UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI Facoltà di Medicina e Chirurgia ____________________ DOTTORATO DI RICERCA IN NEUROSCIENZE XXI CICLO Coordinatore: Prof. Egidio Miele Tutor: Prof. Isidoro Aiello I MOVI ME NTI O CUL ARI SACCADI CI CO ME MODE LLO SPE RI ME NT ALE PER L O ST UDI O DELL A F ATI CA NEI P AZIE NTI AF FETTI DA SCLE ROSI MUL TIPL A Relatore: Chiar.mo Prof. ISIDORO AIELLO Correlatore: Dott. ALESSANDRO SERRA Tesi di Dottorato della: Dott.ssa MANUELA MATTA Anno Accademico 2007-2008 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato A Iris e Viola… 2 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato RINGRAZIAMENTI Arrivare ad un traguardo come questo non è possibile senza un grande supporto professionale e personale, per cui le persone da ringraziare sono davvero tante. Per primo, un ringraziamento particolare al mio Tutor, il Prof. Isidoro Aiello, per la disponibilità, la fiducia e il sostegno professionale e personale, senza il quale non sarei arrivata fin qui. Ringrazio con affetto e grande stima il collega Dott. Alessandro Serra, che mi ha fatto “scoprire” e “apprezzare” la Neurooftalmologia e mi ha insegnato tanto con pazienza e perseveranza. Per la sua continua collaborazione, i consigli e i suggerimenti, anche ora che si trova presso il laboratorio di Cleveland, nello studio dei pazienti affetti da disordini dei movimenti oculari e per l’elaborazione di questa Tesi di Dottorato. Desidero ringraziare il Prof. Gliulio Rosati, la Prof.ssa Speranza Desole, il Prof. Egidio Miele e tutto il Collegio Docenti; in particolare il Prof. Pier Andrea Serra, la Dott.ssa Immacolata Magnano e la Dott.ssa Rossana Migheli per il loro prezioso aiuto. Ringrazio il Prof. Richard John Leigh del laboratorio Daroff-Dell’Osso della Case Western Reserve University di Cleveland, che ha seguito e collaborato al progetto di ricerca sviluppato in questa Tesi di Dottorato. Avere l’opportunità di conoscere una persona di tale calibro scientifico è stato per me un grande onore. Sono davvero grata al Dott. Ke Liao del laboratorio Daroff-Dell’Osso della Case Western Reserve University di Cleveland, per l’editing dei software utilizzati per l’elaborazione dei dati di questa tesi e alla Dott.ssa Maura Pugliatti per l’invio dei pazienti da lei seguiti. 3 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Per ultima, ma non per importanza, ringrazio con affetto e riconoscenza tutta la mia famiglia: i miei genitori, Mario e Bianca, e mio fratello Filippo, che hanno sempre mostrato una fiducia cieca e priva d’incertezza in me e in quello che faccio, spronandomi sempre ad andare avanti per la mia strada. Infine un GRAZIE davvero “speciale” e “gigante” a mio marito, Mario, e alle mie figlie, Iris e Viola, per la comprensione, l’amore e la pazienza con la quale continuano a supportarmi in questi anni di studio… senza il loro aiuto tutto questo non sarebbe stato possibile. 4 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato I Movimenti Oculari Saccadici come Modello Sperimentale per lo Studio della Fatica nei Pazienti affetti da Sclerosi Multipla INDICE 1. INTRODUZIONE Pag. 8 1.1 Il Sistema Oculomotore 1.1.1 Importanza dello studio dei movimenti oculari Pag. 8 1.1.2 Classificazione dei movimenti oculari Pag. 9 1.1.3 Sintesi del controllo funzionale dei movimenti saccadici Pag. 10 1.2 Il Sistema Saccadico Pag. 11 1.2.1 Scopo delle saccadi e proprietà dinamiche Pag. 12 1.2.2 Anatomia e Fisiologia del sistema saccadico Pag. 16 • Centri tronco-encefalici per il controllo delle saccadi Pag. 18 • Centri nervosi superiori per il controllo delle saccadi Pag. 19 • Controllo cerebellare delle saccadi Pag. 22 1.2.3 Il sistema oculomotore periferico • Anatomia della fascia orbitale e dei muscoli Pag. 23 Pag. 24 extraoculari • Caratteristiche dei muscoli extraoculari Pag. 26 1.2.4 Anomalie dei movimenti oculari saccadici Pag. 29 1.2.5 Esame clinico dei movimenti oculari saccadici Pag. 33 5 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato 2. STUDIO STRUMENTALE DEI MOVIMENTI OCULARI SACCADICI 2.1 Metodiche di registrazione Pag. 36 2.2 L’oculografia all’infrarosso con riflessione differenziale del limbo Pag. 37 2.3 Analisi quantitativa dei dati Pag. 39 3. UN MODELLO