Bonaventura da Bagnoregio De reductione artium ad theologiam

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Bonaventura da Bagnoregio
De reductione artium ad theologiam
Lettura di Alessandro Ghisalberti
Letture di nuovi classici in Ambrosiana
© Ambrosiana, 2017, fabio trazza
Logo: elaborazione ft da un particolare
del Codice Bibbia Ambrosiana, B 32 inf. 1,
per rappresentare: le Letture comuni tra ebrei, cristiani, musulmani;
il rimando alla convivenza nella perfezione,
tipica di un globo che raccoglie elementi diversi come cieli, sole, luna, stelle;
e, infine, la provenienza millenaria per la riproposta nel III millennio.
Lignum vitae: L’Albero della Vita, del 1305-1310,
è un dipinto a tempera e oro su tavola, 248x151 cm,
di Pacino di Buonaguida, conservato
nella Galleria dell’Accademia a Firenze, inv. n. 8459,
proveniente dal convento delle Clarisse di Monticelli, Firenze.
Attribuzione di Richard Offner, A critical and historical corpus
of Florentine painting, Sect. 2., voll. I-II, Firenze 1930.
Letture di Nuovi Classici
per il III Millennio
Fede, Logos, Ethos
2016–2017 V Ciclo
Biblioteca Ambrosiana, Milano
Ciascun incontro prevede la lettura di un Classico – scelto da un Comitato Scientifico generalmente tra Autori delle Tradizioni ebraica, cristiana e islamica dal IX al XIII secolo – e il commento da parte di un
esperto, con l’intervento di un moderatore che incoraggerà e faciliterà la
più ampia discussione tra il pubblico.
La serie di 9 incontri nel 2015/2016 ha cadenza mensile.
Lunedì 3 aprile 2017
De reductione artium ad theologiam
di Bonaventura da Bagnoregio
Lettura di Alessandro Ghisalberti
modera Massimo Campanini
presenta e conclude Cosimo Nicolini Coen
In Ambrosiana il confronto è vivo e vitale sia tra le religioni abramitiche, sia con quanti sanno che la fede e la conoscenza vanno sempre alimentate, perché sono doni che l’uomo coltiva e che non possiede
mai. Bisogna continuamente rimettersi in cammino per apprendere di
nuovo. E non solo il nuovo, ma quanto di più primordiale possa esistere. Il dialogo e il confronto con il pubblico – dinanzi alla città e per la
città – non è mai generico, perché fondato sui riscontri testuali dei Classici proposti, e reso attuale attraverso le loro pagine più nutrienti e gustose. L’accesso alle fonti è garantito sempre da una lettura critica,
mediata dall’esperienza accademica. Cercando di comprendere e di rispondere con rigore etico alle domande e alle sfide della vita di uomini
impegnati nel passato e nel presente, si intravede, oltre i limiti del dubbio e del ragionevole, la prospettiva metafisica, senza la quale i problemi
da affrontare e le sfide del fanatismo potrebbero risultare insuperabili.
1
Letture di Nuovi Classici
per il III Millennio.
Fede, Logos, Ethos
2016–2017
V Ciclo
Comitato Scientifico
Giampiero Alberti, Davide Assael, Carmela Baffioni, Elena Lea Bartolini De Angeli, Gino Battaglia, Gianfranco Bottoni, Paolo Branca, Franco
Buzzi, Vermondo Brugnatelli, Massimo Campanini, Edoardo Canetta,
Myrna Chayo, Donatella Dolcini, Chiara Ferrero, Michela Beatrice Ferri,
Pier Francesco Fumagalli, Alessandro Ghisalberti, Giulio Giorello, Giuseppe Laras, Paolo Magnone, Claudia Milani, Raffaella Mortara, Paolo
Nicelli, Abd al-Wahid Pallavicini, Yahya Pallavicini, Gioachino Pistone,
Roberto Pontremoli, Roberto Mario Radice, Paolo Sciunnach, Luisa Secchi Tarugi, Claudio Stercal, Fabio Trazza, ‘Abd al-Sabur Turrini
Ente promotore
Veneranda Biblioteca Ambrosiana
con la collaborazione di Centro Studi Camito-Semitici, CO.RE.IS. Comunità Religiosa Islamica Italiana, Fondazione Maimonide, ISA-Interreligious Studies Academy Istituto Studi Umanistici F. Petrarca, Servizio per
l’Ecumenismo e il Dialogo della Diocesi di Milano, UCID Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti, Università Cattolica del Sacro Cuore, Università degli Studi di Milano
Veneranda Biblioteca Ambrosiana
Milano, Piazza Pio XI, 2 MM 1 Cordusio - MM 3 Duomo +39.02.806921
www.ambrosiana.it
per la possibilità di riascoltare la registrazione delle Letture
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per registrarsi, prenotare i Libretti di Sala con il testo di ogni Lettura,
seguirne il programma ed avere la possibilità di esprimere il proprio commento, formulare domande e ricevere risposte
2
Bonaventura
De reductione
Alessandro Ghisalberti, già professore ordinario di Storia della filosofia
medievale e Filosofia teoretica presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore è Membro Effettivo dell’Istituto Lombardo Accademia di Scienze e Lettere; autorevole esponente degli Incontri con la
Città della Veneranda Biblioteca Ambrosiana e garante scientifico nei comitati
scientifici delle Letture Filosofiche e delle Letture dei Nuovi Classici, svolte
mensilmente in Ambrosiana,
dedica le sue ricerche ad approfondire
— i rapporti tra la razionalità filosofica e la rivelazione cristiana; l’ncidenza della
concezione del predicato d’esistenza nella critica heideggeriana dell’ontoteologia; alla rilettura di Tommaso d’Aquino e Giovanni Duns Scoto
[RIVISTA DI FILOSOFIA NEO-SCOLASTICA - 2015 - 1 - 2 ]
— Ildegarda di Bingen, visioni di speranza
[VITA E PENSIERO - 2013 - 2]
— Agostino, il suicidio e la ricerca della felicità
[VITA E PENSIERO - 2012 - 4]
— Mondo Uomo Dio. Le ragioni della metafisica nel dibattito filosofico contemporaneo
[Vita e Pensiero | anno: 2010 | pagine: 392]
— La mistica cristiana continua ad affascinare
[VITA E PENSIERO - 2010 - 6]
— Fra speranza e attesa ritorna Gioacchino da Fiore [VITA E PENSIERO - 2009 - 2]
— La concezione della “philosophia perennis” nell’opera di Sofia Vanni Rovighi
[RIVISTA DI FILOSOFIA NEO-SCOLASTICA - 2008 - 4-Supp.]
