Biologia molecolare 2/ed Robert F. Weaver Copyright © 2009 – The McGraw-Hill Companies srl Capitolo 5. Strumenti molecolari per lo studio dei geni e dell’attività genica PER IL RIPASSO 1. DNA nei pozzetti 1200 bp Il DNA migra verso il polo positivo 600 bp 150 bp + 2. L’SDS, sodio dodecil solfato,è un detergente utilizzato nell’elettroforesi su gel in SDS (SDSPAGE). L’SDS denatura le proteine e separa le subnità di proteine complesse. In aggiunta, ricopre tutti i polipeptidi con una carica negativa, cosicché essi migreranno in funzione delle rispettive masse, indipendentemente dalle loro cariche naturali. 3. Sia l’SDS-PAGE che la moderna elettroforesi bidimensionale separano le proteine in funzione delle rispettive masse molecolari. Tuttavia, nell’elettroforesi bidimensionale, le proteine sono sottoposte ad isolelettrofocalizzazione prima della separazione su SDS-PAGE. Durante la isoelettrofocalizzazione, le proteine migrano in un gradiente di pH. Esse arresteranno la propria migrazione quando avranno raggiunto il loro punto isoelettrico. Il gel dopo la separazione isoelettrica è posto alla sommità di un gel SDS-PAGE e soggetto a separazione per massa molecolare. Quindi, l’elettroforesi bidimensionale separa le proteine in funzione del loro punto isoelettrico e della loro massa. L’SDS-PAGE separa le proteine esclusivamente per massa molecolare. 4. La cromatografia a scambio ionico separa le proteine in funzione della loro carica netta. In questa procedura una miscela proteica complessa è fatta passare attraverso una resina carica. Nel caso della cromatografia a scambio di anioni, la resina è carica positivamente. Soluzioni a forza ionica crescente sono passate sulla colonna, e gli ioni in queste soluzioni competono con le proteine per i siti di legame sulla resina. Le proteine meno cariche saranno eluite a più bassa forza ionica, rispetto a quelle con una carica più forte. 1 Biologia molecolare 2/ed Robert F. Weaver Copyright © 2009 – The McGraw-Hill Companies srl 5. La cromatografia su gel filtrazione separa le proteine in funzione delle loro dimensioni fisiche. Essa consiste nel far passare le proteine attraverso una resina porosa in una colonna. La resina è un setaccio con pori di dimensioni definite. Le proteine piccole attraversano più lentamente la colonna rispetto a quelle più grandi, in quanto le loro dimensioni minori consentono loro di passare all’interno delle sferette della resina, conferendogli un percorso più lungo da percorrere. Al contrario, le proteine più grandi non saranno in grado di permeare la resina, e saranno eluite più rapidamente. Le proteine di dimensioni intermedie permeeranno alcune sferette della resina, ma non altre, e quindi saranno eluite dopo un lasso di tempo intermedio. 6. Sia l’autoradiografia che il “phosphorimaging” sono tecniche che permettono la visualizzazione di un segnale radioattivo immobilizzato su una membrana, o all’interno di un gel. Entrambe ci fanno visualizzare particelle β emesse da isotopi comunemente utilizzati in biologia molecolare. Nel caso dell’autoradiografia, le particelle emesse impressionano un’emulsione depositata su una pellicola per raggi X, lasciando segnali scuri. L’autoradiografia possiede una limitata capacità di quantificare la dose di isotopo che impressiona la pellicola. Il motivo risiede nel fatto che la risposta della pellicola alla radiazione non è lineare, e la saturazione del segnale è spesso un problema. Ad esempio, un campione con 10.000 dpm (disintegrazioni per minuto) esporrà l’emulsione sulla pellicola alla sua massima capacità, e quindi un altro campione con 50.000 dpm darà una banda con una simile intensità sulla pellicola a raggi X. Il phosphorimaging richiede l’uso di uno schermo con molecole che sono eccitate all’esposizione con particelle β. Queste molecole eccitate si accumulano col tempo, e rimangono in uno stato eccitato fin quando sono scansionate con un laser. Quindi, l’energia è rilasciata e convertita in un’informazione digitale che potrà essere accuratamente quantificata. Il segnale digitale da un “phosphorimager” è direttamente proporzionale al numero di dpm derivante dalla specifica regione esposta del campione. 