PILLOLE LINGUISTICHE NAPOLETANE 51- IL NAPOLETANO “ARÀPERE / ARAPÍ” Carlo Iandolo G. DF. - S. A. per www.vesuvioweb.com Il verbo partenopeo “aràpere”, pur essendo ben chiaro nel significato di “aprire”, non trova nei nostri dizionari etimologici la sua limpida ricostruzione formale (il D’Ascoli si limita ad indicarne la semantica). Per giungere facilmente a tale estrazione linguistica, c’è bisogno di porre il verbo del latino classico “aperire” accanto a una duplice premessa. Innanzitutto va rammentato che, di fronte a un originario fonema “-ar”, il fiorentino lo muta in “-er-”, come testimoniano (arabo “sukkar, zafaran” >) zucchero, zafferano; (lat. “margarita-m” >) margherita; (casareccio >) casereccio; (pazzarella >) pazzerella; (lazzaretto, Lazzaro >) lazzeretto, Lazzero; (gr. “katará = pura”) > Caterina... Invece il napoletano, di fronte a un originario fonema “-er-”, lo muta nel nesso “-ar-”: (cameriera >) cammarera; (la chiacchiera >) ’a chiacchiara; (Caterina >) Catarí; (i piccoli capperi > ) ’e chiapparielle; (un fatterello >) nu fattariello; (i maccheroni >) ’e maccarune; (la merenda >) ’a marenna; (Mergellina > ) Margellina, per probabile ma erroneo incrocio con “mare”; (una pazzerella >) na pazzarella; (i peperoni >) ’e puparuole; (una piccola papera >) na paparella; (una porcheria >) na purcaria; (venerdí >) viernarí; (lo zucchero >) ’o zzuccaro... 2 G. DF. - S. A. per www.vesuvioweb.com Altro particolare importante: nel latino volgare il “presente indicativo” dei verbi di II coniugazione (terminanti con “...e-o”) e di III (“...i-o”) nella prima persona singolare perde le rispettive vocali tematiche (e, i) che precedono la desinenza “-o”. Ess.: (moveo >) i’ movo = “io muovo”, (pareo >) i’ paro = “io appaio, io sembro”, (respondeo >) i’ risponno = “io rispondo”, (rideo >) i’ riro = “io rido”...+ (exeo >) i’ jesco = “io esco”; (dormio >) i’ rormo = “io dormo”, (morio-r >) i’ moro = “io muoio”, (sentio >) i’ sento... A tal punto, in conseguenza di tale duplice premessa, è lecito dedurre che l’avvio dal latino scritto “aperio – aperire” è sfociato nel latino popolare dapprima nelle forme fono-morfologiche *aparo – *aparire; poi, grazie alla metatesi sillabica, i due modi sono pervenuti alla conclusiva forma dialettale “i’ arapo – arapí / aràpere”, con quest’ultimo infinito che presenta un evidente cambio di coniugazione, com’è tipico d’un’infinità di verbi del latino parlato. Infine non può disconoscersi una probabile ipotesi dell’amico Salvatore Argenziano, secondo cui la trasformazione di *apero in i’ arapo –arapí /arapere sia dovuta –piú che al locale fenomeno fonetico segnalato poco fa– a un’assimilazione vocalica propiziata dalla “a-” iniziale al momento della metatesi. Carlo Iandolo 3