Con Maritain oltre il Novecento: vita e pensiero in dialogo nella verità

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Con Maritain oltre il Novecento: vita e pensiero in dialogo nella verità
Riceviamo
da Carlo Pantaleo (dell’Associazione Centro Studi
Nuove Generazioni - www.associazionenuovegenerazioni.blogspot.com) la sua
interessante e esaustiva recensione del volume di Piero Viotto,
Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain, recentemente edito da Città Nuova.
Piero Viotto,
già docente di pedagogia presso l'Università Cattolica di Milano, è stato il
primo curatore in Italia di Umanesimo integrale. Questo suo ultimo scritto è
stato pensato per aiutare gli studenti a non smarrirsi nel caleidoscopio del
pensiero contemporanea.
Piero
Viotto, Il pensiero contemporaneo secondo J. Maritain, Roma,
Città Nuova Editrice, 2012, p. 334, € 28,00.
Con
Maritain oltre il Novecento: vita e
pensiero in dialogo nella verità
di Carlo Pantaleo, Formatore e ricercatore sociale, Presidente Ass. Centro
Studi Nuove Generazioni e Di Comunità
Indice
- Nel caleidoscopio dell'esperienza del pensiero contemporaneo
- Un pensiero per la vita
- Pensare in dialogo, capaci di verità
- La costante struttura logica del pensiero
- Conoscenza che diviene convivenza
- La ragione aperta nel pensiero che diventa azione
- La verifica non coincide con la verità, ma ne è mezzo
- Unità e testimonianza di vita e di pensiero
- Il pensiero trascende la storia ed è necessario al bene comune
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Nel caleidoscopio dell'esperienza del pensiero contemporaneo
“Il pensiero contemporaneo
secondo J. Maritain” di Piero Viotto offre una articolata e innovativa
prospettiva di ricerca sull'opera dei pensatori che continuano a interrogare
questo passaggio d'epoca. Vita e pensiero sono necessariamente in dialogo
circolare, ma verso quale senso ultimo? Come educarci a conoscere e a
conoscerci nell'oggi che viviamo e pensiamo? Quali i dilemmi del nostro tempo e
del nostro futuro, proprio là dove normalmente acquisiamo scienza ma
tralasciamo saggezza? Perché sentirsi responsabili non solo delle proprie
azioni e di una scrupolosa esecuzione, ma anche degli altri e di quelle che li
riguardano? Sfidando e mettendo a nudo la tragedia dei pensieri dell'umanesimo
così come giungono al nostro presente, si sente la necessità della capacità di
recuperare un vero e proprio pensiero integrale. Il nodo problematico non è più
solamente quello di una nuova società, perché oggi più che mai è in crisi
l'idea stessa di persona che ne è il soggetto protagonista. L’apporto
inestimabile delle sole scienze non ha dato i suoi frutti. Heidegger constatava
che “Nessuna epoca quanto la nostra ha
accumulato sull’uomo conoscenze così numerose e diverse... nessuna epoca è
riuscita a rendere questo sapere così prontamente e così facilmente
accessibile. Eppure nessuna epoca ha saputo meno che cosa è l’uomo”. Non si
tratta più solo o primariamente delle relazioni circostanziali che si
instaurano nella costruzione della civiltà, ma della necessità di saper e
sapersi pensare senza farsi travolgere dal mondo nuovo. “Resta tuttavia, e questo Kierkegaard l'ha mirabilmente
visto, che è il
singolo che esercita l'atto di esistere, che è il singolo che esercita l'atto
di conoscere... che è il singolo che si salva o si perde per sempre, che con le
sue azioni e nientificazioni, nella sua relazione con Dio e con le creature,
contribuisce a dar forma ai destini del mondo”. Anche se contrariamente
alle sue intenzioni, ogni sistema che essenzialmente ignora la persona umana,
condanna definitivamente l'uomo a essere uno schiavo del proprio prodotto. Non
si disgrega la società e la persona stessa quando si aiutano a capire che sono
vittime esse stesse di errori fatali, tra cui i propri. L’esempio negativo può
diventare come un momento di crescita. La nostra cultura invece tende a
concentrarsi solo su quelle che ritiene le sirene delle “Best practices” di
successo, e ciò vale anche per il pensiero. Ma in questo modo esso diventa come
prigioniero di una schema, di una ragione calcolante con premesse non discusse.
Sarebbe molto meglio si cominciassero ad affrontare le “Worst practices” che
sono quelle che fanno la differenza. Del resto l'esperienza ha le sue radici
proprio negli insuccessi ed è per questo la storia del pensiero ne deve tener
conto. Essa deve essere una storia di verità, di una verità per e con la
persona umana per il suo pieno sviluppo, apprendendo anche dai fatali errori e
dal cattivo pensiero. Sbagliare è umano ma diventa disumano perseverarvi.
L'esperienza è prodotto degli errori che si compiono, ma anche e a maggior
ragione, di quelli che si intercettano e prevengono prima che arrivino alla
conseguenza finale dell’evento avverso. Anche a un passo dalla fine ci deve
essere la possibilità correggersi, ma perché accada serve un pensiero capace
della necessità di imparare dall'esperienza e dagli errori. Quindi si può e si
deve esporre anche quelle teorie e dottrine, che alla luce delle esperienze e
conoscenze successive, si sono rivelate falsificate come ricerca o ricondotte
contro la stessa persona e il suo riconoscimento. Permettendone di comprenderne
il limite intrinseco per superarne la crisi, particolarmente ricca di
implicazioni e confronti è quest'opera di Viotto. Molto più di una
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rielaborazione di quanto Maritain ha scritto, in essa ogni ricerca o indagine
dell'uomo, anche particolare, diviene necessariamente sull'umano in quanto
tale. Emblematico è il titolo della sua stessa introduzione al volume: “Dal criticismo al pensiero debole”.
