Relazione Lab IV anno, AA 2004/5

MISURA DEGLI SPETTRI DI GAMMA CAS E ALFA AQL
Anno Accademico 2004/05
di
Alessandro Coppolecchia
Roberta Piccolo
Rosanna Rispoli
SCOPO DELL’ESPERIENZA:
Lo scopo della nostra esperienza è la messa in funzione dello spettroscopio a reticolo OMR-10 C
per poi procedere all’estrazione degli spettri di Gamma Cassiopea e Altair.
STRUMENTI A DISPOSIZIONE:
1. Telescopio: Celestron C 9.25 (diametro 235 mm, rapporto focale f/10)
2. Montatura: equatoriale Bellincioni modello Omega
3. Motorizzazione: sistema Skysensor 2000 PC con motori in cc
Il Telescopio didattico TACOR è collocato sul tetto del Dipartimento di Fisica ( Edificio Fermi )
in una casetta prefabbricata munita di tetto scorrevole azionato da un motore elettrico. ( coordinate
geografiche: Long. 12°31’03’’ E, Lat. +41°54’05’’ )
1
La strumentazione di piano focale comprende:

una camera CCD tipo ST6 della SBIG (sensore Texas TC241 da 8.6x6.8
mm, con pixel rettangolari di 23x27 micron), raffreddata a cella Peltier;

uno spettrografo OMR-10C con fenditure da 50 e 100 micron, e reticoli
"blazed" da 240 e 600 tr/mm
Il PC in dotazione è un PC Pentium III 600 MHz collegato alla LAN del Dipartimento ed è
possibile controllare dal PC sia l’acquisizione dei dati dalle camere CCD sia il puntamento del
telescopio ( e quindi permette di svolgere osservazioni anche a distanza ).
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Inoltre abbiamo avuto a disposizione un altro PC collocato all’interno dei laboratorio del terzo
anno, edificio Marconi dipartimento di Fisica, con sistema operativo LINUX Mandrake 8.1 grazie
al quale abbiamo potuto usufruire del software per l’elaborazione dati “ IRAF 2.11 “.
Prima di iniziare l’acquisizione dati abbiamo dovuto risolvere alcuni “problemi tecnici” quali la
progettazione di una barra di metallo sulla quale agganciare il telescopio, lo spettrografo e la
camera CCD e il bilanciamento del telescopio+camera.
L’asta è stata necessaria perché lo spettrografo OMR 10C va attaccato direttamente sul
portaoculari del telescopio e il suo peso (5 kg più la camera CCD) poteva portare a danni
strutturali del telescopio stesso; quindi, dopo aver pensato ad una soluzione a questo
inconveniente, è stato possibile far realizzare la nostra barra dall’officina del Dipartimento. Una
volta montata sulla montatura la barra e agganciato ad essa il telescopio è stato possibile attaccare
lo spettrografo e la camera CCD senza rischiare di danneggiare nessun componente della struttura.
A questo punto è stato necessario bilanciare la struttura con l’aggiunta di alcuni pesi
(specificatamente pensati per la struttura ) in modo da poter effettuare con precisione le nostre
osservazioni.
SPETTROSCOPIO A RETICOLO: MODELLO 10C
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Lo spettroscopio a reticolo e' costituito da un collimatore, un reticolo che sostituisce il prisma
come elemento disperdente, e da un focheggiatore che raccoglie lo spettro sul suo piano focale. In
alcuni disegni il reticolo e' curvo in modo da poter svolgere anche il ruolo di focheggiatore.
Riportiamo il disegno dello spettroscopio adoperato per la nostra esperienza:
4
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Questo spettrografo e' in dotazione al nostro laboratorio: il collimatore ha una focale di 225 mm
f/9, il focheggiatore 135 mm f/2.8, la fenditura e' intercambiabile e può essere da 50 o 100 micron;
anche il reticolo, e' intercambiabile e noi ne abbiamo uno da 600 tr/mm blazed al primo ordine a
500 nm.
Poiché il telescopio deve inseguire la stella durante la posa, ne viene la necessità di verificare che
la stella sia dentro la fenditura ed eventualmente correggere il puntamento. La guida viene
effettuata con un apposito oculare in dotazione allo spettrografo stesso. Uno spettrografo e'
comunque uno strumento abbastanza pesante, in quanto deve essere molto rigido per garantire
l'allineamento delle ottiche comunque venga orientato il telescopio.
CARATTERISTICHE COSTRUTTIVE
Le caratteristiche principali di uno spettrografo sono:




larghezza della fenditura Lf
lunghezza focale ed apertura del collimatore Fc
lunghezza focale ed apertura del focheggiatore Ff
numero di tratti/mm e diametro del reticolo
Queste grandezze determinano l'efficienza dello strumento, il suo potere risolutivo spaziale e
cromatico: uno spettrografo calcolato per lavorare con un dato telescopio può dare cattivi risultati
con uno molto diverso.
La fenditura e' la sorgente di luce dello spettrografo e si trova sul piano focale del telescopio. Per
avere alta efficienza deve essere abbastanza larga da contenere tutta la luce della stella, ma per
dare una elevata risoluzione cromatica deve essere molto stretta. Per esempio, il nostro telescopio
didattico TACOR di 2,35 metri di focale (scala 87.8 "/mm), con una turbolenza atmosferica di due
arcsec (seeing 2") forma una immagine di una stella larga 22.8 micron (FWHM, larghezza a metà
altezza del suo profilo di luminosità).
Sappiamo infatti che l’atmosfera terrestre altera la luce stellare con un processo definito seeing.
Senza l’atmosfera, i raggi di luce provenienti dalle stelle arriverebbero al telescopio tutti paralleli
l’uno all’altro ed il telescopio focalizzerebbe questi raggi in una piccola zona, ma non esattamente
un punto, a causa degli effetti della diffrazione (disco di Airy). Invece dell’immagine di una
sorgente puntiforme si produce una macchia indistinta,con un profilo quasi gaussiano. Il diametro
angolare di questa immagine è stabilito dall’atmosfera, e non dal telescopio (tranne che per i
telescopi molto piccoli, in cui il disco di Airy è paragonabile all’estensione angolare del seeing).
Per gli astronomi il Seeing si riferisce a questo danneggiamento delle immagini, alla perdita del
dettaglio causato dal rimescolamento dei raggi, e non alla perdita di luminosità. Il seeing fa sì che
una stella appaia come un globo di luce concentrata nel suo centro e attenuata verso la periferia.
Gli astronomi distinguono il seeing in base al FWHM angolare,che rappresenta la dimensione
angolare dell’immagine stellare a livello della metà del picco. In un sito ottimale, come Mauna
Kea a 4200 metri, il seeing può raggiungere un livello di eccellenza di 0,5 arcsec.
In corrispondenza dell'immagine della stella, lo spettrografo darà, per ogni lunghezza d'onda, lo
spettro che e' la somma della luce della stella più quella di un'area di cielo larga quanto la fenditura
e alta quanto l'immagine di seeing della stella: se la fenditura e' larga, per esempio, 100 micron, il
contributo del fondo cielo viene da un'area di ~23x100 micron. Ciò può essere poco importante
per stelle brillanti ma tragico per stelle deboli. Lo spettrografo OMR-10C ha una in dotazione due
fenditure, da 50 e 100 micron, che sono quindi più larghe del seeing tipico, quindi troppo larghe
per la focale del telescopio.
