzata ed erosa dall’inflazione.
C’è poi da dire che la definizione di un valore ha un senso soggettivo e non oggettivo
poiché uno stesso bene potrebbe essere apprezzato in termini monetari totalmente
diversi da due diversi soggetti economici. Comunque sta di fatto che il processo
inflattivo è inarrestabile per il semplice motivo che le banche centrali amplificano la
massa monetaria in circolazione parallelamente all’incremento del Prodotto Interno
Lordo.
L’immissione della liquidità nel sistema è poi particolarmente sostenuta
soprattutto nei periodi di crisi come quello attuale in cui le banche centrali come la
BCE effettuano operazioni non convenzionali intervenendo sul mercato finanziario
con l’acquisto di titoli pubblici e privati sia per sostenere il corso dei titoli sia
soprattutto per effettuare iniezioni di liquidità all’interno del sistema per stimolare la
ripresa economica.
1.3 UNA MONETA SENZA ORO
Il 15 agosto del 1971 è sicuramente una data storica, anche se non
contemplata in nessun libro o manuale di economia in uso nelle scuole e nelle
università, perché è in questo fatidico giorno Nixon, allora Presidente degli Stati
Uniti d’America, decretò il mancato collegamento del dollaro all’oro cioè la non
convertibilità dei biglietti di banca in oro nemmeno da parte delle banche centrali
degli altri paesi non americani. In questo giorno venivano messi da parte gli accordi
di Bretton Woods del 1944-45 che sono una ideazione fatta ad opera dell’eminente
economista Lord Keynes, che ponevano il dollaro come l’unica moneta ancorata
all’oro. Tutte le altre valute erano ancorate a loro volta al dollaro che rappresentava
la valuta di riferimento.
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Proprio per effetto di tali accordi gli USA dovevano conservare grosse quantità
aurifere per l’immissione di nuovi dollari e tali riserve erano conservate presso il Fort
Knox nello Stato del Kentucky in prossimità di un grande distretto militare. Ma
contravvenendo agli accordi di Bretton Woods Negli anni precedenti il 1971 gli Stati
Uniti cominciarono ad immettere nel sistema grosse quantità di dollari.
Ciò dovuto al fatto che gli Stati Uniti si presentavano sia con un grande deficit
federale che con un grosso disavanzo nella bilancia dei pagamenti. E’, infatti,
abbastanza risaputo che l’economia americana si sostiene soprattutto attraverso
l’importazione di beni dai paesi esteri che vengono pagati in dollari, una valuta
apprezzata nel mondo e utilizzata nelle transazioni internazionali.
Di questo stato di cose ma soprattutto di questa abnorme produzione di dollari
per assolvere ai debiti internazionali contratti dagli Usa se ne accorsero anche gli
Stati Europei e, soprattutto, la Francia che disponeva di una grande quantità di dollari
presso la sua Banca Centrale. Constatato che gli Stati Uniti non stavano più
rispettando gli accordi di Bretton Woods che stabilivano che per ogni dollaro
immesso era necessario detenere una certa quantità di oro, la Francia chiese
all’America, per il tramite della sua Banca Centrale, la conversione delle sue grosse
quantità di dollari in oro.
Secondo gli accordi di Bretton Woods soltanto le banche centrali dei vari stati
potevano chiedere alla FED la conversione in oro presentando in cambio la valuta
americana come contropartita. Tale richiesta mise in seria difficoltà il governo
americano che non disponeva di simili quantità di oro che gli veniva richieste dal
governo francese tanto che il Presidente Nixon fu indotto a decretare la non
convertibilità del dollaro nella impossibilità di soddisfare le pretese francesi.
Quindi dal 15 agosto 1971 tutte le valute in circolazione compresso il dollaro
non sono più ancorate a qualche metallo prezioso e le poche riserve d’oro oggi
esistenti presso i caveau delle banche hanno un puro significato simbolico per dare
una qualche credibilità ai biglietti di banca. Ma ciò fa nascere grosse problematiche
perché abitualmente le persone sono indotte a credere che la moneta possieda un
valore intrinseco e che la banconota è rappresentativa di un valore espresso in oro.
Inoltre, tale valore intrinseco non è più rintracciabile nemmeno in forma indiretta
come avveniva ad esempio per la Lira. Infatti, la Lira tramite le quotazioni di cambio
poteva essere scambiata con il dollaro che a sua volta era riconducibile al metallo
prezioso. La mancanza di valore intrinseco di tutte le valute fa nascere valori
economici soggettivi derivanti dalla percezione individuale che ciascuno ha della
moneta. Tale tematica sarà comunque oggetto di approfondimento nella parte finale
di questa breve trattazione.
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1.4 IL SIGNORAGGIO BANCARIO
Il mancato ancoraggio della valuta all’oro fa nascere un altro grave problema
legato a tutti i sistemi finanziari e monetari: quello del signoraggio bancario.
Anticamente chi possedeva le monete d’oro le andava a depositare presso gli orefici
che ne garantivano il deposito e affrancavano il proprietario da eventuali problemi di
sicurezza legati ai furti o allo smarrimento. L’orefice emetteva un biglietto
(equivalente alla nota di deposito) in cui attestava l’avvenuto deposito del metallo
prezioso presso i suoi caveau. L’orefice nel tempo si trasforma in BANCO e le sue
NOTE di deposito diventano BANCONOTE (o Note di Banco).
Con le banconote si potevano concludere affari in luoghi assai distanti dalla
propria residenza senza che ciò implicasse il trasporto materiale di grosse quantità
d’oro per il pagamento delle compravendite evitando di incorrere in eventuali furti.
Ma un bel giorno il banchiere cominciò ad emettere banconote senza il preventivo
deposito dell’oro contando sul fatto che i vari titolari delle banconote non si
presentavano mai a richiedere l’oro depositato che rimaneva giacente nei bunker
fortificati. Così le banconote diventano massa circolante cioè un qualcosa che circola
nei portafogli delle persone ma che non viene più presentata presso l’emittente.
Allo stesso modo di allora anche oggi il banchiere stampa biglietti di banca
sostenendo soltanto minimi costi per la sua produzione ma rappresentativi di un
valore molto più alto. E’ da notare che la Banca d’Italia che stampava la lira non è un
organo dello Stato bensì una S.p.A. che risponde a soggetti di natura privata. Al
Poligrafico e Zecca dello Stato è affidato il compito di coniare le monete metalliche
per conto del Ministero del Tesoro. Oggigiorno la moneta è stampata dalla Banca
Centrale Europea in cui la Banca d’Italia è rappresentata con una quota intorno al
12%. A sua volta la Banca d’Italia è controllata per circa il 60% da due colossi
bancari che sono Banca Intesa e Unicredit. Il rimanente 40% è posseduto da banche
minori ed un 5% è posseduto dallo Stato per il tramite dell’INPS.
Anche La FED americana è un organo privato in cui sono rappresentati i
Rothschild i Rockefeller e gruppi bancari come la Morgan Stanley, Goldman Sachs
eccetera. E’ necessario tuttavia precisare che una legge del Parlamento Italiano e
precisamente la legge n. 262 del 28 dicembre 2005 dal titolo “Disposizioni per la
tutela del risparmio e la disciplina dei mercati finanziari” prevede una riforma
dell’assetto societario della Banca d’Italia.
Infatti, l’art. 19 al comma 10 così testualmente recita: “Con regolamento da
adottare ai sensi dell’art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è ridefinito l’assetto
proprietario della Banca d’Italia, e sono disciplinate le modalità di trasferimento,
entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle quote di
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partecipazione al capitale della Banca d’Italia in possesso di soggetti diversi dallo
Stato o da altri enti pubblici”. E’ facile tuttavia capire che questa legge del lontano
2005 non ha trovato applicazione e non troverà applicazione neanche in un prossimo
futuro per una questione legata alla valutazione delle quote detenute dai banchieri
privati che dovrebbero essere liquidati per la cessione allo Stato delle loro
partecipazioni. Il Ministro delle Finanze Tremonti aveva qualche anno fa avanzato la
proposta di liquidare i banchieri privati per una somma complessiva di 800 milioni di
euro ma la proposta fu rinviata al mittente essendo giudicata troppo esigua. N.d.A.
n.1 (vedi a fine libro).
La questione è sicuramente molto complessa per il semplice motivo che le
valutazioni ad esempio di aziende industriali sono possibili poiché esiste un mercato
di riferimento rispetto al quale misurare il valore comparato anche in riferimento ad
indici di solidità finanziaria, patrimoniali ed economica di un determinato settore
produttivo. Ma la Banca d’Italia opera in condizioni di monopolio assoluto. Non
esiste sul mercato una qualsiasi altra azienda che svolga le sue stesse funzioni di
vigilanza e di istituto di emissione. Si deduce quindi che il valore della Banca d’Italia
è inestimabile poiché è inestimabile il valore di un ente che crea dal nulla valori
monetari. Inoltre, i titolari privati di una simile attività si guarderanno bene dal cedere
una tale prerogativa che appartiene a loro in modo totalmente esclusivo.
Quindi la banca centrale italiana rimane e rimarrà di natura privata e la sua
funzione rimarrà quella di prestare soldi allo Stato e precisamente al Ministero del
Tesoro. Tecnicamente l’emissione della moneta da parte della Banca d’Italia avviene
contestualmente all’emissione di titoli di Stato come BOT, BTP, CTO, CTZ ecc.,
emessi da parte del Ministero del Tesoro. Da un punto di vista contabile i titoli
acquisiti dalla Banca d’Italia in contropartita della emissione della moneta
affluiscono nell’attivo dello Stato Patrimoniale della B.d.I. poiché logicamente
costituiscono un credito che la stessa vanta nei confronti dello Stato. Titoli che sono
fruttiferi di interessi attivi che affluiscono nel Conto Economico della Banca
Centrale.
Ma la cosa illogica che si rileva nello Stato Patrimoniale della Banca d’Italia e
che la moneta emessa e prestata al Tesoro affluisce nel passivo del suo Stato
Patrimoniale come se la moneta fosse una passività e abbia natura di debito. Ciò è
contrario ad ogni principio contabile conosciuto poiché la moneta è sempre inserita
nell’attivo dello S.P. rappresentando una attività finanziaria di natura liquida che può
essere immediatamente utilizzata in altre forme di impiego.
Ritornando a parlare dell’emissione della moneta possiamo dire che la stessa
corrisponde al debito contratto dallo Stato cioè tutti i soldi in circolazione
corrispondono ad un debito che assume la forma di titoli di Stato emessi dal Tesoro.
Come ritiene il Prof. Giacinto Auriti tutto il sistema monetario è fondato sul debito
cioè su un debito pubblico che grava sull’intera collettività la quale deve farsi garante
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della sua restituzione e del pagamento degli interessi che maturano periodicamente.
E’attraverso il sistema fiscale che lo Stato Italiano, con le tante imposte dirette ed
indirette che conosciamo, non fa altro che prelevare dalle tasche dei cittadini italiani
una quantità di soldi che serve per ricompensare la Banca d’Italia della moneta
emessa e degli interessi che la stessa produce.
Ma i costi di stampa di questa moneta sono irrisori se si tratta di banconote e
totalmente nulli se si tratta di moneta elettronica. Infatti, quest’ultima viene generata
attraverso strumenti informatici e software gestionali e la sua creazione corrisponde
alla digitazione del tasto “ENTER” di un qualche computer residente presso la Banca
d’Italia. Ma una semplice digitazione diviene generatrice di interessi che sono
sicuramente una componente rilevante dei ricavi della Banca d’Italia. Il signoraggio
quindi può essere definito come differenza di valore tra i costi di produzione della
moneta ed il valore molto più alto che impresso sulle sue facciate se si tratta di
banconote.
L’origine storica del signoraggio deriva dall’antica prassi di consegnare le
monete d’oro al Signore del tempo il quale tratteneva una piccola quantità del metallo
prezioso in cambio della possibilità di poter utilizzare la sua effige sulle monete.
