FILIGNANESE Si deve subito evidenziare che la Lingua Filignanese non ha alcuna inflessione o cadenza particolare nella pronuncia, come hanno invece sia il Napoletano che il Romanesco; a volte si rileva che nel parlare odierno alcune persone di Filignano hanno purtroppo assunto una cadenza frutto di recenti contaminazioni con il Venafano, in molti aspetti simile al Napoletano (con cui il Filignanese ha come la differenza che c’è tra il suono musicale del Milanese e la parlata greve del Bergamasco). Si deve pronunciare esattamente come si parlano sia l’Italiano (senza inflessioni) sia l’Inglese di Oxford. Questo vocabolario è indirizzato non a quei pochi che già conoscono il Filignanese (non ne sentono alcuna necessità), ma prevalentemente alle tantissime persone che non lo conoscono affatto (Italiani, Inglesi e Francesi) o a coloro che lo conoscono in modo approssimativo; purtroppo le giovani generazioni della Comunità di Filignano sono abituate già dall’infanzia a non utilizzarlo, per cui è destinato a scomparire rapidamente dall’uso corrente; questo vocabolario vuole essere un ultimo tentativo per salvarne la memoria e con la speranza che un giorno possa diventare argomento di studio per coloro che vorranno avvicinarsi alla lingua dei loro antenati. Il Filignanese deriva prevalentemente dal Ciociaro (Valcomino e Valle del Liri) e con molte parole sia Sannite sia Napoletane; volendo fare un’attenta analisi etimologica se ne possono ovviamente trovare tantissime derivate dal Latino Volgare, nonché qualcuna persino di origine Longobarda. Con la definizione di alcuni regole fonetiche e grammaticali, potrebbe essere assimilato a una qualsiasi lingua; ovviamente si tratta di un linguaggio di un paese di montagna abitato quasi esclusivamente da contadini e pastori; pertanto risulta essere molto essenziale, senza troppi formalismi e privo di molte parole che non erano necessarie al loro livello di vita; nel tempo, anche a causa dei contatti con i paesi di emigrazioni e al nomadismo, vennero incorporati molti termini, anche se adeguandoli al loro modo di parlare. Per poterlo pronunciare, scrivere e leggere diventa essenziale la comprensione di alcune “semplici regole”, esattamente come avviene per qualsiasi nuova lingua; si studiano la sua fonetica, le regole di pronuncia, la declinazione dei verbi e tutte le inevitabili eccezioni. Il Filignanese è ormai prossimo alla sua estinzione definitiva; le poche nuove generazioni, sempre più in declino, apprendono subito la Lingua Italiana, direttamente dai familiari diretti ed innanzitutto dalla televisione; arrivati all’età adulta, a malapena saranno capaci di parlarne o capirne qualche parola; la generazione successiva non sarà più in grado di conoscerlo in alcun modo; questo dizionario rappresenta l’ultimo tentativo di lasciare un ricordo della lingua parlata dai nostri antenati in tempi in cui la stragrande maggioranza non sapeva leggere e scrivere; nonostante questo seppero sviluppare una grande comunità che subì la diaspora dell’emigrazione verso un sogno di traguardi migliori, ma dimenticando quello che per cui avevano lottato i propri antenati, che molto probabilmente erano molto più felici dei propri pronipoti, accontentandosi di poco, ma veramente molto poco. Non avevano niente e avevano tutto, mentre noi abbiamo tutto, ma di fatto non abbiamo niente. Nella coniugazione dei verbi, come si vedrà più avanti, colpisce il fatto che sostanzialmente non esiste il futuro (salvo che in un approssimativo futuro prossimo); questo conferma il fatto che le persone erano così impegnate nella lotta per la sopravvivenza quotidiana, per cui non avevano tempo da dedicare a un ipotetico