E' da notare che, se non ci fosse la fenditura, in ciascun punto del rivelatore la brillanza
superficiale sarebbe quella del cielo come in visione diretta: la fenditura quindi, anche se non
ottimale, contribuisce moltissimo a migliorare il rapporto segnale/rumore su ciascun punto dello
spettro.
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Una fenditura larga presenta comunque il vantaggio di avere sempre la stella dentro la fenditura
anche se la guida non e' accuratissima, come e' spesso il caso per piccoli telescopi.
L'apertura del collimatore (F/D) deve essere uguale quella del telescopio: se maggiore, perde parte
della luce raccolta dal telescopio, se minore e' inutilmente costoso. Il collimatore dell'OMR-10C
ha una focale di 225 mm f/9, quindi ha un obiettivo da 25 mm. Questo dovrà essere anche il
diametro del reticolo se non vogliamo perdere potere risolutivo cromatico.
Il diametro del reticolo deve essere uguale al diametro del collimatore, visto che dal collimatore
esce il fascio di onde piane che devono illuminare il reticolo: se il reticolo è piccolo perde luce, se
è grande è inutilmente costoso.
Il focheggiatore forma l'immagine della fenditura sul suo piano focale.
La scala angolare su questo piano e' quella del telescopio moltiplicata per il rapporto Fc/Ff: per il
nostro spettrografo OMR-10C il rapporto e' 1.66, quindi la scala è 146 "/mm. Il diametro (FWHM)
di una stella con un seeing di 2"sarà quindi 13.7 micron.
Lo strumento e' ben adattato al telescopio se la risoluzione in lunghezza d'onda è confrontabile con
la risoluzione angolare in cielo. Per saperlo dobbiamo ora considerare il reticolo.
La dispersione di un reticolo e'  m/Dcos con un reticolo a 600 tr/mm (passo D=1.666
micron), per =0.5 micron abbiamo  =17.5 gradi e la dispersione viene 0.629 rad/micron (36
gradi/micron).
Lo spettro visibile (0.4-0.7 micron) occupa 10.8 gradi che, con una focale di 135 mm, sono 25.7
mm: la scala delle lunghezze d'onda e' quindi (117 A/mm).
Questo dato ci permette di stabilire quale intervallo di lunghezze d'onda e' osservabile
simultaneamente con un rivelatore di dimensioni note, ovvero di che rivelatore abbiamo bisogno
per osservare un certo intervallo di lunghezze d'onda.
Il potere risolutivo R di un reticolo è mN, con m ordine ed N numero di tratti del reticolo
effettivamente illuminati dal fascio luminoso: per il nostro reticolo al primo ordine viene 15000,
(ossia a 5000Å) 0,3 Å, corrispondenti a 2.6 micron con la scala del focheggiatore. Nelle condizioni
di seeing tipiche del nostro sito osservativo (2") il potere risolutivo dello spettrografo è dato dalla
proporzione 0.3:2.6=x:13.7 e quindi uguale a 1.6 Å
Con la fenditura da 50 micron (30 micron sul piano del focheggiatore) il potere risolutivo diventa
3.46 Å (R  = 1440).
Per poter sfruttare il potere risolutivo prima calcolato, occorre che il rivelatore sul piano focale del
focheggiatore abbia una risoluzione adeguata. Il TACOR ha una camera CCD modello ST6 della
SBIG, con 375x241 pixel rettangolari da 23x27 micron.
La fenditura da 50 micron sul piano focale del telescopio si proietta in 30 micron sul piano dello
spettrografo, che e' confrontabile coi 23 della CCD: il profilo di una riga spettrale e' quindi
sottocampionato (il teorema di Nyquist del campionamento dice che il passo di campionamento
deve essere almeno metà del profilo da analizzare). Un rivelatore adatto dovrebbe avere pixel di
10-15 micron.
L'intervallo spettrale coperto dalla ST6 con 375 pixel da 23 micron (8.6 mm) e'di 1009 Å.
Ricordiamo che per eseguire le misure è stato necessario portare la CCD, tramite il software
MaximDL di controllo della CCD, ad una temperatura di 253K con l’accortezza di scendere a
questa temperatura in un tempo non troppo rapido onde evitare la formazione di condensa che
avrebbe compromesso le misure.
Lo stesso software ci ha permesso anche di sottrarre la dark e la bias del CCD per l’elaborazione
delle immagini.
E’ stata necessaria una ulteriore sottrazione del background attraverso IRAF,tramite il task apall
tramite il parametro b_sample.
CENNI DI SPETTROSCOPIA
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Ogni corpo riscaldato emette radiazione con uno spettro continuo caratteristico che dipende con
buona approssimazione solo dalla temperatura.
Per descrivere la distribuzione spettrale della radiazione emessa si fa l'ipotesi che il materiale sia
perfettamente assorbente a tutte le lunghezze d'onda e cioè sia un corpo perfettamente nero. Il
"corpo nero" e' perciò un concetto ideale, più o meno come il gas perfetto, a cui però ' molti
sistemi reali (tra cui i plasmi incandescenti stellari) si avvicinano abbastanza bene.
In un "corpo nero" si stabilisce un equilibrio termico tra la radiazione e la materia. Più energia
termica contiene la materia e maggiore sarà l'energia dei fotoni in equilibrio con la materia. Molti
materiali (ad esempio i gas rarefatti e relativamente freddi delle atmosfere stellari) non
assomigliano al corpo nero poiché gran parte degli elettroni sono legati e assorbono o emettono
soltanto particolari lunghezze d'onda. Questo avviene poiché gli elettroni all'interno degli atomi
possono occupare solo particolari orbite attorno al nucleo. Queste orbite hanno energie fisse per
ciascun tipo di atomo e possono essere calcolate mediante il formalismo della meccanica
quantistica. Nella fig.1 e' descritto l'atomo di idrogeno, il più semplice (è composto da un solo
protone e un solo elettrone che gli ruota attorno) e contemporaneamente il più abbondante
nell'universo, del quale nei nostri spettri siamo riusciti ad osservare la serie di Balmer essendo
l’unica a cadere nel visuale (mentre la serie di Lyman cade nell’ultravioletto e la serie di Paschen
cade nell’infrarosso).
Fig.1: I salti energetici dell'unico elettrone presente nell'atomo di idrogeno. Le orbite permesse
sono identificate dal numero quantico n=1,2,3,4, ... e possono essere anche raffigurate come stati
energetici (diagramma a destra). Questa rappresentazione e' sempre utilizzata per gli atomi più
complessi. Tutte le transizioni che terminano sull'orbita più bassa (stato fondamentale) generano la
serie di Lyman che cade nell'ultravioletto. Tutte le transizioni che terminano sull'orbita con n=2
formano la serie di Balmer, nel visibile.
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Le righe della serie di Balmer sono denominate dall’ordine Hα = 6563 Å, Hβ=4861 Å, Hγ=4342 Å,
ecc., con la testa della serie data da H∞=3636 Å.
Oltre la testa di ogni serie,dalla parte delle lunghezze d’onda minori, lo spettro di assorbimento è
continuo per effetto della sottrazione di fotoni aventi tutte le possibili energie eccedenti l’energia
di ionizzazione.
Gli atomi più complessi hanno un maggior numero di elettroni e una quantità via via crescente di
possibili stati energetici e quindi di righe spettrali. Quando un elettrone passa da un'orbita esterna
ad una più interna perde energia che viene emessa sotto forma di luce (fotone di energia pari alla
differenza
energetica
dei
due
livelli)
generando
una
riga
in
emissione.