Oggigiorno non abbiamo più la figura del regnante ne tanto meno l’utilizzazione di
monete d’oro e questa differenza di valore, cioè il signoraggio, viene totalmente
incamerata dalla Banca d’Italia. E’ da sottolineare inoltre che tutte le banche centrali
sia la BCE che la FED operano in totale indipendenza al di fuori di qualsiasi controllo
politico e sono in ultima analisi gli enti che dettano la politica economica degli Stati.
Quest’ultimi non fanno altro che curare aspetti secondari dell’economia mentre la
politica monetaria e finanziaria è totalmente affidata alle banche centrali.
1.5 ECONOMIA FINANZIARIA ED ECONOMIA REALE
Solo una piccola percentuale delle transazioni finanziarie (circa un terzo) che
avvengono quotidianamente nel mondo corrispondono o hanno un riferimento
nell’economia reale. Ciò significa che buona parte delle transazioni monetarie non
servono per il pagamento delle merci o per la realizzazione dei manufatti bensì per
l’effettuazione di operazioni di impiego in altri strumenti finanziari. C’è da
aggiungere poi che la massa monetaria circolante soltanto per il 3% ha un supporto
cartaceo mentre il rimanente 97% sono valori monetari cha hanno una natura
elettronica. Inoltre, assistiamo al giorno d’oggi allo sviluppo di strumenti monetari di
2°, 3°,4° grado, nel senso che sono forme monetarie che sono rappresentazioni
esponenziali ed indirette della moneta.
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Questo non soltanto con l’innovazione degli strumenti derivati che sono forme
di trasferimento del rischio dell’investimento finanziario ad altri soggetti ma già
l’assegno o la cambiale rappresentano soltanto indirettamente una moneta sottostante.
Quest’ultima potrà esserci o non esserci se l’assegno è coperto oppure no e per la
cambiale se questa verrà o no onorata alla scadenza. Anche per le azioni o altri titoli
potremo dire che il ritorno dell’investimento in forma monetaria potrà esserci oppure
no a seconda dell’andamento dei mercati borsistici. Si potrebbe dire che il mondo è
avvolto da espressioni monetarie elettroniche che non hanno nessuna consistenza
reale ma sono soltanto promesse di un futuro pagamento e di un possibile guadagno.
La quantità di questa moneta elettronica circolante è stata valutata in una cifra
stratosferica che nell’ordine 30, 40 volte PIL mondiale di un anno.
Non c’è poi da stupirsi più di tanto delle ricorrenti crisi finanziarie come la
bolla speculativa sui mutui sub-prime in America o il fallimento di importanti
imprese di costruzioni a Dubai. Con lo sviluppo e l’impiego di warrants, options,
certificate, swap ecc., si alimenta una specie di gioco del cerino acceso in cui l’ultimo
che ne rimane in possesso ne paga le conseguenze con ricadute sull’intero sistema.
Ma ormai l’economia finanziaria ha preso il sopravvento sull’economia reale che
invece è fatta di beni e servizi che servono a soddisfare i bisogni diretti dell’umanità.
L’economia finanziaria al contrario tende a riprodurre la moneta attraverso la moneta
nel senso di ricreare una differenza positiva di valori monetari che dovrebbero auto
generarsi.
Sono meccanismi in cui si crede di garantire all’operatore finanziario la
riproduzione della moneta impiegata in quantità maggiori senza che ciò abbia un
qualche collegamento con l’economia reale. L’economia finanziaria è finalizzata a se
stessa non soddisfa un bisogno reale dell’uomo ma soltanto il sogno di arricchirsi
velocemente e senza sforzi così come avviene nella gestione delle diverse lotterie
nazionali.
1.6 LA MONETA COME SISTEMA DI MISURA
La moneta può ritenersi uno strumento di misura del valore dei beni attraverso
la quale possono compararsi le stime di valore e realizzare gli scambi. Quindi, la
moneta al pari degli altri strumenti di misura come il metro, il kilogrammo, il litro
ecc., dovrebbe essere riconducibile ad una proprietà pubblica o da ritenersi
patrimonio dell’intera collettività. Tutti utilizzano, ad esempio, le lettere dell’alfabeto
per scrivere libri, lettere, relazioni ecc., e quindi utilizzano un sistema convenzionale
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da tutti accettato e condiviso senza che da ciò ne derivi un costo per l’utilizzatore. La
cosa è ben diversa per la moneta. Infatti, se chiedo un prestito alla banca sono
obbligato non solo alla restituzione della somma concessa in finanziamento ma anche
al pagamento degli interessi. Ciò può sembrare normale perché siamo stati abituati a
considerare il pagamento degli interessi come una cosa dovuta senza mai chiederci il
fondamento di una tale pretesa finanziaria.
Se, infatti, utilizzo un sistema di misura come il metro non sono tenuto a
pagare royalty o eventuali noleggi o costi di utilizzazione per il semplice motivo che
di un tale sistema di misura nessuno può rivendicare una proprietà individuale. Se,
invece, abito in affitto devo pagare i canoni mensili di locazione perché il legittimo
proprietario ha diritto a percepirli per aver ceduto a terzi il diritto di utilizzazione di
un suo bene. Da ciò si deduce che anche per la moneta, poiché sono tenuto a pagare
gli interessi, esiste un soggetto che ne rivendica la proprietà e questo soggetto, come
abbiamo già detto in altre pagine, non è lo Stato bensì un ente privato che è la Banca
d’Italia. E’ da ricordare a tal proposito che i poteri conferiti dalla Costituzione allo
Stato Italiano sono il potere esecutivo, legislativo e giudiziario mentre è totalmente
escluso allo Stato il potere di battere moneta.
Dalla lettura della costituzione Italiana si evince che non è rintracciabile
nessuna menzione in merito alla possibilità di battere moneta che per tradizione
storica è stata riservata ai banchieri privati. Se poi andiamo a rintracciare le cause e le
motivazioni che sono alla base di questa tradizione storica scopriamo che esiste una
giustificazione religiosa contenuta nel Vecchio Testamento. Il Vecchio Testamento
dava la possibilità agli ebrei di prestare il denaro e chiedere gli interessi ma soltanto a
coloro che non erano ebrei. Infatti, tra ebrei non viene richiesto il pagamento degli
interessi e sussiste la possibilità dell’annullamento dei debiti ogni sette anni.
Ma il Vecchio Testamento trova un superamento con il Nuovo Testamento e
non è un caso che anche la Chiesa Cattolica ha avuto esponenti prestigiosi che si sono
scagliati contro questa pratica usuraia adottata dagli ebrei. A cominciare dall’eretico
Marcione passando per S. Antonio da Padova, San Giacomo della Marca fino al più
recente papa Pio XI che ha pubblicato una enciclica in materia monetaria e
finanziaria. Nonostante questa dura contrapposizione di esponenti della Chiesa
Cattolica la prassi di chiedere interessi si è tramandata sino ai nostri giorni e
possiamo senz’altro dire che tutto il sistema finanziario è imperniato intorno alla
regola degli interessi.
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1.7 GLI INTERESSI E GLI EFFETTI INDERIDERATI SUL MERCATO
Nella politica economica la definizione del tasso di interesse è considerata uno
strumento a disposizione delle banche centrali per controllare l’andamento dei
mercati. In periodi di crisi, come quello attuale, il tasso di interesse è ridotto al
minimo tant’è che nel momento in cui scrivo la BCE applica un tasso di sconto
dell’1% e la FED dell’0%. Ciò al fine di spingere gli operatori a contrarre
finanziamenti ed effettuare investimenti ed avviare così un nuovo ciclo di espansione
economica. Al contrario in momenti di congiuntura economica positiva il tasso di
sconto aumenta ciò al fine di rendere più costosi i finanziamenti e ridurre la spinta
inflattiva che caratterizza l’espansione dell’attività economica.
In realtà, il tasso di interesse comporta un aumento generale dei prezzi poiché i
costi che sono sostenuti dall’operatore economico per forza di cose verranno trasferiti
nel prezzo dei beni prodotti e venduti. Si studia, infatti, in Scienze delle Finanze il
meccanismo della traslazione delle imposte, soprattutto indirette, per effetto del quale
le imposte pagate dall’imprenditore rappresentano voci di costo che vanno ad
aggiungersi alle altre componenti di spesa che debbono essere recuperate, con
l’aggiunta di un margine di profitto, con il prezzo di vendita del bene.
Così come accade per la traslazione delle imposte è facile supporre che un
simile meccanismo agisca anche per gli interessi nel senso che l’operatore economico
che tendenzialmente non opera in perdita deve necessariamente recuperare le somme
spese per il pagamento degli interessi. Ciò sta a significare che tutto il processo
economico è gravato di un costo improprio dovuto al pagamento degli interessi che
producono come conseguenza finale un aumento generale dei prezzi. Pertanto,
quando le banche centrali innalzano il tasso di sconto per ridurre la spinta inflattiva è
molto probabile che conseguano l’effetto opposta e cioè una ulteriore spinta
all’aumento dei prezzi.
E’ anche probabile, come sarà meglio spiegato nel prossimo paragrafo che
l’utilizzazione della leva del tasso di sconto possa fungere da catalizzatore ed
acceleratore delle ricorrenti crisi economiche. Comunque rimane fondamentale la
ferma convinzione da parte delle autorità bancarie di poter controllare le spinte
inflattive per il tramite di un aumento del tasso ufficiale di sconto che dovrebbe
frenare la richiesta di finanziamenti e quindi il ricorso all’indebitamento. Si ribadisce,
invece, che gli interessi costituiscono un costo improprio che grava su tutte le attività
economiche e che su ogni bene che noi acquistiamo nel mercato dobbiamo sostenere
il pagamento non soltanto delle imposte e delle tasse dovute allo Stato ma anche gli
interessi dovuti alle banche.
La componente di costo per gli interessi sarà a sua volta più alta a seconda del
livello del tasso di sconto vigente al momento. Si realizzano così delle grosse rendite
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finanziarie che gravano sugli operatori economici che vengono poi trasferite al
consumatore finale che rimane l’unico a sostenere il gravame di tali posizioni
finanziarie.
1.8 IL PUNTO DI CRISI
Per capire il grafico sopra riportato è necessario specificare che un qualsiasi
finanziamento concesso dalle banche ad un privato o ad un’organizzazione pubblica è
semplicemente uno spostamento temporale di risorse dal futuro al presente. In altre
parole, se il Sig. X chiede un finanziamento di euro 10.000 da restituire nei due anni
successivi, il Sig. X non ha fatto altro che attualizzare al momento della richiesta
risorse finanziarie di cui egli sarà in possesso soltanto in futuro.
Possiamo dire che il Sig. X tenta di realizzare le sue ambizioni
imprenditoriali o di altra natura facendo ricorso a risorse finanziarie che attualmente
non possiede contando su futuro più generoso. Ma la caratteristica di ogni
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finanziamento è che al rimborso bisogna corrispondere anche gli interessi. Possiamo,
quindi, indicare con la retta F la quantità complessiva di finanziamenti che il sistema
bancario eroga a favore di tutti i soggetti di una collettività.
La retta F presenta un andamento crescente per effetto della riserva
frazionaria che impone alle banche, nella loro totalità, di trattenere soltanto il 2% dei
depositi mentre il restante 98% può essere nuovamente concesso in finanziamento a
favore di altri soggetti. Se si considera il sistema bancario nel suo complesso, che è
rappresentato dal monopolio detenuto dalla Banca d’Italia in quanto ente
rappresentativo di tutti gli operatori finanziari che ne detengono le quote societarie, si
può facilmente immaginare che l’utilizzazione di un deposito bancario che
rappresenta un uscita monetaria di una banca è nello stesso tempo un entrata
finanziaria di un’altra banca. Infatti, se il soggetto A ritira soldi dal suo conto per
versarli al soggetto B è probabile che quest’ultimo procederà a depositarli alla sua
banca. La quale, a sua volta, trattenendo soltanto il 2% potrà concederli nuovamente
in finanziamento. Come si può facilmente comprendere da quanto sopra detto si
attiva una progressione geometrica di creazione secondaria della moneta che può
essere quantificato con il seguente calcolo matematico: 1/2% = 50. Questo significa
che un euro depositato presso la banca genera 50 euro di nuova moneta che viene
immessa nel sistema economico. Tale fenomeno è anche conosciuto come leva
finanziaria che produce un’espansione della massa monetaria in circolazione.
