PREDISPOSIZIONE DI UNO STUDIO PRELIMINARE
AMBIENTALE RELATIVO AGLI INTERVENTI DI
DIFESA DELLA COSTA IN AREE PROTETTE, PER LA
RICOSTRUZIONE E LA DIFESA DEL LITORALE
COSTIERO TRA CAPO PORTIERE E TORRE PAOLA
NELLA PROVINCIA DI LATINA
ATTIVITA’ A1: Caratterizzazione ambientale (analisi dei dati bibliografici relativamente ai
principali parametri ambientali)
ISPRA
Novembre 2008
Responsabile del Programma:
Luisa Nicoletti
Hanno collaborato per l’ISPRA:
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Matteo Conti
Antonia Di Maio
Loretta Lattanzi
Barbara La Porta
Paola La Valle
Daniela Paganelli
Elena Pallottini
Alfredo Pazzini
Raffaele Proietti
Monica Targusi
INDICE
PREMESSA
1
INQUADRAMENTO DELL’AREA DI STUDIO
3
Bibliografia
1.
MORFOLOGIA COSTIERA
Bibliografia
2. HABITAT DUNALE
Bibliografia
3. ASPETTI SEDIMENTOLOGICI E MINERALOGICI
10
12
16
17
19
20
Caratteristiche chimiche (metalli e contaminanti organici) nei sedimenti superficiali
24
Bibliografia
35
4. FITOPLANCTON E STATO TROFICO DELLE ACQUE COSTIERE
Bibliografia
5. POPOLAMENTI BENTONICI
Introduzione
5.1 Distribuzione delle biocenosi bentoniche
Bibliografia
6. PRATERIE DI POSIDONIA OCEANICA
Introduzione
6.1 Posidonia oceanica e altre Fanerogame marine
Bibliografia
7. POPOLAMENTI ITTICI DEMERSALI
Introduzione
37
41
42
42
45
48
50
50
53
54
56
56
7.1 Distribuzione dei popolamenti ittici demersali
58
7.2 Attività di pesca
60
7.3 Piccola pesca costiera
63
Bibliografia
64
8. CARATTERISTICHE FISICO-CHIMICHE E DINAMICHE DELLA COLONNA
D’ACQUA
67
8.1 Caratteristiche meteomarine e di circolazione generale
67
8.2 Correnti
80
8.2.1 Correnti a scala locale
82
8.2.2 Particellato sospeso
88
8.3 Riepilogo delle caratteristiche meteo marine ed idrodinamiche
Bibliografia
9. AREE PROTETTE E ALTRI USI LEGITTIMI DEL MARE
Introduzione
9.1 Aree protette
97
99
100
100
103
9.1.1 Parco Nazionale del Circeo
103
9.1.2 Siti Rete Natura 2000
104
9.2 Altri usi legittimi del mare
Bibliografia
118
120
PREMESSA
L’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), già ICRAM, nell’ambito
della Convenzione di Ricerca per la salvaguardia del tratto di costa della Provincia di Latina
compreso tra Capo Portiere e Torre Paola (prot. ICRAM n. 6413/08 del 20 giugno 2008), è stato
incaricato di predisporre uno “Studio Preliminare Ambientale relativo agli interventi di difesa della
costa in aree protette, per la ricostruzione e la difesa del litorale compreso tra Capo Portiere e Torre
Paola nella Provincia di Latina”.
Tale convenzione prevede l’esecuzione di diverse attività che hanno per oggetto l’individuazione
delle criticità ambientali e la valutazione della fattibilità di diversi scenari di intervento di difesa
costiera. Queste attività sono articolate in diversi studi di seguito descritti:
Caratterizzazione ambientale: raccolta ed analisi critica dei dati bibliografici relativamente
ai principali parametri ambientali (ATTIVITA’ A1);
Campagne operative in mare per la verifica dei molluschi bivalvi di interesse commerciale
presenti sulla fascia costiera (ATTIVITA’ A2);
Caratterizzazione dell’apparato dunale (ATTIVITA’ B);
Climatologia e morfologia, dinamica litoranea, completa di simulazione degli scenari
evolutivi con diverse tipologie di intervento e valutazione economica comparativa
(ATTIVITA’ C1 e C2);
Predisposizione di documentazione per lo Studio Preliminare Ambientale (SPA)
(ATTIVITA’ C3).
Nella presente relazione si riportano la raccolta e l’analisi dei dati disponibili in letteratura, sia
tecnica sia scientifica, al fine di avere un quadro il più completo ed aggiornato possibile delle
caratteristiche ambientali dell’area d’indagine (ATTIVITA’ A1).
Questo studio permette di inquadrare esaurientemente l’area oggetto di indagine, fornendo un
quadro il più completo possibile delle conoscenze attualmente disponibili relativamente
all’ambiente marino.
In particolare, vengono analizzati i dati relativi ai seguenti parametri ambientali:
Morfologia costiera;
Habitat dunale;
Aspetti sedimentologici e mineralogici;
Fitoplancton e stato trofico delle acque costiere;
1
Popolamenti bentonici;
Praterie di Posidonia oceanica ;
Popolamenti ittici demersali;
Caratteristiche fisico-chimiche e dinamiche della colonna d’acqua;
Aree protette e altri usi legittimi del mare.
2
INQUADRAMENTO DELL’AREA DI STUDIO
L’area oggetto di studio comprende il tratto di costa laziale che si estende per circa 24 km tra le
località di Capo Portiere (Latina) e Torre Paola (Sabaudia), nel Mar Tirreno centrale.
Al fine di inquadrare in modo esaustivo il tratto di costa interessato, la ricerca bibliografica è stata
estesa all’unità fisiografica, compresa tra Capo d’Anzio ed il promontorio del Circeo, che include al
suo interno il tratto di costa oggetto di questo studio.
Nell’area indagata la fascia costiera è caratterizzata da un’ampia piana costiera, debolmente
ondulata, nella quale si distinguono cordoni dunari recenti e una lunga e stretta depressione che
accoglie i quattro laghi costieri di Fogliano, Monaci, Caprolace e Sabaudia. Proseguendo verso
l’interno, dopo una stretta fascia di raccordo, si incontra la Pianura Pontina, estesa per circa 700 km²
fino ai piedi dei Monti Lepini. Essa presenta una morfologia piatta, con quote che raggiungono i 35
m al di sopra del livello del mare in prossimità del promontorio del Monte Circeo e che vanno
diminuendo verso NO, raggiungendo localmente un’elevazione negativa (Bono, 1985).
Dal punto di vista morfologico, la Pianura Pontina si può suddividere in tre unità (figura 1): la
prima unità, localizzata ai piedi dei massicci calcarei (Monti Lepini e Ausoni) e vulcanici (Vulcano
Laziale), si presenta come un’area pianeggiante e intensamente coltivata, costituita da depositi
quaternari recenti. Da segnalare come, prima delle ultime opere di bonifica avvenute tra il 1926 e il
1935, essa presentava un’idrografia caratteristica, dovuta alla modesta pendenza e allo sbarramento
costituito dalle dune e dai cordoni litoranei che impedivano il defluire delle acque verso mare (Boni
et al., 1980). Proseguendo verso la costa, la seconda unità è rappresentata dalla “Duna Antica” o
“Duna Rossa”, che si estende per circa 50 km da Nettuno al promontorio del Monte Circeo,
interessando un areale di circa 250 km². Essa è costituita da una serie di cordoni sabbiosi di origine
eolica, di lunghezza media variabile dai 6 ai 7 km, i cui assi corrono paralleli alla linea di riva e che
presentano quote maggiori rispetto a quelle della duna recente, raggiungendo i 20-40 m circa di
altitudine (Caraci, 1968; Carrara, 1995).
La terza unità è infine rappresentata dalla serie di cordoni dunali recenti, separati dalla Duna Antica
dai quattro laghi costieri di Fogliano, dei Monaci, di Caprolace e di Sabaudia che, con la loro
estensione longitudinale, coprono un tratto di litorale di circa 22 km (La Monica e Raffi, 1996). I
loro bacini presentano un andamento parallelo alla costa ed hanno una profondità media che
aumenta da NO verso SE, passando da circa 1 m nei Laghi di Fogliano e dei Monaci a circa 4,5 m
nel Lago di Sabaudia. Fatta eccezione per il Lago dei Monaci, essi sono collegati al mare tramite
3
canali che consentono uno scambio continuo fra le acque marine e quelle lacustri, che sono
salmastre con salinità variabile da punto a punto e in relazione alle stagioni (Bono, 1985).
4
Sebbene la loro conformazione originaria sia stata profondamente modificata dalle opere di bonifica
condotte negli anni trenta del secolo scorso, la loro morfologia rispecchia (ancora oggi) i processi
evolutivi che li hanno originati e legati all’azione di sbarramento operata dai cordoni dunari,
presenti lungo ampi tratti di questo litorale.
Figura 1 - Caratteristiche geologiche dell’area di studio (modificato da Almagià, 1975).
La spiaggia antistante le dune costiere presenta una graduale variazione di orientamento da NO-SE
a NNO-SSE. Il litorale risulta quindi esposto ai mari di Mezzogiorno (S), Libeccio (SO) e Ponente
(O). Inoltre, il settore più settentrionale, non protetto dal promontorio del Monte Circeo, è esposto
anche ai mari provenienti da SE, mentre quello più meridionale, non protetto dal promontorio di
Capo d’Anzio e da Torre Astura, risulta esposto anche ai mari provenienti da NO (Giovagnotti et
al., 1980).
Il litorale è caratterizzato dalla presenza di una spiaggia sabbiosa i cui sedimenti hanno dimensioni
medie che rientrano prevalentemente nella classe delle sabbie fini (La Monica e Raffi, 1996).
L’andamento della linea di riva non è rettilineo ma presenta, per la maggior parte del suo sviluppo,
un andamento cuspidato, documentato anche in letteratura, ascrivibile alla presenza di sand waves
5
(Giovagnotti et al., 1980; Pallottini, 2005), ondulazioni ritmiche della linea di riva caratterizzate da
visibili horns ed embayments (figura 2 a, b). La loro genesi è per lo più imputabile all’azione delle
correnti agenti lungo riva e sono caratterizzate da una certa mobilità (Pruszak et al., 2008).
Le sand waves presenti in questo tratto di litorale, documentate almeno a partire dalla fine degli
anni 70, sono caratterizzate da un’ampiezza molto variabile, che va da pochi metri a diverse decine
di metri, e mostrano una migrazione nel tempo testimoniando una vivace dinamica litoranea
(Giovagnotti et al., 1980; Pallottini, 2005) (figura 2 a, b).
Figura 2 - a) schema relativo alla morfologia delle cuspidi (modificato da www.seafriends.org); b) cuspidi rilevate
nell’area antistante il lago di Fogliano, sulle immagini relative all’anno 2005.
La continuità del litorale è interrotta, in alcuni tratti, dalla presenza dei canali di bonifica e degli
emissari dei laghi costieri. Dal punto di vista idrografico, analogamente al resto della costa del
Lazio meridionale, i corsi d’acqua che contribuiscono al ripascimento delle spiagge tramite
l’apporto di materiali grossolani sono limitati e modesti, sia a causa della litologia dei rilievi
drenati, costituita in prevalenza da carbonati, sia dalla presenza, tra i rilievi e il litorale, di pianure
soggette a estese opere di bonifica.
L’unico fiume di una certa entità che sfocia in questo tratto di litorale è il Fiume Astura, che ha
origine nei pressi di Carroceto, si sviluppa per 51 km, ha un bacino imbrifero di 269 km² e una
portata media, calcolata per il 1990, di 1,44 m³/s (Paolocci e Siniscalchi, 1996).
Per quanto riguarda la piattaforma continentale interna, quella che si estende tra Capo d’Anzio e
Monte Circeo è caratterizzata da un crescente aumento di pendenza procedendo da NO a SE e in
alcuni tratti da un andamento delle isobate molto articolato. In particolare, al traverso del tratto
costiero tra Torre Astura e Torre di Foce Verde, tra 10 e 40 m di profondità, i fondali perdono la
6
loro omogeneità divenendo fortemente articolati e presentando delle forme positive. Alcune di tali
forme corrispondono a culminazioni del substrato, che hanno costituito la base di appoggio per la
crescita di posidonieti e biocostruzioni (ICRAM, 2002).
Per ciò che concerne l’assetto sismostratigrafico e morfologico, nel settore oggetto di studio, la
sequenza deposizionale post-glaciale sembra essere per gran parte costituita dall’attuale
sedimentazione pelitica di piattaforma. Tuttavia, in alcune aree ristrette, tra la superficie di erosione
würmiana e la coltre pelitica superficiale, sono presenti dei corpi sedimentari probabilmente
sabbiosi depostisi durante la trasgressione versiliana (Chiocci e La Monica, 1996). Nella fascia
batimetrica compresa tra 60 e 110 m di profondità, sono stati rilevati due corpi sedimentari con
facies acustica caratteristica. Entrambi sono subaffioranti sul fondo del mare o ricoperti da un’esile
copertura pelitica, presentano spessori sino a circa 16 m e sono localizzati in prossimità di alti
morfologici dovuti alla risalita dell’unità tettonizzata. La loro facies acustica (poco trasparente), la
loro posizione stratigrafica (tra la superficie d’erosione würmiana e la coltre pelitica attuale), la loro
localizzazione (in prossimità di probabili paleopromontori) li fanno interpretare come cunei
sedimentari, probabilmente di natura sabbiosa, depostisi durante le prime fasi della risalita del
livello del mare in zone protette per la sedimentazione. Tra Foce Verde e Sabaudia, è stato rilevato
un altro deposito, posizionato tra 20 e 80 m di profondità, con caratteristiche acustiche e
geometriche che lo fanno attribuire a paleocordoni litorali sottoposti ad una forte erosione postdeposizionale oppure a depositi di probabile origine fluviale con litologie anche molto eterogenee
(ICRAM, 2002).
Infine, questo settore di piattaforma è caratterizzato da estese aree con spessori esigui o nulli di
pelite, coincidenti con le zone in cui sono affioranti (o subaffioranti) sul fondo del mare l’unità
tettonizzata e le testate di strato della serie clinostratificata (Chiocci, 1996; Chiocci e La Monica,
1999). Altri minimi sono invece dovuti alle ondulazioni delle superfici di base, connesse a corpi
sabbiosi relitti. La mancanza di grossi spessori è da attribuire ad una forte sottoalimentazione della
piattaforma anche nell’attuale fase di alto stazionamento dovuta alla mancanza di grossi corsi
d’acqua in grado di rifornire notevoli quantità di sedimenti ed alla presenza della Pianura Pontina,
che ha rappresentato una trappola (ICRAM, 2002).
Nelle figure 3 a, b vengono infine riportati due stralci delle tavole n. 158 (LATINA) e n. 159-170
(TERRACINA – FROSINONE) dell’Atlante delle Spiagge Italiane (CNR, 1985), in cui sono
riassunte informazioni relative alla pendenza dei fondali, al trasporto sedimentario lungo costa, alle
caratteristiche granulometriche e mineralogiche dei sedimenti, all’ubicazione delle opere e alla
tendenza evolutiva del litorale aggiornata al 1977.
7
a)
Figura 3a - Stralcio della tavola 158 (LATINA) tratta dall’Atlante delle Spiagge Italiane (CNR, 1985).
Vengono riportate la pendenza dei fondali, il trasporto sedimentario lungo costa, le caratteristiche
granulometriche e mineralogiche dei sedimenti, l’ubicazione delle opere e la tendenza evolutiva del litorale
al 1977.
8
b)
Figura 3b - Stralcio della tavola 159-170 (TERRACINA – FROSINONE) tratta dall’Atlante delle Spiagge
Italiane (CNR, 1985). Vengono riportate la pendenza dei fondali, il trasporto sedimentario lungo costa, le
caratteristiche granulometriche e mineralogiche dei sedimenti, l’ubicazione delle opere e la tendenza
evolutiva del litorale al 1977.
9
BIBLIOGRAFIA
Almagià R. (1975) – Lazio. Collana: “Le Regioni d’Italia”, 757 pp. UTET, Torino.
Boni C., Bono P., Calderoni G., Lombardi S., Turi B. (1980) - Indagine idrogeologica e geochimica
sui rapporti tra ciclo carsico e circuito idrotermale nella Pianura Pontina (Lazio meridionale).
Geologia applicata e idrogeologia, Bari - XV: 206-220.
Bono P. (1985) - Seminario informativo sui risultati del progetto “laghi costieri”. Terracina 30-31
Gennaio 1985. Latina, Arti grafiche Archimio ed.: 163 pp.
C.N.R. (1985) - Atlante delle spiagge italiane. Progetto finalizzato “Conservazione del Suolo”,
sottoprogetto “Dinamica dei litorali”, Consiglio Nazionale delle Ricerche, S.E.L.C.A., Firenze.
Caraci I. (1968) - Le variazioni della linea di costa laziale tra Torre Astura e il Circeo. Boll. Soc.
Geogr. It., Roma, S.9, IX: 31-66.
Carrara C. (1995) - Elementi di geologia regionale. In: “Lazio meridionale - Sintesi delle ricerche
geologiche multidisciplinari”. ENEA: 22-33.
Chiocci F.L., La Monica G.B. (1996) - Analisi sismostratigrafica della piattaforma continentale. In:
Il Mare del Lazio (1996) Elementi di oceanografia fisica e chimica, biologia e geologia marina,
clima meteomarino, dinamica dei sedimenti ed apporti continentale. Regione Lazio. Tip.
Borgia. Roma: 40-61.
Chiocci F.L., La Monica G.B. (1999) - Individuazione e caratterizzazione dei depositi sabbiosi
presenti sulla piattaforma continentale della Regione Lazio e valutazione di un loro utilizzo ai
fini del ripascimento dei litorali in erosione. Rapporto Finale della I Fase. Università degli
Studi di Roma “La Sapienza”, Dip.to Sc. Della Terra – Assessorato Opere e Reti di Servizio e
Mobilità.
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sedimentologiche delle formazioni quaternarie del litorale laziale tra T.re Astura e il M. Circeo.
In: Estratto degli Annuali della Facoltà di Agraria dell’Università di Perugina. XXXIV – Nota
I “Geologia, morfologia e dinamica del litorale”: 173-235.
Guza R.T., Inman D.L. (1975) - Edge waves and beach cusps. Journal of Geophysics Research, 80:
2997-3012.
ICRAM (2002) - Studio per l’impatto ambientale connesso allo sfruttamento di depositi sabbiosi
sommersi ai fini di ripascimento lungo la piattaforma continentale laziale Fase A Caratterizzazione della piattaforma continentale laziale (Sintesi dei dati di letteratura
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cell circulation of the formation of giant cusps. Geol. Soc. Amer. Bull., 82: 2643-2650.
10
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River, NJ: 544 pp.
La Monica G.B., Raffi R. (1996) - Morfologia e sedimentologia della spiaggia e della piattaforma
continentale interna. In: Tip. Borgia (Ed.) - Il mare del Lazio - “Elementi di oceanografia fisica
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continentali”, Roma, 1996: 62-86.
Pallottini E. (2005) - Analisi morfo-sedimentologica del tratto di litorale compreso tra Anzio e Gaeta
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inedita, “Sapienza” Università di Roma - Dipartimento di Scienze della Terra: 86 pp.
Paolocci P., Siniscalchi C. (1996) - Valutazione del trasporto solido di fondo alla foce dei corsi
d’acqua In: Tip. Borgia (Ed.) - Il mare del Lazio - elementi di oceanografia fisica e chimica,
biologia e geologia marina, clima meteomarino, dinamica dei sedimenti e apporti continentali,
Roma, 1996: 262-281.
Pruszak Z., RóŜyński G., Szmytkiewicz P. (2008) - Megascale rhythmic shoreline forms on a beach
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Thornton E.B., MacMahan J., Sallenger Jr. (2007) - Rip currents, mega-cusps and eroding dunes.
Marine Geology, 240: 151-167.
www.seafriends.org
11
1. MORFOLOGIA COSTIERA
Il tratto di costa interessato si inserisce nell’arco costiero che va da Capo d’Anzio al promontorio
del Circeo. Tale unità fisiografica, secondo la classificazione di Ferretti et al., (2004), è
caratterizzata a N, ovvero da Capo d’Anzio a Torre Astura (esclusa), da una costa terrazzata e a S,
ovvero lungo il promontorio del Circeo, da una costa a falesia; il tratto di costa compreso tra questi
estremi è una costa di litorale diritto caratterizzata dalla presenza di laghi costieri dei quali il più
grande è il Lago di Paola (Sabaudia), seguito dal Lago di Fogliano (prossimo a Capo Portiere), da
quello di Caprolace (Parco Nazionale del Circeo) e in ultimo dal Lago dei Monaci.
In figura 1.1 si riporta uno schema dei morfotipi costieri laziali con la rispettiva legenda (tabella
1.1)
Figura 1.1 - Classificazione dei morfotipi costieri laziali (da Ferretti et al., 2004).
12
Tabella 1.1 - Descrizione dei morfotipi costieri laziali (da Ferretti et al., 2004).
Morfotipi costieri laziali
Descrizione del morfotipo
COSTA DI FALESIA
E’ rappresentata da un profilo subaereo a strapiombo che si prolunga nella
parte sottomarina. Il contatto terra – mare è rappresentato da pareti subverticali
o strette falciature di spiaggia, comunemente in ghiaia. Gli apporti solidi
provengono da corsi d’acqua ad alto gradiente e da accumuli di frana e crollo
della parete
COSTA ARTICOLATA
E’ caratterizzata da rilievi montuosi o collinari affacciati direttamente sul mare.