Una riga in assorbimento viene invece generata quando l'elettrone salta su un'orbita più esterna
avendo assorbito l'energia di un fotone di energia esattamente pari alla differenza energetica dei
due livelli.
La maggior parte delle informazioni dirette che si ottengono dall’osservazione delle stelle
proviene da una regione superficiale degli astri denominata fotosfera, che è caratterizzata dalla
proprietà di emettere la radiazione uscente. La radiazione ricevuta nelle varie lunghezze d’onda
costituisce lo spettro stellare che è rappresentato da uno spettro continuo solcato da un certo
numero di righe che di norma sono di assorbimento e raramente anche di emissione, che saranno
quindi gli indicatori della presenza di certi elementi negli strati superficiali delle stelle. Siamo cosi
in grado di comprendere, almeno qualitativamente, l'origine degli spettri stellari. Lo spettro
continuo di corpo nero emesso dalla fotosfera viene selettivamente assorbito a quelle lunghezze
d'onda che corrispondono alle transizioni energetiche degli atomi del gas (Fig.2).
Fig.2: Formazione di uno spettro di assorbimento e di uno di emissione prodotti da gas che circonda
una stella. Per produrre uno spettro in emissione, i fotoni ultravioletti fortemente energetici
provenienti dalla stella eccitano gli atomi del gas che si rilassano emettendo le radiazioni
caratteristiche dei loro salti energetici.
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Quando venne intrapreso uno studio sistematico degli elementi presenti nelle atmosfere stellari,si
pensò di ordinare gli spettri in sequenza; essi vennero suddivisi in tipi spettrali,basati sulla
presenza e l’intensità di alcune righe. E’ interessante notare che all’inizio si riteneva di aver
ottenuto una sequenza collegata con una componente chimica via via crescente; ci si accorse poi
che il parametro era invece la temperatura superficiale crescente, come era stato intuito molti
decenni prima dal padre Secchi, che fu il creatore della prima classificazione spettrale basata sui
colori delle stelle e quindi sulle loro temperature superficiali.
La suddivisione si basa ora su due distinti criteri:il primo è quello definito ad Hrvard all’inizio del
1900, che da’ sequenza dei tipi spettrali, basata sull’intensità delle righe di alcuni elementi
principali così schematizzabile
La sequenza dei tipi da O a M corrisponde ad una variazione continua del colore o della
temperatura , ponendo le stelle più calde o azzurre a sinistra e quelle più fredde o rosse a destra;
ogni tipo viene suddiviso in dieci sottotipi distinguibili tra loro aggiungendo le cifre da 0 a 9 alla
lettera caratterizzante il tipo. Gli altri tipi sono un ulteriore suddivisione delle stelle fredde. Le
principali caratteristiche sono raccolte nella tabelle sottostante:
O
Stelle bianco-azzurre, composte da idrogeno, elio, ossigeno e altri
elementi ionizzati. Sono molto massicce e luminose e la loro
temperatura
superficiale
si
aggira
sui
35.000°K.
Esempio: Alnitak.
B
Stelle bianco-azzurre, composte da idrogeno ed elio. Sono molto
massicce e luminose e la loro temperatura superficiale è di circa
20.000°K.
Esempio: Rigel, Spica.
A
Stelle bianche, composte da idrogeno. Sono molto luminose e la loro
temperatura
superficiale
varia
da
8.000
a
12.000°K.
Esempio: Sirio, Vega, Altair.
F
Stelle giallo-bianche, composte da idrogeno, calcio ionizzato e
potassio. La loro temperatura superficiale è tra i 6.000 gli 8.000°K.
Esempio: Stella Polare, Procione.
G
Stelle gialle, composte da idrogeno, elio e vari metalli. La loro
temperatura
superficiale
è
di
4.000-6.000°K.
Esempio: Sole, Capella.
10
K
Stelle arancioni, con presenza di calcio e vari metalli (il loro spettro è
simile a quello delle macchie solari). La loro temperatura superficiale
varia
da
3.000
a
5.000°K.
Esempio: Arturo, Aldebaran.
M
Stelle rosse, caratterizzate dalla presenza di ossido di titanio. La loro
temperatura
superficiale
è
di
circa
2.500°K.
Esempio: Betelgeuse, Antares.
S
Stelle rosse, caratterizzate dalla presenza di ossido di zirconio. La loro
temperatura superficiale si aggira sui 2.500°K.
R
Stelle rosso-arancioni, con presenza di composti del carbonio. La loro
temperatura superficiale è di circa 2.000°K.
N
Stelle rosso cupo, con presenza di composti del carbonio. La loro
temperatura superficiale è di circa 1.500°K.
Il secondo criterio venne introdotto più di recente aggiungendo quasi una seconda dimensione:esso
si basa sulla luminosità introducendo le seguenti classi:
Ia
Iab
Ib
II
III
IV
V
VI
wd
supergiganti brillanti
supergiganti intermedie
supergiganti più deboli
giganti brillanti
giganti
subgiganti
nane (o stelle di sequenza principale)
subnane
nane bianche
La denominazione completa è quella che unisce i due criteri.
Quindi le stelle di nostro interesse possiamo indicarle come: Gamma Cassiopea B0IV ,Altair A7V.
GAMMA CASSIOPEA
Il nostro primo scopo è stato quindi quello di estrarre lo spettro della stella Gamma Cassiopea,
stella della punta centrale della W che forma l’asterismo di Cassiopea come si può osservare nella
fig.3
Fig.3: posizione di Gamma Cassiopea
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E’ la prima stella di cui furono scoperte le brillanti righe di emissione. Il merito di questa
osservazione spetta a Padre Angelo Secchi (1866). Variabile irregolare con intervallo di
magnitudine da 1,6-3,0, colore blu-bianco.
E’doppia, scoperta come tale da S.W. Burnham dell’Osservatorio di Lick nel 1888. La compagna
è di magnitudine 10,90 separata di 2,2 secondi d’arco: richiede per essere osservata un rifrattore da
100 mm. o un riflettore da 150.
La variabilità di questa stella è veramente peculiare: prima del 1919, appariva stabile su
magnitudine 2,25. Aumentò lentamente il suo splendore di una mezza magnitudine nel 1936,
quindi, nell’anno seguente, raggiunse rapidamente magnitudine 1,6 (aprile 1937). Verso la fine di
quell’anno scese nuovamente a 2,25, quindi, nel 1940, scese ancora fino a magnitudine 3. In
seguito tornò ad aumentare di splendore, senza alcuna regolarità, fino a 2.2 nel 1975 e 1976. Nel
1982 era elencata di magnitudine 2,5. Più recentemente ci sono state variazioni di minore
ampiezza, ma il comportamento futuro è del tutto imprevedibile.
Gamma Cassiopea è una subgigante B0,5; gli studi spettroscopici sembrano dimostrare che la
stella è soggetta a periodi di violente fluttuazioni durante le quali tutti i suoi parametri, quali
magnitudine, spettro, diametro, temperatura, colore sono soggetti a variazioni.
Le variazioni spettroscopiche cominciarono verso il 1927; il massimo del 1937 fu accompagnato
da un calo di temperatura da circa 12.000 K a circa 8.500 K. Dagli studi spettroscopici appare che
la stella in quel periodo espulse un involucro gassoso che accrebbe il suo diametro da 8 volte
quello del Sole a circa 18. Nel 1976 il SAS-3 (Small Astronomy Satellite) rilevò emissioni di una
debole radiazione X proveniente dalla stella; la causa potrebbe essere un involucro a forma di
disco in rapida rotazione. Associate alla  Cas potrebbero essere le vicine nebulose IC59 e IC63,
che presentano strane strutture oscure di forma triangolare, così sagomate forse dai venti stellari
originati dalla stella.