— Pensieri dal Medioevo per l’incontro di civiltà
[VITA E PENSIERO - 2007 - 4]
— Globalizzazione: a lezione dai monaci medievali [VITA E PENSIERO - 2005 - 5]
— Anima e corpo in Tommaso d’Aquino [RIVISTADIFILOSOFIANEO-SCOLASTICA-2005-2]
— Il pensiero filosofico e teologico di Dante Alighieri [VITA E PENSIERO | anno:
2001 | pagine: 266]
— Guglielmo di Ockham
[VITA E PENSIERO | anno: 1996 | pagine: 312]
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Letture de I Nuovi Classici
Ambrosiana
Alessandro Ghisalberti
(nella foto)
legge e commenta passi da
De reductione artium ad theologiam
di Bonaventura da Bagnoregio
modera Massimo Campanini
Presentazione e conclusione
di Cosimo Nicolini Coen
Ambrosiana, 3 aprile 2017
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Bonaventura
De reductione
SAN BONAVENTURA DA BAGNOREGIO
De reductione artium ad theologiam
La riconduzione delle arti alla teologia
Biblioteca Ambrosiana 3 aprile 2017
Introduzione di Alessandro Ghisalberti
Il significato di reductio nell’opera bonaventuriana non è né facilmente
circoscrivibile, né univoco; la “riduzione” o “riconduzione”
esprime anzitutto la tendenza della metafisica a ricondurre le
cause particolari al loro fondamento ultimo: la “riduzione delle
arti”, ossia delle diverse discipline scientifiche, conosce un primo
livello, nel quale ogni singola scienza va posta, secondo un preciso
ordine, per essere ricondotta al livello superiore. Segue l’istanza
superiore, che ricostruisce la presenza dell’impronta del creatore
nelle cose conosciute dalle scienze, avvalendosi delle conoscenze
degli archetipi presenti nella mente creatrice e donati attraverso la
rivelazione.
Tutte le arti vanno “ricondotte” alla teologia nel senso che,
passandone in rassegna i fondamenti epistemologici, si può vedere
come il dinamismo specifico di ogni disciplina contenga le basi,
le premesse necessarie, per attivare un rinvio ad una conoscenza
superiore, che è quella delle idee di Dio; ad essa l’uomo partecipa
originariamente attraverso il radicamento nel suo intelletto
dell’illuminazione divina, cui si aggiunge il potenziamento offerto
dalla la Sacra Scrittura, che è manifestazione della luce e del pensiero
di Dio incarnatosi nel linguaggio scritto della rivelazione biblica. E’
dunque manifesto anzitutto che la “reductio” non è il momento
iniziale della struttura fondativa della costituzione della realtà e dei
saperi che la esprimono, conoscono o interpretano: la “reductio”
è il compito che si impone allo speculativo, perché questi entra in
connessione con un sapere anteriore circa la manifestatività della
totalità, sia nella formula dell’essere universale della realtà, sia nella
forma della illuminazione costituita dalla prerogativa di Dio di
essere “pater luminum”, di essere cioè descrivibile come la luce
immateriale o spirituale creatrice e diffusiva per sovrabbondanza
di natura nelle molteplici luci degli esseri. L’originario è l’UnoPadre (l’origine), che, in quanto connotabile come luce sostanziale
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Letture de I Nuovi Classici
Ambrosiana
include il mondo archetipico delle idee e diventa l’intrinseca
congiunzione delle proprietà detenute dal semantema essere con
il semantema luce, ponendosi come costituivo inizio assoluto di
ogni attività emanativa o creativa, esemplaristica o illuminativa,
risolutiva o “riduttiva”. Imprescindibile dunque la lettura della
istanza triadica del neoplatonismo, che ha la movenza da ciò che si
schiude originariamente, si espande nell’universo e detiene l’istanza
del ritorno, di cui la “reductio” è il paradigma noetico più forte,
mentre l’Itinerarium mentis in Deum è quello più consono all’intelletto
umano per come opera nella condizione di viator: integrato con le
categorie aristoteliche, la lettura dell’intelletto individua maggiore
facilità nella risalita dalle orme, vestigia, immagini sensibili alle
realtà intelligibili e metaintelligibili. La dialettica triadica del
neoplatonismo costituisce pertanto l’imprescindibile radicamento
metafisico e teologico della “reductio”, su cui si fonda la necessità/
possibilità di ricondurre tutti i saperi al livello fondativo. Questa
dialettica oltre che premessa, è insieme la molla del cammino che
si compie dal basso, perchè il reditus che mobilita la risalita dalle
singole arti al loro lume originario è una istanza succedanea all’exitus.
