5.6 Documentare la valutazione

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Giuseppina Rinaudo - Didattica della Fisica
Corso SIS – Indirizzo fisico-matematico - a.a. 2003/04
5. La valutazione in fisica
5.1 Perché, con quale spirito, che cosa valutare
Perché:
 spesso constatiamo che ben poco resta a lungo termine di ciò che si è insegnato,
 dal punto di vista del docente, soprattutto in una logica di programmazione non statica, occorre
monitorare in itinere lo sviluppo delle attività e quindi pensare alla valutazione contestualmente
alla progettazione dell’intervento didattico, in particolare:
 individuati gli obiettivi, occorre pensare a come verificare specificamente se sono stati
raggiunti,
 gli obiettivi sono sterili senza una verifica mirata;
 dal punto di vista dello studente
 se è vero che non basta sapere che si verrà valutati per impegnarsi a studiare e cercare di
capire, è anche vero che, in media, si studia con maggiore profondità ciò che sarà oggetto di
valutazione,
 gli strumenti di valutazione possono essere usati anche come strumenti di autovalutazione.
 Valutazione e didattica debbono essere strettamente integrate.
Con quale spirito

per finalità diagnostiche (insegnante):
 condizioni iniziali: conoscenze e rappresentazioni mentali spontanee o indotte, abilità e
capacità,
 monitoraggio in itinere: difficoltà concettuali, operazionali, relazionali, ricupero;

per finalità formative (studente): feedback, rinforzo, tenendo conto che
 le cose che lo studente "studia" sono spesso solo quelle che vengono valutate (sano
realismo!),
 le modalità di valutazione condizionano il metodo di studio/lavoro:
- una valutazione “a quiz” induce uno “studio a quiz”,
- modalità di valutazione indiretta, attraverso gare o competizioni, possono essere molto
efficaci;

per finalità “sommative” (insegnante e studente): tradurre la valutazione in un “valore”, sia esso
un voto o un semplice giudizio,
 come raccordare un valore oggettivo e generale a situazioni di fatto che sono sempre
soggettive e individuali?
1
 La valutazione va pensata fin dall'inizio, insieme alla programmazione, nelle sue tre finalità
 Gli studenti vanno informati fin dall'inizio dei criteri secondo cui saranno valutati
 Valutare non significa soltanto “segnare un voto sul registro”!
Che cosa
Lo studente:
 la situazione di partenza
 gli esiti, con riferimento agli obiettivi,
 nel dominio cognitivo e operativo, tenendo conto
- della "norma" (programmi nazionali, "sillabo", ecc.)
- di criteri particolari prestabiliti
 nel dominio affettivo e comportamentale
- interessi, atteggiamenti, valori
 nel dominio psico-motorio: abilità, capacità
 il riferimento agli obiettivi deve essere specifico e puntuale
 ogni attività deve essere valutata di per sé e subito
 ciò non esclude l’utilità di valutazioni differite e generali oppure iniziali, in particolare va
attentamente esaminato il ruolo di:
 test di tipo generale,
 “esercizi di fine capitolo”,
 interrogazioni orali.
Il curricolo:
 capire e valutare la struttura logica dei curricoli proposti/imposti
 introdurre elementi di innovazione/sperimentazione
 impostare una corretta metodologia e seguirla coerentemente, con attenzione alle
impostazioni date nelle altre discipline, anche nei riguardi della valutazione
L'insegnante (autovalutazione):
 strategie didattiche in rapporto all'insegnamento/apprendimento della fisica: definire il
quadro generale in cui si inseriranno i vari interventi didattici (evitare l’improvvisazione
e la frammentazione, pur mantenendo una ragionevole flessibilità)
 singolo intervento didattico:
- programmazione corretta
- prerequisiti adeguatamente rispettati
- preparazione accurata e puntuale
- “attacco” motivante
- conduzione ben strutturata
- modalità di valutazione mirate
 gestione della classe
Le strutture (classe, laboratorio):
 ambiente: disposizione dei banchi, illuminazione, confort, ecc.,
 attrezzature: lavagna, lavagna luminosa, mezzi multimediali
- essere informati sulle novità tecniche e sui prezzi
- predisporre piani di miglioramento
 norme di sicurezza: conoscenza, rispetto, requisiti "minimi"
2
5.2 Strumenti di valutazione nel dominio cognitivo

Prove chiuse:
- tests, questionari a risposta rigida
- praticamente limitate ai primi due livelli della tassonomia di Bloom (conoscenza e
comprensione)
- oggettive, di rapida correzione
- limitate a punti ben definiti e ristretti
Per costruire un buon test occorre che:
a) l’argomento della singola domanda sia facilmente e chiaramente formulabile in modo
conciso,
b) ogni domanda miri alla valutazione della conoscenza o della comprensione di un
concetto specifico,
c) sia il testo della domanda sia i testi delle risposte siano formulati in termini che non
danno luogo ad ambiguità,
d) una sola fra le possibili risposte sia corretta,
e) ci siano dei “distrattori” che rendano plausibili le risposte non corrette,
f) possibilmente la domanda non riguardi unicamente il livello più basso della tassonomia
di Bloom (pura “conoscenza”, anche senza reale comprensione).