La scoperta delle forte emissione nelle righe dell’idrogeno del suo spettro fece di questa stella il
primo membro di una classe chiamata "B-emission" (Be).
STELLE DI TIPO Be
Una stella Be è una stella di tipo "B" (con temperature superficiali dell'ordine dei 10 000°K) il cui
spettro presenta o ha presentato, in almeno un'occasione, alcune righe di emissione al posto delle
rispettive righe di assorbimento. Queste stelle sono caratterizzate da righe di emissione
dell'idrogeno sovrapposte a un normale spettro di assorbimento.
L'apparizione di righe in emissione può spiegarsi con la presenza, a una distanza stimata tra i 5 e i
15 raggi della stella, di un inviluppo di idrogeno eccitato dalla energetica radiazione ultravioletta
emessa dalla stella la quale, raffreddandosi, produce allora uno spettro di ricombinazione (si parla
di transizione libero-legato di ricombinazione se un elettrone libero è catturato da uno ione).
Inoltre, essendo queste stelle animate da forti velocità di rotazione (una stella B ruota a
100 o
-1
200 Km.s all'equatore), le loro righe spettrali presentano un profilo allargato per effetto Doppler.
Il tenue inviluppo di gas che circonda la stella, a causa della sua rapida rotazione, presenta un
rigonfiamento sottoforma di disco equatoriale.
Questo gas emette radiazione luminosa ma, essendo più freddo della superficie stellare,
l'osservatore vede lo spettro d'assorbimento della stella, l'emissione proveniente dalle due zone A e
B alle estremità del disco allungato da una parte e dall'altra della stella, e l'assorbimento dovuto al
gas della regione C del disco osservato al di sopra della stella.(fig.4)
12
Fig.4: Spiegazione della riga di emissione delle stelle Be
Circa il 15% di tutte le stelle dei tipi B e O mostrano spettri di emissione e di assorbimento di
questo tipo. D'altra parte, alcune stelle Be supergiganti presentano un eccesso nell'infrarosso che
può essere interpretato soltanto ammettendo la presenza di polvere intorno all'inviluppo di gas che
circonda ogni stella. Esse sono soggette a variazioni irregolari di luminosità e dello spettro che
accompagnano probabilmente i cambiamenti nella struttura dei vari strati.
Chiudiamo questa piccola trattazione sulle stelle di tipo Be con la rappresentazione di un modello
proposto per Gamma Cassiopea che ci spiega la causa delle righe che sperimentalmente noi
abbiamo osservato.(Fig.5)
Fig.5: un modello che spiega lo spettro di gamma cassiopea
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DATI SPERIMENTALI DI GAMMA CASSIOPEA
Le osservazioni spettrofotometriche di Gamma Cassiopea in una regione del visibile compresa tra
4200 e 6800 Å sono state fatte la notte del 4 Novembre 2005 dalla postazione del telescopio
TACOR.
Conclusosi il lavoro prettamente osservativo ci siamo trasferiti nei laboratori del vecchio edificio
equipaggiato con il software IRAF e collegato in rete con astro1.
Siamo dunque passati all’estrazione di immagini CCD alle diverse inclinazioni del reticolo in
modo da coprire diverse finestre di lunghezza d’onda.
Spieghiamo in dettaglio i passaggi che ci hanno portato all’estrazione dello spettro della stella in
esame per un’inclinazione di 9 gradi che, secondo l’indicazione del manuale del costruttore dello
spettroscopio, ci dà una finestra di 1000Å centrata intorno ai 5000Å.
Abbiamo verificato una discrepanza tra i dati sperimentali e quelli forniti dal costruttore per quello
che riguarda l’inclinazione del reticolo e corrispondente centro-banda.
Vediamo quindi l’immagine ottenuta da CCD e visualizzabile con il software per la manipolazione
Sao Image DS9
Da un’attenta osservazione di questa immagine si può già osservare la presenza della riga dell’H
dove osserviamo un picco dell’illuminazione. Notiamo anche la presenza dello spettro delle
lampade di confronto. In particolare in questo caso abbiamo utilizzato la lampada a Neon che
tuttavia non si è rivelata molto utile ai fini della calibrazione in lunghezza d’onda come vedremo
in seguito.
Il primo task di IRAF che abbiamo utilizzato è stato apall che si limita ad estrarre un profilo dello
spettro in funzione di conteggi/pixel.
APALL
Riportiamo nelle immagini successive le schermate di questo task, spiegando le modifiche
applicate alle impostazione di default al fine di ottenere in uscita lo spettro non ancora calibrato.
cl>noao>twodspec>apextract>apall
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Input: nome dell’immagine da cui estrarre lo spettro.
Output: nome del file in uscita che fornisce lo spettro estratto non calibrato.
Aperture: numero delle aperture per ogni spettro.
Format: tra le opzioni onedspec,multispec,echelle e strip, abbiamo usato la modalità multispec
che corrisponde all’estrazione di uno spettro con più aperture e ciò ci consentiva di scegliere
manualmente se considerare l’apertura relativa alle lampade di confronto o alla stella.
Interactive. Procede all’estrazione in modo interattivo chiedendo conferma per ogni singolo
passaggio.
Find: trova gli spettri e le aperture automaticamente.
Recenter: consente un centraggio interattivo delle aperture in modo da centrare manualmente
qualora la scelta automatica risultasse errata.
Resize: permette di ridimensionare le aperture.
Edit: consente di modificare le aperture.
Trace: traccia le aperture.
Fittrac: fitta interattivamente le posizioni tracciate tramite una funzione
Extras: consente di estrarre il fondo cielo.
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 Review: abilita la visualizzazione degli spettri estratti
 Line: è la linea perpendicolare alla dispersione. Se si lascia l’opzione di default è la riga
corrispondente alla metà della lunghezza dello spettro ossia 376/2=188 pixel
 E’ stato spesso necessario fornire la riga la centro dello spettro nei casi un cui lo spettro
non era centrato nell’immagine sorgente.
 Nsum: numero di linee adiacenti (metà prima e metà dopo la fine dell’immagine) usate
nelle operazioni di finding, ,recentering, resizing, e editing.
PARAMETRI DELL’APERTURA
 Lower,Upper: determinano rispettivamente l’intervallo in pixel superiore e inferiore
relativo al centro dell’apertura da tener conto durante l’estrazione. Questi valori insieme a
quelli relativi a line e nsum sono stati valutati dal profilo in pixel ottenuto con il
programma ds9 e quindi non si tratta di valori sempre costanti ma variabili in ogni
immagine CCD ottenuta..
PARAMETRI DI BACKGROUND
 B_func:funzione di fit del background. Abbiamo lasciato l’opzione di default che sfrutta i
polinomi di Chebyshev. Le altre funzioni sono:polinomi di Legendre, spline1 ossia un fit
lineare e spline3 che corrisponde ad un fit cubico.
 B_order:ordine della funzione precedentemente scelta.
 B_sample: intervallo da cui acquisire il campione di background. E’ importante nel caso in
cui siano accese le lampade di confronto rientrare in un intervallo che non cada su di esse.
 B-naver: numero di punti su cui eseguire la media o la mediana. In particolare numeri
positivi sono per eseguire una media e quelli negativi per eseguire una mediana.
 B_niter: numero di iterazioni da rigettare.
 B_grow:raggio della regione dei punti da rigettare.