Questo processo non importa costrizione, non induce violenza
repressiva, non intende comprimere; vuole piuttosto rintracciare un
percorso in base al quale sono individuati gli elementi per passare
da un livello primario ad un livello superiore, dove Bonaventura
mostra che ogni grado di sapere contiene al proprio interno delle
istanze che non possono essere pienamente comprese se non si
“riconducono” al sapere in sé, quello della sapienza-luce prima
che si effonde da Dio e dal Verbo creatore e rivelatore. Recepiamo
l’importante acquisizione della storiografia più recente, secondo
cui Bonaventura non assume la luce come principio metafisico
della realtà, ossia non è corretto parlare del suo pensiero come
“metafisica della luce”. Per Bonaventura a luce è sempre fisica, e
quando applica il termine luce a Dio (o all’essere), o parla di “lumi”
come tramiti del divino nel cosmo, il Dottore Serafico precisa che si
fa sempre un uso metaforico del termine luce: la luce fisica e quella
divina sono realtà di livello completamente diverso (Bonaventura
non riprende la teoria della luce di Grossatesta): “Ad illud quod
obicitur, quod lux principalius convenit naturae spirituali, dicendum
quod verum est quantum ad proprietatem vocabuli, non est tamen
verum quantum ad usum communem. Nominata enim luce, nisi
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Bonaventura
De reductione
determinetur per antecedentia et subsequentia, lucem intelligimus
corporalem, per quam tamen perducimur ad intelligendum etiam
spiritualem, quia cognitio nostra incipit a sensu” (San Bonaventura,
In Sent. II, dist. XIII, art. , q. 1, ad 3). Espressioni come luce divina,
illuminazione, lumi spirituali sono puramente metaforiche, originate
dal fatto che per l’uomo, nell’attuale condizione, la luce è un veicolo
imprescindibile di conoscenza (Cfr. V. C. Bigi, La dottrina della luce in
San Bonaventura, riedito in Id., Scritti francescani, Edizioni Biblioteca
Francescana, Milano 2017, pp. 86-108)
Alessandro Ghisalberti
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Letture de I Nuovi Classici
Ambrosiana
BONAVENTURA DA BAGNOREGIO
De reductione artium ad theologiam, nn. 1-7
Proponiamo la lettura dei primi 7 paragrafi della Riconduzione delle
arti alla teologia di San Bonaventura (1217-1274), al secolo Giovanni
Fidanza, francescano, nella traduzione italiana di Silvana Martignoni,
tratta dal volume:
Itinerario della mente in Dio.
Riconduzione delle arti alla teologia
tr. it. di Silvana Martignoni e Orlando Todisco, Città Nuova, Roma
L’opuscolo, datato quasi all’unanimità tra il 1255 e il 1257, difende
la tesi secondo cui tutte le conoscenze sono originate da una sola
luce fontale, Dio stesso, e a loro volta sono ordinate alla conoscenza
della Scrittura. Ogni conoscenza è un lume che illumina colui che
conosce riguardo a quelle forme che ne sono l’oggetto. Si parte
da Dio come fonte di luce dalla quale hanno origine tutte le altre
luci, cioè tutte le conoscenze umane, e si prosegue distinguendole
l’una dall’altra in base al loro oggetto. San Bonaventura ne annovera
quattro, a loro volta ricche di suddivisioni, in ordine di importanza
crescente: l’arte meccanica (che illumina riguardo alle forme
prodotte dall’uomo), la conoscenza sensibile (sulle forme
naturali), la conoscenza filosofica (sulle verità intelligibili), la
Sacra Scrittura (sulla verità che salva).
A.G.
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Bonaventura
De reductione
1.
Ogni cosa eccellente e ogni dono perfetto vengono dall’alto, perché
discendono dal Padre della luce [Gc 1,17], scrive Giacomo
nel primo capitolo della sua Lettera. Queste parole
si riferiscono alla fonte di ogni illuminazione e, nello stesso
tempo, fanno capire che da quella sorgente di luce si diffondono
copiosamente molteplici luci. Anche se, poi, ogni illuminazione
della conoscenza è interiore, possiamo tuttavia ragionevolmente
proporre una distinzione, dicendo che c’è una luce esterna, quella cioè
dell’arte meccanica; una luce inferiore, cioè quella della conoscenza
sensibile; una luce interiore, cioè quella della conoscenza filosofica;
una luce superiore, cioè quella della grazia e della Sacra Scrittura.
La prima ci illumina circa le forme prodotte dall’uomo, la seconda
riguardo a quelle naturali, la terza sulla verità dell’intelletto, la quarta
ed ultima riguardo alla verità salvifica
2.
La prima luce, dunque, che illumina riguardo alle forme
prodotte dall’uomo, che sono come a noi esterne e
inventate per supplire alle manchevolezze del corpo, è
detta luce dell’arte meccanica [1]. Essendo questa, in qualche modo,
ancella e lontana dalla conoscenza filosofica, si può, a ragione,
definire esterna. Questa luce è di sette specie in relazione alle sette
arti meccaniche che Ugo fissa nel Didascalicon; esse sono: il lanificio,
l’armatura, l’agricoltura, la caccia, la navigazione, la medicina, e l’arte
dei giochi e degli spettacoli [2]. – L’idoneità della classificazione si
può spiegare in questo modo: ogni arte meccanica è finalizzata a
dare o un sollievo o un vantaggio, vale a dire o a liberare dalla pena
o dal bisogno; o, ancora, a recare giovamento o diletto, secondo
quanto afferma Orazio:
«I poeti vogliono giovare o divertire».
