Facoltà di Filosofia

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JOINT COMMITMENT
18 novembre 2014
Ontologia sociale e intenzionalità collettiva
Francesca De Vecchi
1.  Ontologia sociale e intenzionalità di almeno due individui
(intenzionalità collettiva, intenzionalità sociale e intenzionalità
Intersoggettiva)
2. Joint Commitment di Margaret Gilbert
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1.  Che cos’è l’ontologia sociale?
È la disciplina che si occupa delle entità sociali.
Esempi di entità sociali:
Matrimoni, università, contratti, banconote, biglietti dell’autobous,
abbonamenti a teatro, carte di credito, squadre di calcio, corporations, concerti sinfonici,
promesse, elezioni, conti in banca, badge, tasse, ordinamenti giuridici, governi, cittadini,
etc.
1.1. Origini e sviluppo dell’ontologia sociale
L’ontologia sociale è una disciplina filosofica che nasce all’inizio del secolo scorso,
e che si sviluppa nel secolo scorso fino ad acquisire, a oggi, lo statuto di una disciplina
scientificamente riconosciuta.
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Vi sono insegnamenti di ontologia sociale, società filosofiche
di ontologia sociale (ENSO, ISOS), riviste di ontologia sociale
(European Journal of Social Ontology).
Il sintagma “ontologia sociale” compare per la prima volta
in un manoscritto di Edmund Husserl del 1910, intitolato
Soziale Ontologie und deskriptive Soziologie.
Il filosofo del diritto polacco Czesław Znamierowski parla di
“ontologia społeczna” (1921).
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Uno dei maggiori filosofi contemporanei, al quale si deve lo sviluppo
dell’ontologia sociale nel secolo scorso e nel secolo presente,
è John R. Searle, il quale pubblica due libri ormai famosi:
The Construction of Social Reality (1995) e
Making the Social World (2010).
Altri ontologi sociali contemporanei:
Margaret Gilbert, On Social Facts (1989), A theory of political obligation: Membership,
Commitment, and the bonds of the society (2006), Joint Commitment. How we make the
social world (2013);
Raimo Tuomela; The Philosophy of Sociality: The Shared Point of View (2007);
Social Ontology: Collective Intentionality and Group Agents (2013)
Michael Bratman, Shared Agency: A Planning Theory of Acting Together (2014)
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Durante gli anni ‘20 e ‘30 molti filosofi del movimento
fenomenologico producono parecchi lavori nell’ambito
dell’ontologia sociale:
Adolf Reinach, Die apriorischen Grundlagen des bürgerlichen
Rechtes [I fondamenti a priori del diritto civile] (1913)
Gerda Walther, Ein Beitrag zur Ontologie der Sozialen Gemeinschaften
[Un contributo sull’ontologia delle comunità sociali] (1922)
Edith Stein, Individuum und Gemeinschaft [Individuo e comunità] (1922)
Edith Stein, Eine Untersuchung über den Staat [Una ricerca sullo stato] (1925)
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Dietrich von Hildebrand, Metaphysik der Gemeinschaft
[Metafisica della comunità] (1930).
Alfred Schütz, Der sinnhafte Aufbau der sozialen Welt: eine
Einleitung in die verstehende Soziologie [La fenomenologia
del mondo sociale] (1930)
Peter Berger and Thomas Luckmann, The Social Construction of
Reality: A Treatise in the Sociology of Knowledge (1966)
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1.2. Di che cosa si occupa l’ontologia sociale?
L’ontologia si occupa della questione generale “che cosa esiste?”
L’ontologia sociale è un’ontologia specifica, è un’“ontologia
materiale” o anche un’“ontologia regionale” che si occupa della
questione specifica relativa all’esistenza delle entità sociali, cioè delle entità che
abitano il mondo sociale.
Le ontologie materiali sono tante quanti sono i generi di entità che abitano il mondo.
Possiamo quindi parlare dell’ontologia materiale sociale, distinguendola ad esempio
dall’ontologia materiale della natura che si occupa delle entità naturali.
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Le ontologie materiali devono essere distinte dall’ontologia formale
che tratta delle categorie logiche che ineriscono a qualunque entità
in generale (come, ad esempio, i concetti di relazione, identità,
insieme, numero, intero e parte, etc.)
Le questioni proprie dell’ontologia sociale?
(i)  Che cosa sono le entità sociali?
(ii)  In che modo esistono le entità sociali?
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1.3. Che cosa sono le entità sociali?
