Dispensa: I costumi e la recitazione dal medioevo al

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I costumi, la recitazione
I costumi
Nel dramma medievale, i personaggi non umani avevano sempre delle maschere: gli angeli, Dio e
Cristo avevano maschere dorate mentre Lucifero e i diavoli avevano maschere con corna e anche
con due facce. Nel caso in cui più attori recitassero la stessa parte, la maschera serviva ad
uniformare l’interpretazione del personaggio e inoltre si usavano corone da re, aureole, parrucche
etc. in modo che la funzione del personaggio fosse inequivocabile. Il termine dramatis personae
usato per indicare la lista dei personaggi all’inizio di un testo drammatico, indica proprio questo: la
parola latina persona indicava la ‘maschera’ ovvero la parte, la funzione svolta da un personaggio
all’interno del dramma. I costumi più interessanti da studiare sono forse quelli dei diavoli,
personaggi presenti sia nel dramma medievale che in quello rinascimentale:
We do not know, for example, how the diabolical characters were clad in the few liturgical plays in which they
feature, but in the vernacular pieces we hear of ‘the devil in his featheres all ragged and rente’ (Coventry ‘Late
Banns’), of ‘ii pound of heare [hair] for the demons cotts & hose’ (Coventry Drapers 1572), or of the devil
Enguignart in Le Jour de Jugement dressed as a young dandy of the day in a blue surcoat with long erminelined sleeves falling almost to the floor, and a red hood; attendant devils on this occasion were painted red or
black, with wiggling tails, and gaudily coloured shields which they beat with their pitchforks. Rabelais
describes, probably from life, a parade of devils in which the demons are ‘decked out in the skins of wolves,
calves and rams, topped with the heads of sheep and the horns of bulls, and huge, kitchen hooks, with strong
leather belts round their waists from which great cow-bells and mule-bells hung, making a horrific din’.
In many places masks were an important feature of devilish costume, and they also feature among the details
of Herod’s equipment; (Meg Twycrosss and Sarah Carpenter in Happé pp. 181-2)
Le teste di animali e gli abiti grotteschi appartenevano ad una convenzione scenica stabilita durante
i secoli. Sugli altri costumi degli attori non si hanno che vaghe informazioni, che però sono di un
certo interesse. Sembra che le maschere, o visors, fossero piuttosto comuni. Delle maschere
figurano nei conti di Bungay nel Suffolk del 1566, e nei registri di Canterbury. Una voce riporta
“payntyng of the hede and the Aungell of the pagent”. Lucifero, nel St. Meriasek della Cornovaglia,
aveva l’aspetto di un serpente “with a virgyn face & yolowe heare vpon her head” (volto da vergine
e una parrucca bionda in testa). Si utilizzavano spesso delle parrucche insieme ad una maschera,
come è indicato da un registro del 1504 di Leicester: “Paid for a pound of hemp to mend the angels
heads”. Nel 1585, a Tewkesbury, c’erano “eight heads of hair for the Apostles, and ten beards, and
a face or vizier for the Devil”. In quanto ai costumi veri e propri ci sono registrazioni di molte
descrizioni. A Chelmsford, nel sedicesimo secolo, si ha notizia di una veste di cuoio per Cristo
(“lether for Christ”), e viene fatta inoltre una piccola lista di accessori:
ii vyces coates, and ii scalpes, ii daggers (i dagger wanted).
v prophets cappes (one wantinge). iii flappes for devils.
iii shepehoks, iiii whyppes (but one gone).
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[2 maschere, 2 parrucche, 2 pugnali (1 pugnale mancante), 5 cappucci dei profeti (1 mancante), 3 ali
per i diavoli, 3 bastoni da pastore, 4 fruste (ma una perduta)]
A Leicester, nel 1504, si fa menzione delle calze di Gesù (Jesus hoose) mentre Norwich fornisce un
interessante inventario di:
A cote & hosen wt a bagg & capp for dolor, steyned.
2 cotes & a payre hosen for Eve, stayned.
A cote & hosen for Adam, Steyned.
A cote Wt hosen & tayle for ye serpente, steyned, wt a wite heare...
An Angell’s Cote & over hoses of Apis Skynns...
A face & heare for ye Father.