E anche:
«Ottiene il consenso di tutti chi unisce l’utile al dolce» [3].
Se l’arte ha per scopo il sollievo e il diletto si hanno gli spettacoli
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Letture de I Nuovi Classici
Ambrosiana
che costituiscono l’arte del divertimento la quale comprende
ogni tipo di divertimento: canti, musica strumentale, recitazione,
pantomime. – Se invece è finalizzata al vantaggio o all’utilità
dell’uomo in relazione ai suoi bisogni esterni, ciò può riguardare il
coprirlo, il nutrirlo o il procurargli entrambe le cose. – Se si tratta di
coprirlo, si può usare materia morbida e leggera, e allora si ha 1’arte
della lana; o materia dura e solida, e si ha l’arte della costruzione o
arte fabbrile, che comprende la fabbricazione di ogni strumento
costruito in ferro o in qualsiasi altro metallo o in pietra o in legno.
Il giovamento del cibo, inoltre, può essere duplice dal momento
che ci nutriamo o di vegetali o di animali. Dei primi si occupa
l’agricoltura, dei secondi la caccia. – In altre parole, se pensiamo al
giovamento del cibo, questo può realizzarsi in maniera duplice: o
producendo e moltiplicando gli alimenti, e allora si ha l’agricoltura;
o preparandoli in molteplici modi, e allora si ha la caccia, che
comprende ogni varietà di preparazione di cibi, bevande, leccornie,
il che è compito di pasticceri, cuochi, osti. Si usa, per tutto questo, il
termine che ne designa una sola parte, e ciò per la sua preminenza
e nobiltà.
Se poi ci si riferisce a quanto può aiutare l’uno e l’altro, ciò può
consistere o nel provvedere a ciò che manca, ed ecco la navigazione,
che comprende ogni commercio di prodotti che servono a coprire
o a nutrire; oppure nel rimuovere un impedimento o un danno, ed
ecco la medicina, che consiste sia nella preparazione di elettuari,
pozioni, unguenti, sia nella cura di ferite, sia nell’amputazione
di membra, cosa, quest’ultima, che spetta alla chirurgia. – L’arte
dello spettacolo è unica. E così è chiaro come la classificazione sia
completa.
3.
La seconda luce, che ci permette di apprendere le forme
naturali, è quella della conoscenza sensibile. A ragione è
detta inferiore, perché la conoscenza sensibile comincia
da ciò che è inferiore e si realizza con l’aiuto della luce corporea.
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Bonaventura
De reductione
Questa luce si divide in cinque parti in corrispondenza con i cinque
sensi. – Che il numero di questi sia completo Agostino lo stabilisce
così nel terzo libro del commento sulla Genesi [4], sulla base della
natura della luce degli elementi: la luce, ossia il lume che ci permette di
distinguere le cose corporee, o è nella perfezione delle sue proprietà
e con una certa quale purezza, ed allora è il senso della vista; o si
mescola all’aria, ed è l’udito; o al vapore, ed allora è l’olfatto; o
al liquido, ed è il gusto; o alla grossezza della terra, ed è il tatto.
Infatti, il fluido sensibile possiede la natura della luce, per cui agisce
sui nervi, la cui natura è luminosa e trasparente, e cresce in questi
cinque sensi secondo la sua maggiore o minore purezza. Pertanto,
dal momento che nel mondo esistono cinque corpi semplici, e cioè
i quattro elementi e la quinta essenza, l’uomo è dotato di cinque
sensi, ad essi corrispondenti, finalizzati alla percezione di tutte le
forme corporee, poiché non si dà alcuna conoscenza se non in
virtù di una qualche somiglianza o convenienza fra l’organo e il
suo oggetto, proprio in quanto il senso è una natura ben definita.
– Vi è un altro modo per capire la completezza del numero dei
sensi, ma Agostino approva questo sopra esposto, e – ci sembra – a
ragione, dal momento che a realizzare questa completezza concorre
simultaneamente tutto quanto corrisponde da parte dell’organo di
senso, del mezzo e dell’oggetto.
4.
La terza luce, che ci illumina per farci penetrare le
verità intelligibili, è quella della conoscenza filosofica;
essa è detta interiore, perché ricerca le cause interiori
e nascoste, servendosi dei principi delle scienze e della verità
naturale insiti nell’uomo per natura. Questa luce si divide in tre
parti: razionale, naturale e morale [5]. - L’esattezza di questa
tripartizione si può comprendere in questo modo: vi è una verità
dei discorsi, una verità delle cose e una verità dei comportamenti.
La parte razionale considera la verità dei discorsi, quella naturale la
verità delle cose, quella morale la verità dei comportamenti. – In
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Letture de I Nuovi Classici
Ambrosiana
altri termini: come nel sommo Dio si deve considerare la causa
efficiente, la causa formale o esemplare, e quella finale, poiché egli
«è causa dell’esistere, ragione dell’intendere, norma del vivere» [6],
così accade nell’illuminazione della filosofia. Essa, infatti, illumina
per farci conoscere le cause dell’essere, in quanto fisica; le ragioni
dell’intendere, in quanto logica; e la norma del vivere, in quanto
filosofia morale o pratica. – Vi è, ancora, un terzo modo per dividere:
tenendo conto che la luce della conoscenza filosofica illumina la
capacita stessa intellettiva. Questo, infatti, può avvenire in tre modi:
o in quanto essa guida la potenza motiva, e si ha la filosofia morale;
o in quanto guida se stessa, e si ha la filosofia naturale; o in quanto
guida la potenza interpretativa, e si ha la filosofia del discorso, in
modo che l’uomo sia illuminato, rispettivamente, riguardo alla verità
della vita, della conoscenza e della dottrina.