Nella lettura del testo, anche per moduli tematici o per pensatori, attraverso
le riflessioni in profondità avviene un coinvolgimento personale che le
sviluppa e tiene conto delle relazioni sociali e del contesto storico a cui si
appartiene. Questa opera ha il pregio e la responsabilità di farci pensare. Ci
aiuta e ci spinge in questa direzione senza mai ridursi al solo acquisire
elementi di storia della filosofia. Ne è necessariamente anche un riassunto, ma
la sua lettura ci interroga e invita ancor più ad approfondire, sia quanto si
legge nelle sintesi espresse che gli interrogativi che si aprono. Certo ogni
filosofia si proietta anche nel futuro, ma in questa lettura le prospettive che
si generano sono come accompagnate e verificate in un dialogo continuo di
esperienza e considerazioni, comprese quelle nel passaggio tra un pensatore ed
un altro. Compiendosi certamente con l'uso della ragione, si tengono sempre
presenti le connessioni fra i singoli sistemi e problemi. Ancor prima, questi
sono uniti alle esigenze vive dello spirito umano che anela a interpretare
universalmente tutta la realtà.
Un pensiero per la vita
Il pensiero integrale che emerge
deve quindi saper ascoltare gli altri pensatori di cui si tratta andando
direttamente alle fonti, piuttosto che solo alle letture che se ne fanno.
Questo recupero e riforma del pensare deve essere esigente rispetto alla
realtà, ma anche frutto di un sapere interdisciplinare che tenga conto di tutte
le dimensioni della persona, che è valore morale e realtà ontologica.
Confrontandosi con i presupposti, le sintesi e il modo di procedere dei diversi
pensieri, si organizza in una forma tendenzialmente oggettiva rispetto a quanto
emerge di soggettivo nell'esperienza compiuta. Infatti tra gli esistenti
l'essere umano è l'essere che come persona più si eleva sulle cose e
dall'azione, potendo partecipare all'Essere. La sua dignità significa il
diritto ad essere rispettata e che è soggetto delle relazioni sociali con i
suoi diritti e doveri. Come afferma l'autore Piero Viotto nell'introduzione: “Articolo l'analisi del multiforme mondo
delle correnti di pensiero contemporaneo in due parti, perché pur riconoscendo
tutte il valore, la libertà, l'autonomia della persona umana nella sua
individualità, alcune, dipendendo dall'impostazione kantiana, riconoscono
questa dignità solo come un valore morale, e rimandano ad una soggettività
empirica, mentre altre, rifacendosi, in modo più o meno esplicito, alla
filosofia dell'essere, riconoscono l'ontologia dell'essere uomo”. La
filosofia apprendendo ad apprendere dalla sua stessa storia e dal vissuto
umano, tra le nostre conoscenze diviene scienza della verità, spingendo sempre
più alla ricerca per imparare a vivere veramente. Non vivacchiare o
sopravvivere, ma “sostenere l'uomo e
l'intelletto umano di quell'atto, l'adesione alla verità, nel quale consistono
ad un tempo la dignità dell'uomo e la sua ragione di vivere”. Aderire non è
solo un insegnare a cercare rischiando l'illusione di possedere, ma è educare a
trovare e a vivere la stessa verità, superandosi continuamente nell'aiuto
reciproco. Il deposito dei tanti pensatori del passato e del presente, può
essere questo scrigno in cui cercare e confrontarsi per trovare risposte. Come
in una filigrana i diversi capitoli del libro ne rappresentano in successione i
passaggi fondamentali: “Oltre
l'illuminismo”, “L'età delle ideologie”, “La crisi della modernità” e
“Incertezze e speranze”.
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Pensare in dialogo, capaci di verità
Ben più di un compendio di
storia della filosofia e dei filosofi rielaborandone in nozioni quanto ha
scritto Maritain nei volumi dell'opera omnia, quest'opera è piuttosto
un'introduzione alla realtà e alle tendenze del nostro tempo. Non è “il pensiero di un uomo solo, ma un pensiero
in dialogo, capace di trovare la verità ovunque essa sia, anche nei sistemi
diversi dal proprio, non essendo la verità esclusiva di un sistema filosofico,
ma inclusiva di tutti coloro che la cercano... Chi pretende l'esclusiva della
verità, non la condivide, non accetta che altri, per altre strade, possano
raggiungere la medesima verità”. Viotto collabora con diverse riviste ed è
autore di numerose pubblicazioni. Ha dedicato una vita intera allo studio e
all'insegnamento, oltre a far conoscere Jacques e Raissa Maritain. Per primo ha
eccellentemente curato l'edizione italiana di “Umanesimo integrale” del filosofo francese attraverso cui ne
aveva
così permesso una profonda conoscenza e divulgazione, ad una platea ampia
quanto trasversale. In piena sintonia con Maritain, nei suoi scritti e
introduzioni che ne richiamano tutte le opere, ricostruisce anche qui con
linguaggio semplice i passaggi fondamentali e le direttrici innovative,
offrendo continuamente spunti e proposte che divengono impegno per l'attualità.
Da cristiano, il pensiero di Maritain si rivolge così a tutti gli uomini di
buona volontà nel tempo che vivono, per ricercare la garanzia di una libertà
corresponsabile nella tendenza alla giustizia sociale. E' questo un modo e una
via efficace per vivificare il sociale, permettendo a Cristianesimo e
democrazia di ritrovarsi insieme nella distinzione, purché l'esser persona
sempre preceda e conduca il pensare e l'agire, il contratto e la legge,
l'individuo e la società. Come spiega Viotto, in Maritain i nomi dei pensatori
e delle correnti di pensiero precedenti e contemporanei, connettono “in continuità le diverse modalità del
filosofare, che variano con il susseguirsi dei filosofi nella storia, con la
filosofia, che rimane invariata nella sua problematica per ogni uomo, che,
rispettando l'oggettività della sua ricerca, non la risolve nella soggettività
del suo pensare”. Nella conclusione del libro, nell'ultimo paragrafo su “Il ritorno della saggezza” così
si
legge: “Se gli uomini nel travaglio della
storia sono riusciti a trovare un accordo pratico sui diritti dell'uomo,
riconoscendo a ciascuno la libertà di coscienza, è perché si sono liberati
dalla presunzione illuministica di essere legge a loro stessi e dalla sovranità
dello Stato come assoluto nella storia. Dall'idealismo della ragione trionfante
sono tornati al fenomenismo del pensiero debole, facendo un passo avanti possono
ritrovare il realismo della conoscenza e riscoprire il diritto naturale come
fondamento del loro accordo”.