PARAMETRI DEL CENTRO DELL’APERTURA
 Width: larghezza del profilo dello spettro in pixel.
 Radius: raggio di errore per il profilo centrato.
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PARAMETRI DI DISPOSIZIONE E RICERCA AUTOMATICA
 Nfind: numero massimo di aperture da trovare.
 Minsep: separazione minima tra gli spettri. Spettri deboli o rumore all’interno di questa
distanza da uno spettro forte sono rigettati.
 Maxsep: separazione massima tra gli spettri adiacenti.
PARAMETRI DI RICENTRAMENTO
 Aprecenter: numero di aperture per il calcolo una volta avvenuto il ricentramento.
 Npeaks: seleziona il numero specificato di aperture che devono essere rientrate con il
picco di valore più alto. Lasciando l’opzione di default INDEF, come nel nostro caso,
tutte le aperture possono essere selezionate.
 Shift: con la risposta affermativa verrà usata la media spostata dal ricentramento.
I parametri di resizing non li specifichiamo non avendo mai usato questa funzione.
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PARAMETRI DI TRACCIA
 T_sum: numero di linee di dispersione che devono essere sommate ad ogni passo lungo la
dispersione.
 T_step: numero di passi sull’asse di dispersione durante la determinazione delle posizioni
dello spettro.
 T_nslot_: numero di passi consecutivi in cui il profilo è perso prima di lasciare la traccia
in una direzione.
 T_function: funzione di fit per la traccia. Delle soliti funzioni disponibili (chebyshev,
legendre, spiline1 e spline3) abbiamo lasciato quella di default corrispondente ai polinomi
di Legendre.
 T_order: ordine della precedente funzione di fit
 T_sample: campione su cui effettuare il fit. L’opzione “*” si riferisce a tutti i punti.
 T_naverage: numero di punti su cui eseguire una media o una mediana. Anche in questo
caso i numeri positivi indicano l’operazione di media mentre quelli negativi l’operazione di
mediana.
 T_niterate: numero di interazione rigettate.
 T_low_r, T_high_r: sigma massima e minima delle zona di rigetto.
PARAMETRI DI ESTRAZIONE
 Background: le opzioni sono none, average, median, minimum, fit. None per non avere
una sottrazione del segnale di fondo. Average per avere una media sul background da
sottrarre, median considera la mediana, minimum per usare il valore minimo, fit per fittare
il rumore. Nel nostro caso è stato scelto median.
 Weights: con l’opzione “none” i pixel sono sommati senza essere pesati.
 Pfit: si sceglie il tipo di profilo per il fit. Con “fit1d” lo spettro è fittato con una funzione
unidimensionale.
 Clean: individua ed elimina i pixel non buoni.
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 Saturation: saturazione o livello di non linearità nei dati. Durante l’estrazione della
varianza pesata i punti aventi pixel al di sopra di questo valore verranno esclusi per la
determinazione del profilo dello spettro e della sigma in uscita dello spettro estratto.
 Readnoise: lettura del rumore in termine di fotoni.
 Gain: fattore di conversione tra fotoni e pixels.
 Lsigma, Usigma: limite superiore e inferiore della zona di rigetto.
 Nsubaps: durante l’estrazione è possibile dividere il numero di aperture per questo numero
di sottoaperture.
Il profilo dello spettro ottenuto dove in ascisse abbiamo i pixel e in ordinate i conteggi:
Il passo successivo è la calibrazione in lunghezza d’onda che richiede l’uso di tre task successivi
identify, refspec e dispcor che spiegheremo in dettaglio anche questa volta nel caso dell’estrazione
dello spettro di Gamma Cassiopea per un inclinazione del reticolo di 9 gradi.
Per la calibrazione in lunghezza d’onda di fondamentale importanza sono le lampade di confronto
del quale risulta ovviamente più semplice individuare le righe di emissione anche grazie al
manuale del BFOSC di Bologna, presente sul web, dove vengono specificate le righe di emissione
sia della lampada a neon che di quella a mercurio in dotazione al nostro spettroscopio. Tuttavia
nella finestra di 4200-5200 Ǻ che abbiamo per un inclinazione di 9 gradi del reticolo le righe delle
lampade non si sono rivelate utili perché praticamente prive di emissione in questa zona.
In questo caso quindi abbiamo preceduto con un auto-calibrazione dello spettro essendo note le
seguenti righe per lo spettro di Gamma Cassiopea in questa finestra:
 4342 Å: riga di emissione dell’Hγ
 4387 Å: riga di assorbimento dell’HeI
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 4471 Å: riga di assorbimento dell’He
 4861 Å : riga di emissione dell’Hβ.
Vediamo quindi in dettaglio i task utilizzati.
IDENTIFY
cl>noao>onedspec>identify
 Images: immagine sulla quale bisogna identificare le righe.
 Section: con l’opzione “middle line” il cursore una volta posizionato nei pressi della linea
identifica automaticamente il centro della linea.
 Database: directory di salvataggio dei dati.
 Coordlist: se si è creata una lista con le lunghezze d’onda delle righe da identificare (in
modo crescente) qui specifichiamo il nome del file contenente la lista che permetterà una
più rapida identificazione. Tuttavia in questo particolare caso non abbiamo creato nessuna
lista perché non sono state molte le righe da identificare.
 Units: se non vengono specificate diverse unità rimarranno quelle di default che in questo
caso sono gli Å.
 Nsum: numero di linee/colonne/bande da sommare in un’immagine bidimensionale.
 Match: massima differenza nel confronto tra il valore della successiva linea e quello
presente nella lista. Valori positivi indicano unità delle coordinate mentre quelli negativi
indicano unità di pixel.
 Maxfeat: nel caso di identificazione automatica delle linee questo parametro ne indica il
valore massimo.
 Zwidth: ampiezza del grafico,in unità di coordinate,quando si usa la modalità di zoom.
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 Ftype: determina il tipo di bande da considerare e si può scegliere tra quelle in assorbimento
o in emissione. Nel caso di identificazione sullo spettro di Gamma Cassiopea abbiamo fatto
prima l’individuazione delle righe di assorbimento scegliendo l’opzione “absorption” e poi
quella delle righe di emissione scegliendo l’altra opzione rappresentata da “emission”.
 Fwidth: il valore è ottenibile dal task splot premendo la lettera “k” a destra e a sinistra della
riga che ci interessa ottenendo in questo modo la fwhm (full width half maximum) e per
avere il valore cercato si moltiplica per 2 (poiché alla base la gaussiana ha un valore
corrispondente al doppio della fwhm). Il valore che abbiamo trovato è 4.
 Minsep: separazione minima in pixel permessa tra una linea identificata e la successiva da
identificare.
 Function: è la funzione di fit e in questo caso abbiamo lasciato quella default data da
“chebyshev”.
 Order: ordine della funzione di fit.
 Sample: regione di campione per il fit. Anche in questo caso il simbolo “*” indica tutti i
pixel su cui fare il fit.
Riportiamo quindi l’uscita del task identify il quale ci ha permesso di associare la lunghezza
d’onda delle righe note sopra citate alle righe dello spettro, usando il tasto m, che corrisponde al
comando mark., avendo l’accortezza di identificare prima le righe in emissione e poi, cambiando
l’opzione ftype, quelle in assorbimento.
REFSPEC
Il passo successivo sarà quindi quello di associare lo spettro calibrato di riferimento allo spettro da
calibrare, operazione possibile grazie a questo task.
21
cl>noao>oned>refspec












Input: lista degli spettri da calibrare.