Inoltre, dal momento che nel discorso vi sono tre modi per
esprimere ciò che ognuno ha in sé, vale a dire o per far conoscere il
concetto della propria mente, o per stimolare gli altri ad accettarlo
il più possibile, o per indurre all’amore o all’odio, così la filosofia
del discorso, o razionale, si divide in: grammatica, logica e retorica.
La prima serve ad esprimere, la seconda ad insegnare, la terza a
muovere gli animi. La prima riguarda la ragione come capacità di
apprendere; la seconda, di giudicare; la terza, di muovere l’animo. E
poiché la ragione apprende grazie ad un discorso corretto, giudica
grazie a quello vero, muove l’animo grazie ad un discorso elegante;
ne deriva che questa triplice scienza tiene in considerazione, nel
discorso, queste tre proprietà.
Inoltre, siccome nel giudizio il nostro intelletto deve essere
guidato secondo le ragioni formali, e queste possono essere
considerate o in rapporto alla materia, e in tal caso sono dette ragioni
formali, o in rapporto all’anima, e allora si dicono intellettuali, o in
relazione alla sapienza divina e allora si dicono ideali, ne segue che la
filosofia naturale si divide in fisica propriamente detta, matematica
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Bonaventura
De reductione
e metafisica. La fisica considera la generazione e la corruzione delle
cose secondo le loro proprietà naturali e le ragioni seminali. La
matematica considera le forme suscettibili di astrazione secondo
le forme intelligibili. La metafisica riguarda la conoscenza di tutti
gli enti che essa riconduce all’unico primo principio dal quale sono
usciti secondo le ragioni ideali, ossia a Dio quale principio, fine,
modello, ancorché fra i metafisici, riguardo a queste ragioni ideali,
siano nate non poche discussioni.
Infine, ciò che regola la potenza motiva deve essere considerato
da tre punti di vista, cioè rispetto alla vita individuale, alla famiglia
e alla moltitudine delle persone governate; pertanto la filosofia
morale si divide in tre parti: monastica, economica, politica, le quali
si distinguono secondo i tre modi anzidetti, come indicano gli stessi
termini [7].
5.
Il quarto lume che illumina riguardo alla verità che salva
è quello della Sacra Scrittura. Esso è detto superiore
perché conduce alle realtà più elevate, rendendo
manifeste le verità che oltrepassano la ragione, e anche perché non
è frutto di una nostra scoperta, ma ci viene rivelato discendendo
dal Padre della luce [Gc 1, 17]. Questo lume è uno quanto al senso
letterale ma triplice quanto al senso mistico e spirituale. Infatti, in
tutti i libri della Sacra Scrittura, oltre al senso letterale, espresso
dalle parole stesse, si può ritrovare un triplice senso spirituale, e
precisamente: un senso allegorico, che ci insegna ciò che dobbiamo
credere della Divinità e dell’umanità; un senso morale che ci insegna
come dobbiamo vivere; un senso anagogico, che ci insegna in che
modo dobbiamo aderire a Dio. Pertanto, tutta la Sacra Scrittura ci
dà questi tre insegnamenti: l’eterna generazione e l’incarnazione di
Cristo, la regola del vivere e l’unione di Dio e dell’anima. Il primo
insegnamento riguarda la fede, il secondo il comportamento, il terzo
il fine di entrambi. Al primo devono dedicarsi con faticoso sforzo i
dottori, al secondo i predicatori, al terzo i contemplativi. Agostino
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Letture de I Nuovi Classici
Ambrosiana
insegna soprattutto il primo, Gregorio il secondo, Dionigi il terzo.
– Anselmo segue Agostino, Bernardo segue Gregorio, Riccardo
segue Dionigi; poiché Anselmo è maestro nell’argomentazione,
Bernardo nella predicazione, Riccardo nella contemplazione. Ugo
poi eccelle in tutte queste cose.
6.
Da quanto si è detto risulta che, quantunque ad una
prima suddivisione la luce che scende dall’alto sia
quadruplice, tuttavia le sue differenziazioni sono sei, e
precisamente: la luce della Sacra Scrittura, la luce della conoscenza
sensibile, la luce dell’arte meccanica, la luce della filosofia razionale,
quella della filosofia naturale e quella della filosofia morale. In
questa vita, perciò, sono presenti sei illuminazioni; ma esse hanno
il loro crepuscolo perché ogni scienza sarà distrutta [1 Cor 13, 8], e,
per questo, ad esse succederà il settimo giorno, quello del riposo
che non conosce crepuscolo, vale a dire l’illuminazione della gloria.
7.
Molto opportunamente, pertanto, queste sei
illuminazioni si possono ricondurre alle sei formazioni,
ovvero illuminazioni, con cui è stato creato il mondo,
in modo che la conoscenza della Sacra Scrittura corrisponda alla
prima opera di formazione, cioè alla luce; e così di seguito secondo
l’ordine esposto. – E come tutte avevano origine da una sola luce,
così tutte queste conoscenze sono ordinate alla conoscenza della
Sacra Scrittura, in essa sono contenute, in essa trovano il loro
compimento e mediante essa si ordinano all’eterna illuminazione.
Ne segue che ogni nostra conoscenza deve avere il proprio punto
finale nella conoscenza della Sacra Scrittura, specialmente nel suo
senso anagogico, per mezzo del quale l’illuminazione si fa risalire a
Dio, dal quale ha avuto origine. E, perciò, qui il cerchio si chiude,
si completa il numero sei e, per questo, trova il suo punto fermo.