2 hearys for Adam & Eve
(Una veste e calze con un sacco e cappuccio per il dolore, colorati. 2 vesti e un paio di calze per
Eva, colorate. Una veste e calze per Adamo, colorate. Una veste con calze e coda per il serpente,
colorate, con una parrucca bianca. Una veste da angelo e sopra calze di pelli di scimmia. Una faccia
e parrucca per il Padre. 2 parrucche per Adamo ed Eva)
Anche i personaggi elisabettiani erano vestiti in modo fastoso. Alcuni studiosi pensano che i loro
costumi fossero di foggia contemporanea, ma vi sono testimonianze che indicano l’uso di costumi
‘storici’ o addirittura inventati. L’unico disegno contemporaneo a questo proposito fu eseguito da
Henry Peacham nel 1595: si tratta di una scena del Titus Andronicus (Fig. 2) in cui i personaggi
sono vestiti in vario modo: alcuni di fantasia ed altri che sembrano imitazioni di abiti romani.
Le divinità classiche erano rappresentate con abiti speciali e con oggetti simbolici: Nettuno era
corredato di un abito particolare e portava un tridente e una ghirlanda, Giunone e Didone avevano
un vestito speciale ed Iride portava una maschera dorata ed un arcobaleno, Mercurio aveva delle ali
ed i personaggi come spettri o fantasmi indossavano dei corsetti particolari. Nel guardaroba di una
compagnia teatrale vi erano inoltre travestimenti da animali (leoni, verri, draghi, cavalli, cani neri)
ed abiti ecclesiastici, toghe da senatore romano, costumi per i personaggi dei boschi e vestiti da
fool. Inoltre vi erano oggetti di scena come mantelli ‘magici’, corone e cappelli particolari (cfr.
Nicoll, 110-11). In conclusione, gli spettatori vedevano sulla scena degli attori che non erano vestiti
con abiti elisabettiani. Dobbiamo quindi ammettere che, se nei teatri pubblici mancava una
scenografia spettacolare, lo spettacolo visivo doveva essere affidato ai costumi che indicavano in
qualche modo anche il luogo e il tempo in cui era ambientata la vicenda rappresentata.
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La scenografia
Abbiamo appena ribadito che si faceva uso di alcuni oggetti e simboli legati a personaggi specifici
ma che non si utilizzavano scenografie elaborate che fornissero un’ambientazione realistica del
dramma. La bellezza del palcoscenico contribuiva certamente allo spettacolo visivo, grazie alle
sontuose decorazioni di stucco e alle colonne in legno dipinte ad imitazione dei marmi colorati degli
edifici romani1. Le uniche informazioni sugli oggetti di scena utilizzati derivano dagli scritti di
Philip Henslowe, l’impresario (ante litteram) degli Admiral’s Men che ci lasciano supporre che non
fossero molti. Il tipo di ambiente in cui si muovevano i personaggi era suggerito principalmente
dalle parole e dalle descrizioni di alcuni di essi. Tuttavia, alcuni oggetti significativi come “a seat of
justice” venivano portati in scena (o forse scendevano dalla botola presente nello heaven) per
indicare che una scena si svolgeva in un tribunale o in una sala del trono. Allo stesso scopo
potevano essere usati anche un arbusto (per indicare una scena all’aperto) e delle torce (per indicare
un’ambientazione notturna).
Gli effetti speciali
Effetti speciali di diverso tipo venivano usati nelle rappresentazioni drammatiche già nel medioevo.
Quelli più spettacolari erano sicuramente gli effetti pirotecnici, in particolare nelle scene in cui vi
erano dei diavoli o dei draghi. Questi personaggi portavano in scena zampilli di fuoco, fumo, odore
di zolfo e petardi.2
Per uno studio specialistico della tecnologia degli effetti pirotecnici e di illuminazione scenica si
consiglia il libro Theatre of Fire di Philip Butterworth (1998) da cui sono tratte le figure 3, 4 e 5.
Nelle rappresentazioni appartenenti al ciclo di N-Town, The Fall of Man e Cain and Abel, ci sono
spade fiammeggianti che ardono. Il dramma MaryMagdalene è anch’esso ricco di effetti visivi: un
angelo cattivo (“bad angyl”) entra nell’inferno con un tuono (“into hell with thondyr”); alcuni
diavoli incendiano una casa (“house one a fyere”); un idolo è fatto tremare e oscillare (“tremyll and
quake”); mentre più tardi una nuvola scende dal cielo (“from hevene”), e appicca il fuoco al tempio
(“put ye tempyl one a fyer”).
Più realistici di tutti devono essere stati tuttavia,come si è visto, gli effetti connessi con l’Inferno.