SPERIMENTALE PER LO STUDIO DEL FENOMENO FATICA NEI PAZIENTI AFFETTI DA SCLEROSI MULTIPLA 3.0 Abstract Pag. 43 3.1 Introduzione 3.1.1 Aspetti generali della Sclerosi Multipla (SM) Pag. 45 3.1.2 Alterazioni della motilità oculare nella Sclerosi Multipla Pag. 46 Pag. 47 • L’Oftalmoplegia Internucleare (OIN) • La valutazione della motilità oculare nella Sclerosi Pag. 49 Multipla 3.1.3 Il sintomo fatica nelle malattie neurologiche Pag. 52 • La fatica nella Sclerosi Multipla Pag. 52 • Fatica e Sistema Oculomotore Pag. 54 • Ipotesi Patogenetiche Pag. 54 3.1.4 Terapia della fatica nella Sclerosi Multipla 6 Pag. 55 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato 3.2 Obiettivi dello Studio Pag. 57 3.3 Materiali e Metodi Pag. 58 3.4 Risultati Pag. 61 3.5 Discussione Pag. 64 3.6 Conclusioni Pag. 69 APPENDICE Pag. 70 TABELLE Pag. 81 FIGURE Pag. 87 BIBLIOGRAFIA Pag. 98 7 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato 1. INTRODUZIONE 1.1 IL SISTEMA OCULOMOTORE 1.1.1 Importanza dello studio dei movimenti oculari Lo studio dei movimenti oculari e dei relativi meccanismi di controllo offre la possibilità di capire a fondo il funzionamento del cervello. Infatti, le alterazioni della motilità oculare hanno un alto valore localizzatorio per lesioni e processi patologici che colpiscono il sistema nervoso centrale (SNC). 1 A riprova di tali osservazioni, la letteratura scientifica internazionale ha visto negli ultimi anni un progressivo incremento di pubblicazioni del settore. In particolare, i movimenti oculari sono stati utilizzati sia come mezzo sperimentale che diagnostico per conoscere i meccanismi fisiopatologici di una vasta serie di malattie neurologiche, da quelle genetiche a quelle degenerative, oltre che per identificare e testare nuove strategie terapeutiche. 2 Il vantaggio principale dei movimenti oculari come strumento sperimentale consiste in una relativa semplicità di studio rispetto ad altri apparati motori, come per esempio gli arti. Infatti, i movimenti oculari sono fondamentalmente limitati alla rotazione dei globi oculari nei tre piani dello spazio senza rilevanti spostamenti lineari, il che facilita misurazioni accurate. Un altro vantaggio è dato dall’assenza del classico riflesso da stiramento monosinaptico, per cui le rotazioni oculari sono direttamente correlate alla scarica dei motoneuroni. 3 Inoltre, i movimenti oculari possono essere facilmente classificati sulla base delle loro funzionalità, le caratteristiche fisiologiche e i relativi substrati anatomici. Infine, la maggior parte delle alterazioni dei movimenti oculari sono caratteristiche di uno specifico processo patologico, localizzazione anatomica o disturbo farmacologico. Ai suddetti vantaggi, va aggiunto che i movimenti oculari sono facilmente accessibili all’osservazione e all’esame clinico. 8 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato 1.1.2 Classificazione dei movimenti oculari Movimenti oculari normali, che assicurano che le immagini cadano nella regione centrale della retina, o fovea, sono un prerequisito fondamentale per una visione distinta e stabile degli oggetti che ci circondano. L’area di maggiore acuità visiva nella fovea è compresa in un raggio di 0.5 gradi dal centro della fovea stessa. L’acuità visiva progressivamente diminuisce dal centro verso la periferia della retina. 4,5 Inoltre, se lo scivolamento delle immagini sulla retina è maggiore di circa 5 gradi/sec, l’acuità visiva diminuisce 6 e compare oscillopsia (il movimento illusorio delle immagini nel mondo circostante). Due classi principali di movimenti oculari hanno il compito di stabilizzare le immagini sulla fovea: 1) i movimenti di gaze-shifting (letteralmente “di spostamento dello sguardo”) hanno la funzione di portare la fovea su oggetti d’interesse consentendo l’esplorazione visiva dell’ambiente, comunemente chiamati saccadi o movimenti oculari rapidi; 7 2) i movimenti di gaze-holding (letteralmente “di mantenimento dello sguardo”) hanno la funzione di stabilizzare le immagini sulla retina e comprendono: il sistema di fissazione, il riflesso vestibolo-oculare (VOR) e il riflesso otticocinetico (OKN) che stabilizzano le immagini del mondo esterno sulla retina durante i movimenti del capo. 8 Abbiamo poi i movimenti di inseguimento lento (“smooth pursuit”) che rispondono alla necessità di mantenere la fissazione foveale di un target vicino che si muove lentamente nel campo visivo; 9 studi recenti sui processi visivi nella corteccia cerebrale hanno chiarito molto riguardo il substrato neuronale del sistema di inseguimento lento, suggerendo che parte dell’organizzazione di questo sistema ha molto in comune con altri movimenti oculari volontari come le saccadi. 