Si determina, così, un effetto moltiplicativo dei finanziamenti che vengono
concessi dal sistema bancario all’intera collettività determinando una bolla
speculativa che è destinata ad esplodere. Infatti, la quantità di moneta che viene
richiesta per il rimborso di tutti i finanziamenti è ben superiore alla quantità di
moneta erogata dalle banche, posto che al rimborso è necessario corrispondere anche
gli interessi. Quindi, nel caso del Sig. X che ha ottenuto un finanziamento di euro
10.000, il rimborso sarà verosimilmente di euro 11.000.
Questo significa che la tempo T1 la quantità di moneta concessa in
finanziamento è superiore alla quantità di moneta chiesta in rimborso, mentre al
tempo T2 abbiamo una situazione di totale pareggio. Al tempo T3 la quantità di
moneta chiesta in rimborso comincia ad essere superiore alla quantità concessa in
finanziamento e si determina una condizione di crisi dell’economia per la presenza di
soggetti che risulteranno, per ovvi motivi, insolventi poiché senza liquidità.
La retta R che misura i rimborsi dei finanziamenti ha chiaramente
un’inclinazione maggiore della retta F poiché gli interessi provocano un
depauperamento della massa monetaria circolante assorbendo una quantità di risorse
finanziarie maggiore di quelle liberate con i finanziamenti. Da questo grafico si
deduce, quindi, che le crisi finanziarie sono sistemiche e, pertanto, si passa
alternativamente da fasi di espansione a fasi di recessione proprio per effetto del
funzionamento del sistema monetario.
15
Si potrebbe pensare che eliminando gli interessi si possa eliminare un tale
effetto distorsivo dell’economia, ma si ritiene che l’applicazione degli interessi sui
finanziamenti ha soltanto un effetto catalizzatore sulle crisi anche se queste
continueranno a verificarsi pur se con intensità e profondità sicuramente minori.
Un altro effetto distorsivo del sistema monetario è provocato dal prelievo
fiscale che secondo una impostazione Keynesiana diventa particolarmente rilevante
in fasi di espansione. Infatti, seguendo i principi di condotta Keynesiani, a cui si
ispirano numerosi governi, in fase di recessione per rilanciare l’economia, vengono
rilasciate risorse tramite l’aumento della spesa pubblica e la riduzione delle tasse.
Viceversa, in fasi di espansione i governi adottano politiche restrittive che
comportano il contenimento della spesa pubblica e l’aumento delle tasse. Ma proprio
queste linee di politica economica applicate alle fasi di espansione non fanno altro
che anticipare e catalizzare l’esplosione della crisi che si verifica puntualmente in
ciclici economici di 4-5 anni.
Si ritiene che proprio le politiche economiche Keynesiane producano effetti
distrosivi sul mercato finanziario ed economico che se pur concepite per attenuare gli
andamenti ciclici dell’economia, in realtà sono delle micce accese che fanno detonare
un’esplosione ancora più intensa e devastante.
Tuttavia, è insito nello Stato e negli studi economici che l’economia è una
realtà che debba essere governata da organi centrali che dovrebbero prevedere, su
base scientifica, il verificarsi delle crisi e del loro superamento. Dall’esame delle
serie storiche si evince che questi organi centrali non prevedono e non risolvono le
crisi, bensì, possono ritenersi causa della loro insorgenza e del loro continuo ripetersi.
E’ difficile pensare all’economia come un sistema che si autoregola autonomamente
poiché ci è stato sempre insegnato che l’economia deve, per forza di cose, essere
governata dai politici e dai banchieri.
Ritornando sul concetto degli interessi bisogna ricordare che le banche
islamiche sono quelle in cui il tasso d’interesse non viene applicato sui prestiti. Ciò
perché secondo la tradizione religiosa islamica è un grave peccato chiedere interessi
perché si ritiene che la sola moneta non può generare altra moneta. Del resto la
moneta essendo una unità di misura del valore dovrebbe comportarsi come le altre
unità di misura come il metro, il kilogrammo, il litro. Ciò significa che il metro non
genera altri metri come il kilo non genera altri kili, ecc., diversamente dalla moneta
che genera altra moneta per il tramite degli interessi.
Per tale motivo, una operazione ad esempio di mutuo per l’acquisto della prima
casa per una banca islamica si configura con un doppio passaggio di proprietà. Sarà la
banca ad acquistare per noi l’abitazione e dopo aversi richiesto il pagamento
dell’affitto per un certo numero di anni, cederà a noi inquilini la proprietà
16
dell’abitazione. Si potrebbe sostanzialmente obiettare che una simile operazione
bancaria è attuata anche nel nostro sistema con il leasing anche se molto più
complicato strutturalmente a seconda che si tratti di leasing finanziario o operativo. In
ogni caso, questo doppio passaggio di proprietà in Italia costerebbe molto a causa
della tassazione fiscale sugli atti pubblici aventi ad oggetto compravendite di
immobili. Tuttavia, una simile operazione messa in atto dalle banche islamiche è da
ritenersi una modalità per mascherare in forma più o meno occulta il pagamento
degli interessi. Si stanno comunque sviluppando all’interno delle istituzioni
finanziaria europee sezioni di banche che operano secondo i principi islamici,
considerata la notevole presenza sul territorio di immigrati di origine araba. A tal
proposito, è opportuno ricordare l’iniziativa della Cassa di Risparmio di Fabriano e
Cupramontana che corrisponde sui depositi dei propri clienti di fede islamica non
degli interessi ma dei bonus che possono essere spesi in negozi convenzionati.
17
CAPITOLO II
ASPETTI GIURIDICI DELLA MONETA ELETTRONICA
2.1 IL SISTEMA DI PAGAMENTO MEDIANTE MONETA
ELETTRONICA
La c.d. “new economy” è oggi caratterizzata da una sempre più crescente
affermazione del commercio e della contrattazione telematica. Tra le principali
peculiarità del commercio elettronico vi è quella di permettere a chi intende
concludere transazioni via Internet di farlo in un breve lasso di tempo, accantonando i
tempi più lunghi propri del commercio “tradizionale”.
In tale panorama economico assume un ruolo fondamentale, sotto il profilo del
sistema di pagamento, la c.d. “moneta elettronica”. Dapprima il legislatore
comunitario e successivamente quello nazionale sono intervenuti in materia, dettando
la relativa disciplina 1.
In ambito comunitario, la prima definizione di moneta elettronica è rinvenibile
nella raccomandazione 97/489 CE, nella quale per “strumento di moneta elettronica”
si intende “uno strumento di pagamento ricaricabile che non sia uno strumento di
pagamento mediante accesso a distanza, sia esso una carta con valore
immagazzinato o una memoria di elaboratore elettronico, sulla quale è caricato
elettronicamente il valore, affinché il titolare possa effettuare le operazioni di cui
all’art.1, paragrafo 1”. La Raccomandazione sembra riprendere l’orientamento
dominante negli USA caratterizzato dalla volontà di non porre costrizioni normative
all’evoluzione del settore dei pagamenti elettronici, fornendo solo indicazioni
tecniche in ordine alle caratteristiche di utilizzo.
Alla raccomandazione segue una proposta di direttiva sui pagamenti
elettronici, intitolata: “Proposta di direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio
riguardante l’avvio, l’esercizio, e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di
moneta elettronica”, adottata dalla Commissione il 21 settembre 1998. Tale atto
viene in seguito modificato dalla Posizione Comune (CE) n.8/2000 definita dal
Consiglio il 29 novembre 1999, con la quale si passa ad una definizione non più
meramente tecnica. La “moneta elettronica” è così definita come: “un surrogato
elettronico di monete metalliche e banconote, memorizzato su dispositivo elettronico,
come carta a microprocessore o una memoria di elaboratore, e generalmente
destinato a effettuare pagamenti elettronici di importo limitato”. In seguito, nel
dispositivo, la moneta elettronica viene meglio specificata come “un valore
monetario: 1) memorizzato su dispositivo elettronico, 2) emesso dietro ricezione di
18
fondi il cui valore non sia inferiore al valore monetario emesso, 3)accettato come
mezzo di pagamento da imprese diverse dall’emittente.”
In ambito nazionale, l'emissione di moneta elettronica è regolata dal D.Lgs.
n.385 del 1° settembre 1993 (c.d. Testo Unico delle leggi in materia bancaria e
creditizia), successivamente integrato e modificato, nella parte relativa alla moneta
elettronica, dalla Legge n.39 del 1° marzo 2002 (c.d. Legge Comunitaria 2001).
La legge da ultimo citata, recependo all'art.55, le direttive europee 2000/28/CE e
2000/46/CE, ha introdotto nel T.U. citato la definizione di “istituto di moneta
elettronica”, riferita alle imprese diverse dalle banche che emettono moneta
elettronica, nonché la stessa definizione di “moneta elettronica” da intendersi come:
“valore monetario rappresentato da un credito nei confronti dell'emittente che sia
memorizzato su un dispositivo elettronico, emesso previa ricezione di fondi di valore
non inferiore al valore monetario emesso e accettato come mezzo di pagamento da
soggetti diversi dall'emittente”.
Dalla predetta definizione emerge, dunque, che la moneta elettronica si
caratterizza 2: a) per essere uno strumento di pagamento memorizzabile su un
dispositivo elettronico;
b) per essere il risultato di una corrispondenza tra i fondi ricevuti dall'istituto
emittente ed il valore monetario emesso;
c) per essere accettata come mezzo di pagamento da imprese diverse
dall'emittente.
La Legge n.39 del 2002 introduce, inoltre, nel Testo Unico delle leggi in materia
bancaria e creditizia, il Titolo V/bis, nel quale viene disciplinata l'emissione di
moneta elettronica e l'autorizzazione all'attività e all’operatività transfrontaliera dei
relativi istituti.
Con riferimento alle tipologie di moneta elettronica e al dispositivo di
memorizzazione, la principale distinzione (prevista anche dalla raccomandazione
della Commissione Europea 97/489/CE) è tra moneta elettronica “card based” e
“software based” 3.
Nella prima ipotesi il valore monetario è memorizzato in un microchip posto su
carta (c.d. smart card); nel secondo caso, invece, il valore risiede nella memoria di un
computer ed è fruibile esclusivamente on line 4.
Sempre a livello comunitario, va, inoltre, ricordato il Regolamento CE n. 2560/01,
che interessa i soggetti che gestiscono direttamente o indirettamente la moneta
elettronica.
Tale Regolamento afferma il principio di non discriminazione dei pagamenti in
euro effettuati tra Stati membri dell'Unione Europea rispetto ai pagamenti nazionali,
prevedendo l'onere di equiparazione delle commissioni applicate in entrambi i casi,
con riguardo sia ai pagamenti elettronici tramite carta di credito, sia alle operazioni di
caricamento o scaricamento di strumenti di moneta elettronica.
Va infine rilevato che l’utilizzo della moneta elettronica comporta non solo i
notevoli vantaggi sopra richiamati ma altresì alcune problematiche di rilievo e tra
queste, principalmente, il pericolo delle frodi connesse all’uso dello strumento di
pagamento in esame 5.
19
Al riguardo, sotto il profilo normativo, si richiama l'art.56 del D.Lgs. n.206 del
6 settembre 2005 (c.d. Codice del Consumo), relativo ai contratti a distanza, che
prevede, per l'istituto che emette una carta di pagamento, il riaccredito (c.d. charge
back) al consumatore degli importi di cui quest’ultimo dimostri l'eccedenza rispetto al
prezzo pattuito col venditore o l'utilizzo truffaldino della carta da parte di
quest'ultimo o di un terzo. Previsione che si riscontra anche nell'art.8 della Direttiva
2002/65/CE, sulla commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai
consumatori, recepita dal D.Lgs.n.190 del 19 agosto 2005.
