Galileo Galilei (1564-1642). Nasce a Pisa. A Firenze compie iniziali studi di letteratura e di logica. Poi a Pisa si iscrive alla facoltà di medicina che però non termina per dedicarsi invece allo studio della matematica. Per diciotto anni insegna matematica all'Università di Padova. Dopo Padova, Galilei è chiamato a Firenze e a Pisa per ricoprire la carica di primo matematico. Grazie all'uso del cannocchiale-telescopio, la cui scoperta è attribuita ad un olandese ma che Galilei per primo utilizza come strumento scientifico, egli realizza prime ed importanti verifiche sperimentali della teoria eliocentrica copernicana. Accusato di eresia dalla Chiesa, è mandato in esilio nella sua villa privata di Arcetri dove trascorre in solitudine gli ultimi anni di vita. Le opere "Sidereus nuncius" e "Dialogo sopra i due massimi sistemi". Nella sua opera "Sidereus nuncius" (Annuncio astrale), Galilei annuncia la scoperta di stelle non visibili all'occhio umano, dimostrando così che l'universo è più ampio di quello concepito dal vecchio sistema tolemaico-aristotelico. Scopre che la superficie della Luna non è liscia e perfetta, dimostrando in tal modo che è falsa la teoria di Aristotele che distingueva tra mondo terrestre o sublunare, costituito da materia imperfetta, e mondi celesti o sopraterrestri, costituiti da materia perfetta (l’etere) ed incorruttibile. Scopre anche quattro satelliti di Giove, scoperta questa che rafforza la teoria eliocentrica: infatti, se i satelliti di Giove si muovono attorno ad esso e se Giove a sua volta si muove attorno al Sole, nulla vieta di pensare che la Terra e il suo satellite, la Luna, possano ruotare anch’esse attorno al Sole. Pure le successive scoperte delle fasi di Venere e delle macchie solari riconfermano che è falsa la teoria di Aristotele che riteneva perfetta ed incorruttibile la materia dei corpi celesti al di sopra della Terra. Galilei dunque accetta la teoria eliocentrica copernicana, affermando inoltre che la scienza è autonoma sia nei confronti del "principio di autorità" (per il quale le teorie degli autorevoli pensatori antichi sono indiscutibili e vanno accettate senza riserve) sia nei confronti della fede e della religione. Per tali motivi Galilei viene criticato e combattuto sia da parte dei filosofi seguaci di Aristotele sia da parte della Chiesa . Viene denunciato al Sant'Uffizio e subisce una prima ammonizione da parte del cardinale Bellarmino perché abbandoni la teoria e la divulgazione del nuovo sistema astronomico copernicano. Nell'altra e sua più celebre opera "Dialogo sopra i due massimi sistemi", scritta in forma di dialogo nel 1632, Galilei mette a confronto i due massimi sistemi astronomici che allora erano fra di essi in contrasto, cioè il vecchio sistema tolemaico-aristotelico, geocentrico, ed il nuovo sistema copernicano, eliocentrico. Sebbene anche Galilei, come Copernico, allo scopo di difendersi dall'accusa di eresia, dichiari che la teoria copernicana è solo un'ipotesi matematica per semplificare i calcoli, dalla lettura del Dialogo appare chiaramente come egli sostenga invece il sistema copernicano anche in termini sostanziali. Ne è una dimostrazione la stessa psicologia dei personaggi del Dialogo: da una parte c'è il copernicano Salviati, rappresentato come un uomo intelligente ed anticonformista, e dall'altra c'è l'aristotelico e tradizionalista Simplicio, rappresentato come un uomo pedante, di mentalità conservatrice ed attaccato all’"autorità" di Aristotele che non poteva essere messa in discussione. Arbitro e moderatore del dialogo fra i due è Sagredo, un nobile veneziano amico di Galilei, colto, aperto, senza pregiudizi e tendenzialmente simpatizzante anch'egli per le nuove teorie. Il "Dialogo" è diviso in quattro giornate. Nella prima si pone sotto accusa la distinzione aristotelica fra mondo celeste e terrestre, per mostrare invece che i due mondi non sono composte di materia diversa. La seconda giornata è dedicata a smentire le obiezioni dei tradizionalisti contro il moto della Terra attorno al Sole. I tradizionalisti obiettano che se davvero la Terra si muovesse solleverebbe un vento tale da spazzare via tutti gli oggetti dalla superficie terrestre oppure che, se davvero la Terra si spostasse da ovest ad est, i gravi (i pesi, gli oggetti) dopo essere stati lanciati in alto dovrebbero allora ricadere giù obliquamente, più verso ovest, e non perpendicolarmente come invece si nota. Galilei, attraverso Salviati, risponde che sia l'aria, sia il vento, sia i gravi partecipano allo stesso movimento della Terra e quindi, muovendosi insieme ad essa, noi non notiamo il loro movimento perché anche noi ci muoviamo insieme alla Terra