LAW AND THE HUMANITIES

A

Direttore
Vittorio Capuzza
LAW AND THE HUMANITIES
La norma giuridica vuole trasformare nella forma più equa i sentimenti
in idee, orientando verso una ragion d’essere; essa rimane una scelta (del
legislatore) e un’applicazione (del giudice): sono parole convenzionali ed
efficaci, che freddano le emozioni e si declinano come scienza, affermandosi come qualificatori (F. Cordero, Fiabe d’entropia). La letteratura come
entra in questa vicenda giuridica dapprima di scelta e poi di espressione
di ciò che è stato valutato come il meglio? Compito della letteratura (come
dell’arte in genere) è scoprire, svelare e leggere i limiti dell’uomo verso il
mistero della vita: questa coscienza della propria condizione, che passa all’uomo attraverso il bello e il piacevole, è capace di dire a chi compie scelte
e limitazioni tanto nella società quanto per se stesso, ciò che è importante
in quel frammento di storia. Sicché, l’arte può meglio di tutto cogliere la
differenza necessaria e denunciare un male, fissare al giudizio il carattere
ontologico, cioè metafisico e non cronologico; da questa valutazione, può
detrarre poi le conseguenze anche il legislatore nella scelta secondo il metro
giuridico-scientifico, ovvero il giudice in sentenza, attraverso la porta dei
principi dell’ordinamento. La parola è nel diritto come per la letteratura lo
strumento della scelta e dell’individuazione del meglio.
Nella prospettiva delle considerazioni teoretiche ora tratteggiate, questa Collana editoriale dedicata alla dualità Diritto e Letteratura, intende
offrire, attraverso gli studi analitici e opportunamente selezionati che
ospita, le visuali elaborate da diverse angolature del contatto fra il mondo
giuridico e quello letterario, con i reciproci scambi e influssi, non mancando eventualmente di dedicare l’attenzione, oltre alla prosa e alla poesia,
anche alle diverse forme di arte attraverso le quali sussista il colloquio
con il concetto del diritto. A tal fine, affiancata, come novità, dalla Rivista
cartacea intitolata Agathergòs (parola che indica il “compiere belle azioni o
belle opere”), la Collana si caratterizza principalmente per: pubblicare Opere
nuove e Atti di Convegni individuati alla luce del tema attinente al settore;
ospitare, opportunamente tradotte, le Opere di rilievo scritte in materia da
Autori stranieri; rendere edite o ripubblicare Opere “storiche” che abbiano
in un certo senso preannunciato la dualità Diritto-Letteratura, scritte da
Autori appartenenti alla più classica tradizione.
Vittorio Capuzza
Vittorio Capuzza
Giacomo Leopardi, Monaldo
e l’idea della legge
Studi leopardiani su una fonte inedita
dello Zibaldone (–):
l’Essai di Félicité de Lamennais
Copyright © MMXI
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
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via Raffaele Garofalo, /A–B
 Roma
() 
ISBN ––––
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: novembre 
Perché il moderno, il nuovo, non è
mai, o ben difficilmente romantico;
e l’antico, il vecchio, al contrario?
Perché quasi tutti i piaceri dell’immaginazione e del sentimento consistono in rimembranza. Che è come dire che stanno nel passato anzi
che nel presente. (.ottobre..
Firenze)
Zibaldone, p. .
Indice

Premessa metodologica
. Diritto e letteratura. Il ruolo della letteratura nella ‘ricerca di senso’
del diritto,  – . Indicazione bibliografica e del metodo seguito nella
ricerca,  – . Significato, .

Capitolo I
Giacomo Leopardi e il diritto
Le fonti a disposizione nella Biblioteca del conte Monaldo
.. Aspetti introduttivi,  – .. Il diritto come espressione del “sistema
della natura”,  – .. Il Codice universale,  – .. Primi cenni all’idea
della Monarchia assoluta e costituzionale,  – .. Giudizi di Leopardi
sullo studio delle norme giuridiche,  – .. Prime considerazioni sulla
riflessione di Giacomo Leopardi intorno alla legge naturale,  – .. Le
fonti di diritto nella biblioteca di Casa Leopardi, .

