13-14 dicembre 2013 Università di Lecce (Italia) SOCIETÀ ITALIANA DI ANTROPOLOGIA APPLICATA (SIAA) (Primo Convegno) Call for papers La società ha bisogno di antropologia! E se è vero che l’antropologia ha il dovere di continuare ad interpretare il mondo, è pur vero che sente sempre più l’urgenza di intervenire per contribuire a cambiarlo, questo mondo. In anni in cui l’attenzione è sempre più spostata “dall’indigeno all’indigente”, la creazione di una Società Italiana di Antropologia Applicata (SIAA) è sembrata, ai membri del Comitato promotore, un’azione decisiva per far uscire la disciplina dalle strettoie esclusive dell’ambito accademico. Portare l’antropologia nello spazio pubblico, nella società, farla portare da personale formato e competente (in un periodo in cui tanti “si sentono” antropologi e si propongono come tali senza una formazione ed un’esperienza specifiche), questo è l’obiettivo fondamentale della costituenda Società Italiana di Antropologia Applicata. Per questi motivi e per altri, proponiamo di cominciare a parlare dell’impegno delle antropologhe e degli antropologi in diversi orizzonti sociali, organizzando il Primo Congresso della SIAA, che sarà anche il momento ufficiale di costituzione della Società stessa. Esso si terrà a Lecce dal 13 al 14 Dicembre e prevede la discussione sulle seguenti tematiche: Sessione di Antropologia dell’Educazione Convenors: Roberta Bonetti ([email protected]); Alessandro Simonicca ([email protected]); La Sessione è aperta alla discussione degli studiosi, degli specialisti e di tutto coloro che manifestano particolare interesse per la prospettiva antropologica sui processi formativi negli attuali orizzonti di vita sociale e istituzionale e si propone di fare il punto sullo stato dell’antropologia dell’educazione in Italia, sulle sue principali direttrici di riflessione teorica e di ricerca rispetto al panorama internazionale degli studi, sul suo scarso (o quasi inesistente) spazio nei curricula formativi, sulla centralità del ruolo della ricerca etnografica e dei metodi di ricerca qualitativa dei processi educativi. Nelle nostre società i processi formativi conoscono in generale una forte espansione secondo le filiere della scolarizzazione basata su percorsi curriculari e disciplinari, e al contempo si evidenzia sempre più l’importanza dei circuiti di apprendimento non-formali. Il compito dell’antropologia dell’educazione è divenuto più vasto e articolato rispetto al passato recente. La disciplina, da un lato, continua ad analizzare i processi di trasmissione delle “culture” entro i canali istituzionali delle strutture nazionali, a porsi il compito dell’analisi e della critica delle “competenze” a livello di capitale umano e culturale, a studiare le comunità “minoritarie”, secondo orizzonti noti. Dall’altra, si pone il compito di comprendere le nuove “mobilità culturali” nei luoghi formali dell’apprendimento nonché nei processi di “acquisizione di ruolo” entro gli spazi fra famiglia e istituzioni, entro una dimensione di childhoodscape sempre più interculturale e transnazionale, capace di processi di intervento attivo eticamente orientato. Rimane punto centrale della disciplina identificare le ragioni costitutive delle “differenze culturali” e i rapporti fra la socialità dell’agire e le sue rappresentazioni simboliche, definire le specifiche ragioni dei dilemmi educativi, calibrare il rapporto fra gli apporti conoscitivi della ricerca con le aspettative collegate alle pratiche di intervento e alle “commissioni” istituzionali, per salvaguardare l’integrità dei soggetti e, al contempo, demistificare le scorciatoie essenzialistiche o culturalistiche legate a facili generalizzazioni. I temi che forniscono il filo conduttore per la presentazione dei paper, workshop, tavole rotonde, materiale visuale, nel corso della conferenza riguardano aree tematiche che mettono in relazione l’educazione con più ampie problematiche quali: i processi valutativi; la didattica disciplinare e cross-curricolare; le tecnologie educative; il ruolo della governance; le riforme degli ordinamenti e dei curricoli; lo studio di casi. Sessione di Antropologia e Salute Convenors: Giovanni Pizza ([email protected]); Ivo Quaranta ([email protected]) Qual è e quale dovrebbe essere il ruolo dell’antropologia nel campo della salute oggi? In che modo il diritto universale alla salute è tutelato o negato su scala locale e globale? Complessivamente inteso come un campo sociopolitico di saperi, istituzioni e pratiche, la salute costituisce da sempre un ambito elettivo e strategico per la coniugazione delle dimensioni analitiche e applicative dell’antropologia. Per definizione la salute è al cuore dei meccanismi biopolitici, locali e globali, attraverso i quali è definito e gestito il “benessere” delle popolazioni. Pertanto l’applicazione del sapere antropologico non può non fare i conti con le dimensioni critiche che tale coinvolgimento necessariamente implica, in particolare provando a non contrapporre l’analisi critica all’urgenza di soluzione di specifici problemi. Disuguaglianze, sofferenze, incertezze, ingiustizie, tutti gli ostacoli che si frappongono all’accesso alla salute costituiscono i terreni di un’applicazione dell’antropologia come professione altamente qualificata, necessariamente orientata all’impegno sociopolitico, al dialogo istituzionale e alla partecipazione democratica. La sessione è aperta a tutti coloro che, partendo dalle proprie esperienze di ricerca e di lavoro etnografico nel campo della salute, intendano riflettere sulle possibilità e sulle criticità legate al coinvolgimento degli antropologi nei processi