Regole - filignano metropoli

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FILIGNANESE
Si deve subito evidenziare che la Lingua Filignanese non ha alcuna inflessione o cadenza particolare nella
pronuncia, come hanno invece sia il Napoletano che il Romanesco; a volte si rileva che nel parlare odierno
alcune persone di Filignano hanno purtroppo assunto una cadenza frutto di recenti contaminazioni con il
Venafano, in molti aspetti simile al Napoletano (con cui il Filignanese ha come la differenza che c’è tra il suono
musicale del Milanese e la parlata greve del Bergamasco). Si deve pronunciare esattamente come si parlano sia
l’Italiano (senza inflessioni) sia l’Inglese di Oxford.
Questo vocabolario è indirizzato non a quei pochi che già conoscono il Filignanese (non ne sentono alcuna
necessità), ma prevalentemente alle tantissime persone che non lo conoscono affatto (Italiani, Inglesi e Francesi)
o a coloro che lo conoscono in modo approssimativo; purtroppo le giovani generazioni della Comunità di Filignano
sono abituate già dall’infanzia a non utilizzarlo, per cui è destinato a scomparire rapidamente dall’uso corrente;
questo vocabolario vuole essere un ultimo tentativo per salvarne la memoria e con la speranza che un giorno
possa diventare argomento di studio per coloro che vorranno avvicinarsi alla lingua dei loro antenati.
Il Filignanese deriva prevalentemente dal Ciociaro (Valcomino e Valle del Liri) e con molte parole sia Sannite
sia Napoletane; volendo fare un’attenta analisi etimologica se ne possono ovviamente trovare tantissime derivate
dal Latino Volgare, nonché qualcuna persino di origine Longobarda. Con la definizione di alcuni regole fonetiche
e grammaticali, potrebbe essere assimilato a una qualsiasi lingua; ovviamente si tratta di un linguaggio di un paese
di montagna abitato quasi esclusivamente da contadini e pastori; pertanto risulta essere molto essenziale, senza
troppi formalismi e privo di molte parole che non erano necessarie al loro livello di vita; nel tempo, anche a causa
dei contatti con i paesi di emigrazioni e al nomadismo, vennero incorporati molti termini, anche se adeguandoli al
loro modo di parlare. Per poterlo pronunciare, scrivere e leggere diventa essenziale la comprensione di alcune
“semplici regole”, esattamente come avviene per qualsiasi nuova lingua; si studiano la sua fonetica, le regole di
pronuncia, la declinazione dei verbi e tutte le inevitabili eccezioni.
Il Filignanese è ormai prossimo alla sua estinzione definitiva; le poche nuove generazioni, sempre più in declino,
apprendono subito la Lingua Italiana, direttamente dai familiari diretti ed innanzitutto dalla televisione; arrivati all’età
adulta, a malapena saranno capaci di parlarne o capirne qualche parola; la generazione successiva non sarà più in
grado di conoscerlo in alcun modo; questo dizionario rappresenta l’ultimo tentativo di lasciare un ricordo della
lingua parlata dai nostri antenati in tempi in cui la stragrande maggioranza non sapeva leggere e scrivere;
nonostante questo seppero sviluppare una grande comunità che subì la diaspora dell’emigrazione verso un sogno
di traguardi migliori, ma dimenticando quello che per cui avevano lottato i propri antenati, che molto probabilmente
erano molto più felici dei propri pronipoti, accontentandosi di poco, ma veramente molto poco. Non avevano niente
e avevano tutto, mentre noi abbiamo tutto, ma di fatto non abbiamo niente.
Nella coniugazione dei verbi, come si vedrà più avanti, colpisce il fatto che sostanzialmente non esiste il futuro
(salvo che in un approssimativo futuro prossimo); questo conferma il fatto che le persone erano così impegnate
nella lotta per la sopravvivenza quotidiana, per cui non avevano tempo da dedicare a un ipotetico futuro remoto. La
visibilità della vita aveva un orizzonte limitato a una settimana o massimo a un mese.