Come valutare le risposte: tenere conto, nell’assegnare il punteggio, delle risposte date in modo
casuale.

Prove aperte:
- saggi, problemi articolati
- livelli alti della tassonomia di Bloom (applicazione, analisi, sintesi)
- soggettive, richiedono una griglia di lettura
- possono spaziare su campi di conoscenza anche abbastanza estesi e su argomenti
“complessi”, per i quali è essenziale stabilire una rete di correlazioni a più livelli
Per costruire un buon problema occorre che:
a) l’argomento sia facilmente e chiaramente formulabile,
b) il testo del problema sia possibilmente strutturato in più punti, di diverso livello di
difficoltà, che permettano di verificare diversi livelli di apprendimento raggiunti dallo
studente e diversi livelli della tassonomia di Bloom,
c) la strutturazione del problema aiuti a formulare le risposte,
d) sia possibile ottenere informazioni di tipo diagnostico sulle difficoltà concettuali e/o
sulle rappresentazioni mentali, spontanee o indotte, dello studente.
Come valutare le risposte: tenere conto, nel costruire la griglia di lettura e quindi il punteggio,
- del peso dei diversi punti in cui il problema è stato strutturato, anche con riferimento
agli obiettivi formativi,
- del modo con cui sono presentate e discusse le risposte: proprietà di linguaggio, uso
corretto della notazione scientifica (cifre significative, simboli corretti per le unità di
misura, grafici con scale e unità indicate esplicitamente, ecc.).

Prove semiaperte
- tests o questionari a risposta chiusa ma con motivazione
- tutti i livelli della tassonomia di Bloom
- possono riguardare un campo di conoscenze non eccessivamente ristretto
- parzialmente oggettive, richiedono una griglia di lettura per la parte di risposta aperta
Per costruire un buon test semiaperto si può partire da un buon test chiuso, selezionando quelle
domande che si prestano all’operazione di “apertura” perché contengono elementi dai quali è
3
possibile ottenere informazioni di tipo diagnostico sulle difficoltà concettuali e/o sulle
rappresentazioni mentali, spontanee o indotte, dello studente.
Come valutare le risposte: va ovviamente valutata soprattutto la corrispondenza fra la
motivazione data nella risposta e la correttezza della medesima.
Utilizzo, caratteristiche, richieste, vantaggi
Prova aperta
Prova chiusa
Saggio/problema test/questionario
Competenze
Conoscenze
Misura prevalentemente
Dirette
solo indirette
Informazioni sulle modalità di ragionamento
Si
No
Stimola a organizzare le idee
Limitato
Notevole
Tempo e sforzo per la preparazione da parte dello studente
Si
No
Favorisce chi ha capacità linguistiche
Molto limitato
Ampio
Campo di conoscenze esaminato
Lungo
Breve
Tempo di correzione
Ampio
quasi assente
Margine di arbitrarietà nella correzione
Molto limitata
Possibile
Possibilità di confronti incrociati
Notevoli
Notevoli
Esperienza e attenzione nella preparazione
Si
Si
Necessità di indicazioni precise sull'esecuzione
Si
Si
Necessità di indicazioni precise sulla valutazione
Molto limitata
Possibile
Possibilità di confronti con altre classi/ a distanza di tempo

L’interrogazione orale
 aspetti negativi
 le domande che vengono proposte agli studenti non possono essere sempre le stesse,
 il livello di difficoltà delle domande non può essere lo stesso per tutti,
 le domande vengono spesso “accomodate” in base alla preparazione dello studente e alle
sue precedenti prestazioni,
 il tempo necessario è molto, rispetto a quanto richiesto per una prova scritta o un test,
 è difficile che, durante l’interrogazione, il resto della classe sia interessato o partecipi o
tragga giovamento,
 spesso l’insegnante è tentato a intervenire per “aiutare” lo studente a trovare la risposta
con esiti non sempre soddisfacenti,
 è difficile trovare il giusto taglio per le domande; due estremi:
- guida eccessiva alle risposte, per cui la risposta va data solo in un certo modo,
- nessuna guida, per cui la risposta può non corrispondere per nulla a ciò che il docente
vuole indagare (o passa un tempo infinito prima che lo studente capisca che cosa dire!)
 la valutazione non è riproducibile nel tempo o confrontabile fra classi diverse;
 aspetti positivi
 abitua lo studente a esprimersi e comunicare,
 in alcuni casi può aiutare la classe a capire punti oscuri attraverso le risposte dello studente
o gli interventi dell’insegnante,
 fornisce informazioni più articolate sul livello di comprensione da parte dello studente,
 gratifica lo studente “bravo” che si impegna e supera l’interrogazione con esito positivo,
 permette un rapporto diretto e personale fra docente e studente.