Il profilo sottomarino comunemente riproduce quello subaereo e, meno
frequentemente, esibisce piattaforme di erosione. Il contatto terra – mare è
eventualmente rappresentato da seni di spiaggia comunemente in ghiaia. Gli
apporti solidi provengono da corsi d’acqua ad alto gradiente e da accumuli di
frana e crollo della parete dei rilievi
COSTA TERRAZZATA
Riva che poggia su falesia soffice o pendio digradante. Il retrolitorale presenta
depositi fluviali e costiere terrazzati. Il profilo sottomarino è poco pendente.
Gli apporti solidi provengono da corsi d’acqua a gradiente relativamente alto
efficacemente trasportato dalla corrente lungoriva
COSTA DI GOLFO
La riva, in costa alta, non è esposta ai marosi del mare aperto, e la protezione
dinamica naturale è spesso incrementata dalla presenza di moli e dighe foranee
COSTA DI LITORALE
STRETTO
La piana costiera è relativamente poco pendente, di larghezza massima da
qualche centinaio di metri a qualche chilometro. Il contatto terra – mare
avviene su litorale ampio che comunemente disegna falciature di costa da
grandi a molto grandi. Il retrolitorale è spesso rappresentato da sistemi di
terrazzi fluviali e costieri. Gli apporti solidi provengono da corsi d’acqua ad
alto gradiente che alimentano un’Unità Fisiografica costiera spesso delimitata
da promontori.
COSTA DI LITORALE DIRITTO
Il contatto terra – mare avviene su spiaggia sabbiosa ampia e diritta. Il profilo
sottomarino è a bassissima pendenza con la presenza di barre. Il retrospiaggia
si presenta con campi dunari stagni costieri e l’eventuale presenza di laghi
costieri. Gli apporti dalla terraferma provengono da corsi d’acqua a basso
gradiente. Si ha la presenza di foci non aggettanti in mare e con eventuali ali
ciottolose
COSTA DI FRONTE DELTA
Il contatto terra – mare avviene su spiaggia sabbiosa localmente distaccata
dalla terraferma. Presenta una geometria d’insieme aggettante in mare, con la
presenza nel retrolitorale di una laguna o palude. Gli apporti solidi provengono
da bocche fluviali e il trasporto lungoriva è molto sviluppato
La pendenza del fondale marino dalla battigia fino all’isobata dei 5 m assume valori intorno all’1%
in corrispondenza della costa litorale diritta, dove si hanno barre e/o cordoni sottomarini sia singoli
che in serie e di barre di foce fluviale nei pressi del fiume Tevere e del fiume Astura. La pendenza
aumenta in corrispondenza del Circeo e di Torre Astura (coste alte), raggiungendo valori massimi
del 3.5% in un tratto a sud di Torre Astura.
L’arco costiero è soggetto ad una diffusa erosione: è stato registrato, infatti, il 72% di arretramento
tra Nettuno e Torre Astura, l’87% di arretramento tra Torre Astura e Borgo Grappa e il 100% di
13
arretramento tra Borgo Grappa e Sabaudia. Tale fenomeno è dovuto principalmente all’azione
antropica locale (appiattimento delle dune e costruzione di strade) che ha impedito il libero scambio
di sedimenti fra spiaggia emersa e spiaggia sommersa, alterando il bilancio sedimentario e
compromettendo l’equilibrio di questo tratto di costa. Tutto ciò si è sommato a cause naturali quali
l’aumento secolare del livello marino, la subsidenza naturale e indotta, le variazioni cicliche del
clima meteomarino.
Le indagini sulle variazioni della linea di riva hanno permesso di costatare notevoli fenomeni di
accumulo localizzabili soprattutto a sottoflutto del porto d'Anzio e nell'area vicina al porto di
Nettuno. Le variazioni più significative sono state riscontrate tra il 1931 ed il 1973; mentre le
situazioni del 1973 e del 1977 rivelano piccole insignificanti modifiche. Il rilevamento batimetrico
ha indicato per il periodo 1883 - 1979 un accumulo di materiali nella zona tra i due porti, con una
diminuzione della profondità generalmente dell'ordine dei 2 m. Il confronto tra la situazione del
1969 e quella del 1979 ha mostrato invece variazioni di segno opposto da profilo a profilo, ma
anche nell'ambito di un medesimo profilo batimetrico. Nel settore compreso tra il porto di Nettuno e
Torre Astura gli studi sulle variazioni della linea di riva hanno mostrato marcati fenomeni di
riduzione della spiaggia avvenuti tra il 1931 ed il 1977; alcune modificazioni si osservano anche tra
la situazione del 1973 e quella del 1977. Attualmente continue segnalazioni di fenomeni erosivi in
atto provengono dal personale del Poligono Militare. L'intero tratto di litorale che si estende tra il
promontorio di Anzio ed il piccolo sperone di Torre Astura può essere considerato come un'unità
fisiografica abbastanza ben delimitata e separata dai settori di costa limitrofi. Gli scambi di
materiali sabbiosi con l'esterno appaiono piuttosto limitati se si considera non solo lo sbarramento
esercitato dai due aggetti morfologici subaerei, ma anche la funzione esercitata dai fondali marini
ad essi prospicienti; questi fondali sono principalmente rocciosi e rilevanti, per cui inibiscono il
trasporto per trascinamento sul fondo. È ipotizzabile, quindi, che le quantità di sabbie disponibili
nell'area non siano molto mutate nel tempo, mentre notevoli variazioni sono state riscontrate nella
localizzazione di questi materiali in taluni suoi settori. Infatti i forti accumuli che si rilevano tra
Anzio e Nettuno non possono essere disgiunti dalle marcate fenomenologie erosive riscontrate in
prossimità del Poligono Militare e più generalmente fino a Torre Astura. Ferretti et al., (2004)
evidenziano che queste ultime zone, dopo la costruzione del porto di Nettuno e delle opere a
protezione della spiaggia limitrofa, non vengono alimentate come un tempo dalle sabbie ora
trattenute dai succitati manufatti.
Nell’ambito del progetto Beachmed (2004), lo studio eseguito dalla Regione Lazio ha evidenziato
che ancora oggi il litorale compreso tra Capo d’Anzio e Torre Astura è soggetto ad un fenomeno
14
ciclico di avanzamento e arretramento che peraltro mette in crisi le spiagge con limitata capacità di
recupero (spiagge sotto falesia), mentre nel tratto tra Torre Astura e Capo Circeo anche in relazione
alle opere di sistemazione del bacino del corso d’acqua Loricina, è in corso un marcato fenomeno di
arretramento dell’ordine di 1mt /anno valutabile fra i 40.000-150.000 mc/anno che, per fondali con
pendenza media dell’1%, corrisponde ad una perdita di circa 5-10.000 mc/anno/km. Nella seconda
area si individua un’area di accumulo sottoflutto al promontorio di Torre Astura ed un fronte di
arretramento di circa 25-30 km (Foce Verde - Rio Martino - Sabaudia) con un deficit globale di
alimentazione di circa 200.000 mc/anno ed un corrispondente deficit unitario di circa 7-10.000
mc/anno/km. Le analisi globali confermano questi dati individuando un trend di 6.000 mc/anno/km
a levante di Nettuno e Foce Verde ed un trend sensibilmente più elevato per un tratto dell’arco di
Sabaudia che presenta valori di 14.000 mc/anno/km. Per quanto riguarda quest’ultimo valore si
mette in evidenza che il trend nel quadriennio ’90-’94 risulta inferiore e quindi si è di fronte ad una
intensificazione del fenomeno, probabilmente dovuto anche ad uno stato di sofferenza di gran parte
dell’apparato dunario esistente.
15
BIBLIOGRAFIA
Beachmed (2004) - IL PROGETTO BEACHMED: Recupero ambientale e manutenzione dei
litorali in erosione, mediante l’impiego dei depositi sabbiosi marini (Convenzione 2002-014.3-I-028) - 1° Quaderno Tecnico - (FASE “A”) - Commissione Europea Direzione Generale
alle Politiche Regionali e alla Coesione Programma Operativo Interreg. III B Misura 4.3:
Protezione e valorizzazione del patrimonio naturale e culturale, gestione della biodiversità, dei
territori e dei paesaggi.
Ferretti O., Barsanti M. Delbono I., Furia S. (2004) - ELEMENTI DI GESTIONE COSTIERA Tipi morfosedimentologici dei litorali italiani ENEA CRAM Italy; Dipart. Sc. Ter. Univ.
Parma.
16
2. HABITAT DUNALE
Da Torre Astura fino al Promontorio del Circeo il litorale sabbioso risulta caratterizzato da un
sistema dunale molto sviluppato, un tempo esteso senza interruzioni (Campo e La Monica, 2006) e
costituito da sabbie di origine alluvionale marina ed eolica ad elevata permeabilità e in grado di
fornire un certo contributo idrico ai bacini lacustri retrostanti (Bono, 1985). La loro origine sembra
essere legata alla formazione di una barra sabbiosa originatasi in seguito all’innalzamento del
livello del mare in età Versiliana e accresciutasi nel tempo ad opera dell’azione eolica (Blanc et al.,
1953; Giovagnotti et al., 1980).
Nel tratto di litorale compreso tra Capo Portiere e Torre Paola, le dune costiere si sviluppano
parallelamente alla linea di costa per circa 25 km, coprendo poco più dell’80% dell’unità
fisiografica (La Monica e Raffi, 1996).
Sia la quota sia l’ampiezza di questi “tumoleti” aumentano da nord verso sud, raggiungendo
l’elevazione e l’ampiezza massima (rispettivamente 28 m s.l.m. e 250 m di larghezza) nei pressi di
Torre Paola (Campo e La Monica, 2006). Immediatamente a ridosso del Promontorio del Monte
Circeo, a causa della diversa esposizione della falcatura ai venti dominanti e dell’effetto protettivo
del promontorio stesso, larghezza ed elevazione delle dune costiere diminuiscono nuovamente
raggiungendo circa i 230 m di ampiezza e i 24 m di altezza (Giovagnotti et al., 1980).
Negli anni ‘30 del secolo scorso la dinamica del sistema dunale è stata bloccata dalla costruzione
della strada costiera, realizzata in corrispondenza del suo asse longitudinale (figura 2.1) che, oltre
ad impedirne la libera evoluzione morfologica (ossia il libero avanzamento ed arretramento che gli
consentirebbe di limitare i danni prodotti dall’azione erosiva delle mareggiate), ha anche
incrementato l’erosione dovuta a fenomeni di ruscellamento e contribuito a rendere l’intera area
costiera più accessibile nella stagione estiva (Bovina et al., 2003).
Dal punto di vista vegetazionale, le dune sono per la maggior parte consolidate da vegetazione
costiera specializzata, tipica dell’ambiente mediterraneo (Giovagnotti et al., 1980). In ragione della
differente esposizione ai venti e all’insolazione, è possibile distinguere due diversi settori: il
versante rivolto verso i laghi costieri e quello rivolto verso il mare. Nel primo settore, caratterizzato
da condizioni climatiche più favorevoli, si rinviene una vegetazione arbustiva e arborea densa,
strutturata e rigogliosa. Differente è la situazione rilevabile lungo il versante opposto, in cui
l’esposizione a condizioni climatiche più limitanti (elevato grado di aridità e salinità, dovuto
all’esposizione all’aerosol proveniente dal mare) permette lo sviluppo di una vegetazione
prevalentemente cespugliosa xerofita ed alofita, in grado di stabilizzare le sabbie eoliche tramite
17
apparati radicali specializzati, innescando così meccanismi di feedback positivo tra la componente
biologica e quella sedimentologica, che conferiscono al sistema stabilità dinamica e resilienza
(Beachmed-e, 2007).
Figura 2.1 - Il litorale antistante i laghi costieri è bordato da un cordone dunale lungo il cui asse si sviluppa
la strada costiera.
18
BIBLIOGRAFIA
Beachmed-e (2007) - Partage, perfectionnement et application du protocole ENV1 aux activités de
dragage et de rechargement avec des sables fossiles, et applications spécifiques pour l’étude
de la turbidité. Phase A - Rapport final - PROGRAMME OPÉRATIONNEL INTERREG III
C – ZONE SUD BEACHMED-e: La gestion stratégique de la défense des littoraux pour un
développement soutenable des zones côtières de la Méditerranée (code 3S0155R): 131-139.
Blanc. A. C., Segre A. (1953) - Le quaternarie du Monte Circeo. Livret guide, IV Congrès INQUA,
Roma: 23-108.
Bono P. (1985) - Seminario informativo sui risultati del progetto “laghi costieri”. Terracina 30-31
Gennaio 1985. Latina, Arti grafiche Archimio ed.: 163 pp.
Bovina G., Callori Di Vignale C., Amodio M. (2003) - L’approccio dell’ingegneria naturalistica
nella conservazione degli ambienti dunali. In: Regione Lazio (Ed.) “Manuale di Ingegneria
Naturalistica”, 2: 367-381.
Campo V., La Monica G.B. (2006) - Le dune costiere oloceniche prossimali lungo il litorale del
Lazio. Studi Costieri, 11: 31-42.
Giovagnotti C., Rondelli F., Pascoletti M.T. (1980) - Caratteristiche geomorfologiche e
sedimentologiche delle formazioni quaternarie del litorale laziale tra T.re Astura e il M.
Circeo. In: Estratto degli Annuali della Facoltà di Agraria dell’Università di Perugia Volume
XXXIV – Nota I “Geologia, morfologia e dinamica del litorale”: 173-235.
La Monica G.B., Raffi R. (1996) - Morfologia e sedimentologia della spiaggia e della piattaforma
continentale interna. In: Tip. Borgia (Ed.) - Il mare del Lazio - “Elementi di oceanografia
fisica e chimica, biologia e geologia marina, clima meteomarino, dinamica dei sedimenti e
apporti continentali”, Roma, 1996: 62-86.
19
3. ASPETTI SEDIMENTOLOGICI E MINERALOGICI
L’area studiata è stata interessata, nel passato, da indagini condotte soprattutto a scala regionale (La
Monica e Raffi, 1996) che segnalano, lungo le coste del Lazio meridionale, la presenza di spiagge
caratterizzate da sabbie fini e medie, con sabbie grossolane localizzate essenzialmente sui fondali a
debole acclività, come nel caso dei fondali presenti tra Torre Astura e Foce Verde.
Indagini di dettaglio condotte da ICRAM (2005) lungo il tratto di mare compreso tra Anzio e il
promontorio del Circeo hanno confermato in generale i dati pregressi, segnalando la prevalenza,
fino ai 10 m di profondità, di sabbie fini e molto fini, da ben classate a moderatamente classate. Dal
punto di vista composizionale, tali sabbie sono caratterizzate da uno scarso contenuto in bioclasti e
dalla presenza di una frazione terrigena costituita principalmente da quarzo con subordinati
feldspati, frammenti vulcanoclastici e carbonatici e talvolta da selce. Tra i femici, abbondanti, sono
stati rinvenuti biotite e augite insieme a qualche granulo di magnetite, granato, muscovite e spinello.
La composizione mineralogica di tali sabbie, caratterizzate da vistose concentrazioni di minerali
pesanti (Gandolfi e Paganelli, 1984) è stata messa in rapporto, in accordo con Brondi et al. (1971),
con il disfacimento dei vulcani quaternari presenti lungo il margine tirrenico laziale (ICRAM,
2005).
Le indagini condotte circa l’influenza degli apporti solidi fluviali sulle caratteristiche delle spiagge
laziali indicano che solo i fiumi Tevere e Garigliano influenzano la fascia batimetrica compresa tra
0 e 10 m, mentre i corsi d’acqua minori incidono al più sulla composizione mineralogica (La
Monica e Raffi, 1996).
Più in dettaglio, gli studi condotti da Milli (1993) sui limiti di influenza dei corsi d’acqua che
sfociano lungo il litorale laziale, hanno messo in evidenza che il tratto di litorale compreso tra
Anzio e Torre Astura è alimentato solo da qualche modestissimo fosso e la maggior parte dei
sedimenti apportati alla costa (in prevalenza fini) sono allontanati per effetto sia del moto ondoso
sia della deriva litorale, diretta verso SE. Tra Torre Astura e Monte Circeo gli unici corsi d’acqua di
una certa importanza sono il Fiume Astura e il Canale delle Acque Alte, che apportano alla costa
prevalentemente materiali molto fini, anche questi facilmente allontanati verso largo sia per effetto
del moto ondoso, sia per effetto della deriva litoranea (Milli, 1993), diretta verso SE (Caputo et al.,
1983). Gli altri modestissimi fossi presenti nell’area alimentano direttamente i laghi costieri.
Sulla base della composizione mineralogica delle sabbie di spiaggia Milli (1993) ha rilevato che i
due succitati corsi d’acqua influenzano il litorale almeno fino al Lago dei Monaci, determinando
l’appartenenza di questo tratto di spiaggia (da Torre Astura al Lago di Fogliano) alla provincia
petrografia T14 (CNR, 1985), in cui si riscontra quarzo prevalente (50%), con carbonati e feldspati
20
subordinati (entrambi 20%), e presenza di augite, granato, melanite e selci. Il restante settore centromeridionale, esteso da Sabaudia fino a Sperlonga, presenta invece una composizione mineralogica
delle sabbie di spiaggia tale da definirne l’appartenenza ad un’altra provincia petrografia, la T15
(CNR, 1985), definita da quarzo dominante (40%) e subordinati carbonati e feldspati (entrambi
25%) e presenza di augite, selci, siltiti e vulcaniti basiche.
Per quanto attiene ai sedimenti di piattaforma, i lavori reperiti in bibliografia indicano una certa
omogeneità granulometrica nelle diverse fasce batimetriche, dimensioni medie dei granuli che
diminuiscono con l’aumentare della profondità e da sud verso nord (in particolare dalla foce del
Fiume Astura sino a San Felice Circeo). La Monica e Raffi (1996) riportano inoltre che, lungo tutto
il tratto che va da Capo d’Anzio a Capo Circeo, l’elemento caratterizzante è costituito dalla
presenza di sabbie sino alla batimetrica dei 20-30 m.
Più in dettaglio procedendo da Capo d’Anzio a Torre Astura la fascia di materiale più grossolano
tende a restringersi procedendo verso sud, in accordo con l’andamento delle batimetrie; la
distribuzione dei sedimenti più sottili presenta un andamento abbastanza regolare e subparallelo a
quello dei sedimenti più grossolani ben rappresentato nella figura 3.1 che riporta le caratteristiche
granulometriche dei sedimenti superficiali, espressa come percentuale di pelite (silt+argilla)
(ICRAM, 2005).
41.5
41.45
SAa5
SAa20
41.4
SAb10
SAe10
SAf10
SAa40
SAa60
SAb30
SAd20
SAb50
SAc40
41.35
SAd30
SAe30
SAd40
SAb80
SAg5
SAf20
SAc60
SAh10
SAf40
SAh30
SAg40
SAe50
SAi5
SAi20
SAi40
SAh50
41.3
SAd60
SAc80
SAa100
SAf60
SAd80 SAe80
SAg60
SAg80
SAh80
SAd100
SAl10
SAl30
SAl50
SAm5
SAm20
SAm
40
SAm60 SAn10
SAi80
SAl80
SAd115
41.25
SAi60
SAi100
SAf100 SAg100
SAf115
An30
SS
An50
SAn80
41.2
12.65
12.7
12.75
12.8
12.85
12.9
12.95
13
13.05
pelite %
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
Figura 3.1 - Distribuzione della pelite (%) nei sedimenti superficiali (da ICRAM, 2005).
21
Tale andamento, abbastanza regolare, subisce una evidente interruzione in corrispondenza del
settore compreso tra Torre Astura e Foce Verde (La Monica e Raffi, 1996; ICRAM, 2005),
caratterizzato da un andamento alquanto articolato del fondo e la presenza, tra i 10-20 m e tra i 3040 m di profondità, di forme positive di notevoli dimensioni, alcune delle quali corrispondono a
culminazioni del substrato (Chiocci e La Monica, 1996; 1999). In tale settore è stata rinvenuta una
distribuzione eterogenea dei sedimenti superficiali, con tessiture variabili da sabbia siltosa, a sabbia
argillosa sino a silt sabbioso (ICRAM, 2005). Gli Autori (ICRAM, 2005) spiegano tale irregolarità
nella distribuzione dei sedimenti superficiali per quanto attiene alla frazione grossolana con la
produzione di materiale grossolano di origine biogena da parte dell’antistante prateria a Posidonia
oceanica, in accordo anche con gli studi pregressi condotti a scala regionale (La Monica e Raffi,
1996). Per ciò che concerne la distribuzione della frazione fine si fa invece riferimento alla normale
sedimentazione sottile che caratterizza le maggiori profondità, unitamente all’effetto generato dagli
apporti fluviali del Fiume Astura (ICRAM, 2005).
Più a sud, tra il Lago di Caprolace e il promontorio del Circeo la distribuzione dei sedimenti
superficiali è ancora caratterizzata da fasce di distribuzione di ampiezza variabile. Sedimenti quasi
esclusivamente sabbiosi, peculiari del prisma sabbioso costiero, che costituisce il corpo
sedimentario delle spiagge formatesi durante l’attuale stazionamento del livello del mare (Curray,
1964; Swift, 1970; Tortora et al., 1986), sono stati localizzati fino alla profondità di 30 m (al
traverso di San Felice Circeo), rivelando uno spostamento progressivo del limite inferiore di tale
ambiente verso batimetrie maggiori (ICRAM, 2005).