Quando si vuole mettere per iscritto una lingua solo parlata, nasce ovviamente un’incredibile serie di problemi
connessi innanzitutto nel trascrivere dei suoni che non trovano corrispondenza con le lingue di riferimento (i.e.
Italiano, Inglese e Francese); d’altronde questi suoni particolari sono la maggiore caratteristica d’interesse, e non
sarebbe giusto e opportuno modificarli per adeguarli alle esigenze di scrittura.
Per fortuna e purtroppo l’uso delle tastiere delle moderne tecnologie rende agevole selezionare il carattere da
digitare da assimilare al suono che si vorrebbe riprodurre, ma non sempre si ottiene il risultato che ci si vorrebbe
prefiggere; pertanto si devono usare degli accorgimenti per inserire il suono voluto; questo problema, già
complicato, diventa ancora più complesso come in questo caso specifico.
Questo dizionario dialettale viene, infatti, predisposto per essere disponibile in quattro lingue, ben distinte tra di
loro: Filignanese, Italiano, Inglese e Francese; si è cercato nei limiti del possibile di rendere le parole dialettali
leggibili anche da persone che non lo conoscono per niente e che potrebbero non avere alcuna familiarità con
alcuni suoni caratteristici del Filignanese e dell’Italiano, che hanno ovviamente in comune buona parte della loro
fonetica. Sono state assunte pertanto delle forme che facilitano quest’obiettivo, anche se possono provocare
qualche ovvia perplessità da una prima valutazione frettolosa.
1
REGOLE FONETICHE E GRAMMATICALI
Innanzitutto nel Filignanese non esistono parole tronche, come apparirebbe da una prima valutazione frettolosa;
infatti, è frequentissima la presenza della vocale e
muta (breve suono solo nasale) che verrà rappresentato
simbolicamente con lettera
ë (l’unica ragionevolmente utilizzabile da tastiera). Con questo semplice
accorgimento diventa tutto molto più facile, potendo rappresentare più facilmente qualsiasi parola. Molti hanno la
tendenza a utilizzare l’apostrofo per rappresentare la
e
muta; purtroppo capita di avere parole che ne
contengono all’interno anche tre o oltre; un esempio è la parola “avvolto=avvoltolato=abb(e)t(e)nat(e)” che
istintivamente verrebbe quindi da scrivere come abb’t’nat’ in modo ovviamente orrendo; invece rappresentato con
abbëtënatë assume una forma più che ragionevole, assimilabile a una qualsiasi lingua.
Vi sono moltissime parole che contengono le lettere ST, che vengono pronunciate SCT (SC come per SCEMO);
per permettere la loro scrittura e di conseguenza la lettura, si è preferito rappresentarle come segue:
questo
=
quisctë
diventa
quisçëtë
questa
=
quescta
diventa
kesçëta
festa
=
fescta
diventa
kesçëta
finestra
=
fënesctra
diventa
fënesçëtra
masticare
=
masctëcà
diventa
masçëtëcà
Di primo acchito potrebbe apparire una scelta discutibile, ma è l’unica praticabile per riprodurre la particolare
fonetica di questa tipologia di parole, anche per persone di lingue diverse.