La costante struttura logica del pensiero
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Non bisogna dimenticare che in
Maritain la logica è studio della ragione nella percezione e consapevolezza di
quello che fa e comporta. Per approfondirne l'analisi ne ha scritto anche un
trattato, ma in tutte le sue opere che hanno un linguaggio discorsivo, c'è
sempre costante una struttura logica. Nelle differenze di metodologia e
linguaggio, ci sono così elementi di continuità e convergenza che come
un'ossatura attraversano i diversi campi del sapere. Senza contraddirsi il suo
non è un realismo ingenuo che storpiando la realtà la vorrebbe conservare in
una facile e statica rappresentazione. E' invece un purificare, liberare ed
aprire il senso comune per riportare la logica a critica che verifica la
validità dei ragionamenti, sempre in rapporto alla realtà delle cose. Da questa
cogenza dipende l'azione e la sua conformità. Maritain rileva che “i concetti sono prodotti dallo spirito prima
di essere assemblati, nel senso che le parti della proposizione (prese
separatamente e in loro stesse) sono conosciute prima di questa; perché la
semplice apprensione precede il giudizio”. Come in Karl Popper la conoscenza
procede per congetture e confutazioni che tendono alla verità, perché la mente
accostandosi ai fatti è impregnata di teoria, cioè precomprensioni. C'è dunque
bisogno dell'apporto di ognuno perché in questo confronto il binomio conoscenza
e convivenza non scada nella confusione tra errore ed errante, non si pieghi né
abdichi al proprio compito, ma divenga invece premessa dell'umanesimo
personalista e comunitario. Ci sono molte corrispondenze con la società aperta
di Popper, ma anche con quell'amicizia civile che Bergson riprende per la città
aperta, capace di abbracciare l'umanità intera. L'aspetto cruciale non è chi è
dentro o fuori, oppure l'esserne ritenuti tali per un'appartenenza individuale
o di gruppo predefinita, ma “Si tratta di
passare da un ordine a un altro: dall'ordine di società chiusa all'ordine,
infinitamente differente, della società aperta e spirituale, in cui l'uomo è
unito a quell'amore stesso che ha creato il mondo. Tutto questo è vero. Ma
anche qui la semplice considerazione dello sviluppo in estensione è solo
accidentale”. In questo rapportarsi alla realtà nella forma della verità è
richiesto il coraggioso impegno di ciascuno e di tutti, ma avanza non a
prescindere, non imponendolo, non per convenienze, convenzioni o inclinazioni,
bensì sperimentando la convinzione e la convergenza del bene sempre possibile e
operante. Trattando di Maurice Blondel che contrapponeva la conoscenza
intellettuale a quella reale sperimentabile nell'affettività: “egli dichiara che questa conoscenza corrisponde
senza dubbio a un momento dello sforzo dell'intelligenza in cerca di un reale
più reale del reale apparente, ma afferma che quella stessa conoscenza è
incapace di soddisfare un tale desiderio e di mettere la nostra intelligenza in
possesso del suo proprio oggetto... Esiste una bella differenza tra l'affermare
che la filosofia non basta e il costruire una filosofia dell'insufficienza”.
Conoscenza che diviene convivenza
La conoscenza è ricerca
autentica della verità che diviene amore. Proprio perché possa vivere non va
tenuta per se stessi, bensì comunicato e donato per il bene di tutti: “Come Bergson ha dimostrato nelle sue
profonde analisi, è stato lo slancio di un amore infinitamente più forte della
filantropia predicata dai filosofi, in quanto esso è la manifestazione in noi
dell'amore creatore degli esseri e rende veramente ogni essere umano nostro
prossimo, a far valicare all'abnegazione umana le frontiere chiuse dei gruppi
sociali naturali, gruppo familiare e gruppo nazionale, allargandola a tutto il
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genere umano... un tale amore, esteso a tutti gli uomini, trascende e
contemporaneamente trasforma dall'interno la vita propria del gruppo e tende a
riunire l'intera umanità in una comunità di nazioni e di popoli in cui gli
uomini siano riconciliati”. Questa opera ne offre davvero gli strumenti
critici essenziali di comprensione. In questa prospettiva la sfida che Viotto
si propone non è quella di affrontare questo o quell'aspetto della filosofia o
di un sistema filosofico, ma di porsi sul piano più generale della forza del
pensiero in quanto tale, proprio per superare l'imperante antropocentrismo del
relativismo e del nichilismo. Si esce dalla crisi di senso con un recupero del
pensiero classico e scolastico, “del
realismo di san Tommaso, senza perdere i valori espressi dalla modernità, tanto
da parlare di realismo critico”. Questa dinamica permette di uscire
dall'imprigionamento del processo cognitivo-centrico e dalla relativa debolezza
del pensare che sostituisce i concetti ai simboli. Maritain riconosce che “non è nell'intellezione ma nel giudizio che
l'intelligenza possiede propriamente la verità”, ma “ripugna l'assoggettamento alla cieca costrizione delle
forme a priori
kantiane”. Si potrebbe dire né padroni, né schiavi neanche di sé stessi e
del proprio pensiero. Come si umanizzasse, esso diventa una riconquista della
libertà di coscienza e dell'esigenza di un pensiero cogente dentro e dalla
stessa persona. Essa ne è il soggetto, piuttosto che l'oggetto prevalentemente
condizionato da fattori esterni, che ne sono pur conseguenza. Aiutare “a prendere coscienza dell'importanza del
problema della personalità morale”, non significa concettualizzare talmente
l'essere umano da credere di potersi salvare da solo con i propri mezzi. Così
facendo se ne ha invece accelerato la possibilità della sua stessa fine.