ICRAM (2005) localizza la fascia di transizione fra i sedimenti grossolani peculiari del sistema
costiero e sedimenti sottili caratteristici del sistema piattaforma generalmente a 30 e a 40 m di
profondità, sottolineandone al contempo anche un andamento alquanto irregolare. Nel tratto di costa
compreso tra Sabaudia e San Felice Circeo, tale fascia, caratterizzata da una grande eterogeneità
tessiturali con sedimenti sabbioso-siltosi e componente bioclastica importante, è presente a
profondità maggiori (50-60 m) (Taliana, 1992; ICRAM, 2005), confermando anche in tale settore il
generale spostamento degli ambienti sedimentari, in accordo con l’elevata energia idrodinamica che
caratterizza i fondali antistanti il promontorio di Capo Circeo (ICRAM, 2005).
In generale, la variazione delle caratteristiche granulometriche del sedimento, che caratterizza il
passaggio tra i diversi ambienti, è stata messa in relazione sia alla deposizione selettiva del carico
sospeso di origine fluviale, sia alla maggiore dinamica delle acque sui fondali meno profondi,
maggiormente disturbati da correnti e da effetti sporadici del moto ondoso (Frascari et al., 1986).
22
A partire dai 50 m di profondità la distribuzione dei sedimenti superficiali diventa generalmente
omogenea (La Monica e Raffi 1996; ICRAM, 2005) e tipica dell’ambiente di piattaforma. In
particolare, ICRAM (2005) riporta la presenza esclusiva di silt argilloso (peculiare dell’ambiente di
piattaforma, tra i 50 e i 60 m di profondità, mentre nel settore meridionale, a ridosso del
promontorio del Circeo, tale passaggio è individuato intorno alla batimetrica degli 80 m. A
profondità più elevate, è infine segnalata la presenza di una sedimentazione omogenea francamente
argillosa (argilla siltosa). Tali sedimenti sottili, per il loro ambiente di deposizione, vengono definiti
come fanghi recenti di piattaforma o coltre di fango (Tortora et al., 1986).
Dal punto di vista composizionale nei sedimenti di piattaforma è riportata la presenza caratteristica
se non esclusiva di una componente bioclastica piuttosto abbondante (bivalvi, gasteropodi,
artropodi, echinidi, briozoi, foraminiferi), e scarsa frazione terrigena composta da quarzo con
subordinati feldspati e frammenti calcarei e vulcanoclastici. Tra i femici sono segnalati mica
biotitica e clinopirosseni augitici con magnetite, granato, clorite e muscovite sporadici (ICRAM,
2005).
L’andamento regolare della distribuzione dei sedimenti superficiali nell’ambiente ormai tipicamente
di piattaforma è alterato solo al traverso di Foce Verde e Lago di Fogliano, in cui la presenza, tra
80 e 100 m di profondità di sedimenti eterogenei più grossolani caratterizzate da tessiture miste
(loam) e prevalentemente sabbiose è stata messa in relazione con gli affioramenti del substrato
roccioso e con la presenza di depositi sabbiosi relitti (Chiocci e La Monica, 1999; ICRAM, 2005),
ben visibile nella figura 3.1.
23
Caratteristiche chimiche (metalli e contaminanti organici) nei sedimenti superficiali
L’indagine bibliografica ha evidenziato come, per l’area di studio, la produzione scientifica
specialistica sia decisamente carente, ad eccezione dello studio condotto a scala regionale da Branca
et al. (1996), relativo alla geochimica dei sedimenti marini della piattaforma laziale (focalizzato
sulla ripartizione delle diverse fasi di metallo nel sedimento, senza però riportare le distribuzioni
spaziali rinvenute per ciascun analita e per ciascuna fase) e degli studi di dettaglio condotti da
ICRAM (2005) nell’ambito di uno studio di caratterizzazione ambientale connesso ad attività di
dragaggio di sabbie relitte a fini di ripascimento. In particolare ICRAM (2005) ha indagato, nel
tratto di piattaforma continentale compreso tra Nettuno (RM) e San Felice Circeo (LT), gli aspetti
connessi alla chimica dei sedimenti superficiali, con particolare riferimento al contenuto in metalli
(mediante lo studio delle abbondanze totali) e in microinquinanti organici (idrocarburi policiclici
aromatici e policlorobifenili).
Metalli
E’ noto che i metalli in traccia, in zone prive di sorgenti di contaminazione, mostrano un incremento
dei valori di concentrazione all’aumentare della profondità e/o della distanza dalla costa; questo
accade poiché normalmente, all’aumentare della distanza dalla costa, si riscontra una presenza
maggiore di sedimenti fini, caratterizzati da una maggior superficie adsorbente (Barbanti e Bothner,
1993).
La ricerca bibliografica condotta sui dati recenti disponibili in letteratura, ha messo in evidenza
l’assoluta carenza di informazioni, ad eccezioni dei dati riportati in ICRAM (2005) relativi al
contenuto totale di alcuni metalli (quali Cu, Ni, Zn, Cr, Cd; Hg, As, Ba e Pb per gli elementi in
traccia e Fe e Mn per i costituenti principali) nei sedimenti superficiali.
Tale studio ha messo in evidenza un generale aumento del tenore della maggior parte dei metalli
analizzati in funzione della profondità e della percentuale di componente fine, con valori di
concentrazione che rimangono abbastanza stabili a partire da 80-100 m di profondità. Tali dati
appaiono, quindi, in accordo con le caratteristiche tessiturali del sedimento caratterizzate da un
generale incremento della frazione pelitica verso largo. Le concentrazioni rinvenute da ICRAM
(2005) sono, inoltre, in accordo con i dati riportati in letteratura e relativi alle indagini svolte
sull’intera piattaforma continentale laziale (tabella 3.1).
24
Tabella 3.1 - Confronto fra i dati ottenuti per l’area in studio e quelli riferiti all’intera piattaforma
continentale laziale. Le concentrazioni [abb. tot.] sono espresse per tutti i metalli in mg/kg p.s., tranne che
per il Fe, per il quale sono espresse in % (da ICRAM, 2005).
Sedimenti Area di Studio
Elemento
Sedimenti Piattaforma Laziale
Media
intervallo
Media
intervallo
Fe
2.79±0.96
1.00÷5.44
2.7±1.0
0.34÷5.17
Cu
20.24±7.54
<d.l.÷32.09
31.6±20.4
5÷127
Mn
653.39±200.04
355.81÷1401.24
714±206.3
333÷1866
Ni
26.69±8.58
<d.l.÷43.92
64.7±16.0
25÷107
Zn
61.57±24.60
<d.l ÷99.62
86.2±30.6
21÷141
Cr
48.79±16.40
<d.l ÷73.32
46.7±23.6
10÷112
Cd
0.10±0.03
0.01÷0.15
0.10±0.03
0.08÷0.13
Hg
0.36±0.27
0.0002÷1.03
0.32±0.13
0.1÷0.5
As
41.03±17.02
<d.l.÷77.18
-
11÷80
Ba
119.79±40.72
<d.l ÷182.36
-
-
Pb
25.73±15.12
<d.l.÷46.82
79.5±21.7
35÷128
Più nel dettaglio, per quanto concerne la distribuzione dei metalli in traccia, la situazione descritta
da ICRAM (2005) è la seguente:
o il Cu presenta valori di concentrazione sempre bassi: bassi o molto bassi sotto costa con un
gradiente di accumulo costa-largo. Inoltre, il valore medio rilevato da ICRAM (2005) è più
basso di quello riportato per l’intera piattaforma continentale laziale (tabella 3.1 e figura
3.2).
25
41.5
41.45
SAa5
SAb10
SAa20
SAe10
41.4
SAf10
SAa40
SAa60
SAb30
SAd20
SAb50
SAc40
41.35
SAg5
SAf20
SAd30
SAe30
SAd40
SAh10
SAf40
SAc60
SAg40
SAh30
SAe50
SAb80
SAi5
SAi20
SAi40
SAh50
SAd60
SAa100
SAf60
SAg60
SAc80
41.3
SAd80
SAe80
SAg80
SAi60
SAh80
SAd100
SAl10
SAl30
SAl50
SAi80
SAl80
SAm5
SAm20
SAm40
SAn10
SAm60
SAd115
41.25
SAf100
SAf115
SAg100
SAi100
SAn30
SAn50
SAn80
41.2
12.65
12.7
12.75
12.8
12.85
12.9
12.95
13
13.05
Cu mg/Kg
4
8
12 16 20 24 28 32 36 40 44 48 52 56 60
Figura 3.2 - Concentrazione di Cu (abbondanze totali, espresse in mg/kg p.s.) nei
sedimenti superficiali (da ICRAM, 2005).
o Zn e Cr (figure 3.3 e 3.4) mostrano, analogamente a Pb e Ni (figure 3.5 e 3.6), un generale
aumento di concentrazione procedendo verso il largo e sembrano avere una buona
correlazione con le caratteristiche granulometriche del sedimento, in particolare con la
distribuzione della pelite (figura 3.1).
26
41.5
41.45
SAa5
SAa20
SAb10
SAe10
41.4
SAf10
SAa40
SAa60
SAb30
SAd20
SAb50
SAc40
41.35
SAg5
SAf20
SAd30
SAe30
SAd40
SAc60
SAh10
SAf40
SAg40
SAh30
SAe50
SAb80
SAi5
SAi20
SAi40
SAh50
SAd60
SAa100
SAf60
SAg60
SAc80
41.3
SAd80
SAe80
SAg80
SAi60
SAh80
SAd100
SAi80
SAl80
SAd115
41.25
SAl10
SAl30
SAl50
SAf100
SAf115
SAg100
SAm5
SAm20
SAm40
SAn10
SAm60
SAi100
SAn30
SAn50
SAn80
41.2
12.65
12.7
12.75
12.8
12.85
12.9
12.95
13
13.05
Zn mg/Kg
5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 85 90 95100
Figura 3.3 - Concentrazione di Zn (abbondanze totali, espresse in mg/kg p.s.) nei
sedimenti superficiali (da ICRAM, 2005).
27
41.5
41.45
SAa5
SAb10
SAa20
SAe10
41.4
SAf10
SAa40
SAa60
SAb30
SAd20
SAb50
SAc40
41.35
SAg5
SAf20
SAd30
SAe30
SAh10
SAd40
SAc60
SAf40
SAg40
SAh30
SAe50
SAb80
SAi5
SAi20
SAi40
SAh50
SAd60
SAa100
SAf60
SAg60
SAc80
41.3
SAd80
SAe80
SAg80
SAi60
SAh80
SAd100
SAi80
SAl80
SAd115
41.25
SAl10
SAl30
SAl50
SAf100
SAf115
SAg100
SAm5
SAm20
SAm40
SAn10
SAm60
SAi100
SAn30
SAn50
SAn80
41.2
12.65
12.7
12.75
12.8
12.85
12.9
12.95
13
13.05
Cr mg/Kg
5
10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75
Figura 3.4 - Concentrazione di Cr (abbondanze totali, espresse in mg/kg p.s.) nei
sedimenti superficiali (da ICRAM, 2005).
28
41.5
41.45
SAa5
SAa20
SAb10
SAe10
41.4
SAf10
SAa40
SAa60
SAb30
SAd20
SAb50
SAg5
SAf20
SAd30
SAc40
SAe30
41.35
SAh10
SAd40
SAc60
SAf40
SAh30
SAg40
SAe50
SAb80
SAi5
SAi20
SAi40
SAh50
SAd60
SAa100
SAf60
SAg60
SAc80
41.3
SAd80
SAe80
SAg80
SAi60
SAh80
SAd100
SAl10
SAl30
SAl50
SAm5
SAm20
SAm40
SAn10
SAi80
SAl80
SAm60
SAd115
41.25
SAf100
SAf115
SAi100
SAg100
SAn30
SAn50
SAn80
41.2
12.65
12.7
12.75
12.8
12.85
12.9
12.95
13
13.05
Pb mg/Kg
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
55
60
Figura 3.5 - Concentrazione di Pb (abbondanze totali, espresse in mg/kg p.s.) nei
sedimenti superficiali (da ICRAM, 2005).
29
41.5
41.45
SAa5
SAa20
SAb10
SAe10
41.4
SAf10
SAa40
SAa60
SAb30
SAd20
SAb50
SAc40
41.35
SAg5
SAf20
SAd30
SAe30
SAh10
SAf40
SAd40
SAc60
SAh30
SAg40
SAe50
SAb80
SAi5
SAi20
SAi40
SAh50
SAd60
SAa100
SAf60
SAg60
SAc80
41.3
SAd80
SAe80
SAg80
SAh80
SAm5
SAi80
SAd100
SAl80
SAd115
41.25
SAl10
SAl30
SAl50
SAi60
SAf100
SAf115
SAg100
SAm20
SAm40
SAn10
SAm60
SAi100
SAn30
SAn50
SAn80
41.2
12.65
12.7
12.75
12.8
12.85
12.9
12.95
13
13.05
Ni mg/Kg
5
10
15
20
25
30
35
40
45
50
Figura 3.6 - Concentrazione di Ni (abbondanze totali, espresse in mg/kg p.s.) nei
sedimenti superficiali (da ICRAM, 2005).
o il Cd presenta una distribuzione piuttosto omogenea, apparentemente non influenzata dalla
distribuzione granulometrica, valori sempre bassi e un range di concentrazione molto
ristretto, che va da 0.04 a 0.15 mg/kg (figura 3.7).
30
41.5
41.45
SAa5
SAa20
SAb10
SAe10
41.4
SAf10
SAa40
SAa60
SAb30
SAd20
SAb50
SAc40
41.35
SAg5
SAf20
SAd30
SAe30
SAc60
SAh10
SAf40
SAd40
SAg40
SAh30
SAe50
SAb80
SAi5
SAi20
SAi40
SAh50
SAd60
SAa100
SAf60
SAg60
SAc80
41.3
SAd80
SAe80
SAg80
SAh80
SAd100
SAi80
SAl80
SAd115
41.25
SAl10
SAl30
SAl50
SAi60
SAf100
SAf115
SAg100
SAm5
SAm20
SAm40
SAn10
SAm60
SAi100
SAn30
SAn50
SAn80
41.2
12.65
12.7
12.75
12.8
12.85
12.9
12.95
13
13.05
Cd mg/Kg
0.03 0.06 0.09 0.12 0.15 0.18 0.21 0.24 0.27
0.3
Figura 3.7 - Concentrazione di Cd abbondanze totali, espresse in mg/kg p.s.) nei
sedimenti superficiali (da ICRAM, 2005).
o il Hg, in modo più o meno accentuato in tutta l’aera, presenta una concentrazione crescente
fino a circa 60 m di profondità e poi decrescente nei fondali a profondità maggiori. Nella
fascia più prossima alla costa, fino a 20-30 m di profondità, sono stati riscontrati i valori più
bassi, inferiori allo standard di qualità riportato nel D.M.367/03 e riferito ai sedimenti
costieri. Verso largo, anche in accordo con la differente composizione granulometrica del
sedimento, sono stati invece rilevati valori mediamente più alti (figura 3.8).
31
41.5
41.45
SAa5
SAa20
SAb10
SAe10
41.4
SAf10
SAb30
SAa40
SAd20
SAb50
SAa60
SAc40
41.35
SAg5
SAf20
SAd30
SAe30
SAd40
SAc60
SAh10
SAf40
SAg40
SAh30
SAe50
SAb80
SAi5
SAi20
SAi40
SAh50
SAd60
SAa100
SAf60
SAg60
SAc80
41.3
SAd80
SAe80
SAg80
SAi60
SAh80
SAd100
SAi80
SAl80
SAd115
41.25
SAl10
SAl30
SAl50
SAf100
SAf115
SAg100
SAm5
SAm20
SAm40
SAn10
SAm60
SAi100
SAn30
SAn50
SAn80
41.2
12.65
12.7
12.75
12.8
12.85
12.9
12.95
13
13.05
Hg mg/Kg
0.05 0.15 0.25 0.35 0.45 0.55 0.65 0.75 0.85 0.95 1.05
Figura 3.8 - Concentrazione di Hg (abbondanze totali, espresse in mg/kg p.s.) nei
sedimenti superficiali (da ICRAM, 2005).
o l’As mostra un leggero trend costa-largo (figura 3.9), con valori bassi in alcune stazioni più
costiere, un valore medio di circa 40 mg/kg p.s. e valori massimi inferiori a quelli riportati in
letteratura per la piattaforma continentale laziale (ICRAM, 2005). I valori di concentrazione
rinvenuti dagli Autori sono generalmente più alti dello standard di qualità fissato nel D.M.
367/03 (12mg/kg), come del resto già rinvenuto in altre aree della piattaforma continentale
laziale (Paganelli et al., 2007).
32
41.5
41.45
SAa5
SAa20
SAb10
SAe10
41.4
SAf10
SAa40
SAa60
SAb30
SAd20
SAb50
SAc40
41.35
SAg5
SAf20
SAd30
SAe30
SAc60
SAh10
SAf40
SAd40
SAg40
SAh30
SAe50
SAb80
SAi5
SAi20
SAi40
SAh50
SAd60
SAa100
SAf60
SAg60
SAc80
41.3
SAd80
SAe80
SAg80
SAi60
SAh80
SAd100
SAi80
SAl80
SAl10
SAl30
SAl50
SAm5
SAm20
SAm40
SAn10
SAm60
SAd115
41.25
SAf100
SAf115
SAg100
SAi100
SAn30
SAn50
SAn80
41.2
12.65
12.7
12.75
12.8
12.85
12.9
12.95
13
13.05
As mg/Kg
5
10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65
Figura 3.9 - Concentrazione di As (abbondanze totali, espresse in mg/kg p.s.) nei
sedimenti superficiali (da ICRAM, 2005).
Contaminanti Organici
Per quanto concerne lo stato di qualità dei sedimenti marini, per l’area in studio sono disponibili i
soli dati di ICRAM (2005) che riporta i risultati di un’indagine relativa al contenuto di IPA
(idrocarburi policiclici aromatici) e PCB (policlorobifenili) nei sedimenti superficiali nel tratto di
piattaforma prospiciente il litorale di Sabaudia. I dati presentati dagli Autori indicano una
contaminazione diffusa da IPA, ad andamento piuttosto irregolare, con valori elevati distribuiti su
fondali che vanno da 30 a 100 m di profondità. Le concentrazioni appaiono particolarmente elevate
nella zona più settentrionale, mentre le altre aree presentano concentrazioni generalmente basse
ascrivibili a valori di fondo nelle stazioni più vicine alla costa, in cui la frazione grossolana del
sedimento prevale su quella fine (ICRAM, 2005). Da segnalare che le elevate concentrazioni di IPA
totali sono dovute principalmente al contributo del naftalene, la cui concentrazione è risultata
costituire più del 90% degli IPA (totali), mentre gli altri analiti esaminati presentano valori
generalmente bassi (ICRAM, 2005).
33
Per quanto concerne i dati rinvenuti in letteratura relativamente al contenuto in PCB, ICRAM
(2005) riporta valori di concentrazione omogenei e bassi, compresi tra 1 e 3 ng/g, ovvero valori
sempre inferiori al valori fissato nel decreto 367/2006 che riporta gli standard di qualità per i
sedimenti marino-costieri.
34
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35
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piattaforma continentale interna tra M. Argentario ed Ansedonia (Toscana Meridionale). Boll.
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36
4. FITOPLANCTON E STATO TROFICO DELLE ACQUE COSTIERE
Il fitoplancton è formato dagli organismi vegetali autotrofi che possono sintetizzare le sostanze
organiche che formano il protoplasma delle loro cellule ed i materiali di riserva partendo da
anidride carbonica, acqua e sali di fosforo e di azoto. L’autotrofia è possibile grazie alla presenza
dei pigmenti fotosintetici clorofilla, carotenoidi e biliproteine.
Il fitoplancton dei nostri mari è formato da alghe unicellulari microscopiche fra le quali, almeno in
alcuni periodi dell’anno, sono predominanti le Diatomee ed i Dinoflagellati. L’analisi qualiquantitativa dei popolamenti fitoplanctonici fornisce informazioni utili sullo stato dell’ecosistema
marino, in relazione all’andamento stagionale delle fioriture algali fitoplanctoniche e alle loro
caratteristiche.
Il monitoraggio delle caratteristiche fisico-chimiche e biologiche delle acque costiere superficiali,
accompagnato dalla messa a punto e dall’applicazione di indici ed indicatori opportunamente
identificati, rappresenta un ulteriore valido strumento per il raggiungimento di un’adeguata
conoscenza dello stato trofico delle acque costiere. L’applicazione dell’indice trofico TRIX
(Vollenweider et al., 1998) consente la definizione dei livelli trofici costieri in termini quantitativi
rendendo possibile un confronto tra diverse situazioni spazio-temporali. Tale indice è definito dalla
combinazione lineare di quattro parametri fondamentali delle acque costiere: clorofilla “a”, scarto
% in valore assoluto di O2 dalla saturazione, azoto inorganico disciolto (DIN) e fosforo totale (PT).
L’indice TRIX è stato adottato dal D.Lgs. 152/99, per definire livelli trofici-obiettivo da mantenere,
ovvero da raggiungere, su scala regionale, con lo scopo di impostare corrette politiche di intervento
e di gestione della fascia costiera (Cicero et al., 2001). Numericamente il valore TRIX può variare
da 0 a 10, andando dalla oligotrofia (0 = acque scarsamente produttive tipiche del mare aperto) alla
ipereutrofia (10 = acque fortemente produttive tipiche di aree costiere eutrofizzate).