Vi sono casi di identica doppia consonante NN all’inizio di alcune parole; questo dipende dalla perdita della vocale
iniziale, a causa della contrazione nella pronuncia e dalla N rafforzata (come se fosse un balbettio):
innanzi
=
innanzë
diventa
nnanzë
incagliato
=
incagliatë
diventa
nncagljatë
pochino
=
inticchia
diventa
nntickia
cotechino
=
innoglia
diventa
nnoglja
Vi sono casi molto frequenti di doppie consonanti MB, NC, ND, NG, NZ, strani nella Lingua Italiana, che sono il
risultato di una contrazione e della perdita della vocale che le precede (le due consonanti devono essere
pronunciate non in modo distinto, ma come se fosse un tutt’uno):
bagnato
=
in-bussë
diventa
mbussë
ubriaco
=
in-briachë
diventa
mbriakë
in fronte
=
in-frontë
diventa
mbrontë
in cima
=
in-cima
diventa
ncima
in terra
=
in-terra
diventa
nderra
in capo
=
in-capë
diventa
ngapë
in sopra
=
in-coppa
diventa
ngoppa
insalata
=
in-salata
diventa
nzalata
insozzare
=
in-zëzzà
diventa
nzëzzà
La prima regola fondamentale riguarda le vocali alla fine di ogni parola; non ne esistono che terminano con U:
-a
-à
-é
- ë muta
-ì
-ò
senza accento (giona=giovane)
accentata (abballà=ballare) equivalente all’infinito del verbo
accento acuto (pëcké=perché); vëdé=vedere; ecc.
per tutti gli altri casi (calatë=sceso; dittë=detto; itë=andato; ecc.) in cui la “e” ha un breve suono solo
nasale
solo accentata (capì=capire; ì=andare; ovì=guarda)
solo accentata (addamò=da tanto; addò=dove; apuò=dopo)
2
All’interno delle parole valgono le seguenti regole per le vocali:
-a
-è
-é
- ë muta
-i
-j
-o
-ò
-ô
-u
-û
- uû
che non è mai accentata (mardiata=maritata; pallavina=coccinella; taura=tavola; ecc.)
accento chiuso (dèntë=dente; fèlë=fiele; lèbbrë=lepre; pènza=pensa; tënèlla=tinozza; ecc.)
La “e” senza accento si pronuncia come la “è” dell’accento chiuso
accento acuto (déntë=dentro; pëcké=perché; pëtéca=bottega; rëdéua=rideva; ecc.)
la più frequente, in cui la “e” ha un breve suono nasale (cucënà=cucinare; piacënë=piacciono; ecc.)
all’interno delle parole non assume mai alcun accento
si pronuncia come il monosillabo “iò” (è come se fosse una “i” seguita dalla “ë muta”)
(jammë=andiamo; juornë=giorno; dëjunë=digiuno; prëjà=pregare; ecc.)
senza alcun accento (Ottobbrë=Ottobre; suonnë=sonno; scola=scuola; uocca=bocca; ecc.)
accento chiuso (addònunca=dovunque; addòrë=odore; pòluë=polvere; vòta=volta; ecc.)
accento grave, equivalente a una doppia ô=oo, (côcë=cuoce; côppëla=coppola; nôra=nuora; ecc.)
senza accento (criaturë=bambino; cuntà=contare; diaulë=diavolo; erua=erba; ecc.)
accento grave, equivalente a una doppia û=uu (freûë=febbre; matûnë=mattoni; pûcë=pulci; ecc.)
combinazione “u+û” come rafforzativo (annuûlà=annuvolare; puûrella=poverina; ruûnatë=rovinato)
Suoni particolari derivanti da combinazioni di consonanti e vocali:
- dë
abbastanza frequente, che si deve pronunciare come nella lingua Inglese per l’articolo the (il)
vale a dire che la D si deve pronunciare in modo in modo dolce con la lingua tra i denti
(dëcennë=dicendo; dëllëzzà=scuotere; endë=dentro; mandëzinë=grembiule; miedëkë=dottore)
- ke
rappresenta il monosillabo CHE (fatëkennë=lavorando; kella=quella; urakettë=brachette; ecc.)
- ké
rappresenta il monosillabo CHÉ (ké=cosa; pëcké=perché; ecc.)
- ki
rappresenta il monosillabo CHI (cëkittë=pochino; kiovë=piove; kisà=chissà; ecc.)
- ck
rappresenta il monosillabo CCH (beckera=bicchieri; cëckittë=pochino; kiockira=cioce; ecc.)