futuro remoto. La visibilità della vita aveva un orizzonte limitato a una settimana o massimo a un mese. Quando si vuole mettere per iscritto una lingua solo parlata, nasce ovviamente un’incredibile serie di problemi connessi innanzitutto nel trascrivere dei suoni che non trovano corrispondenza con le lingue di riferimento (i.e. Italiano, Inglese e Francese); d’altronde questi suoni particolari sono la maggiore caratteristica d’interesse, e non sarebbe giusto e opportuno modificarli per adeguarli alle esigenze di scrittura. Per fortuna e purtroppo l’uso delle tastiere delle moderne tecnologie rende agevole selezionare il carattere da digitare da assimilare al suono che si vorrebbe riprodurre, ma non sempre si ottiene il risultato che ci si vorrebbe prefiggere; pertanto si devono usare degli accorgimenti per inserire il suono voluto; questo problema, già complicato, diventa ancora più complesso come in questo caso specifico. Questo dizionario dialettale viene, infatti, predisposto per essere disponibile in quattro lingue, ben distinte tra di loro: Filignanese, Italiano, Inglese e Francese; si è cercato nei limiti del possibile di rendere le parole dialettali leggibili anche da persone che non lo conoscono per niente e che potrebbero non avere alcuna familiarità con alcuni suoni caratteristici del Filignanese e dell’Italiano, che hanno ovviamente in comune buona parte della loro fonetica. Sono state assunte pertanto delle forme che facilitano quest’obiettivo, anche se possono provocare qualche ovvia perplessità da una prima valutazione frettolosa. 1 REGOLE FONETICHE E GRAMMATICALI Innanzitutto nel Filignanese non esistono parole tronche, come apparirebbe da una prima valutazione frettolosa; infatti, è frequentissima la presenza della vocale e muta (breve suono solo nasale) che verrà rappresentato simbolicamente con lettera ë (l’unica ragionevolmente utilizzabile da tastiera). Con questo semplice accorgimento diventa tutto molto più facile, potendo rappresentare più facilmente qualsiasi parola. Molti hanno la tendenza a utilizzare l’apostrofo per rappresentare la e muta; purtroppo capita di avere parole che ne contengono all’interno anche tre o oltre; un esempio è la parola “avvolto=avvoltolato=abb(e)t(e)nat(e)” che istintivamente verrebbe quindi da scrivere come abb’t’nat’ in modo ovviamente orrendo; invece rappresentato con abbëtënatë assume una forma più che ragionevole, assimilabile a una qualsiasi lingua. Vi sono moltissime parole che contengono le lettere ST, che vengono pronunciate SCT (SC come per SCEMO); per permettere la loro scrittura e di conseguenza la lettura, si è preferito rappresentarle come segue: questo = quisctë diventa quisçëtë questa = quescta diventa kesçëta festa = fescta diventa kesçëta finestra = fënesctra diventa fënesçëtra masticare = masctëcà diventa masçëtëcà Di primo acchito potrebbe apparire una scelta discutibile, ma è l’unica praticabile per riprodurre la particolare fonetica di questa tipologia di parole, anche per persone di lingue diverse. Vi sono casi di identica doppia consonante NN all’inizio di alcune parole; questo dipende dalla perdita della vocale iniziale, a causa della contrazione nella pronuncia e dalla N rafforzata (come se fosse un balbettio): innanzi = innanzë diventa nnanzë incagliato = incagliatë diventa nncagljatë pochino = inticchia diventa nntickia cotechino = innoglia diventa nnoglja Vi sono casi molto frequenti di doppie consonanti MB, NC, ND, NG, NZ, strani nella Lingua Italiana, che sono il risultato di una contrazione e della perdita della vocale che le precede (le due consonanti devono essere pronunciate non in modo distinto, ma come se fosse un tutt’uno): bagnato = in-bussë diventa mbussë ubriaco = in-briachë diventa mbriakë in fronte = in-frontë diventa mbrontë in cima = in-cima diventa ncima in terra = in-terra diventa nderra in capo = in-capë diventa ngapë in sopra = in-coppa diventa ngoppa insalata = in-salata diventa nzalata insozzare = in-zëzzà diventa nzëzzà La prima regola fondamentale riguarda le vocali alla fine di ogni parola; non ne esistono che terminano con U: -a -à -é - ë muta -ì -ò senza accento (giona=giovane) accentata (abballà=ballare) equivalente all’infinito del verbo accento acuto (pëcké=perché); vëdé=vedere; ecc. per tutti gli altri casi (calatë=sceso; dittë=detto; itë=andato; ecc.) in cui la “e” ha un breve suono solo nasale solo accentata (capì=capire; ì=andare; ovì=guarda) solo accentata (addamò=da tanto; addò=dove; apuò=dopo) 2 All’interno delle parole valgono le seguenti regole per le vocali: -a -è -é - ë muta -i -j -o -ò -ô -u -û - uû che non è mai accentata (mardiata=maritata; pallavina=coccinella; taura=tavola; ecc.) accento chiuso (dèntë=dente; fèlë=fiele; lèbbrë=lepre; pènza=pensa; tënèlla=tinozza; ecc.) La “e” senza accento si pronuncia come la “è” dell’accento chiuso accento acuto (déntë=dentro; pëcké=perché; pëtéca=bottega; rëdéua=rideva; ecc.) la più frequente, in cui la “e” ha un breve suono nasale (cucënà=cucinare; piacënë=piacciono; ecc.) all’interno delle parole non assume mai alcun accento si pronuncia come il monosillabo “iò” (è come se fosse una “i” seguita dalla “ë muta”) (jammë=andiamo; juornë=giorno; dëjunë=digiuno; prëjà=pregare; ecc.) senza alcun accento (Ottobbrë=Ottobre; suonnë=sonno; scola=scuola; uocca=bocca; ecc.) accento chiuso (addònunca=dovunque; addòrë=odore; pòluë=polvere; vòta=volta; ecc.) accento grave, equivalente a una doppia ô=oo, (côcë=cuoce; côppëla=coppola; nôra=nuora; ecc.) senza accento (criaturë=bambino; cuntà=contare; diaulë=diavolo; erua=erba; ecc.) accento grave, equivalente a una doppia û=uu (freûë=febbre; matûnë=mattoni; pûcë=pulci; ecc.) combinazione “u+û” come rafforzativo (annuûlà=annuvolare; puûrella=poverina; ruûnatë=rovinato) Suoni particolari derivanti da combinazioni di consonanti e vocali: - dë abbastanza frequente, che si deve pronunciare come nella lingua Inglese per l’articolo the (il) vale a dire che la D si deve pronunciare in modo in modo dolce con la lingua tra i denti (dëcennë=dicendo; dëllëzzà=scuotere; endë=dentro; mandëzinë=grembiule; miedëkë=dottore) - ke rappresenta il monosillabo CHE (fatëkennë=lavorando; kella=quella; urakettë=brachette; ecc.) - ké rappresenta il monosillabo CHÉ (ké=cosa; pëcké=perché; ecc.) - ki rappresenta il monosillabo CHI (cëkittë=pochino; kiovë=piove; kisà=chissà; ecc.) - ck rappresenta il monosillabo CCH (beckera=bicchieri; cëckittë=pochino; kiockira=cioce; ecc.) - gljë è il tipico monosillabo GLI, difficile da affrontare per persone non Italiane perché assente nelle altre lingue; per far comprendere a “tutti” che si deve pronunciare come un suono unico, si è preferito sostituire la “i” con la “j” e renderlo quindi intuitivo (agljottë=inghiottire; gljanna=ghianda; igljë=egli; reugljà=svegliare; togljë=togliere; ecc.) - sce/sci è un altro monosillabo della lingua Italiana che non trova riscontro nelle altre lingue; per evidenziare che deve essere pronunciato in modo diverso dall’Inglese (che li pronuncerebbero come SKE e SKI) si è preferito rappresentarlo con SÇE/SÇI in modo da far subito comprendere il suono particolare che deve assumere nel Filignanese (frusçë=foglie secche; rësçë=riesce; sçennà=buttare; sçiusçellë=carrube; ecc.) (abbrësçià=bruciare; fasçiuorë=fagioli; nësçiunë=nessuno; rasçia=abbondanza; ecc.) Pronuncia e forma scritta di alcune