Come strutturare l’interrogazione e valutare le risposte: cercare di valutare, oltre alle conoscenze
specifiche e alla comprensione dell’argomento, anche la capacità di esprimersi, di non andare
“fuori tema”, di strutturare la risposta, ecc.
4

Metodi di valutazione qualitativa: sono tipici della valutazione nel dominio affettivo,
comportamentale e psico-motorio, ma possono essere usati anche per il dominio cognitivo. In
questi metodi non si valuta un aspetto specifico disciplinare oppure una conoscenza o una
capacità particolare, ma in generale il modo di affrontare un problema nel suo complesso
 aspetti positivi: i metodi qualitativi sono particolarmente utili
- in situazioni complesse, non facilmente codificabili o generalizzabili,
- nella sperimentazione iniziale di una attività innovativa,
- quando occorre un atteggiamento analitico e aperto, con attenzione a singole situazioni,
- come eventuale premessa alla estensione a metodi quantitativi;
 aspetti negativi: i metodi qualitativi
- sono più sfumati (soft) dei metodi quantitativi e meno adatti a fornire un giudizio netto,
- sono più soggettivi, perché si basano su parametri meno rigorosi,
- sono meno ripetibili in tempi o in situazioni diverse o da parte di persone diverse.
5.3 Strumenti di valutazione nel dominio affettivo, comportamentale e psicomotorio: il "profiling" e i metodi di valutazione qualitativa

Metodi non strutturati
- descrizione analitica e non valutativa
- registrazione e videoregistrazione
- intervista, racconto, verbalizzazione
 Metodi strutturati : check-list, griglie di valutazione
Un esempio:
livello
Check list
o
Interesse
I
atteggiamenti
Disponibilità
Osservare
in modo guidato
IIo
capacità
Rispettare
le consegne
Raccogliere, correlare,
comunicare dati
Usare strumenti
Osservare
spontaneamente
IIIo
rapporti con gli altri
Lavorare in gruppo
Se sì, con che ruolo
Comprendere il
linguaggio specifico
Scambiare
informazioni
Griglia
fronte allievi
- non motivato
- recepisce
- interviene
- buona
- scarsa
- insufficiente
- sufficiente
- buono
- insufficiente
- sufficiente
- buono
- non correttamente
- correttamente
- non correttamente
- correttamente
- insufficiente
- sufficiente
- buono
- no è capace
- sì, come gregario
- sì, come leader
- poco
- bene
- non è in grado
- è in grado
fronte docente
- motivante
- non motivante
- stimolante
- non stimolante
- stimolante
- non stimolante
- consegne precise
- consegne ambigue
- dati adatti alla raccolta
- dati non adatti
- strumenti adeguati
- strumenti non adeguati
5
5.4 Esempi per diversi momenti di valutazione
La prova in ingresso
• tipologia: sondaggio, “accoglienza”
• deve dare indicazioni:
 sulle conoscenze acquisite dall’allievo nelle classi precedenti o provenienti dall’esperienza
quotidiana (conoscenza e memoria)
 sulle capacità sviluppate per la soluzione di un problema o dell’analisi di un fenomeno
(pensiero divergente e convergente)
 sugli atteggiamenti nei riguardi della disciplina (pensiero critico)
• ……. ma deve anche
 aiutare l’allievo a prendere coscienza di ciò che già sa (evitare la “sindrome da anno zero”!)
 servire a stabilire un buon rapporto di collaborazione e di fiducia con la classe
Suggerimenti per la preparazione della prova in ingresso
• impostazione:
 evitare il “sondaggio a tappeto”, meglio mirare a pochi concetti
 sondare la padronanza di un “quadro d’insieme” più che di conoscenze puntuali
 sondare la capacità di correlare/separare concetti
 sondare capacità/atteggiamenti trasversali, in particolare operativi, organizzativi, relazionali
• conduzione:
 sono adatte anche prove “indirette”, come gare, quiz, attività, giochi, ecc.