- gljë
è il tipico monosillabo GLI, difficile da affrontare per persone non Italiane perché assente nelle altre
lingue; per far comprendere a “tutti” che si deve pronunciare come un suono unico, si è preferito
sostituire la “i” con la “j” e renderlo quindi intuitivo
(agljottë=inghiottire; gljanna=ghianda; igljë=egli; reugljà=svegliare; togljë=togliere; ecc.)
- sce/sci è un altro monosillabo della lingua Italiana che non trova riscontro nelle altre lingue;
per evidenziare che deve essere pronunciato in modo diverso dall’Inglese (che li pronuncerebbero
come SKE e SKI) si è preferito rappresentarlo con SÇE/SÇI in modo da far subito comprendere il
suono particolare che deve assumere nel Filignanese
(frusçë=foglie secche; rësçë=riesce; sçennà=buttare; sçiusçellë=carrube; ecc.)
(abbrësçià=bruciare; fasçiuorë=fagioli; nësçiunë=nessuno; rasçia=abbondanza; ecc.)
Pronuncia e forma scritta di alcune consonanti, che a seconda di ognuna delle tre valli possono apparire diverse
tra loro:
-SeZ
capita molto di frequente che il suono cambi indifferentemente; sarebbe più giusto assumere che il
loro suono sia in realtà una via di mezzo tra le due; solo con le doppie consonanti ”ss” e “zz” il
suono ridiventa quello pieno (addrëzzià=drizzare; ammassà=ammassare)
addausà=addauzà
sollevare
cunserua=cunzerua
conserva
miesë=miezë
mezzo
giudisië=giudizië
giudizio
suzzë=zuzzë
sporco
Pronuncia e forma scritta di alcune consonanti, che a seconda delle valli o del borgo possono apparire diverse tra
loro:
-UeV
la differenza di pronuncia tra le due è molto labile; capita molto spesso, anche inavvertitamente, di
utilizzare la U al posto della V e viceversa:
addauerë=addaverë
davvero
jeua=jeva
andavo
uéuë=vévë
bere
Ucienzë=Vëcienzë
Vincenzo
vëtiegljë=utiegljë
vitello
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-BeU
in questo caso capita che la B diventi una V o addirittura una U:
béuë=vévë=uévë
bere
-CeQ
in questo caso capita che la C diventi una Q o viceversa:
canë=quanë
cane
canciegljë=qanciegljë
cancello
capë=quapë
capo
Pronuncia della parte finale delle parole che terminano con la “à”; questa è una delle più evidenti differenze tra le
valli di Cerasuolo e Selvone rispetto a quella di Filignano; in questa valle si utilizza solo la forma con “ià” e questa
è stata assunta per tutte le parole, anche perché anche nelle prime due valli si usa molto spesso anche questa
forma:
arrëzzà=arrëzzià
alzare
arruà=arrià
arrivare
cammënà=cammënià
camminare
gërà=gërià
girare
Nel Filignanese moltissime parole perdono la vocale iniziale, presente in Italiano.
Annunziata diventa Nënziata o addirittura Lënziata.
Antonio diventa Ntonië,
Le preposizioni AD e ADDA possono combinarsi con la parola che segue diventando un tutt’uno; ad esempio:
Ad-Vencere=Addvencë, Adda-Mënì=Addamënì e tantissime altre combinazioni simili.
Genere MASCHILE e FEMMINILE
Normalmente basta sostituire la vocale finale, che di solito è una
sposato
bambino
bianco
nero
maestro
=
=
=
=
=
accasatë
criaturë
ghianghë
nirë
maesçëtrë
al femminile diventa
al femminile diventa
al femminile diventa
al femminile diventa
al femminile diventa
ë
muta, con una
accasata
criatura
ghianga
nera
maesçëtra
=
=
=
=
=
a; pertanto:
sposata
bambina
bianca
nera
maestra
A volte si usa l’articolo uno=në (maschile) o una=na (femminile) per distinguere il genere della parola che segue:
un Inglese
=
në nglesë
al femminile diventa na nglesë
=
una Inglese
Forma SINGOLARE e PLURALE
Purtroppo non esiste una chiara distinzione tra le due forme, non essendovi una vera regola in merito. Di solito si
utilizza la stessa parola sia per il singolare che per il plurale; ci sono delle ovvie eccezioni, ma ci si deve riferire al
dizionario.
