1 CAPITOLO I L`ORDINAMENTO GIURIDICO 1. Il diritto

CAPITOLO I
L’ORDINAMENTO GIURIDICO
1. Il diritto come ordinamento giuridico.
La teoria dell’ordinamento giuridico, nonostante la sua recente origine, assume un rilievo fondamentale in
quanto ha segnato una grande evoluzione della scienza giuridica. Infatti, è proprio l’applicazione della
suddetta teoria che ha consentito l’esatta impostazione di numerosi problemi in quasi tutti i rami del
diritto nonché una più rigorosa spiegazione dei rapporti nelle diverse epoche storiche, tra i vari gruppi
sociali compresenti nella società.
2. La teoria di Kelsen.
Kelsen afferma, con il massimo vigore, che la dottrina pura del diritto “ritiene esclusivamente e soltanto
che il diritto sia un ordinamento e che perciò tutti i problemi giuridici debbano essere posti e risolti come
problemi di ordina mento”.
Premesso quanto sopra, Kelsen precisa che “l’ordinamento giuridico non è pertanto un sistema di norme
giuridiche di eguale gerarchia e che si trovano situate l’una vicina all’altra ad un medesimo livello, ma è
un ordinamento a gradi composto di differenti strati di norme giuridiche”.
“L’unità di queste norme è costituita dal fatto che la creazione di una norma, quella inferiore, è
determinata da un’altra, quella superiore, la cui creazione è determinata da una norma ancora superiore, e
che questo regressus ha termine con la norma più alta, quella fondamentale, la quale, essendo il
fondamento supremo della validità dell’intero ordinamento giuridico, ne costituisce l’unità”.
L’art. 42 Cost., infatti, sancisce che “La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge e salvo
indennizzo, espropriata per motivi di interesse generale”. Se si chiede, infine, chi ha conferito
all’Assemblea costituente il potere di emanare le suddette leggi di espropriazione, gli si risponderà: il
potere costituente. Ma da dove trae fondamento il potere costituente? A quest’ultima domanda la dottrina
pura del diritto così come costruita da Kelsen, cioè come una dottrina giuridica intesa come sistema
chiuso, che non ha bisogno per spiegare la sua validità di far ricorso a forze estranee al diritto risponde
che è stato autorizzato da una norma fondamentale, la famosa grundnorm, che “autorizza o legittima il
supremo potere esistente in un dato ordinamento a pro durre norme giuridiche”. “Questa norma base non
è positivamente accertabile, in quanto essa non è posta da un qualche altro potere superiore, ma è
supposta dal giurista per poter considerare un insieme di norme come un ordinamento: essa è una ipotesi
o un postulato o un presupposto, da cui si parte nello studio del diritto. Una volta concepito l’ordinamento
giuridico come una costruzione a gradi, come un continuo di produzione giuridica, la concezione
kelseniana vede coerentemente negli atti giurisdizionali, amministrativi e, sotto certi aspetti, anche in
quelli negoziali, l’individuazione o concretizzazione della norma giuri dica generale e astratta. Perciò la
sentenza, afferma testualmente Kelsen, “è di per se stessa una norma giuridica individuale,
l’individualizzazione o concretizzazione della norma giuridica generale o astratta, la continuazione del
processo di produzione del diritto dal generale all’individuale. Soltanto il pregiudizio per cui tutto il
diritto si esaurirebbe nella norma generale, soltanto l’erronea identificazione del diritto con la legge ha
potuto offuscare questa concezione”.
3. La teoria di Santi Romano.
La teoria istituzionistica è stata esposta con il massimo rigore logico da Santi Romano nel suo saggio,
meritatamente famoso, intitolato appunto “L’ordinamento giuridico”. Si afferma innanzitutto che definire
il diritto come norma è un modo inadeguato e insufficiente. Il diritto si presenta anche come norma e, per
tanto, la definizione del diritto non può coincidere con la definizione delle norme che vi si comprendono.
“Queste sono o possono essere una parte dell’ordinamento giuridico, ma sono ben lontane dall’esaurirlo”.
“Quando, in tal senso, si parla, del diritto italiano o del diritto francese, non è vero che si pensi soltanto ad
una serie di regole o che si presenti l’immagine di quelle fila di volumi che sono le raccolte ufficiali delle
leggi e decreti.