7. Un metodo non radioattivo per evidenziare un particolare frammento di acido nucleico in un gel elettroforetico può avvantaggiarsi della forte interazione non covalente tra molecole di avidina e biotina. Per evidenziare no specifico frammento nel gel, quest’ultimo è trasferito su una membrana (nitrocellulosa o nylon), il che immobilizza il frammento di acido nucleico su un supporto solido. Tutti i siti sul filtro che non sono legati da acidi nucleici vengono bloccati con DNA non specifico. Una sonda complementare all’acido nucleico da evidenziare è sintetizzata in presenza di dUTP marcato con la vitamina biotina. La sonda è denaturata e ibridizzata agli acidi nucleici sulla membrana, in corrispondenza delle regioni complementari. Gli ibridi della sonda sono rivelati esponendo la membrana ad un reagente contenente avidina, legato ad un enzima come la fosfatasi alcalina. La sonda è visualizzata per attività dell’enzima su un substrato fosforilato che genera n composto chemioluminescente, che è evidenziato con una pellicola a raggi X. 2 Biologia molecolare 2/ed Robert F. Weaver Copyright © 2009 – The McGraw-Hill Companies srl 8. Lo schema illustra la procedura del Southern blot per evidenziare un frammento di DNA di interesse all’interno di una miscela complessa di frammenti. In questa procedura, specifici frammenti di DNA separati su gel sono visualizzati per ibridazione del DNA con una sonda marcata. La procedura del Nrthern blotting è sfrttata per evidenziare un particolare RNA di interesse all’interno di una miscela complessa di molec ole di RNA. Sia il Northern blotting che il Southern blotting si basano sull’elettroforesi, per separare la miscela di acidi nucleici per dimensioni. Tuttavia, per il Southern blotting dobbiamo digerire il DNA con enzimi di restrizione per generare pezzi più piccoli di DNA per l’elettroforesi. Le molecole di RNA caricate sl gel (RNA totale, o RNA poliadenilato) già si trovano sotto forma di frammenti di 3 Biologia molecolare 2/ed Robert F. Weaver Copyright © 2009 – The McGraw-Hill Companies srl lunghezze discrete. Entrambe le tecniche richiedono il trasferimento dei frammenti di acido nucleico da un gel ad un filtro, e l’ibridazione dei corrispondenti acidi nucleici con sonde radioattive. 9. Il metodo del “DNA fingerprinting” può essere utilizzato per distinguere tra diversi individui, in base al caratteristico numero di ripetizioni in corrispondenza di loci multipli del genoma, denominati minisatelliti. Questi ultimi contengono sequenze ripetute, il cui numero in un particolare locus è altamente variabile nella popolazione. Per generare l’”impronta” di un individuo, si frammenta il DNA genomico con un enzima di restrizione, scelto tra quelli che non hanno siti di riconoscimento all’interno della sequenza ripetuta. Quindi, si effettua un esperimento di Sothern blot, utilizzando la sequenza ripetuta come sonda. Per ciascun individuo si osserveranno bande multiple corrispondenti a frammenti di diversa lunghezza, corrispondenti a diversi loci. Gli individui possono essere tipizzati in base al tipico numero di ripetizioni in corrispondenza di loci diversi. Tuttavia, DNA fingerprint generati in questo modo possono porre problemi di interpretazione. Ciò, a causa dell’elevato numero di bande sul blot, che potrebbero non essere ben risolte. Perciò moderni