Tesi realista (Reinach, Stein, Hildebrand)
Le entità sociali sono delle entità con uno statuto ontologico
sui generis: sono irriducibili ai generi ontologici classici,
quali il genere delle entità naturali (esseri viventi, pianeti, virus, etc.)
e il genere delle entità ideali (numeri, figure geometriche, proposizioni, etc.).
Sono irriducibili alle entità naturali, siano esse fisiche (come gli alberi e le montagne)
o psichiche (come emozioni o sensazioni), dalle quali possono essere tuttavia costitute
e con le quali condividono il fatto di essere entità temporali, con un inizio e una fine.
Sono irriducibili alle entità ideali (come il teorema di Pitagora e il numero 3) con cui, in
alcuni casi, hanno in comune il fatto di essere entità invisibili, e per così dire, astratte.
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Le entità sociali sono entità specificamente normative:
Le entità sociali sono portatrici di obblighi, diritti, autorizzazioni,
aspettative, permessi, onorificenze, impegni, etc.
Sono portatrici di “poteri deontici” (Searle 1995 e 2010).
- Una promessa implica un obbligo del promittente e un diritto del promissario.
- Una banconota da 10 euro mi permette di acquistare un bene in vendita
per il valore di 10 euro.
- Il biglietto del treno Milano-Roma mi dà il diritto di viaggiare sul treno per quella
tratta in un certo giorno e orario. Se viaggio senza biglietto, sono suscettibile di
sanzione.
- Maria e Paolo decidono di fare una passeggiata insieme e di fatto, ora, stanno facendo
una passeggiata insieme: sono reciprocamente impegnati in questa attività.
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1.4. In che modo esistono le entità sociali?
Sono create e mantenute in esistenza dagli individui (almeno due!)
e dall’intenzionalità degli individui :
– la Intenzionalità Collettiva, che crea forme di collettivo
(gruppi, masse, società, comunità, organi governativi e legislativi,
orchestre sinfoniche, squadre di calcio, stati, etc.), che genera
cooperazione, responsabilità collettive, credenze collettive, sentimenti collettivi, etc.:
Noi abbiamo l’intenzione di fare insieme una festa (intenzioni collettiva);
Noi facciamo la festa insieme; Noi suoniamo insieme in una band (azioni collettiva)
Noi crediamo questo pezzo di carta abbia il valore di una banconota da 10 euro
(credenze collettiva).
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– la intenzionalità sociale: atti sociali quali promettere, comandare,
domandare, promulgare una legge, etc.
Gli atti sociali producono oggetti sociali come obblighi e diritti.
– la intenzionalità intersoggettiva e interpersonale, la cosiddetta
“social cognition” delle attuali neuroscienze cognitive.
La “comprensione” degli stati mentali altrui è alla base di qualunque atto o azione nel
mondo sociale.
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1.5. Entità sociali: momento intenzionale, momento ontologico,
momento normativo?
Problema:
Le entità sociali sono riducibili a meri fatti di un’intenzionalità
collettiva (di un agire insieme, di un sentire insieme, di un pensare insieme, etc.),
sociale o intersoggetiva?
Vi è una componente ontologica? Sono delle entità vere e proprie, entità di tipo nuovo,
“sostrato d’essere” sulle quali si fondano?
La componente normativa è riducibile a quella intenzionale?
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1.5.1. Tre possibili tipi di entità sociali:
(i) Forme di collettivo (soggetti sociali, “soggetti plurali”, Gilbert)
Conversazioni, amicizie, matrimoni, squadre sportive, gruppi di
discussione, ordini religiosi, cittadini (esempi di “fenomeni sociali”,
Gilbert 2013).
(ii) Oggetti sociali veri e propri (“fatti istituzionali”, Searle 1995, 2010)
Banconote da 10 euro, patenti di guida, biglietti del treno, abbonamenti a teatro,
ordinamenti giuridici, contratti di lavoro, università, Stati, scontrini fiscali, etc.
(esempi anche di Searle 2010)
(iii) Atti sociali, eventi sociali, stati mentali collettivi
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1.5.2. Quali differenze?
(i)  Forme di collettivo, “soggetti plurali” (Gilbert):
– riduzione dell’essere delle entità sociali agli individui
dalle quali sono composte e alla loro intenzionalità?
– momento normativo riducibile all’intenzionalità degli individui?
– assenza di un sostrato ontologico che le fonda?
(ii) Oggetti sociali veri e propri (“fatti istituzionali”, Searle 1995, 2010)
– Irriducibilità dell’essere delle entità sociali all’intenzionalità degli individui dalle quali
dipendono;
– momento normativo irriducibile all’intenzionalità degli individui.