1 La prima definizione di “moneta elettronica” è rinvenibile nel rapporto commissionato dai governatori delle
banche centrali dei Paesi costituenti il Gruppo dei dieci (G-10), al Comitato sui sistemi di pagamento e di regolamento
(Committee on payment and settlement system); ultimato nell’agosto del 1996, il rapporto, intitolato “Secure on
Electronic Money”, definisce come moneta elettronica, gli “stored-value products” (letteralmente “prodotti con valore
immagazzinato”), ossia strumenti di pagamento dotati di valore monetario predefinito (o “precaricato”), immagazzinato
in un “dispositivo elettronico” in possesso del utilizzatore stesso. Il dispositivo elettronico in cui viene memorizzato il
corrispondente valore monetario, consiste in un microprocessore inserito, a sua volta, o in una carta (tessera plastificata
di piccole dimensioni, meglio definita come “smart card”), o in una memoria di un elaboratore (moneta elettronica
memorizzata su file).
2 Conformemente ai principi sanciti in ambito comunitario dall'art.1 co.3 lett.b della Direttiva 2000/46/CE
3 Tuttavia, lo sviluppo tecnologico e l’implementazione degli strumenti e dei brevetti su cui puntano molte
imprese, consente di ipotizzare un ampliamento, in un futuro abbastanza prossimo, dei tipi di forma di moneta
elettronica.
4 In dottrina si è affermato che “la memoria del computer usato per il pagamento costituisce solo un "tramite",
essendo l'originario importo memorizzato su un apposito dispositivo, ubicato presso l'istituto di credito o la società che
ne fornisce il servizio (cfr. R.G. Massa, pubblicazione web 23.11.07, www.pmi.it).
5 Per la moneta elettronica card based, sono state individuate due categorie principali di frodi: plastic frauds e
card not present frauds. Le plastic frauds comprendono le truffe riguardanti la carta e tra queste: a) lo skimming: basato
sulla lettura dei dati contenuti nella carta all’insaputa del titolare; l'acquisizione si realizza facendo passare la carta nello
skimmer, strumento utilizzato per la lettura dei codici contenuti nelle carte molto diffuso negli esercizi commerciali che
accettano carte di pagamento; b) l'embossing: tecnica consistente nella modifica materiale del numero e del nominativo
presente sulla carta; tale tecnica di solito segue alla clonazione della tessera ma vi sono casi in cui da un seriale
originale, con l'ausilio di un applicativo, si generano più varianti stampate su carte vergini da distribuire in alcuni Paesi
esteri dove i controlli sono meno rigidi; c) carding fisico (clonazione o contraffazione) consistente nella duplicazione
dell'intera carta o della parte contenente i dati (banda magnetica o chip) d) computation: consistente nella c.d.
“violazione” dei dati o del software contenuti nel chip, mediante alterazione e modifica dell'integrità o del corretto
funzionamento dei medesimi; e) frodi elettroniche connesse all'utilizzo fisico della carta come l’intercettazione,
mediante un apposito dispositivo, dei dati appena acquisiti dall'esercente ed in viaggio verso l'emittente della stessa
carta. Nel caso delle card not present frauds non è, invece, necessaria la presenza "fisica" della carta per la
realizzazione della truffa. In questo ambito rientrano le truffe caratterizzate: a) dall'utilizzo in Rete dei dati della carta a
seguito di furto o acquisizione illecita; b) dall’attuazione di una tecnica che si basa sull'utilizzo di specifici applicativi
per generare il numero della carta: il software conosce l'algoritmo usato dalla società emittente per generare i numeri di
carta. Per quanto riguarda la seconda forma di moneta elettronica, software based, le principali titpologie di truffe sono:
a) phishing: frode caratterizzata dall'invio di email fittizie ad un utente, provenienti in apparenza da un istituto di credito
o da una società di pagamenti. In questo caso l’utente viene indotto a collegarsi al sito fittizio, il cui link è presente
nell'email, e, una volta nel sito, viene invitato ad inserire le credenziali di autenticazione al servizio di ebanking del
proprio istituto di credito o il numero della propria carta di pagamento, permettendo al phisher, ad operazione conclusa,
di acquisire tali dati; b) pharming: tecnica informatica con la quale il pharmer, manipolando il server DNS di un
provider o i files di sistema del pc di un utente, ne modifica l'associazione tra indirizzo IP e dominio Internet,
reindirizzando l'utente, ogni qualvolta digiti l'indirizzo del dominio compromesso, verso un sito clone messo in Rete dal
truffatore; c) man in the middle: tecnica consistente nell'intercettazione dei dati che transitano tra due o più hosts: il
truffatore convoglia sul proprio computer i dati che la vittima desidera inviare in via telematica ad un istituto di credito
(o viceversa) e si frappone, quindi, tra i due soggetti in maniera impercettibile senza interrompere la trasmissione.; d)
software malevolo: categoria che ricomprende virus, worms, trojans e keyloggers, in grado di pregiudicare direttamente
o indirettamente il pc di un utente e di acquisire a vantaggio di terzi, credenziali di accesso ed altri dati personali della
vittima. Va, infine, rilevato che, oltre alle predette forme di frode, vi possono essere tentativi di intrusione informatica
nel server del sito web della società che gestisce moneta elettronica.
20
2.2 GLI ISTITUTI DI MONETA ELETTRONICA
Le direttive comunitarie sopra richiamate consentono lo svolgimento
dell’attività di emissione di moneta elettronica anche a soggetti diversi dalle banche.
In particolare, con la modifica della direttiva 2000/12/CE, viene allargata la
definizione di ente creditizio e si affiancano alle banche gli istituti e cioè i soggetti
che, da un lato, non possono erogare crediti alla clientela e, dall’altro, (se convertono
immediatamente i fondi percepiti in moneta elettronica) non svolgono, ai sensi della
direttiva, attività di raccolta.
Alla scelta di ampliare il novero dei soggetti ammessi all’esercizio dell’attività
di emissione di moneta elettronica ha concorso sicuramente la circostanza che, in
diverse esperienze nazionali, detta attività risultava già svolta da enti non bancari, che
si occupavano unicamente di tale tipo di attività. Tali soggetti, proprio per il
contenuto ambito dell’attività esercitata, non rientravano nella nozione comunitaria di
enti creditizi, e, spesso, neppure nella corrispondente definizione del relativo
ordinamento nazionale.
La ratio delle direttive è quella di conciliare l’esigenza di disciplinare l’attività
di emissione dei soggetti abilitati - banche ed istituti - con quella di non imporre una
struttura di mercato della moneta elettronica eccessivamente rigida sotto il profilo
dell’offerta, tenuto conto delle singole realtà nazionali.
La strada prescelta è quella di accordare alle autorità nazionali un margine di
iniziativa particolarmente ampio per l’attuazione della regolamentazione comunitaria
dell’attività di emissione di moneta elettronica, sia in ordine all’individuazione dei
soggetti abilitati, sia con riferimento alla disciplina ad essi applicabile.
In particolare, la direttiva 2000/46/CE attribuisce alle competenti autorità
nazionali ampia libertà nella definizione della struttura soggettiva dell’offerta di
moneta elettronica in ambito domestico, potendo esse consentire la prosecuzione (o
ammettere l’esercizio) dell’attività di emissione da parte di soggetti privi dei requisiti
stabiliti dalla direttiva. Peraltro, qualora in ambito nazionale vengano previste tali
deroghe, non trova applicazione il principio del mutuo riconoscimento.
Come detto, per “istituto di moneta elettronica” deve intendersi, ai sensi e per
gli effetti della direttiva 2000/46/CE, qualsiasi impresa o altra persona giuridica
diversa da un ente creditizio (di cui all’art.1, primo comma, lett.A della direttiva
n.2000/12/CE), che emetta mezzi di pagamento sotto forma di moneta elettronica.
La formulazione è volutamente molto ampia. In particolare, il riferimento alle
“persone giuridiche” implica la possibilità di annoverare tra gli istituti di moneta
elettronica anche soggetti nei confronti dei quali non si potrebbe utilizzare la nozione
comunitaria di impresa.
21
Se, da un lato, la direttiva identifica nella predetta attività di emissione di
moneta elettronica il contenuto assolutamente prevalente dell’operatività degli
“istituti”, dall’altro lato, non fornisce un’espressa definizione dell’attività de qua.
Al riguardo, si può dire che costituiscano attività di emissione di moneta
elettronica tutte quelle operazioni elementari attraverso le quali l’emittente riceve da
parte del richiedente l’emissione una somma di denaro; procede a memorizzare nel
dispositivo elettronico del richiedente una posizione di disponibilità monetaria di
entità non superiore alla somma previamente ricevuta (il c.d. caricamento); mette il
titolare del dispositivo in condizione di disporre della moneta elettronica in esso
“caricata”. Attraverso il procedimento di memorizzazione l’emittente effettua la
sostituzione, il cambio, di un mezzo di pagamento - si tratti di moneta legale o di
moneta bancaria - con un altro mezzo di pagamento (la moneta elettronica).
La direttiva 2000/46/CE non prescrive l’esclusività dell’oggetto d’attività degli
istituti. Questi ultimi, peraltro, vedono aprirsi uno spazio notevolmente contenuto per
lo svolgimento di operazioni diverse dall’emissione di moneta elettronica. La
direttiva prevede, infatti, che gli “istituti” possono dedicarsi esclusivamente alla
prestazione di servizi, finanziari e non, strettamente correlati rispetto alla loro attività
principale. Si fa espresso riferimento alla prestazione di servizi di gestione della
moneta elettronica, nonché all’emissione e gestione di altri mezzi di pagamento. È
consentita, altresì, l’attività di memorizzazione di dati su un dispositivo elettronico,
per conto di altre imprese ed enti pubblici.
La limitazione dell’operatività degli “istituti” alla sola attività di emissione
della moneta elettronica ed ai servizi ad essa in qualche modo correlati non può
essere superata neppure in via indiretta. A tali soggetti è, infatti, negata l’assunzione
di partecipazioni in altre imprese che svolgano funzioni operative diverse da quelle
accessorie e connesse alla moneta elettronica dai medesimi emessa o distribuita.
Impedita la concessione di credito, sotto qualsiasi forma, agli “istituti” è vietata
l’emissione di moneta elettronica per un importo superiore alla somma previamente
ricevuta dal richiedente l’emissione stessa (si preclude, in tal modo, l’esercizio di una
funzione monetaria).
Vi sono poi le regole concernenti le limitazioni degli investimenti. Gli “istituti”
devono investire in attività liquide e a basso rischio un importo non inferiore alle
passività da essi detenute in connessione alla moneta elettronica in circolazione.
Se l’art.1, par.4, della direttiva 2000/46/CE fissa, da un lato, il principio di riserva
dell’attività di emissione di moneta elettronica a favore delle banche e degli istituti,
dall’altro non fa riferimento alla gestione di tali mezzi di pagamento. Peraltro,
l’inserimento della “gestione di moneta elettronica” tra le altre attività che possono
essere svolte dagli istituti, consente di affermare che l’ordinamento comunitario non
sottopone a limitazioni l’attività di gestione della moneta elettronica.
22
2.3 IL TITOLO V BIS DEL D.LGS. N. 385 DEL 1° SETTEMBRE 1993
In ambito nazionale, l'emissione di moneta elettronica è regolata dal D.Lgs.
n.385 del 1° settembre 1993, successivamente integrato e modificato, nella parte
relativa alla moneta elettronica, dalla Legge n.39 del 1° marzo 2002 (c.d. Legge
Comunitaria 2001).