• griglia di analisi:
 per il singolo allievo: non deve necessariamente essere molto dettagliata né quantitativa ed
evidenziare aspetti positivi e carenze gravi
 per la classe: individuare alcuni punti (obiettivi) rilevanti e possibilmente preparare una
matrice a due ingressi: punti rilevanti sulle righe, allievi sulle colonne
La prova in itinere
• tipologia: monitoraggio, stimolo, verifica
• deve dare indicazioni:
 sulla comprensione e la capacità di applicazione di un certo concetto/legge (conoscenza)
 sulla capacità di collegare fra di loro concetti e fenomeni diversi (pensiero divergente e
convergente)
 sulla capacità di riflettere sulla disciplina (pensiero critico)
 sulla livello generale della classe
• ……. ma deve anche
 aiutare l’allievo a prendere coscienza di ciò che è importante capire e saper usare
 servire a rinforzare il rapporto di fiducia con l’allievo e con la classe, mostrando il progresso
nelle conoscenze e nella capacità di affrontare i problemi
Suggerimenti per la preparazione della prova in itinere
• impostazione:
 mirare a un concetto/legge specifica
 porre molta attenzione alla formulazione della prova: linguaggio chiaro, termini non ambigui,
alternative chiare nelle risposte (una sola risposta corretta, oppure vero/falso su ogni risposta)
 introdurre concetti o elementi correlati oppure “distrattori” intelligenti
• conduzione:
 test “semiaperti” (risposta multipla oppure vero/falso ma con motivazione della scelta)
 problema aperto, meglio se formulato con più domande di diversa difficoltà
• griglia di analisi:
 per il singolo allievo: dettagliata e quantitativa, con valutazione anche della parte “aperta”
 per la classe: matrice a due ingressi: punti rilevanti sulle righe, allievi sulle colonne
6
5.5 Il portfolio
Si parla molto in questi ultimi tempi di costruire il “portfolio”, come strumento utile di
valutazione che l’allievo porta con sé.
 Che cosa NON è: non è una raccolta di esercizi/test di fine capitolo o di esame finale che
l’allievo deve dimostrare di saper risolvere.
 Che cosa dovrebbe essere:
- la documentazione sintetica di ciò che l’allievo sa o sa fare,
- esercizi/test/risposte a domande particolarmente significativi, che costringano l’allievo a uno
sforzo di analisi critica e di sintesi di ciò che ha appreso,
- possibilmente con un confronto con le conoscenze precedenti dell’allievo, in modo che
aiutino l’allievo a prendere coscienza del proprio progresso,
- possibilmente con una distribuzione nel tempo che preveda una effettiva costruzione
personale del portfolio da parte dell’allievo, anche attraverso colloqui/discussioni con
l’insegnante.
 Il portfolio dell’insegnante: anche l’insegnante dovrebbe costruire un proprio portfolio che
contiene la documentazione sintetica di ciò che ha fatto, capito, ragionato, osservato, ecc.
5.6 Documentare la valutazione
Abituarsi a documentare sistematicamente la valutazione è utile
per uso personale
 raccolta di “buoni” test, problemi, esercizi, prove di valutazione che funzionano bene,
suddivise per argomenti, competenze, livelli, ecc.;
 analisi critica di problemi, test, esercizi di libri di testo: valutare l’efficacia per la verifica
degli obiettivi dichiarati o presunti, la formulazione, l’utilità (… gli “esercizi di fine
capitolo”);
 per uso collettivo
 è il modo migliore di comunicare agli altri i contenuti svolti e le modalità di lavoro adottate
(importante per la continuità),
 per contribuire a uniformare modalità di valutazione fra discipline diverse,
 per condividere strumenti e risorse.

5.7 Le prove nazionali (INVALSI)
 tipologia: monitoraggio generalizzato
 motivazione: le prove sono richieste per legge, per avere “informazioni uniformi”,
statisticamente significative, sul territorio nazionale
 possono dare indicazioni:
 sulle conoscenze acquisite dagli allievi in classe o provenienti dall’esperienza quotidiana
(conoscenza e memoria)
 sulle capacità sviluppate per la soluzione di un problema o dell’analisi di un fenomeno
(pensiero divergente e convergente)
 ……. ma dovrebbero permettere anche di confrontare situazioni di apprendimento a livello
nazionale
7
5.8 Una riflessione su campi ed energia
Campo nel linguaggio comune (senso metaforico): campo di conoscenza, campo d’indagine,
campo visuale, campo d’interesse, ecc.
- campo come zona dello spazio in cui è definita una certa grandezza fisica, che varia con
continuità in funzione della posizione: campo di pressione, campo di temperatura, ecc.
- campo di forza in senso stretto: campo elettrico, magnetico, gravitazionale
C’è una differenza profonda fra i due ultimi tipi, che sono entrambi concetti molto astratti.
-
Campo di pressione o di temperatura.