Di solito è il verbo che precede la parola per distinguere tra il singolare e il plurale; ad esempio: z’ha muortë (è
morto) oppure sò muortë (sono morti).
mattone
mese
Inglese
=
=
=
matonë
mèse
Nglésë
al plurale diventa
al plurale diventa
al plurale diventa
matûnë
misçë
Nglisçë
=
=
=
mattoni
mesi
Inglesi
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CONIUGAZIONE DEI VERBI
Ha lo stesso livello di complessità di quasi tutte le lingue, ma con qualche complicazione aggiuntiva, anche se per
alcuni versi vi sono delle semplificazioni, in quanto il livello culturale della popolazione non aveva molte esigenze
della forma, visto che la conoscenza derivava esclusivamente dall’uso quotidiano nel parlare, tramandata dalle
ristrette conoscenze familiari; niente era trascritto.
Il primo punto di grande diversità dalle altre lingue riguarda i verbi ESSERE e AVERE che sono, di fatto, un
tutt’uno, in linea perfetta con il noto assunto: sono caduto o ho caduto sempre per terra “ho andato”.
ESSERE
PRESENTE
ì
tu
issë-ièssa
nù
vù
issë-ièssë
sò – songhë
sì
è
sèmmë
sétë
so
io
tu
egli-lui-lei
noi
voi
essi-esse
sono
sei
è
siamo
siete
sono
(ho)
(hai)
(ha)
(abbiamo)
(avete)
(hanno)
PASSATO
ì
tu
issë-ièssa
nù
vù
issë-ièssë
sò – songhë
sì
ha
sèmmë
sétë
hannë
io
tu
egli-lui-lei
noi
voi
essi-esse
sono
sei
è
siamo
siete
sono
(ho)
(hai)
(ha)
(abbiamo)
(avete)
(hanno)
PASSATO REMOTO
si ottiene con l’aggiunta al passato del verbo
CONDIZIONALE
non esiste questa forma con i verbi ESSERE e AVERE
FUTURO
non esiste questa forma con i verbi ESSERE e AVERE
AVERE
sçëtatë = stato
Il verbo AVERE viene, di fatto, sostituito, solo nel senso del possesso, dal verbo TENERE = TËNÉ
TENERE
PRESENTE
ì
tu
issë-ièssa
nù
vù
issë-ièssë
tènghë
tié
tè
tënémmë
tënétë
tiénnë
io
tu
egli-lui-lei
noi
voi
essi-esse
tengo
tieni
tiene
teniamo
tenete
tengono
PASSATO
ì
tu
issë-ièssa
nù
vù
issë-ièssë
sò – songhë tënutë
sì tënutë
ha tënutë
sèmmë tënutë
sétë tënutë
hannë tënutë
io
tu
egli-lui-lei
noi
voi
essi-esse
ho tenuto
hai tenuto
ha tenuto
PASSATO REMOTO
ì
tu
issë-ièssa
nù
vù
issë-ièssë
tëniuë
tënisçëtë
tënéttë
tënèmmë
tënèsçëtë
tëniernë
io
tu
egli-lui-lei
noi
voi
essi-esse
tenni
tenesti
tenne
tenemmo
teneste
hanno tenuto
(ho)
(hai)
(ha)
(abbiamo)
(avete)
(hanno)
(avuto)
(avuto)
(avuto)
abbiamo tenuto (avuto)
avete tenuto (avuto)
hanno tenuto (avuto)
(ebbi)
(avesti)
(ebbe)
(avemmo)
(aveste)
(ebbero)
5
CONDIZIONALE
ì
tu
issë-ièssa
nù
vù
issë-ièssë
FUTURO PROSSIMO ì
tu
issë-ièssa
nù
vù
issë-ièssë
FUTURO REMOTO
tënessë
tënissë
tënéssë
tënèssëmë
tënëssétë
tënissënë
io
tu
egli-lui-lei
noi
voi
essi-esse
terrei
terresti
terrebbe
terremmo
terreste
terrebbero
(avrei)
(avresti)
(avesse)
(avessimo)
(avreste)
(avessero)
tènga tëné/avé
tiéra tëné/avé
tèra tëné/avé
tënèmma tëné/avé
tënèta tëné/avé
tiénna tëné/avé
io
tu
egli-lui-lei
noi
voi
essi-esse
devo tenere/avere
devi tenere/avere
deve tenere/avere
dobbiamo tenere/avere
dovete tenere/avere
devono tenere/avere
non esiste questa forma nel Filignanese
La composizione di tutti gli altri verbi ricalca sostanzialmente quella del verbo TENERE.
