Adattamento reciproco e Pro Project Management

Project Management per Project Manager
L’Adattamento Reciproco e il Project Management
Una esperienza sul campo per proporre il miglioramento continuo dei processi attraverso l’adozione di una
metodologia di project management per contenere le continue influenze esterne.
di Fabrizio Nanni
Contesto Generale
L’organizzazione aziendale è il processo con il quale le persone partecipano
direttamente o indirettamente allo svolgimento dell'attività dell'azienda con il loro
lavoro. Tale processo - strutturato secondo i principi di divisione del lavoro e
coordinamento - nel suo insieme acquisisce una struttura e diventa un sistema.
In un “sistema” le attività specializzate sono svolte da individui con obiettivi che
possono essere divergenti e confliggenti, pertanto, è necessaria una concezione
dell’organizzazione più complessa.
Le organizzazioni sono sistemi di azioni coordinate tra individui e gruppi con
preferenze, informazioni, interessi e competenze differenti. Il problema che deve
risolvere l’organizzazione è come realizzare la delicata trasformazione del conflitto
in cooperazione, la mobilitazione delle risorse e il coordinamento degli sforzi che ne
facilitano la sopravvivenza. La risoluzione sta nella struttura di governance.
La scelta di cosa produrre è competenza della strategia e come produrre è
competenza dell’organizzazione, tuttavia, questa distinzione ha generato il
paradigma strategia-struttura che postula una relazione lineare: una volta definita la
strategia da parte di chi governa, si può sviluppare la struttura più adatta a
implementarla. In tal senso, il problema organizzativo appartiene alla struttura. Così,
la struttura si conforma alla strategia che, a sua volta, viene influenzata dalla
struttura in un processo circolare. La strategia di domani sarà il prodotto dell’attuale
struttura che ha recepito e rielaborato gli stimoli provenienti dall’ambiente esterno.
Si parla quindi di un approccio interdipendente. Fatta questa importante premessa,
descriviamo l’intervento fatto su uno Studio di consulenza specializzato nelle
fornitura di servizi reali alle imprese e alla pubblica amministrazione.
Business Case
La forma dello Studio si presentava come una struttura prettamente artigiana,
orientata al governo di attività non controllate direttamente da una sola persona,
ma che richiedono una professionalità diffusa e una maggiore discrezionalità di
scelta da parte del nucleo operativo.
In pratica, i due titolari dello Studio, pur
mantenendo le responsabilità di coordinamento e
di indirizzo delle linee di sviluppo aziendale,
lasciavano che gli operatori assumessero
autonomamente molte decisioni. Sostanzialmente
tutto ruotava attorno al nucleo operativo, che
Organigramma precedente
fungeva da vero e proprio problem solver.
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I consulenti dello Studio, trovandosi spesso a diretto contatto con i clienti,
decidevano autonomamente e tempestivamente come soddisfare le mutevoli
esigenze sulla base delle proprie conoscenze tecniche ed esperienze.
I titolari dello Studio, vuoi per la complessità delle attività operative, vuoi per la
specificità delle conoscenze necessarie, non controllavano i collaboratori e si
affidavano spesso alla loro competenza tecnica per la risoluzione dei problemi.
Il controllo delle attività lasciato agli operatori del nucleo operativo, si basava
essenzialmente sulle qualità professionali, sulle abilità, sui modelli comportamentali
e sulle prassi di lavoro delle persone coinvolte nell’erogazione del servizio.
Nel tempo, gli imprenditori avevano reclutato e selezionato risorse con determinati
percorsi formativi per acquisire specifiche conoscenze e, come meccanismo di
rinforzo, avevano organizzato per i loro collaboratori percorsi formativi interni
finalizzati a trasferire conoscenze per lo svolgimento delle attività operative anche
con periodi di affiancamento di figure più esperte ai lavoratori junior.
Con questa strategia, oltre alla condivisione del know-how, si sono creati
meccanismi di controllo sociale e culturale: le persone oggi condividono gli stessi
linguaggi, gli stessi obiettivi e gli stessi valori o norme, accrescendo la loro
autonomia e la loro capacità di controllare il proprio operato e quello dei colleghi.
Tuttavia, la crescente complessità organizzativa aveva esaurito gli effetti positivi di
questo modello gestionale, evidenziando la mancanza di standardizzazione dei
processi tangenti alle attività operative, insostenibile per la complessità gestionale e
la crescita dimensionale.
I principali meccanismi di coordinamento utilizzati all’interno dello
Studio per la gestione dei progetti erano l'adattamento reciproco,
vale a dire la capacità degli operatori di accordarsi direttamente
ogniqualvolta emergeva un problema, modificando operazioni e
comportamenti per garantire il risultato finale. L’adattamento
reciproco è un dispositivo che presenta alcuni limiti:
 il meccanismo si attiva ex post poiché interviene dopo che il problema si è
presentato e ogniqualvolta compare;
 il controllo del lavoro e la discrezionalità si sedimentano nei singoli operatori
anziché permeare l’intera struttura organizzativa.