– presenza di un “fatto bruto” sul quale le entità sociali sono fondate;
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(i)  Forme di collettivo, “soggetti plurali”:
– riduzione dell’essere delle entità sociali agli individui dalle quali
sono composte e alla loro intenzionalità?
Una conversazione non è altro che (almeno) due individui che
conversano (atti linguistici, intenzionalità collettiva cooperativa,
cognizione sociale)?
Una squadra sportiva non è altro che gli individui che giocano insieme a un determinato
sport contro un’altra squadra?
il matrimonio non è altro che il “vivere insieme” di due persone?
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– momento normativo riducibile all’intenzionalità degli individui?
-I matrimoni sono costituiti dai doveri e dai diritti dei due coniugi,
gli uni nei confronti degli altri;
-le squadre sportive sono costituite dal regolamento sportivo relativo
alla costituzione delle squadre sportive (eventuale appartenenza a
una società sportiva che ha un suo statuto), dal regolamento proprio dello sport praticato
dalla squadra, etc.;
-i gruppi di discussione sono costituiti dalle convenzioni che regolano la discussione;
gli ordini religiosi hanno un regolamento e devono essere approvati dal Papa;
-i cittadini sono (ad esempio) costituiti dal diritto di cittadinanza etc. (esempi di Gilbert).
No: il normativo posto in essere dall’intenzionalità degli individui, vincola gli
individui e la loro intenzionalità;
Non entro qui nella questione della convenzionalità vs. “essenzialità” del normativo.
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– assenza di un sostrato ontologico che fonda le entità sociali?
Entità sociali quali forme di collettivo o “soggetti plurali” hanno un
“sostrato ontologico” sul quale si fondano che non sia riducibile
alla mera somma degli individui che partecipano al “soggetto
plurale”?
Un “soggetto plurale” è qualcosa di ontologicamente nuovo, un’entità di un nuovo tipo,
rispetto alla somma degli individui che lo compongono?
È uno dei problemi difficili dell’ontologia sociale.
Una squadra di calcio non è semplicemente la somma dei suoi calciatori; è un’entità di
tipo nuovo, la cui novità è caratterizzata dall’essere una nuova entità portatrice di una
certa normatività.
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(ii) Oggetti sociali veri e propri
(“fatti istituzionali”, Searle 1995, 2010)
– Irriducibilità dell’essere delle entità sociali all’intenzionalità degli
individui dalle quali dipendono;
Un contratto di lavoro, un ordinamento giuridico, il biglietto del treno,
la patente di guida, uno scontrino fiscale sono entità poste in essere
dall’intenzionalità degli individui, ma non sono riducibili a essa:
Sono oggetti della nostra vita quotidiana che nella nostra esperienza hanno uno
spessore e una resistenza ontologici pari agli oggetti naturali.
Es.: la costituzione italiana è lì, indipendentemente dalla volontà di alcuni individui di
modificarla o cancellarla.
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– momento normativo irriducibile all’intenzionalità degli individui:
Ho l’obbligo di rispettare il mio contratto di lavoro, anche se oggi
non ho voglia di andare a lavorare; gli scontrini fiscali devono essere
rilasciati dal negoziante, anche se il commerciante magari
Preferirebbe non farlo; per viaggiare in treno, devo comprare il
biglietto del treno, anche se magari preferirei viaggiare gratis.
Tuttavia, se gli individui competenti a decidere rispetto all’esistenza di un
determinato fatto istituzionale decidessero insieme di modificare o revocare
l’esistenza di quel fatto istituzionale, potrebbero farlo:
-  Irriducibilità del momento normativo all’intenzionalità individuale, ma non
all’intenzionalità collettiva competente per l’esistenza di quel determinato fatto
istituzionale.
Se tutti gli organi competenti decidono di modificare la Costituzione, possono farlo.
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– presenza di un “fatto bruto” sul quale le entità sociali sono fondate:
Il contratto di lavoro è scritto: ha un sostrato fisico-materiale;
la banconota da 10 euro, come anche la carta di credito hanno
un supporto fisico materiale; l’essere presidente del consiglio è
una funzione di status fondata sul fatto di essere un essere umano, etc.
Possibile sintesi dei momenti dei fatti istituzionali:
Searle: X (fatto bruto) conta come Y (fatto istituzionale) in C (determinato contesto
Intenzionale)
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2. Joint Commitment di Margaret Gilbert (2013)
Gilbert si concentra sui “fenomeni sociali” che sono “forme di
collettivo”, “soggetti plurali” (conversazioni, amicizie, matrimoni,
squadre sportive, gruppi di discussione, ordini religiosi, cittadini,
l’agire insieme, i gruppi sociali, le credenze collettive, le
convenzioni sociali, etc.)