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Bonaventura
De reductione
Appendice
Bonaventura da Bagnoregio
(dalla scheda del Manuale di Filosofia Medievale on-line
dell’Università di Siena - Facoltà di lettere e filosofia)
Vita e opere. Giovanni (nome di battesimo di Bonaventura) da Fidanza, nato intorno al
1217 a Bagnoregio, nell’Italia centrale, oblato nel convento dei francescani di Bagnoregio a 17 o 23 anni, fu poi a Parigi negli anni 1235-1243, studente alla Facoltà delle Arti;
nel 1243 entrò effettivamente nell’ordine francescano, e forse iniziò gli studi in teologia
sotto la guida di Alessandro di Hales. Nel 1248 iniziò a commentare la Scrittura come
baccelliere biblico e nel 1250-1252, come baccelliere sentenziario, scrisse il commento
alle Sentenze. Alla fine del 1253 o ai primi anni del 1254 divenne maestro reggente
nell’Università di Parigi. Dal 1257 divenne ministro generale dell’ordine francescano da
lui interamente riorganizzato. Nel 1273 fu nominato arcivescovo di Albano e cardinale.
Bonaventura morì durante il Concilio di Lione del 1274. Lo scritto fondamentale del
Doctor seraphicus è senza dubbio il Commentarius in quattuor libros Sententiarum,
composto a partire dal 1248, durante il suo insegnamento parigino. Il suo capolavoro mistico è l’Itinerarium mentis in Deum (1259). Altri scritti di notevole importanza
sono il De scientia Christi, le Quaestiones disputatae, il Breviloquium, le Collationes
in Hexaëmeron. Bonaventura scrisse inoltre molti opuscoli mistici, sermoni e scritti
relativi al suo operato all’interno dell’ordine francescano. Mentre negli scritti teologici
Bonaventura accoglie come punto di partenza il pensiero di Agostino per riassumere
tutta la tradizione scolastica, negli opuscoli mistici egli trova ispirazione nella mistica di
Bernardo, nei Vittorini (Ugo e Riccardo di San Vittore).
La scienza e la necessità dell’illuminazione della fede. Per il Doctor seraphicus, rispetto alle verità di fede, è maggiore l’adesione alla verità che si ottiene attraverso la fede.
Infatti, rispetto alle altre verità, la fede possiede una certezza di adesione maggiore rispetto alla certezza di speculazione della scienza. L’adesione implica un affectus, mentre
la speculazione il puro intellectus. La certezza della scienza è un puro fatto teoretico,
indubitabile relativamente al campo in cui resta costretta; non esige l’adesione che è
senza dubbio l’impegno personale del fedele. Fede e scienza, o fede e opinione possono
tuttavia coesistere. Il fedele può possedere non solo l’adesione alle proprie verità di
fede, ma può anche sostenerle attraverso molte ragioni probabili. In tal modo la scienza
coadiuva la fede, che tuttavia non esclude la scienza perché è da molti punti di vista
superiore ad essa: si può infatti dimostrare indubitabilmente che Dio esiste ed è uno;
ma scrutare l’essenza divina accettando la sua coesistenza con la pluralità delle persone,
necessita l’illuminazione della fede. La fede implica l’impegno dell’essere umano nei
confronti della verità.
La conoscenza. Alla questione, se ogni conoscenza derivi dai sensi, il Doctor seraphicus
risponde di no: l’anima conosce se stessa e tutto ciò che è al suo interno senza l’aiuto dei
sensi esterni; tuttavia l’anima non può fornire la conoscenza intera. Quest’ultima deve
provenire, per la maggior parte, dall’esterno, veicolata dai sensi. Tutto ciò costituisce
una forte concessione all’aristotelismo. In particolare sembra di poter affermare che
15
Letture de I Nuovi Classici
Ambrosiana
Bonaventura dell’aristotelismo assume specialmente il linguaggio: nei commenti alla
Scrittura e alle Sentenze il francescano non si sottrae alla generale influenza dell’aristotelismo; tuttavia, pur accettandone la terminologia e i concetti fondamentali, come atto
e potenza, forma e materia, sostanza e accidente, ne legge le dottrine all’interno di una
prospettiva agostiniana che ne modifica anche profondamente il significato. Dai sensi,
infatti, non può che pervenire il materiale della conoscenza: le species (le similitudini
delle cose, quasi pitture delle cose stesse) e i termini oggettivi da cui la conoscenza
risulta. In realtà l’anima è stata creata nuda (In Sententiarum), priva delle species. In
questo, per Bonaventura, ha ragione Aristotele, che affermava che l’anima è una tabula
rasa. Ma la conoscenza, sebbene necessiti dell’ausilio dei sensi, è condizionata e fondata
su quei principi che sono indipendenti dai sensi, innati ed infusi direttamente da Dio.