Approccio Teorico
Bisogna comunque riconoscere che la variabilità e la complessità dei progetti
richiede sempre una componente di adattamento reciproco, ma è anche vero che
esso può essere supportato dalla standardizzazione dei processi e delle competenze.
La standardizzazione dei processi ha la capacità intrinseca di prevenire i problemi,
cercando di evitarli o quantomeno ridurne l'impatto negativo, in più, questo modus
operandi tende a ridurre il fabbisogno di supervisione diretta, anticipando i problemi
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di coordinamento. Standardizzare significa fondamentalmente agire in anticipo per
stabilizzare e uniformare.
Il principio non si applica solo al “come fare” - standardizzazione dei processi, ma
anche al “cosa fare” - standardizzazione degli output e al “con quale conoscenza
agire” - standardizzazione delle competenze.
La standardizzazione delle competenze consiste nell’assicurarsi che gli operatori
siano in grado di svolgere i compiti assegnati e di interagire tra loro sulla base di
competenze acquisite in precedenza.
Anche questo è un meccanismo aprioristico che mira a rendere l’adattamento e la
supervisione più efficaci, meno dispersivi o meno onerosi.
Caso Reale
Ma torniamo al caso reale: cosa vuol dire che l’organizzazione aveva adottato
l’adattamento reciproco come principale strumento di coordinamento?
Lo Studio, nonostante gestisse progetti, non incaricava un unico consulente per ogni
progetto, ma trasferiva l’incarico da un consulente all’altro in base alla fase in cui si
trovava il progetto.
Ad esempio in fase di organizzazione del progetto l’incarico veniva affidato a un
consulente il quale realizzava la pianificazione del progetto. Per l’esecuzione, invece,
veniva incaricato un altro consulente e così via.
Se alla fine i vari deliverable del progetto non rispondevano ai requisiti, non solo si
creava confusione nell’escalation delle responsabilità, ma la soluzione del problema
era prettamente estemporanea e compulsiva.
I processi comunicativi erano influenzati dalle caratteristiche personali degli
individui, dai loro atteggiamenti, dalla loro sensibilità, dalla loro cultura e dalla
stessa interazione tra gli attori coinvolti nel processo di comunicazione stesso.
In questo modo, il flusso informativo e di comunicazione procedeva in modo
ambiguo dovuto ad un basso livello di formalizzazione che non lasciava traccia
dell’informazione stessa e non garantiva precisione, rapidità e uniformità dialettica.
In pratica questo tipo di comunicazione mal si prestava a forme di controllo.
Comportamenti
Il sistema operativo di controllo include, infatti, i meccanismi e i processi con i quali
si orientano i comportamenti delle persone, confrontando i risultati raggiunti con
quelli attesi e di avviando eventuali azioni correttive. In
particolare, il sistema di definizione degli obiettivi fornisce
le informazioni utili per guidare le azioni di persone e
gruppi, al fine di promuovere la coerenza tra gli obiettivi
individuali e quelli organizzativi.
La misurazione dei risultati, invece, aiuta le persone a focalizzare l’attenzione sulle
aree oggetto di valutazione per verificare se gli obiettivi sono stati raggiunti.
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Tuttavia, solo attraverso i meccanismi di retroazione (feed-back), il sistema di
controllo riesce ad evidenziare il suo impatto in termini di coordinamento.
L’efficacia del feed-back nell’orientare i comportamenti è influenzata da quantità,
tempestività e comprensibilità delle informazioni trasmesse. Un feed-back tardivo o
insufficiente impedisce l’adozione immediata di azioni correttive e quindi ostacola il
governo del sistema organizzativo.
Cambiamenti
Nello Studio i report di difficile lettura rendevano complicata
l’individuazione delle informazioni rilevanti, rallentando
inesorabilmente i processi decisionali o peggio, orientandoli
nella direzione sbagliata. Praticamente, risultava che tutta
l’attività organizzativa si basava sul mutuo adattamento,
ovvero, su un meccanismo di coordinamento di tipo
orizzontale.
Questo approccio è molto efficace in ambienti proteiformi e
innovativi, cioè quando l’ambiente esterno è variabile e quindi
imprevedibile, infatti, il sistema importa una parte della
turbolenza, pertanto, la sua configurazione non può essere
definita a priori, ma viene determinata in base alle pressioni
esterne che l’ambiente riversa sul sistema. Ad esempio, una
Processi attivati
start-up che organizza le proprie attività per rispondere alla
complessità generata da un mercato ancora da scoprire.
I sistemi innovativi poggiano la loro attività sull’apprendimento per esplorazione,
basato su congetture, intuizioni, falsificazioni, tutte attività centrate sull’individuo e
sul team, modellate sulle capacità umane, difficilmente surrogabili dalla
parcellizzazione di compiti ripetitivi.
Da questo punto di vista, potrebbe sembrare un merito il fatto che la configurazione
organizzativa dello Studio non fosse rigidamente definita e che la sua caratteristica
principale fosse la flessibilità, intesa come capacità di adattarsi alle pressioni
contingenti dell’ambiente, attraverso i feedback, positivi e negativi.