consonanti, che a seconda di ognuna delle tre valli possono apparire diverse tra loro: -SeZ capita molto di frequente che il suono cambi indifferentemente; sarebbe più giusto assumere che il loro suono sia in realtà una via di mezzo tra le due; solo con le doppie consonanti ”ss” e “zz” il suono ridiventa quello pieno (addrëzzià=drizzare; ammassà=ammassare) addausà=addauzà sollevare cunserua=cunzerua conserva miesë=miezë mezzo giudisië=giudizië giudizio suzzë=zuzzë sporco Pronuncia e forma scritta di alcune consonanti, che a seconda delle valli o del borgo possono apparire diverse tra loro: -UeV la differenza di pronuncia tra le due è molto labile; capita molto spesso, anche inavvertitamente, di utilizzare la U al posto della V e viceversa: addauerë=addaverë davvero jeua=jeva andavo uéuë=vévë bere Ucienzë=Vëcienzë Vincenzo vëtiegljë=utiegljë vitello 3 -BeU in questo caso capita che la B diventi una V o addirittura una U: béuë=vévë=uévë bere -CeQ in questo caso capita che la C diventi una Q o viceversa: canë=quanë cane canciegljë=qanciegljë cancello capë=quapë capo Pronuncia della parte finale delle parole che terminano con la “à”; questa è una delle più evidenti differenze tra le valli di Cerasuolo e Selvone rispetto a quella di Filignano; in questa valle si utilizza solo la forma con “ià” e questa è stata assunta per tutte le parole, anche perché anche nelle prime due valli si usa molto spesso anche questa forma: arrëzzà=arrëzzià alzare arruà=arrià arrivare cammënà=cammënià camminare gërà=gërià girare Nel Filignanese moltissime parole perdono la vocale iniziale, presente in Italiano. Annunziata diventa Nënziata o addirittura Lënziata. Antonio diventa Ntonië, Le preposizioni AD e ADDA possono combinarsi con la parola che segue diventando un tutt’uno; ad esempio: Ad-Vencere=Addvencë, Adda-Mënì=Addamënì e tantissime altre combinazioni simili. Genere MASCHILE e FEMMINILE Normalmente basta sostituire la vocale finale, che di solito è una sposato bambino bianco nero maestro = = = = = accasatë criaturë ghianghë nirë maesçëtrë al femminile diventa al femminile diventa al femminile diventa al femminile diventa al femminile diventa ë muta, con una accasata criatura ghianga nera maesçëtra = = = = = a; pertanto: sposata bambina bianca nera maestra A volte si usa l’articolo uno=në (maschile) o una=na (femminile) per distinguere il genere della parola che segue: un Inglese = në nglesë al femminile diventa na nglesë = una Inglese Forma SINGOLARE e PLURALE Purtroppo non esiste una chiara distinzione tra le due forme, non essendovi una vera regola in merito. Di solito si utilizza la stessa parola sia per il singolare che per il plurale; ci sono delle ovvie eccezioni, ma ci si deve riferire al dizionario. Di solito è il verbo che precede la parola per distinguere tra il singolare e il plurale; ad esempio: z’ha muortë (è morto) oppure sò muortë (sono morti). mattone mese Inglese = = = matonë mèse Nglésë al plurale diventa al plurale diventa al plurale diventa matûnë misçë Nglisçë = = = mattoni mesi Inglesi 4 CONIUGAZIONE DEI VERBI Ha lo stesso livello di complessità di quasi tutte le lingue, ma con qualche complicazione aggiuntiva, anche se per alcuni versi vi sono delle semplificazioni, in quanto il livello culturale della popolazione non aveva molte esigenze della forma, visto che la conoscenza derivava esclusivamente dall’uso quotidiano nel parlare, tramandata dalle ristrette conoscenze familiari; niente era trascritto. Il primo punto di grande diversità dalle altre lingue riguarda i verbi ESSERE e AVERE che sono, di fatto, un tutt’uno, in linea perfetta con il noto assunto: sono caduto o ho caduto sempre per terra “ho andato”. ESSERE