La legge n.39/2002, recependo le direttive europee 2000/28/CE e 2000/46/CE,
introduce nel Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia il Titolo V/bis 6,
nel quale viene disciplinata l'emissione di moneta elettronica e l'autorizzazione
all'attività e all’operatività transfrontaliera dei relativi istituti, secondo i criteri sopra
richiamati.
Dunque, ai sensi dell’art.114 bis del TITOLO V/bis del T.U.B., relativo
all’emissione di moneta elettronica, tale attività è riservata alle banche ed agli istituti
di moneta elettronica. La norma precisa che gli istituti possono svolgere
esclusivamente l'attività di emissione di moneta elettronica, mediante trasformazione
immediata dei fondi ricevuti. Peraltro, nei limiti stabiliti dalla Banca d'Italia, gli
istituti possono svolgere altresì attività connesse e strumentali, nonché prestare
servizi di pagamento. Viene, invece, esclusa la possibilità di esercizio dell’attività di
concessione di crediti sotto qualsiasi forma.
Gli istituti di moneta elettronica italiani e le succursali in Italia di quelli con
sede legale in uno Stato comunitario o extracomunitario vengono iscritti dalla Banca
d’Italia in un apposito albo 7.
Ai sensi dell’art 114-ter., comma 2, gli istituti di moneta elettronica italiani
possono operare:
a) in uno Stato comunitario, anche senza stabilirvi succursali, nel rispetto delle
procedure fissate dalla Banca d'Italia;
b) in uno Stato extracomunitario, anche senza stabilirvi succursali, previa
autorizzazione della Banca d'Italia”8.
Per quanto riguarda il sistema di vigilanza sugli istituti, ai sensi dell’art. 114quater, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni contenute nel Titolo II,
Capi III, fatta eccezione per l'articolo 19, commi 6 e 7, e IV; nel Titolo III, fatta
eccezione per l'articolo 56; nel Titolo IV, Capo I, fatta eccezione per la Sezione IV;
nel Titolo VI, Capi I e III; nel Titolo VIII, articoli 134, 139 e 140. Ai fini
dell'applicazione del Titolo III, Capo II, gli istituti di moneta elettronica sono
assimilati alle società finanziarie previste dall'articolo 59, comma 1, lettera b).
Inoltre, la Banca d'Italia può emanare disposizioni per sottoporre a vigilanza su
base consolidata gli istituti e i soggetti che svolgono attività connesse o strumentali o
altre attività finanziarie, non sottoposti a vigilanza su base consolidata ai sensi del
Titolo III, Capo II, Sezione II. 3. La Banca d'Italia può, infine, stabilire, a fini
prudenziali, un limite massimo al valore nominale della moneta elettronica.
Il Titolo V/bis, si chiude con l’art.114-quinquies, relativo alle “Deroghe”. La
norma prevede la possibilità che la Banca d'Italia autorizzi l’esenzione degli istituti di
moneta elettronica dall'applicazione di disposizioni previste dal titolo V/bis del
23
T.U.B., qualora ricorrano una o più delle condizioni specificamente indicate nella
norma in esame, ossia quando:
“a) l'importo complessivo della moneta elettronica emessa dall'istituto di moneta
elettronica non è superiore all'ammontare massimo stabilito dalla Banca d'Italia in
conformità alla disciplina comunitaria;
b) la moneta elettronica emessa dall'istituto di moneta elettronica è accettata in
pagamento esclusivamente da soggetti controllati dall'istituto, che svolgono funzioni
operative o altre funzioni accessorie connesse con la moneta elettronica emessa o
distribuita dall'istituto, da soggetti controllanti l'istituto emittente e da altri soggetti
controllati dal medesimo controllante;
c) la moneta elettronica emessa dall'istituto di moneta elettronica è accettata in
pagamento solo da un numero limitato di imprese, individuate in base alla loro
ubicazione o al loro stretto rapporto finanziario o commerciale con l'istituto.”
L’art.114 quinquies specifica, al comma 2, che, ai fini dell'esenzione de qua,
gli accordi contrattuali devono prevedere un limite massimo al valore nominale della
moneta elettronica a disposizione di ciascun cliente non superiore all'importo stabilito
dalla Banca d'Italia in conformità alla disciplina comunitaria.
6 Alle disposizioni del Titolo V bis del T.U.B. è stata data attuazione con la Delibera CICR del 4 marzo 2003.
7 Ai sensi dell’art 114-ter., relativo all’ “Autorizzazione all'attività e operatività transfrontaliera”, la Banca
d'Italia autorizza gli istituti di moneta elettronica all'esercizio dell'attività quando ricorrono le condizioni previste
dall'articolo 14, comma 1, fatta eccezione per quanto previsto dall'articolo 19, commi 6 e 7. Agli istituti di moneta
elettronica si applicano altresì i commi 2, 2-bis e 3 dell'articolo 14.
8 L’art. 114-ter, comma 3, prevede, inoltre, che agli istituti di moneta elettronica con sede legale in un altro
Stato comunitario, che intendono operare in Italia, si applicano gli articoli 15, comma 3, e 16, comma 3 mentre agli
istituti di moneta elettronica con sede legale in uno Stato extracomunitario che intendono operare in Italia, si applicano
gli articoli 14, comma 4, 15, comma 4, e 16, comma 4.
24
CAPITOLO III
ASPETTI TECNICI ED ECONOMICI DELLA MONETA
SCRITTURALE ED ELETTRONICA
3.1 I SURROGATI DELLA MONETA
All’inizio di questo paragrafo appare opportuno farsi una domanda: cos’è la
moneta scritturale? La risposta sembra ora assai più semplice dopo che abbiamo visto
che la moneta non è più ancorata a un qualche metallo prezioso. Pertanto, la moneta
scritturale diventa soltanto un’annotazione contabile da parte della banca cioè il
banchiere, o chi per lui, con un semplice tratto di penna crea moneta dal nulla. Anche
nell’eventuale ipotesi che la moneta prestata abbia un corrispettivo con la moneta
depositata in banca da parte dei risparmiatori si tratta in ogni caso di moneta non di
proprietà della banca.
A tal proposito è da citare una eloquente Sentenza della Corte Suprema degli
Stati Uniti, dei primi anni del secolo scorso, in cui un signore trovatosi nella
impossibilità di poter adempiere al pagamento del mutuo per l’acquisto della sua
abitazione, citò in giudizio la banca ritenendo che in qualsiasi contratto stipulato fra
privati il rapporto si intende a prestazioni corrispettive nel senso che io cedo la
proprietà ad esempio di un mio oggetto in cambio di moneta che è di esclusiva
proprietà della controparte. Ma la banca, in questo caso, con il contratto di mutuo non
cede moneta di sua proprietà ma trattasi o di moneta scritturale cioè derivante da una
semplice annotazione contabile o dei soldi di altri risparmiatori.
Ma come può la banca chiedere interessi prestando a terzi un qualcosa che non
è suo o peggio ancora cedendo un qualcosa che deriva dal nulla? Ed, infatti, il
banchiere chiamato a testimoniare la sua condotta dovette sostanzialmente ammettere
che i soldi prestati derivavano da una semplice annotazione contabile e che questa
prassi era abitualmente in uso in tutte le banche. Questo processo che si è svolto
nelle sedi giudiziarie americane si è concluso con la condanna della banca anche se
chiaramente non ha mai avuto un seguito poiché capace di far saltare tutto l’impianto
finanziario degli Stati.
Ritornando a parlare dei modi di realizzazione della moneta scritturale è da dire
che anche i privati hanno la possibilità di creare della moneta scritturale attraverso
l’uso dell’assegno e della cambiale. Con la cambiale esiste una promessa di
25
pagamento futuro di una certa somma al creditore e deve essere corredata di un bollo
del 12 per mille per dare forza esecutiva al titolo in caso di non pagamento.
Chiaramente la cambiale che è un titolo di credito astratto non è ancorata a della
moneta già esistente ma è soltanto una promessa di pagamento futuro a cui fa
affidamento il creditore. Ma la cambiale può essere, tramite girata, ceduta a terzi
come mezzo di pagamento e alla stregua delle banconote, diventando massa
circolante a tutti gli effetti.
In questo caso, è il privato a creare moneta allo stesso modo del banchiere. La
stessa cosa può dirsi per l’assegno, in particolar modo con gli assegni post-datati, in
cui spesso manca la provvista sufficiente nel conto corrente. Anche lo Stato fa la sua
parte nella emissione della moneta scritturale. Ad esempio nel pagamento delle
pensioni e degli stipendi dei dipendenti pubblici, lo Stato procede esclusivamente a
delle annotazioni contabili che non trovano corrispondenza con una effettiva
transazione monetaria. Il pagamento dei contributi previdenziali per la formazione di
una posizione contributiva presso INPDAP per i dipendenti pubblici è soltanto
figurativa nel senso che lo Stato non esborsa materialmente i soldi che poi versa
all’ente previdenziale ma procede esclusivamente ad annotare nei suoi registri e nei
suoi conti che il tal dipendente ha maturato una somma x per contributi previdenziali.
Allo stesso modo può ritenersi che il dipendente pubblico non paga
materialmente le tasse poiché essendo lo stesso ente cioè lo Stato colui che paga gli
stipendi e riscuote le tasse ciò che viene pagato al dipendente pubblico è un netto che
trae origine dalla compensazione di scritture contabile in entrata ed in uscita. Tutte
queste operazioni, con l’avvento dell’informatica, si realizzano oggigiorno con
strumenti elettronici del Ministero del Tesoro, della Ragioneria Generale dello Stato e
dell’INPDAP.
Chiaramente l’informatica e la diffusione di Internet sono stati i precursori per
l’affermazione della moneta elettronica. La moneta elettronica si basa
sull’utilizzazione di una tecnologia molto sofisticata che permette di conservare sulla
memoria dei computer, o su altri supporti digitali, tutte le operazioni che vengono
impartite dagli utenti. Si hanno, infatti, a disposizione strumenti come l’Home
Banking che permette all’utente tramite la connessione al web di inviare disposizioni
di pagamento o di incasso alla propria banca senza recarsi materialmente allo
sportello. In questo modo i conti correnti tradizionali, che erano amministrati
manualmente e in forma scritturale da parte del personale della banca, sono gestiti
dagli stessi utenti che trovano conferma delle loro operazioni attraverso la
visualizzazione di pagine web.
Con la possibilità di poter effettuare bonifici in tutta Europa con la codifica del
codice IBAN in ambito europeo viene meno la necessità di utilizzare gli assegni,
tant’è, che alcuni paesi scandinavi ed anche il Regno unito hanno annunciato di
abolire in un prossimo futuro l’uso dell’assegno anche se ciò ha trovato l’ostilità di
26
quelle persone, tipicamente pensionati, che non hanno dimestichezza nell’uso delle
nuove tecnologie.
Con l’Home Banking si possono effettuare non soltanto bonifici ma si possono
pagare le bollette delle varie utenze domestiche, si può pagare il bollo auto, si può
pagare l’ICI, si possono pagare le tasse, si può fare trading online impartendo alla
propria banca disposizioni di acquisto e di vendita delle azioni. Si possono anche
effettuare investimenti in strumenti derivati come options, warrants, certificate, future
e ecc.. Sicuramente un grande vantaggio dell’Home Banking sta nel fatto che le
commissioni bancarie applicate risultano assai inferiori a quelle praticate allo
sportello.
Ciò è dovuto ai grossi risparmi in termini di costo del personale sostenuto dagli
istituti di credito poiché mentre nelle operazioni tradizionali è necessario l’intervento
di un operatore umano (sia esso cassiere, addetto alle pratiche fido e ecc.) per il
disbrigo delle varie operazioni, nelle disposizioni online è lo stesso utente a
provvedere al caricamento dei dati sui computer bancari. Ma anche gli interessi che
vengono corrisposti sui depositi e conti online sono sensibilmente maggiori a quelli
praticati sia sui conti tradizionali sia a quelli corrisposti sui titoli di Stato.