La grandezza fisica rappresenta il valore medio della pressione o della temperatura del fluido in
quella zona dello spazio. NON è quindi una proprietà dello spazio in senso stretto, ma delle
particelle di materia che si trovano in quella zona. Ad esempio la temperatura assoluta T di un
fluido nel punto (x,y,z) è una misura dell’energia cinetica media (di traslazione) delle molecole che
si trovano in un volumetto V intorno a quel punto, ½ m v2=3/2 kB T (con kB= costante di Boltzmann
 1,4  10-23 J K-1)
(x,y,z)
T ( x, y , z ) 
m v 2 ( x, y , z )
3k B
(1)
Così pure la pressione P rappresenta, per un “gas perfetto”, la densità media di energia cinetica
nello stesso volumetto. Infatti, dall’equazione dei gas sappiamo che
P V = nmoli R T
(2)
dove nmoli è il numero di moli1 e R = costante dei gas perfetti = NAkB, con NA = numero di
Avogadro = 61023 mol-1, che rappresenta il numero di molecole presenti in una mole di gas. Il
prodotto nmoli NA è perciò pari al numero di molecole presenti nel volume V, Nmolecole= nmoli NA.
Sostituendo nella (2) e tenendo conto della (1), si ottiene perciò:
2
2
nmoli N A k BT ( x, y, z ) nmoli N A k B m v ( x, y, z )
N molecole m v ( x, y, z )
P ( x, y , z ) 



V
3k B V
V
3
Scritta in questo modo, si vede che la pressione media nel volume V è il prodotto di due termini: il
primo fattore è la “concentrazione numerica” delle molecole (cioè il numero di molecole per unità
di volume,  = Nmolecole / V) mentre il secondo fattore è 2/3 dell’energia cinetica media di
traslazione della singola molecola, Ecin = ½ m <v2>:
2

P ( x, y, z )   ( x, y, z ) Ecin ( x, y, z ) 
(3)
3

Questa relazione si può ottenere anche direttamente dalla teoria cinetica dei gas ed è importante,
perché mette in evidenza i due possibili contributi alla variazione di pressione: il contributo
“meccanico”, in cui si varia solo la distanza media fra le molecole, cioè la loro concentrazione,
senza cambiare la loro energia media (trasformazione isoterma, legge di Boyle), e il contributo
Una “mole” è una quantità di materia, espressa in grammi, avente una massa numericamente uguale alla massa
molecolare espressa in unità di masse atomiche (uma; 1 uma è definita come 1/12 della massa atomica del C 12). Ad
esempio una mole di ossigeno (O2) ha una massa pari a 32 g, perché il numero atomico dell’ossigeno è 16, la molecola
di ossigeno è biatomica e quindi la sua massa molecolare è 32 uma. In una mole di qualunque sostanza è contenuto un
numero di molecole pari al numero di Avogadro.
1
8
“termodinamico”, in cui si varia l’energia media delle molecole e quindi la temperatura. Soprattutto
però la relazione mette in evidenza che anche la pressione è legata alle grandezze che descrivono le
singole molecole, anche se questa relazione è più complessa di quella che si ha per la temperatura.
La temperatura infatti è direttamente proporzionale all’energia cinetica media della singola
molecola, e non dipende da altre variabili, la pressione è direttamente proporzionale all’energia
cinetica media della singola molecola ma è anche inversamente proporzionale al cubo della
distanza media dalle altre molecole, cioè al “volume medio” a disposizione della singola molecola,
Vmolecola= V / Nmolecole.
Un altro aspetto che si evidenzia da questa relazione è il fatto che nei fluidi si trasmette la
pressione, non la forza come nei solidi e che la pressione si trasmette con uguale intensità in tutte le
direzioni (legge di Pascal): nei solidi infatti ci sono delle forze “interne” che tengono ancorati gli
atomi a posizioni di equilibrio e quindi le forze applicate dall’esterno non possono che indurre, se
non sono troppo forti, spostamenti elastici intorno alla posizione di equilibrio che vengono
trasmessi da un atomo all’altro tenendo traccia della direzione, nel fluido invece è il moto della
singola molecola che si trasmette attraverso urti in tutte le direzioni.
Un “attacco” per visualizzare le forze che agiscono a distanza e introdurre il concetto di “campo”
Le forze che meglio si prestano sono le forze magnetiche, perché sono sufficientemente forti,
facilmente controllabili e riproducibili (la forza gravitazionale fra due corpi è troppo debole per
essere rilevata, per quella fra un corpo e la Terra non è misurabile la forza che agisce sulla Terra; le
forze elettrostatiche sono facili da osservare ma difficili da mantenere e riprodurre con le stesse
condizioni). L’esperimento classico della limatura di ferro che si muove quando si sposta una
calamita è utile ma è solo qualitativo. Suggeriamo due esempi di “oggetti per pensare” che sono
istruttivi: i “magnetini infilzati sulla bilancia” e “l’aquilone magnetico”. In questi esperimenti si
evidenzia che:
- la forza fra due calamite o fra un oggetto magnetizzato e una calamita si trasmette a distanza,
senza che ci sia bisogno di contatto e quindi di materia per trasmetterla,
- questo dimostra che gli oggetti sentono uno la presenza dell’altro anche senza essere a contatto,
- tutto succede come se la forza magnetica della calamita fosse già presente nello spazio anche
prima di avvicinare l’oggetto magnetizzabile o l’altra calamita,
- una calamita modifica quindi lo spazio intorno a sé generando un campo di forze che viene
percepito dall’oggetto magnetizzabile o da un’altra calamita,
- il campo di forze dipende dalla posizione del punto, in particolare l’intensità diminuisce al
variare della distanza.