Ciò a cui si pensa, dai giuristi e, ancora più, dai non giuristi, che ignorano quelle definizioni del di ritto di
cui parliamo, è invece qualcosa di più vivo e di più animato: è, in primo luogo, la complessa e varia
organizzazione dello Stato italiano o francese; i numerosi meccanismi o ingranaggi, i collegamenti di
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autorità e di forza, che producono modificano, applicano, garantiscono le norme giuridiche, ma non si
identificano con esse”.
Al concetto di istituzione, così come configurato da Romano, è stata mossa l’obiezione di essere
indeterminato, ma si tratta di una obiezione non fondata, perché se indeterminatezza vi è, essa si risolve in
un fatto altamente positivo, in quanto consente di considerare come ordinamenti giuridici obiettivi le
istituzioni più varie ed eterogenee, che vanno dalla Comunità internazionale allo Stato, dallo Stato alle
Regioni, alle Provincie, ai Comuni, ai partiti politici, ai sindacati, ecc., nonché “ai così detti poteri
legislativo, giudiziario, amministrativo, in quanto sono unità formate ciascuna di uffici fra di loro
collegati” si va così dai poteri suddetti alla famiglia, ad una scuola, ad una accademia, ecc.
La teoria istituzionistica, come è stato ben detto “mette in rilievo il fatto che non vi può essere diritto al di
fuori di una organizzazione, di una società in qualche modo organizzata.
Fuori dal quadro dell’organizzazione, l’individuo non ha uno status giuridico, cioè non ha obblighi e
diritti giuridici. Ed è da questa organizzazione che sono appunto prodotte e traggono forza le norme che
possono dirsi giuridiche.
“Insomma ciò che configura e qualifica in termini giuridici una norma, un comportamento, una pretesa, la
stessa persona umana, è l’esistenza di una società organizzata, di una istituzione entro la quale si
inquadrano quelle norme, comportamenti, ecc.“.
In conclusione, se anche le norme costituiscono uno degli elementi dell’ordinamento giuridico, la teoria
normativistica e istituzionistica non vanno viste in un dualismo confliggente ed insanabile, ma come due
teorie che si integrano a vicenda e che consentono così di cogliere meglio l’essenza dell’ordinamento
giuridico nella sua ampiezza e complessità.
4. Gli elementi: a) la plurisoggettività, b) l’organizzazione, c) la normazione.
Un problema particolarmente rilevante è quello della individuazione degli elementi che si ritengono
necessari per costituire un ordinamento giuridico. Tali elementi, secondo un’opinione in gran parte
accettata sono:
a) La plurisoggettività, cioè una pluralità di persone dell’ordinamento che ne costituisce il sostrato. È da
rilevare però che l’elemento della plurisoggettività può atteggiarsi in due forme ben distinte: in alcuni
ordinamenti giuridici esso assume una posizione primaria, ne diviene cioè un elemento costitutivo, in
quanto trattasi di ordinamenti o istituzioni il cui sostrato è sempre e necessariamente costituito da uomini.
b) L’organizzazione: la plurisoggettività, nelle due diverse configurazioni sopra delineate, non può
costituire un elemento di ordine giuridico se non è organizzata. Devono cioè essere istituiti e costituiti
degli uffici, degli organi, ecc. con carattere di permanenza, che operano nell’ambito delle più disparate
figure organizzatorie in modo coordinato al fine di realizzare gli interessi che sono propri di ciascun
ordinamento.
c) L’altro elemento costitutivo di un ordinamento giuridico, senza dubbio il più rilevante, è quello della
formazione. Essa assume il carattere di formazione autonoma se è prodotta dallo stesso ordinamento
giuridico di cui trattasi o eteronoma se prodotta da un determinato ordina mento giuridico per un altro
ordinamento giuridico.
Nella realtà, di regola, quasi tutti gli ordinamenti giuridici non trovano la loro disciplina nella sola ed
esclusiva formazione autonoma né in quella solo ed esclusiva eteronoma, ma in una normazione, per così
dire, concorrente in quanto costituita da entrambe le due forme di formazione.
5. La definizione del diritto amministrativo.
Chiarito il concetto di ordinamento giuridico, precisati gli elementi che lo costituiscono, considerati “tutti
i problemi, le esigenze, le tensioni, che nello sviluppo del diritto amministrativo incidono” si può tentare
una definizione del diritto amministrativo.