Reference: spettro di riferimento calibrato
Aperture: numero di aperture da elaborare.
Refaps: lista delle aperture degli spettri di riferimento che devono essere selezionate.
Ignoreaps: ignora le aperture d’ingresso e di riferimento nel momento dell’associare lo
spettro di riferimento. Nel caso di risposta negativa allora gli spettri di riferimento con la
stessa apertura di un particolare spettro verranno associati.
Select: seleziona il metodo di assegnamento degli spettri di riferimento. Con l’opzione
“average” si sceglie la media tra due spettri di riferimento.
Override: sovrascrive un eventuale precedente calibrazione.
Confirm: richiede la conferma per ogni operazione eseguita.
Assign: associa lo spettro di riferimento allo spettro in input da calibrare.
Logfile: lista elle operazioni per registrare gli spettri di riferimento assegnati.
Verbose: mostra le operazioni effettuate in uscita.
Answer: chiede conferma per ogni spettro sulla modifica delle header.
DISPCOR
Sarà l’ultimo task che ci porterà ad avere in uscita uno spettro calibrato in lunghezza d’onda.
cl>noao>oned>dispcor
22
 Input: immagine alla quale viene applicata la calibrazione.
 Output: nome di uscita dello spettro calibrato in lunghezza d’onda.
 Linearize: in caso di risposta affermativa come nel nostro caso verrà interpolato lo spettro
su un campione lineare o logaritmico usando parametri di dispersione lineare.
 Database: è la directory contenente le soluzioni di dispersione creata dal task identify.
 W1: stabilisce la lunghezza d’onda alla quale iniziare la calibrazione.
 W2:determina la lunghezza d’onda finale. Se qui e sopra viene lasciata l’opzione INDEF
verrà seguito tutto lo spettro senza trascurare nessun intervallo di lunghezza d’onda.
 Dw: numero di Å per pixel. Nel nostro caso questo intervallo è di ~ 3 Å per pixel.
 Nw: numero di pixel nello spettro di uscita. Se questo e l’altro valore sono lasciati
“INDEF”,come abbiamo fatto nel nostro caso, verranno seguite le operazioni di default
basate sul numero di pixel entranti e il range di lunghezza d’onda fornito dallo spettro di
riferimento.
 Log: da’ la possibilità di scegliere una scala logaritmica in ascissa..
 Flux: in caso di risposta affermativa si conserva il flusso totale rispetto alla densità di
flusso.
 Samedisp: setta i parametri per l’analisi della singola apertura.
 Global: applicherebbe, in caso di risposta affermativa le lunghezze d’onda di default
globalmente.
 Ignoreaps: se una relazione di dispersione di riferimento non é trovata per una apertura, in
caso di risposta affermativa usa la prima relazione di dispersione e ignora il numero
dell’apertura.
 Confirm: chiede conferma per ogni operazione eseguita. Se si risponde no elabora tutte le
suddette operazioni in modo automatico.
 Verbose: visualizza sullo schermo le operazioni eseguite.
Abbiamo così ottenuto uno spettro calibrato in lunghezza d’onda di cui riportiamo l’immagine
nella figura sottostante:
23
Il passo finale sarà quindi la calibrazione in flusso degli spettri estratti e richiederà l’esecuzione di
tre task :standard,sensfunc e calibrate.
Per prima cosa è stato quindi necessario trovare una stella standard presente nel database di IRAF
più simile possibile a Gamma Cassiopea.
A questo scopo abbiamo dovuto ricavare il tipo spettrale delle stelle presenti nella sottodirectory
di IRAF onedstds$spec16cal/ che contiene il flusso di numerose stelle per passi di 16 Å, che ci
permetterà una calibrazione più accurata rispetto alle stelle contenute nelle altre directory presenti
in onedstds$README che hanno tutte dei dati in flusso per passi non minori di 50Å.
Grazie quindi ai cataloghi del database di Simbad accessibile dalla rete abbiamo potuto verificare
le caratteristiche delle stelle presenti per poi scegliere la stella η Hydra (HR3454) di classe
spettrale B3 e magnitudine nel visuale 4,3. A questa stella è quindi associata una tabella
contenente le lunghezze d’onda a partire da 4200Å fino ai 9000Å alle quale sono associate le
magnitudini ottenute dalla relazione di Pogson
m – m0 = -2,5 log ( F/ F0 )
dove F è il flusso della stella in esame, mentre m0 e F0 sono magnitudini e flusso di una stella di
riferimento che nel nostro caso è Vega.
E’ stato poi necessario scegliere il valore dell’airmass (estinzione atmosferica). Infatti anche
l’atmosfera terreste produce un assorbimento sulla radiazione elettromagnetica proveniente dallo
spazio e per alcune frequenze è addirittura completamente opaca. Ora poiché lo spessore
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dell’atmosfera terrestre è piccolo rispetto al suo raggio, è ovvio che quando si osservano stelle
poste allo zenit o nelle immediate vicinanze, il raggio di luce che ci perviene attraverserà uno
strato atmosferico di spessore minore rispetto ad a osservazioni di stelle poste in prossimità
dell’orizzonte. Riportiamo nella figura sottostante una schematizzazione del processo appena
descritto
Non avendo effettuato un calcolo esatto ci siamo limitati ad approssimare il valore ad 1,3 per tutte
le sorgenti.
Il primo task da usare è quindi standard che ha quindi come scopo quello di applicare la nostra
stella campione HR3454 alla nostra stella Gamma Cassiopea calibrata in lunghezza d’onda.
Vediamo quindi in dettaglio come abbiamo proceduto per la finestra che va dai 4300 Å ai 5300 Å.
STANDARD
cl>noao>oned>standard
 Input: nome del file su cui si effettua la calibrazione e quindi si tratta dello spettro calibrato in
lunghezza d’onda su cui si vuole effettuare la taratura in flusso.
 Output: nome del file in uscita prodotto dall’elaborazione. Si tratta di un file di testo e
costituirà il file di entrata di sensfunc.
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 Samestar: chiede se c’è la stessa stella in tutte le aperture.
 Aperures: lista delle aperture che devono essere selezionate. Senza specificare nulla le
aperture che nel caso specifico è unica.
 Bandwidth: ampiezza della banda passante e separazione in unità di lunghezza d’onda. Se si
lasciano i valori di default INDEF verranno presi i valori dei file di calibrazione.
 Fnuzero: è il flusso assoluto per unità di frequenza ( ossia Fν = [ ergs/cm2/s/Hz ]). Questo
valore di default è basato su una calibrazione di Vega a 5556 Å con flusso pari a 3,52 E-20
pari ad una magnitudine di 0,048.
 Extinction: file di estinzione usato per fare una correzione in estinzione al II ordine lungo la
bandapassante. Dovrà essere lo stesso file specificato in sensfunc.
 Caldir: è la directory contenente il file di calibrazione ossia i dati relativi alla stella standard
alla base della calibrazione della nostra stella. La nostra spec16cal che contiene stelle standard
calibrate a passi di 16 Å.
 Observatory: osservatorio a cui gli spettri sono osservati. L’osservatorio deve essere uno di
quelli presenti nel database di IRAF. Naturalmente non si tratta di un dato essenziale al fine
dell’elaborazione e abbiamo scelto l’osservatorio di La Palma.
 Interactive: chiede di poter eseguire le operazioni in modo interattivo. Avendo scelto no non è
necessario settare i tre parametri successivi.
