15 gli anni di Riccardo Muti come direttore musicale della Scala. Nel 1986 ha preso il posto di Abbado. La sua prima stagione si è aperta con Nabucco 12 sono le opere liriche di Verdi dirette alla Scala da Riccardo Muti dal 1982 al 2001. Il maestro ha concertato numerosissime volte anche la Messa di Requiem 60 anni è l’età di Muti. Nato a Molfetta, il Maestro si è diplomato in direzione e composizione al Conservatorio di Milano. Nel ’67 ha vinto il premio Cantelli P no agli Arcimboldi. Dice: «A Los Angeles e a Tokio fanno un’ora di auto per andare a un concerto. Credo che anche chi sta in centro e raggiungeva la Scala a piedi si abituerà a questo non impervio percorso che, via via, sarà sempre meglio servito. Almeno, questa è la promessa, garantita dal progetto ormai in cantiere di un raccordo della metropolitana. Il teatro è molto bello e confortevole. Sta in un’area di Milano giovane, quella della seconda università statale, ed è beneaugurante per calamitare alla lirica, alla musica le nuove generazioni e anche per un mio vecchio progetto: la creazione di un’orchestra composta da giovani strumentisti che agisca soprattutto a Milano, Parma e Ravenna, ma che abbia anche un proprio approdo nel mio amato Sud. Il Teatro degli Arcimboldi sta in una zona «Per il dramma ho adottato la versione del terzo atto scritta nel 1894. La struttura alla Bicocca è bella e darà, per quanto riguarda il pubblico, nuovo sangue e ossigeno. Il via con Traviata perché, nonostante le numerose repliche, molti milanesi non l’hanno ancora vista e sentita» Ma, nel passato del maestro, c’è l’ese- cuzione che aprì il Maggio Musicale di Firenze del 1980, con la regia di Miklos Janksò, i costumi e la scenografia di Enrico Job. «Rodolfo Celletti — ricorda Muti — scrisse: "Il più bell’Otello mai ascoltato". E Celletti non è un tenero». Non fu il solo elogio. Lo testimonia la «Storia del Maggio» di Leonardo Pinzauti. Giorgio Pestelli usò l’aggettivo «geniale». Piero Buscaroli definì la direzione «prodigiosa». «Oggi, come allora, ho adottato la seconda versione per il finale del terzo atto scritta da un Verdi ottantenne durante le prove del debutto parigino di "Otello" nel 1894 — dice Muti —. Io amo tutto Verdi, anche quello accademico. Ma quest’opera mi sta nel cuore perché rappresenta l’ultimo approdo di un Verdi che parla alla gente, al popolo, di Verdi che, come scrisse Gabriele D’Annunzio, pianse e parlò per tutti. E’ il punto di arrivo di un lungo cammino che non si è chiuso alla musica di Meyerbeer, di Wagner. E’ un Verdi estremamente colto nell’uso dell’orchestra, ma la partitura ha tutti i suoi "caratteri", anche quelli più lontani, quelli dei suoi primi lavori. In "Falstaff", Verdi parla di sé a se stesso. Attraverso "Otello" si rivolge a noi». E’ sempre a Verdi, quello più popolare possibile, quello di «Traviata» che la Scala e Riccardo Muti si affidano perché porti fortuna e richiamo al battesimo degli «Arcimboldi». «Era un’opera tabù per la paura de- UN GRANDE AMORE «È un Verdi estremamente colto nell’uso dell’orchestra... Con Otello si rivolge a noi» (foto A. Tamoni) La storia Dal 1887 al 1987: ecco la storia degli Otello scaligeri 1887-1928 Lavorare bene, per Muti, significa 1935-1959 Guido Vergani Muti spera che i milanesi si affezioni- 5 che fa da imbuto all’Est-Milano, alla Brianza, a Monza. Per questo, se lavoreremo bene, la Scala potrà contare, per quel che riguarda il pubblico, su nuovo sangue, su nuovo ossigeno. Il mio intento è di aprirci il più possibile. Da anni, gli studenti partecipano alle mie prove, alla nascita e al "farsi" delle mie esecuzioni. Allargheremo