Capitolo II
Leopardi e il sentimento della durata nel cammino di una civiltà:
le prime riflessioni sulla società e sulla legge
La lettura dei due articoli di Lodovico Di Breme

Capitolo III
L’evoluzione della meditazione del Leopardi negli anni –
Natura, ragione, società e legge nella dialettica leopardiana
.. La matrice: natura e ragione,  – .. L’accidentalità della civiltà
moderna,  – .. La legge e la società come espressione della ragione. Il
ruolo delle regole naturali,  – .. La ragione naturale e la ragione umana: la rottura e la riparazione. Il diritto come tentativo,  – .. Leopardi
e la parola: l’innesto del linguaggio nella natura per la comprensione
di una civiltà,  – .. Un punto d’incontro fra Leopardi e Manzoni
nell’idea del diritto,  – ... L’assioma leopardiano: il ragionevole come
esattezza e il naturale come luogo della felicità perduta,  – ... Il diritto
come rimedio, .

Giacomo Leopardi, Monaldo e l’idea della legge


Capitolo IV
Lamennais e i Leopardi

Capitolo V
Il “luogo” della dialettica di Giacomo Leopardi con l’Essai sur
l’indifférence: lo Zibaldone

Capitolo VI
I brani del Lamennais esplicati secondo le indicazioni di Giacomo
Leopardi
.. L’edizione del Lamennais alla quale Leopardi operò i rinvii,  –
.. Annotazioni dello Zibaldone ed esplicazione dei testi del Lamennais,  – ... ,  – ... ,  – ... ,  – ... ,  – ... , .

Capitolo VII
Analisi delle fonti
.. Il terreno d’incontro tra Leopardi e Lamennais: la relatività della
legge naturale e del concetto di giustizia,  – .. Le date e le fonti nello Zibaldone che legano Giacomo Leopardi al Lamennais,  –
.. Quadro della bibliografia riguardante gli studi sul rapporto Leopardi
e Lamennais,  – .. II contenuti leopardiani alla luce delle fonti del
Lamennais,  – ... Le pagine – Zib.: l’opinione dominante e la legge
come scelta del sistema di ragione,  – ... Le pagine – Zib.: l’ingresso
della natura del sistema di ragione,  – ... Infelicità, male nell’ordine,
relatività della ragione (Società, leggi umane), contrapposte alla felicità, tranquillità dell’ordine e universalità della natura. Il corretto uso della ragione
nella filologia e nella poesia,  – ... I rapporti fra società moderna e
società primordiale: la barbarie e il mito. La legge come sistema che esprime
la barbarie,  – ... L’azione riempitiva della natura e l’esperienza,  –
... Le pagine – Zib.: doveri e morale come concetti relativi. Negazione
della legge naturale,  – ... Le pagine – Zib.: gli errori come “diverse
opinioni”. La convenienza,  – ... Il fatto e il valore,  – ... Le
pagine – e – Zib.: società, legge ed egoismo nei due “trattati” del
Leopardi. Le due civiltà nel tempo,  – ... Raffronti conclusivi con il
pensiero di T. Hobbes, .
Indice


Capitolo VIII
Leopardi e il mito di Protagora
Lettura ontologica del cammino dell’umanità nel trattato leopardiano
sulla società e sulle leggi (Zibaldone, –)
.. Il mito platonico e la Storia del genere umano,  – .. Società larga e
società ristretta. Natura e ragione: endiadi, antitesi e ritorno al duale antico. L’immagine leopardiana della spada,  – .. Leopardi e il moderno
neogiusnaturalismo: il sussulto della natura, .