Una pelle di pergamena e polvere da sparo (“A skin of parchment and gun-powder”) furono
comprate nel 1520 a Kingston-on-Thames, e da altre testimonianze si sa bene per quale uso. Nelle
rappresentazioni della Cornovaglia, Lucifero scende nell’inferno con un abbigliamento sozzo e
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Nel contratto per la costruzione del Fortune si specifica che le due sostegni della tiring house dovessero avere la base
quadrata e decorati con finti stucchi e una statua intagliata in forma di satiro in cima ad ognuno di essi. (cfr.Nicoll: 109).
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circondato da fuoco (“goth downe to hell apareled fowle with fyre about bern”); l’attore che
interpreta Belyal in The Castle of Perseverance è pregato di badare di avere la polvere da sparo che
bruci in cannucce nelle mani e dentro le orecchie (“looke that he have gunne powder brennying in
pypys in his hands and in his ers”)
Oltre che dai diavoli, gli effetti pirotecnici erano utilizzati nella cosiddetta Hellmouth (bocca
d’inferno). Si trattava di una struttura abbastanza grande da cui uscivano o entravano dei diavoli
accompagnati da fumo, zampilli di fuoco ed a volte con puzza di zolfo. (cfr. Happé, 1998: 53). La
Hellmouth aveva l’aspetto di un’enorme bocca di mostro e rappresentava lo spaventoso leviatano
descritto nella Bibbia. Pare che in alcuni casi questa potesse essere una struttura vera e propria che
poteva ospitare al suo interno diverse persone. In questa versione la Hellmouth costituiva una parte
integrante dello scaffold dell’inferno (Hell), come si può vedere nella già citata miniatura di
Fouquet (Fig. 6). Lo scaffold che rappresentava l’inferno era posizionato a nord nello spazio scenico
in quanto nella simbologia medievale, che si può riscontrare anche nell’orientamento delle chiese
gotiche e romaniche, la direzione est è simbolo della divinità (Gerusalemme si trova ad est) e del
bene. Nelle chiese la luce dell’alba illumina i vetri istoriati del rosone e crea quell’effetto mistico
voluto dagli architetti e dai teologi del tempo, mentre il lato nord rimane sempre più buio e più
freddo, per cui è facile identificare questa direzione con l’opposto della divinità e quindi con il male
e il diavolo. Questo schema resta valido anche se non si dispone la struttura secondo il nord
geografico: il male viene sempre identificato col lato sinistro perché il nord si trova a sinistra
dell’est. Per questo motivo l’inferno veniva sempre posto a sinistra del paradiso. L’inferno è anche
tradizionalmente associato con il sottosuolo (the underworld) e quindi la struttura che lo
rappresentava doveva avere almeno due livelli: Nel dramma The Creation of the World del ciclo di
Wakefield-Towneley (v.2034) e in Mary Magdalene (v.357) la parte superiore dell’inferno viene
chiamata Lymbo e nel dramma Creation (v.2026) quella inferiore viene chiamata pytt (v.2034). (cfr.
Higgins, 1994: 50). Nelle rappresentazioni su pageant wagons, invece, i carri avevano la Hellmouth
posta in basso, forse nel lato lungo tra le ruote (Fig. 7) ed il pavimento era dotato di una botola da
cui apparivano o scomparivano dei diavoli che poi agivano sul carro o sulla strada (place). Come gli
scaffolds usati negli allestimenti scenici fissi, questi carri avevano anche un verricello, un congegno
per vomitare fuoco dalla bocca, un tamburo per simulare il terremoto e di un dispositivo per
incendiare tre globi (cfr. Nicoll, 1927, p. 94). L’uso della Hellmouth non scomparve però insieme ai
drammi medievali e rimanse nell’iconografia europea come simbolo dell’inferno ben oltre il
rinascimento: un oggetto di scena chiamato ‘Hell mought’, probabilmente di modeste dimensioni,
faceva parte anche delle stage properties (attrezzeria di scena) degli Admiral’s Men, come risulta
dalle pagine del ‘diario’ Philip Henslowe, datate 1598 (cfr. Higgins, 1994: 50).