questo impegno e cercheremo di renderlo più formativo; per esempio, fermandoci su un determinato brano e discutendone, l’orchestra ed io, con i ragazzi in sala». Muti: «Un Verdi che parla alla gente il miglior augurio per gli Arcimboldi» gli orfani di Maria Callas. Io, affidandomi a un cast di voci nuove, giovani, l’ho restituita alla Scala dopo quasi un trentennio e l’ho ripresa più e più volte in questi anni. Nonostante l’assiduità di recite, molti milanesi non l’hanno ancora sentita e vista. Ecco perché il Teatro degli Arcimboldi è una speranza, un modo di aprire le porte alla musica, alla qualità della Scala, della sua orchestra, del suo coro, dei suoi cast a un pubblico che, per i pochi posti nel teatro del Piermarini, per la difficoltà di trovare i biglietti e, forse, anche per il timore del "tempio", di una certa aulicità, non ha mai avuto modo di partecipare al nostro lavoro. Un nuovo teatro è un’opportunità entusiasmante per moltiplicare l’ascolto musicale, per coinvolgere un nuovo pubblico, in un momento in cui la cultura ha sempre meno strade per arrivare alle masse». CORRIERE EVENTI La prima è la sera del 5 febbraio 1887. Il maestro concertatore e direttore è il veronese Franco Faccio, la cui bacchetta dirigerà anche l’edizione successiva nel 1889. Nel cast Otello è Francesco Tamagno, Jago Victor Maurel (sono sue anche le due interprentazioni successive, del 1889 e 1892) Desdemona è Romilda Pantaleoni. Poi comincia la stagione di Arturo Toscanini, che sale sul podio per la prima volta nel 1899 (per Otello calca le scene ancora Tamagno). Da giovane Toscanini al conservatorio suona il violoncello. A vent’anni è il secondo violoncellista della Scala e per la prima di «Otello» nel 1887 è tra i musicisti dell’orchestra, quando rivolto alla madre esclama: «Otello è un capolavoro, madre. Non puoi fare altro che inginocchiarti davanti a lui e gridare "Viva Verdi"». Poi un lungo intervallo senza «Otello» dal 1899 al 1926, con un’interruzione nel 1913, quando il dramma del Moro inaugura una stagione straordinaria verdiana, sotto la direzione di Tullio Serafin. Nel 1927 e nel 1928 sul podio è ancora Toscanini. L’INCONTRO «OTELLO», L’AMORE PER IL COMPOSITORE, LE SPERANZE SUL TRASLOCO NEL NUOVO TEATRO referisce raccontare l’«esperienza nuova che elettrizza tutti», quella del trasloco agli Arcimboldi e del debutto nel nuovo teatro, il 19 gennaio, con «Traviata». Su «Otello», nei giorni delle prove alla vigilia di quest’ultimo 7 dicembre inaugurale alla Scala prima del trasferimento sino al 2004, Riccardo Muti ha fatto muro all’insegna di un «meglio lavorare che chiacchierare». L’appuntamento conclude l’anno scaligero dedicato al centenario della morte di Verdi: sette opere dirette da Muti, da «Trovatore» a «Falstaff», dal «Ballo in maschera» alla «Forza del destino», e otto con questo «Otello» che torna alla Scala a quattordici anni di distanza dall’edizione di Carlos Kleiber del 1987 che riprendeva il suo collaudatissimo spettacolo del 1976. «Non si trattava — afferma Muti — di celebrare Verdi rappresentandolo di più. E’ già l’autore più eseguito nel mondo. Si trattava di domandarsi chi è, come lo possiamo sentire oggi, che cosa chiede la modernità del suo linguaggio. Forse, un piccolo contributo noi della Scala lo abbiamo dato e speriamo di continuare con questo "Otello", il mio primo nel teatro dove l’opera prese vita scenica nel febbraio del 1887». SCALA 2001-2002 IL MAESTRO 1 sola è la messa in scena dell’Otello diretta fino ad ora da Riccardo Muti, a Firenze, l’8 maggio 1980. Protagonisti: Carlo Cossutta, Renata Scotto e Renato Bruson «mantenere