e con la stessa velocità. Sulla base di queste argomentazioni Galilei formula il suo cosiddetto "principio della relatività galileiana", che anticipa il principio della relatività ristretta di Einstein: cioè all'interno di un sistema (di un ambiente) chiuso, ossia senza la possibilità di avere punti di riferimento esterni, è impossibile stabilire se tale sistema sia in quiete (immobile) o in movimento. Nella terza giornata viene dimostrato il moto di rotazione della Terra su se stessa e nella quarta giornata Galilei espone la sua teoria sulle maree. A causa di quest'opera, che riconferma la validità del sistema eliocentrico copernicano, Galilei viene 1 nuovamente accusato dalla Chiesa, subisce un secondo processo da parte del Sant'Uffizio (il Tribunale dell'Inquisizione), è costretto a rinnegare le sue teorie e, come si è detto, viene esiliato. La definizione del metodo scientifico. Come abbiamo visto, la scienza moderna (come tale non si intende la scienza contemporanea ma quella che va dal 1600 al 1800), è il risultato della rivoluzione astronomica e della rivoluzione scientifica. La prima definizione del metodo della nuova scienza, ed in particolare del metodo della fisica, è merito di Galilei, anche se egli non lo espone in modo sistematico, come farà Francesco Bacone; le parti ed elementi del metodo si trovano tuttavia distribuiti nelle varie opere di Galilei. Galilei suddivide il metodo della scienza da un lato in un momento risolutivo, o analitico, e in un momento complessivo, o compositivo o sintetico, nonché, dall’altro lato, in "sensate esperienze" e in "necessarie dimostrazioni". Metodo scientifico galileiano: 1) momento risolutivo o analitico; 2) momento complessivo o sintetico; 3) sensate esperienze: per induzione; 4) necessarie dimostrazioni: per deduzione. Il momento risolutivo o analitico (=scomporre) consiste nel risolvere, cioè nello scomporre un fenomeno complesso nelle sue parti od elementi semplici, che siano misurabili e dunque quantitativi, formulando quindi un'ipotesi matematica (una formula) in base a cui calcolare e spiegare quali relazioni vi sono tra le varie parti del fenomeno complessivo considerato ed individuando conseguentemente la legge scientifica da cui queste relazioni dipendono. Il momento compositivo o sintetico (=rimettere insieme) consiste nella sperimentazione scientifica e nella verifica, cioè nel tentativo di riprodurre artificialmente il fenomeno in modo tale che, se l'ipotesi formulata è confermata dalla sperimentazione, essa è verificata (= fatta vera) e perciò viene accettata e formulata in veste di legge scientifica, mentre se l'ipotesi non è confermata dalla sperimentazione viene falsificata (= fatta falsa) ed abbandonata. Come si può notare, per la scienza moderna la semplice esperienza sensibile, la semplice osservazione del fenomeno, da sola non basta; essa deve essere tradotta ed organizzata come sperimentazione scientifica. Per sensate esperienze (=le esperienze sensibili) Galilei intende il momento dell'osservazione induttiva della scienza (induzione=passare dai casi particolari a quelli più generali), che è quello prevalente in talune scoperte. Infatti, in predeterminati casi la scienza, mediante un'attenta osservazione dei fenomeni particolari, giunge per induzione alla formulazione di una legge generale (ad esempio, osservando col telescopio che la superficie della Luna è rugosa e non liscia e perfetta, come pure che nel Sole vi sono delle macchie, si giunge a formulare la legge generale per cui sia i corpi celesti sia la Terra sono composti della medesima materia, smentendo così la teoria di Aristotele che distingueva tra materia perfetta dei corpi celesti e materia imperfetta della Terra). Per necessarie (=certe) dimostrazioni Galilei intende il momento ipotetico-deduttivo della scienza (deduzione=passare dai casi generali a quelli particolari), il quale è prevalente in un altro tipo di scoperte (ad esempio il principio di inerzia o quello della caduta dei gravi). Le necessarie dimostrazioni, chiamate anche "matematiche dimostrazioni", sono ragionamenti logici, condotti su base matematica (pertanto non partono dall'esperienza sensibile, dall'osservazione dei singoli fenomeni), mediante i quali si giunge a supporre, ad ipotizzare, una teoria generale, riservandosi poi di verificarla nella pratica. Il metodo scientifico delineato da Galilei spiega anche quali rapporti vi sono tra la matematica e la fisica . La matematica, dice Galilei, è uno strumento fondamentale per le scoperte scientifiche, poiché essa, mediante i calcoli e le deduzioni, consente di formulare nuove ipotesi sui fenomeni ("necessarie dimostrazioni"). Però, mentre