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Effetti sonori:
Nelle playhouses di Londra, i rumori venivano realizzati con delle macchine semplici come il
‘thunder run’ (per riprodurre i tuoni), che era fatto da un piano di legno su cui rotolava una palla di
cannone. Il suono amplificato avrebbe fatto il suo effetto, soprattutto se il rumore proveniva
dall’alto (lo hut che sormontava la copertura del palcoscenico elisabettiano). I lampi erano invece
realizzati con degli specchi che riflettevano i bagliori prodotti da torce accese nella tiring house ed
il rumore dei fulmini veniva da lastre metalliche prese a martellate. Purtroppo le condizioni di
sicurezza, come fa notare Butterworth, erano molto inferiori a quelle attuali e ricordiamo che il
primo Globe fu distrutto da un incendio causato da un colpo del cannone utilizzato durante una
rappresentazione di Henry VIII nel 1613. Altri effetti, come il “flourish” presente in varie didascalie
di drammi elisabettiani, erano degli squilli di tromba o di strumenti a fiato chiamati houtbois che
sottolineavano l’ingresso in scena di personaggi importanti. L’uso della musica all’interno del testo
drammatico è analizzato in una pagina specifica del sito intitolata La musica e la danza durante le
rappresentazioni.
La recitazione degli attori nel rinascimento
Per quanto riguarda gli attori elisabettiani, non sappiamo con certezza il che modo essi
interpretassero le loro parti ma si può ipotizzare che vi fossero due elementi principali:
a) uno stile molto convenzionale, più antico, che si sovrappose ad uno stile più naturale e più
moderno
b) la presenza di elementi retorici in tutti i testi drammatici
Ad esempio è molto probabile che Edward Alleyn, il grande attore tragico dei drammi di Marlowe,
avesse uno stile più ampolloso del suo rivale Richard Burbage, protagonista delle tragedie di
Shakespeare (cfr. Nicoll, 1966:110). Anche la dizione dei versi poteva essere condizionata da
convenzioni sulla pronuncia e dagli accenti del metro usato da ciascun drammaturgo. Nel caso di
Shakespeare, sappiamo che il pentametro giambico impone un certo ritmo ed una intonazione che
sono facili da memorizzare ma molto difficili da eseguire, almeno per gli attori contemporanei.
L’analisi degli elementi deittici presenti nei dialoghi drammatici sembra indicare che alcuni
movimenti fossero obbligatori e che alcune espressioni (come ira, paura, disperazione,
rassegnazione) fossero codificate da una gestualità convenzionale.
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Come gli attori imparano le loro parti
Sembra che gli attori medievali (che, ricordiamo, non erano affatto dei professionisti) potessero
avere una sorta di suggeritore, o maestro di cerimonie, che li seguiva leggendo il manoscritto del
play. Gli attori delle prime compagnie di giro e quelli delle compagnie stabili (come The
Chamberlain’s Men e The Admiral’s Men) imparavano le loro parti su dei fogli chiamati cue scripts
(o side parts). In pratica il testo del dramma veniva ‘tagliato’ e diviso tra gli attori in modo che
ognuno ricevesse soltanto la parte che doveva memorizzare. Su questi scripts era copiato anche un
piccolo indizio su quello che accadeva prima o dopo ciascuna ‘battuta’ del personaggio, consistente
nella parte finale della ‘battuta’ del suo interlocutore (detta appunto cue)3. Questo sistema era
necessario per risparmiare tempo e denaro nella copia manuale dei testi drammatici, ma anche per
evitare che il testo integrale fosse rubato e utilizzato dalla concorrenza. A questo scopo le
compagnie elisabettiane avevano uno scrivano chiamato book holder il quale era incaricato della
copia, del mantenimento e della custodia di tutti i copioni (prompt-books) appartenenti alla
compagnia (o all’impresario) e che poteva fungere da suggeritore durante le prove (essendo l’unica
persona in possesso del testo completo).
BIBLIOGRAFIA
Butterworth, P., Theatre of Fire, London, The Society of Theatre Research, 1998.
Mullini, R., Zacchi, R., Introduzione allo studio del teatro inglese, Firenze, La casa Usher, 1992.
Happé, P., English Drama Before Shakespeare, Cambridge, CUP, 2000.
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Più di una volta, nei drammi di Shakespeare, troviamo un personaggio che invita un altro a parlare ricordandogli che
tocca a lui (“Speak, count, this is your cue!”, Much Ado About Nothing, IV, ii).
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IMMAGINI
Fig. 1 Costume da diavolo
Fig. 2 Modello di drago mosso su un cavo con effetti pirotecnici
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Fig. 3 Modello di drago gigante mosso da effetti pirotecnici
Fig. 4 Scontro tra SanGiorgio e il drago con effetti pirotecnici
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