3.2 LE CARTE DI DEBITO
Tra la carte di debito che trovano maggiore diffusione abbiamo innanzittutto il
PagoBancomat che permette al possessore di effettuare i pagamenti presso i negozi
convenzionati ma non può essere utilizzato sul web poiché non è fornito di un
numero di carta. Al momento del pagamento è richiesta la digitazione di un codice
per garantire la sicurezza della transazione. Successivamente vi sarà l’addebito in
conto corrente con valuta il giorno lavorativo successivo.
Recentemente hanno trovato l’apprezzamento dei consumatori le carte
prepagate che sono fornite da diverse banche ed anche dalle poste, che possono
definirsi come dei contenitori di liquidità permettendo ai possessori di effettuare
acquisti sia sui negozi convenzionati sia sul web. Per questioni di sicurezza il
pagamento nei POS avviene tramite la digitazione di un PIN che è conosciuto
esclusivamente dal suo legittimo possessore. La diffusione delle carte prepagate è
sempre in aumento in seguito alle numerosi frodi che si sono avute con le carte di
credito tradizionali.
Infatti, nelle carte prepagate è necessario procedere ad un preventivo deposito
di denaro e pertanto la carta potrà essere abilitata ad un volume di spesa non
27
superiore alla somma depositata. In caso di frode o di smarrimento il danno sarà
contenuto a questa somma. Tuttavia le carte prepagate si fanno pagare consistenti
commissioni al momento della ricarica anche se non sono previsti costi aggiuntivi per
il loro utilizzo. Una delle carte prepagate più diffuse è la PostePay che è gestita dalle
Poste Italiane che oltre alle funzioni tradizionali di una carta prepagata aggiunge altri
servizi come la possibilità di pagare bollettini postali, l’ICI, il bollo auto, effettuare
ricariche telefoniche, ricaricare un’altra PostePay e ecc.. La ricarica può essere
effettuata oltre che presso lo sportello postale anche sugli sportelli ATM con una
carta di credito e adesso anche presso le ricevitorie Lottomatica con una commissione
di 2 euro. Inoltre, le poste hanno lanciato sul mercato anche la PostePay mobile che
da la possibilità all’utente di effettuare le tradizionali operazioni di una carta
prepagata attraverso il telefonino.
Un altro prodotto anch’esso abbastanza diffuso sul mercato è la carta
SUPERFLASH distribuita dal gruppo Banca Intesa San Paolo che si presenta con
alcune funzionalità aggiuntive. Infatti, questa carta è fornita di codice IBAN ed è
quindi possibile utilizzarla come un conto corrente anche se non è possibile disporre
degli assegni. Questo significa che è possibile accreditare, sulla carta SUPRFLASH,
lo stipendio, domiciliare il pagamento delle utenze domestiche ed effettuare e
ricevere bonifici. La carta SUPERFLASH ha costi di gestione annuali pari ad euro
9,90 ma è sicuramente vantaggiosa perché non è previsto il pagamento dei bolli
statali per euro 34,20 che invece si applica ad un comune conto corrente. E’ quindi
indicata per i giovani che si apprestano ad utilizzare i servizi bancari.
Un prodotto molto simile alla SUPERFLASH è il conto Tascabile del gruppo
Mediobanca che si presente con un costo di gestione di un euro al mese che può
essere di qualche euro superiore se si richiedono servizi aggiuntivi come
l’assicurazione sugli acquisti sul web o la tutela da frodi, furti e smarrimenti. Il conto
Tascabile può essere collegato ad un conto di deposito che garantisce al depositante
tassi sicuramente vantaggiosi rispetto a quelli praticati dal mercato tradizionale.
3.3 LE CARTE DI CREDITO
Per l’ottenimento di una carta di credito è necessaria la concessione di una
linea di fido cioè di un importo massimo di denaro che il possessore può spendere
nell’arco di un mese. E’ chiaro che questo massimale sarà diverso a seconda delle
entrate finanziarie su cui il richiedente può contare ed è quindi richiesto di essere
almeno lavoratori dipendenti con un regolare contratto. La somma spesa in un mese
sarà addebitata normalmente il giorno 15 del mese successivo. Le principali carte di
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credito sono: Visa, MasterCard, American Express, Diner Club e ecc.. Fra queste
quelle che hanno maggiore diffusione sono le prime due.
E’ da ricordare che tutti i marchi sopra citati sono proprietà di banche
americane che affidano poi la gestione delle carte ad istituti bancari locali in un
contesto nazionale. Oltre che il pagamento a saldo le carte di credito prevedono anche
il pagamento rateale con l’applicazione di un tasso di interesse che risulta
normalmente abbastanza esoso. Queste vengono dette Revolving poiché una volta
assolto al pagamento rateale si riattiva la disponibilità del fido originariamente
concesso. Le carte revolving diversamente da quelle classiche non hanno costi di
gestione poiché, verosimilmente, la banca ha le sue fonti di guadagno principalmente
dal pagamento degli interessi.
Le carte classiche, cioè quelle con pagamento a saldo, hanno invece costi di
gestione annuali che possono variare dai 30 ai 90 euro a seconda dei limiti di spesa
concessi. Si stanno, inoltre, diffondendo carte di credito che prevedono la restituzione
al titolare di percentuali che variano dallo 0,2% all’1% dello speso contribuendo in
tal modo al contenimento delle spese di gestione annuali. Nelle carte di credito
tradizionali la fonte tipica di guadagno delle banche deriva dall’applicazione di
commissioni al venditore dei beni e servizi in misura percentuale alle vendite
effettuate.
Una problematica abbastanza comune sulle carte di credito è quello dell’uso
fraudolento che viene messo in atto da persone che riescono ad appropriarsi in modo
illegittimo degli estremi della carta e ne fanno un uso illegale sul web. Per questo
motivo alcune carte di credito prevedono la possibilità di generare un numero di carta
virtuale da utilizzarsi in occasione di ogni singolo acquisto effettuato su Internet. Ciò
riduce sensibilmente la possibilità di comportamenti fraudolenti rendendo più sicure
le transazioni.
Un altro problema particolarmente avvertito dagli utenti delle carta di credito è
quello della mancata tutela della privacy, nel senso che tramite il loro utilizzo
vengono acquisite informazioni sulle nostre abitudini di acquisto ed altre
informazioni di natura riservata che spesso vengono cedute a titolo oneroso a società
di marketing. In seguito alla cessione di tali informazioni potremo ritrovarci con la
casella di posta elettronica intasata di proposte commerciali che sono ritagliate sulle
nostre specifiche esigenze trattandosi spesso di operazioni di direct marketing.
Può anche accadere con l’utilizzazione delle carte di credito che ci si ritrovi
con addebiti automatici per il rinnovo, ad esempio, di abbonamenti a servizi di
aggiornamento di antivirus e altri software o anche a semplici abbonamenti a giornali
e riviste senza che venga richiesta una preventiva autorizzazione al rinnovo. In caso
di contestazione è necessario aprire un contenzioso presso l’ufficio dispute della
banca che il più delle volte si conclude a favore dell’esercente commerciale.
29
Infatti, in seguito alle ricorrenti utilizzazioni improprie delle credenziali delle
carte di credito da parte degli esercenti commerciali si è rivalutata l’ipotesi di
ricorrere al pagamento con i tradizionali bollettini postali che non danno la possibilità
di rinnovi automatici.
3.4 STRUMENTI DI PAGAMENTO IMMEDIATO
Gli strumenti di pagamento immediato si sviluppano soprattutto con l’avvento
delle aste online che danno la possibilità al compratore di effettuare con tempestività
e immediatezza il pagamento dell’oggetto aggiudicato senza fornire gli estremi della
carta di credito. In questo caso per disporre i pagamento è sufficiente disporre di una
caselle di posta elettronica e di una password e ciò evita che il venditore acquisisca
informazioni commerciali sull’acquirente. I principali strumenti di pagamento
immediato che sono maggiormente diffusi sono PayPal, ClickandBuy, e
MoneyBooker.
E’ possibile registrarsi in questi siti disponendo di una carta di credito o di
debito dove verranno addebitate le somme spese. Al momento della registrazione
viene attivata una procedura di verifica tesa ad accertare che il registrante sia
l’effettivo titolare della carta di credito presentata. Tale procedura consiste
nell’immissione di un addebito di 1,50 euro recante un codice che soltanto il titolare
della carta di credito può leggere nell’estratto conto della sua carta.
Per quanto riguarda PayPal è da dire che tale strumento può essere utilizzato
non soltanto per effettuare pagamenti ma anche per ricevere delle somme, inviare
richieste di pagamento, effettuare e ricevere donazioni. E’, infatti, utilizzato anche per
le rimesse degli immigrati che possono tramite PayPal inviare somme di denaro ai
loro famigliari residenti all’estero. Ciò in alternativa ad altri strumenti come Wetern
Union o Money Gram che però prevedono l’applicazione di commissioni abbastanza
esose a carico degli utenti.
PayPal, invece, non richiede il pagamento di nessuna commissione, è
totalmente gratuito ad eccezione dell’invio di bonifici al di sotto di 100 euro in cui è
prevista l’applicazione di una commissione di un euro. Infatti, PayPal da anche la
possibilità all’utente di effettuare bonifici verso il proprio conto corrente anche se
l’operazione è gravata di 7-8 giorni di valuta per importi superiori ai 100 euro. E’
chiaro che la possibilità di effettuare bonifici è indispensabile per fare in modo che le
somme ricevute tramite PayPal siano disponibili sul nostro conto corrente aperto in
una qualsiasi altra banca.
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Non è poi da dimenticare che PayPal prevede una particolare forma di tutela
del consumatore, negli acquisti effettuati su Ebay, in caso di non ricevimento della
merce o di merce difettosa o non corrispondente alla descrizione dell’oggetto
acquistato. In questi casi è possibile aprire una controversia, sempre nel sito PayPal,
in cui ad una fase iniziale in cui si contrappongono le dichiarazioni del venditore e
dell’acquirente si passa alla fase finale del reclamo in cui verrà presa una decisione
sull’esito finale della controversia. L’esito potrà essere favorevole all’acquirente ed in
questo caso PayPal procederà a rimborsare le somme trattenendo eventualmente i soli
costi sostenuti per la spedizione.
Un altro sito simile a PayPal e che prevede lo stesso funzionamento è
ClickandBuy con la sola differenza che mentre PayPal non è commercializzato per i
siti vietati ai minori, ClickanbBuy prevede anche una tale possibilità. Infine, è da
menzionare MoneyBookers che a differenza dei precedenti prevede l’eventualità di
un pagamento posticipato dell’acquisto nel senso che il pagamento verrà disposto
dall’acquirente soltanto dopo il ricevimento della merce. Ciò rappresenta una forma
di tutela ulteriore al fine di evitare contestazioni nel caso del ricevimento di una
merce qualitativamente differente.
Tutti questi strumenti di pagamento immediato, di cui abbiamo parlato,
realizzano una specie di piccola piramide finanziaria gestita dagli utenti. Ad esempio
PayPal è collegato ad una carta di credito che a sua volta è collegata con il conto
corrente. Tutte le operazioni effettuate con PayPal hanno una ricaduta sulla carta di
credito e nel giro di un mese circa si riflettono sul nostro conto corrente dove
abbiamo la confluenza di tutte le nostre risorse finanziarie. Si assiste, quindi, ad una
estrema sofisticazione degli strumenti finanziari di pagamento che anche in questo
caso diventano una rappresentazione molto indiretta di un qualche valore monetario.
31
CAPITOLO IV
LA MONETICA NEL TERZO MILLENNIO
4.1 LA TRACCIABILITA’
Uno dei problemi di maggiore rilevanza che si ha sia con la moneta scritturale
che con la moneta elettronica è la tracciabilità di tutte le operazioni fatte sia online
che presso gli esercenti tradizionali. Mentre con il pagamento con le banconote
l’operazione è anonima, nel senso che ne sono a conoscenza esclusivamente
l’acquirente ed il venditore, utilizzando la moneta scritturale (ad esempio assegni) o
la moneta elettronica (ad esempio carte di credito) l’operazione viene registrata nella
memoria di un computer di una banca. Ciò sta a significare che terze persone, come
ad esempio il fisco, potrebbe essere interessato a conoscere le movimentazioni
finanziarie di un contribuente per risalire al suo volume d’affari ed al suo imponibile
fiscale.