10 Patologie che colpiscono il sistema di inseguimento lento solitamente non causano disabilitá visiva, ma forniscono informazioni diagnostiche importanti. Infine un altro sistema che si è sviluppato insieme alla visione frontale é quello dei movimenti di vergenza che rendono possibile direzionare la fovea di entrambi gli occhi su un singolo oggetto d’interesse. Le principali classi di movimenti oculari sono riassunte nella Tabella 1. 9 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Argomento di questa tesi sono principalmente le alterazioni della coordinazione saccadica in un gruppo di pazienti affetti da Sclerosi Multipla, per cui di seguito viene presentato un riassunto delle proprietà delle saccadi unitamente a cenni di fisiologia, anatomia e patologia del sistema saccadico. 1.1.3 Sintesi del controllo funzionale dei movimenti saccadici I globi oculari sono supportati da tessuti che costituiscono delle forze meccaniche sovraimposte al controllo dello sguardo. In altre parole, affinché gli occhi si muovano in maniera coniugata (ad esempio durante i movimenti saccadici), è necessario vincere le forze visco-elastiche imposte dai tessuti orbitali di supporto. A tale scopo è necessaria una rapida contrazione dei muscoli extraoculari che viene ottenuta grazie ad un aumento fasico o burst dell’attività neurale nei nuclei oculomotori. Tale pulse di innervazione rappresenta un comando di velocità. Una volta raggiunta la posizione eccentrica desiderata nell’orbita, è necessario che gli occhi rimangano fissi sul target, resistendo alle forze elastiche che tenderebbero a riportare i globi oculari in posizione centrale. A livello dei motoneuroni viene quindi generato un nuovo segnale tonico di attività neurale che permette una contrazione continua dei muscoli extraoculari. Tale step di innervazione rappresenta un comando di posizione [Figura 1]. Le componenti di velocità e di posizione sono comuni a tutte le classi di movimenti oculari. 1 La maggior parte delle alterazioni dei movimenti oculari può essere spiegata con un malfunzionamento dei segnali pulse e/o step. Ad esempio, senza un comando pulse di velocità adeguato, si ha un rallentamento dei movimenti oculari. Se invece il comando di posizione step è insufficiente, gli occhi non riescono a mantenere la posizione eccentrica di sguardo e tendono a tornare verso la posizione centrale, come avviene clinicamente nel nistagmo evocato dallo sguardo. È importante inoltre che i due segnali pulse e step siano perfettamente accoppiati così da generare movimenti oculari accurati e mantenere stabilmente la fissazione del nuovo target sulla retina.1 Diverse evidenze neurofisiologiche indicano che i comandi di posizione (ad esempio il segnale di step per le saccadi) sono generati dai comandi di velocità 10 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato (ad esempio il segnale pulse per le saccadi) attraverso un processo di integrazione matematica del sistema nervoso. In altre parole, un network neurale deriva in senso matematico i segnali di posizione dai segnali di velocità. Tale network viene comunemente chiamato integratore neurale (IN).11 Per lo sguardo orizzontale, l’integratore neurale è costituito da diverse strutture nervose: il cervelletto, il nucleo vestibolare mediale (NVM), e il nucleo preposito dell’ipoglosso (NPI). L’equivalente dell’integratore neurale per lo sguardo verticale è invece il Nucleo di Cajal del mesencefalo. Lesioni sperimentali delle strutture vitali per il suddetto processo di integrazione neurale hanno ripercussioni su tutte le classi di movimenti oculari coniugati. 