Capitolo IX
La relatività della giustizia: un’ ulteriore fonte inedita nello Zibaldone
.. Le conferme nella ricerca leopardiana: il brano di Aristotele sulla
giustizia, stampato nella giuntina del Vettori, .

Capitolo X
Il “ritorno” come superamento della ragione e della legge umana
.. Significato dell’ultrafilosofia in opposizione alla verità ragionata, 
– .. Pirronismo,  – .. Influenza dal pensiero di Seneca,  –
.. La norma giuridica dopo la corruzione e prima dell’ultrafilosofia. Un giusnaturalismo leopardiano di ritorno e le differenze con lo
storicismo, .

Capitolo XI
Monaldo Leopardi e il diritto
.. Monaldo Leopardi: al di là degli stereotipi,  – .. Caratteristiche
del pensiero di Monaldo e liberalità nei suoi impegni amministrativi, 
– .. Monaldo Leopardi, giurista,  – .. L’Aequitas nel medioevo del
diritto canonico: punto di arrivo culturale e fondamento nel pensiero
d’occidente,  – ... Prime riflessioni,  – ... L’aequitas alto medievale come sintesi della tradizione romana e delle correnti ellenico–cristiane:
il concetto di ius naturale ed i suoi riflessi fino al XIX secolo,  – ... Il
punto d’arrivo di un cammino: la lettura del Calasso,  – .. Il diritto e
l’ausilio ai bisognosi,  – .. Silenzio della legge, .

Capitolo XII
Monaldo Leopardi e la Causa Celebre
.. Partecipazione di Monaldo al foro: i pareri nella Causa Celebre
Cesarini Sforza–Torlonia,  – .. Contenuti dei tre pareri. Il raro testo
Giacomo Leopardi, Monaldo e l’idea della legge

dell’Appendice all’Appendice della Causa Celebre, .

B
Premessa metodologica
. Diritto e letteratura. Il ruolo della letteratura nella ‘ricerca di
senso’ del diritto
Esiste una letteratura del diritto che accompagna da sempre il necessario
tecnicismo della disciplina normativa. Quella letteratura è formata
dalle riflessioni e dalle speculazioni dottrinali elaborate nei diversi momenti della storia e della cronaca giuridica, alla ricerca dei significati e
dei fini connessi al tema secolare della giustizia.
In questi ultimi anni è maturata sempre di più un’altra convinzione
che investe ormai in modo indiscusso il mondo dei giuristi e dei
filosofi del diritto: ci si domanda cosa possa offrire la letteratura, intesa
nella sua autonoma forma d’arte, al diritto. Nella risoluzione della
summa quaestio sta la giustificazione del lavoro di ricerca che ho svolto
in questi anni.
Alla domanda preliminare, pertanto, ho creduto di trovare altrettanta generale e fondante risposta, percorrendo la direzione che qui di
seguito indico.
La speculazione teoretica non necessariamente deve produrre un’utilità materiale. Il buono non si conferma sempre e solo nel vantaggioso.
In una civiltà ormai dominata dal progresso irreversibile della tecnica, operare la ricerca umanistica spesso significa lavorare ai margini,
operare inutilmente, perdere il tempo e chiudersi a un miglior futuro
per se stessi.
La sensazione del paradossale si raggiunge poi se si pretende di
mettere in relazione materie che si prestano alla scientificità e al
tecnicismo, come lo è il diritto, con “l’altro mondo” delle lettere.
Eppure, a ben vedere, tecnica e cultura non sono categorie assolutamente in contrapposizione, ma sono insiemi intersecanti, e in
quell’incontro il loro settore diventa omogeneo.
Il diritto è espressione di visioni che hanno la pretesa — la maggior
parte delle volte “corretta” — di fondare il binario su cui scorrere