metodi forensici utilizzano tipizzazione del DNA che analizza polimorfismi a carico di un singolo locus alla volta. Polimorfismi di questi loci singoli possono essere identificati mediante analisi di RFLP (polimorfismi di lunghezza dei frammenti di restrizione). Gli RFLP sfruttano i diversi profili di restrizione che possono essere generati da sostituzioni nucleotidiche nella sequenza di DNA. Come i fingerprint del DNA, l’analisi RFLP tipicamente si avvale del Southern blot. In alternativa, diverse lunghezze di frammenti in diversi individui in specifici loci possono essere identificati mediante PCR. La PCR consente la tipizzazione di piccolissime quantità di DNA, anche di bassa qualità. Al contrario, il fingerprinting richiede più DNA, e di più elevata qualità, per il Southern blotting, rispetto alla tipizzazione basata su PCR. Ovviamente, per utilizzare dati di tipizzazione per l’identificazione di persone sospettate di aver commesso crimini, si dovranno analizzare loci multipli per fornire alta probabilità che una corrispondenza tra un campione ed un individuo non sia dovuta al caso. 10. Un Northern blot può essere utilizzato per evidenziare uno specifico RNA all’interno di un campione di RNA totale. Dal risultato ottenuto potremo affermare se un gene è effettivamente trascritto in un particolare tipo cellulare, o in altri campioni. In aggiunta, esso può fornire dati quantitativi sui livelli dello specifico RNA presenti allo stato stazionario, ed inoltre fornisce ulteriori dettagli sulle dimensioni del trascritto di RNA. 11. L’ibridazione a fluorescenza in situ (FISH) consente l’utilizzo di una sonda marcata per evidenziare una particolare sequenza di DNA su un cromosoma. Tutti i cromosomi di una cellula sono sparsi e parzialmente denaturati per consentire al DNA di ibridizzare ad una sonda a singolo filamento. La visualizzazione della sonda può dirci la localizzazione, o le localizzazioni della sequenza di DNA sui cromosomi. Perciò, al contrario del Southern blotting, la metodica FISH ci dà informazioni sulla posizione del gene nel cromosoma. È perciò utile quando sono richiesti dati di mappatura. 4 Biologia molecolare 2/ed Robert F. Weaver Copyright © 2009 – The McGraw-Hill Companies srl 12. A T G C La sequenza nucleotidica della catena di DNA sintetizzata dal primer sarà: 5’ GAT GGC TAA ATG TCT GAC TTA ATC 3’ Quindi, la sequenza nucleotidica della catena polinucleotidica usata come filamento stampo è la sequenza complementare alla sequenza mostrata sopra: 5’ GAT TAA GTC AGA CAT TTA GCC ATC 3’ 5 Biologia molecolare 2/ed Robert F. Weaver Copyright © 2009 – The McGraw-Hill Companies srl 13. Il sequenziamento del DNA secondo Sanger può essere facilmente automatizzato con 4 dideosiinucleotidi, ciascuno marcato con un diverso gruppo fluorescente. I frammenti progressivi generati dalle reazioni di sequenziamento sono separati mediante elettroforesi su gel o elettroforesi capillare. Man mano che i frammenti passano attraverso il gel, essi vengono individuati sul fondo del gel da un raggio laser. Il laser può distinguere tra i quattro dideosiinucleotidi, e quindi consentire la determinazione della sequenza del filamento neosintetizzato. 14. Per il frammento EcoRI-XbaI di 1,5 kb mostrato in basso, possiamo distinguere l’orientamento A da quello B con una mappa di restrizione, per interpretare una doppia digestione. Un clone con orientamento A risulterà in frammenti di 3.3 kb e 1.2 kb dopo digestione con XbaI e BamHI. Un clone con orientamento B darà frammenti di 4.2 kb e 0.3 kb dopo digestione con BamH1 e XbaI. EcoRI 0 BamHI 0.2 0.4 XbaI 0.6 0.8 1.0 BamHI 1.2 1.4 kb BamHI XbaI EcoRI Orientamento A XbaI EcoRI Orientamento B Vettore 3 kb 15. La mutagenesi sito-diretta è una tecnica che può essere