12 1.2 IL SISTEMA SACCADICO Le saccadi sono i movimenti oculari rapidi utilizzati per direzionare la fovea da un oggetto di interesse ad un altro. Sono considerati saccadici una serie di movimenti oculari quali gli spostamenti dello sguardo nella rifissazione volontaria e involontaria, le fasi rapide del nistagmo vestibolare e otticocinetico, e i movimenti oculari rapidi che si verificano durante il sonno (rapid eyes movements, REM). 13 La valutazione e misurazione delle saccadi rappresenta un metodo efficace per studiare il funzionamento normale e patologico del cervello per almeno tre motivi: il primo è che le saccadi sono facilmente accessibili all’osservazione clinica e alla misurazione quantitativa in laboratorio; il secondo è che le loro proprietà dinamiche sono chiaramente definite; il terzo è che il substrato neurobiologico per la generazione ed il controllo delle saccadi è altrettanto ben conosciuto. Per questi motivi le saccadi rappresentano un importante strumento di ricerca nello studio di un ampio range di condizioni fisiopatologiche nell’ambito delle neuroscienze. 2 11 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Il significato funzionale delle saccadi nei primati è direttamente correlato alla presenza della fovea retinica. Infatti, gli animali sprovvisti di fovea come ad esempio i conigli, possono generare dei movimenti saccadici rapidi volontari soltanto in associazione con i movimenti della testa. 14,15 Gli animali cosiddetti “foveati” e l’uomo hanno invece sviluppato l’abilità di ridirezionare volontariamente lo sguardo, anche in assenza di movimenti della testa, verso oggetti d’interesse. 1 I movimenti saccadici possono essere classificati secondo una gerarchia funzionale che và dalle saccadi riflesse generate in risposta alla comparsa improvvisa di un nuovo stimolo visivo alle saccadi volontarie dirette verso un target visivo memorizzato [Tabella 2]. Nei paragrafi seguenti verranno riassunte le principali caratteristiche delle saccadi: velocità e durata, forma d’onda e traiettoria, tempo di reazione o latenza, e accuratezza. 1.2.1 Scopo delle saccadi e proprietà dinamiche Velocità e durata. Le saccadi mostrano una relazione costante fra ampiezza, velocità e durata. Di conseguenza più ampia è la saccade, maggiore è la sua velocità e più lunga la durata. Anche saccadi ampie non durano tuttavia più di 100 ms, che rappresenta il tempo necessario per processare gli stimoli esterni a livello del sistema visivo. Questo implica che il feedback visivo non può essere utilizzato per modificare l’ampiezza di una saccade una volta iniziata. Il cervello preferisce, infatti, monitorare l’accuratezza di ciascuna saccade alla fine del movimento stesso ed eventualmente operare delle correzioni appropriate, che garantiscono l’accuratezza saccadica a lungo termine. 1 La relazione costante tra il picco di velocità e l’ampiezza di una saccade prende il nome di main sequence. 16,17 La coerenza di questa relazione è tale da poter essere utilizzata per stabilire il range di normalità dei movimenti saccadici: la deviazione dei movimenti oculari dagli intervalli della main sequence indica la presenza di saccadi anormali o movimenti oculari non saccadici. Per saccadi che hanno un’ampiezza inferiore ai 20 gradi, la relazione tra ampiezza e picco di 12 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato velocità è pressoché lineare, mentre oltre i 20 gradi il picco di velocità mostra una progressiva tendenza alla saturazione. La main sequence può essere anche utilizzata per la caratterizzazione delle microsaccadi. 18 L’equazione che descrive la main sequence è la seguente: Peak Velocity= Vmax×(1- e – Amplitude/C ) Dove Vmax rappresenta il picco di velocità asintotico e C è una costante. 1 La durata delle saccadi è correlata in maniera lineare alla loro ampiezza per movimenti compresi tra 1 e 50 gradi. Sia la velocità che la durata delle saccadi non possono essere controllate volontariamente. Tuttavia, diversi fattori possono determinare una variazione nel picco di velocità e nella durata di saccadi della stessa ampiezza, anche nello stesso individuo, da un giorno all’altro. 19 Ad esempio, le saccadi possono essere più lente se eseguite al buio, in direzione di un target memorizzato o nella direzione opposta ad uno stimolo visivo (“antisaccade task”). 