PRESENTE ì tu issë-ièssa nù vù issë-ièssë sò – songhë sì è sèmmë sétë so io tu egli-lui-lei noi voi essi-esse sono sei è siamo siete sono (ho) (hai) (ha) (abbiamo) (avete) (hanno) PASSATO ì tu issë-ièssa nù vù issë-ièssë sò – songhë sì ha sèmmë sétë hannë io tu egli-lui-lei noi voi essi-esse sono sei è siamo siete sono (ho) (hai) (ha) (abbiamo) (avete) (hanno) PASSATO REMOTO si ottiene con l’aggiunta al passato del verbo CONDIZIONALE non esiste questa forma con i verbi ESSERE e AVERE FUTURO non esiste questa forma con i verbi ESSERE e AVERE AVERE sçëtatë = stato Il verbo AVERE viene, di fatto, sostituito, solo nel senso del possesso, dal verbo TENERE = TËNÉ TENERE PRESENTE ì tu issë-ièssa nù vù issë-ièssë tènghë tié tè tënémmë tënétë tiénnë io tu egli-lui-lei noi voi essi-esse tengo tieni tiene teniamo tenete tengono PASSATO ì tu issë-ièssa nù vù issë-ièssë sò – songhë tënutë sì tënutë ha tënutë sèmmë tënutë sétë tënutë hannë tënutë io tu egli-lui-lei noi voi essi-esse ho tenuto hai tenuto ha tenuto PASSATO REMOTO ì tu issë-ièssa nù vù issë-ièssë tëniuë tënisçëtë tënéttë tënèmmë tënèsçëtë tëniernë io tu egli-lui-lei noi voi essi-esse tenni tenesti tenne tenemmo teneste hanno tenuto (ho) (hai) (ha) (abbiamo) (avete) (hanno) (avuto) (avuto) (avuto) abbiamo tenuto (avuto) avete tenuto (avuto) hanno tenuto (avuto) (ebbi) (avesti) (ebbe) (avemmo) (aveste) (ebbero) 5 CONDIZIONALE ì tu issë-ièssa nù vù issë-ièssë FUTURO PROSSIMO ì tu issë-ièssa nù vù issë-ièssë FUTURO REMOTO tënessë tënissë tënéssë tënèssëmë tënëssétë tënissënë io tu egli-lui-lei noi voi essi-esse terrei terresti terrebbe terremmo terreste terrebbero (avrei) (avresti) (avesse) (avessimo) (avreste) (avessero) tènga tëné/avé tiéra tëné/avé tèra tëné/avé tënèmma tëné/avé tënèta tëné/avé tiénna tëné/avé io tu egli-lui-lei noi voi essi-esse devo tenere/avere devi tenere/avere deve tenere/avere dobbiamo tenere/avere dovete tenere/avere devono tenere/avere non esiste questa forma nel Filignanese La composizione di tutti gli altri verbi ricalca sostanzialmente quella del verbo TENERE. Nella maggioranza dei verbi che terminano con la A’ (accentata), la forma al passato diventa ATË (ë muta finale): abballà arà cammënà fatëcà mannà përtà scurtà vëntrà abballatë aratë cammënatë fatëcatë mannatë përtatë scurtatë vëntratë ballare arare camminare faticare mandare portare finire ventilare ballato arato camminato faticato mandato portato finito ventilato Essendo questi verbi in numero notevole, si preferisce fermarsi a questo numero ridotto, a titolo esemplificativo, rimandando al dizionario completo per tutti gli altri. Fanno eccezione alcuni verbi che terminano con la Í’ (ì accentata) in cui la forma al passato diventa ITË, UTË o anche ËTË; si elencano i relativi verbi all’infinito e al passato: addërmì arrësçëtì capì dì Ì mënì mërì mpazzì përdì pëtì rapì rëì rëmanì rëmënì sçëtërdì scurì addëmitë arrësçtitë capitë dittë itë mënutë muortë mpazzitë përdutë pëtutë rapiertë rëitë remasçëtë rëmënutë sçëtërdutë scuritë dormire arrostire capire dire andare venire morire impazzire perdere piatire aprire ritornare restare ritornare stordire scurire dormito arrostito capito detto andato venuto morto impazzito perduto pietuto aperto ritornato restato ritornato stordito scurito 6 sëntì trasì sëntutë trasutë sentire entrare sentito entrato Vi sono anche moltissimi verbi che terminano con la Ë (ë muta) ed anche con la E’ (accentata) che al passato diventano UTË, ma con diverse eccezioni, per cui vengono elencati molti i verbi in questione, con la sottolineatura per quelli che deviano dalla regola base, per una rapida identificazione: addvencë addittë agljottë annasconnë apprëmettë arregnë