istituzionali, locali e globali, della salute pubblica, tanto nell’ambito della cooperazione sanitaria quanto in quello dei servizi socio-sanitari dei diversi contesti nazionali. Obiettivo principale della sessione è quello di far emergere questioni di carattere generale (teoriche, epistemologiche, metodologiche, etiche) sul ruolo dell’antropologia nel campo della salute, a partire da specifici resoconti di concrete esperienze di ricerca e di coinvolgimento nelle diverse realtà umane indagate. Sessione di Antropologia delle Migrazioni e Antropologia Urbana Convenors: Bruno Riccio ([email protected]); Sabrina Tosi Cambini ([email protected]) Sia le politiche urbane sia quelle rivolte ai migranti hanno visto negli ultimi anni un coinvolgimento diretto e indiretto di antropologi nelle vesti di ricercatori, consulenti, ma anche di operatori che beneficiano di una formazione in ambito antropologico. Attraverso queste eterogenee esperienze di studio e lavoro, l’antropologia è entrata in ambiti extra accademici confrontandosi con processi in cui la conoscenza dei fenomeni è finalizzata alla individuazione di risposte e prassi pubbliche (sia a livello micro che macro). La sessione è aperta tanto a ricercatori e gruppi di studio in ambito etno-antropologico quanto ad operatori con formazione antropologica, e ha il principale scopo di esplorare i dilemmi come le soluzioni adottate nel declinare il sapere, l’approccio e gli strumenti della nostra disciplina nei servizi e nella progettazione e realizzazione delle politiche pubbliche. Quali sono state le negoziazioni di significato, quali i cambiamenti nei tempi, nelle metodologie o gli obiettivi? Si richiede ad entrambi le figure (studiosi e operatori) di condurre una discussione che metta in gioco una riflessività intelligente sull'effettiva esperienza professionale (etnografia, comunicazione dei risultati di ricerca, consulenza, ecc.) in diversi ambiti (servizi, accoglienze, interventi di comunità, ecc.) e contesti (politiche urbane, rifugiati, migranti, minori “non accompagnati”, ecc.). Particolarmente benvenute sono le riflessioni capaci di coniugare gli aspetti sopra descritti con un’analisi teorica riguardo il contesto a cui si fa riferimento e, laddove possibile, di collocarla all’interno di un più ampio dibattito sulla città. Sessione di Antropologia della Cooperazione internazionale Convenors: Antonino Colajanni ([email protected]); Antonio Palmisano ([email protected]) Il campo di studi e attività pratiche che si riferisce alla cooperazione (internazionale, ma anche nazionale) allo sviluppo presuppone, ovviamente, una competenza specifica nell’analisi antropologica dei processi di cambiamento socio-economico e culturale (in particolare di quelli che hanno un carattere “pianificato”) ed una esperienza nell’analisi delle “istituzioni”. Si possono identificare almeno tre requisiti fondamentali, che sono anche dei sottosettori di attività specifiche dell’antropologo applicato dedicato al campo della cooperazione allo sviluppo, il quale è chiamato normalmente (come consulente) a fornire pareri, brevi dati informativi, valutazioni di azioni già svolte, proposte per azioni future: 1. L’attitudine a sottoporre ad analisi critica, contestuale e istituzionale, le teorie e le posizioni generali sullo sviluppo, elaborate nei grandi centri di azione internazionale (Organizzazioni Internazionali, etc.) che ricevono da fonti accademiche idee, metodi e finalità, e le diffondono attraverso la loro rete istituzionale nelle periferie del mondo. Lo sviluppo inteso come “fuoco culturale”, invenzione storica e concezione di futuro, ha anche elaborato un suo “linguaggio specifico” da esaminare accuratamente, che ha visto notevoli cambiamenti negli ultimi decenni; 2. La capacità di sottoporre ad analisi di campo (anche breve ma intensa) le dinamiche concrete della vita dei progetti e/o programmi di sviluppo, osservando e registrando i comportamenti, la produzione discorsiva e le scelte sia delle istituzioni del cambiamento che dei beneficiari degli interventi e delle istituzioni intermediarie. Questo secondo livello presuppone dunque che l’intervento dell’antropologo produca significativi apporti conoscitivi nuovi sulle situazioni-progetto. La capacità di previsione delle possibili conseguenze delle azioni e decisioni intraprese e quella di immaginare alternative possibili fa parte, ovviamente, di questo secondo livello, del quale è anche un aspetto fondamentale l’indagine antropologica sui punti di vista locali sullo sviluppo, ovvero sulle percezioni, elaborazioni, simbolizzazioni, strategie e reazioni pratiche, da parte dei beneficiari, alle iniziative dello sviluppo; 3. Infine, la capacità di esercitare influenza sulle decisioni degli organi istituzionali dello sviluppo, sia a livello locale che a livelli più alti, è un requisito essenziale. Esso comporta una conoscenza approfondita sia della grammatica, logica e retorica, sia delle azioni dell’agenzia di cambiamento; e una conoscenza ed esperienza della “comunicazione” con strutture burocratiche, nonché una capacità di trovare argomenti convincenti sulla base della esperienza e conoscenza specifica delle situazioni concrete. Modalità di partecipazione I contributi (massimo 5.000 battute spazi inclusi) dovranno essere inviati agli organizzatori della singola call alla quale si è interessati in forma di abstract entro l' 01/09/2013. Il comitato promotore Roberto Beneduce Roberta Bonetti Massimo Bressan Antonino Colajanni Roberto Malighetti Antonio Palmisano Leonardo Piasere Giovanni Pizza Ivo Quaranta Bruno Riccio Alessandro Simonicca Sabrina Tosi Cambini Pietro Vulpiani