Nella maggioranza dei verbi che terminano con la A’ (accentata), la forma al passato diventa ATË (ë muta finale):
abballà
arà
cammënà
fatëcà
mannà
përtà
scurtà
vëntrà
abballatë
aratë
cammënatë
fatëcatë
mannatë
përtatë
scurtatë
vëntratë
ballare
arare
camminare
faticare
mandare
portare
finire
ventilare
ballato
arato
camminato
faticato
mandato
portato
finito
ventilato
Essendo questi verbi in numero notevole, si preferisce fermarsi a questo numero ridotto, a titolo esemplificativo,
rimandando al dizionario completo per tutti gli altri.
Fanno eccezione alcuni verbi che terminano con la Í’ (ì accentata) in cui la forma al passato diventa ITË, UTË o
anche ËTË; si elencano i relativi verbi all’infinito e al passato:
addërmì
arrësçëtì
capì
dì
Ì
mënì
mërì
mpazzì
përdì
pëtì
rapì
rëì
rëmanì
rëmënì
sçëtërdì
scurì
addëmitë
arrësçtitë
capitë
dittë
itë
mënutë
muortë
mpazzitë
përdutë
pëtutë
rapiertë
rëitë
remasçëtë
rëmënutë
sçëtërdutë
scuritë
dormire
arrostire
capire
dire
andare
venire
morire
impazzire
perdere
piatire
aprire
ritornare
restare
ritornare
stordire
scurire
dormito
arrostito
capito
detto
andato
venuto
morto
impazzito
perduto
pietuto
aperto
ritornato
restato
ritornato
stordito
scurito
6
sëntì
trasì
sëntutë
trasutë
sentire
entrare
sentito
entrato
Vi sono anche moltissimi verbi che terminano con la Ë (ë muta) ed anche con la E’ (accentata) che al
passato diventano UTË, ma con diverse eccezioni, per cui vengono elencati molti i verbi in questione, con la
sottolineatura per quelli che deviano dalla regola base, per una rapida identificazione:
addvencë
addittë
agljottë
annasconnë
apprëmettë
arregnë
arrennë
beuë
cocë
cogljë
corrë
dicë
frijë
kiagnë
kiovë
leggë
mètë
mognë
mpennë
nasconnë
mbonnë
pasçë
pèrdë
pètë
régnë
rëponnë
rëquèdë
rëscotë
ridë
rompë
sapé
sbattë
sçëtorcë
sçëtregnë
scriuë
seggë
spannë
spartë
spèrë
stennë
tegnë
togljë
tramèndë
uogljë
vëdé
addvënciutë
addittë
agljëttutë
annaskënnute
apprëmëttutë
arrëgnutë
arrënnutë
bëûtë
cuottë
cuotë
currutë
dittë
frëijûtë/frittë
kiagnutë
kioutë
lëggiutë
mëtutë
mëgnutë
mpënnutë
naskënnutë
mbussë
pasçiutë
përdutë
pëtutë
rëgnutë
rëpuosçëtë
rëquëdutë
rëscuotë
rëdëutë/risçë
ruttë
saputë
sbattutë
sçëtuortë
sçëtrittë
scrittë
sëggiutë
spannutë
spartutë
spëratë
stënnutë/stisë
tëgnutë/tintë
tuotë
tramëndutë
ugljutë
visçëtë
raccapezzare
ubbidire
inghiottire
nascondere
promettere
riempire
restituire
bere
cuocere
cogliere
correre
dire
friggere
piangere
piovere
leggere
mietere
mungere
appendere
nascondere
bagnare
pascere
perdere
pietire
riempire
riporre
seguire
riscuotere
ridere
rompere
sapere
sbattere
storcere
stringere
scrivere
incassare
spandere
spartire
sperare
stendere
tingere
togliere
osservare
bollire
vedere
raccapezzato
ubbidito
inghiottito
nascosto
promesso
riempito
restituito
bevuto
cotto
colto
corso
detto
fritto
pianto
piovuto
letto
mietuto
munto
appeso
nascosto
bagnato
pasciuto
perso
pietuto
riempito
riposto
seguito
riscosso
riso
rotto
saputo
sbattuto
storto
stretto