sfruttata per generare una sequenza di DNA modificata ad una specifica posizione. In generale, la mutagenesi sito-diretta si realizza progettando un primer con l’opportuno cambio nucleotidico che, nonostante il cambio nucleotidico, si legherà al sito bersaglio sulla molecola normale. La replicazione del DNA “target” porterà porterà alla sintesi di molecole di DNA con il nucleotide alterato, per estensione del primer. Un approccio specifico è la mutagenesi sito-diretta basata su PCR. In questo processo, il frammento di DNA da modificare è clonato in un vettore plasmidico e propagato in un ceppo di E. coli che metila i residui di A nelle sequenze GATC. I primer di mutagenesi si appaiano al plasmide purificato contenente il clone, e quindi si effettuano pochi cicli di PCR con una polimerasi termostabile ad alta fedeltà, come la Pfu polimerasi. Ciò è richiesto per evitare errori nelle copie del plasmide che si otterranno. Il DNA nella reazione di PCR è quindi digerito con l’enzima di restrizione DpnI, che digerisce solo il DNA metilato o, 6 Biologia molecolare 2/ed Robert F. Weaver Copyright © 2009 – The McGraw-Hill Companies srl con minore efficienza, il DNA emimetilato, distruggendo, quindi, il DNA stampo originario. Infatti, il DNA prodotto in vitro con la polimerasi Pfu non è metilato, non sarà digerito con DpnI, e può essere usato per trasformare E. coli. Il sequenziamento di un appropriato numero di cloni identificherà quelli con la sostituzione nucleotidica desiderata. 16. L’analisi con nucleasi S1 consente di localizzare le estremità 5’ e 3’ di una trascritto naturale, rispetto ad un sito di restrizione noto in un clone. Essa si basa sull’utilizzo della nucleasi S1, un enzima specifico per RNA a singolo filamento in un ibrido DNA/RNA, per digerire tutto l’RNA non appaiato di un trascritto ibridizzato ad un frammento genomico noto, marcato radioattivamente, di cui si conoscano anche le dimensioni. L’intensità del segnale prodotta dopo elettroforesi ed autoradiografia degli ibridi sarà proporzionale al numero di trascritti presenti nel campione, e quindi l’esperimento fornisce dati sulle quantità relative dell’RNA presente. L’esperimento di “primer extension” non sfrutta l’ibridazione dell’RNA ad una sonda. Piuttosto, si sfrutta un primer oligonucleotidico marcato per retrotrascrivere il trascritto di RNA di interesse con un primer complementare ad una regione del gene. La lunghezza del frammento prodotto può dirci precisamente dove termina il trascritto, a monte del sito di legame del primer. Con lo stesso primer potremo effettuare reazioni di sequenziamento con dideossiterminatori, che saranno fatte migrare sullo stesso gel dell’analisi, che ci consentiranno di localizzare l’estremità 5’ del trascritto al preciso nucleotide. Come nel caso dell’analisi S1, i saggi di “primer extension” ci consentono di quantificare l’RNA presente in uno specifico campione. L’esperimento di “primer extension” fornisce informazioni maggiormente accurate quando si desideri mappare un trascritto, perché evita l’utilizzo di nucleasi del tipo S1. Infatti, la nucleasi S1 potrebbe digerire in maniera inappropriata l’estremità di un ibrido DNA/RNA, o potrebbe anche digerire occasionali strutture a singolo filamento dell’ibrido, ottenute dalla denaturazione di regioni ricche in coppie A/T. La tendenza della nucleasi S1 alla digestione non specifica può risultare nell’imprecisa determinazione delle estremità degli ibridi, e quindi potrebbe fornire informazioni poco accurate sulle estremità 3’ e 5’ del trascritto. Tuttavia, solo l’analisi S1 può localizzare l’estremità 3’ dei trascritti. L’esperimento di “primer extension” non potrà funzionare, in questo caso, perché la retrotrascrizione procede solo in direzione 3’5’. 