20,21 Al contrario le saccadi possono essere più veloci quando vengono eseguite tra due target che si alternano ad un’alta frequenza (ad esempio > di 1 Hz), rispetto a quelle eseguite quando i target si alternano ad una bassa frequenza (ad esempio < 0.2 Hz), e se il target di fissazione viene spento prima che lo stimolo per la saccade appaia (“gap stimulus”). 22 La velocità delle saccadi dipende anche da altri fattori: la direzione del movimento, ad esempio le saccadi centripete (dirette verso il centro), tendono ad essere più veloci rispetto a quelle centrifughe (dirette verso la periferia); la posizione iniziale e finale dell’orbita; l’età, anche se non è stato ancora chiaramente accertato se la velocità delle saccadi si riduca con l’aumento dell’età, 23,24 mentre si è visto che saccadi con velocità normale possono essere eseguite anche da neonati se vengono opportunamente stimolate. 25 Tutti questi fattori sono importanti e vanno tenuti in considerazione quando si utilizzano le varie metodiche di misurazione e si confrontano le saccadi in diversi soggetti normali o in pazienti con patologie neurologiche. 13 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Forma d’onda. La forma d’onda delle saccadi, specialmente il profilo di velocità, è un altro modo per caratterizzare le saccadi; a tal fine, sono di notevole utilità diversi tipi di misurazione. Una è l’asimmetria (“skewness”) della forma d’onda, che può essere calcolata semplicemente dal rapporto tra il tempo necessario per arrivare alla velocità massima (la fase di accelerazione) e la durata totale della saccade. Questo rapporto è di circa 0.5 per saccadi piccole (le fasi di accelerazione e di decelerazione hanno la stessa durata), mentre per le saccadi ampie è approssimativamente 0.2 (il picco di velocità viene raggiunto prima in relazione alla fine della saccade). L'asimmetria si riduce nelle antisaccadi, nelle saccadi stimolate da target memorizzati e nelle saccadi eseguite sotto affaticamento o in seguito a ridotta vigilanza. 26,27 Un’altra misura delle saccadi, correlata alla velocità della forma d’onda, è data dal rapporto Q tra il picco di velocità e la velocità media. 28,29,30 Questo rapporto Q ha un valore di circa 1.6 nell’uomo e non cambia né nelle saccadi lente eseguite da soggetti affaticati né in alcune alterazioni delle saccadi. Un altro approccio utilizzato per l’analisi delle saccadi è il phase-plane plots che permette l’esame della posizione oculare verso la velocità oculare o l'accelerazione. Questa misura è utilizzata per analizzare le saccadi non coniugate, i movimenti oculari di vergenza e le saccadi correttive in pazienti con ipofunzione vestibolare. 31 Il vantaggio principale dato dall’utilizzo del phase-plane è quello di eliminare la differenza di latenza nell’esordio delle saccadi dei due occhi. Gli occhi non si muovono perfettamente insieme, specialmente durante le saccadi orizzontali, 32,33 infatti, l'occhio che abduce mostra un’ampiezza maggiore ed è più veloce, rispetto all’occhio che adduce, determinando una divergenza intra-saccadica transitoria. Le saccadi verticali invece tendono ad essere più coniugate perché gli occhi sono appaiati meglio nell'asse verticale. Un breve movimento (drift) degli occhi normalmente segue una saccade orizzontale; questo drift post-saccadico, chiamato “glissade”, 34 ha sia componenti disgiuntive (vergenza) che coniugate (versione) ed è stato attribuito al disaccoppiamento (mismatch) del pulse-step del comando saccadico ed è molto frequente nei soggetti con fatica. 35 14 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Alla fine di una saccade, occasionalmente si può verificare un piccolo movimento veloce, in direzione opposta, chiamato “dynamic overshoot”. Questo movimento può verificarsi dopo saccadi di tutte le dimensioni, ma è più frequente dopo piccole saccadi o intrusioni saccadiche, 36 come le “scosse ad onda quadra”, e può verificarsi anche in pazienti che mostrano oscillazioni saccadiche come il “flutter” oculare. Può essere coniugato o più spiccato nell'occhio che abduce. 37,38 L’origine dell’overshoot dinamico è dibattuta, da una parte sembra derivare dalle proprietà meccaniche dei tessuti orbitali o, più probabilmente, da un'inversione transitoria del comando saccadico centrale. 