Nella tabella 4.1 si riportano i valori della scala trofica e il corrispondente stato di qualità delle
acque marine.
37
Tabella 4.1 - Valori della scala trofica e corrispondente stato di qualità delle acque marine.
SCALA
TROFICA
2-4
4-5
5-6
6-8
STATO
elevato
basso
mediocre
scadente
CONDIZIONI
Acque scarsamente produttive. Livello di trofia basso. Buona
trasparenza delle acque. Assenza di anomale colorazioni.
Acque moderatamente produttive. Livello di trofia medio. Buona
trasparenza. Occasionali intorbidimenti e colorazioni.
Acque molto produttive. Livello di trofia elevato. Scarsa trasparenza
delle acque. Anomale colorazioni. Ipossie e occasionali anossie sul
fondo. Stati di sofferenza sul fondo.
Acque fortemente produttive. Livello di trofia molto elevato. Elevata
torbidità delle acque. Diffuse e persistenti colorazioni e
ipossie/anossie sul fondo. Morie di organismi bentonici. Danni
economici turismo, pesca e acquicoltura.
Gli studi relativi allo stato trofico delle acque e al fitoplancton del tratto di costa oggetto di questo
studio sono piuttosto scarsi e frammentari. Gli unici dati disponibili riguardano tratti di costa
prossimi a quelli di interesse o sono inseriti all’interno di studi ambientali multidisciplinari condotti
generalmente ad una scala più ampia (Cicero et al., 2001; Magaletti et al., 2001).
Nel 1999 l’ICRAM ha condotto due campagne oceanografiche nell’area tirrenica compresa tra
Genova e Portici (NA) con attività di campionamento di acque superficiali e misure fisico-chimiche
a 500 m e 3000 m dalla costa su un totale di 30 transetti. La strategia di campionamento adottata era
finalizzata ad individuare situazioni trofiche diverse come sbocchi fluviali ad elevato apporto di
nutrienti, tratti costieri urbanizzati e aree portuali, aree a minor impatto antropico. I dati di entrambe
le campagne sono stati quindi utilizzati per l’elaborazione dell’indice trofico TRIX. Nella tabella
4.2 vengono riportati i valori trofici delle acque costiere relativi ai transetti situati nell’area
prospiciente la cittadina di Anzio e il Circeo (Cicero et al., 2001; Magaletti et al., 2001).
Tabella 4.2 - Stazioni di campionamento e valori dell’Indice Trofico TRIX
a 500 m e 300 m dalla costa per le campagne di marzo e luglio 1999.
Località
Anzio
Circeo
TRIX marzo
TRIX luglio
500 m 300 m 500 m 3000 m
4,46
3,48
2,73
3,06
5,14
3,83
3,10
2,49
38
Nella campagna di marzo i valori dell’indice trofico sono risultati piuttosto alti e compresi tra 4 e 5
unità di TRIX in entrambe le località e nelle stazioni poste a 500 m dalla riva, ciò ad indicare uno
basso stato di qualità dell’ambiente marino. Uno stato di qualità elevato (valori dell’indice compresi
tra 2 e 4 unità di TRIX) è stato riscontrato invece in tutte e due le località monitorate nel mese di
luglio e nel mese di marzo (solo nelle stazioni a 300 m dalla costa). La diminuzione dei valori
dell’Indice Trofico nel periodo estivo è probabilmente imputabile al minor afflusso di acque dolci
continentali ricche di nutrienti, tipico di questa stagione.
Per quel che riguarda l’analisi qualitativa del fitoplancton gli stessi autori hanno osservato come le
Diatomee più abbondanti appartengano ai generi Chaetoceros, Rhizosolenia, Leptocylindrus
danicus e L. minimum ed in misura minore alle specie Nitzschia seriata, Thalassionema
nitzschioides, Asterionella japonica ed Eucampia cornuta. Tra i
Dinoflagellati i generi più
rappresentati sono Prorocentrum, Gonyalaux e Ceratium. Non è stata osservata le presenza di
specie produttrici di biotossine DSP appartenenti al genere Dynophysis (Magaletti et al., 2001).
Uno studio successivo (Bianco et al., 2006) mirato all’analisi delle fioriture algali lungo le coste del
Lazio ha rilevato la presenza di intense fioriture della rodoficea ittiotossica Fibrocapsa japonica
nel tratto di mare prospiciente la città di Latina e l’abitato di Sabaudia, nell’agosto del 1999 e nelle
estati 2000 e 2002.
Dati recenti sui popolamenti fitoplantonici e sullo stato di qualità delle acque costiere sono
contenuti nella banca dati Si.Di.Mar e reperibili sul sito del Ministero dell’Ambiente e della Tutela
del Territorio e del Mare (MATTM) (http://www.tutelamare.it/cocoon/sidimar/app/it/index.html).
In base alle informazioni sui popolamenti fitoplantonici della località Rio Martino (LT) (stazione
interna all’area indagata), nel periodo Gennaio 2006 - Gennaio 2007, il taxon più abbondante è
risultato quello delle Diatomee. Il secondo taxon in ordine di abbondanza è rappresentato dalla
frazione “altro fitoplancton” che, come osservato anche da Congestri et al. (2006) risulta
particolarmente abbondante, arrivando ad avere un’elevata incidenza quantitativa sull’intera
comunità fitoplanctonica, in particolare in corrispondenza delle stazioni situate nella provincia di
Latina. La componente a Dinoflagellati nel medesimo periodo analizzato è moderatamente
rappresentata. Per quanto riguarda le Diatomee le specie più abbondanti rinvenute durante tutto
l’anno, che appartengono al genere Chaetoceros, sono: C. compressus, C. socialis, C. tortissimus e
C. affinis. Altrettanto abbondanti nello stesso periodo sono anche Leptocylindrus danicus e L.
minimus, Asterionellopsis glacialis, Thalassionema nitzschioides, Cylindrotheca closterium,
Pseudo-Nitzschia spp. del Nitzschia delicatissima complex, P. delicatissima, P. pseudodelicatissima
e Achnantes sp. In particolare, P. delicatissima è considerata specie tossica (Congestri et al., 2004).
39
Cryptophyceae e Clorophyceae sono le famiglie dominanti nella frazione “altro fitoplancton”.
Tra i Dinoflagellati molto abbondanti sono le famiglie delle Gymnodiniaceae e Dinophyceae, gli
individui appartenenti all’ordine delle Gymnodiniales e le specie Heterocapsa niei, Amphidinium
acutissimum e Scrippsiella sp.
Nella tabella 3.3 si riporta lo stato di qualità delle acque per la località di Rio Martino, relativo al
periodo Gennaio 2006 - Gennaio 2007 (sito Si.Di.Mar), per ognuna delle tre stazioni campionate
(costiera, intermedia e del largo).
Tabella 4..3 - Stato di qualità dell’ambiente marino nella località Rio Martino.
LD1 (Costiera) LD2 (Intermedia) LD3 (Largo)
Gennaio 2006
BASSA
BASSA
BASSA
Febbraio 2006
BASSA
BASSA
MEDIA
Marzo 2006
MEDIA
MEDIA
BASSA
Aprile 2006
---
---
---
Maggio 2006
---
---
---
Giugno 2006
---
---
---
Luglio 2006
MEDIA
MEDIA
ALTA
Agosto 2006
BASSA
BASSA
MEDIA
Settembre 2006
MEDIA
MEDIA
MEDIA
Ottobre 2006
MEDIA
MEDIA
ALTA
Novembre 2006
MEDIA
MEDIA
MEDIA
Dicembre 2006
MEDIA
BASSA
MEDIA
Gennaio 2007
MEDIA
ALTA
MEDIA
I valori dei parametri utili alla classificazione delle acque marine quali salinità, trasparenza,
clorofilla, ammoniaca, fosfati, nitrati, nitriti e silicati relativi allo stesso periodo e alle medesime
stazioni sono disponibili sul sito http://www.tutelamare.it/cocoon/sidimar/app/it/index.html.
40
BIBLIOGRAFIA
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proposal for a trophic scale, turbidity and generalized water quality index. Environmetrics, 9:
329-357.
http://www.tutelamare.it/cocoon/sidimar/app/it/index.html
41
5. POPOLAMENTI BENTONICI
Introduzione
La conoscenza delle principali biocenosi marine è uno strumento indispensabile per una corretta
gestione della fascia costiera e nei programmi di conservazione e monitoraggio. Da un punto di
vista applicativo, infatti, il criterio bionomico, aggiunto all’inquadramento ambientale ricavato con
altri criteri quali quello geologico, chimico-fisico e socio-economico, costituisce una forte base
conoscitiva per la valutazione dell’evoluzione a medio e lungo termine indispensabile per la
valorizzazione e gestione delle risorse ambientali (Crema et al., 1993).
In questo tipo di studi particolarmente utili si sono rivelate le analisi dei popolamenti animali e
vegetali, con particolare riguardo alla distribuzione delle comunità bentoniche. Infatti, le comunità
bentoniche, costituite dall’insieme degli organismi che popolano il fondo e che sono ad esso
strettamente legati, grazie alla loro scarsa vagilità, agli stretti rapporti con il fondo e ai cicli vitali
relativamente lunghi, forniscono informazioni complete e a lungo termine circa le condizioni
globali dell’ambiente (Pearson e Rosenberg, 1978). Esse, mantenendo una “memoria” storica e
spaziale dei fenomeni naturali e di perturbazione avvenuti nell’ambiente, possono descrivere
efficacemente specifiche condizioni ambientali e sono generalmente considerate la “memoria
biologica” degli ecosistemi marini (Bianchi e Zurlini, 1984) ed i più adeguati descrittori sintetici
dell’ambiente (Gambi et al., 1982).
Nell’ambiente marino il dominio bentonico comprende tutti i fondali che si estendono dalla riva
fino alle massime profondità oceaniche. Gli organismi bentonici sono distribuiti su tali fondali in
diverse associazioni a seconda del tipo di substrato, della profondità e dei fattori ad essa legati (luce,
salinità, gas disciolti, nutrienti, idrodinamismo e granulometria del substrato). La distribuzione della
fauna bentonica non è quindi omogenea, ma varia sensibilmente e in modo spesso difficile da
schematizzare. Per questo è emersa l’esigenza da parte degli studiosi di creare un modello di
zonazione delle comunità - dette biocenosi bentoniche - come utile strumento operativo al fine di
possedere un quadro di riferimento per poter identificare i principali elementi che caratterizzano
l’ambiente in esame.
Il modello attualmente più utilizzato, tra i vari proposti per il Mar Mediterraneo, è quello di Pérès e
Picard (1964) che individua sia per il sistema fitale (presenza di luce) che per quello afitale (assenza
di luce) le diverse biocenosi presenti sui fondi mobili e duri. Secondo tale modello all’interno di
ciascun sistema si possono individuare dei “piani” che si susseguono verticalmente e si estendono
tra due livelli “critici” entro i quali le condizioni ambientali si mantengono più o meno costanti.
42
All’interno di ogni piano si trovano le biocenosi tipiche dello stesso, che sono costituite da specie
caratteristiche, accompagnatrici e accidentali. Le specie caratteristiche sono dette esclusive nel
caso in cui siano legate ad un determinato biotopo e si trovino solo eccezionalmente altrove; sono
dette preferenziali se sono nettamente più abbondanti in un determinato biotopo, ma, allo stesso
tempo, possono essere accompagnatrici in un altro. Le specie accompagnatrici possono essere
ugualmente abbondanti in diversi biotopi, in quanto sono specie distribuite nell’intero piano, oppure
indicatrici di un certo fattore edafico, o ancora a larga ripartizione ecologica. Infine le specie
accidentali sono quelle caratteristiche di un’altra biocenosi, che vengono trovate eccezionalmente
nel biotopo in esame.
Il sistema litorale o fitale (così chiamato in quanto in esso è possibile la vita autotrofa) comprende 4
“piani”:
- Piano Sopralitorale: si estende sopra il livello dell’alta marea per tutta la fascia raggiunta dagli
spruzzi del mare (non viene praticamente mai sommerso). Sui fondi duri si trova la biocenosi della
Roccia Sopralitorale mentre su quelli mobili si osservano le biocenosi delle Sabbie Sopralitorali ad
essiccazione Rapida e delle Sabbie Sopralitorali ad essiccazione Lenta;
- Piano Mesolitorale: corrisponde alla fascia di marea, in cui sono presenti organismi in grado di
sopportare l’alternanza di periodi di emersione ed immersione. Sui fondi duri sono presenti le
biocenosi della Roccia Mesolitorale Superiore ed Inferiore e delle Grotte Mesolitorali, mentre su
quelli mobili si trovano le biocenosi del Detritico Mesolitorale, della Sabbia di Moda Battuta e di
Moda Calma;
- Piano Infralitorale: si estende dalla superficie fino alla profondità alla quale possono vivere le
Fanerogame marine o le alghe fotofile. Sui fondi duri si riconoscono il complesso delle biocenosi
delle Alghe Fotofile e delle Alghe Sciafile, mentre sui fondi mobili si trovano le biocenosi delle
praterie di Posidonia oceanica, delle Ghiaie Infralitorali, delle sabbie (Sabbie Fini degli Alti Livelli
e Sabbie Fini Ben Calibrate) e delle sabbie fangose (Sabbie Fangose di Moda Calma);
- Piano Circalitorale: si estende dal limite inferiore delle fanerogame marine fino al margine della
piattaforma continentale. Sui substrati duri si insediano la biocenosi del Coralligeno, quella delle
Grotte Semi-Oscure e ad Oscurità Totale e la biocenosi della Roccia del Largo. Sono numerose le
biocenosi presenti sui fondi mobili sia dei sedimenti grossolani (Detritico Costiero, Detritico
Infangato e Detritico del Largo) che dei sedimenti fini (Fanghi Terrigeni Costieri).
43
Alcune biocenosi, indipendenti dal piano, si possono inoltre trovare sia nell’Infralitorale che nel
Circalitorale (Sabbie Grossolane e Ghiaie Fini influenzate dalle Correnti di Fondo, Sabbie Fini ad
Anfiosso e la biocenosi dei Fondi Mobili Instabili).
44
5.1 Distribuzione delle biocenosi bentoniche
Per la zona compresa tra Capo d’Anzio ed il promontorio del Circeo sono disponibili numerose
informazioni sui popolamenti bentonici che caratterizzano tali fondali: Argenti et al. (1992),
Gravina et al. (1995), Scipione e Lattanzi (1995), Scipione et al. (1995), Chimenz Gusso et al.
(1996), Franceschini et al. (1996), Tomassetti e Chimenz Gusso (1998), ICRAM (2005) e La Porta
et al. (2006).
Lo studio effettuato da Chimenz Gusso et al. (1996) ha evidenziato tra Anzio e il lago di Sabaudia,
ad una profondità compresa tra 5 e 10 m, la presenza della biocenosi delle Sabbie Fini Ben
Calibrate (SFBC), caratterizzata dal gasteropode Nassarius (Sphaeronassa) mutabilis, dai crostacei
Bathyporeia guilliamsoniana e Liocarcinus zariquiey e dal polichete Glycera tridactyla. Gli stessi
Autori in prossimità di Anzio e Sabaudia segnalano la presenza di facies a Spisula subtruncata. Il
fondale compreso tra 20 e 40 m, situato tra Capo d’Anzio e la foce del fiume Astura, è risultato
caratterizzato da popolamenti tipici di fondi misti. Invece, tra la foce del fiume Astura ed il lago di
Caprolace, dai 20 ai 50 m, è presente un popolamento bentonico tipico della biocenosi del Detritico
Infangato (DE), rappresentato dai molluschi Plagiocardium papillosum, Tellina balaustina, Pitar
rudis e Antalis inaequicostata. A maggiori profondità di 50 m, tutta la zona è caratterizzata da
popolamenti bentonici ascrivibili alla biocenosi dei Fanghi Terrigeni Costieri (VTC).
Un recente studio di caratterizzazione ambientale, effettuato da ICRAM (2005) nell’ambito di un
progetto per lo sfruttamento di sabbie relitte a fini di ripascimento ha evidenziato, in base ai dati
raccolti, la presenza di popolamenti bentonici con composizione specifica e distribuzione
batimetrica modificate rispetto a quanto descritto nello studio di Chimenz Gusso et al. (1996).
Nello specifico ICRAM (2005) segnala nel tratto di costa considerato alla profondità compresa tra 5
e 10 m un popolamento bentonico caratterizzato da specie ascrivibili alla biocenosi SFBC (figura
5.1.1). Sono presenti numerose specie tipiche di tale biocenosi come i policheti Nephthys hombergi,
Owenia fusiformis, Sigalion mathildae, i molluschi N. (Sphaeronassa) mutabilis, S. subtruncata,
Donax semistriatus, Mactra stultorum ed i crostacei Ampelisca brevicornis, B. guilliamsoniana,
Urothoe pulchella. Oltre a specie tipiche della biocenosi SFBC sono presenti anche specie tipiche di
praterie di fanerogame. In particolare, tra Torre Astura e Le Grottacce, si rinviene il tanaidaceo
Apseudes latreilli legato alla presenza della fanerogama Cymodocea nodosa, presente lungo questo
tratto di costa. Tra Capo Portiere e Sabaudia, inoltre, la probabile presenza di affioramenti rocciosi
ha determinato l’instaurarsi di specie caratteristiche di fondi duri, come il crostaceo tanaidaceo
Leptochelia savignyi (ICRAM, 2005).
Il fondale compreso tra 20 e 30 m, caratterizzato dalla sovrapposizione di specie sabulicole ad
45
organismi tipicamente fangofili, sembra indicare una zona di transizione tra la biocenosi SFBC e
quella dei Fanghi Terrigeni Costieri (VTC) (figura 5.1.1). Questa zona è caratterizzata dalla
presenza di un popolamento zoobentonico misto: specie frequenti nei sedimenti sabbiosi (come i
policheti
Scolelepis
squamata,
Spio
multioculata,
Urothoe
grimaldii
e
l’echinoderma
Echinocardium cordatum) si accompagnano a specie tipiche del VTC e di sedimenti misti (come i
policheti Laonice cirrata, Poecilochaetus serpens ed il crostaceo Ampelisca diadema). Tra Torre
Astura e Foce Verde, alla batimetrica dei 20-30 m, il popolamento rinvenuto presenta anche specie
caratteristiche di fondi detritici (come i policheti Nephthys incisa e Myriochele oculata, il crostaceo
Photis longicaudata ed il mollusco Pitar rudis) e specie rinvenute generalmente nelle praterie di
fanerogame e nei biotopi algali (come il polichete Arabella iricolor ed i crostacei Autonoe
spiniventris e Aora spinicornis). Ciò può essere attribuito alla vicinanza del margine inferiore
dell’antistante prateria di Posidonia oceanica che contribuisce a diversificare l’habitat e consente,
in questa zona, l’insediamento di un popolamento ricco e diversificato (ICRAM, 2005).
Man mano che ci si allontana dalla costa verso batimetriche più profonde (40-80 m), il popolamento
bentonico risulta ascrivibile alla biocenosi VTC (figura 5.1.1). Sono presenti, infatti, i policheti
Sternaspis scutata, Paraprionospio pinnata, il mollusco Turritella communis e l’echinoderma
Labidoplax digitata (ICRAM, 2005).
Alla batimetrica di 100 m (figura 5.1.1) oltre a specie tipicamente fangofile si rinvengono specie
legate ad una componente più grossolana del sedimento come i policheti Laetmonice hystrix,
Hyalinoecia tubicola e Leiocapitella glabra, specie esclusiva della biocenosi DE (ICRAM, 2005).
In generale, lo studio condotto da ICRAM (2005), nel tratto di costa compreso tra Nettuno (RM) e
San Felice Circeo (LT), ha messo in evidenza la presenza di popolamenti bentonici piuttosto
eterogenei e diversificati con una distribuzione batimetrica in funzione della granulometria dei
sedimenti.
46
Figura 5.1.1 - Caratterizzazione biocenotica dei popolamenti bentonici rinvenuti nell’area compresa tra Capo d’Anzio ed il promontorio del Circeo
(modificata da ICRAM, 2005).
47
BIBLIOGRAFIA
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ICRAM (2005) - Studio per l’impatto ambientale connesso allo sfruttamento di depositi sabbiosi
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48
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costiera del Mar Tirreno laziale. Boll. Mus. Ist. Biol. Univ. Genova, 62-63: 31-38.
49
6. PRATERIE DI POSIDONIA OCEANICA
Introduzione
Le praterie di Posidonia oceanica costituiscono per la loro complessità delle comunità delicate e
fragili. La loro localizzazione (prossima alla costa) le espone ai danni indotti dalle attività
antropiche che insistono sulla fascia litorale, quali la presenza di manufatti e infrastrutture, scarichi
(generalmente ricchi di sostanze eutrofizzanti e inquinanti), nonché le attività di pesca a strascico e
gli ancoraggi.
L’analisi dei dati bibliografici disponibili ha evidenziato nell’area oggetto di studio la presenza di
praterie di P. oceanica, riconosciute come habitat prioritario ai sensi della Direttiva 92/43/CEE
(Direttiva Habitat), recepita in Italia con il DPR 357/1997 e successive modifiche e integrazioni. In
particolare sono presenti i proposti SIC (Siti di Importanza Comunitaria) denominati IT6000011
“Fondali tra Torre Astura e Capo Portiere” (figura 6.1) e IT6000012 “Fondali tra Capo Portiere e
Lago di Caprolace” (figura 6.2) (www.regione.lazio.it), caratterizzati entrambi dalla presenza di
praterie di P. oceanica, le cui schede riassuntive sono presentate nel capitolo 9.