Al cuore di questi fenomeni sociali c’è, secondo Gilbert, un joint commitment:
tutti questi fenomeni sociali sono tutti caratterizzati da “Joint Commitment”.
Coloro che sono in qualche modo jointly committed (congiuntamente impegnati) l’uno
con l’altro costituiscono un plural subject. Secondo la stessa MG, la sua teoria dei
fenomeni sociali può essere soprannominata plural subject theory. (Gilbert 2002, ora in
Gilbert 2013: 73-102)
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Joint Commitment ed esperienza quotidiana del collettivo
Il “Joint Commitment” è l’idea attraverso la quale M.G. cerca di
rendere conto del “senso del ‘noi’ collettivo” di cui facciamo
esperienza nella nostra vita quotidiana rispetto agli “obiettivi,
alle credenze e ai valori” che possiamo condividere con altri.
“Come dobbiamo concepire il senso di unità, di connessione, il senso del “noi”
collettivo? Che tipo di unità è possibile, a partire da esseri umani diversi con le loro
proprie personali credenze, aspirazioni e così via? Quando parliamo dei nostri obiettivi,
credenze, valori e così via – di che cosa stiamo parlando?
[…] Io argomento in favore di una spiegazione, a partire dall’impegno congiunto, dei
fenomeni sociali, per come essi sono intesi nella vita quotidiana”. (Gilbert 2013: 5-6)
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Joint Commitment: né singolarismo né moralismo
“Questo implica andare al di là del singolarismo, da un lato e del
moralismo, dall’altro. Non solo sostengo che c’è una alternativa
fattibile al singolarismo o al moralismo rispetto al fenomeno
in questione. Io sostengo anche che l’alternativa deve essere
preferita a una o più alternative singolariste e/o moraliste”.
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2.1. Tesi anti-singolarista del “Joint Commitment” di M.G.
Non si può rendere conto della nostra esperienza e della nostra
comprensione del mondo sociale in termini singolaristi, ossia
riducendo il “noi facciamo”, il “noi intendiamo” etc. a una mera
somma di azioni individuali, di intenzioni individuali, etc.
“Nessuno metterebbe in dubbio che le persone abbiano le loro proprie preferenze
personali, aspettative, intenzioni e così via. […] come però noi – che vi partecipiamo
– comprendiamo il mondo sociale? Si può rendere conto di quella comprensione del
mondo sociale in termini singolaristi? [...] Siamo singolaristi fino all’osso nel modo
in cui abbiamo a che fare gli uni con gli altri nelle nostre vite quotidiane?
La risposta che sto continuando a sostenere è che non lo siamo.” (Gilbert 2013: 4)
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“Il mondo sociale, il mondo di conversazioni, amicizie, matrimoni,
squadre sportive, gruppi di discussione, ordini religiosi, cittadini e
così via non è concepito in termini singolaristi. La struttura mentale
esemplificata nella teoria dei giochi, che si potrebbe descrivere nei
termini di “me watching you watching me”, non affronta il nocciolo
della questione. In particolare non vi è spazio per il sempre presente uso del collettivo
“noi”. Quando parliamo della nostra conversazione, noi non stiamo esprimendo una
concezione singolarista” (Gilbert 2013: 4).
Posizioni singolariste: Lewis 1969; Bratman
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2.2. Joint Commitment e tesi-antimoralista
Gli obblighi di cui i fenomeni sociali sono portatori non sono
doveri morali.
“Molti fenomeni sociali – per come essi sono concepiti nella vita
quotidiana – implicano obblighi. Più precisamente, implicano obblighi di una persona
nei confronti di un’altra. Per prendere un esempio comune, supponiamo che siamo
d’accordo di incontrarci in un caffè alle sei. […] In questo caso, io sono obbligato
nei tuoi confronti a recarmi al caffè alla sei.
[…] Quando parlo di moralismo, in questo contesto, intendo in particolare
l’assunzione che gli obblighi il più strettamente associati con i fenomeni sociali in
questione siano un problema di obbligo morale [moral requirementi]. ”
(Gilbert 2013: 5).
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2.3. Struttura del Joint Commitment
2.3.1. Il Commitment è commitment of the will (personal or joint):
è un Commmitment generato da una decisione;
“In primo luogo, parlando di commitments, personale o congiunto, il mio obiettivo
verte esclusivamente su ciò a cui talvolta mi riferisco come commitments of the will.