Questo al fine di verificare la rispondenza di quanto dichiarato con l’effettiva
consistenza delle sue disponibilità finanziarie. A tal proposito, è da ricordare che con
il governo Prodi era stata approvata una normativa che imponeva l’utilizzo di moneta
scritturale o elettronica per le transazioni effettuate a favore di liberi professionisti
come dentisti, avvocati, commercialisti ecc.. Tale normativa aveva un preciso
significato e, cioè, quello di tracciare i ricavi dei liberi professionisti che abitualmente
in Italia evadono il pagamento delle tasse. La stessa normativa ha anche imposto
l’utilizzazione della clausola “NON TRASFERIBILE” sugli assegni e ciò al fine di
evitare, tramite l’apposizione di numerose girate, la non riconducibilità della
transazione a due ben precisi soggetti e, cioè, ad un acquirente ed a un venditore. Con
l’insediamento del governo Berlusconi, buona parte di questa normativa è stata
abrogata e, quindi, torna ad essere possibile l’utilizzazione del contante per il
pagamento dei liberi professionisti.
C’è da ricordare in merito a tale vicenda, il tentativo dell’ex Ministro delle
Finanze Visco di mettere online tutte le dichiarazioni dei redditi degli italiani. Ma le
dichiarazioni sono rimaste disponibili sul sito dell’Agenzia delle Entrate soltanto
alcune ore poiché l’intervento dell’Autorità Garante della Privacy, per violazione di
dati personali, e soprattutto un vasto clamore suscitato sui mass-media nazionali, ha
indotto l’ex Ministro a rinunciare a simile operazione.
Tuttavia risulta tutt’ora operante in Italia ed in tutta Europa un’altra importante
normativa che ha delle conseguenze sull’utilizzo della moneta elettronica e della
moneta scritturale: la normativa sull’antiriciclaggio. Per riciclaggio si intende
un’attività cha ha per oggetto l’acquisizione di ricchezza mediante atti delittuosi che
32
viene successivamente immessa nei canali finanziari per una “pulitura” nel tentativo
di nascondere la sua origine non lecita. Il fenomeno del riciclaggio è osteggiato da
numerosi ordinamenti giuridici compreso quello italiano. Un’importante azione
contro il riciclaggio è stata svolta dall’Unione Europea, da ultimo con la direttiva
2005/60/CE tradotta nel Decreto Legislativo 231/2007 del 16 novembre 2007.
Tale norma, oltre ad importanti aspetti definitori, conferma la tendenza a
limitare l’uso del contante come strumento di pagamento, aumentando il numero dei
soggetti obbligati ad adempimenti e comunicazioni alle autorità in caso di operazioni
sospette. La normativa italiana relativa all’antiriciclaggio (D.Lgs del 20/02/2004 n.
56 e Decreto del 03/02/2006 n. 141) prevede, tra l’altro, che i dottori commercialisti,
i revisori contabili, le società di revisione, consulenti del lavoro, ragionieri e periti
commerciali, avvocati e notai che forniscono prestazioni professionali aventi ad
oggetto mezzi di pagamento, beni o utilità di valore superiore ad euro 12.500
debbano conservare un Archivio Unico Informatico Antiriciclaggio (DM 141), nel
quale registrare le anagrafiche dei clienti e dei soggetti nei confronti dei quali
effettuano prestazioni. Le modalità operative per la tenuta del registro antiriciclaggio
ed i vari adempimenti consequenziali sono state definite con il procedimento UIC del
24/02/2006.
Inoltre la legge prevede che gli operatori che si occupano di recupero di crediti
per conto terzi, custodia e trasporto di denaro contante, di titoli o valori a mezzo di
guardie particolari giurate, trasporto di denaro contante e di titoli o valori senza
l'impiego di guardie particolari giurate, agenzia di affari in mediazione immobiliare,
commercio di cose antiche, esercizio di case d'asta o gallerie d'arte, attività di
commercio, comprese l’esportazione e l'importazione, di oro per finalità industriali o
di investimento, fabbricazione, mediazione e commercio, comprese l'esportazione e
l'importazione, di oggetti preziosi, gestione di case da gioco, fabbricazione di oggetti
preziosi da parte di imprese artigiane, mediazione creditizia, agenzie in attività
finanziaria che forniscono prestazioni professionali avente ad oggetto mezzi di
pagamento, beni o utilità di valore superiore a € 12.500 sono tenuti alla tenuta
dell'Archivio Unico Informatico antiriciclaggio (DM 143), nel quale registrare le
anagrafiche dei clienti e dei soggetti nei confronti dei quali effettuano le prestazioni
previste dalla legge antiriciclaggio. Le modalità operative per la tenuta del registro
antiriciclaggio ed i vari adempienti consequenziali, sono state definite con il
provvedimento UIC del 24/02/2006.
Questo problema della tracciabilità della moneta elettronica e scritturale si
collega ad un altro fenomeno, tipico dell’epoca dell’informatizzazione di massa, che
è quello della raccolta e della archiviazione di una mole rilevante di dati su ciascuna
persona. Secondo informazioni attinte da fonte giornalistica alla nascita di un
individuo si viene a determinare una nuova entità elettronica che è già dotata di
alcuni megabyte di dati e informazioni.
33
All’avvento di una democrazia globale sembra invece instaurarsi un controllo
globale che attraverso l’uso di svariati mezzi tecnologici, compresa la moneta
elettronica, raccoglie, classifica, archivia informazioni su una massa ben definita di
utenti e cittadini. Inoltre, lo Stato ed il sistema bancario, paventando il rischio di furto
del contante e manifestando la necessità di monitorare le movimentazioni finanziarie
per perseguire il riciclaggio e movimenti terroristici che si alimentano di risorse
illecite, spinge per l’abolizione del contante e per l’affermazione della moneta di
“plastica” anche per le transazioni di piccolo importo.
Si assiste, quindi, alla realizzazione attraverso l’uso della moneta elettronica di
un gigantesco sistema di intelligence capace di definire oltre che gli aspetti finanziari
ed economici di un individuo, anche le sue abitudini di acquisto, le sue preferenze
politiche e di credo religioso e numerosi altri aspetti della sua vita privata. Si ricorda
che la teoria dell’Uomo Trasparente fu propugnata qualche tempo fa da un dittatore
tedesco dal nome abbastanza emblematico: Adolf Hitler. Se qualche requisito di
trasparenza può essere richiesto a soggetti che svolgono funzioni pubbliche, ciò, non
può riguardare l’uomo qualunque che dalla sua scheda medica elettronica presso
l’ospedale sino al suo conto in banca, può essere vittima di soggetti che possono fare
un uso non lecito di tali informazioni.
In conclusione è quindi necessario ribadire che dall’avvento di questi nuovi
mezzi elettronici (compresa la moneta di plastica) possono discendere problematiche
di rilevante gravità e come tutte le innovazioni tecnologiche possono presentare una
utilizzazione positiva oppure un impiego assai pericoloso per il genere umano.
4.2 LA MONETA DI PLASTICA E LA CARTA DI IDENTITA’
ELETTRONICA
Il problema della tracciabilità delle operazioni finanziarie si collega anche ai
tentativi di introduzione della carta d’identità elettronica. Con questo strumento
diventa possibile aggregare diversi data-base su cui sono memorizzati dati e
informazioni relativi a singoli individui. Anche se l’introduzione della carta d’identità
elettronica (che contiene anche dati biometrici) è fortemente osteggiata dal Garante
della Privacy è verosimile che troverà applicazione in un prossimo futuro. Diventerà
così possibile, attraverso una chiave primaria rappresentata dal codice fiscale,
aggregare dati residenti in diversi enti e istituzioni per realizzare una fotografia
esaustiva e completa di tutti gli aspetti finanziari, assicurativi, patrimoniali,
anagrafici, medici, giudiziari, ecc. di ogni singolo individuo.
Già in parte questo sistema è funzionante ma è sicuramente da attendersi un
livello di dettaglio e di attendibilità delle informazioni assai più rilevante, con un
34
livello di intrusività tale da eliminare quasi completamente la sfera privata
dell’individuo.
Sembra così delinearsi nel prossimo futuro la realizzazione di una antica
leggenda mitologica della religione induista è cioè quella relativa al registro
AKASHICO. Si narra, infatti, che nella antichità dell’India esisteva un famigerato
registro in cui erano annotati tutte le possibili informazioni relative alle persone che
specificavano la azioni compiute, le relazioni con altri soggetti ecc.. Ma questo
registro AKASHICO divenne presto oggetto di contesa fra gli Dei che lottarono fra di
loro per acquisirne il controllo e per la possibilità di poterlo utilizzare per i loro scopi.
E’ facile pensare che anche nell’epoca contemporanea la possibilità di accedere ad
informazioni dettagliate su singole persone possa scatenare una lotta fra quei soggetti
interessati al dominio e al controllo sociale delle masse.
Ecco, quindi, che un’antica leggenda mitologica diventa di grande attualità al
giorno d’oggi con la diffusione su vasta scala di mezzi informatici della più svariata
natura compresa la moneta di plastica. Non c’è poi da stupirsi più di tanto del
dilagare degli hackers cioè di soggetti dotati di notevoli conoscenze informatiche che
si introducono abusivamente in archivi riservati per carpire illegalmente dati e
informazioni.
4.3 L’EVOLUZIONE DELLA MONETA DI PLASTICA
La moneta di plastica è spesso causa di infinite attese, soprattutto quando si paga
con bancomat o carta di credito. Succede, infatti, nei giorni di maggior uso che il
servizio sia rallentato: sovraccarico di linea o piccole défaillances tecniche possono
tradursi in qualche fastidioso minuto di attesa. O, addirittura, nella necessità di usare
il contante se la "macchinetta" proprio non vuole funzionare.
Il futuro della moneta di plastica, cioè delle transazioni che avvengono attraverso
carta di credito o debito (bancomat), passa anche da qui. Ma il viaggio che il denaro
virtuale fa è molto più complesso e interessante, anche perché dopo la nascita
dell’euro ci stiamo avvicinando a una rivoluzione, ben nota agli addetti ai lavori, che
dovrebbe rendere più efficienti i meccanismi di pagamento interbancari e — di
conseguenza — anche più conveniente per i consumatori l’uso di questi strumenti.
Nel 2010, infatti, in Europa verrà avviata l’area unica di pagamenti in euro (Single
euro payments area, o Sepa) che sostituirà alla stanza di compensazione nazionale
per i pagamenti non in moneta contante quella unica europea degli Stati aderenti
all’euro. La normativa Sepa era stata prevista nel 2000 all’interno dell’agenda di
Lisbona ed è poi diventata legge comunitaria nel luglio 2003: è uno dei passi
35
fondamentali pensati a Lisbona per trasformare l’Unione nella più forte potenza
economica al mondo entro il 2010.
Andiamo però con ordine. Dal punto di vista bancario la logica della transazione
economica, quando ad esempio si paga una cena al ristorante con il bancomat, è
abbastanza semplice. Dal terminale per i pagamenti Pos del ristoratore, infatti, viene
avviata una comunicazione con il gestore del servizio per autorizzare presso la banca
del cliente la transazione economica a favore dell’esercente, di cui vengono fornite a
sua volta le coordinate bancarie. La banca del cliente poi effettua la doppia
operazione contabile di prelievo da un lato e di accredito sul conto della banca del
commerciante dall’altro, calcolando anche la commissione dell’operazione.