Giacomo Leopardi, Monaldo e l’idea della legge
(cioè far evolvere) la società degli uomini, garantirgli una grammatica
“giusta” per rapportarsi al mondo assunto dalle norme giuridiche. E
questo ha di affascinante il diritto: che, pur mantenendo una natura
pratica e tecnica, si differenzia dalle scienze che presuppongono la
ricerca del fatto, il quale, se trovato e confermato, determina l’irreversibilità del progresso. Poiché il diritto cerca “il giusto”, la proporzione,
può anche segnare un cammino progressivo per il tempo, ma involutivo per il contenuto. In questo senso, allora il diritto presuppone una
ricerca che Francesco D’Agostino ha definito “ricerca di senso”: per
metafora, essa indica la presa di posizione nei confronti del mondo,
il possedere meglio qualcosa che del mondo possediamo (ri–cercare).
Tale ricerca, propria delle materie umanistiche, è logica di senso, è il
recupero del fascino del frammento nell’attenzione rivolta a ciò che portiamo in primo piano dalla visuale di sfondo, che è sempre più ampia.
Attraverso quel frammento la ricerca di senso porta alla percezione
della totalità.
In questo ‘assumere il mondo’ sta anche la vera natura del diritto
nella sua “ri–cerca”. E quale materia, se non la letteratura, può fornire
al diritto un metodo, i contenuti, le singole visuali da porre in primo
piano dallo sfondo esistenziale del mondo rispetto a quel momento, a
quell’epoca?
Il diritto evolve attraverso la lettura che compie dell’esperienza:
in questa lettura del mondo una delle voci più chiare è quella della
letteratura. La ricerca di senso è il metodo per questa evoluzione
dall’esperienza.
Più in generale, fra le opposte visioni dell’esistenza e dello scibile
umano, fra i dualismi dei giudizi sta, appunto, la lettura dell’esperienza,
che è un indubbio fondamento del viver nostro.
Da un lato, l’esperienza legata all’uomo può rappresentare quella
“feconda bassezza” di cui parla Kant nei Prolegomeni a ogni metafisica
futura. D’altra parte, invece, l’esperienza può servire come conoscenza
e bagaglio di cui servirsi per meglio riuscire, con i propri intenti
utilitaristici, nelle future situazioni analoghe, per meglio orientarsi fra
“le doppie verità”.
Nel diritto questa lettura in due sensi poggianti su piani distinti,
assume una valenza che trovo centrale per la vita stessa dell’uomo.
L’esperienza del vissuto, se elaborata in modo responsabile e consapevole, se cioè viene accettata dalla storia nei suoi più complessi
Premessa metodologica

aspetti e nei suoi multiformi volti, ora terribili ora limpidi, entra a far
parte delle strutture culturali della società.
Nella cultura Gustavo Zagrebelsky riconosce che “il dover essere
e l’essere, le aspirazioni morali e la realtà effettuale, trovano la sintesi”.
Elaborate così, le valenze dell’esperienza divengono principi, portati a
livello esponenziale dalle strutture culturali di una società; in tal senso,
sul piano del diritto, la dottrina dei principi sfonda la cinta muraria
innalzata dal positivismo giuridico, penetrando all’interno dell’ordinamento giuridico che, pertanto, non si potrà più risolvere nella mera
autoreferenzialità, nella cosiddetta completezza, nell’artificialità del
meccanicismo logico–deduttivo. In altri termini ancora, l’art.  nelle
preleggi al codice civile non basterebbe più all’ordinamento giuridico
vitalizzato dalla dottrina dei principi.
La vera quaestio risiede nell’analisi dei contenuti dei principi, infatti
intorno al loro quid si sono sviluppate diversissime posizioni ermeneutiche. Se letti dal versante che qui ho inteso assumere, i principi
dell’ordinamento non sono né norme imperfette né frammenti di
norme, ma al contrario come già autorevolmente sostenuto, essi sono
“norme aperte”, che si esprimono “in concetti, intesi con concezioni
che stanno fuori, o prima dei concetti”.
Compare nei principi qualcosa che è fuori da loro, che appartiene
alla cultura sociale e a tutte le forme di manifestazione di quest’ultima.
Zagrebelsky riconosce che senza i principi le norme del diritto non
potrebbero funzionare; è qui che risiede allora il problema sia della
formazione delle norme giuridiche, sia dell’interpretazione del diritto,
cosiddetto vivente, ad opera dei giudici. Infatti, “l’altro fuori da sé”
può essere veicolato nel diritto già nella fase di formazione delle
leggi, le quali sono “la cristallizzazione e il precipitato chimico delle forze
politiche; quello che si deposita in fondo all’alambicco in cui ribollono e si
urtano le correnti politiche”.
Altresì, specie per quei principi espressi dalle norme giuridiche
positive, nelle valutazioni del giudice si concretizzerà quel ruolo dina. G. Z, Intorno alla legge. Il diritto come dimensione del vivere comune, Torino
, p. .
. R. D, Taking Rights Seriously, trad. It. I diritti presi sul serio, Bologna , pp.
 e ss.; sul tema, cfr. anche Z, op. cit., pp.  e ss.
. P. C, La crisi della giustizia, in La crisi del diritto, a cura della Facoltà di
Giurisprudenza dell’Università di Padova, Padova , p. .