Figura 6.1 - Fondali tra Torre Astura e Capo Portiere (SIC IT6000011).
50
Figura 6.2 - Fondali tra Capo Portiere e Lago di Caprolace (SIC IT6000012).
Posidonia oceanica è una fanerogama endemica che ricopre tra i 25.000 e i 45.000 km2 delle aree
costiere corrispondenti al 23% dei fondali marini ad una profondità compresa tra 0 e 45 m in acque
molto trasparenti (Pasqualini et al., 1998; Borum et al., 2004; Boudouresque et al., 2006).
P. oceanica è, quindi, una pianta marina analoga alle piante superiori terrestri e pertanto organizzata
in fusto (rizoma), foglie e radici. Si riproduce sessualmente, mediante la fecondazione dei fiori e la
formazione di frutti e semi, e asessualmente attraverso la frammentazione dei rizomi. Il fusto,
generalmente immerso nel sedimento e per questo chiamato rizoma, può accrescersi sia
orizzontalmente (accrescimento plagiotropo), che verticalmente (accrescimento ortotropo)
sfuggendo, entro certi limiti, al progressivo seppellimento del fondo e dando origine ad una tipica
formazione a "terrazzo" chiamata col termine francese di "matte". La “matte” è formata da un
intreccio di più strati di vecchi rizomi e radici e da sedimento intrappolato tra questi e fortemente
compattato. La parte più alta di questa stratificazione è ricoperta dai fasci viventi della pianta. In
seguito ad un peggioramento delle condizioni ambientali, che possono far degenerare e morire le
piante, la “matte” persiste con l’intreccio dei soli rizomi e radici morte (“matte” morta).
L'innalzamento della matte è mediamente stimato di 1 metro al secolo.
Nella parte superiore di ogni rizoma è situato l'apice vegetativo da cui si originano le foglie
organizzate in ciuffi: ogni ciuffo è composto da 6-7 foglie nastriformi disposte a ventaglio con le
più vecchie e più lunghe posizionate esternamente e le più giovani e più corte posizionate
51
internamente. Le foglie, di colore verde intenso, sono larghe mediamente 1 cm e possono superare
un metro di lunghezza.
Le radici, che prendono origine dal rizoma, penetrano nel substrato ed hanno funzione di
ancoraggio e di assorbimento delle sostanze nutritive.
La Posidonia oceanica colonizza ampie aree dei fondali mediterranei formando delle vere e proprie
praterie sommerse. Il “margine superiore” delle praterie, ossia la profondità minima alla quale è
possibile trovare le piante, è situato a profondità estremamente variabili secondo la zona e può
giungere a pochissimi metri di profondità, mentre il “margine inferiore”, ossia la massima
profondità raggiunta dalla prateria in acque particolarmente limpide, può spingersi oltre i 40 m.
Le praterie di P. oceanica costituiscono una delle componenti fondamentali dell’equilibrio e della
ricchezza dell’ambiente litorale costiero (Ardizzone e Pelusi, 1984; Augier et al., 1984; Porcher,
1984; Bourcier, 1989; Pergent, 1991; Pergent et al., 1995; Peirano e Bianchi, 1995; Boudouresque
et al., 2006). Questa fanerogama, infatti, svolge un importantissimo ruolo ecologico in mare, che
può essere schematizzato come segue:
produce ossigeno: un metro quadrato di prateria in buone condizioni produce da 4 a 20
litri di ossigeno nell’arco di 24 ore;
dà luogo ad un’elevata produzione primaria: con circa 38 tonnellate di peso secco per
ettaro per anno le praterie di P. oceanica vengono considerate come le più forti
concentratrici di materia vivente del Mediterraneo. Una parte di questa produzione,
sottoforma di foglie morte, viene trasportata dalle onde e dalle correnti verso altri
ecosistemi;
è un ambiente estremamente ricco e diversificato: il popolamento di P. oceanica è
caratterizzato dalla presenza di fauna sessile (principalmente animali e vegetali epifiti),
fauna sedentaria, vagile e mobile;
è un’importante area di riproduzione per moltissime specie di invertebrati e pesci;
stabilizza i fondi mobili e difende le coste dall’erosione. Le onde e le correnti ortogonali
vengono infatti ammortizzate dall’azione frenante della “matte” e delle foglie, spesse e
alte, e il sedimento in transito viene trattenuto in parte dalle foglie e dal sistema rizomiradici. L’efficacia della protezione offerta al litorale dalle praterie di P. oceanica è
dimostrata dalle conseguenze a catena, che possono venire innescate dalla loro
scomparsa: instabilità ed escavamento dei fondi, erosione o impinguamento delle
spiagge, insabbiamento dei porti, ecc.
52
6.1 Posidonia oceanica e altre Fanerogame marine
Le informazioni disponibili sulla distribuzione delle praterie di Posidonia oceanica presenti lungo il
tratto di litorale compreso tra Capo d’Anzio ed il promontorio del Circeo, sono riferibili ai lavori di
SNAM Progetti (1991), Ardizzone e Belluscio (1996), Spada et al. (2001), Diviacco et al. (2001).
Questi Autori hanno descritto nel tratto di costa compreso tra Torre Astura ed i laghi pontini la
presenza una prateria di Posidonia divisa in due parti da un’ampia radura sabbiosa situata davanti la
località di Lido di Foce Verde. Tra Torre Astura e Capo Portiere, la prateria di Posidonia su “matte”
si presentava piuttosto compatta alla profondità di 15 m, meno compatta per la presenza di ampie
zone di erosione intorno ai 20 m, e a chiazze fino a 32 m di profondità. Da Capo Portiere fino al
lago di Caprolace fino ai 16-18 m di profondità, si trovava una prateria di P. oceanica a macchie
sparse e con maggiori densità fino a circa 30 m.
La fanerogama risultava assente tra la foce del lago Caprolace ed il promontorio del Circeo, dove
invece era presente Cymodocea nodosa.
Ardizzone e Belluscio (1996), Spada et al. (2001) e Diviacco et al. (2001) hanno segnalato, inoltre,
tra Le Grottacce e Torre Astura piccole chiazze di Cymodocea nodosa, la cui presenza era più
importante nella radura che separa i due tratti di prateria di Posidonia e davanti i laghi costieri, ad
una profondità compresa tra 10 e 20 m. Un altro prato di C. nodosa, caratterizzato da un notevole
numero di radure sabbiose al suo interno, si estendeva dal lago di Caprolace fino al Circeo tra 7 e 14
m di profondità.
Considerato che i dati disponibili in letteratura relativamente alla mappatura delle praterie di
Posidonia oceanica nell’area di studio risalgono ad un periodo compreso indicativamente tra gli
anni ’80 e ’90 del secolo scorso, tali dati non si ritengono sufficienti ai fini della caratterizzazione
ambientale richiesta per questo studio.
53
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55
7. POPOLAMENTI ITTICI DEMERSALI
Introduzione
In questo capitolo si riportano le informazioni presenti in letteratura relative ai popolamenti ittici
demersali presenti nell’area compresa tra Capo d’Anzio ed il promontorio del Circeo.
Negli studi di impatto ambientale in ambiente marino è importante studiare tali popolamenti a causa
dello stretto contatto che contraggono con il fondo e pertanto risultano più direttamente interessati
da eventuali modificazioni dell’ambiente e, in particolare, da attività di movimentazione dei fondali.
I dati relativi alla fauna ittica pelagica sono stati pertanto tralasciati dal presente studio.
Le principali informazioni sul popolamento demersale della piattaforma continentale laziale, tra 0 e
150 m di profondità, provengono essenzialmente dai dati raccolti durante campagne sperimentali di
pesca a strascico, realizzate dal Dipartimento di Biologia Animale e dell’Uomo dell’Università di
Roma “La Sapienza”. Tali campagne sono state svolte nell’ambito di due progetti di ricerca, uno
nazionale e l’altro internazionale, denominati rispettivamente Gru.N.D. (Gruppo Nazionale
Demersali) e MedITSIT (Mediterranean International Trawl Survey). Il primo, avviato nel 1985
prevede ogni anno campagne di pesca sperimentali nella stagione autunnale, il secondo iniziato nel
1994 si svolge ogni anno nella stagione primaverile.
In un recente lavoro Colloca et al. (2003) hanno analizzato in dettaglio la struttura e la distribuzione
nello spazio dei popolamenti demersali del Lazio. L’analisi dei dati, relativi al 1997-1998, evidenzia
la presenza sulla piattaforma laziale, di tre gruppi faunistici con caratteristiche distinte: il primo
localizzato nella fascia compresa tra 0 e 50 m di profondità, il secondo caratteristico del tratto di
piattaforma compreso i 50 e 120 m circa e il terzo localizzato oltre i 120 m.
Sono state censite in tutto 128 specie di pesci ossei, 14 di pesci cartilaginei, 26 di cefalopodi e 37 di
crostacei decapodi, per un totale di 205 specie. Il popolamento presente nella fascia più prossima
alla costa è caratterizzato da concentrazioni elevate di giovanili di pesci tipici della piattaforma, in
particolare la triglia di fango (Mullus barbatus) e il pagello (Pagellus acarne). La triglia di fango è
la specie maggiormente caratterizzante la porzione interna della piattaforma e costituisce circa il
60% dell’abbondanza totale. Altre specie caratteristiche di questo popolamento sono il fragolino
Pagellus erythrinus, il sugherello bianco Trachurus mediterraneus, il nasello Merluccius
merluccius, la gallinella Trigla lucerna, la menola Spicara flexuosa, lo sparaglione Diplodus
annularis e il calamaro Loligo vulgaris. Si tratta di specie che vivono su fondali sabbiosi misti a
fango e detrito caratterizzati dalla presenza delle biocenosi delle Sabbie Fini Ben Calibrate (SFBC),
56
dei fondi misti sabbioso-fangosi (SFBC e Fanghi Terrigeni Costieri - VTC) e del Detritico Costiero
(DC) (Pérès e Picard, 1964).
Il secondo gruppo, localizzato nel tratto di mare che va dai 50 ai 120 m di profondità, è costituito da
specie che prediligono fondi fangosi caratterizzati dalle biocenosi del VTC e del Detritico Infangato
(DE); la specie più abbondante è il nasello insieme alla menola e al gambero rosa (Parapenaeus
longirostris). Anche il cavillone Lepidotrigla cavillone e la seppia elegante Sepia elegans sono
costituenti importanti di questo gruppo. Altre specie che contribuiscono in modo significativo in
termini di abbondanza sono la suacia Arnoglossus laterna e il serrano bruno Serranus hepatus.
Il terzo gruppo, infine, è costituito da specie che raggiungono concentrazioni significative sul
margine della piattaforma, caratterizzato da sedimenti detritici infangati, colonizzati dal crinoide
Leptometra phalangium (biocenosi del Detritico del Largo - facies a Leptometra phalangium), il
cosiddetto “feniccio”. Questa specie è distribuita tra 120 e 180 m di profondità, dove raggiunge
elevati valori in termini di biomassa e abbondanza numerica. E’ stato osservato che in
corrispondenza della facies a Leptometra phalangium vivono ben 82 specie demersali. Le specie
tipiche di questo raggruppamento sono il nasello M. merluccius, il merluzzetto Trisopterus minutus
capelanus, il pesce trombetta Macroramphosus scolopax e l’argentina Argenthina sphyraena tra i
pesci, Illex coindetii e P. longirostris rispettivamente tra i cefalopodi e i crostacei decapodi.
In generale i valori più bassi di biodiversità sono stati osservati, sulla piattaforma, nel popolamento
più costiero: ciò è dovuto alla presenza di ampie aree di nursery di M. barbatus e P. acarne, tra la
fine dell’estate e l’inizio dell’autunno. La diversità biologica tende ad aumentare con l’incremento
della profondità: infatti, nella porzione più profonda della piattaforma è presente un
raggruppamento maggiormente diversificato e composto sia da specie tipiche della piattaforma sia
da specie euribate (ad esempio P. longirostris, Macropipus depurator, L. cavillone, etc.), che si
estendono sino alla parte superiore della scarpata.
*********
Riguardo il popolamento ittico demersale della piattaforma continentale laziale sono reperibili studi
relativi ai diversi aspetti della biologia e dell’ecologia di alcune specie di interesse commerciale
(Agnesi et al., 1998; Ardizzone, 1998; Ardizzone e Cau, 1990; Ardizzone et al., 1990; Ardizzone et
al., 1993 a, b; Cardinale et al., 1997 a, b; Carpentieri et al., 2000; Colloca et al., 1994; 1997; 2000;
Passariello et al.,1994; Schintu et al., 1994).
57
7.1 Distribuzione dei popolamenti ittici demersali
Diversi studi, tra Nettuno e San Felice Circeo, sono stati condotti sulla pesca a strascico entro le tre
miglia dalla costa, zona in cui è vietata (legge 963 del 14.7.65, art. 111), per caratterizzare i
popolamenti demersali presenti e valutare i danni ad essi arrecati da questa attività illegale
(Ardizzone, 1982; Ardizzone e Pelusi, 1983; ECOMAR, 1981; ICRAM, 2005).
La pesca a strascico entro le tre miglia risulta particolarmente dannosa poiché viene condotta a
livelli di sovrasfruttamento degli stocks costieri, colpisce gli stadi giovanili di molte specie
(Ardizzone, 1982), e altera, spesso irreversibilmente, biocenosi bentoniche, quali la prateria di
Posidonia, di notevolissima importanza nell’equilibrio biologico della fascia costiera (Ardizzone e
Migliuolo, 1982).
Nell’ambito di un recente studio effettuato da ICRAM (2005), nel tratto di costa compreso tra
Nettuno (RM) e San Felice Circeo (LT), sono stati analizzati i popolamenti ittici demersali
campionati mediante cale di pesca a strascico in 3 diverse stagioni. I dati ottenuti hanno evidenziato
la presenza di fondali caratterizzati da una discreta eterogeneità sia per le caratteristiche
morfologiche che per i popolamenti macrobentonici ed ittici.
Per quanto riguarda le specie macrobentoniche presenti sono risultate legate principalmente a due
tipi di substrato, con popolamenti ascrivibili prevalentemente alla biocenosi delle Sabbie Fini Ben
Calibrate (SFBC) ed a quella dei Fanghi Terrigeni Costieri (VTC). I popolamenti macrobentonici
sembrano essere, soprattutto nella fascia batimetrica più costiera, quantitativamente ricchi, e
caratterizzati dalla abbondanza dei paguri Dardanus arrosor, Pagurus prideauxi, P. alatus e
dall’oloturia Holoturia tubulosa. Leggermente più al largo diventano predominanti specie quali il
mollusco Bolinus brandaris e gli echinodermi Astropecten bispinosus, Ophiura ophiura e
Trachythyone tergestina. Più al largo, oltre i 70-80 m di profondità le specie bentoniche sono
tipiche di fondali più fangosi, quali i crostacei Medorippe lanata e gli echinodermi Stichopus
regalis e Astropecten irregularis (ICRAM, 2005).
Per quanto riguarda le specie ittiche demersali, si tratta nel complesso di specie strettamente
costiere, tipiche di fondali sabbiosi (Bothus podas, Mullus barbatus, Lithognathus mormyrus,
Octopus vulgaris, O. macropus) o sabbio-fangosi (Citharus macrolepidotus, Trigla lucerna,
Eledone cirrhosa), ricchi di organismi macrobentonici di cui si nutrono (Balistes carolinensis)
oppure si tratta di specie nectobentoniche (Merluccius merluccius, Pagellus erythrinus, Trisopterus
minutus capelanus). La diversa abbondanza di queste specie nel corso dell’anno è legata alla
stagione (per esempio la seppia Sepia officinalis prevale in inverno, la triglia di fango M. barbatus
in estate). A queste specie di elevato valore commerciale, si aggiunge un alto numero di specie che
58
singolarmente (Illex condroitii, Loligo vulgaris, Spicara flexuosa, Mullus surmuletus, Parapenaeus
longirostris) o insieme costituiscono il pesce da “zuppa” o “frittura” (Cepola macrophthalma,
Citharus linguatula, Aspitrigla obscura, Pagellus acarne, Trachurus mediterraneus, Boops boops,
B. carolinensis), rappresentando un importante reddito per la pesca locale (ICRAM, 2005).
Da rilevare, inoltre, la presenza di due specie, sardine e alici, importanti non solo dal punto di vista
economico in quanto oggetto di pesca specifica, ma anche per il loro ruolo trofico all’interno della
rete alimentare costituendo il cibo per numerose altre specie predatrici.
Infine, il tratto di costa compreso tra Capo d’Anzio ed il promontorio del Circeo costituisce anche
un’importante area di riproduzione della triglia di fango Mullus barbatus e del calamaro Loligo
vulgaris nel periodo primaverile, del merluzzetto bianco Trisopterus minutus, del fragolino
Pagellus erythrinus e dello zerro Spicara flexuosa in inverno-primavera.
Inoltre, risulta essere un’importante zona di nursery nel periodo invernale e primaverile per lo zerro
S. flexuosa, il fragolino P. erythrinus e il merluzzetto bianco T. minutus. In autunno invece questa
area è una delle più importanti aree di nursery di tutta la costa laziale della triglia M. barbatus, del
fragolino P. erythrinus e del calamaro L. vulgaris.
Giovanili di merluzzo M. merluccius sono presenti tutto l’anno, con una prevalenza in febbraio e
settembre, anche se con un basso numero di individui (ICRAM, 2005).
59
7.2 Attività di pesca
Nelle acque laziali vengono praticate numerose attività di pesca: strascico, reti da posta, ciancioli
per il pesce azzurro, rastrelli e turbosoffianti per i bivalvi. Lo sfruttamento delle risorse è quindi
molto diversificato e complesso (Ardizzone et al., 1998). Tra tutte le attività sopracitate la pesca a
strascico riveste un ruolo di particolare importanza. Lungo le coste laziali, i fondali da pesca sono
generalmente posti entro le 20 miglia dalla costa (con esclusione dei fondali circostanti le isole
pontine): la pesca a strascico è quindi prevalentemente di tipo costiero e le uscite sono per lo più
giornaliere. L’attività di pesca lungo la costa laziale risulta essere quindi molto intensa, con uno
sforzo di pesca tra i più elevati nel Tirreno (Ardizzone, 1985; 1994).
Il numero di unità da pesca per attrezzo, relativamente ai mezzi che operano nel Lazio viene
riassunto nella tabella 7.2.1, mentre nelle tabelle 7.2.2 e 7.2.3 si riportano le catture per sistemi di
pesca e per specie (dati relativi al 2007 disponibili sul sito www.irepa.org ).
Tabella 7.2.1 - Caratteristiche tecniche e composizione della flotta peschereccia per sistemi di pesca
SISTEMI DI PESCA UNITA’ TONNELLAGGIO
Strascico
132
5.195
Circuizione
7
285
Draghe idrauliche
24
203
Piccola pesca
409
1.410
Polivalenti passivi
36
454
Totale
608
7.547
Tabelle 7.2.2 - Catture per sistemi di pesca
SISTEMI DI PESCA CATTURE (tnl.)
Strascico
3.357
Circuizione
292
Draghe idrauliche
90
Piccola pesca
1.848
Polivalenti passivi
194
Totale
5.781
60
Tabelle 7.2.3 - Catture per specie
SPECIE
CATTURE (tnl.)
Acciughe
293
Sardine
120
Lanzardi o lacerti
47
Sgombri
54
Alalunghe
-
Palamiti
69
Pesci spada
252
Tonni rossi
-
Altri tonni
2
Boghe
46
Gallinelle o capponi
13
Cappellani o busbane
18
Cefali
89
Menole o spicare
7
Merlani o moli
-
Naselli
997
Pagello fragolino
226
Potassoli
37
Raiformi
91
Rane pescatrici
42
Ricciole
10
Rombi
182
Sogliole
131
Squali
9
Sugarelli
87
Triglie di fango
497
Triglie di scoglio
177
Altri pesci
708
Totale pesci
4.204
Calamari
109
Lumachini o murici
20
Moscardini bianchi
257
61
SPECIE
CATTURE (tnl.)
Moscardini muschiati
45
Polpi
170
Seppie
207
Totani
79
Veneridi
-
Vongole
57
Altri molluschi
171
Totale molluschi
1.116
Aragoste e astici
1
Gamberi bianchi
117
Gamberi rossi
22
Gamberi viola
4
Mazzancolla
20
Pannocchie
216
Scampi
66
Altri crostacei
15
Totale crostacei
460
Totale generale
5.781
62
7.3 Piccola pesca costiera
Di seguito vengono riportate informazioni relative al popolamento ittico demersale ottenute dalla
piccola pesca costiera.
Infatti in questa area opera un gran numero di imbarcazioni della piccola pesca costiera con attrezzi
quali tramagli e parangali, provenienti da San Felice Circeo, Rio Martino ed Anzio.
Lo studio di ECOMAR, 1980 riporta che, nella zona tra Torre Astura e Caprolace, viene effettuata
una pesca artigianale principalmente con tramagli (con lunghezze variabili fino a 2-300 m). Le
catture sono costituite soprattutto da marmore, aragoste, saraghi, gronchi, scorfani, tordi, ma anche
salpe, orate, spigole, triglie, sogliole, seppie, cefali, occhiate ecc.
