PROSPETTIVA IN PRIMA PERSONA E METODO “STORICO-CLINICO” IN PSICOLOGIA Seminario di Filosofia e Psicologia 10 maggio 2012 Marco CASTIGLIONI Università di Milano - Bicocca 1 Schema della relazione 1. Statuto epistemologico del metodo storico-clinico 2. Possibilità e limiti di ricerca “scientifica” ispirata al metodo clinico in psicologia 3. Spunti di riflessione sulla natura sociale della “mente” 2 1. Statuto epistemologico del metodo storico-clinico Il problema della validità scientifica dei resoconti in prima persona è antico quanto la psicologia (cfr. polemica behaviorista contro il metodo dell’introspezione di Wundt) Paradosso: la psicologia (per lo meno quella clinica), che dovrebbe occuparsi della soggettività umana sembra da sempre influenzata da un ideale epistemologico che induce a trascurare la dimensione soggettiva a favore di forme (più o meno radicali) di “oggettività scientifica” Filo rosso che collega la black-box agli attuali evidence based approach : tentativo di escludere tutti quegli aspetti non suscettibili di rilevazione empirica secondo gli standard delle scienze naturali. Classico dilemma sullo statuto epistemologico della psicologia: scienza umana o scienza naturale? 3 Metodo “storico-clinico” (Battacchi, 1987): modalità di conoscenza basata sulla relazione interpersonale e sulla condivisione di vissuti e significati. La prospettiva in prima persona è modalità per attribuire senso a se stessi e al mondo. Essa è per definizione privata e in quanto tale non è intersoggettivamente verificabile Il metodo clinico è una modalità privilegiata di accesso all’esperienza in prima persona, attraverso resoconti (racconti) dell’altro (“seconda persona”) Problema Il metodo clinico è tacciato di essere inadeguato e scarsamente scientifico in quanto mera estensione del “senso comune”; Tuttavia esso è ineludibile non solo per la psicologia, ma per tutte le scienze “cliniche” (es. medicina). 4 Aneddotica di “senso comune” sulla medicina A cena in casa di amici, una brillante cardiologa racconta alquanto esasperata la sua faticosa giornata di lavoro. In particolare ce l’ha con la moglie di un suo paziente infartuato, la quale pretende sempre di saperne un po’ di più di suo marito e si sostituisce a lui nel rispondere alle domande del medico. “Allora oggi – racconta infervorata la cardiologa - a quella tizia ho detto: ‘Senta signora, lasci parlare suo marito! Se lui non mi dice cosa sente, io non posso capire che cos’ha!’ La sensazione soggettiva del paziente è una parte integrante della diagnosi cardiologica”. 5 Dal “senso comune” alla (filosofia della) scienza … In quanto scienziato sperimentale, era – ed è tuttora – mia ferma convinzione che il resoconto che una persona fa di un’esperienza consapevole debba essere considerata come una evidenza di capitale importanza […] I filosofi hanno chiamato qualia le esperienze sensoriali come il dolore, i colori, le armonie, gli odori. Esperienze di questo genere rappresentano fenomeni non spiegabili con la natura fisica degli stimoli che li producono o con le corrispondenti attività neurali, il che crea difficoltà alle teorie materialistiche sulle esperienze coscienti. A mio modo di vedere non vi sono ragioni per considerare questi qualia come un problema fondamentalmente differente da quello di altri generi di consapevolezza: le teorie materialistiche non riescono a spiegare neanche tutti gli altri generi di consapevolezza (Libet, 2007, passim, trad. it. pp. 15 -17; primo corsivo aggiunto). 