Giacomo Leopardi, Monaldo e l’idea della legge
mico delle concezioni che danno un senso e una direzione ai principi
dell’ordinamento, all’applicazione concreta della giustizia fra le parti
convenute.
Quindi, tornando al rapporto fra principi e concezioni, si può affermare che nelle concezioni che stanno fuori o prima dei concetti che
esprimono i principi dell’ordinamento, sta la complessità dell’eredità
dell’esperienza (cultura), nella quale indubbiamente sono presenti
anche la letteratura e la storia. In questo senso la letteratura “entra”
nel diritto attraverso la porta dei principi che hanno in loro proprio
quella parte vitale e potremmo dire “storica” animata dalle strutture
culturali della società, alla luce della propria esperienza.
. Indicazione bibliografica e del metodo seguito nella ricerca
La ricerca che ho svolto, per quanto riguarda Giacomo Leopardi, è
delimitata nel periodo temporale che va dal  al , nei mesi, cioè,
nei quali il giovane recanatese ha dialogato con il Lamennais nelle
pagine dello Zibaldone.
Per l’edizione dell’Essai sur l’indifférence en matière de religion, nella
traduzione del Bigoni e per l’edizione giuntina di Aristotele con il
commento del Vettori, entrambe oggetto della presente ricerca, ho
lavorato sull’edizione della Biblioteca privata di Casa Leopardi, cioè
sugli stessi libri che lesse Giacomo Leopardi e con riferimento ai quali
compì le annotazioni nel suo Zibaldone.
La Biblioteca Leopardi ha una consistenza generale di circa .
volumi (stampe e mss). La Biblioteca storica dei conti Leopardi è in
gran parte frutto della ricerca di Monaldo Leopardi, padre del poeta,
che acquistò libri nelle fiere vicine, in occasioni varie e approfittando
della soppressione di molte congregazioni religiose fra il  e il
. La Biblioteca si accrebbe anche grazie alle continue donazioni di
parenti ed amici e agli acquisti fatti dai discendenti di Monaldo.
Per quanto riguarda gli schedari, ve ne sono due: uno riferito al
catalogo manoscritto delle stampe per autore; e l’altro al catalogo
manoscritto dei mss (che non è consultabile).
Sono conservati tutta la serie a stampa e  voll. mss de “La Voce
della Ragione”, fondata da Monaldo Leopardi e ho consultato diversi
di quei volumi.
Premessa metodologica