63
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www.irepa.org
66
8. CARATTERISTICHE FISICO-CHIMICHE E DINAMICHE DELLA COLONNA
D’ACQUA
8.1 Caratteristiche meteomarine e di circolazione generale
Venti
Per l’analisi dei venti è stato fatto riferimento alle acquisizioni di Pratica di Mare: in figura 7.1.1 si
può osservare la rosa dei venti rappresentativa dell’intervallo di tempo che va dal 1973 al 2003 (Di
Maio et al., 2006).
Figura 8.1.1 - Rosa dei venti acquisiti dalla stazione di Pratica di Mare (Di Maio et al., 2006).
Il diagramma sopra riportato evidenzia l’elevata frequenza del Ponente (16%) e Tramontana nonché
dello Scirocco (14%). L’intensità del vento è principalmente variabile tra i 7 e i 16 nodi (classe 3 e 4
della scala Beaufort indicate in figura con il colore verde), ma può anche raggiungere intensità
variabili tra 21 e 27 nodi (classe 5 e 6 della scala Beaufort indicate in figura con il colore rosso).
Allo scopo di stimare la variabilità stagionale del clima anemometrico, i dati trentennali di Pratica di
Mare sono stati raggruppati in classi stagionali, ed in particolare: i dati acquisiti tra i mesi ottobremarzo sono stati identificati con il periodo autunnale ed invernale, mentre quelli acquisiti tra aprilesettembre sono rappresentativi del periodo primaverile ed estivo.
Dall’analisi delle rose dei venti stagionali (figure 8.1.2-8.1.5), si nota chiaramente una rotazione dei
venti, con predominanza dei venti del I e II quadrante in autunno e inverno, del II e III in primavera ed
estate.
67
Figura 8.1.2 - Rosa autunnale dei venti (anni 1973-2003, stazione di Pratica di Mare (Di Maio et al., 2006).
Figura 8.1.3 - Rosa invernale dei venti (anni 1973-2003, stazione di Pratica di Mare) (Di Maio et al., 2006).
Figura 8.1.4 - Rosa primaverile dei venti (anni 1973-2003, stazione di Pratica di Mare)
(Di Maio et al., 2006).
68
Figura 8.1.5 - Rosa estiva dei venti (anni 1973-2003, stazione di Pratica di Mare) (Di Maio et al., 2006).
Nel corso di precedenti studi, eseguiti sul litorale laziale, si è osservato che l’effetto dei venti
stagionali (e del conseguente clima ondoso) sulla morfologia dei fondali si manifesta con un ritardo
di circa un mese. Dai dati acquisiti nel tratto di mare antistante Ostia, infatti, si è visto che 1 mese è
il tempo necessario alla stabilizzazione del profilo della spiaggia sommersa a seguito delle
mareggiate autunnali/primaverili (Di Maio et al., 2006). Il periodo di transizione tra il profilo di
spiaggia estivo e quello invernale coincide con i mesi ottobre-dicembre, tra il profilo invernale e
quello estivo con i mesi aprile-giugno. Questi mesi sono quindi caratterizzati da elevata attività e
variabilità delle condizioni idrodinamiche ed energetiche. Tali considerazioni sono supportate
dall’analisi dell’andamento stagionale del clima ventoso, che conferma un accentuarsi della
frequenza degli eventi più intensi proprio nei mesi primaverili ed autunnali.
69
Onde
Per la ricostruzione del clima d’onda nell’area di interesse (Capo d’Anzio-Capo Circeo) i dati
reperibili da bibliografia sono quelli acquisiti dall’ondametro direzionale di Ponza (modello
“Wavec” della Datawell; coordinate di posizionamento: 40°52’,5 N; 12°57’,6 E), in esercizio dal 1
luglio 1989 ed ancorata su fondali di circa 100 m. Tali dati sono stati trasposti geograficamente
basandosi sulla similitudine dei fetches efficaci (Noli et al., 2001); essenzialmente, il metodo di
trasposizione geografica stabilisce una corrispondenza tra le direzioni, le altezze ed i periodi del
moto ondoso relative al sito di registrazione e a quello oggetto di studio.
Al largo di Capo d’Anzio, su fondali di circa 100 m, ad una distanza di circa 6 km dalla costa, il
paraggio è esposto al mare aperto per un ampio settore di traversia, delimitato a NO dall’isola della
Corsica, dall’isola d’Elba e dall’isola del Giglio (290°-310° N), a O dall’isola della Sardegna (270°
N), a SO dalla costa tunisina (distante circa 500 km) a S dall’isola di Sicilia (145°-170° N) e a SE
dalla costa calabrese (130°-145° N) distante 200-400 km (figura 8.1.6 a).
Per il tratto compreso tra Torvaianica e Torre Astura a fronte di un fetch geografico massimo di 500
km si ha un fetch efficace massimo pari a circa 311 km circa, riferibile al settore S (180°-210°N)
(figura 8.1.6 b e tabella 8.1.1).
a)
b)
Figura 8.1.6 - a) Fetch geografico al largo di Capo d’Anzio; b) Fetch efficace al largo di Capo d’Anzio
(da Noli et al., 2001).
70
Tabella 8.1.1 - Fetches geografico ed efficace al largo di Capo d’Anzio (da Noli et al., 2001).
Direzione media settore
Fetch Geografico Fetch Efficace Deviazione direzione
di traversia
(Km)
(Km)
vento-mare (°)
(° Nord)
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
110
120
130
140
150
160
170
180
190
200
210
220
230
240
250
260
270
280
290
300
310
320
330
340
350
12.14
9.74
8.17
7.14
6.51
7.78
10.37
11.38
13.45
17.07
32.02
39.98
172.29
376.06
424.71
61.84
388.66
296.08
360.98
499.46
499.88
499.45
499.08
320.01
279.47
250.03
247.47
276.37
267.83
266.78
298.64
233.24
90.36
36.66
22.85
15.75
32.49
21.49
14.33
10.65
9.84
11.81
17.58
27.83
48.81
62.57
86.54
114.03
144.27
176.17
208.46
239.35
266.65
288.4
303.22
310.63
311.02
305.57
295.97
283.58
268.64
251.55
232.92
213.13
192.74
172.02
150.92
129.43
107.56
85.84
65.37
47.27
-38
-42
-45
-49
51
48
45
42
39
35
32
29
26
22
19
15
12
8
5
1
-2
-4
-7
-8
-10
-12
-14
-16
-18
-19
-21
-23
-26
-28
-31
-35
Per quanto riguarda la correlazione tra direzione vento e direzione mare è stato visto che il
Maestrale (proveniente da NO), genera moti ondosi provenienti da circa 290° N con uno sfasamento
di circa 25° mentre lo Scirocco (proveniente da SE) genera moti ondosi provenienti da circa 150° N
(Mezzogiorno – Scirocco) con uno sfasamento di circa 25°.
71
In figura 8.1.7 a, b è visibile lo sfasamento tra direzione del vento e quella del mare rapportata alla
lunghezza e direzione del fetch efficace.
a)
b)
Figura 8.1.7 - Moto ondoso e fetch efficace al largo di Capo d’Anzio. a) sfasamento tra la direzione del vento
e quella del moto ondoso; b) corrispondente lunghezza del fetch efficace(da Noli et al., 2001).
Al largo del promontorio del Circeo su fondali di circa 100 m, ad una distanza di circa 3,5 km dalla
costa, il paraggio è esposto al mare aperto per un ampio settore di traversia, delimitato a NO dal
Capo d’Anzio e dall’isola della Corsica (280°-310° N), a O dall’isola della Sardegna (270° N), a SO
dalla costa tunisina (distante circa 500 km) a S dall’isola di Sicilia (145°-170° N) a una distanza di
circa 350 km e a SE dall’isola di Ischia e dalla costa calabrese (130°-145° N) distante 200-400 km
(figura 8.1.8 a).
Per il tratto di costa compreso tra Sabaudia e Terracina (basso Lazio) a fronte di un fetch geografico
massimo di 500 km si ha un fetch efficace massimo pari a circa 300 km circa ed è riferibile al
settore S (200°-220°N, Libeccio-Mezzogiorno) (figura 8.1.8 b e tabella 8.1.2).
72
b)
a)
Figura 8.1.8 - a) Fetch geografici al largo di Capo Circeo; b) Fetch efficaci al largo di Capo Circeo
(da Noli et al., 2001).
Per quanto riguarda la correlazione tra direzione vento e direzione mare si può notare nella tabella
8.1.2 che venti di Maestrale (provenienti da NO, 320°-330° N), generano moti ondosi pr ovenienti
da circa 290° N con uno sfasamento di circa 35°, mentre venti di Scirocco (paralleli alla costa da
SE, 120°130° N) generano moti ondosi provenienti da circa 150° N con uno sfasamento di circa
20°.
73
Tabella 8.1.2 - Fetches geografico ed efficace al largo di Capo Circeo (da Noli et al., 2001).
Direzione media settore
Fetch Geografico Fetch Efficace Deviazione direzione
di traversia
(km)
(km)
vento-mare (°)
(°Nord)
0
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
110
120
130
140
150
160
170
180
190
200
210
220
230
240
250
260
270
280
290
300
310
320
330
340
350
3.48
3.52
3.68
4.04
6.54
14.38
20.54
26.39
32.8
61.06
70.17
83.52
125.69
323.83
359.68
370.87
361.17
352.43
326.69
356.46
485.05
488.27
499.77
500.24
326.95
303.25
284.51
313.69
311.25
310.87
346.07
43.81
31.02
21.46
3.72
3.54
19.49
12.15
9.25
9.89
12.81
17.46
24.7
35.44
50.21
69.07
91.48
116.6
143.29
170.68
198.04
224.59
249.05
269.98
286.23
297.15
302.74
303.58
300.72
294.75
284.93
270.68
251.89
228.99
202.99
175.18
147.02
119.56
93.52
69.54
48.6
31.69
74
-43
-47
-50
50
48
45
42
39
36
33
30
27
24
22
19
16
13
10
7
4
1
-1
-3
-5
-7
-9
-12
-15
-18
-21
-24
-28
-31
-34
-37
-40
In figura 8.1.9 a, b è visibile lo sfasamento tra direzione del vento e quella del mare rapportata alla
lunghezza e direzione del fetch efficace.
a)
b)
Figura 8.1.9 - Moto ondoso e fetch efficace al largo di Capo Circeo. a) sfasamento tra la direzione del vento
e quella del moto ondoso; b) corrispondente lunghezza del fetch efficace (da Noli et al., 2001).
Sulla base delle informazioni e della metodologia sopra descritta è stato ricostruito il clima d’onda
al largo di Capo d’Anzio (ubicato a circa 70 km dalla stazione ondametrica di Ponza) e al largo di
Capo Circeo (ubicato a circa 36 km dalla stazione ondametrica di Ponza).
Nella tabella 8.1.3 è sintetizzato lo stato del mare al largo di Capo d’Anzio, ricostruito in classi di
frequenza relative al periodo di acquisizione (03/02/1994-31/12/2000); la relativa grafica è visibile
in figura 8.1.10.
Si evidenzia che:
− il 53,2% degli eventi (corrispondente ad una durata di 6.5 mesi) ha una altezza significativa
superiore ai 0.5 m (valore di soglia per la modellazione del litorale);
− gli eventi frequenti sono relativi al settore di ponente (il 24% degli eventi provengono dal settore
260° - 280° N), e al settore di libeccio (il 2.7% degli eventi provengono dal settore 210° - 230° N);
− gli eventi con maggiore intensità (Hs > 2m) provengono prevalentemente da ponente (2.2% - 8
giorni/anno) e da libeccio (1.79% - 6 giorni/anno).
75
Tabella 8.1.3 - Distribuzione annuale del clima d’onda per classi di Hs e direzione di provenienza a Capo
d’Anzio (dati dal 03/02/1994 al 31/12/2000) (da Noli et al., 2001).
Classi di altezza d'onda significativa Hs (m)
Dir (°N) < 0.25 0.25-0.5 0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5 5-5.5 5.5-6 6-6.5 >6.5
10
0.04
20
0.05
30
40
0.03
50
0.04
60
0.05
70
80
0.07
90
0.31
100
0.83
110
0.68
120
0.42
130
0.36
140
0.31
150
0.22
160
0.23
170
0.27
180
0.34
190
0.43
200
0.54
210
0.7
220
0.84
230
0.73
240
0.84
250
0.87
260
0.82
270
0.98
280
0.92
290
0.92
300
0.72
310
0.76
320
0.43
330
0.24
340
1.39
350
360
0.03
16.41
TOT
TOT cum.
TOT
0.04
0.04
0.06
0.03
0.14
0.13
0.04
0.03
0.07
0.04
0.03
0.05
0.12
0.1
0.17
0.04
0.44
1.39
1.19
1
0.67
0.68
0.74
0.55
0.57
0.56
0.7
1.08
1.54
1.79
1.36
1.43
1.54
2.02
2.56
2.85
2.31
1.45
0.47
0.22
0.1
0.8
0.09
0.54
2
1.38
0.72
0.66
0.85
0.75
0.73
0.82
1.09
1.32
1.42
0.93
1.24
1.1
1.17
1.52
1.82
2.97
2.37
1.24
0.89
0.33
0.18
0.09
0.56
0.09 0.003
0.36 0.02
0.3 0.05 0.003
0.17 0.05 0.01
0.19 0.08 0.02 0.003
0.36 0.16 0.05 0.02 0.003
0.34 0.24 0.07 0.01 0.01
0.26 0.13 0.06 0.01
0.4 0.16 0.09 0.01
0.52 0.21 0.13 0.01 0.01 0.003 0.003
0.71 0.35 0.24 0.08 0.03 0.01
0.57
0.4 0.19
0.1 0.03 0.02 0.003
0.55 0.29 0.12 0.07 0.03 0.01 0.003
0.63 0.43 0.17 0.12 0.05 0.02 0.02 0.01
0.68
0.3 0.17 0.08 0.08 0.01
0
0.52 0.36 0.14 0.07 0.02 0.02 0.01
0.86 0.45 0.23 0.09 0.03 0.02 0.01
1.27 0.75 0.44 0.24 0.13 0.06 0.03 0.003
1.9 1.34 0.53 0.44
0.2 0.11 0.05 0.02
0.89 0.48 0.17 0.08 0.02 0.01
0
0.24 0.09 0.02 0.02 0.01
0.003
0.18 0.06 0.02 0.01 0.01
0.15 0.04 0.003
0.06
0.01
0.04
0.03 0.03 0.01
30.3 29.03 12.3
46.71 75.74 88.04
6.45 2.88 1.46 0.66 0.29
94.5 97.37 98.84 99.49 99.78
76
0.12 0.04
99.9 99.94
0.01
0.01
0.02 0.003
0.04
0
100 99.98
0.2
1.39
4.6
3.61
2.37
1.98
2.44
2.37
1.98
2.33
2.88
3.87
4.37
4.24
5.33
4.5
4.58
5.62
0.01
7.61
0.01
11.12
7.81
4.84
3.34
1.74
0.9
0.43
0.003 2.79
0.01
100
0
100
0.1
100
Figura 8.1.10 - Ricostruzione del clima d’onda annuale al largo di Anzio
(periodo di riferimento: 01/07/1989-31/12/2000) (da Noli et al., 2001).
Nella seguente tabella 8.1.4 e nella figura 8.1.11 sono sintetizzati gli stati di mare ricostruiti. Si
evidenzia che:
− il 52,9% degli eventi (corrispondente ad una durata di circa 6.5 mesi) ha una altezza significativa
superiore ai 0.5 m (valore di soglia per la modellazione del litorale);
− gli eventi frequenti sono relativi al settore di ponente (il 26.9% degli eventi provengono dal
settore 260° - 280°N);
− gli eventi con maggiore intensità (Hs > 2m) provengono prevalentemente da ponente (2.6% - 9
giorni/anno.
77
Tabella 8.1.4 - Distribuzione annuale del clima d’onda per classi di Hs e direzione di provenienza a Capo
Circeo (dati dal 03/02/1994 al 31/12/2000) (da Noli et al., 2001).
Classi di altezza d'onda significativa Hs (m)
Dir (°N) < 0.25 0.25-0.5 0.5-1 1-1.5 1.5-2 2-2.5 2.5-3 3-3.5 3.5-4 4-4.5 4.5-5 5-5.5 5.5-6 6-6.5
10
20
30
40
50
60
70
80
90
100
110
120
130
140
150
160
170
180
190
200
210
220
230
240
250
260
270
280
290
300
310
320
330
340
350
360
TOT
TOT cum.
0.07
0.1
0.1
0.09
0.12
0.14
0.23
0.3
0.47
0.64
0.44
0.39
0.34
0.18
0.21
0.23
0.24
0.3
0.39
0.5
0.65
0.74
0.81
0.85
0.97
1.07
0.99
1.44
1.73
1.1
0.57
0.35
0.22
0.15
0.1
0.09
17.3
>6.5
TOT
0.04 0.03
0.14
0.05 0.03
0.18
0.05 0.03 0.003
0.18
0.07 0.02
0.19
0.08 0.04 0.01
0.25
0.1 0.03
0.28
0.12
0.1 0.01
0.47
0.3 0.29 0.04
0.92
0.63 1.11 0.32 0.03
2.55
1.35 2.14 0.72 0.12 0.003 0.003
4.99
1.1 1.25 0.39 0.11
3.3
0.76 0.76 0.18 0.07 0.02
2.19
0.67 0.64 0.22
0.1 0.02 0.013
2
0.56 0.75
0.3 0.18 0.06 0.02 0.003
2.06
0.71 0.78 0.32
0.2 0.07 0.01 0.01
2.3
0.53 0.65 0.24 0.13 0.05
1.83
0.64
0.7 0.34 0.13 0.07 0.01
2.13
0.7 0.83 0.43 0.16 0.09 0.01
0.003
2.52
0.86 0.95 0.57
0.3 0.19 0.05 0.03 0.01
3.35
1.26 1.12 0.63 0.39 0.22 0.09 0.03 0.01
4.24
1.37 1.01
0.5
0.3 0.12 0.08 0.04 0.01 0.003
4.1
1.71 0.89 0.67 0.38 0.22 0.09 0.05 0.01 0.01 0.01 0.01
4.78
1.53 1.24 0.78 0.36 0.18 0.12 0.07 0.02 0.01
5.1
1.57
1.2 0.56 0.35 0.17
0.1 0.03 0.02 0.01 0.003 0.003
4.87
1.64 1.59 0.84 0.53 0.23 0.11 0.04 0.02 0.02 0.003
6
2.6 2.48 1.59 1.12 0.57 0.38 0.17 0.12 0.04 0.003 0.01 0.003 0.01 0.003 10.17
2.78 3.03 1.97 1.32 0.56 0.36 0.19 0.09 0.04 0.02 0.02
0
11.38
3.16
2.4 0.72 0.27
0.1 0.04 0.02
0.01
8.16
1.4 0.81 0.19 0.05 0.02 0.01 0.003
4.21
0.78 0.55 0.15 0.04 0.02 0.003
2.62
0.35 0.21 0.03
1.15
0.1 0.09
0.53
0.09 0.05
0.35
0.04 0.03
0.22
0.04 0.01
0.15
0.04 0.02
0.003 0.15
29.78 27.85 12.73 6.63 2.98
1.5 0.67 0.32 0.14 0.03 0.04
0 0.01 0.01 100
47.08 74.93 87.66 94.29 97.27 98.77 99.44 99.76 99.9 99.93 99.97 99.98 99.99 100
78
Figura 8.1.11 - Ricostruzione del clima d’onda annuale al largo del promontorio del Circeo
(periodo di riferimento: 01/07/1989-31/12/2000) (da Noli et al., 2001).
79
8.2 Correnti
Circolazione generale
La circolazione generale si inserisce nel contesto più ampio della circolazione generale tirrenica. Nella
letteratura oceanografica il mar Tirreno viene generalmente associato a dinamica poco intensa
caratterizzata da basse velocità, bassi gradienti di temperatura e pressione e da una circolazione
essenzialmente ciclonica (Hopkins, 1988; Bignami et al., 1996). Il suo bacino presenta una forma
triangolare con vertice rivolto ad ovest ed è diviso in due settori principali dalla congiungente
Argentario-Trapani: un settore SO, caratterizzato da temperature superficiali più elevate e da una
dinamica caotica e poco intensa, e un settore NO, il più interessante dal punto di vista dinamico
(Bignami et al., 1996).
Gli scambi con i mari adiacenti, che sono principalmente governati dalle caratteristiche geografiche del
bacino stesso, interessano sia il canale presente tra Sicilia e Sardegna che il canale di Corsica. Il primo
canale permette l’ingresso di acqua superficiale Atlantica e di acqua di fondo, mentre quello di Corsica è
interessato da un flusso diretto verso il mar Ligure, attraverso cui viene bilanciato l’eccesso di acqua
superficiale e intermedia. L’acqua persa per evaporazione costituisce, infine, solo una piccola aliquota
del bilancio idrologico (Bignami et al., 1996).
La circolazione generale del Tirreno è data attualmente dal Mediterranean Ocean Forecasting
System che è un sistema di previsione/analisi del Mediterraneo: fornisce una serie di campi, tra cui
quelli di velocità attraverso modelli a grande scala; dall’analisi dei risultati di questi modelli si
evince che, sebbene durante i mesi dell’anno vi siano delle variazioni nell’evoluzione dei vortici
ciclonici, lungo il litorale laziale le masse d’acqua si spostano generalmente verso NO (figura
8.2.1), con velocità media compresa tra 0.01 e 0.05 m/s. Tali masse d’acqua hanno un apporto del
Tevere, sia in termini di portata liquida che di portata solida: la portata media annua è di 236 m3/a,
con massimi in marzo e in aprile ed è in grado di determinare notevoli effetti sulla circolazione
locale (IRSA, 1983).