6 … e alla neuroscienza “Il garantire un’esperienza fenomenica agli altri è la sola possibilità che abbiamo di imparare indirettamente qualcosa sulla coscienza quando studiamo le conseguenze dei danni cerebrali” (Bisiach, 1992, p. 115). “L’utilizzo dei resoconti soggettivi pone sicuramente dei problemi metodologici, ma, se attraverso di essi si ottiene una presa sul significato dei contenuti dell’esperienza cosciente, gli scienziati dovranno accettare di estendere il paradigma della scienza oltre i limiti imposti dalla fisica tradizionale” (Berti, 2010, p. 24, corsivo aggiunto). 7 METODO “STORICO – CLINICO” (Battacchi, 1987) • Vale anche per le • Assume forma narrativa • Vale per varie scienze cliniche (non solo per la psicologia) (Ri)costruzione di un”intrigo” “Raccontare è spiegare” (Ricoeur, 1983) • È una modalità di conoscenza, non solo d’intervento scienze storiche 8 Confronto tra metodi in psicologia (Battacchi, 1987) METODO SPERIMENTALE • Psicologia come scienza naturale in terza persona rigore, oggettività, esattezza, controllabilità, ripetibilità Approccio quantitativo, misurazione • Neutralizzazione del rapporto tra osservatore e osservato Soggettività è elemento “spurio”, fonte di disturbo METODO CLINICO • Psicologia come scienza umana in prima persona pregnanza semantica e “sensatezza”… Approccio olisticoqualitativo • Coinvolgimento e insieme distanziamento dell’osservatore nella relazione con l’osservato Soggettività è insieme oggetto e fonte di conoscenza 9 Confronto tra metodi in psicologia (Battacchi, 1987) METODO SPERIMENTALE • Assunto antropologico: “Uomo-macchina” neutralizzazione degli aspetti soggettivi in una prospettiva a-contestuale (laboratorio) Probl: validità ecologica ? • Carattere “nomotetico” Spiegazione “causale” Riferimento a leggi o a forme di regolarità generale Alto valore previsionale METODO CLINICO • Assunto antropologico: Uomo costruttore di significato (sé/ mondo) e comunicatore • Carattere “idiografico” • Si oppone al senso comune Componenti epistemiche, intenzionali, emotive dell’agire umano in riferimento a un contesto Comprensione storico-clinica “Doppia interpretazione” Modelli narrativi e “teleologici” (spiegazioni miste o “quasi causali”) Basso valore previsionale (spiegazioni retrospettive) • Estensione del senso comune 10 Rischi di assolutizzazione di un solo metodo (Ugazio, 1998) Ricerca sperimentale ed elaborazione clinica costituiscono due livelli che debbano interagire, ma l’uno non può sostituire l’altro, né proporsi gli stessi obiettivi. Due opposti rischi di “ripiegamento” nella ricerca in psicologia clinica: metodologico e autoriflessivo “La preoccupazione metodologica, se diventa esclusiva, specialmente in un campo come la psicologia clinica e la psicoterapia, annienta il proprio oggetto. Ma anche le nuove consapevolezze sul ruolo dell’osservatore possono dilatare la coscienza autoriflessiva dei terapeuti fino a far perdere loro il proprio oggetto” (Ugazio, 1998, p.14). 11 Sulla psicologia di “ senso comune” Una delle “accuse” che spesso si fanno al metodo clinico e alla psicologia “mentalistica” è di fare uso di categorie della psicologia del senso comune (o psicologia “ingenua”) Dizione vagamente spregiativa (come “scienze speciali”) e alquanto ambigua almeno 2 accezioni (da prendere entrambe seriamente) Psicologia di senso comune Studio “scientifico” dei processi di pensiero (Heider, 1958; teoria dell’attribuzione causale) Everyday thinking forme di vita (costruzionismo sociale) Le teorie della fisica non diventano meno scientifiche perché nel linguaggio ordinario si adoperano termini come “corpo”, “forza”, “atomo”, “neutrino”… Le teorie scientifiche permeano il “senso comune”: come oggi nessuno pensa più che il sole giri intorno alla terra, così concetti psicologici (inconscio, neurone…) sono entrati