Alla biblioteca storica è annesso un archivio che conserva documenti antichi a partire dal XIII sec. riguardanti la storia locale, quella
della famiglia e quant’altro è stato ritenuto degno di conservazione.
Per l’edizione della Causa celebre e delle sue Appendici, scritte da
Monaldo Leopardi, ho lavorato sul testo conservato nella Biblioteca
del Centro Nazionale di Studi Leopardiani in Recanati.
Per i testi delle Opere di Giacomo Leopardi ho fatto riferimento alle
seguenti edizioni, che quindi valgono come fonti per le citazioni nel
presente lavoro:
a) Giacomo Leopardi, Tutte le poesie e tutte le prose, a cura di Lucio
Felici e Emanuele Trevi, Roma ;
b) Giacomo Leopardi, Zibaldone, Premessa di Emanuele Trevi, Indici filologici di Marco Dondero, Indice tematico e analitico di
Marco Dondero e Wanda Marra, Roma ;
c) Giacomo Leopardi, Canti, Introduzione e note di Franco Brioschi,
Rizzoli Milano , Milano , (poi anche Fabbri Milano
);
d) Giacomo Leopardi, Pensieri, a cura di Marilena Salvarezza, Collana diretta da Angela Campana, Milano ;
e) Giacomo Leopardi, Canti, a cura di Giuseppe e Domenico De
Robertis, Milano ;
f) Giacomo Leopardi, Tutte le opere, con introduzione e a cura di
Walter Binni, con la collaborazione di Enrico Ghidetti, Milano
;
g) Giacomo Leopardi, Canti (Canti, Argomenti e Abbozzi, Memorie,
Puerili, Prose e poesie varie), a cura di Lucio Felici, Roma ;
h) Zibaldone, in www.leopardi.it, Vita e Opere, Centro Nazionale
degli Studi Leopardiani in Recanati.
***
. Fonti: sito di Casa Leopardi, in www.giacomoleopardi.it; M. L, Della formazione
ed accrescimento di questa Biblioteca, in Guida di Recanati, a cura di V. Spezioli, Recanati ,
pp. –; E. D P, Catalogo della Biblioteca Leopardi in Recanati, in “Atti e memorie della
Regia Deputazione di storia patria per le provincie delle Marche”  (), pp. –; C. F,
Recanati. Memorie, Recanati ; Annuario delle biblioteche italiane, a cura di E. Apollonj, III,
Roma , p. ; F. F, Intellettuali ed istituzioni culturali a Recanati dal XIII al XX secolo,
“Il casanostra”  (–), pp. –; Catalogo delle biblioteche d’Italia. Marche, Roma , p.
.

Giacomo Leopardi, Monaldo e l’idea della legge
Un commosso pensiero va a due anime elette, che da non molto
hanno lasciato questo mondo: alla contessa Anna Leopardi e all’on.
prof. Franco Foschi. La contessa Anna, con la cortesia e l’ospitalità
mostratami per anni, mi ha consentito lo studio nella Biblioteca di
Casa Leopardi e sui testi che furono di Giacomo; il prof. Foschi mi ha
sostenuto e consentito di collaborare per anni nel Centro Nazionale
di Studi Leopardiani, che dirigeva.
Con Loro si è spenta qui in terra una luce ed è terminato il contatto
diretto con due maestri di umanità e di cultura.
Con vivissima riconoscenza il mio primo ringraziamento è al prof.
Francesco D’Agostino, maestro e guida insostituibile, fonte inesauribile di idee e riferimento certo. Il mio grazie sincero è anche al prof.
Fabio Macioce per l’attenzione riservatami, i consigli e i suggerimenti.
Grazie alla dott.ssa Angela Votrico per la Sua vicinanza.
Un vivissimo ringraziamento desidero, altresì, porgerlo sia alla
sig.ra Carmela Magri, di Casa Leopardi, per avermi accompagnato
nei testi nella Biblioteca di Monaldo, sia all’amico prof. Ermanno
Carini, Bibliotecario del Centro Nazionale di Studi Leopardiani, per la
disponibilità consueta e per l’amicizia dimostrata da anni.
. Significato
Alla scuola del prof. Francesco D’Agostino, cui mi onoro di appartenere e di essermi formato, ho imparato e gustato la verità secondo cui
la filosofia non ha indicatori, cioè non può indicare il proprio oggetto,
come invece possono chiaramente fare le scienze e la storiografia;
essa, perciò, non è nemmeno ipotetica. Il discorso filosofico non è in
grado di formulare direttamente il concetto; non avendo oggetto, continuamente allude a qualcosa che va al di là dell’esperienza, offrendo
così il senso di identità all’uomo che si entusiasma.
La filosofia usa lo stesso oggetto delle scienze (perché si fa filosofia
partendo sempre dalle cose), ma per elaborare un pensiero allusivo.
Sicchè, ogni scienza si porta dietro la filosofia di se stessa: sussiste il diritto, che si presenta come dimensione oggettuale, circoscritta, ristretta
e individuata; ma la filosofia del diritto parte da quella scienza giuridica per verificare a cosa essa rimanda allusivamente, facendo sorgere nel
Premessa metodologica

