Parrocchia S. Teresa d`Avila – Il Vangelo di Luca (parte seconda

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Parrocchia S. Teresa d’Avila – Il Vangelo di Luca (parte seconda) – Va catechesi (giovedì 14 novembre 2013)
“INCONTRI CON CRISTO”
Anno Pastorale 2013-2014
IL VANGELO DI LUCA
(parte seconda)
Va CATECHESI
IL MINISTERO AL SUO VERTICE
Cap. 11,1-28
Gesù insegna il “Padre nostro” ai suoi discepoli
Cap. 11,1-28
(traduzione letterale)
1. E avvenne: mentre egli stava pregando in un luogo, quando
ebbe finito, uno dei suoi discepoli gli disse: «Signore, insegnaci
a pregare, come anche Giovanni insegnò ai suoi discepoli».
2. Disse loro: «Quando pregate, dite: "Padre, sia santificato il tuo
nome; venga il tuo regno;
3. dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano/sufficiente
4. e rimettici i nostri peccati, poiché anche noi rimettiamo a
chiunque ci è debitore, e non ci indurre in tentazione/sottoporre
a prova”».
5. E disse loro: «Chi tra voi avrà un amico e andrà da lui a
mezzanotte e gli dicesse: "Amico, prestami tre pani,
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6. poiché giunse da me in viaggio (lett. da(lla) via) un mio amico
e non ho che cosa offrirgli"
7. e quello rispondendo da dentro dicesse: "Non darmi molestia:
già è (stata) chiusa la porta e i miei bambini sono con me nel
letto; non posso, alzatomi, darte(li)".
8. Vi dico: se anche non glie(li) darà, alzatosi (lett. risorto), per il
fatto che è suo amico, certamente, alzatosi (lett. svegliatosi), gli
darà quanto gli occorre per la sua sfrontatezza.
9. E io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate
e vi sarà aperto;
10. infatti, chiunque chiede ottiene e chi cerca trova e a chi bussa
è/sarà aperto.
11. Chi di voi, (che è) padre, (a cui) il figlio chiederà un pesce e
invece di un pesce gli darà un serpente?
12. Oppure anche chiederà un uovo, gli darà uno scorpione?
13. Se dunque voi, essendo malvagi, sapete dare buoni doni ai
vostri figli, quanto più il Padre da(l) cielo darà Spirito Santo a
coloro che gli chiedono».
14. E stava scacciando un demonio /ed esso era/ muto; avvenne:
uscito il demonio, il muto parlò e le folle si meravigliarono.
15. Alcuni tra essi dissero: «Scaccia i demoni con Beelzebul, il
capo dei demoni»,
16. altri invece, mettendolo alla prova, cercavano da lui un segno
da(l) cielo.
17. Egli, conosciuti i loro pensieri, disse loro: «Ogni regno diviso in
se stesso viene devastato e cade casa su casa.
18. Se anche il satana fosse diviso in se stesso, come sussisterà
il suo regno? Poiché dite che io scaccio i demoni con Beelzebul.
19. Se io scaccio i demoni con Beelzebul, i vostri figli con che cosa
(li) scacciano? Per questo essi saranno vostri giudici.
20. Se invece scaccio i demoni con (il) dito di Dio, dunque il regno
del Dio sopraggiunse su di voi.
21. Quando il forte, bene armato, custodisce il suo atrio (= palazzo),
le sue sostanze sono in pace;
22. quando poi uno più forte di lui, giunto, lo vince, toglie tutta la sua
armatura sulla quale faceva affidamento e distribuisce le sue
spoglie.
23. Chi non è con me è contro di me e chi non raccoglie con me
disperde.
24. Quando lo spirito impuro è uscito dall’uomo, si aggira per luoghi
aridi cercando riposo senza trovarlo; /allora/ dice: «Ritornerò
nella mia casa da dove uscii»
25. e, andato, (la) trova spazzata e ordinata.
26. Allora va e prende con sé altri sette spiriti più malvagi di lui e,
entrati, abitano là e le ultime cose di quell’uomo sono peggiori
delle prime (= starà peggio di prima)».
27. Avvenne: mentre egli diceva queste cose, una donna dalla
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folla, alzando (la) voce, gli disse: «Beato il ventre che ti portò e
le mammelle che succhiasti».
28. Egli disse: «Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola del
Dio e la custodiscono/osservano».
Commento al Vangelo
h)
Il Padre Nostro (11, 1-13)
E’ l’esempio di Gesù che fa nascere nei discepoli il desiderio di pregare e Luca
facendo scaturire la preghiera del discepolo da quella di Gesù, vuole ricordarci che la
nostra preghiera deve assomigliare a quella di Cristo.
Il Padre nostro è soprattutto la preghiera del discepolo (“Quando pregate dite”), cioè di
colui che ha lasciato tutto per seguire Gesù e ha fatto del Regno l’unica ragione della
sua esistenza. Questa preghiera non è una formula fissa da trasmettere con fedeltà
letteraria, ma atteggiamento interiore di povertà e dipendenza.
“Padre”: nella sua brevità (Matteo aggiunge invece “nostro” e “che sei nei cieli”)
Luca indica che la preghiera del discepolo ha lo stesso tono e la stessa confidenza di
quella di Gesù. L’invocazione “Padre” – priva di ogni altro aggettivo – è infatti tipica
sulle labbra di Gesù: esprime la sua filiazione (22,42; 23, 34.36). Il discepolo deve
pregare in unione a Cristo, in qualità di figlio. Sta proprio in questo rapporto di
figliolanza l’originalità cristiana (Gal 4,6; Rm 8,15).
“Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno”: il verbo è al passivo, secondo l’uso
ebraico ciò significa che il protagonista è Dio, non l’uomo. La preghiera è
semplicemente un atteggiamento che fa spazio all’azione di Dio. L’espressione
“santificare il nome” deve essere letta alla luce dell’Antico Testamento, in particolare
di Ez 36, 22-29. Non indica un riconoscimento generico di Dio, ma un permettere a
Dio di svelare il suo volto nella storia della salvezza e nella vita della comunità. Il
discepolo prega perché la comunità diventi un segno trasparente che lascia scorgere la
presenza di Dio. Per capire la seconda invocazione (“venga il tuo regno”) bisogna
rifarsi a tutta la predicazione di Gesù. Il Regno di Dio ha una presenza oggi e ha, allo
stesso tempo, un compimento alla fine. L’uso dell’aoristo (“venga”) sta a indicare che
qui si ha di mira lo stadio ultimo (escatologico) del Regno. Il discepolo chiede e
aspetta tutto questo come un dono ma insieme chiede il coraggio di costruirlo.
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”: il verbo (“dacci”) è all’imperativo presente e
indica un’azione ripetuta, giorno per giorno. C’è qui un riferimento alla manna, il pane
del cielo che aveva rifocillato il popolo di Dio durante l’esodo, ma i giudei si
aspettavano un nuovo pane offerto come nutrimento alla comunità degli ultimi tempi.
“Perdonaci i nostri peccati”: Luca ha cambiato il termine “debito” che ai greci non
sarebbe apparso nel suo significato religioso, con il termine “peccato”. Ma ha
conservato però il termine “debito” per indicare il perdono al prossimo ( qui il termine
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“debito” è carico di significato concreto: bisogna condonare anche i debiti, non solo le
offese morali). Il perdono di Dio precede il nostro, si modella sul suo e ne è la risposta.
“Non lasciarci soccombere nella tentazione”: di quale tentazione si parla? In Luca
questo termine “peirasmos” orienta in tre direzioni:
a) La tentazione di Gesù nel deserto (4, 1-11) che secondo Luca è il tipo delle
tentazioni della chiesa: la continua scelta tra il servizio, la debolezza della croce, e
la ricerca della sicurezza umana.
b) Le tentazioni che la comunità credente incontrerà nel tempo della passione e della
persecuzione, del dubbio e del turbamento (cfr. 22,28). Gesù ha pregato perché i
discepoli non abbiano a soccombere: ma è necessario, a differenza di Pietro, che il
discepolo non sia presuntuoso.
c) Infine tentazione è tutto ciò che può appesantire il cuore del discepolo così che la
Parola viene in esso soffocata: tentazioni sono le prove quotidiane che, alla lunga,
logorano il coraggio iniziale (8, 13-14). Il discepolo chiede di essere liberato da
tutto questo. Non chiede di essere esente dalla tentazione, ma di essere aiutato a
superarla.
La parabola successiva (11, 9-13) indirizzata ai discepoli (“E disse loro”), fa parte di
una più ampia catechesi sulla preghiera, il cui centro è costituito dal Padre nostro. La
conclusione che Gesù trae dalla parabola è la certezza di essere esauditi. Come è
certo che quell’amico, per una ragione o per l’altra, finirà con l’alzarsi, così è certo che
Dio ascolta chi lo prega.
A questo punto, però, sorge una domanda che Luca avverte nella sua catechesi: se è
vero che l’ascolto è certo, perché l’uomo non ottiene da Dio ciò che gli chiede?
L’evangelista risponde che Dio ascolta sempre, ma a modo suo.
I paragoni a cui Gesù ricorre per illustrare questo concetto sono sorprendenti e
catturano l’attenzione: l’uomo è come un bambino che a volte non sa quello che
chiede, e Dio è come un padre che non concede sempre al figlio ciò che questi gli
domanda: gli dà soltanto ciò che sa essergli utile.
C’è però un dono che Dio non nega mai: lo Spirito Santo (11,13).
i)
Gesù e Beelzebul (11, 14-28)
Il racconto si apre con un esorcismo, qui non viene ricordato alcun particolare e alla
rapidità della guarigione propriamente detta segue una reazione diversificata dei
presenti. E’ dalla folla, ormai divisa, che l’ostilità emerge per la prima volta. Alcuni
accusano Gesù di magia, mentre altri vogliono metterlo alla prova esigendo da lui dei
“segni”. Gesù replicherà immediatamente all’accusa di magia, mentre per la richiesta
del segno occorrerà aspettare 11,29 (il segno di Giona).
L’originalità degli esorcismi di Gesù sta nell’espressione “dito di Dio”, che nell’A.T.
ha la sua origine in Es 8,15 e indica l’intervento concreto e diretto di Dio sul mondo.
La prova suprema che dimostra che Gesù non agisce in nome di Satana è che la sua
predicazione si riferisce al regno di Dio. L’ultima prova viene offerta sotto forma di
Parrocchia S. Teresa d’Avila – Il Vangelo di Luca (parte seconda) – Va catechesi (giovedì 14 novembre 2013)
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una parabola che dimostra la vittoria di Gesù su Satana (vv. 21-22). Quest’ultimo è
“l’uomo forte” che fa la guardia alla sua casa e al suo regno, ma c’è uno “più forte”
che sconfigge – con i suoi esorcismi – i suoi fanatici seguaci (i demoni).
Non tutti la pensano come i farisei. Una donna del popolo, colpita dal gesto di Gesù, è
entusiasta e grida forte la propria ammirazione (11, 27-28). E’ un’ammirazione che si
esprime in modi tipicamente femminili, e nasce dalla capacità di intuire la bellezza e
l’orgoglio di essere madre di un simile figlio. Gesù, però, corregge quell’entusiasmo:
non è la parentela fisica che conta, ma unicamente l’adesione di fede, l’ascolto e
l’osservanza della Parola.
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