nel linguaggio comune Argomenti tratti dal senso comune vengono fatti valere nei confronti di tesi scientifiche e filosofiche “controintuitive”(es. Noë, 2009, p. 133 e segg. contro la tesi della“grande illusione” del cervello che “crea” la realtà) 12 Si pongono diversi aspetti problematici: Come le teorie scientifiche si trasformano in patrimonio del senso comune” ( Moscovici, 1961: Rappresentazioni sociali) Nelle scienze umane Bidirezionalità tra teorie scientifiche e senso comune (Brofenbrenner, 1979) Teorie psicologiche influenzano vita quotidiana (es. pratiche di allevamento, …) I mutamenti sociali retroagiscono sulle teorie psicologiche (es. attaccamenti multipli, famiglie ricomposte …) Le scienze umane hanno a che fare con “generi interattivi” (Hacking, 1999) i loro “oggetti” sono soggetti, capaci di produrre idee e di concorrere alla cocostruzione della conoscenza: al contrario dei quark nella fisica, “pazienti psichiatrici”, “bambini iperattivi” ecc. possono essere consapevoli di come sono percepiti e quindi possono essere influenzati e influenzare sulle idee usate per classificarli es. labelling, profezia che si autodetermina ecc. 13 Ma il “problema dei problemi” è quello di trovare un accettabile punto di equilibrio epistemologico tra un metodo sperimentale, rigoroso ma spesso inadeguato all’oggettomente e un metodo clinico totalmente idiosincratico, soggettivo e “artigianale” (unicità, irripetibilità, complessità dei fenomeni psicologici) Problema della demarcazione scienza / non-scienza: esistono dei criteri sufficientemente consolidati e condivisi in base ai quali distinguere teorie psicologico-cliniche (che si auto-dichiarano “scientifiche”) da forme di “conoscenza” non scientifiche, come ad es. l’astrologia? Il criterio della generalizzabilità: è davvero del tutto inapplicabile in psicologia clinica? 14 2. Possibilità e limiti della ricerca “clinica” Due esempi di ricerche (con il medesimo impianto metodologico) sul rapporto tra psicopatologia e significato nelle fobie e nei disturbi alimentari tentativo di “misurare” il significato tenendo conto della prospettiva in prima persona 15 La psicopatologia come “scienza del significato” TESI DI FONDO: Le “organizzazioni cognitive personali” alla base di alcune psicopatologie sono caratterizzate da specifiche dimensioni salienti di significato (es. semantica della libertà per fobie; semantica del potere per disturbi alimentari…). A livello di ricerca, è possibile con vari metodi (analisi testuali dei trascritti di sedute psicoterapeutiche, tecnica delle griglie di repertorio, autocaratterizzazione…) individuare le dimensioni di significato prevalenti per i singoli pazienti ed estrapolare poi gli elementi semantici comuni ai diversi soggetti che soffrono del medesimo tipo di problemi Tentativo di generalizzazione 16 Due concezioni “rivali” del significato (= dimensione fondamentale della prospettiva in prima persona): - INTRA-soggettiva (liv. personale) Approcci cognitivo-costruttivisti (Kelly, 1955; Guidano,1987; Bara,1996; Nardi, 2007; Neimeyer e Mahoney, 1995; Villegas, 1995) - INTER-soggettiva (liv. familiare e socio-culturale) Approcci sistemico-costruzionisti (Bruner, 1990; Procter, 1981, 2012; Ugazio,1998, 2012) Tuttavia il focus delle nostre ricerche non è il processo di costruzione del significato (personale vs. sociale) ma il suo esito Tecnica delle Griglie di Repertorio per rilevare i “costrutti personali” (Kelly, 1955; Fransella, Bell, Bannister, 2004) 17 La semantica fobica e quella dei disturbi alimentari: due esempi di ricerca (Castiglioni, Contino, Villegas, 2009; Castiglioni, Contino, Golzio, 2003; Castiglioni, Veronese, 2008; Faccio, Castiglioni,Belloni, 2010; Castiglioni, Faccio, Veronese, Bell, 2012) Obiettivo Verificare rispettivamente se la dimensione di significato saliente: per le persone che soffrono di disturbi agorafobici sia la semantica della libertà; per le persone affette da Disturbi Alimentari Psicogeni (DAP) sia la semantica del potere Ipotesi 1) Liv. Quantitativo: gli agorafobici utilizzano in misura maggiore i costrutti relativi alla semantica della libertà; mentre i soggetti DAP quelli relativi alla semantica del potere. 