Confondendo “la libertà di scelta con la
libertà di autonomia, facendo della volontà umana la regola delle proprie
azioni, ha generato un superuomo”. Questo “si è rapidamente decomposto, di modo che dopo avere
rivendicato
un'indipendenza divina, l'uomo del materialismo psicologico o sociologico
contemporaneo cerca invano se stesso nei conflitti e nei fantasmi del mondo
sotterraneo dell'inconscio o nei meccanismi della vita sociale”. Non si può
e non si deve risolvere l'umano e il suo pensiero in un impassibile divenire
dialettico dove “si sostanzializza il
nulla, e il male diventa un protagonista della vita come Nietzsche ha
profetizzato e Sartre ha teorizzato”. Senza speranza non vi è giustizia nel
presente, perché nel fare che diviene un “per fare” ad ogni costo si emargina,
anziché accompagnare e promuovere, la persona che è al centro delle relazioni
sociali. “Nel mondo anglosassone il
pragmatismo giunge ad affermare il principio del successo, facendo della
riuscita il criterio della verità. E' la logica di mercato, per cui una cosa
vale se rende, e il concetto una sorta di previsione della riuscita (marketing)”.
Una società libera e giusta che sia fraterna può essere realizzata soltanto nel
rispetto della concreta dignità trascendente della persona umana. La
coincidenza è tra vero e reale secondo la complessità e corrispondenza di tutti
i suoi aspetti, rifiutando la settorialità dell'intelletto a cui ci si è
abbandonati, oppure la contrapposizione che ne diviene assurda assimilazione. “Il realismo critico salva l'oggettività
della conoscenza e l'attività del soggetto, nella distinzione e nella
correlazione tra essere e pensiero. Soltanto in Dio il soggetto e l'oggetto, il
pensiero e l'essere, coincidono”.
La ragione aperta nel pensiero che diventa azione
Viotto, in questa vera e propria
opera che ne esprime la missione, completa e sviluppa il volume precedente “Il pensiero moderno secondo
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Maritain”,
traccia itinerari di riflessione che partendo da Socrate arrivano fino a
Sartre. C'è un confronto continuo con i pensatori di cui si tratta come con
viventi e i loro enunciati assumono carattere universale. Non ne è considerata
la rilevanza solo nella misura in cui siano ricondotti a momenti di una
dialettica che avanzerebbe inarrestabile. Durante la giovinezza Maritain aveva
vissuto una crisi profonda e dolorosa in cui gli insegnamenti appresi lo
avevano portato a disperare e diffidare della ragione stessa. Scoprendo il
pensiero di San Tommaso questa invece gli veniva restituita in pienezza secondo
la sua giusta autonomia, trovando così risposta all'inquietudine delle verità
impazzite e ai problemi avanzanti del proprio tempo. Non scriveva per i
filosofi ma rispondeva agli interrogativi e bisogni che emergevano. La sua
ricerca filosofica è esistenziale, logica e sociale. Il cambiamento parte
anzitutto da se stessi, divenendone esempio e testimonianza vivente. E'
saggezza di ragione non chiusa, ma aperta alla sapienza della grazia nella
vita. Ripensarsi significa ripartire dalla persona che è la condizione
necessaria per riconciliarsi nelle relazioni in se stessi e con l'altro, base
per ogni vita e società degna dell'essere umano. Quanto mai attuale questa sua
seria e determinante indagine, non si ferma ad enunciazione di principi
generali. Se fosse così rimarrebbero astratti e di fatto continuerebbero
l'eterogenesi dei fini rispetto alle azioni che si compiono. Il pensiero di
Maritain invece permettendone quelle transizioni, mediazioni e conciliazioni
nel presente che si vive, ne progetta e ne prepara il futuro. Mai fine a se
stesse o per interessi, permette di ricercare e realizzare nel pluralismo la
pratica collaborazione della società. Uomo del dialogo ma senza compromessi
quando la verità è in causa, aveva grande attenzione alla realtà e passione per
la giustizia. “Il pluralismo non è una
filosofia ma solo una metodologia politica che fonda la legittimità della legge
formulata dalla maggioranza e insieme garantisce al cittadino la libertà
dell'obiezione di coscienza... Ma la democrazia non richiede soltanto il
rispetto della libertà di coscienza, ma implica anche la ricerca della
giustizia sociale... perché l'unità sociale di base non è l'individuo come
atomo ma la persona nelle sue relazioni sociali, ad incominciare dalla
famiglia... la democrazia è un tutto fatto di tutti, perché il bene comune non
è il bene delle istituzioni, ma delle persone in società... non solo deve
essere intrinsecamente morale, ma dev'essere distribuibile ai cittadini”.
La verifica non coincide con la verità, ma ne è mezzo
Risultato dell'esperienza di una
vita e dello studio durato quattro anni, questo volume di Viotto si presenta
come una sorta di controstoria rispetto allo storicismo dei manuali della
storiografia contemporanea. Un comportamento spassionato dovuto al fatto di non
piegare i fatti al proprio desiderio, ma anche dalla necessità di garantirne
l'approfondimento opportuno. Spacciato per teorico oppure utopista, ancora oggi
Maritain anche quando citato è realmente poco conosciuto. Il suo contributo è
tenuto distante dal consumo della mediacrazia. Se non negato, è reso
incomprensibile dal pensiero unico senza alternative, anche quando in crisi.
Considerato come problema per i temi affrontati né è invece soluzione,
permettendo di non rimanere prigionieri di egemonie o del conflitto tra opposti
estremismi. “Il nostro razionalismo
classico perde il suo mordente e cerca di far posto a valori che ha per lungo
tempo negato e nel medesimo tempo sente minacciati quegli elementi di verità,
che egli affermava con cieco esclusivismo”. E' grazie all'autore, e a
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quanti altri hanno compiuto quest'opera meritoria, di averlo studiato e di
averci arricchito di questa proposta di contemplazione nella convivenza
sociale. Non è miopia o fuga, ma quale mezzo unito al fine, ciò che per
eccellenza permette di giungere alla perfezione della carità ed esercitarla.