39 Traiettoria. La traiettoria di un movimento saccadico riflette sensibilmente la struttura del pulse e l’analisi delle sue caratteristiche fornisce importanti informazioni sul modo in cui il movimento saccadico è stato programmato. Tempo di reazione o latenza. Il tempo di reazione sacadico o latenza è il tempo che intercorre tra la presentazione del target visivo e l’inizio del movimento saccadico; convenzionalmente, questo intervallo si riferisce al tempo che intercorre da quando l'occhio supera la soglia di velocità di circa 30°/sec; la latenza riflette vari aspetti dei processi visivi, della selezione del target e del programma motorio ed è per questi motivi che è stata molto studiata. 1 Quando un target visivo si muove da un punto ad un altro, i soggetti normali sono in grado di generare una saccade in un intervallo di tempo di circa 200 ms; questo intervallo di tempo probabilmente è necessario per i processi neurali dell’informazione visiva nella retina, nella corteccia cerebrale, nel collicolo superiore e nel cervelletto. La latenza saccadica dipende dalla modalità e dalle proprietà temporali di presentazione di uno stimolo, ma è influenzata anche da altri fattori, come la motivazione e l’attenzione del soggetto o dalle proprietà fisiche dello stimolo stesso, come la luminosità, la grandezza e il contrasto, 40,41,42 la natura del target (ad esempio se è visivo o uditivo), 43 l’età del paziente. 44 Accuratezza. L’accuratezza di una saccade è data dal rapporto tra la posizione raggiunta dall’occhio alla fine del movimento e la posizione del target. Perchè una saccade sia definita accurata il movimento dell’occhio, quando compare un target nel campo visivo, deve essere veloce e fermarsi esattamente sul target. Una saccade viene invece definita inaccurata o dismetrica in due casi: nel 15 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato primo se la dimensione del pulse saccadico è inappropriata (“saccadic pulse dismetria”); nel secondo se l’occhio fa un movimento alla fine della saccade chiamato drift post-saccadico o glissade (vedi sopra). 1 Una saccade viene quindi definita ortometrica quando il movimento dell’occhio è accurato, invece dismetrica quando è impreciso e questo può esserlo per eccesso (ipermetrica), cioè supera il target (“overshooting”) oppure per difetto (ipometrica), cioè è di ampiezza insufficiente per raggiungere il target (“undershooting”). Individui normali possono frequentemente avere movimenti saccadici ipometrici, ma il grado della dismetria è di solito relativamente piccolo, solitamente il 10% dell’ampiezza della saccade verso target visivi inaspettati, 20,45 ed è minore per piccole saccadi. 46 Individui normali possono anche avere saccadi ipermetriche soprattutto quando eseguono piccole saccadi, centripete o dirette verso il basso. 15 Diverse patologie e alcune condizioni possono influenzare l’accuratezza delle saccadi, ad esempio la fatica e l’età. 1.2.2 Anatomia e Fisiologia del sistema saccadico In questo paragrafo vengono riassunti i meccanismi di controllo neurale delle saccadi. Quando si parla del controllo neurale dei movimenti oculari, è di grande aiuto considerare le dinamiche degli occhi e dei tessuti orbitali (esempio la capsula di Tenone, il grasso, i legamenti), dei muscoli extraoculari e delle pulegge; insieme questi elementi formano l’ “oculomotor plant” (letteralmente “impianto oculomotore”); plant è un termine di ingegneria che si riferisce a tutto ciò che è controllato. 47 I movimenti di ciascun occhio sono controllati da sei muscoli extraoculari: retto superiore, retto inferiore, retto laterale, retto mediale, obliquo superiore e obliquo inferiore; i sei muscoli extraoculari sono raggruppati in tre paia di muscoli agonisti-antagonisti che obbediscono alla legge di Sherrington della reciproca innervazione. 47 Il cervello innerva i tre muscoli extraoculari attraverso 16 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato tre nervi cranici, nei quali si trovano i motoneuroni oculari: il nervo oculomotore (III), il nervo trocleare (IV) e il nervo abducente (VI). I neuroni motori e i muscoli extraoculari sono attivi per tutti i tipi di movimenti oculari, comprese le saccadi. I neuroni oculomotori codificano le caratteristiche delle saccadi in termini di scarica temporale, per cui la grandezza delle saccadi è proporzionale al numero totale di spike di scarica. 