scritto
incassato
spaso
spartito
sperato
steso
tinto
tolto
osservato
bollito
visto
7
vëncë
vénnë
vënciutë
vënnutë
vincere
vendere
vinto
venduto
È opportuno fare un cenno sulla preposizione di luogo “cë”, in Italiano “ci”, viene utilizzata in combinazione del
verbo cui è collegata; seguono alcuni esempi delle innumerevoli combinazioni:
cë jammë
ci andiamo
cë jèmmë
ci andammo
cë mënémmë
ci venimmo
cë venghë
ci vengono
cë emma truà
ci dobbiamo trovare o dobbiamo trovarci
Questa preposizione non trova riscontro nelle altre lingue, come l’Inglese e il Francese.
Un’ultima annotazione riguarda l’uso del TU, LEI e VOI, riportando l’uso corrente fino all’inizio del 1950; dopo si è
purtroppo perso l’utilizzo del VOI, che era una elegante forma di rispetto; oggi i giovani si rivolgono agli anziani,
anche se li vedono per la prima volta, dandogli direttamente del TU; a suo tempo questo comportamento sarebbe
stato considerato, giustamente, una grave offesa.
LEI
TU
VOI
terza persona singolare, non esiste in alcun modo nella Lingua Filignanese;
era riservato esclusivamente tra fratelli/sorelle/cugini e amici coetanei;
veniva utilizzato in tutti gli altri casi; verso i genitori, i nonni e verso le persone anziane in genere.
Sempre a proposito del rispetto dovuto nei confronti delle altre persone della comunità ce ne erano tre di
fondamentale importanza e che nessuno si sarebbe mai potuto permettersi di trasgredire.
La prima era quella che imponeva ai giovani di rivolgersi alle persone più anziane chiamandole sempre con il loro
nome preceduto da ZIO o ZIA, anche se non erano il alcun modo legati da vincoli di parentela; potrebbe apparire
una strana abitudine, ma era invece una comodo soluzione per evitare il rischio di facili confusioni ed errori tra le
persone; infatti erano estremamente frequenti gli incroci parentali tra le tante famiglie costituite da figliolanze molto
numerosissime; dando dello ZIO o della ZIA a tutti si evitava il problema di doversi necessariamente ricordare chi
lo era veramente ed evitando il rischio di brutte figure; a titolo di esempio si elencano alcuni nomi:
zà Maria
zà Jannella (Annella)
zié Nnina (Annina)
zà Rëketta (Enrichetta)
zà Jannuccia (Annuccia)
zà Carmela
zà Ssunta (Assunta)
zà Pëppina (Giuseppina)
zà Cuncetta
zë Ntonjë (Antonio)
zë Pëtruccë (Pietro)
zë Ngëluccë (Angelo)
zë Pëppinë (Peppino)
zë Mëliuccë (Emilio)
zë Luiggë (Luigi)
zë Gëseppë (Giuseppe)
zë Silujë (Silvio)
zë Rnèsçëtë (Ernesto)
La seconda regola nasceva dall’uso delle parole Patì=Patinë=Padrino e Patì=Patina=Madrina in combinazione
con Compare e Commare; il nuovo rapporto di parentela acquisita nasceva in occasione dei Battesimi e delle
Cresime; da quel momento coloro che erano stati battezzati o cresimati si sarebbero rivolti sempre, con il dovuto
rispetto, con le parole Patino e Patina seguito eventualmente dal nome della persona che li aveva battezzati e/o
cresimati; in questi casi veniva superato l’uso di Zio e Zia.