Non dunque momenti separati, ma contemplativi nella vita attiva e attivi nella
contemplazione. Si riconosce così la priorità e il primato del fine sui mezzi,
dei valori sulle tecniche, dell'essere sul divenire. “I monaci benedettini hanno costruito l'Europa perché hanno
raccordato
l'azione alla contemplazione, il lavoro e la preghiera (Ora et labora),
connettendo teoresi e prassi; in seguito questo primato della contemplazione è
venuto meno, e si è giunti al primato dell'azione, della prassi, fino a fare
della riuscita il criterio di verità, con il pragmatismo culturale e il
machiavellismo politico, per cui un'opinione, un'azione, valgono, sono vere,
sono giuste, se riescono... Cercherò di tracciare, secondo l'analisi fatta da
Maritain, il percorso di questa caduta nel pensiero debole che finisce per
negare la filosofia stessa in un relativismo universale dove tutte le opinioni
sarebbero vere, e di intravedere l'inizio di un ritorno alla sorgente”. La
verifica non coincide con la verità, “non
è che una via e un mezzo per raggiungere la verità”. Permettendo di
scegliere tra i “come” con il “perché” e “per chi”, tramite essi se ne permette
la realizzazione, senza cadere nel finalismo o meccanicismo. “La libertà di scelta è un prerequisito della
moralità, non la sua forma”. Laicità diviene laicalità con vocazione e
missione distinta ma unita nelle due dimensioni, quella spirituale e quella
temporale. Non diventa laicismo o confessionalismo, ma ne scaturiscono
dinamismi che attraversano reciprocamente tutte le dimensioni umane e si
alimentano del loro confronto: dall'educazione alla politica, dall'arte alla
scienza, dalla morale alla democrazia, dalla filosofia alla teologia. “Non è un ritorno al medioevo, anzi intende
recuperare i valori positivi della modernità... essere fedeli a Tommaso, non
per ripeterlo, sarebbe antistorico, ma per continuarlo; la filosofia non si
fonda su un principio di autorità, ma sull'evidenza intellettuale, anche quando
si serve dei risultati della ricerca altrui”. Tommaso d'Aquino è davvero
l'apostolo dei tempi moderni, ma in una fedeltà che si rinnova senza rinnegare.
In Maritain l'unità del sapere attraverso la distinzione delle diverse
discipline, è saldata all'unità di una vita che ne è prima di tutto
testimonianza diretta. Nell'Angelus del 29 aprile 1973 Papa Paolo VI
annunciandone la morte lo ricordò leggendone un frammento inedito dedicato al
servizio della verità: “Ogni professore
cerca d’essere quanto più possibile esatto, e ben informato come possibile
nella disciplina particolare sua propria. Ma egli è chiamato a servire la
verità in modo più profondo. Il fatto è che a lui è domandato d’amare prima di
tutto la Verità, come l’assoluto, al quale egli è interamente dedicato; s’egli
è cristiano, è Dio stesso ch’egli ama”. Poi aggiunse: “Chi parla così? E’ Maritain, morto ieri a
Tolosa. Maritain, davvero un
grande pensatore dei nostri giorni, maestro nell'arte di pensare, di vivere e
di pregare. Muore solo e povero, associato ai Petits frères di padre De
Foucauld. La sua voce, la sua figura resteranno nella tradizione del pensiero
filosofico e della meditazione cattolica”.
Unità e testimonianza di vita e di pensiero
Maritain fornisce una sorta di
guida per il viaggio nel pensiero umano, e quindi anche del tempo e dello
spazio della storia umana in cui questo prende avvio. Pensatore in movimento il
suo messaggio non rimane intrappolato nel suo tempo, ma continua a scavare arrivando
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fino all'ora presente. Si autodefinisce “operaio
dell'intelletto” e “mendicante del
cielo travestito da uomo del nostro secolo”. Come si riscontra dalla
biografia, la sua formazione si esprime e si arricchisce nell'azione non solo
di studioso e scrittore, ma anche in quel rinnovamento civile capace di una
concreta capacità di risolvere i conflitti. Il suo pensiero è come la sua vita,
richiama e traduce sempre il principio di responsabilità. Nato a Parigi nel
1882 si iscrive alla Sorbona laureandosi in filosofia e dopo in scienze
naturali. In gioventù è stato anarchico e socialista, frequentava l'Ècole
socialiste e teneva conversazioni nelle Università Popolari. Era a favore dei
socialisti russi perseguitati dallo zar e scriveva articoli in un periodico socialista
per ragazzi. Insoddisfatto delle risposte dello scetticismo insegnato nei corsi
universitari dai propri professori, tanto era tormentato dal desiderio e
passione per la verità che con la fidanzata Raissa meditava il suicidio.
Conosciuto Charles Péguy di cui diventa grande amico, è da lui invitato alle
lezioni di Henri Bergson, decisivo per la vocazione intellettuale propria e
della moglie Raissa, sposata nel 1904. Aiuta Peguy nella redazione dei “Cahiers
de la Quinzaine”, quando incontrando lo scrittore Léon Bloy in un momento di
forte crisi intellettuale, decide la sua conversione da protestante a
cattolico. Uscendo dalla crisi, insieme alla moglie ebrea e a sua sorella Vera,
ricevono il battesimo nel 1906. L'incontro con il domenicano Humbert Clérissac
lo porta a leggere la Summa Teologica di san Tommaso. Diviene una rivelazione
intellettuale che lo mette in crisi rispetto alle insufficienze di Bergson.