Affermando questa linea fondante della conoscenza, il Doctor seraphicus riprende in
modo completo la tesi fondamentale dell’agostinismo. La certezza della conoscenza è
garantita all’anima umana da un lumen directivum, da una directio naturalis. Tale lumen
proviene direttamente da Dio. Nel De scientia Christi il francescano afferma a chiare
lettere, basandosi sulle parole e l’autorità di Agostino, che la mente, nella sua conoscenza certa deve essere guidata da norme immutabili ed eterne, non da una sua disposizione
(habitus). Il nostro intelletto risulta quindi congiunto con la Verità eterna. Attraverso
l’analisi dell’Itinerarium è possibile stabilire quali siano le condizioni a priori della conoscenza umana. Il mondo esterno entra nell’anima attraverso i sensi, producendo nell’essere umano l’apprendimento, il giudizio e il diletto. Nell’anima entrano tuttavia non le
sostanze stesse delle cose, bensì le species, cioè le immagini delle cose. Il giudizio astrae
la specie sensibile, portandola dai sensi all’intelletto. Già l’atto del giudizio implica l’illuminazione divina: infatti il giudizio è l’atto della ragione che astrae dal luogo e dal mutamento. Quindi il giudizio è eterno, e ciò che è eterno è Dio stesso. Le species astratte
dal giudizio sono l’oggetto dell’attività intellettuale, che si esplica in tre momenti: la
percezione dei termini, delle proposizioni e delle illazioni. La percezione dei termini
procede la successiva definizione di un termine con il ricorso ad un termine superiore,
cioè più esteso, fino ad arrivare a termini supremi per estensione. Il termine più esteso
è quello di essere. L’essere può essere anche imperfetto; ma poiché, secondo quanto
afferma Averroè, la negazione non può intendersi se non in base all’affermazione, possiamo comprendere l’imperfezione dell’essere solo in relazione all’Essere completissimo, attualissimo e purissimo. Così funzionano anche gli altri due tipi di comprensione:
la nostra mente, per natura mutevole, non potrebbe comprendere la verità immutabile
delle proposizioni, se non per illuminazione di una luce immutabile, né potrebbe, senza
questa luce, formulare delle illazioni in cui le conclusioni discendono direttamente dalle
premesse. L’intelletto è subordinato alla volontà per una iniziale spinta al bene detta
sinderesi. Nell’Itinerarium la sinderesi è l’apex mentis ed è fatta coincidere con l’ultimo
grado dell’ascesa a Dio, che precede di poco il rapimento finale.
Metafisica e teologia. Bonaventura accoglie il principio dell’ilemorfismo universale da
Avicebron e dall’aristotelismo ebraico. Una materia deve essere attribuita non solo agli
esseri corporei, ma anche a quelli spirituali. L’essere spirituale risulta quindi non essere
affatto semplice: è composto di potenza ed atto, traducibili con materia e forma. La
materia spirituale non è soggetta, come quella delle cose corporee, alla privazione e
alla corruzione: non è estesa, non è quantitativa, generabile o corruttibile. Essa è pura
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Bonaventura
De reductione
potenza e costituisce, con la materia corporea, un’unica materia omogenea. Questa dottrina diventa uno dei capisaldi dell’agostinismo francescano. Ogni essere creato è quindi
costituito di materia e forma. Ma quale sarà la sua individuazione? Non dipenderà da
un principio esterno, ma dall’unione e dalla communicatio tra la materia e la forma. La
materia è per il Doctor seraphicus potenza non solo passiva, ma anche attiva, capace
di trarre da sé le forme. La potenza attiva della materia è la ratio seminalis. La luce è la
prima forma di tutti i corpi, a questa forma si aggiunge l’informatio specialis di ciascun
esistente attraverso le successive forme che costituiscono gli esseri nella loro concretezza. Secondo Bonaventura la natura interessa come luogo della manifestazione di Dio.
È questa la tesi dell’esemplarismo, che indaga il mondo creato per ritrovarvi le orme di
Dio. In questo senso la natura, l’insieme delle creature, può costituire una delle “vie”
della dimostrazione dell’esistenza di Dio: non però l’unica né la privilegiata. Nella Quaestio disputata de mysterio Trinitatis, che risale agli anni 1253-57 (gli anni dell’insegnamento parigino) Bonaventura si chiede se l’esistenza di Dio sia una verità indubitabile e
risponde di sì, seguendo una “triplice via”: sostiene infatti che (1) è una verità naturalmente impressa in ogni intelligenza; (2) è proclamata da ogni creatura; (3) è verissima
e certissima in se stessa. Nella prima e nella terza via l’esistenza di Dio è in verità, più
che dimostrata, mostrata intuitivamente, seguendo un percorso per molti aspetti vicino
a quello di Anselmo d’Aosta, il cui Proslogion è richiamato più di una volta. La seconda
via si sviluppa secondo dieci argomenti, di cui a mo’ di esempio ricordiamo il primo:
se c’è un ente che viene dopo, c’è un ente che viene prima; ma il primo relativo rinvia
a un primo assoluto, che è Dio; nelle creature c’è un prima e un dopo, dunque c’è un
primo principio.
Itinerarium mistico. L’Itinerarium vuol essere una guida per ascendere alla contemplazione di Dio attraverso i gradini scanditi dal carattere di vestigium e di imago Dei della
realtà, rispettivamente infraumana e umana, per compiere poi il balzo oltre l’umano
(supra nos). È stato già detto come, relativamente all’Itinerarium e agli opuscoli mistici,
i veri punti di riferimento siano Bernardo e i Vittorini. Al pari di Ugo di San Vittore,
Bonaventura ravvisa tre occhi o facoltà della mente umana: il primo occhio è rivolto alle
cose esterne ed è la sensibilità; il secondo è lo spirito, rivolto a se stesso; l’ultimo, rivolto
al disopra di sé, è la mente. Ognuna di queste facoltà può scorgere Dio per speculum,
cioè attraverso l’immagine di Dio riflessa negli enti creati, o in speculo, cioè attraverso
la traccia che l’essere di Dio lascia nelle cose stesse. Le facoltà determinano sei potenze dell’anima. Seguendo il cisterciense Isacco della Stella, Bonaventura enumera le sei
potenze: il senso, l’immaginazione, la ragione, l’intelletto, l’intelligenza, l’apex mentis o
scintilla della sinderesi. Ad ognuna di queste potenze dell’anima corrisponde uno dei sei
gradi dell’ascesa dell’anima a Dio. Nel primo le cose sono considerate nel loro ordine,
nella loro bellezza e nella loro origine divina. Il secondo grado coincide nella considerazione delle cose nell’anima umana che ne apprende le species e le purifica, astraendole
dalle condizioni sensibili, attraverso il giudizio. Nel terzo grado si contempla l’immagine di Dio nella memoria, intelletto e volontà, poteri naturali dell’anima. Nel quarto si
contempla Dio nell’anima umana illuminata e perfezionata dalle tre virtù teologali. Nel
quinto Dio è contemplato nel suo primo attributo, l’essere. Nel sesto Dio è contemplato
nella sua massima potenza, il bene, per il quale si diffonde nelle tre persone della Trinità.