 Star_name: è la stella standard scelta per la nostra calibrazione. Come già detto si tratta di
η Hydra.
 Airmass: questo è il valore dell’airmass che abbiamo scelto di porre per tutti gli spettri pari a
1,3.
 Exptime: tempo di esposizione.
Verrà così applicata la stella standard alla nostra calibrata in lunghezza d’onda ottenendo il file
prova cas9 che conterrà quindi i valori del flusso in funzione della lunghezza d’onda e che viene
successivamente elaborato dal task successivo da usare che è sensfunc che eseguirà un fit della
sensibilità in funzione della lunghezza d’onda.
SENSFUNC
cl>noao>oned>sensfunc
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 Standard: file ottenuto da standard, calibrato in flusso che, tramite il task viene analizzato
mediante un fit opportuno.
 Sensitive: nome di uscita dell’immagine di riferimento usata poi da calibrate per la
calibrazione.
 Logfile: nome del file dove vengono memorizzate le operazioni eseguite sull’immagine con
questo task.
 Extinction: file di estinzione. Ricordiamo che deve essere lo stesso specificato in standard.
 Newextinction: nel caso in cui l file di estinzione fosse stato modificato bisogna specificare
qui il nuovo file.
 Function: tipo di funzione usata per il fit. Noi abbiamo scelto i polinomi di Legendre.
 Order: è l’ordine della funzione usata per il fit.
 Interactive: chiede di determinare la funzione di sensibilità in modo interattivo. Questo ci ha
permesso di eliminare alcuni punti per eseguire un fit migliore.
 Graphs: possiamo scegliere il tipo di grafico da visualizzare. Possono essere visualizzati da
uno a 4 grafici identificabili con le lettere a,c,e,i,r e s. noi abbiamo quindi scelto:
s: grafica i residui su lunghezze d’onda
r: sensibilità su lunghezza d’onda.
 Marks: sono i simboli che rappresentano rispettivamente i dati inclusi (+), quelli cancellati
(le croci) e i dati aggiunti ( box).
I parametri successivi sono lasciato di default.
Riportiamo quindi il risultato del fit eseguito su 65 punti con una deviazione standard di 0,046.
I residui per la maggior parte si discostano per meno del 5 % dallo zero. In più avendo proceduto
in modo interattivo abbiamo potuto eliminare tutti i residui che si discostavano per più del 10%,
premendo il tasto “d” una volta centrato il punto da eliminare.
L’ultimo task da usare è calibrate il quale una volta applicata la calibrazione allo spettro
desiderato ci darà uno spettro calibrato in flusso che si potrà osservare grazie ad splot.
27
CALIBRATE
cl>noao>oned>calibrate




Input: è lo spettro da calibrare in flusso.
Output: è il file di uscita calibrato in flusso che possiamo vedere tramite splot.
Flux: chiede di applicare una calibrazione in flusso se non è stato precedentemente calibrato.
Ignoreaps: chiede di ignorare il numero di aperture e applicare una singola calibrazione in
flusso per ogni apertura. Il realtà avendo una sola apertura non importa molto rispondere di sì.
 Sensitivity: è il nome del file prodotto dal task sensfunc e che verrà applicato allo spettro da
calibrare.
 Fnu: permette di fissare il flusso per unità di frequenza invece che in unità di lunghezza
d’onda.
Osserviamo quindi lo spettro calibrato in flusso per la stella Gamma Cassiopea ad una
inclinazione del reticolo di 9 gradi. Gli altri spettri per le successive inclinazioni del reticolo
saranno riportate alla fine della nostra trattazione. Ricordiamo che l’unità di misura dei grafici in
flusso è erg / (Å*cm2*s).
28
ALTAIR
Un’altra stella esaminata per lo studio del suo spettro è Alfa Aquilae è la famosa Altair, di
magnitudine 0.77, che occupa il dodicesimo posto fra le stelle più luminose del cielo.
E’ una stella della sequenza principale di classe spettrale A7,è di colore bianco-azzurro e si trova
a soli 16.8 anni luce dalla terra. La sua temperatura superficiale è di circa 8.000 K.
Una caratteristica peculiare di Altair é la grande rapidità della sua rotazione, veramente notevole
per una stella della sequenza principale. Da quanto si deduce dall’esame delle sue linee spettrali la
stella ruota su se stessa a una velocità di 210km/s, compiendo una rotazione completa in circa 10
ore e 40 minuti (il Sole compie una rotazione in 25.4 giorni). Una rotazione così rapida implica
una forma ellissoidale della stella, con un diametro equatoriale che potrebbe essere il doppio di
quello polare.
Gli astronomi che l'hanno studiata hanno visto che la deformazione è tale per cui Altair ha l'asse
verticale del 14% inferiore rispetto a quello orizzontale.
Ciò vuol dire che, tenuto conto del diametro di Altair (quasi 2 milioni di chilometri) un punto
situato sul suo equatore si muove ad una velocità di 260 km/s con un periodo di rotazione di 6 ore
e mezza. È un dato eloquente che ci fa capire come questa stella non possa avere un corteggio di
pianeti che le orbitano attorno simile a quello a noi familiare e che comunque deve aver luogo una
continua dispersione di materiale dalla zona equatoriale dove maggiore è la forza centrifuga e, di
conseguenza, minore la velocità di fuga dalla superficie.
La Terra, molto più piccola, ruota a 1650 km all'ora attorno al proprio asse.
Anche in questo caso, dopo aver acquisito l’immagine dal pc collegato al telescopio, abbiamo
elaborato i dati dello spettro per poter eseguire le calibrazioni in lunghezza d’onda e in flusso.
29
DATI SPERIMENTALI DI ALTAIR
Nell’estrazione dello spettro di Altair abbiamo proceduto in maniera del tutto analoga a quanto è
stato descritto dettagliatamente per Gamma Cassiopea. La sostanziale differenza è che in questo
caso ci siamo limitati ad una finestra di lunghezza d’onda molto ristretta compresa tra i 5800 e
6800 Å,corrispondente ad una inclinazione del reticolo di circa 13 gradi, nella quale tuttavia si è
mostrata molto utile la lampada a Neon per la calibrazione in lunghezza d’onda del nostro spettro,
visto che in questa zona le righe di emissione sono abbondanti e ben definite.
Riportiamo per prima cosa le immagini da CCD visibile con ds9:
E’ interessante poi osservare come per questa inclinazione del reticolo si può osservare, già dalle
immagini da CCD, la presenza delle le righe della lampada di calibrazione.
Riportiamo quindi il profilo in conteggi su pixel che si ottiene dal task apall:
30
31
CALIBRAZIONE IN LUNGHEZZA D’ONDA DI ALTAIR
Vediamo quindi in dettaglio come abbiamo proceduto per la calibrazione in lunghezza d’onda in
questo caso che abbiamo potuto sfruttare la lampada di confronto. E’ stato infatti facile identificare le
righe di emissione della lampada a Neon sempre dal manuale del BFOSC di Bologna, presente sul
web, dove vengono specificate le righe di emissione delle due lampade in dotazione al nostro
spettroscopio.