arrennë beuë cocë cogljë corrë dicë frijë kiagnë kiovë leggë mètë mognë mpennë nasconnë mbonnë pasçë pèrdë pètë régnë rëponnë rëquèdë rëscotë ridë rompë sapé sbattë sçëtorcë sçëtregnë scriuë seggë spannë spartë spèrë stennë tegnë togljë tramèndë uogljë vëdé addvënciutë addittë agljëttutë annaskënnute apprëmëttutë arrëgnutë arrënnutë bëûtë cuottë cuotë currutë dittë frëijûtë/frittë kiagnutë kioutë lëggiutë mëtutë mëgnutë mpënnutë naskënnutë mbussë pasçiutë përdutë pëtutë rëgnutë rëpuosçëtë rëquëdutë rëscuotë rëdëutë/risçë ruttë saputë sbattutë sçëtuortë sçëtrittë scrittë sëggiutë spannutë spartutë spëratë stënnutë/stisë tëgnutë/tintë tuotë tramëndutë ugljutë visçëtë raccapezzare ubbidire inghiottire nascondere promettere riempire restituire bere cuocere cogliere correre dire friggere piangere piovere leggere mietere mungere appendere nascondere bagnare pascere perdere pietire riempire riporre seguire riscuotere ridere rompere sapere sbattere storcere stringere scrivere incassare spandere spartire sperare stendere tingere togliere osservare bollire vedere raccapezzato ubbidito inghiottito nascosto promesso riempito restituito bevuto cotto colto corso detto fritto pianto piovuto letto mietuto munto appeso nascosto bagnato pasciuto perso pietuto riempito riposto seguito riscosso riso rotto saputo sbattuto storto stretto scritto incassato spaso spartito sperato steso tinto tolto osservato bollito visto 7 vëncë vénnë vënciutë vënnutë vincere vendere vinto venduto È opportuno fare un cenno sulla preposizione di luogo “cë”, in Italiano “ci”, viene utilizzata in combinazione del verbo cui è collegata; seguono alcuni esempi delle innumerevoli combinazioni: cë jammë ci andiamo cë jèmmë ci andammo cë mënémmë ci venimmo cë venghë ci vengono cë emma truà ci dobbiamo trovare o dobbiamo trovarci Questa preposizione non trova riscontro nelle altre lingue, come l’Inglese e il Francese. Un’ultima annotazione riguarda l’uso del TU, LEI e VOI, riportando l’uso corrente fino all’inizio del 1950; dopo si è purtroppo perso l’utilizzo del VOI, che era una elegante forma di rispetto; oggi i giovani si rivolgono agli anziani, anche se li vedono per la prima volta, dandogli direttamente del TU; a suo tempo questo comportamento sarebbe stato considerato, giustamente, una grave offesa. LEI TU VOI terza persona singolare, non esiste in alcun modo nella Lingua Filignanese; era riservato esclusivamente tra fratelli/sorelle/cugini e amici coetanei; veniva utilizzato in tutti gli altri casi; verso i genitori, i nonni e verso le persone anziane in genere. Sempre a proposito del rispetto dovuto nei confronti delle altre persone della comunità ce ne erano tre di fondamentale importanza e che nessuno si sarebbe mai potuto permettersi di trasgredire. La prima era quella che imponeva ai giovani di rivolgersi alle persone più anziane chiamandole sempre con il loro nome preceduto da ZIO o ZIA, anche se non erano il alcun modo legati da vincoli di parentela; potrebbe apparire una strana abitudine, ma era invece una comodo soluzione per evitare il rischio di facili confusioni ed errori tra le persone; infatti erano estremamente frequenti gli incroci parentali tra le tante famiglie costituite da figliolanze molto numerosissime; dando dello ZIO o della ZIA a tutti si evitava il problema di doversi necessariamente ricordare chi lo era veramente ed evitando il rischio di brutte figure; a titolo di esempio si elencano alcuni nomi: zà Maria zà Jannella (Annella) zié Nnina (Annina) zà Rëketta (Enrichetta) zà Jannuccia (Annuccia) zà Carmela zà Ssunta (Assunta) zà Pëppina (Giuseppina) zà Cuncetta zë Ntonjë (Antonio) zë Pëtruccë (Pietro) zë Ngëluccë (Angelo) zë Pëppinë (Peppino) zë Mëliuccë (Emilio) zë Luiggë (Luigi) zë Gëseppë (Giuseppe) zë Silujë (Silvio) zë Rnèsçëtë (Ernesto) La seconda regola nasceva dall’uso delle parole Patì=Patinë=Padrino e Patì=Patina=Madrina in combinazione con Compare e Commare; il nuovo rapporto di parentela acquisita nasceva in occasione dei Battesimi e delle Cresime; da quel momento coloro che erano stati battezzati o cresimati si sarebbero rivolti sempre, con il dovuto rispetto, con le parole Patino e Patina seguito eventualmente dal nome della persona che li aveva battezzati e/o cresimati; in questi casi veniva superato l’uso di Zio e Zia. Nel contempo la stessa persona che li aveva battezzati e/o cresimati diventava Këmpà=Compare e/o Këmmà=Commare con i rispettivi propri genitori. Diventa evidente, che essendo elevato il numero dei giovani e considerando che spesso vivevano nello stesso villaggio, era un continuo scambio di convenevoli tra Compari e Commare. Tutto questo oggi è sparito dall’uso comune ed è un vero peccato perché si è disperso nel contempo il senso del rispetto che una volta era alla base dei rapporti di una comunità molto unita. 8 La terza ovvia regola era legata nel rapporto diretto verso i genitori e i nonni; oltre al suddetto classico VOI, con cui ci si doveva rivolgere verso di loro (nessuno poteva sognarsi da dar loro del TU), c’erano i classici: mà mammù mammé mamma mammuccia (nonna) mammella (nonna) tà tatì tatò tata (padre) tatigljë (nonno) tatone (nonno) Nei giorni della domenica e delle feste santificate, tutti, senza eccezioni, si vestivano in modo molto elegante con gli abiti tradizionali; le donne sposate avevano sempre un fazzoletto in testa che copriva i capelli, mentre le ragazze nubili avevano un semplice velo. Gli uomini usavano quasi tutti il cappello, a falde o la coppola, e spesso facevano sfoggio di un bel bastone da passeggio; quelli più facoltosi, sfoggiavano la catena dell’orologio tra le due tasche dell’immancabile giubbetto; alcuni facevano bella mostra di splendide bretelle. Dopo la messa si creavano dei crocicchi di persone che approfittavano dell’occasione per scambiare alcune chiacchiere con compaesani e parenti; i giovani avevano l’occasioni di dirsi qualche parola di sfuggita; tutti vedevano e si facevano vedere; dopodiché le donne facevano ritorno a casa, mentre gli uomini passavano alcuni momenti nell’osteria del paese. Il pomeriggio tutti si trovavano sull’aia o in altri luoghi adatti dove si ballava al suono di una fisarmonica o di un’armonica a bocca; era un momento di grandissima gioia per tutti. Oggi, con una enormità di strumenti di comunicazione, si è perso sia la facilità del colloquio con le altre persone della comunità sia il gusto nell’eleganza nel vestire. Basta guardare le vecchie foto di un tempo per comprendere come anche le persone non agiate apparivano come personaggi di alto rango. Vi sarebbero altre sfumature, ma è meglio fermarsi per non spaventare troppo chi vuole avvicinarsi a questa che può essere considerata a tutti gli effetti come una vera Lingua, anche se senza un futuro prossimo, essendo destinata a estinguersi entro un tempo massimo di venti (20) anni, insieme ai suoi abitanti residuali, che troveranno paesi con un futuro di vita e il territorio ridiventerà una foresta, come in origine. All’inizio dell’anno 1700 l’area delle tre valli era completamente abbandonata (tutto quello che c’era stato prima di allora, era diventato cenere) e verso l’anno 2050 tornerà a essere di nuovo disabitata ridiventando una foresta (tutto quanto avvenuto in circa 350 anni ridiverrà nuovamente cenere); questo conferma l’assunto: cenere eri e cenere ridiventerai. Testo di Daniele Salvatore 9