Convinto dal pensiero tomista, fonderà i Circoli tomistici e poi la Société
thomiste. Cercherà di provarne l'attualità e la fecondità dei principi anche
per i nuovi problemi e temi del pensiero moderno, in un continuo arricchimento
con tutte le altre forme di pensiero. Nel 1912 insegna filosofia al “Collège
Stanislas” provocando la reazione delle autorità scolastiche per le sue
innovazione didattiche. Dal 1913 al 1939 è incaricato della cattedra di “storia
della filosofia moderna” all'Institut Catholique. La casa dei Maritain diventa
luogo di incontro di intellettuali, artisti, scrittori, poeti, filosofi e
teologi. All'aggravarsi della situazione politica in Europa prepara nel 1934 il
manifesto “Per il bene comune”.
Firmato da 50 intellettuali è un duplice no al fascismo e al comunismo. Prende
posizione contro l'invasione dell'Etiopia, il bombardamento di Guernica e la
guerra di Spagna. Maritain sostiene il più importante rappresentante del
personalismo, Emmanuel Mounier, in particolare nella fondazione della rivista “Esprit”, seppure
successivamente se ne
distacca perché finisce per diventare movimento politico. “La sua proposta di Umanesimo integrale (1936) va
oltre il liberalismo e il socialismo perché pone al centro delle
relazioni sociali la persona, non l'individuo o la società”. Costretto a
lasciare la Francia, si trasferisce a New York sfuggendo all'occupazione
nazista. Partecipa attivamente alla resistenza con radiomessaggi e stampa. La
polizia politica tedesca lo cerca per i suoi ripetuti interventi contro il
fascismo e l'antisemitismo. Dopo la guerra, dal 1944 al 1948, il generale De
Gaulle lo convince ad accettare l'incarico di ambasciatore della Repubblica
francese presso la Santa Sede. Nel 1947 accetta di rappresentare la Francia
alla seconda conferenza generale dell'Unesco a Città del Messico, in cui come
presidente tiene il discorso di apertura “Le
vie della pace”. Trasferitosi a Princeton insegna filosofia morale. Tra i
padri della Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948, ne
partecipa alla preparazione. Il suo pensiero ha influito anche
nell'elaborazione della Costituzione italiana e nelle politiche successive, in
particolare da parte dei costituenti Giorgio La Pira, Giuseppe Dossetti,
Giuseppe Lazzati e Amintore Fanfani. Anche Adriano Olivetti si richiama a lui,
curandone nelle edizioni del movimento Comunità da lui fondato, le prime
traduzioni delle opere politiche. Maritain ha profondamente influenzato e
contribuito a determinare la cultura dei movimenti e delle differenti
formazioni di ispirazione cristiana. Ne ha fatto comprendere la necessità di
autonomia e la responsabilità laicale, distinguendo legge e diritto, politica e
religione, società e stato. Riconoscendo nella collaborazione tra tutti gli
uomini la funzione pubblica delle comunità intermedie ne sviluppa
l'articolazione sussidiaria e solidale nell'ordinamento sociale e politico,
sempre a favore degli ultimi. La sua riflessione accoglie ed è accolta dalla
dottrina sociale della Chiesa sia per l'unità e lo sviluppo della famiglia
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umana dei popoli, che per una democrazia anche internazionale che difenda la
libertà e i diritti umani. Coscienza e servizio sono maniera esigente di vivere
l'impegno “lievitante” in prima linea, con competenza e eroicità, negli
ambienti di vita e nella società. Non cedendo alle ideologie o solo a un minimo
dottrinale comune, tutti possono contribuirvi, credenti e non, in un'opera
pratica comune per trasformare la società secondo il rispetto della persona e
la forza dell'amore evangelico. Ispiratore e maestro di questo forte impulso,
tuttavia mette in guardia contro il grave malinteso di ritrovarsi confusi con
le scelte partitiche (o comunque di difesa del proprio “particolare”)
raccomandando di aprirsi a uomini di partiti diversi, o che non fanno parte di
nessuno. Tanti si sono ispirati alla sua opera, proprio durante le dittature,
nella speranza della ricostruzione e di una pace permanente. Maritain ha curato
un'antologia di testi vari di filosofia politica, “Il filosofo nella società”, mentre in America usciva “La
responsabilità dell'artista”. Dopo la
morte della moglie nel 1960, si ritira presso la comunità dei Piccoli fratelli
di Gesù a Tolosa. Nel 1961 riceve dall'Accademia francese il Gran Premio
Nazionale della Letteratura, nel 1963 il Gran Premio Nazionale delle Lettere.
Anticipatore degli esiti del Concilio Vaticano II, ne è interpellato su alcune
questioni fondamentali. Alla fine dei lavori nel 1965 Paolo VI consegna proprio
a Maritain il “Messaggio agli uomini di
scienza e di cultura”. Nel 1966 all'Unesco tiene il discorso “Le condizioni spirituali del progresso e
della pace”. Nel 1969 riunisce i suoi scritti pedagogici e fa scrivere la
prefazione a una studentessa alla Sorbona che aveva partecipato alla
contestazione del 1968. Nel 1970 tratta della natura e storia della Chiesa, che
considera senza peccato, ma fatta di peccatori. Nel 1973 rivede le bozze del
libro finale in cui è compresa la sua ultima conferenza proprio su Lèon Bloy.
Maritain è davvero uno dei maggiori pensatori del XX secolo sapendo riunire in
sintesi vitali verità e forma, dinamismo e ordine. Uomo di profonda passione
religiosa, filosofica e civile, ha difeso l'ideale democratico di fronte alle
ideologie totalitarie del secolo scorso, ricercando la possibilità di una
società a misura di persona.