Per cliente e ristoratore l’operazione è finita, ma non per gli istituti di credito, che
devono ancora svolgere molte operazioni di clearing: i soldi infatti ancora non sono
materialmente transitati né, probabilmente, lo faranno mai. A fine giornata dalla
stanza di compensazione interbancaria viene chiusa la contabilità e così i singoli
istituti di credito sanno di quanto sono in credito e da parte chi, e di quanto sono
indebito e verso quale altra banca. Per gli istituti la liquidità di cassa è un costo,
quindi cercano di minimizzare sia i trasferimenti sia soprattutto il deposito, visto
anche che il giorno dopo le situazioni contabili di credito e debito si muoveranno
ancora.
Con l’arrivo di Sepa nel 2010, inoltre, le cose cambieranno in maniera ulteriore: la
nuova stanza di compensazione unica europea implica infatti un adeguamento
tecnologico e di procedure notevole che se non viene eseguito seguendo gli standard
(come è nel 42% dei casi in Europa per gli istituti di credito) porta con sé una
riduzione compresa tra il 38 e il 62% del fatturato complessivo derivante dalle
commissioni bancarie. Vuol cioè dire perdere potenzialmente tra i 18 e i 29 miliardi
di euro di possibile guadagno per le banche, secondo una stima fatta dalla società di
consulenza Capgemini.
È la tecnologia la chiave del business in questo settore: lo strumento che permette
non solo di rendere sempre più pervasiva la moneta di plastica (aiutata anche dalla
crescente importanza degli strumenti di pagamento online e dai pagamenti "Moto",
cioè le adesioni telefoniche con carta di credito alle vendite da catalogo o televisive)
ma anche di renderla più innovativa sotto la spinta dell’apertura del sistema bancario
in Europa che sta portando a una crescente concorrenza. «L’opportunità dal punto di
vista tecnico — secondo quanto anticipato da Alessandro Giaume, direttore del
settore Large Enterprise di Sap Italia — è quella di progettare e innovare ad esempio
allineando le anagrafiche, migliorando la banda a disposizione e aumentando la
capacità di scalare dei sistemi».
Rispetto alla teoria finanziaria, la pratica digitale del pagamento di una cena al
ristorante con il bancomat è infatti più complessa e i bit che compongono la moneta
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virtuale compiono giri ancora più tortuosi. Il primo passaggio è quello in realtà
responsabile di buona parte dei rallentamenti: la linea telefonica che collega i Pos al
gestore dei servizi interbancari. L’apparecchio, prodotto da uno dei numerosi attori
del mercato, non proviene da uno dei circuiti ma dalla banca dell’esercente, cioè in
ultima analisi dalla società di servizi che ha stipulato con essa il contratto di fornitura.
La linea telefonica e il sistema informatico che raccolgono l’informazione sono
quindi diversi a seconda della combinazione (e del tipo di contratto stipulato),
portando talvolta a problemi di sovraccarico per la società che si occupa di indirizzare
i bit verso la banca e il circuito del gestore. Da qui i passaggi sono ancora
frammentati prima che la transazione vada a buon fine: i soggetti che collaborano per
garantire la transazione adesso crittata (il passaggio dal Pos sul doppino telefonico
avviene spesso in chiaro, a differenza di quello via internet); le differenti applicazioni
server utilizzate per gestire i passaggi contabili tra le diverse società e all’interno
della banca stessa.
È un approccio diverso da quello di altri Paesi. In Germania, ad esempio, le Poste,
dopo aver acquisito dalle banche le operazioni, il personale, le infrastrutture e le
tecnologie, stanno diventando il gestore principale su piazza, razionalizzando il
mercato tedesco. In Italia le società interbancarie per la gestione delle reti e dei
servizi bancari e finanziari ruotano attorno a vari attori, il principale dei quali è SiaSsb, e sotto di loro orbitano decine e decine di piccole e grandi società di tecnologia
che svolgono ruoli non solo strumentali.
Andata a buon fine la transazione, cioè garantito che chi paga ha i soldi per farlo e
che chi riceve ne abbia diritto, i bit non si dissolvono ma si riciclano: nell’archivio
storico utilizzato per le rendicontazioni, estratti del conto corrente, "miniera" di dati
utili per gli analisti della banca che studiano nuove formule di incentivo all’uso dei
servizi e altre decine di adempimenti documentali necessari. Alla fine, se alle volte
pagare la cena col bancomat sotto Natale richiede più di venti secondi, forse qualche
motivo c’è.
4.4 LA MAGIA DELLA MONETA DI PLASTICA
Sembra sicuramente stupefacente pensare che una moneta che non ha nessun
valore intrinseco, che non è ancorata a nessun metallo prezioso né tantomeno a
qualche riferimento di valore assoluto possa da sola muovere gli eserciti, realizzare le
più grosse imprese dell’uomo e far realizzare ponti, basiliche e tutto il mondo
economico che ci circonda. Nella moneta esiste esclusivamente un valore simbolico
37
che è rappresentato dai numeri che vi sono impressi ma che assumono un significato
profondo e potente per chi la possiede o desidera possederla.
Bisogna richiamare, a tal proposito, Pitagora che oltre ad essere un famoso
matematico è stato anche l’inventore della numerologia, una scienza totalmente
dimenticata e non riconosciuta dal pensiero oggi dominante. Pitagora parlava della
“Magia dei Numeri” e cioè di un valore simbolico insito nei numeri capace di attrarre
a se energie e visioni. Non bisogna, infatti, dimenticare che nella moneta l’individuo
ripone le sue più grandi ambizioni e l’illusione di poter tramite di essa realizzare il
soddisfacimento di visioni utopiche ed oniriche. Si potrebbe dire con un linguaggio
contemporaneo che ogni individuo attribuisce alla moneta un suo significato
psicologico che è la proiezione dei suoi bisogni e delle sue ambizioni.
Anche se il singolo individuo è abbastanza consapevole della estrema
inconsistenza della moneta che maneggia l’accetta come mezzo di pagamento perché
è sicuro che un qualsiasi altro individuo a sua volta l’accetta come mezzo di
pagamento. Ma il nuovo possessore della moneta attribuirà ad essa un nuovo
significato che sarà strettamente legato alla sua sfera privata di bisogni psicologici.
Ciò è sufficiente per spiegare la grande aleatorietà che è collegata con la definizione
del valore di un qualsiasi bene. Un oggetto può avere un significato profondo per il
Signor A ma può non valere niente per il Signor B. Mentre l’economia classica fa
sempre definito il comportamento dell’operatore economico strettamente razionale e
finalizzato al tornaconto personale, si ritiene, invece, che l’operatore economico è
mosso da reconditi e inaccessibili bisogni che hanno una natura estremamente
soggettiva.
E tale soggettività trova rappresentazione per il tramite della moneta che è
l’oggetto più aleatorio, inconsistente e fluttuante che vaga con i suoi numeri nei
pensieri della mente umana e negli hard-disc dei computers.
Si assiste, pertanto, nel sistema monetario internazionale ad una forte evoluzione
dei paradigmi concettuali. Il superamento degli accordi di Bretton Woods con il
mancato ancoraggio della moneta ad un metallo prezioso come l’oro fa venir meno
nel sistema monetario un sistema di riferimento a cui ancorare i valori. Si potrebbe
dire che anche nel sistema monetario abbiamo la stessa trasformazione che si è avuta
nella fisica con il passaggio da una fisica newtoniana, meccanicistica e
deterministica, ad una fisica di Eistein relativistica e priva di qualsiasi punto di
riferimento. Ma la concezione di una tale relatività anche nel sistema monetario
determina nella gente comune una grande paura e una grande incertezza nella
percezione del presente e tanto più del prossimo futuro. La mente di un qualsiasi
individuo deve poggiare su qualche elemento certo per dirigere consapevolmente i
propri comportamenti e per ottenere con razionalità dei ben precisi risultati. Si
accorge, invece, che tutto ciò che lo circonda è frutto di valutazioni soggettive e
relative e che maneggia valori monetari che hanno un senso nella percezione che ne
ha non un singolo individuo ma una ben precisa collettività. La moneta assume,
pertanto, un valore impersonale, un qualcosa che è al si sopra dei pensieri di una
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singola mente ma che si rivolge al significato che gli viene attribuito, come direbbe
Jung, da una coscienza collettiva. La moneta diviene come una nube che aleggia
nell’orizzonte trasportata dalle correnti impetuose del vento.
4.5 MONDO VIRTUALE E MONETA VIRTUALE
Quello che si prospetta all’orizzonte è un mondo sempre più dematerializzato
in cui l’economia si caratterizza per l’avvento di attività economiche legate ai servizi
e ben lontani dall’industria pesante o dalla produzione di beni in senso generale.
Mentre nel Medioevo l’economia era legata soprattutto al mondo agricolo, con la
rivoluzione industriale si ha l’avvento della produzione di massa con i grandi opifici e
la massa dei proletari che affollavano le grandi periferie metropolitane. Oggigiorno,
l’economia è soprattutto legata con il settore dei servizi che vanno dalle attività
finanziarie online al turismo low-cost e al mondo dell’intrattenimento con le web-tv e
le pay-tv. Sia il gioco online che i videogames distribuiti con le varie console hanno
una natura fortemente dematerializzata nel senso che l’individuo non si avvantaggia
di un bene materiale che ha una natura tangibile ma la sua è una esperienza
soprattutto sensoriale legata al mondo delle emozioni. Anche l’avvento del web segna
il passaggio ad un mondo virtuale e dematerializzato in cui il navigatore ricerca e
condivide informazioni con una sterminata miriade di altri soggetti. E’ chiaro che
l’informazione è per sua natura immateriale ma è senz’altro fondamentale per
dirigere con raziocinio le proprie scelte sia nella vita professionale che in quella
personale. Anche l’esperienza del trading online ha una natura anch’essa immateriale
nel senso che l’investitore online sulla base di informazioni reperite su internet
impartisce via web i suoi ordini di acquisto e di vendita che si traducono in
espressioni numeriche che si visualizzano all’interno del suo monitor. E’ però
abbastanza chiaro che da questa attività intagibile discendono conseguenze sul piano
materiale nel senso che il soggetto avrà o no realizzato profitti o perdite e quindi
modificato la consistenza delle sue disponibilità finanziarie.
Ed è in questo contesto di economia virtualizzata che si inserisce una moneta
virtualizzata che perde ogni tipo di ancoraggio a un bene materiale , tipicamente oro,
e perde il suo supporto cartaceo per diventare una espressione numerica nei conti
elettronici visualizzabili online. Sembra quindi che anche la moneta segue le sorti
dell’economia contemporanea diventando una virtualizzazione della realtà in un
mondo che sembra sempre più illusorio ed evanescente.
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Note dell’Autore
N. 1 – Nel mese di dicembre del 2013 il Governo Letta, con il via libera della
Banca Centrale Europea, dava avvio all’aumento del Capitale Sociale della Banca
d’Italia che passa da 156.000 euro ad un range compreso tra i 5 e i 7 miliardi di euro.
Inoltre, stabiliva che le partecipazioni dei soci della Banca d’Italia non possono
superare il 5% del capitale sociale decretando la trasformazione della B.d.I. in una
Pubblic Company. In particolare, l’aumento del Capitale Sociale della B.d.I. si
traduce in un consolidamento dell’attivo patrimoniale delle Banche Socie che si
troveranno nelle condizioni di sopportare più agevolmente le consistenti sofferenze
bancarie e di rilanciare la concessione del credito agli operatoti economici. Le banche
socie che dispongono di pacchetti azionari di una ragguardevole consistenza
dovranno cederli per riportarsi ad una quota azionaria del 5%. Ciò, chiaramente, si
traduce in una consistente entrata finanziaria o in un rafforzamento delle posizioni
patrimoniali attive.
BIBLIOGRAFIA
Questa breve trattazione sulla moneta nasce da riflessioni personali dell’autore
dopo un’ampia lettura di testi pubblicati dai seguenti studiosi della materia:
Prof. Giacinto Auriti
Avv. Marco Della Luna
Dott. Nino Galloni
Dott. Antonio Miclavez
Dott. Giuliano Lemme
Numerose informazioni sono state attinte direttamente dal web.
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