tempo parole che pretendono di rinviare allusivamente, così come
succede quando pronunciamo, ad esempio, la parola giustizia.
Ora, questa capacità di rinviare allusivamente diviene fortissima se
si considera che anche la poesia si costruisce intorno alla metafora, a
quel modo di procedere nella immaginazione del mondo che appare
più vero del discorso non allusivo.
Giacomo Leopardi comprese questa endiadi fra filosofia e poesia,
unite nell’invito a pensare allusivamente. Così si può comprendere
appieno il pensiero che lucidamente Leopardi annota il  ottobre 
alla pagina  dello Zibaldone: “Quindi si veda quanto sia difficile
a trovare un vero e perfetto filosofo. Si può dire che questa qualità
è la più rara e strana che si possa concepire, e che appena ne sorge
uno ogni dieci secoli, seppur uno n’è mai sorto. (Qui riflettete quanto
[] il sistema delle cose favorisca il preteso perfezionamento dell’uomo mediante la perfezione della ragione e della filosofia.) È del tutto
indispensabile che un tal uomo sia sommo e perfetto poeta; ma non
già per ragionar da poeta; anzi per esaminare da freddissimo ragionatore e calcolatore ciò che il solo ardentissimo poeta può conoscere. Il
filosofo non è perfetto, s’egli non è che filosofo, e se impiega la sua
vita e se stesso al solo perfezionamento della sua filosofia, della sua ragione, al puro ritrovamento del vero, che è pur l’unico e puro fine del
perfetto filosofo. La ragione ha bisogno dell’immaginazione e delle
illusioni ch’ella distrugge; il vero del falso; il sostanziale dell’apparente;
l’insensibilità la più perfetta della sensibilità la più viva; il ghiaccio del
fuoco; la pazienza dell’impazienza; l’impotenza della somma potenza;
il piccolissimo del grandissimo; la geometria e l’algebra, della poesia.
ec.
Tutto ciò conferma quello che altrove [] ho detto della necessità
dell’immaginazione al gran filosofo”.
Se poesia e filosofia appartengono all’uomo e sono la risposta perché l’uomo possa nel tempo conoscere la natura ontologica della
propria esistenza anche nella coesistenza, è vero che esse si rivolgono
sempre all’uomo in prima persona, appartenendo, infatti, quella ricerca allusiva più all’ordine delle passioni (all’entusiasmo, quanto a dire
“Teoria del piacere” leopardiana) che a quello della ragione.
In quest’ottica ho tentato di leggere il grande Leopardi, avvicinandomi a Lui più che per farlo parlare — perchè avrei altrimenti ricercato
storicamente la sua filosofia —, per riconoscere nelle sue parole quanto

Giacomo Leopardi, Monaldo e l’idea della legge
entusiasma me, limitandomi a trovare in Leopardi le stesse tematiche
di cui allusivamente vado alla ricerca.
Vittorio Capuzza