Il pensiero trascende la storia ed è necessario al bene comune
Democrazia è e deve essere libertà responsabile per tutti. Questo è
risultato del faticoso svolgimento impensabile senza il fermento del Vangelo,
che ha continuato a operare anche nella storia dell'umanesimo moderno
antropocentrico. In questa opera comune “Chi
non è contro di voi è con voi”. Fu testimone attivo e partecipe degli
eventi del proprio tempo, in particolare contro le tendenze delle tentazioni
totalitarie e quelle di un falso pluralismo dell'indifferenza. Come dimostra
anche questo libro di Viotto, le sue riflessioni con pensatori ed artisti
delineano sempre i risvolti che la cultura comporta sulle azioni. Ad esempio
con il mondo tedesco riguardo le atrocità perpetrate dal nazismo “ritiene che si debba eliminare il virus
dell'imperialismo prussiano, e propone sul piano politico una soluzione
federale e sul piano morale il riconoscimento delle colpe commesse”. Nella
politica, nell'arte e nella scienza si ricercano e offrono strumenti solidi ed
efficaci per interpretare un mondo in cambiamento. Emerge nella storia come il
progresso della ragione non è stato un crescere unilaterale, né ha coinciso
necessariamente con uno sviluppo umano integrale. “Per Maritain la filosofia trascende la storia. Comte, Hegel,
Marx
ritengono che l'ultima filosofia apparsa nella storia sia quella vera, che
dialetticamente riassume in se stessa tutte le contraddizioni del passato;
Maritain, seguendo Aristotele e san Tommaso, ritiene che la verità non sia in
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divenire perché riferendosi all'essere, trascende e giudica il divenire. Pertanto,
pur seguendo l'ordine cronologico del susseguirsi dei sistemi filosofici, in
Maritain troviamo anticipazioni e richiami che superano la descrizione storica
e rimandano alla filosofia che trascende i sistemi, in quanto la filosofia non
coincide con la sua storia”. Quest'opera è totalmente attuale perché, a
differenza della precedente dedicata al pensiero moderno in cui se ne
riscontravano le premesse, permette di affrontare e superare la politica che
non viviamo, l'economia che subiamo e la filosofia del diritto che accettiamo.
Il rapporto tra la teoria e la sua storia, ampiamente discusso durante il
secolo scorso, si ripropone infatti periodicamente in funzione dei grandi
avvenimenti, con forme e contenuti nuovi, pur restando sostanzialmente legato al
diverso modo di intendere il reale. Il discorso si riconduce inevitabilmente a
un problema di metodo. La persona umana deve essere la misura di ciò che è
buono, essa non è fatta solo per produrre e accumulare. Confrontando “tra la morale secondo Aristotele e
Tommaso e
la morale secondo Kant... la prima riferisce il bene dell'azione da
intraprendere al bene dell'oggetto da porre come fine, è una morale
cosmico-realistica a base sperimentale normativa; la seconda, che si propone il
bene dell'azione staccato dal bene dell'oggetto, è una morale
acosmico-idealistica a base deduttivo-normativa. Nella prima la ragione umana è
una misura misurata, nella seconda la ragione umana è una misura puramente
misurante”. Il suo è un riferimento antropologico-personalistico in quanto
la realtà personale è modello esplicativo del pensiero che ne procede e
dell’esperienza vissuta, compresa quella sociale. Il suo è un messaggio di
libertà e di indipendenza dell'intelligenza rispetto alle riflessioni
sull'evoluzione del pensiero filosofico: si assume il rapporto con l’altro come
criterio. Maritain trattando di Kierkegaard, che ritiene più poeta che
filosofo, riconosce tra le sue intuizioni che “L'etica kantiana svuota il singolo di se stesso, lo riduce a farsi puro
punto astratto, o un soggetto logico svuotato di realtà davanti all'universale
astratto, che è la legge. L'etica hegeliana restituisce il singolo a se stesso
in quanto obbedisce volontariamente allo Stato e si identifica con l'universale
concreto, dove egli raggiunge il suo essere e la sua sostanza, che è la volontà
universale dello Spirito oggettivato nello Stato. E' contro questi due generi
di etica che la singolarità kierkegaardiana grida vendetta”. Il pensiero è
quindi una vigilanza critica sul tempo che fa dell'essere umano la via
quotidiana della sua vita ed esperienza, della sua missione e fatica. “Maritain riconosce che l'essenza è
un'astrazione, nell'oggettivazione della mente, che essa in realtà esiste solo
unita all'esistenza nella soggettività individuale e ripropone il problema
metafisico del suppositum”. Senza di esso l’esperienza sembra dunque
convergere verso un decentramento dell’uomo, verso la sua stessa decostruzione
che diventa perdita di qualsiasi punto di riferimento, di qualsiasi télos. “San Tommaso chiama suppositum ciò che
noi
chiamiamo soggetto. L'essenza è ciò che cosa una cosa è, il supposito, il
soggetto, è chi ha un'essenza, chi esercita l'esistenza e l'azione, chi
sussiste”. Il rapporto pensiero-persona si sviluppa partendo
dall'attenzione ad ogni essere umano fino a comprendere l'umanità intera ed i
problemi che in modo universale toccano la persona umana. L’essere umano rimane
oggi “questo sconosciuto” spesso più per cattiva scienza che per ignoranza.
Come afferma Piero Viotto nell'avvertenza preliminare del volume precedente sul
pensiero moderno: “la competizione tra le
scienze e le saggezze è sempre presente nel divenire della storia della
filosofia, ma nello spirito umano questa competizione tende verso una
composizione, proprio perché non possono esserci due verità”. C'è in
Maritain la riproposta delle ricchezze universali della millenaria riflessione
cristiana attraverso un'interpretazione critica dei diversi filoni dottrinali.