Al termine di questa fase “attiva” di ascesa a Dio, l’anima completa e perfeziona la sua
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Letture de I Nuovi Classici
Ambrosiana
ascesa mistica attraverso l’attuazione di una sorta di trascendenza radicale rispetto alle
cose e a se stessa, e tramite l’abbandono di tutte le operazioni intellettuali per porre
tutto l’affetto in Dio. Questa è la condizione di estasi (excessus mentis), descritta da
Bonaventura con le parole dello ps. Dionigi: una sorta di docta ignorantia, un momento
non più intellettuale, ma unione vivente dell’uomo con Dio, attraverso la quale l’uomo
è ammesso a penetrare l’essenza del suo Creatore. (EC)
Bibliografia:
Edizioni
Bonaventura de Balneoregio Opera omnia, ed. Collegium S. Bonaventurae, Quaracchi,
Ad Claras Aquas 1889-1902
Traduzioni italiane
Bonaventura Itinerario della mente in Dio e Riduzione delle arti alla teologia, a cura di
S. Martignoni, Pàtron, Bologna 1972
Bonaventura La sapienza cristiana. Le collationes in Hexaëmeron a cura di V.C. Bigi,
Jaca Book, Milano 1984
Bonaventura Il principio della conoscenza e il maestro interiore, a cura di G. Muzio,
Libreria Salesiana, Roma 1966
Bonaventura Itinerario dell’anima a Dio. Breviloquio. Riconduzione delle arti alla teologia, a cura di L. Mauro, Rusconi, Milano 1985
Bonaventura, La conoscenza in Cristo, a cura di L. Mauro, Lief, Vicenza 1987
Studi
Bonaventuriana, Miscellanea in onore di J.G. Bougerol, a cura di F. Chavero Blanco,
Antonianum, Roma 1998
V.C. Bigi, Studi sul pensiero di s. Bonaventura, Porziuncola, Assisi 1988
V. C. Bigi, Scritti francescani, Edizioni Biblioteca francescana, Milano 2017.
J.G. Bougerol, Introduction à saint Bonaventure, Vrin, Paris 1988
Etienne Gilson, La filosofia di san Bonaventura, a cura di C. Marabelli, Jaca Book,
Milano 1995
Letterio Mauro, Bonaventura da Bagnoregio. Dalla «Philosophia» alla «Contemplatio»,
Accademia ligure di scienze e lettere, Genova 1976
Sofia Vanni Rovighi, San Bonaventura, Vita e Pensiero, Milano 1974
Risorse on-line
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http://www.geocities.com/cnalin21205/stanze/bonaventur.htm
http://www.soc-dante-alighieri.it/10-pubblicazioni/hochfeiler/paradiso/person/bonavent.htm
http://www.franciscan-archive.org/bonaventura/opera/bonpq1-1.html
http://hiphi.ubbcluj.ro/fam/texte/bonaventura/itinerarium.htm
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http://users.skynet.be/histcult/hulde03.htm
http://hiphi.ubbcluj.ro/fam/texte/bonaventura/de_reductione_artium.htm
http://www.franciscan-archive.org/bonaventura/
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Note
e appunti per possibili domande
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Finito di stampare
il 3 aprile 2017
in redazione e-news
della Veneranda Biblioteca Ambrosiana
[email protected]
2016–17
lunedì
h. 18-20
Programma
26.09.2016
Yehudah
Ha-Lewi
Lettori
Il Re dei Kazari
Davide Assael
modera Claudia Milani
Abu ‛Abd
14.11.2016 Al-Rahman
Al-Sulami
Il Libro
della Cavalleria
Yahya Pallavicini
12.12.2016 Anonimo
Milindapañha
Paolo Magnone
Incontri conclusi
Fede
Logos
Etos
modera Paolo Sciunnach
modera Donatella Dolcini
da ‛Abd al-Sabur Turrini..
Dialogo tra
Luisa Secchi Tarugi
23.01.2017 Pietro Abelardo un filosofo, un giudeo
modera Davide Assael
e un cristiano
Massimo Campanini
Libro
modera ‛Abd al-Sabur
delle direttive
20.02.2017 Avicenna
Turrini
e dei rilievi
20.03.2017
►
Levy
Le guerre
Ben Ghershom del Signore
Incontri conclusi
Bonaventura
03.04..2017
da Bagnoregio
De reductione
artium
ad theologiam
08.05.2017 Ibn ‛Arabi
Il libro della
estinzione nella
contemplazione
05.06..2017 Ibn Gabirol
Incontri conclusi
La corona regale
Paolo Sciunnach
modera Giacomo Petrarca
da Claudia Milani..
Alessandro Ghisalberti
modera
Massimo Campanini
Paolo Nicelli
modera Chiara Ferrero
Elena Lea
Bartolini De Angeli
modera Edoardo Canetta
da Cosimo Nicolini Coen..
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