Il campo elettrico
Il concetto di campo elettrico venne introdotto inizialmente (Faraday, 1830) per campi statici
perché è una grandezza utile ed economica per descrivere il fatto che
- le forze elettrostatiche dipendono dalla distanza fra i corpi che hanno carica elettrica (per
brevità, ma in modo che può generare misconcetti, si tende a dire che le forze dipendono dalla
distanza fra le “cariche”, come se la carica elettrica fosse un ente a sé, mentre è una grandezza
fisica che caratterizza il corpo, come la massa, il volume, ecc.),
- la forze elettrostatica è direttamente proporzionale al valore delle due cariche elettriche in
interazione,
- come per tutte le forze, vale il principio di sovrapposizione, cioè la forza risultante su una certa
carica q che si trova nel punto P di coordinate (x,y,z) è la somma vettoriale delle diverse forze
F1, F2, F3, ecc., generate da diversi corpi dotati di cariche Q1, Q2, Q3, ecc. posti nei punti P1, P2,
P3, ecc.
- dato che le singole forze sono proporzionali a q, anziché sommare le forze conviene sommare i
corrispondenti valori del vettore campo elettrico Ei(x,y,z) dovuto all’iesima carica nel punto P,
9
-
per cui la forza risultante sarà il prodotto del campo elettrico risultante Eris(x,y,z) nel punto P
per la carica q,
il campo Eris(x,y,z) può perciò essere considerato “una caratteristica del punto” e non più come
una forza per unità di carica che agisce su un corpo messo nel punto P;
P3 (corpo 3,
Eris
P1 (corpo 1,
dotato di carica
elettrica Q1)
dotato di carica
elettrica Q3)
E4
E3
P
E2
E1
P2 (corpo 2,
dotato di carica
elettrica Q2)
P4 (corpo 4,
dotato di carica
elettrica Q4)
-
al punto P viene associata anche una “densità di energia immagazzinata nel campo”. Si
dimostra abbastanza facilmente – facendo riferimento al condensatore piano, che l’energia
immagazzinata in un campo elettrico  vale, per unità di volume, ½ o 2 (supponendo di
essere nel vuoto o nell’aria, altrimenti occorre moltiplicare per la costante dielettrica relativa),
quindi nel volume V intorno al punto P, l’energia “elettrostatica” Eel varrà:
Eel = ½ o 2 V
(4)
Ma “dove” sta questa energia? In realtà, finché si tratta di campi statici, questa è energia potenziale
elettrica che sta nelle “cariche elettriche” che si trovano sulle armature del condensatore e che
hanno generato il campo elettrico stesso, per cui l’equazione (4) rappresenta solo un modo utile ed
economico per esprimere e calcolare l’energia. Così pure il campo elettrico nel punto P rappresenta
solo un modo utile ed economico per calcolare la forza elettrostatica, che verrà effettivamente
applicata a un corpo fisico posto in P. Si potrebbe fare tutta l’elettrostatica ragionando su “forze a
distanza” anziché su campi elettrici: sarebbe più scomodo, ma concettualmente non diverso (come
del resto fece Newton per le forze gravitazionali).
La grossa differenza, e quindi la necessità di ragionare in termini di campo, si ha ome del resto fece
Newtn quando si passa a campi elettrici (o magnetici) variabili nel tempo, perché allora si scopre
che un campo magnetico variabile nel tempo genera un campo elettrico (legge di Faraday) e,
viceversa, che un campo elettrico variabile nel tempo genera un campo magnetico (legge dello
spostamento di Maxwell) e che questi due campi così generati viaggiano nello spazio come onde
elettromagnetiche, arrivando in posti anche lontanissimi dalle cariche elettriche che li hanno
generati! E l’energia che questi campi portano è ancora data dall’equazione (4).
Pertanto, il campo elettrico o il campo magnetico nel punto P(x,y,z) vivono, in un certo senso, di
vita propria, indipendentemente dal corpo fisico, dotato di carica q e posto nel punto P per
scoprirne la presenza o delle cariche stesse che li hanno prodotto. Il motivo per introdurre il
concetto di campo già in elettrostatica o in magnetostatica è perché il concetto di campo e le sue
leggi servono per l’elettrodinamica (la legge di Gauss, ad esempio, non è altro che la legge di
Coulomb riscritta in termini di campo elettrico ed è una delle quattro equazioni di Maxwell).