2) Liv. Qualitativo: i costrutti relativi a libertà e potere sono ritenuti particolamente significativi rispettivamente da agorafobici e da soggetti con DAP. 18 Metodo La tecnica delle griglie di repertorio Procedura di ricerca basata su una modalità semistrutturata di intervista, atta a fare emergere le dimensioni semantiche attraverso cui la persona dà senso a se stessa e al mondo. Unisce sensibilità clinica a possibilità di analisi statistiche Output “griglia di repertorio”: tabella a doppia entrata, dove le righe corrispondono ai costrutti e le colonne agli elementi. I costrutti sono le dimensioni semantiche con cui la persona interpreta la realtà, le lenti attraverso cui rende il mondo prevedibile. Gli elementi sono invece le “cose” a cui si applicano i costrutti (eventi, persone) e che vendono interpretate attraverso i costrutti stessi. 19 La tecnica delle griglie di repertorio Una griglia di repertorio è costituita da: a) Una serie di elementi rappresentativi di una certa area oggetto di indagine (es. il mondo sociale del soggetto) b) Un insieme di costrutti personali che il soggetto utilizza per porre a confronto e interpretare tali elementi c) Una scala bipolare di valutazione degli elementi rispetto ai costrutti. N.B.: In questa tecnica è il soggetto stesso a decidere sia gli elementi sia i costrutti (diversamente dai consueti test e dal “differenziale semantico”) “Fotografia” dell’ universo semantico del soggetto dal suo punto di vista 20 Risultati delle ricerche… Gli studi su agorafobia e DAP sembrano confermare con una certa chiarezza la presenza di semantiche salienti (libertà e potere), sia in termini quantitativi sia in termini di importanza percepita. Mentre per i fobici si hanno risultati netti, per i DAP le ipotesi risultano convalidate solo solo confrontando globalmente I due gruppi. Non emergono invece differenze significative con i soggetti controllo considerando separatamente anoressia, bulimia e obesità (numerosità scarsa). 21 … e loro limiti ALTA COMPONENTE INTERPRETATIVA: - La categorizzazione dei costrutti viene fatta dai ricercatori (metodo intergiudici per ridurre il tasso di soggettività) - Impossibilità di essere sicuri di avere compreso del tutto il significato dei costrutti prodotti dai soggetti - Non sono state controllate le variabili relative all’interazione durante l’intervista - Non è per ora stato effettuato follow-up - …. 22 3. La natura sociale della mente Al di là del rigoglioso filone di studi sulla “intersoggettività primaria” (Cfr. per una rassegna Lavelli, 2007), che può comunque essere interpretata secondo prospettive diverse (“innatista” neuroni specchio; “ambientalista” interazione madre-bambino), quali evidenze cliniche possono supportare la tesi della natura socio-culturale della mente (la “mente-oltre–il-cervello”, Noë, 2009)? 1. Omeostasi familiare 2. Disturbo “etnico” 23 Omeostasi familiare "…a volte un terapeuta notava che, proprio quando il paziente cambiava con la terapia individuale, si avevano delle conseguenze all'interno della famiglia - qualcun altro sviluppava sintomi o la famiglia cominciava a disgregarsi. La riflessione su questo tipo di cambiamento costringeva il terapeuta a pensare alla funzione sociale della psicopatologia" (Haley, 1971, p. 13). 