vivo, per la quota di programmazione che ci competerà, il rapporto con gli Arcimboldi anche quando potremo ritornare nella nostra sede naturale, nel teatro del Piermarini alla fine del 2004. La speranza è di poter andare in scena contemporaneamente alla Scala e agli Arcimboldi, senza riservare al neonato teatro solo le repliche del repertorio, solo esecuzioni "seconde"». Il che sottintende che il maestro non salirà solo sul podio della Scala, quando il restauro della sede storica, il rammodernamento e la messa in sicurezza del palcoscenico saranno ultimati. «Sarebbe criminale che, tornato alla Scala, io non dirigessi più agli Arcimboldi. Certo, è dolorosa la necessaria chiusura, ma io non vivo questo trasloco come una quaresima, una quarantena. Lo vivo come un’importante opportunità culturale da portare avanti nel tempo». Senza timori per l’acustica, sia quella della Scala, sia quella degli Arcimboldi? «Sulla Scala, tutti gli allarmismi discendono da mancata conoscenza dei problemi. L’acustica del Piermarini è stata alterata da vari interventi prima e dopo le macerie dei bombardamenti. Soprattutto i lavori in cemento armato, sotto la platea, l’hanno resa difficile e problematica. Molte orchestre ospiti hanno avvertito che non c’è riverbero del suono. Quel che, ora, è stato previsto, dall’alleggerimento dei velluti alla ristrutturazione del pavimento della sala, dovrebbe migliorare la situazione. Quanto agli Arcimboldi, tutto è stato studiato per una resa perfetta. Ma l’acustica resta, grazie a Dio, un mistero imponderabile. Non tutto si risolve al computer e molto è perfettibile sul campo. Siamo andati, con la Filarmonica scaligera, nel nuovo auditorium di Lucerna e Russel Johnson, l’uomo della straordinaria acustica della Suntory Hall di Tokyo, era ancora lì ad ascoltare, a fare interventi di correzione, a mettere a punto questo o quel riverbero. Il Teatro degli Arcimboldi ha una sala a megafono e l’orchestra poggia su una sorta di barca in legno, concava. Quando il teatro era a cielo aperto, ci abbiamo suonato la sinfonia di "Norma". Il suono correva. Buon segno». Gino Marinuzzi dirige l’orchestra in tre edizioni successive, nel 1935, nel 1936 e nel 1942. La voce di Desdemona è quella del celebre soprano Maria Caniglia che replica nel ’36, nel ’38, nel ’42 e nel ’47. Poi sul podio sale Victor De Sabata, che replica nel 1947, nel 1949 nel 1950, prima, a settembre, alla Royal Opera House Covent Garden di Londra e a dicembre, per l’inaugurazione della stagione, alla Scala. In tutte queste edizioni Otello è interpretato dal grande tenore Ramon Vinay mentre nel ruolo di Desdemona Renata Tebaldi si esibisce nel 1949, nel ’50 e anche nel 1954 sotto la direzione di Antonino Votto che è sul podio ancora nel 1959. Altro Otello celebre è quello del tenore Mario Del Monaco (1954, 1959). 1976-1987 Nell’ultimo quarto di secolo gli appuntamenti di Otello alla Scala sono solo quattro, il 7 dicembre 1976, il 26 aprile 1980, il 15 aprile 1982 e il 5 febbraio 1987, nello stesso giorno della prima per celebrare il centenario dell’opera (il 2 settembre 1981 lo stesso «Otello» va al Teatro Nhk di Kyoto). Quattro sono le costanti di queste edizioni e di questo periodo: il direttore d’orchestra è l’enfant terrible della bacchetta, il tedesco Carlos Kleiber; la regia, le scene, i costumi hanno la firma di Franco Zeffirelli; la gloria e la disperazione di Otello sono affidate alla voce potente del tenore spagnolo Placido Domingo; il soprano Mirella Freni interpreta l’ingenua Desdemona (a parte la parentesi di Tokyo dove la voce di Desdemona è quella di Anna Tomowa Sintow).