Il concetto di campo elettrodinamico è quindi completamente diverso dai campi di pressione o di
temperatura, molto più complesso, perché richiede di aver colto tutte queste relazioni e motivazioni.
10
Esercizi
Test
Esaminate i seguenti test proposti alla prima prova di ingresso alla SIS del 2001. Per ciascuno di
essi,
- indicate la risposta corretta,
- discutete a quale livello della tassonomia di Bloom il test è mirato principalmente,
- aggiungete una domanda mirata ad “aprire” il test, discutendo i motivi per cui l’avete
costruita in quel modo e quali risposte vi aspettate,
- discutete se il test sarebbe proponibile a livello di scuola secondaria; nel caso non lo riteniate
proponibile, indicate come lo modifichereste,
- discutete se il test, proposto in una scuola secondaria, si adatta meglio a prove di ingresso, in
itinere o finali, motivando la scelta.
1. Il grafico mostra la velocità di un corpo nei 40 secondi di moto. La sua velocità media durante il
moto è:
v (m/s)
A) 0 m/s
20
B) 8 m/s
C) 10 m/s
D) 12 m/s
t (s)
E) 14 m/s
10
20
30
40
2. Il grafico precedente descrive il moto di un corpo che
i) rotola verso il basso, prosegue in piano, risale verso l’alto
ii) è lanciato verso l’alto, prosegue in piano, cade verso il basso
iii) rimbalza elasticamente contro una parete
Delle precedenti affermazioni sono vere:
A) la prima
B) la seconda
C) la terza
D) la prima e la terza
E) nessuna delle tre
3. Una superficie rettangolare che misura 8 x 4 cm2 alla temperatura di 127 0C si comporta come
un corpo nero ed emette una potenza P. Se la lunghezza e la larghezza della superficie vengono
dimezzate, allora la potenza emessa risulta
A) 0,25 P
B) 0,5 P
C) 1,27 P
D) 5 P
E) 10 P
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4. Sulla Terra un corpo sospeso ad una molla produce un allungamento l e oscilla con frequenza f.
Se il corpo viene trasportato sulla Luna e sospeso alla stessa molla le due quantità diventano l’=l/n
ed f’. Il rapporto f/f’ è
A) n
B)
n
C) 1
D) 1/ n
E) 1/n
5. Un carrello di massa 20 kg trasporta 5 kg di granaglie muovendosi a 10 m/s su un binario
orizzontale privo di attrito e rettilineo. Dall’istante t= 0 s a t1=10 s, a causa di un foro nel fondo
del carrello, vengono perse delle granaglie al ritmo di 0,25 kg al secondo. Alla fine, la velocità del
carrello sarà circa di
A) 5 m/s
B) 9 m/s
C) 10 m/s
D) 11 m/s
E) 20 m/s.
Problemi
Esaminate i seguenti problemi presi dalla seconda prova di ingresso alla SIS del 2001. Per ciascuno
di essi,
- risolvete il problema,
- discutete a quale livello della tassonomia di Bloom il problema è principalmente mirato,
- discutete se il test sarebbe proponibile a livello di scuola secondaria; nel caso non lo riteniate
proponibile, indicate come lo modifichereste,
- discutete se il test, proposto in una scuola secondaria, si adatta meglio a prove di ingresso, in
itinere o finali, motivando la scelta.
1. Un'auto di media cilindrata, che ha una massa di circa 1000 kg, sale su un pendio avente una
pendenza del 7% con una velocità costante di 120 km/h al massimo della potenza che il motore può
erogare.
a. Individuare le principali forze che agiscono sull'auto e rappresentarle graficamente in direzione e
verso, dando un “nome” a ogni forza in modo da poterla identificare nel resto del problema.
b. Scrivere la relazione analitica generale fra la velocità, la forza e la potenza erogata.
c. Valutare numericamente, per la sola forza peso, la minima potenza richiesta per poterla
contrastare.
d. In piano, la stessa auto, alla potenza massima, raggiunge i 160 km/h: spiegare il motivo della
differenza e scrivere esplicitamente le equazioni che legano potenza e velocità nei due casi.
2. La quantità di calore che 1 m3 di gas metano (CH4) distribuito dalla rete cittadina può sviluppare
nella combustione è stimata essere di circa 8000 kcal. Assumendo per semplicità che la pressione
nella rete di distribuzione sia circa pari alla pressione atmosferica (105 N/m2) e che la temperatura
sia quella ambiente (300 K),:
a. valutare2 quante moli ci sono in 1 m3 di gas
2
costante dei gas
R = 8,3 J K-1 mol-1
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b. valutare quanta energia si sviluppa nella fiamma dalla reazione elementare di trasformazione di
una singola mole di gas (esprimerla in joule)
c. valutare quanta energia e quindi quanto gas occorre per cuocere un tipico piatto di spaghetti
(facendo una stima ragionevole della quantità di acqua necessaria, della variazione di
temperatura e del tempo necessario per la cottura)
d. valutare la potenza che deve avere la fiamma per permettere di cuocere gli spaghetti in un tempo
ragionevole
e. discutere se è corretto dire, come spesso si sente nel linguaggio comune, che “il metano possiede
un’alta caloria”: quale parola andrebbe sostituita al termine caloria?