24 Disturbo etnico Il “Disturbo etnico” (Devereux, 1980; Gordon 1990, 2000), o “sindrome culturalmente caratterizata (Yap, 1951; Simons e Hughues, 1985), o “malattia mentale transitoria” (Hacking, 1998), presenta le seguenti caratteristiche: Si verifica con più frequenza in una certa cultura / epoca rispetto ad altri tipi di patologia psichica. Esprime a livello molto intenso i conflitti fondamentali e le tensioni normalmente diffuse nella popolazione; diviene perciò “popolare”, “visibile” mass media I sintomi spesso includono comportamenti che, in situazioni normali, vengono considerati altamente positivi (es. magrezza per l’anoressia). Diviene “modello di devianza” (“se devi impazzire, fallo così…”). 25 Disturbo etnico Esempi di disturbi etnici nella società occidentale: - fine ‘800: isteria e “viaggiatori folli” (Hacking, 1998) - epoca contemporanea: disturbi alimentari (Gordon, 1990, 2000); sindrome da affaticamento cronico (Hacking, 1998); “identità multipla” (Bruner, 1990; Humphrey Dennett, 1989) I disturbi etnici sono presenti anche nelle società non “occidentalizzate” (es. amok, forma di follia omicida presente in Malesia, Indonesia, Nuova Guinea) Le manifestazioni psicopatologiche esprimono premesse culturali presenti nel contesto sociale di appartenenza (Bateson, 1971). Riferimento al Costruzionismo sociale: definizione culturale del significato e dell’identità (Bruner, 1990; Gergen, 1985, 1989, 1991). 26 Sé e Identità nel socio-costruzionismo (Bruner, 1990; Gergen, 1985, 1987, 1991; Harré, 1987, 1998) 1. Il costruzionismo sociale nega qualsiasi sostrato ontologico alla nozione di Sé 2. Esistono soltanto: a) processi di tipo neuro-biologico ( corpo) b) processi di tipo socio-linguistico ( persona) 3. Riconduzione della nozione di Sé a pratiche socio-linguistiche 4. Il Sé è una POSIZIONE nella conversazione diverse articolazioni teoriche (radicali vs moderate): - dall’ Io attaccapanni (Goffman, 1963) le posizoni possibili sono infinite; - al Sé “vincolato” alla sua storia relazionale le posizioni non sono infinite (Ugazio, 1998). 5. Concezione sociale, narrativa distributiva, del Sé: Sé molteplice, situazionale, frammentato, saturato (Gergen,, 1991). 27 “L'epistemologia convenzionale, che chiamiamo “normalità”, esita a rendersi conto che le proprietà sono solo differenze e che esistono solo nel contesto, solo nella relazione […] Allo stesso modo esitiamo ad ammettere che il nostro stesso carattere è reale solo nella relazione. Noi astraiamo delle esperienze di interazione e di differenza per dare vita a un “sé” che dovrà continuare (dovrà essere “reale” o “cosale”) anche al di fuori della relazione” (Bateson, 1976, Prefazione a Sluski e Ransom, 1976, trad. it. p. 18). PROBLEMA Qual è la “consistenza ontologica” della prospettiva in prima persona? 28 GRAZIE PER L’ATTENZIONE ! Bibliografia BARA B. G. (1996) (a cura di), Manuale di psicoterapia cognitiva, Bollati Boringhieri, Torino. BATESON G. (1972), Verso un'ecologia della mente, tr. it. Adelphi, Milano, 1976. BATESON G. (1976), “Un approccio formale a idee esplicite, implicite e concretizzate e alle loro forme di interazione”, prefazione a Sluzki C.E. e Ransom D.C. (1976) (a cura di), Il doppio legame, tr. it. Astrolabio, Roma, 1979, 13-18. BATTACCHI M. W. (1987), Il metodo storico-clinico, "Teorie e modelli", IV, 3-24. BERTI A. (2010), Neuropsicologia della coscienza, Bollati Boringhieri, Torino. BISIACH E. (1992), Understanding Consciousness, in A.D. 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