la matematica pura non ha bisogno, per essere vera, di venir controllata (verificata) dall'esperienza, la matematica applicata alla fisica ha valore solo se i risultati dei calcoli matematici sono poi confermati dalla sperimentazione nella realtà. Le idee filosofiche che stanno alla base del metodo scientifico. Ogni metodo scientifico non nasce soltanto in base alle scoperte ed alle conoscenze scientifiche, ma anche da idee generali sul mondo (visioni del mondo) che sono idee di tipo filosofico, quali le idee, già viste in precedenza, di oggettività della natura, di causalità, di razionalità, di legge scientifica. Così è anche per il metodo della scienza moderna definito da Galilei. Dal punto di vista filosofico rileva il fatto che il modo di vedere e di pensare la realtà da parte della scienza moderna esclude ogni considerazione finalistica della natura, come pure ogni considerazione soggettiva: 2 non è compito della scienza cercare il "perché", ossia per quale fine la natura agisca un certo modo (causa finale) ma solo "come" la natura agisce ed opera (solo la causa efficiente). Altrettanto, non possiamo giudicare ed interpretare i fenomeni in modo soggettivo, cioè secondo i nostri desideri e sentimenti, ma soltanto in modo oggettivo, cioè come essi sono in realtà, indipendentemente da ciò che vorremmo noi. In particolare, il metodo scientifico moderno definito da Galilei si basa sulle seguenti idee filosofiche: 1. La concezione della struttura (composizione) matematica del cosmo. Il mondo, la natura, dice Galilei è un libro scritto in caratteri matematici. La forma delle cose che sono nell'universo è simile a quella dei cerchi, dei quadrati, dei triangoli e delle altre figure geometriche, per cui le cose possono essere studiate e misurate applicando il calcolo matematico e la geometria. Perciò solo chi conosce la matematica è in grado di comprendere il cosmo. A tale proposito Galilei rimprovera i filosofi aristotelici perché non hanno riconosciuto e capito l'importanza della matematica nello studio della natura. La matematica non è una scienza astratta, ma riguarda la realtà fisica. 2. L'idea della maggior importanza degli aspetti quantitativi della realtà rispetto a quelli qualitativi, ossia delle proprietà oggettive (o primarie) dei corpi (delle cose) rispetto alle proprietà soggettive (o secondarie). Le proprietà oggettive caratterizzano i corpi in se stessi: sono la figura, la grandezza, la quantità, il luogo, il tempo, il movimento, eccetera. Le proprietà soggettive non sono vere proprietà dei corpi, ma soprattutto nostri modi di percepirli, perché dipendono in gran parte dai nostri sensi: sono i sapori, i colori, gli odori, i suoni, eccetera, che noi attribuiamo alle cose, ma che invece sono influenzati dalle sensazioni individuali di ciascuno. La fisica aristotelica, viceversa, è più di tipo qualitativo-descrittivo anziché di tipo quantitativo-misurabile. 3. L'idea che i fenomeni naturali accadono e si svolgono sempre in maniera uniforme, costante, immutabile e quindi necessaria come una verità geometrica, un teorema geometrico: ogni cosa, cioè, è sempre il prodotto, l'effetto di una determinata causa, la quale produrrà sempre in modo uniforme quell'effetto o quegli effetti e non altri. La natura perciò può essere studiata secondo il principio di causalità (il principio di causaeffetto): conosco una cosa quando ne conosco una causa. La conoscenza della causa o delle cause dei fenomeni, sempre costanti ed identiche a se stesse, consente allora di formulare leggi scientifiche generali di spiegazione. La teoria della conoscenza. Sulla base di queste idee Galilei definisce quindi la sua teoria della conoscenza, ossia definisce il modo in cui, a suo avviso, procede la conoscenza umana e quali sono le sue caratteristiche. La teoria della conoscenza di Galilei è profondamente influenzata dalla sua fiducia nella capacità della scienza di giungere a conoscenze vere. Egli paragona la conoscenza umana a quella divina. La conoscenza umana, dice Galilei, differisce dalla conoscenza divina per il modo di apprendere e per la minor estensione delle conoscenze, ma per quanto riguarda l’intensità delle conoscenze, cioè per il grado di certezza, la conoscenza umana per Galilei è simile a quella divina, tanta è la sua fiducia nella scienza umana. E ciò grazie soprattutto alla matematica la quale, pur essendo un prodotto umano (e non divino), è in grado di condurre ad un sapere certo e indubitabile che non ha nulla da invidiare per profondità, cioè per intensità, a quello divino. Il modo di apprendere di Dio è intuitivo: Dio conosce intuitivamente, in modo immediato e in un colpo solo, tutta la