Nel contempo la stessa persona che li aveva battezzati e/o cresimati diventava Këmpà=Compare e/o
Këmmà=Commare con i rispettivi propri genitori.
Diventa evidente, che essendo elevato il numero dei giovani e considerando che spesso vivevano nello stesso
villaggio, era un continuo scambio di convenevoli tra Compari e Commare.
Tutto questo oggi è sparito dall’uso comune ed è un vero peccato perché si è disperso nel contempo il senso del
rispetto che una volta era alla base dei rapporti di una comunità molto unita.
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La terza ovvia regola era legata nel rapporto diretto verso i genitori e i nonni; oltre al suddetto classico VOI, con cui
ci si doveva rivolgere verso di loro (nessuno poteva sognarsi da dar loro del TU), c’erano i classici:
mà
mammù
mammé
mamma
mammuccia (nonna)
mammella (nonna)
tà
tatì
tatò
tata (padre)
tatigljë (nonno)
tatone (nonno)
Nei giorni della domenica e delle feste santificate, tutti, senza eccezioni, si vestivano in modo molto elegante con
gli abiti tradizionali; le donne sposate avevano sempre un fazzoletto in testa che copriva i capelli, mentre le
ragazze nubili avevano un semplice velo. Gli uomini usavano quasi tutti il cappello, a falde o la coppola, e spesso
facevano sfoggio di un bel bastone da passeggio; quelli più facoltosi, sfoggiavano la catena dell’orologio tra le due
tasche dell’immancabile giubbetto; alcuni facevano bella mostra di splendide bretelle.
Dopo la messa si creavano dei crocicchi di persone che approfittavano dell’occasione per scambiare alcune
chiacchiere con compaesani e parenti; i giovani avevano l’occasioni di dirsi qualche parola di sfuggita; tutti
vedevano e si facevano vedere; dopodiché le donne facevano ritorno a casa, mentre gli uomini passavano alcuni
momenti nell’osteria del paese. Il pomeriggio tutti si trovavano sull’aia o in altri luoghi adatti dove si ballava al
suono di una fisarmonica o di un’armonica a bocca; era un momento di grandissima gioia per tutti.
Oggi, con una enormità di strumenti di comunicazione, si è perso sia la facilità del colloquio con le altre persone
della comunità sia il gusto nell’eleganza nel vestire. Basta guardare le vecchie foto di un tempo per comprendere
come anche le persone non agiate apparivano come personaggi di alto rango.
Vi sarebbero altre sfumature, ma è meglio fermarsi per non spaventare troppo chi vuole avvicinarsi a questa che
può essere considerata a tutti gli effetti come una vera Lingua, anche se senza un futuro prossimo, essendo
destinata a estinguersi entro un tempo massimo di venti (20) anni, insieme ai suoi abitanti residuali, che troveranno
paesi con un futuro di vita e il territorio ridiventerà una foresta, come in origine.
All’inizio dell’anno 1700 l’area delle tre valli era completamente abbandonata (tutto quello che c’era stato prima di
allora, era diventato cenere) e verso l’anno 2050 tornerà a essere di nuovo disabitata ridiventando una foresta
(tutto quanto avvenuto in circa 350 anni ridiverrà nuovamente cenere); questo conferma l’assunto: cenere eri e
cenere ridiventerai.
Testo di Daniele Salvatore
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