80
Figura 8.2.1 - Circolazione superficiale a grande scala nel Mediterraneo (INGV, 2004).
81
8.2.1 Correnti a scala locale
La circolazione a scala locale è stata ricavata dalle misure eseguite da ICRAM (2005) a bordo della
N/O “Astrea”, nei mesi di marzo e settembre 2004.
Le indagini eseguite nel mese di marzo hanno portato all’individuazione di un campo superficiale di
corrente, abbastanza uniforme, di circa 60 cm/sec e diretto prevalentemente verso SE in prossimità
della costa (figura 8.2.1.1), con un’intensificazione a circa 10 miglia da Capo d’Anzio; il capo di
corrente nelle aree più lontane da costa, invece, è diretto verso NO (figura 8.2.1.2), in coerenza con
l’andamento della circolazione generale.
Figura 8.2.1.1 - Rappresentazione vettoriale della corrente misurata in superficie nelle acque comprese tra
Nettuno e San Felice Circeo (campagna di marzo 2004) (da ICRAM, 2005).
82
Figura 8.2.1.2 - Rappresentazione vettoriale del campo di corrente interpolato dalle misure in superficie nelle
acque comprese tra Nettuno e San Felice Circeo (campagna di marzo 2004) (da ICRAM, 2005).
In prossimità del fondo, compreso tra 30 e 110 m di profondità, si osserva una maggiore uniformità
dei vettori corrente (figura 8.2.1.3) sia per quanto riguarda la direzione (che sostanzialmente rispetta
quella di superficie) che l’intensità; la direzione prevalente è quella verso SE (figura 8.2.1.4).
83
Figura 8.2.1.3 - Rappresentazione vettoriale della corrente misurata in prossimità del fondo nelle acque
comprese Nettuno e San Felice Circeo (campagna di marzo 2004) (da ICRAM, 2005).
Figura 8.2.1.4 - Rappresentazione vettoriale del campo di corrente interpolato dalle misure in prossimità del
fondo nelle acque comprese Nettuno e San Felice Circeo (campagna di marzo 2004) (da ICRAM, 2005).
84
In autunno (settembre 2004) è stata registrata un’inversione della corrente con un campo
superficiale diretto prevalentemente verso NO (figura 8.2.1.5) con delle eccezioni, ovvero con una
direzione di corrente verso SO, solo in alcuni tratti dell’area costiera. E’ stato notato nel campo
superficiale un campo generalmente di bassa uniformità con intensità pari a circa 50 cm/sec (figura
8.2.1.6).
Figura 8.2.1.5 - Rappresentazione vettoriale della corrente misurata in superficie nelle acque comprese tra
Nettuno e San Felice Circeo (campagna di settembre 2004) (da ICRAM, 2005).
Figura 8.2.1.6 - Rappresentazione vettoriale del campo di corrente interpolato in superficie nelle acque
comprese tra Nettuno e San Felice Circeo (campagna di settembre 2004) (da ICRAM, 2005).
85
Le misure al fondo rispettano sostanzialmente il campo di corrente superficiale; è stata misurata
un’intensificazione delle correnti profonde in prossimità di Torre Astura (figura 8.2.1.7). In
generale si può dire che il campo correntometrico autunnale è sostanzialmente barotropico con una
direzione prevalente verso NO, coerentemente con l’andamento della circolazione generale (figura
8.2.1.8).
Figura 8.2.1.7 - Rappresentazione vettoriale della corrente misurata in prossimità del fondo nelle acque
comprese tra Nettuno e San Felice Circeo (campagna di settembre 2004) (da ICRAM, 2005).
86
Figura 8.2.1.8 - Rappresentazione vettoriale del campo di corrente interpolato dalle misure in prossimità del
fondo nelle acque comprese tra Nettuno e San Felice Circeo (campagna di settembre 2004) (da ICRAM, 2005).
87
8.2.2 Particellato sospeso
L’indagine bibliografica ha evidenziato come, per l’area di studio, per quanto attiene il particellato
sospeso la letteratura scientifica sia piuttosto carente, ad eccezione dello studio di dettaglio condotto
da ICRAM (2005) nell’ambito dello studio di caratterizzazione ambientale connesso ad attività di
dragaggio di sabbie relitte a fini di ripascimento. In particolare, per la misura della concentrazione
di materiale particellato, sono state condotte 2 campagne oceanografiche nei mesi di marzo e
settembre 2004 nel tratto di piattaforma continentale compreso tra Nettuno (RM) e San Felice
Circeo (LT) (ICRAM, 2005).
I dati della campagna di marzo 2004 hanno evidenziato per il Materiale Particellato Totale (TPM)
valori compresi tra 1.09 e 7.42 mg/l: nelle acque superficiali si sono registrati valori compresi tra
1.14 e 7.01 mg/l con valore medio pari a 3.84 mg/l; nelle acque intermedie i valori oscillano tra i
1.09 e 6.09 mg/l con valore medio paria a 2.60 mg/l ed, infine, nelle acque più profonde i valori
determinati dalle analisi sono compresi tra 1.26 e 7.42 mg/l con valore medio pari a 3.69 mg/l.
Il TPM risulta costituito principalmente da materiale organico, la cui percentuale supera il 62%
nello strato superficiale, diventa circa il 59% nello strato intermedio e si riduce al 54% nello strato
di fondo che quindi risulta avere pertanto un arricchimento nella componente inorganica.
In termini di concentrazione l’OPM presenta valori compresi tra 0.52 e 5.17 mg/l: nelle acque
superficiali si sono registrati valori compresi tra 0.70 e 4.63 mg/l con valore medio pari a 2.38 mg/l;
nelle acque intermedie i valori oscillano tra i 0.52 e 3.77 mg/l con valore medio paria a 1.53 mg/l ed
infine nelle acque più profonde i valori sono compresi tra 0.68 e 5.17 mg/l con valore medio pari a
2 mg/l.
Passando all’IPM, sempre in termini di concentrazione, questa componente presenta valori
compresi tra 0.03 e 3.75 mg/l: nelle acque superficiali si sono registrati valori compresi tra 0.08 e
3.28 mg/l con valore medio pari a 1.47 mg/l; nelle acque intermedie i valori oscillano tra 0.03 e 2.43
mg/l con valore medio pari a 1.07 mg/l ed infine nelle acque più profonde sono compresi tra 0.38 e
3.75 mg/l con valore medio paria a 1.70 mg/l.
Per quanto riguarda i dati relativi alla campagna di settembre 2004 è stato osservato che il materiale
particellato totale (TPM) presenta valori compresi tra 0.34 e 4.08 mg/l con le seguenti variazioni a
profondità diverse: nelle acque superficiali si sono registrati valori compresi tra 0.58 3.69 mg/l con
valore medio pari a 1.44mg/l; nelle acque intermedie i valori oscillano tra 0.36 e 3.49 mg/l con
valore medio pari a 1.40 mg/l ed, infine, nelle acque più profonde i valori determinati dalle analisi
sono compresi tra 0.34 e 4.08 mg/l con valore medio pari a 1.78 mg/l.
88
Il materiale inorganico (IPM) infine presenta valori compresi tra 0.02 e 1.87 mg/l: nelle acque
superficiali si sono registrati valori compresi tra 0.02 e 1.87 mg/l con valore medio pari a 0.37 mg/l;
nelle acque intermedie i valori oscillano tra 0.05 e 0.82 mg/l con valore medio pari a 0.30 mg/l ed
infine nelle acque più profonde sono compresi tra 0.04 e 1.82 mg/l con valore medio pari a 0.40
mg/l.
Il materiale organico (OPM) presenta valori compresi tra 0.02 e 3.09 mg/l: nelle acque superficiali
si sono registrati valori compresi tra 0.43 e 1.96 mg/l con valore medio pari a 1.07 mg/l; nelle acque
intermedie i valori oscillano tra i 0.25 e 3.09 mg/l con valore medio pari a 1.11 mg/l ed infine nelle
acque più profonde i valori sono compresi tra 0.02 e 2.62 mg/l con valore medio pari a 1.12 mg/l.
Con i valori di concentrazione relativi alle due campagne oceanografiche (marzo e settembre 2004)
sono state redatte carte di distribuzione orizzontale relative al TPM, IPM ed OPM degli strati
d’acqua superficiale, intermedio e di fondo, che vengono di seguito riportate (figure 8.2.2.18.2.2.6).
89
Nettuno
41.45
a)
a5
10m
20m
41.40
a20
30m
50m
L.di Fogliano
b10
b30
a60
d5
f10
d20
c40
e30
h30
g40
i5
i20
f60
g60
12.85
ia
12.80
d
au
m5
m40
m60
i100
g100
ab
41.25
12.75
L.S
h80
l80
12.70
Sabaudia
l10
i60
l50
e80
f115
0.0 mg/l
h10
e50
c80
12.65
1.5 mg/l
L.Monaci
g5
L.Caprolace
d30
d60
a100
41.30
R. Martino
f20
c60
b80
3.0 mg/l
Fogliano
e10
41.35
100m
6.0 mg/l
F. Astura
c10
c20
a40
Latitudine
Latina
C. delle Acque Alte
5m
n10
n30
n50
n80
12.90
12.95
13.00
Longitudine
Nettuno
41.45
Latina
C. delle Acque Alte
5m
F. Astura
10m
b)
6.0 mg/l
L.di Fogliano
20m
41.40
a20
30m
Fogliano
c20
b30
a40
Latitudine
50m
b50
a60
d20
c40
b80
L.Caprolace
d30
h30
g40
c60
0.0 mg/l
e50
i20
f60
c80
g60
Sabaudia
i60
ab
12.75
i100
g100
12.80
12.85
dia
m40
m60
l80
f115
au
h80
41.25
12.70
L.S
l50
e80
12.65
1.5 mg/l
e30
d60
a100
41.30
L.Monaci
f20
41.35
100m
3.0 mg/l
R. Martino
n30
n50
n80
12.90
12.95
13.00
Longitudine
Nettuno
41.45
a5
10m
c)
20m
41.40
a20
30m
50m
L.di Fogliano
b10
b30
b50
a60
d5
f10
d20
c40
b80
41.30
R. Martino
f20
d30
L.Caprolace
h10
g40
c60
c80
i5
i20
g60
12.80
12.85
12.90
dia
12.75
i100
au
12.70
g100
m5
m40
m60
ab
41.25
12.65
L.S
h80
l80
f115
Sabaudia
l10
i60
l50
e80
0.0 mg/l
h30
e50
f60
1.5 mg/l
L.Monaci
g5
e30
d60
a100
3.0 mg/l
Fogliano
e10
41.35
100m
6.0 mg/l
F. Astura
c10
c20
a40
Latitudine
Latina
C. delle Acque Alte
5m
n10
n30
n50
n80
12.95
13.00
Longitudine
Figura 8.2.2.1 - Distribuzione del TPM (mg/l) nello strato a) superficiale, b) intermedio e c) profondo
(marzo 2004) (da ICRAM, 2005).
90
Nettuno
41.45
a5
10m
a)
Latina
C. delle Acque Alte
5m
20m
41.40
c10
c20
b30
a40
50m
Latitudine
L.di Fogliano
b10
a20
30m
a60
d5
f10
d20
c40
d30
2 mg/l
L.Monaci
g5
e30
L.Caprolace
h10
i5
i20
f60
c80
g60
41.25
m5
m40
m60
12.75
i100
g100
f115
12.70
ia
ud
ba
Sa
L.
h80
l80
12.65
Sabaudia
l10
i60
l50
e80
12.80
12.85
0 mg/l
h30
g40
e50
d60
a100
41.30
R. Martino
f20
c60
b80
4 mg/l
Fogliano
e10
41.35
100m
6 mg/l
F. Astura
n10
n30
n50
n80
12.90
12.95
13.00
Longitudine
Nettuno
41.45
Latina
C. delle Acque Alte
5m
L.di Fogliano
20m
41.40
6 mg/l
F. Astura
10m
b)
4 mg/l
a20
30m
Fogliano
c20
b30
a40
Latitudine
50m
b50
a60
R. Martino
d20
c40
d30
e50
i20
d60
a100
41.30
f60
c80
g60
Sabaudia
i60
h80
m40
m60
l80
41.25
12.70
12.75
i100
g100
f115
12.80
12.85
ia
ud
ba
Sa
L.
l50
e80
12.65
0 mg/l
h30
g40
c60
b80
100m
L.Caprolace
e30
41.35
2 mg/l
L.Monaci
f20
n30
n50
n80
12.90
12.95
13.00
Longitudine
Nettuno
41.45
a5
10m
c)
20m
41.40
a20
30m
a40
50m
Latitudine
Latina
C. delle Acque Alte
5m
L.di Fogliano
b10
b30
b50
a60
c10
c20
d5
f10
d20
c40
b80
41.30
R. Martino
f20
d30
L.Caprolace
h10
g40
c60
i5
i20
f60
g60
41.25
12.65
12.70
12.75
12.80
ia
ud
ba
Sa
L.
h80
l80
f115
Sabaudia
l10
i60
l50
e80
g100
12.85
i100
12.90
0 mg/l
h30
e50
c80
2 mg/l
L.Monaci
g5
e30
d60
a100
4 mg/l
Fogliano
e10
41.35
100m
6 mg/l
F. Astura
m5
m40
m60
n10
n30
n50
n80
12.95
13.00
Longitudine
Figura 8.2.1.2 - Distribuzione dell’IPM (mg/l) nello strato a) superficiale, b) intermedio, c) profondo (marzo
2004) (da ICRAM, 2005).
91
Nettuno
41.45
a)
a5
10m
20m
41.40
a20
30m
50m
L.di Fogliano
b10
b30
a60
d5
f10
d20
c40
b80
R. Martino
f20
d30
L.Caprolace
h10
e50
i5
i20
f60
c80
g60
m5
m40
m60
12.75
i100
g100
f115
12.80
12.85
ia
ud
41.25
12.70
a
ab
L.S
h80
l80
12.65
Sabaudia
l10
i60
l50
e80
0 mg/l
h30
g40
c60
2 mg/l
L.Monaci
g5
e30
d60
a100
41.30
4 mg/l
Fogliano
e10
41.35
100m
6 mg/l
F. Astura
c10
c20
a40
Latitudine
Latina
C. delle Acque Alte
5m
n10
n30
n50
n80
12.90
12.95
13.00
Longitudine
Nettuno
41.45
Latina
C. delle Acque Alte
5m
L.di Fogliano
20m
41.40
6 mg/l
F. Astura
10m
b)
4 mg/l
a20
30m
Fogliano
c20
b30
a40
Latitudine
50m
b50
a60
R. Martino
d20
c40
d30
b80
100m
e50
i20
f60
c80
g60
Sabaudia
i60
h80
m40
m60
l80
41.25
12.70
12.75
i100
g100
f115
12.80
12.85
dia
au
ab
L.S
l50
e80
12.65
0 mg/l
h30
g40
c60
d60
a100
41.30
L.Caprolace
e30
41.35
2 mg/l
L.Monaci
f20
n30
n50
n80
12.90
12.95
13.00
Longitudine
Nettuno
41.45
a5
10m
c)
20m
41.40
a20
30m
50m
L.di Fogliano
b10
b30
b50
a60
d5
f10
d20
c40
b80
41.30
R. Martino
f20
d30
L.Caprolace
h10
g40
c60
i5
i20
f60
g60
41.25
12.65
12.70
12.75
12.80
dia
au
ab
L.S
h80
l80
f115
Sabaudia
l10
i60
l50
e80
g100
12.85
i100
12.90
0 mg/l
h30
e50
c80
2 mg/l
L.Monaci
g5
e30
d60
a100
4 mg/l
Fogliano
e10
41.35
100m
6 mg/l
F. Astura
c10
c20
a40
Latitudine
Latina
C. delle Acque Alte
5m
m5
m40
m60
n10
n30
n50
n80
12.95
13.00
Longitudine
Figura 8.2.1.3 - Distribuzione dell’OPM (mg/l) nello strato a) superficiale, b) intermedio, c) profondo
(marzo 2004) (da ICRAM, 2005).
92
a)
b)
c)
Figura 8.2.1.4 - Distribuzione del TPM (mg/l) nello strato a) superficiale, b) intermedio e c) profondo
(settembre 2004) (da ICRAM, 2005).
93
a)
b)
c)
Figura 8.2.1.5 - Distribuzione dell’IPM (mg/l) nello strato a) superficiale, b) intermedio, c) profondo
(settembre 2004) (da ICRAM, 2005).
94
a)
b)
c)
Figura 8.2.1.6 - Distribuzione dell’OPM (mg/l) nello strato a) superficiale, b) intermedio, c) profondo
(settembre 2004) (da ICRAM, 2005).
95
Dall’analisi dei dati relativi alle due campagne oceanografiche (marzo e settembre 2004) sono
emerse alcune differenze.
Nel mese di marzo 2004 le concentrazioni di TPM risultano circa 2 volte maggiori di quelle
riscontrate nel mese di settembre 2004.
Domina sempre la componente organica anche se sul fondo aumenta decisamente la componente
terrigena; entro la batimetrica dei 20 m si individuano incrementi di concentrazione legati a
importanti fenomeni di risospensione. In alcuni casi il fenomeno può interessare anche fondali più
profondi centrati su 40 m.
La fascia costiera posta a nord, compresa tra Fogliano e Nettuno, presenta i maggiori valori di
materiale in entrambe le stagioni. Il materiale particolato risulta concentrato lungo costa con una
diffusione essenzialmente laterale condizionata dalla dinamica delle acque che, soprattutto a
settembre 2004, creano aree di accumulo costiere (ICRAM, 2005).
96
8.3 Riepilogo delle caratteristiche fisico-chimiche e dinamiche della colonna d’acqua
L’unità fisiografica Capo d’Anzio - Capo Circeo è caratterizzata prevalentemente da un tratto di
costa di litorale diritto (secondo la classificazione di Ferretti et al., 2004) tranne che nel tratto di
Capo d’Anzio dove la costa è terrazzata e nel tratto del Circeo dove è visibile una costa a falesia.
La ricostruzione dei dati di vento, ottenuta da una serie storica registrata a Pratica di Mare dal 1973
al 2003, mostra che i venti prevalenti sono quelli di ponente e di scirocco; questi si presentano con
un’intensità compresa tra i 7 e i 16 nodi ma, anche se con minore frequenza, possono raggiungere
valori compresi tra i 21 e i 27 nodi. In particolare, in autunno ed in inverno predominano i venti del
1° e del 2° quadrante mentre in estate e primavera predominano i venti del 3° e del 4° quadrante.
Da un’analisi di dati ondametrici acquisiti dal 1994 al 2003 è emerso che gli eventi di moto ondoso
prevalenti sono provocati dal ponente; a questo evento corrispondono anche altezze d’onda
maggiori con le quali comunque risultano confrontabili le altezze d’onda significative degli eventi
connessi al vento di libeccio.
Per quanto riguarda la circolazione idrodinamica a scala di unità fisiografica, da bibliografia risulta
prevalere una dinamica delle acque al largo diretta generalmente per NO; studi costieri hanno però
mostrato come sia possibile che in prossimità della costa questi flussi possano assumere carattere
locale con circolazioni chiuse sia cicloniche che anticicloniche. Nel mese di marzo 2004 infatti è
stato registrato un campo di corrente poco uniforme in cui, soprattutto in prossimità della costa,
prevale la componente per SE, mentre nelle rilevazioni realizzate nelle stazioni più al largo,
comprese tra le batimetriche di 80 e 110 m, si osserva la presenza di una limitata componente per
NO. La componente generale verso SE risulta confermata anche in prossimità del fondo.
La dinamica superficiale è stata caratterizzata da flussi con valori d’intensità massimi non superiori
a 60 cm/s. Si apprezza in particolare la presenza di un notevole gradiente di velocità delle acque tra
la porzione occidentale e quella orientale dell’area; rilevante risulta l’intensificazione della corrente
che si è apprezzata a 10 miglia nautiche a SE di Capo d’Anzio: questo gradiente di velocità è
risultato presente anche a settembre anche se le condizioni generali presentano un flusso
generalizzato verso NO e con almeno due linee di corrente che si muovono verso terra.
Lo studio locale inoltre ha mostrato che anche le caratteristiche fisiche della colonna d’acqua sono
legate fortemente alla stagionalità e sono probabilmente influenzate anche dalle acque di origine
continentale. In particolare, è stato visto che in primavera la colonna d’acqua si presenta con
caratteristiche che variano gradualmente con la profondità evidenziando la formazione del
termoclino come è tipico della stagione (fine inverno/inizio primavera); inizia anche la fioritura
algale che sembra contribuire all’attenuazione della luce in acqua. Alla fine dell’estate, invece,
97
l’acqua si presenta ben mescolata nei primi 20 m e mostra in superficie un piccolo gradiente
orizzontale NS di densità (e dunque di temperatura e salinità) con valori più alti nella zona a N
(l’area antistante la costa di Nettuno) e più bassi in quella a S (nella zona prossima alla costa di S.
Felice Circeo). Questo gradiente si mantiene fino alla batimetrica dei 50 m. Nella zona a S in cui si
approfondisce il termoclino, lo strato mescolato è circa 10 m più profondo di quello presente nella
zona a N; i valori di saturazione di ossigeno sono più bassi, ad indicare probabilmente la presenza di
acqua meno influenzata dalla colonna d’aria soprastante rispetto a quella presente a N; il debole
segnale di fluorescenza si intensifica in poche stazioni al largo rappresentative della zona a S, dove
si può ipotizzare la formazione di un primo debole DCM tra 40 e 60 m, legato probabilmente
all’inizio di una fioritura stagionale.