1 Questo significa che il cervello trasforma lo stimolo, che è codificato in termini di posizione dei neuroni attivi all’interno della corteccia visiva (“placeencoded”), in un comando saccadico nei motoneuroni oculari, che è codificato in termini di frequenza di scarica e durata (“temporally-encoded”). Inoltre, è necessaria una trasformazione dalle coordinate retiniche nelle coordinate craniotopiche; le coordinate retiniche sono in due dimensioni, mentre gli occhi ruotano in tre assi. 48 Il modello dei segnali che intraprendono la via finale comune, dipende dal movimento oculare desiderato e dalla risposta dinamica dell’“impianto oculare”. Studi elettrofisiologici sulle scimmie hanno evidenziato i cambiamenti che si osservano nell’innervazione che accompagna le saccadi. Durante una saccade, un’esplosione (“burst”) di attività fasica ad alta frequenza, viene registrata dai muscoli oculari agonisti e dai rispettivi motoneuroni oculari. Questo burst di attività, chiamata “pulse saccadico d’innervazione”, inizia circa 8 ms prima che gli occhi si muovano 49 e genera la forza necessaria per vincere le forze visco- elastiche dell’orbita affinché gli occhi possano muoversi velocemente da una posizione ad un’altra. Dopo una saccade, i muscoli oculari agonisti e i loro motoneuroni assumono un nuovo, alto livello d’innervazione tonica, chiamato “step saccadico d’innervazione”, che stabilizza gli occhi nella nuova posizione contrapponendosi alle forze elastiche dei tessuti orbitali. Il passaggio tra la fine del pulse e l’inizio dello step d’innervazione non è improvviso, ma graduale (diverse centinaia di millisecondi). I muscoli antagonisti, invece, durante la saccade vengono inibiti da un pulse d’innervazione inibitorio (“off-pulse”); alla fine della saccade, i motoneuroni dei muscoli antagonisti assumono un nuovo, basso livello di innervazione tonica, chiamato “off-step”. 50 17 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Centri tronco-encefalici per il controllo delle saccadi Due tipi di neuroni sono componenti fondamentali del network del tronco encefalico che genera i comandi premotori per le saccadi: i neuroni burst e i neuroni omnipausa. 51 I neuroni burst premotori (premotor burst neurons, PBN) proiettano monosinapticamente ai motoneuroni oculomotori e sono divisi in due gruppi: eccitatori e inibitori. Nell’uomo i neuroni burst eccitatori (excitatory PBNs, EBN) sono glutamatergici e scaricano prima delle saccadi generando il pulse d’innervazione saccadica. Gli EBN per le saccadi orizzontali si trovano nella formazione reticolare pontina paramediana (PPRF), rostralmente al nucleo dell’abducente. Proiettano monosinapticamente al nucleo dell’abducente ipsilaterale e verso i neuroni del nucleo preposito dell’ipoglosso (nucleus prepositus hypoglossi, NPH) e all’adiacente nucleo vestibolare mediale (MVN) che contribuiscono alla componente finale comune dell’integratore neurale delle saccadi orizzontali. Gli EBN che codificano per le componenti verticali e torsionali delle saccadi si trovano nel nucleo interstiziale rostrale del fascicolo longitudinale mediale (riMLF). I neuroni burst inibitori (inhibitory PBNs, IBN) per le saccadi orizzontali si trovano nella formazione reticolare midollare (MedRF), sono glicinergici e proiettano verso diversi siti, ma in maniera predominante controlateralmente al nucleo dell’abducente e verso gli EBN e IBN orizzontali. I neuroni omnipausa (OPN) sono un importante elemento del sistema saccadico, ma il loro ruolo non è chiaramente conosciuto. Si trovano nella linea mediana nel nucleo interposto del rafe (RIP), 52 sono di dimensioni medie con arborizzazioni dendritiche prominenti che attraversano la linea mediana e utilizzano la glicina come neurotrasmettitore, 53 compatibile con la loro funzione inibitoria. Diverse sono le proiezioni alle cellule omnipausa, una importante arriva dal polo rostrale del collicolo superiore; 54,55 altre proiezioni arrivano dalle aree frontali visive, 56 dalle aree visive supplementari, 57 dalla formazione reticolare mesencefalica centrale, dai neuroni burst “long-lead” della parte rostrale del ponte e del mesencefalo. 