17. La trascrizione “run-off” è un saggio in vitro che misura la taglia e l’abbondanza di trascritti generati da un frammento di DNA genomico. Un frammento genomico che è stato troncato a livello di uno specifico sito di restrizione è utilizzato come stampo per la trascrizione in vitro con un nucleotide marcato. Ciò ci consente di determinare se i trascritti prodotti sono iniziati dal corretto sito, e anche di determinare l’efficienza relativa di trascrizione a partire da un certo promotore. Questo saggio può quindi essere sfruttato per evidenziare l’effetto di una particolare mutazione del promotore sulle dimensioni del trascritto e l’efficienza relativa di trascrizione.Tuttavia, trattandosi di un metodo in vitro, non potrà fornire informazioni sui livelli trascrizionali in vivo. 18. La marcatura dell’estremità 5’ di un frammento di DNA può essere ottenuta per rimozione del fosfato terminale con fosfatasi intestinale di vitello (Calf Intestinal Phophatase, CIP), e quindi con l’uso di [-32P]ATP e polinucleotide chinasi per introdurre un gruppo fosfato al 5’, marcato 7 Biologia molecolare 2/ed Robert F. Weaver Copyright © 2009 – The McGraw-Hill Companies srl radioattivamente. La marcatura dell’estremità 3’ di una molecola di DNA a doppio filamento è effettuata con il frammento di Klenow della DNA polimerasi e un nucleotide [32P] per “riempire” un’estremità 3’-OH generata per digestione di una molecola di DNA con un enzima di restrizione. 19. Un saggio di “run-on” nucleare è una tecnica che ci consente di ottenere un indice della trascrizione di un particolare gene in vivo. In altre parole, questo saggio ci consente di quantificare tutti i trascritti iniziati ad un dato momento. Si isolano i nuclei e si fa procedere la trascrizione già iniziata in presenza di un nucleotide radioattivo. Il reinizio della trascrizione è inibito dalla presenza di eparina, che si lega all’RNA polimerasi libera. I prodotti di RNA estesi possono essere evidenziati mediante ibridazione ad una sonda complementare mediante un esperimento di dot blot. 20. Un dot blot ci consente di identificare uno specifico acido nucleico (RNA o DNA) all’interno di una miscela complessa mediante ibridazione del target con una sonda radioattiva. Ci consente di quantificare gli ibridi. La differenza fondamentale tra un dot blot e un Southern blot è che nel primo caso il DNA non è separato mediante elettroforesi, prima dell’ibridazione. Invece, il DNA è semplicemente depositato su di un filtro. L’esperimento è perciò utile quando la dimensione dei target è eterogenea, o quando non è importante determinare le dimensioni del target. 21. I geni reporter possono essere sfruttati per rimpiazzare un gene quando se ne vogliono studiare gli elementi del promotore che ne controllano l’espressione. In questo esperimento il promotore è modificato, e un certo numero di costrutti del promotore vengono associati ad un gene reporter, e reintrodotti in una cellula. Si misura così il livello di espressione del gene reporter (trascrizione e traduzione) diretta dal promotore di interesse. In questo modo possiamo identificare regioni del promotore, importanti per per il controllo dell’espressione del gene. Questo approccio fornisce due vantaggi. Primo, la trascrizione diretta dal gene di interesse endogenonon interferisce con la misura del tasso di trascrizione controllata dal costrutto artificiale. Secondo, si scelgono geni reporter come lacZ, cat o luciferasi, perché le corrispondenti attività enzimatiche possono essere facilmente dosate. 