È anche vero, però, che le dinamiche organizzative in un’azienda sono
contraddistinte dall’apprendimento per ripetizione, comportamento che è in grado
di trasformare attività esplorative in lavoro di routine.
Mentre l’apprendimento per ripetizione può essere supplito da procedure e
istruzioni ovvero può essere standardizzato, l’apprendimento per esplorazione mal
si presta a ruoli prescrittivi e procedurali, perché calza una mansione attivatrice
della sperimentazione e della scoperta cui viene richiesto di generare varietà e
innovazione e non solo uniformità, prevedibilità dei comportamenti e
minimizzazione dei costi.
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La standardizzazione consiste nell’individuare quelle attività di routine che
permettono agli individui di reagire allo stesso modo in presenza di una specifica
gamma di eventi. Pertanto, è possibile definirla come un processo di
reingegnerizzazione che tende a far avere lo stesso comportamento a tutte le
istanze di un determinato processo aziendale.
Questo approccio consente di introdurre il concetto di predicibilità dei compiti ad
integrazione di alcune variabili e strutture di connessione, intendendo il grado di
possibile strutturazione dei compiti e l’individuazione di quelle che possono essere
le influenze esterne sul sistema organizzativo.
Morale della favola che poi incidentalmente è il quinto principio del Lean Thinking,
cioè il Kaizen o miglioramento continuo, un’azienda sana deve mantenere una
costante tensione verso il miglioramento, non solo nei grandi salti (un progetto
innovativo, un metodo di processo innovativo etc.), ma anche nel day by day cioè in
tutti i processi di creazione del valore, da quelli primari a quelli ausiliari.
Questo significa cercare di ridurre costantemente i costi a fronte dei risultati, di
abbreviare i tempi di lavoro, di eliminare alla radice le non conformità, di attivare
regolarmente azioni correttive e preventive e di soddisfare più rapidamente le
esigenze dei committenti, senza aumentare il numero di risorse.
La parola chiave è quindi processi efficienti, nell’ottica del miglioramento continuo,
il che significa fare meglio con le stesse risorse.
Vediamo allora quali modifiche sono state apportate nello Studio per ottimizzare
l’attività organizzativa.
 È stato realizzato un database comune che ha
permesso l’integrazione delle informazioni
rilevanti, consentendo l’accesso solo al
personale delegato, esattamente come nei
sistemi a isole.
 È stata configurata una struttura modulare per
Nuovo Organigramma
consentire una grande interoperabilità tra i
gruppi funzionali.
 È stato introdotto un approccio prescrittivo alla gestione dei progetti,
implementando una metodologia specifica per la gestione del ciclo di vita del
progetto. L’approccio è stato orientato alle persone e ha posto l'enfasi sul
servizio attraverso la tecnologia dei sistemi di gestione dell'informazione, per
produrre ricerche, analizzare dati e fruire dei dati velocemente, così da
migliorare l'efficienza e l'effettività del decision making.
 Sono stati elaborati modelli di report a supporto delle decisioni e sistemi di
informazione esecutivi. Perché si possa parlare propriamente di decisione, infatti,
è necessario che il decisore abbia di fronte a sé una pluralità di opzioni: la scelta
obbligata, in assenza di alternative, non è una decisione. Ma per poter decidere
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in modo razionale è necessario conoscere le alternative e le conseguenze che
possono scaturire da ciascuna di esse.
Conclusione
Grazie all’introduzione di nuovi strumenti di reportistica adeguati alle esigenze dello
Studio e all’implementazione di una serie di indicatori chiave di prestazione, si è
passati da decisioni in situazione di incertezza a decisioni in situazioni di rischio,
ovvero, pur non conoscendo la natura di un evento, oggi si dispone almeno di una
misura della probabilità associata a ciascun possibile stato di natura dell’evento
stesso.
E’ stata anche revisionata l’intera governance
dei progetti, definendo ruoli precisi e
assegnando compiti e responsabilità a ciascun
operatore.
Al fine di migliorare le competenze dei
consulenti che gestiscono i progetti, è stato
infine avviato un programma di formazione
basato sulla conoscenza di standard di project
management.
Sintesi dei risultati
La standardizzazione delle competenze, infatti, è un potente meccanismo di
coordinamento ex ante pertanto è in grado di prevedere e risolvere i problemi in
anticipo rispetto all’approccio estemporaneo tipico dell’adattamento reciproco.
Oggi nello Studio è diffusa uniformemente la cultura del dato e dell’informazione e
le attività di routine sono state rese molto più efficienti, mentre la gestione dei
progetti prevede l’utilizzo di una metodologia in grado di tenere sotto controllo i
principali vincoli di tempo, costo e qualità.
Fabrizio Nanni - Libero professionista (sito web: http://www.fabrizionanni.it/) che opera da più di quindici
anni nella consulenza di direzione. Ha avuto esperienze in aziende di diversi settori, consolidando le sue
conoscenze nella supply chain e nella logistica integrata. Attualmente, nel ruolo di project manager, si
occupa dello sviluppo di Sistemi Informativi, gestendo diversi progetti di business process reengineering a
forte impatto organizzativo.
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