Alleghiamo quindi la tabella con le righe in funzione della lunghezza d’onda:
5804.4496
5820.1558
5852.4878
5881.895
5944.8342
5975.534
6029.9971
6074.3377
6096.1631
6128.4499
6143.0626
6163.5939
NeI
NeI
NeI
NeI
NeI
NeI
NeI
NeI
NeI
NeI
NeI
NeI
6217.2812
6266.495
6304.789
6334.4278
6382.9917
6402.246
6506.5281
6532.8822
6598.9529
6678.2764
6717.043
6929.4673
NeI
NeI
NeI
NeI
NeI
NeI
NeI
NeI
NeI
NeI
NeI
NeI
32
Grazie a questi dati è stato facile identificare le nostre linee. Riportiamo quindi l’uscita del task
identify
Quindi dopo aver associato questo spettro di calibrazione a quello di Altair tramite il task refspec
abbiamo ottenuto tramite dispcor il nostro spettro calibrato in lunghezza d’onda.
33
Per la calibrazione in flusso abbiamo proceduto in modo del tutto analogo a come è stato esposto
nel caso di Gamma Cassiopea. Anche in questo caso abbiamo dovuto scegliere fra le stelle
presenti nel database di IRAF la stella standard più simile ad Altair. Nella directory spec16cal
abbiamo scelto la stella standard HR 718, ossia la stella ξ2 Ceti di classe spettrale A0 e
magnitudine nel visibile di 4,3 in base alla quale è stato ottenuto il seguente spettro calibrato in
flusso:
In questa zona dello spettro domina la riga in assorbimento dell’Hα a 6563Å.Si possono poi
osservare la riga dell’O2 atmosferico a 6276Å,un doppietto del sodio non distinto a 5890-6 Å e due
linee del FeII a 5941Å e a 6516Å. Purtroppo non possiamo osservare tutta la serie di Balmer
dell’idrogeno avendo effettuato le misure solo per un inclinazione del reticolo di 13 gradi. Lo
spettro completo della stella ha questo andamento:
34
SPETTRI DI GAMMA CASSIOPEA CALIBRATI IN FLUSSO E IN LUNGHEZZA D’ONDA
Riportiamo quindi i grafici degli spettri calibrati in lunghezza d’onda e in flusso per le diverse
inclinazioni del reticolo.
Inclinazione di 10 gradi,tempo di posa 10”
In queste immagini dello spettro di Gamma Cassiopea date ad un’inclinazione di 10 gradi, è
chiaramente identificabile la riga Hdell’idrogeno a 4861 A sia per la calibrazione in lunghezza
d’onda che in quella in flusso.
35
Inclinazione del reticolo di 11 gradi,tempo di posa 10”
In questi due spettri rispettivamente calibrazione in lunghezza d’onda prima e flusso poi si nota
tra i (5800 ÷ 6100) Å un forte picco che nella calibrazione in flusso scompare rendendo lo spettro
abbastanza lineare. Si tratta tuttavia di una zona dello spettro povera di righe metalliche rilevanti.
36
37
Inclinazione del reticolo di 13 gradi, tempo di posa 10”
In questi due spettri sé evidente la riga di assorbimento H dell’idrogeno a 6563 Å e, molto meno
evidente,la riga dell’ossigeno atmosferico a 6276Å.
38
CONCLUSIONI
Lo studio della stella Gamma Cassiopea è sicuramente di grande interesse visto che nella regione
del visibile questa stella ha mostrato tutte le caratteristiche che sono osservate nelle stelle di tipo
Be con alternanza di fasi in cui si ha uno spettro di emissione e in cui possiede uno spettro di una
semplice stella di classe spettrale B. Tuttavia perché vengano analizzate tutti questi fenomeni è
necessaria una scala nei tempi delle osservazione dell’ordine di un secolo. Con dati relativi ad una
sola notte è comunque interessante cogliere le accentuate righe di emissione nella serie di Balmer
dell’idrogeno.
Vediamo poi se il nostro strumento può rilevare l’allargamento delle righe spettrali per rotazione
della stella Altair (210km/s), stella veloce di sequenza principale. Per eseguire questo calcolo
conviene considerare una riga metallica presente nello spettro e non una delle righe della serie di
Balmer dell’idrogeno che risultano essere molto allargate per effetto Stark (allargamento per
perturbazione dei livelli energetici da parte degli atomi circostanti).Una volta individuata la linea
a 5941Å, che corrisponde ad una linea di assorbimento del FeII ,ne misuriamo la FWHM (tramite
il task splot,premendo a destra e a sinistra della linea il tasto “k” ) che risulta essere di 2 pixel (5,5
Å) e che corrisponde ad una velocità
v = c (lambda_o - lambda_e)/lambda_e
di 280km/s. Quindi le velocità di Altair risulta essere minore del potere risolutivo strumentale e di
conseguenza non sarà possibile apprezzare l’allargamento delle righe dovute alla rotazione
stellare. Non abbiamo infatti misurato FWHM minori di 2 (5,5Å) neanche nello spettro delle
lampade di confronto a Neon e a Mercurio.
Riportiamo quindi i valori delle FWHM delle righe principali dei nostri spettri nella tabella
successiva:
Stella
Riga
FWHM
α Aquilae
Hα = 6563 Å
16,5 Å
α Aquilae
Fe II = 5941 Å
5,5 Å
α Aquilae
Fe II = 6516 Å
6,5 Å
γ Cassiopea
Hα = 6563 Å (emessa)
10 Å
γ Cassiopea
Hβ = 4861 Å (emessa)
8 Å
γ Cassiopea
He I = 4471 Å
8Å
γ Cassiopea
He I = 4387 Å
6Å
γ Cassiopea
Hγ = 4342 Å (emessa)
5,5 Å
righe lampade (Ne-Hg)
5,5 Å
39
Abbiamo visto che il potere risolutivo del nostro spettrografo con una fenditura da 50 micron
equivale a 3,46 Å mentre la larghezza a mezza altezza delle nostre righe è dell’ordine di 2 pixel
ossia circa 7 Å. Le righe stellari più strette da noi misurate hanno una FWHM di 5,5 Å,in buon
accordo quindi con il valore teorico.
Per concludere vogliamo riportare il calcolo della magnitudine limite stellare della quale siamo in
grado di estrarre lo spettro. Il procedimento è il seguente: consideriamo i conteggi che ha Gamma
Cassiopea in una zona del suo spettro nel continuo a 4400 Å:
5200 conteggi*10”/pixel
Il nostro tempo di posa di 10” ci permette di considerare trascurabile i conteggi del fondo cielo.
Calcoliamo quindi la magnitudine di una stella che mi dà gli stessi conteggi in 10 minuti,
assumendo 10 minuti il tempo massimo di posa guidando all’oculare e quindi avremmo
5200 conteggi*600”/pixel.
Se poi consideriamo anche per Gamma Cassiopea un tempo di posa di 10 minuti avremmo
( 5200conteggi/10 )*600”/pixel = 312000*600”/pixel
da cui è ottenibile la magnitudine massima visibile mediante la formula
-2.5 Log(I/Io) + M = m
dove M= 2,2 è la magnitudine di Gamma Cassiopea a 4400 Å. Quindi si ha
-2.5 Log ( 5200/312000) + 2,2 = 6.7
che sarà quindi il valore della magnitudine limite da noi apprezzabile.
40
BIBLIOGRAFIA
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Manuale dello spettroscopio
IRAF help
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Gamma Cassiopeiae”
P.De Bernardis Dispense del corso di laboratorio di astrofisica
P.Giannone “Elementi di astronomia”
www.astrosurf.com
http://astrowww.phys.uniroma1.it/nesci/tacor.html
www.alcyone.de/sit/bsc
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www.bo.astro.it
D.Romano, M.Sigon “Messa in funzione del telescopio didattico TACOR e verifica
delle potenzialitá per spettroscopia stellare”
http://ulisse.pd.astro.it/Astro/ADPS/list_1.html
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