22. Un saggio di legame su filtro può essere usato per misurare il legame tra un DNA ed una proteina. Questi studi traggono vantaggio dal fatto che il DNA a doppio filamento non si legherà ad un filtro di nitrocellulosa, a meno che non sia associato ad una proteina. Il DNA è marcato e fatto interagire con una proteina con cui può formare un complesso. Possiamo misurare la quantità di complesso proteina-DNA che si forma, dosando la radioattività legata al filtro. Possiamo anche determinare la forza dell’associazione della proteina saggiando la capacità del DNA target non marcato di sostituirsi al DNA marcato, per competizione, nel legame alla proteina. Le miscele vengono filtrate attraverso la nitrocellulosa a tempi diversi, e mediante scintillazione si misureranno i complessi DNA-proteina ottenuti. 23. Un saggio di alterata mobilità su gel può evidenziare il legame specifico di una proteina ad un piccolo frammento di DNA. Come ci indica il nome, il legame di una proteina ad un frammento di DNA è evidenziato da un rallentamento della migrazione del DNA in corso di elettroforesi. Mentre questa procedura può indicarci se una proteina lega o meno un frammento di DNA, non 8 Biologia molecolare 2/ed Robert F. Weaver Copyright © 2009 – The McGraw-Hill Companies srl può fornirci informazioni su quali regioni o nucleotidi della sonda stanno interagendo con la proteina. Al contrario, il footprinting con DNasi può indicarci dove, sul DNA, sono localizzati i siti di legame per la proteina. La proteina è legata ad un frammento di DNA marcato all’estremità, e i complessi proteina-DNA sono soggetti a digestione limitata con DNasi I, che risulterà in una serie di frammenti, ciascuno tagliato (in media) una sola volta all’interno della molecola. I siti sul DNA legati dalla proteina, al contrario, non saranno tagliati, e quando questi frammenti saranno sottoposti ad elettroforesi sul gel si osserveranno delle “impronte”, ovvero gruppi di frammenti mancanti sulla pellicola autoradiografica. I frammenti mancanti corrispondono alle regioni sul DNA cui la proteina si lega. Quindi, entrambe le tecniche possono evidenziare il legame di una proteina ad un frammento di DNA, ma il footprinting con DNasiI ci fornisce informazioni più precise sui siti di legame della proteina sul DNA. 24. Entrambi i metodi di footprinting si basano sul fatto che, se una proteina è legata ad una specifica regione di un frammento di DNA, essa previene il taglio del DNA in quella regione, limitando l’accesso ad altre molecole. Ad esempio, la proteina limiterà l’accesso della nucleasi DNasiI. Si tratta di una grossa molecola, che non è in grado di individuare piccole regioni di DNA non coperte all’interno di complessi proteina-DNA. Inoltre, l’associazione della proteina con il DNA può distorcere regioni vicine di DNA che non interagiscono direttamente con la proteina, e queste potrebbero risultare inaccessibili alla DNasiI. Per avere una visione più dettagliata di dove la proteina si leghi al DNA, possiamo usare un agente metilante come il dimetil solfato (DMS) che, essendo una piccola molecola, penetrerà nei piccoli spazi del complesso proteina-DNA, metilando specificamente regioni non associate con la proteina. In queste reazioni di metilazione il tempo di reazione e la concentrazione di DMS sono limitate cosicché, mediamente, si verifica un solo evento di metilazione per molecola. Dopo aver rimosso la proteina, si tratta il DNA con piperidina, che taglia il DNA. La precisione con cui il DMS accede alle regioni libere di DNA, rispetto alla DNasiI, risulta in un’impronta più accurata. 