Le stesse esigenze interpretative di aspetti e problemi della realtà
contemporanea, si riflettono anche nel campo della ricerca storica del
pensiero. Spesso la tradizione della filosofia accademica sacrifica la
comprensione dei problemi reali all'eleganza del modello analitico, ma ciò è
ormai vivacemente contestato. “Non è il
linguaggio a fare i concetti, ma sono i concetti a fare il linguaggio. E il
linguaggio che li esprime li tradisce sempre, più o meno”. Da qui il
paradosso che più conosciamo, meno comprendiamo l’essere umano. Diventa dunque
urgente chiedere al pensiero di assumere una propria personale responsabilità
nel processo di trasformazione sociale, rielaborando quelli che sono i temi più
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cari all'uomo di ogni tempo. “L'analisi
del percorso storico del pensiero occidentale, dilagato con il marxismo e il neocapitalismo
in tutto il mondo, ha mostrato come il prevalere della scienza sulla saggezza,
dell'avere sull'essere, del sapere discorsivo sul sapere intuitivo, porta al
disumanesimo, al dominio della società sull'uomo, di pochi su molti, dei popoli
ricchi sui popoli poveri”. La storia umana cresce così perché non si ha un
processo di ripetizione ma di espansione che coinvolge necessariamente lo
stesso pensiero. Secondo la sapienza del cuore che diviene saggezza, Papa
Giovanni XXIII disse che “Dio non guarda
alle molteplicità delle azioni, ma al modo in cui si fanno”. Se l’uomo
fosse incapace di verità resterebbe fondamentalmente utilitarista e avrebbe una
libertà che ha già una fine predeterminata. Viotto in continuità e proiettando
il pensiero di Maritain, nei paragrafi della “Conclusione” del libro, individua negli stessi titoli le aperture
verso riflessioni più sistematiche dell'intreccio delle nuove problematiche: “Oltre la modernità”, “Dal
realismo alla
fenomenologia”, “Dalla logica formale alla logica strumentale”, “Dalla legge
eterna al diritto come intersoggettività”, “Dallo stato assoluto allo Stato
democratico”, “Dall'universo organico al pluriverso casuale”, “Il ritorno alla
saggezza”. Determinante di questa crescita è quanto sia una sfera di espansione
dell'individuo per una comunità di comunità e della società per la persona. Al
centro di queste due tendenze riumanizzanti e reciproche, il pensiero diventa
presenza del e dal volto umano. Vi si trova così l'ideale di un obiettivo a
lunga scadenza che non potrà mai dirsi cosa fatta o acquisizione di un solo
particolare sapere. Il pensiero di Maritain anche quando tratta gli aspetti più
teorici, è un pensiero responsabile, con l'altro e per l'altro. Non è chiusura
in se stessi perché persona significa relazione. Nota Lévinas, filosofo del
dialogo: “Se io fossi solo con l'altro,
gli dovrei tutto. Ma c'è il terzo... Il terzo è altro rispetto al prossimo, ma
anche un altro prossimo, ma anche un prossimo dell'Altro e non unicamente il
mio simile”. Al contrario dell'utopia che rimane tale e che si disinteressa
delle necessità presenti, la nuova cultura che si genera è un bene fruibile da
tutti e da tutte le discipline. Essa è impegno nelle diversità per un futuro di
dialogo e di cooperazione tra gli uomini e le culture stesse. Nell'insegnamento
di Gandhi si afferma: “Non vale la pena
avere dei diritti che non derivano da un dovere assolto bene”. Questa
cultura integrale è riconoscimento di quanto già in atto nelle relazioni umane
quando vi sia convivenza civile. Essa spinge a sottolineare l'esigenza della
divulgazione dei risultati delle riflessioni teoriche, tecniche, spirituali e
artistiche che ne sono arricchimento, rende più incisiva la stessa ricerca e
azione, ne fa emergere la dimensione umana del vivere sociale a partire dal
vissuto. Di fronte ai pericoli di un reale svuotamento del pensiero effettivo,
l'esercizio stesso della umanissima facoltà del raziocinio sembra presentare
oggi, anche al di fuori del mondo accademico, maggior interesse delle rassegne genealogiche
di scuole e di teorie. La cultura è pensare e vivere integrale come modo di
essere. “Il pensiero contemporaneo
ripudia l'identificazione hegeliana dell'essere con il pensiero, torna indietro
alla ricerca della sorgente del sapere, ma si ferma ad una conoscenza
fenomenica che, come aveva già fatto Kant, presuppone l'essere ma non lo
conosce, e siamo all'ermeneutica, alla fenomenologia, alla filosofia analitica,
alle filosofie del linguaggio”. La ragione si riscopre come motore
dell'umano nel suo rapporto e nella ricerca con l'Infinito. L'impostazione
storiografica che deriva da queste premesse giustifica un procedere
discontinuo: esso è uno svolgimento che guarda al passato in vista del
presente, una storia il cui scopo principale è di mettere in evidenza il
progressivo perfezionamento delle conoscenze analitiche attuali andando oltre i
condizionamenti storico-istituzionali. Senza rinunciare all'impostazione
scientifica rigorosa, Viotto con tavole didattiche, significative citazioni,
indici degli argomenti e dei nomi dei pensatori e delle correnti di pensiero,
accompagna in un approccio che facilitandone la consultazione, consente di
concentrare l'attenzione sulla coerenza e implicazioni delle singole teorie. “Tutti i saperi sono scienza nel campo
della
loro ricerca se individuano con esattezza l'oggetto del conoscere e formulano
con sicurezza un metodo di investigazione”. Il pensiero diventa così
impegno civile perché capace di cercare con competenza e rigore morale
soluzioni di sviluppo sostenibile per tutti. Non distruggere, non trincerarsi
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nell’inazione, ma diventare coscienti della propria dignità di persona umana,
compartecipi della vita sociale, attivando tutte le potenzialità e costruendo
con gli altri una migliore casa comune. Porre la dignità della persona come
fondamento di ogni iniziativa atta a dipanare l’intreccio delle nuove
problematiche, permette di vincere l'indifferenza di un pensiero che
oggettivizzandosi diventa oggetto e cosifica la persona stessa. Un pensiero
degno di essere tale richiede realismo, ragionevolezza e moralità. Già
comporterebbe un cominciare a compiere il bene che si può compiere. Anche con
mezzi imperfetti assai, ne prepara la via ad un meglio che sempre maggiormente
si avvicini al vissuto di domande e di attese che chiedono di essere comprese,
decodificate, accompagnate. Questo il contenuto del bene comune che più
speditamente si raggiunge ma che assume nella sua azione la necessità di un
pensiero capace di analisi, giudizio e prospettiva integrale.
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