Il diritto amministrativo è quella parte dell’ordinamento giuridico generale, costituito da varie figure
giuridiche soggettive, delle quali alcune facenti parte integrante della struttura dell’ordinamento generale
statale ed altre da questo distinte ma in esso comprese, aventi un’organizzazione con carattere di stabilità
e di permanenza e disciplinate da una formazione autonoma e/o eteronoma che ne determina la loro
posizione, i loro rapporti interorganici e intersoggettivi, e la loro attività diretta a curare, in modo
immediato, concreti interessi pubblici.
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CAPITOLO II
LE FONTI
1. Nozione e caratteri.
Le fonti, in base al diritto positivo che le disciplina, non solo variano da ordinamento ad ordinamento ma
nello stesso ordinamento nei diversi periodi storici: è questo il concetto che si può qualificare di relatività
o storicità delle fonti normative.
2. Classificazione.
Nella classificazione delle fonti occorre in primis distinguere le fonti di produzione normativa dalle fonti
sulla produzione, ossia da quelle che a mezzo di una normazione sulla formazione qualificano quali atti o
fatti assumano il valore di fonte. Sono tali, l’art. 1 delle disposizioni preliminari al codice civile che
indica alcune fonti di diritto, l’art. 117 Cost. che attribuisce alle Regioni la potestà legislativa, ecc.
Infine è da tener presente, nell’ambito delle fonti di produzione, la distinzione fra fonti-atto e fonti-fatto.
Si intendono per fonti-atto quegli atti giuridici normativi emessi dagli organi competenti. Si intendono,
invece, per fonti-fatto tutti quei fatti giuridici in senso stretto riconosciuti come idonei a produrre norme
giuridiche: si pensi alle consuetudini o agli usi.
3. Il criterio della gerarchia e il criterio della competenza.
L’esistenza di una pluralità ed eterogeneità delle fonti determina la necessità del loro coordinamento in
sistema soprattutto al fine di stabilire il diverso grado e la diversa forza che le varie fonti assumono nei
rapporti le une con le altre. Tale sistema è informato a vari criteri quali, ad es., quello della gerarchia e
della competenza. Il più rilevante fra questi rimane il criterio gerarchico in base al quale si determina una
scala di valori cui corri sponde una struttura piramidale delle fonti. Questo criterio, che nel passato è stato
dominante, oggi, dopo l’emanazione della Costituzione, è contemperato dal criterio della competenza.
4. Le fonti superprimarie.
Rientrano in questa categoria la Costituzione repubblicana, le leggi di revisione della Costituzione e le
altre leggi costituzionali.
La nostra Costituzione è una costituzione rigida, nel senso appunto che oc corre un particolare
procedimento differenziato per poterla modificare ovvero per introdurre delle norme di rango
costituzionale. Il procedimento suddetto trova la sua disciplina nell’art. 138, il quale così testualmente
sancisce: “Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna
Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a
maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono
sottoposte a referendum popolare quando, entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne facciano domanda
un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali. La legge
sottoposta a referendum non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza dei voti validi. Non si fa
luogo a referendum se la legge è stata approvata nella seconda votazione da ciascuna delle Camere a
maggioranza di due terzi dei suoi componenti”.
5. Le fonti primarie: le leggi ordinarie.
La legge ordinaria è l’unica fonte che può operare su qualsiasi materia e in qualunque ambito, salvi
sempre i limiti costituzionali, mentre tutte le altre fonti agiscono sempre in spazi delimitati. Dato che la
funzione legislativa nello Stato costituzionale costituisce l’attività prevalente del Parlamento, si
comprende come la legge rappresenti “la fonte per eccellenza che si manifesta nella vita ordinaria
dell’ordinamento”. E da rilevare che, oltre alla tradizionale configurazione della legge quale comando
generale ed astratto, sussistono altre ipotesi di legge: le c.d. leggi-provvedimento, le quali sono
caratterizzate dalla concretezza del la statuizione e dalla determinatezza dei soggetti.
Altri tipi di legge che, per la peculiare funzione alla quale assolvono, menta no una particolare attenzione
sono:
a) le leggi-incentivo, con le quali si prevedono agevolazioni, quali sgravi fiscali, finanziamenti, ecc., per
soggetti che svolgono determinate attività e che trovano il loro fondamento nell’art. 41, 3° comma Cost.,
come strumenti attuativi della programmazione economica;
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