Per quanto concerne il materiale particolato, in tutta la colonna d’acqua a settembre si evidenzia una
forte diminuzione della concentrazione. I valori di marzo sono mediamente più del doppio di quelli
di settembre ed, in particolare, la componente inorganica risulta essere tre volte maggiore.
La componente maggiore è la frazione organica che aumenta percentualmente da marzo (62%) a
settembre (74%)
98
BIBLIOGRAFIA
Bignami F., Manzella G.M.R., Salusti E., Sparnocchia S. (1996) - Circolazione delle acque. In: Il
Mare del Lazio Università degli Studi di Roma "La Sapienza" - Regione Lazio. Ass. Opere e
reti di servizi e mobilità: 331 pp.
Di Maio A., Marcelli M. (2006) - “Progetto Porto di Ostia” (Dipartimento di Ecologia e Sviluppo
Economico Sostenibile (DECOS) Università degli Studi della Tuscia.
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marino della costa laziale, Convenzione di ricerca tra Regione Lazio-Assessorato Opere e Reti
di Servizi e Mobilità e Università di Roma “La Sapienza”- Dipartimento di Idraulica,
Trasporti e Strade.
99
9. AREE PROTETTE E ALTRI USI LEGITTIMI DEL MARE
Introduzione
Nell’ambito di questo studio si è ritenuto fondamentale focalizzare l’attenzione sugli usi legittimi
del mare, con particolare riferimento sia alla presenza di aree protette (aree sensibili dal punto di
vista naturalistico), sia alla presenza di quegli usi in grado di interferire (in qualsiasi misura) con la
eventuale realizzazione di opere di difesa costiera, al fine di programmare correttamente gli
interventi e prevedere, eventualmente, misure adeguate per la mitigazione degli effetti (Pellegrini et
al., 2002).
In particolare, per quanto concerne le aree protette, la ricerca ha messo in evidenza come l’area
studiata sia caratterizzata da un’elevata sensibilità ambientale (riconosciuta anche a livello
normativo) cui si deve la definizione delle seguenti aree protette (figura 9.1):
o
Parco Nazionale del Circeo;
o
Siti Rete Natura 2000;
o
Important Birds Area (IBA);
o
Siti Ramsar.
Da segnalare ai fini del presente studio, che la presenza del Parco Nazionale comporta, in caso di
esecuzione di opere di difesa costiera ricadenti al suo interno, l’attivazione di una procedura di
Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) nazionale. Inoltre, qualora gli interventi dovessero essere
localizzati all’interno o in prossimità dei siti Rete Natura 2000, dovrà essere avviata la Procedura
Valutazione di Incidenza, al fine di verificare che tali interventi, anche se condotti esternamente ai
siti, non interferiscano con lo stato di conservazione dei tipi di habitat e/o specie per i quali tali siti
sono stati istituiti. La Valutazione di Incidenza rappresenta, in definitiva, lo strumento atto a
garantire il raggiungimento di un rapporto equilibrato tra la conservazione soddisfacente degli
habitat e delle specie e l'uso sostenibile del territorio.
Per i progetti già assoggettati a VIA, la Valutazione d’Incidenza dovrà essere compresa nella
procedura di VIA. Di conseguenza, lo Studio di Impatto Ambientale dovrà contenere anche gli
elementi sulla compatibilità fra progetto e finalità di conservazione del sito.
Per quanto concerne gli altri usi legittimi del mare, la ricerca, essenzialmente basata
sull’aggiornamento di quanto già riportato in ICRAM (2002), ha, infine, rilevato la presenza di
alcuni elementi, di interesse, quali cavi sottomarini, poligoni militari e zone di interdizione
all’ancoraggio e pesca (figura 9.2), di cui bisognerà tenere conto nella fase di progettazione delle
opere prescelte.
100
Figura 9.1 - Carta degli Usi legittimi del mare: aree protette.
101
Figura 9.2 - Carta degli Usi legittimi del mare: cavidotti e poligoni militari.
102
9.1 Aree protette
9.1.1 Parco Nazionale del Circeo
Ubicato lungo la costa tirrenica dei Lazio meridionale, circa 100 km a sud di Roma, il Parco
Nazionale del Circeo, il più piccolo tra i parchi storici d'Italia, si estende per circa 8.500 ha
interamente in provincia di Latina, interessando un tratto di costa di circa 30 km. Grazie alla sua
istituzione, avvenuta quando l'intera area pontina era sottoposta ai radicali interventi di
prosciugamento e appoderamento della Bonifica Integrale, fu evitato il totale disboscamento
dell'antica ed inospitale "Selva di Terracina" di cui una piccola porzione risparmiata dal taglio
costituì, insieme al Lago di Sabaudia, alla Duna Litoranea e al Promontorio del Circeo, la prima
configurazione territoriale del Parco.
Il Parco Nazionale del Circeo presenta oggi un territorio caratterizzato da un’elevata varietà
ambientale in cui sono state riconosciute aree di conservazione di grande importanza, quali i siti
delle Rete Natura 2000, i siti IBA e le aree umide protette ai sensi della Convenzione di Ramsar
(figura 9.1). Da segnalare, inoltre, come la foresta del Circeo, in virtù del grande valore naturalistico
che la caratterizza, è stata inclusa, sin dal 1977, nella "Rete Internazionale delle Riserve della
Biosfera" dell’UNESCO.
All’interno del Parco sono oggi riconoscibili 5 tipi di ambienti, con caratteristiche faunistiche e
floristiche peculiari, quali il promontorio del Circeo (suddiviso in funzione dell’esposizione in
Quarto Caldo e Quarto Freddo), le dune, la foresta planiziaria, le zone umide e l’isola di Zannone.
Fra questi, di un certo interesse ai fini del presente studio, sono in particolare le dune e le zone
umide. Queste ultime includono i laghi costieri di Fogliano, dei Monaci, Caprolace e Sabaudia e
costituiscono il più rilevante ecosistema palustre del Lazio. In tale ambiente, in merito all’avifauna,
è segnalata la presenza di oltre 260 specie nidificanti e migratrici: tra le più note, germani reali,
falchi, aironi cenerini, fenicotteri, cicogne bianche e nere, falchi di palude e falchi pescatori. Le
acque dei laghi ospitano anche diversi tipi di pesci, quali anguille, cefali, spigole, orate, saraghi,
tinche e carpe.
103
9.1.2 Siti Rete Natura 2000
Natura 2000 è una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione (ZSC), istituita
dalla direttiva “Habitat” (92/43/CEE), in cui sono inserite aree destinate alla conservazione della
biodiversità sul territorio dell’Unione Europea, caratterizzate dalla presenza di habitat e specie
(animali e vegetali) di interesse comunitario. La rete Natura 2000 comprende anche le Zone a
Protezione Speciale (ZPS), classificate dagli Stati membri a norma della direttiva Uccelli
(79/409/CEE) che rimane in vigore e si integra all'interno della Direttiva "Habitat". Essa prevede
una serie di azioni per la conservazione di numerose specie di uccelli e l’individuazione delle aree
da destinare alla loro conservazione.
I Siti di Importanza Comunitaria (SIC), che costituiscono il primo passaggio per l’identificazione
delle ZSC, sono istituiti ai sensi della Direttiva Habitat al fine di garantire nel loro complesso o la
presenza, il mantenimento e/o il ripristino di habitat e specie del continente europeo,
particolarmente minacciati di frammentazione ed estinzione.
La loro istituzione ha comportato, dapprima, che ogni stato membro, dietro istanza delle singole
regioni e sulla base dei criteri di selezione riportati nella direttiva Habitat, abbia proposto la lista dei
Siti di Importanza Comunitaria (SIC). La lista, unitamente alle schede standard informative
complete di cartografia e relative ad ogni sito, vengono quindi trasmesse alla Commissione europea
che, nell'ambito di ognuna delle cinque regioni biogeografiche, elabora, d'accordo con ognuno degli
Stati membri, un elenco dei siti di importanza comunitaria (SIC). I siti così individuati vengono
infine designati dai singoli Stati membri con decreto ministeriale.
Siti di Importanza Comunitaria (SIC) e Zone di Protezione Speciale (ZPS)
Con specifico riferimento ai fini del presente studio, sono state censiti i soli siti Rete Natura 2000
(SIC e ZPS) localizzati in lungo la fascia costiera nel tratto compreso tra Torre Astura e il
promontorio del Circeo. Rimangono pertanto esclusi dall’elenco che segue i SIC “Bosco di
Foglino” e “Foresta demaniale del Circeo” (www.minambiente.it).
L’analisi condotta ha pertanto messo in evidenza la presenza, nel tratto di costa considerato, di 10
SIC e di una sola ZPS, di seguito elencati (da nord a sud) (figura 9.1). Per ogni sito sono indicati i
soli habitat prioritari (allegato I, Direttiva Habitat), riferiti esclusivamente agli ambienti dunale e
marino:
104
•
IT6030048 “Litorale di Torre Astura”: Dune costiere con Juniperus spp e Dune con
foreste di Pinus pinea e/o Pinus pinaster.
•
IT60300049 “Zone umide a ovest del fiume Astura”.
•
IT6000011 SIC “Fondali tra Torre Astura e Capo Portiere”: Praterie di Posidonie
(Posidonion oceanicae).
•
IT6000012 SIC “Fondali tra Capo Portiere e Lago di Caprolace”: Praterie di Posidonie
(Posidonion oceanicae).
•
IT6000013 SIC “Fondali tra Capo Circeo e Terracina”: Praterie di posidonie
(Posidonion oceanicae).
•
IT6040012 SIC “Laghi di Fogliano, dei Monaci, Caprolace e Pantani dell’Inferno”:
Lagune costiere.
•
IT6040013 SIC “Lago di Sabaudia”: Lagune costiere.
•
IT6040015 ZPS “Parco Nazionale del Circeo”: Praterie di posidonie (Posidonion
oceanicae) (codice 1120), Dune costiere fisse a vegetazione erbacea («dune grigie»), Dune con
foreste di Pinus pinea e/o Pinus pinaster, Dune con foreste di Pinus pinea e/o Pinus pinaster.
•
IT6040016 SIC “Promontorio del Circeo (Quarto Caldo)”
•
IT6040017 SIC “Promontorio del Circeo (Quarto Freddo)”
•
IT6040018 SIC “Dune del Circeo”: 2250 Dune costiere con Juniperus spp e Dune con
foreste di Pinus pinea e/o Pinus pinaster
Per quanto concerne gli habitat prioritari di interesse ai fini del presente studio, si segnala, infine,
che, in merito allo stato di minaccia degli stessi, Petrella et al. (2005) classificano con minaccia
bassa le praterie di Posidonia oceanica (1120), le Lagune costiere (1150) e le Dune con foreste di
Pinus pinea e/o Pinus pinaster (2270) Le Dune costiere con Juniperus spp (2250) sono classificate
con categoria di minaccia media, mentre le Dune costiere fisse a vegetazione erbacea («dune
grigie») (2130), presenti nel Lazio in un unico sito, sono classificate come categoria di minaccia
alta.
I dati riassuntivi degli 11 siti sono presentati nelle schede che seguono, mentre per le schede
complete (formulario Rete Natura 2000) si rimanda al sito http//www.minambiente.it.
105
SIC IT6030048
Litorale di Torre Astura
Tipologia
B
Regione Biogeografica
Mediterranea
Estensione (ha)
201
Habitat prioritari (allegato I)*
2250 Dune costiere con Juniperus spp
2270 Dune con foreste di Pinus pinea e/o Pinus pinaster
Altri habitat di interesse ai fini 2210 Dune fisse del litorale del Crucianellion maritimae
del presente studio (dune) 2230 Dune con prati dei Malcolmietalia
2110 Dune mobili embrionali
(allegato I)*
2120 Dune mobili del cordone litorale con presenza di Ammophila arenaria («dune
bianche»)
* esclusivamente riferiti all’ambiente marino e dunale
106
SIC IT60300049
Zone umide a ovest del fiume Astura
Tipologia
B
Regione Biogeografica
Mediterranea
Estensione (ha)
28
Habitat prioritari* (allegato I)
-
Altri habitat di interesse ai fini del presente studio (dune)
(allegato I)*
* esclusivamente riferiti all’ambiente marino e dunale
107
SIC IT6000011
Fondali tra Torre Astura e Capo Portiere
Tipologia
B
Regione Biogeografica
Mediterranea
Estensione (ha)
831
Habitat prioritari* (allegato I)
1120 Praterie di Posidonie (Posidonion oceanicae)
Altri habitat di interesse ai fini del presente studio (dune)
(allegato I)*
* esclusivamente riferiti all’ambiente marino e dunale
108
SIC IT6000012
Fondali tra Capo Portiere e Lago di Caprolace
Tipologia
K
Regione Biogeografica
Mediterranea
Estensione (ha)
1939
Habitat prioritari* (allegato I)
1120 Praterie di Posidonie (Posidonion oceanicae)
Altri habitat di interesse ai fini del presente studio (dune)
(allegato I)*
* esclusivamente riferiti all’ambiente marino e dunale
109
SIC IT6000013
Fondali tra Capo Circeo e Terracina
Tipologia
Regione Biogeografica
Mediterranea
Estensione (ha)
3377
Habitat prioritari* (allegato I)
1120 Praterie di Posidonie (Posidonion oceanicae)
Altri habitat di interesse ai fini del presente studio (dune)
(allegato I)*
* esclusivamente riferiti all’ambiente marino e dunale
110
SIC IT6040012
Laghi di Fogliano, dei Monaci, Caprolace e Pantani dell’Inferno
Tipologia
G
Regione Biogeografica
Mediterranea
Estensione (ha)
1429
Habitat prioritari* (allegato I)
1150 Lagune costiere
Altri habitat di interesse ai fini 2190 Depressioni umide interdunari
del presente studio (dune)
(allegato I)*
* esclusivamente riferiti all’habitat marino e a quello dunale
111
SIC IT6040013
Lago di Sabaudia
Tipologia
G
Regione Biogeografica
Mediterranea
Estensione (ha)
395
Habitat prioritari* (allegato I)
1150 Lagune costiere
Altri habitat di interesseai fini 2190 Depressioni umide interdunari
del presente studio (dune)
(allegato I)*
* esclusivamente riferiti all’habitat marino e a quello dunale
112
ZPS IT6040015
Parco Nazionale del Circeo
Tipologia
F
Estensione (ha)
22165
Regione Biogeografica
Mediterranea
Habitat prioritari* (allegato I)
2250 Dune costiere con Juniperus spp.
2270 Dune con foreste di Pinus pinea e/o Pinus pinaster
2130 Dune costiere fisse a vegetazione erbacea («dune grigie»)
1120 Praterie di posidonie (Posidonion oceanicae)
Altri habitat di interesseai fini
del presente studio (dune)
(allegato I)*
2190 Depressioni umide interdunari
2210 Dune fisse del litorale del Crucianellion maritimae
2120 Dune mobili del cordone litorale con presenza di Ammophila arenaria
(«dune bianche»)
2110 Dune mobili embrionali
2240 Dune con prati dei Brachypodietalia e vegetazione annua
* esclusivamente riferiti all’habitat marino e a quello dunale
113
SIC IT6040016
Promontorio del Circeo (Quarto Caldo)
Tipologia
G
Regione Biogeografica
Mediterranea
Estensione (ha)
427
Habitat prioritari* (allegato I)
-
Altri habitat di interesseai fini del presente studio (dune)
(allegato I)*
* esclusivamente riferiti all’habitat marino e a quello dunale
114
SIC IT6040017
Promontorio del Circeo (Quarto Freddo)
Tipologia
G
Regione Biogeografica
Mediterranea
Estensione (ha)
464
Habitat prioritari* (allegato I)
-
Altri habitat di interesse ai fini del presente studio (dune)
(allegato I)*
* esclusivamente riferiti all’habitat marino e a quello dunale
115
SIC IT6040018
Dune del Circeo
Tipologia
G
Estensione (ha)
464
Regione Biogeografica
Mediterranea
Habitat prioritari* (allegato I)
2250 Dune costiere con Juniperus spp.
2270 Dune con foreste di Pinus pinea e/o Pinus pinaster
Altri habitat di interesseai fini
del presente studio (dune)
(allegato I)*
2210 Dune fisse del litorale del Crucianellion maritimae
2120 Dune mobili del cordone litorale con presenza di Ammophila arenaria («dune
bianche»)
2110 Dune mobili embrionali
2230 Dune con prati dei Malcolmietalia
2240 Dune con prati dei Brachypodietalia e vegetazione annua
* esclusivamente riferiti all’habitat marino e a quello dunale
116
Important Birds Area (IBA)
Le IBA (Important Bird Areas) fanno riferimento a un programma di conservazione, promosso e
coordinato da Birdlife International, che fornisce un contributo fondamentale per sviluppare una
strategia di conservazione delle specie e degli ambienti utilizzando gli uccelli come indicatori dello
stato di qualità degli ecosistemi.
Nell’area in studio è presente il sito IBA 211 (Parco Nazionale del Circeo e Isole Pontine),
caratterizzato da una superficie terrestre di 12.162 ha ed il sito IBA 211M con superficie marina di
29.683 ha. Questi siti sono importanti per l’avifauna acquatica migratrice e svernante, quale
canapiglia, fischione, oca selvatica, chiurlo maggiore, tarabusino, chiurlottello, falco pellegrino,
beccapesci, gruccione e passero solitario. Sono, inoltre, tra i principali siti italiani per la migrazione
dei rapaci, in particolare per il falco di palude. Risultano essere, infine, aree importanti come luogo
di nidificazione per uccelli marini e specie rupicole e di macchia e come luogo di passo per
migratori, in particolare rapaci e passeriformi. Tra i nidificanti: berta maggiore, berta minore,
marangone dal ciuffo, falco pellegrino, passero solitario. Tra le specie di passo: albanella minore,
tortora, rondine, codirosso, pagliarolo, averla capirossa (Pieroni e Morgana, 2003).
Aree protette ai sensi della Convenzione di Ramsar,
La Convenzione di Ramsar o “Convenzione internazionale relativa alle Zone Umide di importanza
internazionale”, soprattutto come Habitat di uccelli acquatici” (1971) è nata dall'esigenza di
invertire il processo di trasformazione e distruzione delle Zone Umide che sono gli ambienti primari
per la vita degli uccelli acquatici, che devono percorrere particolari rotte migratorie attraverso
diversi Stati e Continenti per raggiungere ad ogni stagione i differenti siti di nidificazione, sosta e
svernamento. La Convenzione di Ramsar, ad oggi sottoscritta da più di 150 paesi e con oltre 900
Zone Umide individuate nel mondo, rappresenta ancora l'unico trattato internazionale moderno per
la tutela delle Zone Umide, sostenendo i principi dello sviluppo sostenibile, con il termine uso
saggio (wise use), e della conservazione delle biodiversità.
L’analisi condotta nell’area in studio ha messo in evidenza la presenza di 4 aree protette ai sensi
della Convenzione di Ramsar: Lago di Fogliano, Lago dei Monaci, Lago di Caprolace e Lago di
Sabaudia (figura 9.1).
117
9.2 Altri usi legittimi del mare
Cavi sottomarini
I dati reperiti segnalano, nei pressi di Torre del Fico, la presenza di cavi telegrafici sottomarini, cui
si deve la presenza di una zona di divieto di ancoraggio e pesca (figura 9.2).
La presenza di cavi sottomarini, comporta generalmente nelle zone interessate l’interdizione alle
attività di ancoraggio e di pesca, ovvero di tutte quelle attività che agiscono meccanicamente sui
fondali; in taluni casi è anche interdetta la navigazione.
Poligoni militari
Nell’area oggetto di studio sono stati segnalati 2 poligoni militari (ICRAM, 2002) (figura 9.2), di
seguito caratterizzati, mediante il nome e sigla identificativa, la Capitaneria di Porto competente
(Ufficio circondariale Marittimo) e le coordinate del poligono relative al tratto di mare interdetto.
Poligono militare di Nettuno (E 332)
Ufficio Circondariale Marittimo di Anzio (Roma)
Zona di interdizione:
a) 41°27’16’’N - 12°40’55’’E
b) 41°22’00’’N - 12°36’00’’E
c) 41°16’00’’N - 12°55’00’’E
d) 41°21’50’’N - 12°56’56’’E
Poligono militare di Sabaudia (E 334)
Ufficio Circondariale Marittimo di Anzio (Roma)
Zona di interdizione:
a) 41°18’16’’N - 13°00’18’’E
b) 41°17’30’’N - 12°56’15’’E
c) 41°20’30’’N - 12°56’00’’E
d) 41°19’40’’N - 12°59’08’’E
I poligoni militari sono aree in cui si svolgono attività di tiro. Per questo motivo, le zone di mare
adiacenti sono interdette al traffico, alla sosta, alla pesca e alla navigazione. Tali aree sono quindi
da considerarsi delle zone di attenzione in cui, eventuali attività devono essere pianificate e
118
preventivamente autorizzate con specifici permessi da richiedere presso le capitanerie di porto
competenti per territorio.
Zone di interdizione all’ancoraggio e alla pesca
In corrispondenza del porto di San Felice Circeo (Latina) è segnalata la presenza di una zona di
mare di 300 m di raggio, centrata nel punto di coordinate 41°13’46’’N e 13°06’44’’E, in cui sono
interdetti pesca, ancoraggio e attività subacquee.
119
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Internazionale” ai sensi della convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, ratificata dall’Italia
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120