I commitments sono personali o congiunti. Il commitment generato da una decisione
personale è un esempio di personal commitment. Tutto quello che una determinata
persona deve fare è decidere - un esercizio della volontà di quella persona” (Gilbert
2013: 6)
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2.3.2. Prendere una decisione= questione psicologica;
essere impegnati=questione normativa
“Come si può vedere, c’è sia un processo sia un prodotto del
personal commitment. Il processo è psicologico, il prodotto è
normativo. Come vedremo, questo è vero anche nel caso del joint commitment”.
2.3.3. Rescissione/annullamento del commitment
I commitments sono suscettibili di essere rescissi. Anche qui c’è sia un processo sia
un prodotto. Nel caso di una decisione personale, io sono nella posizione di rescindere
unilateralmente la mia decisione: posso semplicemente cambiare idea. Il prodotto
di questo processo psicologico è un cambiamento nella situazione normativa della
persona coinvolta. Più precisamente, un vincolo normativo esistente è stato rimosso”
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2.3.4. Joint Commitment: generato dalla volontà di almeno due
persone
“Proprio come un personal commitment della volontà è generato da
un processo che implica una persona – il prendere una decisione ne
è un esempio –, un joint commitment della volontà
[joint commitment of the will] è generato da un processo che
coinvolge due o più persone. Più precisamente, nel processo di joint commitment, due o
più persone jointly commit le stesse due o più persone.” (Gilbert 2013: 7)
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2.3.5. Il processo: l’atto sociale di dichiarazione [to make clear]
reciproca, da parte delle parti, della propria volontà di
contribuire a X;
Il prodotto normativo: le parti sono jointly committed.
“[…] per concludere questo processo è necessario e sufficiente che, grosso modo,
ognuno esprima chiaramente all’altro, in un modo che è interamente alla luce del sole
per tutti, il suo essere pronto [readiness] personalmente a contribuire a esso. Ognuno
comprende che una volta che questo è accaduto, il processo sarà stato concluso.
Una volta che è concluso, le parti sono jointly commited. Il loro essere
jointly commited – il prodotto del processo descritto – è una questione normativa”.
(Gilbert 2013: 7)
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2.3.6. Joint commitment a phi come un corpo:
a comportarsi come [emulate] un solo phi-er
“Per ogni impegno congiunto, le parti sono jointly committed a phi
come un corpo, dove phi sta per il verbo in questione.
Grosso modo: le parti sono jointly committed a comportarsi come [emulate] un
solo phi-er, in virtù delle azioni di tutti. Ad esempio: in virtù delle azioni di ognuno,
le parti sono congiuntamente impegnate a comportarsi come [emulate]
una sola persona che crede [a single believer] che la proposizione che la giustizia
è la prima virtù delle istituzioni sia vera”
(Gilbert 2013: 7).
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2.3.7. Joint Commitment e produzione di obblighi e diritti delle parti,
l’una nei confronti delle altre; creazione di uno status o di autorità:
lo status per richiedere azioni ottemperanti all’impegno
congiunto e per rimproverare la non ottemperanza.
“Io sostengo che ogni joint commitment obbliga le parti, l’una nei
confronti dell’altra, ad agire in accordo con l’impegno. In altri termini, ognuno è debitore
di questa azione nei confronti degli altri.
Correlati con questi obblighi delle parti sono i diritti delle parti ognuna nei confronti
dell’altra: diritti ad azioni che si conformano al joint commitment.
Inoltre, correlati con questi obblighi e diritti è un importante tipo di status o
di autorità: lo status per richiedere azioni conformi all’impegno congiunto e per
rimproverarne per la non conformità”
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2.3.8. Plural subjects vs. coscienza collettiva
“Uso il termine “soggetto plurare” per riferirmi a un qualunque
insieme di persone impegnate congiuntamente. […]
Vale la pena sottolineare che io non ho mai avuto l’intenzione di
suggerire che vi sia una qualche coscienza collettiva o di gruppo che sia in qualche
modo indipendente dalla coscienza di ogni membro individuale del gruppo.
Piuttosto, io vedo l’impegno congiunto come una precondizione della corretta
ascrizione di un atteggiamento [attitude] particolare a una certa popolazione di persone.
Allora noi – una pluralità di persone – siamo il soggetto di quell’atteggiamento.
In altri termini, è un nostro atteggiamento.” (Gilbert 2013: 9).
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