verità. Invece, il modo di apprendere dell'uomo è graduale, procede un passo alla volta attraverso il ragionamento e l'esperienza, ed inoltre la conoscenza umana non sarà mai totale. Tuttavia ciò che l'uomo conosce è uguale a ciò che, per quella determinata cosa, conosce Dio stesso: che 2 + 2 = 4 è vero sia per noi ed altrettanto per Dio. Rapporto tra scienza e filosofia e tra scienza e fede. L'autonomia della scienza ed il rifiuto del principio di autorità. Assolutamente forte è sempre stata in Galilei la difesa dell'autonomia e della libertà della scienza, cioè della sua indipendenza da ogni condizionamento esterno. A differenza degli altri dotti del tempo, che avevano scelto di non sfidare l'autorità culturale e religiosa prevalenti in quell'epoca, ossia di non andare contro "il principio di autorità", Galilei è invece convinto che la battaglia per l'autonomia e la libertà della scienza, sia nei confronti della vecchia filosofia sia nei confronti di certi dogmi e precetti della religione, sia della massima importanza. Perciò Galilei combatte contro i pregiudizi sia dell'autorità culturale, personificata dai filosofi aristotelici, sia dell'autorità religiosa, personificata dalla Chiesa. La lotta contro gli aristotelici e contro il principio di autorità. Non è vero che ciò che ha affermato un sapiente antico, per quanto autorevole, debba essere per forza sempre certo e indiscutibile. In verità, Galilei mostra stima per Aristotele e per gli altri scienziati antichi; il 3 suo disprezzo è rivolto invece contro i loro infedeli discepoli, soprattutto contro gli aristotelici del suo tempo i quali, anziché osservare e studiare direttamente la natura, si limitano a consultare i testi e i libri degli antichi e più autorevoli sapienti affermando che quanto è in essi scritto è indubitabile. Se Aristotele tornasse al mondo, prosegue Galilei, sarebbe certo disposto lui per primo a cambiare le proprie idee in base alle nuove scoperte. Invece gli aristotelici seguitano nel loro atteggiamento dogmatico (=che non accetta di essere messo in dubbio) ed antiscientifico, che ostacola il progresso della scienza e del sapere. La lotta contro la Chiesa e i teologi. La Chiesa e i teologi avevano stabilito che ogni forma di sapere dovesse essere conforme non solo allo spirito ma anche alla lettera della Bibbia e delle Sacre scritture. Galilei invece, che era uno scienziato ma anche un uomo di fede, sostiene che tale modo di pensare è non solo di ostacolo al libero sviluppo del sapere e della scienza, ma che danneggia la stessa Chiesa. Perciò, nell'opera intitolata "Lettere copernicane" Galilei affronta il rapporto tra scienza e fede. Per Galilei la natura, che è l'oggetto della scienza, e la Bibbia, che è la base della religione, non possono essere in contrasto fra di loro perché derivano entrambe da Dio. Eventuali differenze e contrasti tra verità scientifica e verità religiosa sono quindi soltanto apparenti e vanno risolti non cambiando le verità scientifiche e neppure cambiando quelle religiose, bensì mediante l'interpretazione della Bibbia, cioè attraverso il modo di leggere la Bibbia ed il significato da attribuire alle sue parole e ciò, prosegue Galilei, è cosa certamente lecita perché: a) la Bibbia ha usato, per farsi comprendere anche dagli uomini non istruiti del tempo, un linguaggio popolare, semplice e metaforico, volutamente non complicato e pertanto inadeguato a spiegare i fenomeni anche dal punto di vista scientifico; b) la Bibbia non intende insegnare verità e leggi scientifiche, ma verità religiose, che riguardano la salvezza e il destino ultraterreno dell'uomo, essendo suo scopo insegnarci, scrive Galilei, "come si vadia al cielo e non come vadia il cielo". In quanto autonome e distinte tra di esse, scienza e fede non possono essere paragonate fra loro, ma ciascuna rimane valida suo ambito e nei suoi scopi. Così come non è compito della scienza di intervenire sulla fede e sulla religione, altrettanto non è compito della fede di intervenire su questioni riguardanti i fatti scientifici naturali. La Bibbia non è un trattato scientifico: l'errore dei teologi è quello di credere che la Bibbia debba essere valida anche per quanto riguarda le conoscenze della scienza. Per questa posizione Galilei è stato condannato dalla Chiesa, ma il suo pensiero ha finito nel tempo per prevalere e convincere non solo la cultura filosofica e la cultura in generale ma anche la stessa Chiesa, che infine è giunta a riconoscere l'autonomia della scienza nel campo delle conoscenze naturali, dimostrandosi disposta eventualmente a cambiare l'interpretazione letterale dei testi biblici in conformità alle nuove scoperte scientifiche. 4