3. Un signore possiede un tosa-erba elettrico che, collegato alla tensione elettrica della rete (220 V),
funziona a 500 W. Dovendo tagliare l’erba in un prato lontano da casa, usa un cavo di prolunga,
collega il tosa-erba e controlla la tensione elettrica trovando che è solo di 190 V.
a. Calcolare la potenza erogata dal motore del tosa-erba in queste condizioni.
b. Quale è il motivo della differenza di tensione e di potenza elettrica?
c. Dove va a finire la differenza di potenza e in che forma?
d. Disegnare lo schema del circuito elettrico e valutare la resistenza elettrica del motore.
e. Se la misura della tensione elettrica al fondo del cavo fosse stata fatta prima di collegare il tosaerba, quale valore di tensione elettrica si sarebbe trovato? Giustificare la risposta.
4. Quanto vale (approssimativamente) la velocità di propagazione del suono in aria se il “do medio”
(256 Hz) ha una lunghezza d’onda di 1,34 m?
a. In acqua la velocità di propagazione del suono è di circa 1500 m/s: quanto vale
(approssimativamente) la lunghezza d’onda del “do medio”? E la frequenza?
b. Quanto vale (approssimativamente) il periodo del “do medio” in aria? E in acqua?
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L’aquilone magnetico
• Attività introduttive:
- esplorare in vari modi come è fatta una calamita e l’attrazione o repulsione che avviene fra poli
eguali e poli opposti di due calamite
- esplorare la magnetizzazione di oggetti metallici, come una clips, quando sono avvicinati a una
calamita
- verificare che la clips magnetizzata si comporta come un vero e proprio magnete, con poli
opposti agli estremi
- individuare sempre le forze in gioco indicandole con il nome degli oggetti in interazione
• Un gioco per esplorare l’interazione a distanza.
- Attaccare un cordino leggero alla base del fermaglio metallico, che fungerà da “aquilone”.
Appoggiare cordino e fermaglio su un tavolo e, tenendo fermo con un dito l’estremo libero del
cordino, avvicinare una calamita al fermaglio, facendo in modo che la calamita lo attiri senza
tuttavia toccarlo fino a quando il cordino risulti ben teso. A questo punto cominciare a sollevare
la calamita badando di tirarsi dietro il fermaglio.
- Con il righello fissato alle calamite evidenziare la distanza massima che si può lasciare fra la
calamita e l’estremo del fermaglio senza che il fermaglio cada. Valutare la forza di attrazione
magnetica (occorre aver pesato prima il fermaglio)
- Confrontare la distanza massima quando il filo è verticale con quella che si riesce ad avere con
inclinazione obliqua. Disegnare e valutare le forze che agiscono in questo caso
- Ripetere la prova con più fermagli appesi oppure con più calamite
Fcalamita-fermaglio
Ffilo-fermaglio
FTerra-fermaglio
Misure da fare e dati da raccogliere o calcolare:
-forza magnetica fra calamita e fermaglio in funzione della distanza e dell’angolo
-forza di tensione del filo
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I magnetini “infilzati” sulla bilancia
• Attività introduttive: esplorare in vari modi come è fatta una calamita e l’attrazione o repulsione
che avviene fra poli eguali e poli opposti di due calamite;
- per farlo più facilmente, infilare i magnetini forati sullo stecchino piantato nel pongo per tenerlo
verticale
- individuare sempre le forze in gioco indicandole con il nome degli oggetti in interazione
• Attività per indagare l’interazione a distanza. Mettere pongo, stecchino e un magnetino su una
bilancia da cucina e pesarli. Infilare sullo stecchino un magnete forato facendo in modo che si
trovino affacciati poli eguali. Osservare la variazione di “peso”. Tradurla in variazione di “forza
peso” esprimendola in newton;
- provare a spingere verso il basso il magnetino che levita; osservare e valutare la variazione di
forza peso al variare della distanza;
- ripetere la prova allontanando verso l’alto il magnetino che levita
- ripetere le prove facendo affacciare le facce opposte dei magnetini
- ripetere le prove frapponendo tra le calamite uno spessore di carta o di altro materiale non
magnetizzabile
Misure da fare e dati da raccogliere:
-forza magnetica fra due calamite in funzione della distanza in repulsione
-forza magnetica fra due calamite in funzione della distanza in attrazione
-forza magnetica fra più calamite in funzione della distanza in repulsione
-forza magnetica fra più calamite in funzione della distanza in attrazione
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