25. La generazione di un topo knockout si basa sul riscontro di rari eventi di ricombinazione omologa che sostituiranno un gene di interesse con un costrutto recante una sua versione interrotta, in cellule embrionali staminali di topo. Geni marcatori possono consentirci di distinguere tra cellule che non hanno subìto ricombinazioni, quelle in cui si sono verificati eventi di ricombinazione non specifici, e le cellule “knockout”, in cui il gene endogeno è stato rimpiazzato dal gene modificato. Per ottenere tutto ciò, ingegnerizziamo il nostro gene clonato di interesse, in modo che la sua sequenza codificante sia interrottacon un gene che conferisce resistenza all’antibiotico neomicina. Nello stesso vettore è presente il gene della timidina chinasi. Le cellule staminali in cui non ci sono stati eventi di ricombinazione saranno sensibili alla neomicina o al suo derivato, G418. Cellule che hanno subìto l’inserzione non specifica di sequenze del vettore in siti casuali del genoma avranno con probabilità incorporato il gene della timidina chinasi con il gene interrotto. Possiamo selezionare negativamente queste cellule traendo vantaggio dal fatto che le cellule con il gene della timidina chinasi (tk+) non possono sopravvivere in presenza di ganciclovir, mentre le cellule tk- sopravviveranno. Gli eventi specifici di ricombinazione, in cui il gene endogeno è stato rimpiazzato dal gene interrotto saranno resistenti sia alla neomicina (G418) che al ganciclovir. Tra queste cellule saranno selezionate quelle che, avendo effettivamente subìto il processo della ricombinazione omologa, possono essere usate per generare un topo knockout. 9 Biologia molecolare 2/ed Robert F. Weaver Copyright © 2009 – The McGraw-Hill Companies srl 10 Biologia molecolare 2/ed Robert F. Weaver Copyright © 2009 – The McGraw-Hill Companies srl PER L’APPROFONDIMENTO 1. a) Un frammento che ha migrato 25 mm sarà lungo 700 bp. b) Ci si può attendere che un frammento di 200 bp abbia migrato 50 mm. 2. neoR gene 0.4 kbp EcoRI EcoRI 1.4 kbp Gene target di interesse Frammento di DNA genomico di topo sonda Nel semplice scenario delineato in alto, la digestione del DNA genomico di topo con EcoRI e l’ibridazione con il frammento EcoRI/HindIII di 1.4 kb produrrà un frammento di 1.4 kb in un topo non chimerico. Un esperimento simile con un topo chimerico con il gene neoR all’interno del gene target genererà un frammento aggiuntivo di 1.8 kbp in un esperimento di Southern blot. Ciò assumendo che nessun sito EcoR1 sia presente nel costrutto del gene introdotto. I blot sono mostrati nella figura in basso. chimerico EcoRI non-chimerico EcoRI 1.8 kbp 1.4 kbp 11 Biologia molecolare 2/ed Robert F. Weaver Copyright © 2009 – The McGraw-Hill Companies srl 3. Se assumiamo che è marcata l’estremità 5’ di una molecola di DNA, possiamo visualizzare le due alternative di marcatura per il frammento del promotore come segue: A 5’ * 32P 3’ A monte filamento codificante/non-stampo 3’ filamento non codificante/stampo 5’ -44 -21 A valle B 5’ filamento codificante/non-stampo 3’ filamento non codificante/stampo A monte -44 -21 3’ *5’ 32P A valle Se il filamento superiore (filamento codificante/non-stampo) è marcato all’estremità 5’ come nello schema A, ci aspettiamo che il frammento marcato più corto corrisponda alla regione più a monte del promotore (con i numeri più negativi). Se il filamento inferiore (filamento non codificante/stampo) è marcato al 5’ come in B, i frammenti più corti prodotti corrisponderebbero alle regioni più a valle del promotore (numeri meno negativi). Il gel in Figura 5.37b ci mostra la numerazione degli elementi del promotore nel frammento di DNA soggetto a footprinting. In questo gel, i frammenti più piccoli di DNA marcato corrispondono a regioni più a valle del promotore. Quindi il gel in Figura 5.37b è in accordo con il filamento stampo marcato all’estremità 5’, come nell’esempio B mostrato sopra. Se, al contrario, fosse stata marcata l’estremità al 3’ del DNA utilizzato in questo esperimento, i risultati attesi di marcatura dei filamenti stampo e non-stampo sarebbero stati opposti a quelli descritti in alto. 12