58 18 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato I neuroni omnipausa scaricano continuamente tranne che durante le saccadi e immediatamente dopo, probabilmente l’inibizione a queste cellule arriva dal polo rostrale del collicolo superiore. Dopo quest’inibizione iniziale, il livello di iperpolarizzazione della membrana di queste cellule è probabilmente mantenuto dalla scarica dei neuroni burst eccitatori, attraverso neuroni di inibizione locale chiamati “neuroni latch”. Questi neuroni latch si pensa siano localizzati nella PPRF e il loro malfunzionamento è associato ad una prematura decelerazione degli occhi durante una saccade. I neuroni omnipausa inoltre cessano di scaricare durante la chiusura delle palpebre (“blink”) 59 e la loro quantità di scarica viene modulata dall’angolo di vergenza. 60 I neuroni burst “long-lead” (LLBN) sono neuroni che scaricano circa 40 ms prima dell’inizio delle saccadi e si trovano nel tronco encefalico. Ricevono proiezioni dal collicolo superiore 61 e proiettano agli EBN del ponte, agli IBN midollari, ai neuroni omnipausa e al nucleo reticolare del tegmento del ponte (NRTP). Il NRTP contiene inoltre altri LLBN che sono principalmente connessi con il cervelletto e la PPRF. 61 I LLBN molto probabilmente sono neuroni utili a più di una funzione, ad esempio i LLBN che ricevono input dal collicolo superiore hanno un ruolo nel sincronizzare l’inizio e la fine delle saccadi perché proiettano ai neuroni omnipausa e ai neuroni burst premotori. 62 Centri nervosi superiori per il controllo delle saccadi Per quanto riguarda il controllo corticale delle saccadi diverse, aree sono coinvolte nel loro controllo volontario. Le connessioni anatomiche di queste aree e la via che proietta al generatore del pulse saccadico nel tronco encefalico, sono schematizzate nel diagramma a blocchi in Figura 2. I due target principali delle aree visive corticali nel tronco encefalico sono il collicolo superiore e i nuclei del ponte, specialmente il NRTP, che proietta a sua volta al cervelletto. Invece le proiezioni dirette dalle aree corticali visive alla PPRF e al riMFL sono scarse, anche se è stata dimostrata la presenza di proiezioni verso i neuroni omnipausa. 63 19 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Le strette connessioni che esistono tra i lobi frontale e parietale e le loro proiezioni in comune, rendono difficoltoso separare, dal punto di vista funzionale, le due vie. 64 Possiamo schematizzare dicendo che l’influenza della corteccia parietale e frontale nel controllo delle saccadi, si ha principalmente attraverso due vie parallele discendenti. Una prima via collega l’area visiva frontale al collicolo superiore, sia direttamente che indirettamente passando per i gangli della base; 65 le saccadi volontarie dipendono da queste vie. Infatti quando il collicolo superiore è danneggiato, il recupero è probabilmente mediato dalle proiezioni dirette da queste aree visive frontali verso il tronco cerebrale. 1 L’area frontale visiva è la più conosciuta e si è visto, attraverso la stimolazione elettrica e gli studi di neuroimaging, che si trova nella parte anteriore del solco precentrale. 66 Altre tre aree, fondamentali nell’influenzare le saccadi volontarie, coinvolte nell’identificare e nel selezionare i target per le saccadi, sono l’area visiva supplementare, la corteccia prefrontale dorsolaterale e la corteccia cingolata anteriore che proiettano verso regioni del tronco encefalico; le vie che originano da queste aree prefrontali sembrano essere coinvolte in particolare nella preparazione dei movimenti saccadici, ad esempio, verso target memorizzati. 67 L’altra via discendente collega direttamente la corteccia parietale al collicolo superiore. Il lobo parietale sembra influenzare il controllo delle saccadi principalmente in due modi: primo, orientando l’attenzione visiva che accompagna le saccadi (corteccia parietale posteriore); secondo, programmando direttamente le saccadi verso target visivi che appaiono alla periferia del campo visivo. 68 I gangli della base invece sono coinvolti nel facilitare l’inizio delle saccadi volontarie, come quelle predittive, quelle guidate dalla memoria e quelle di compenso. 67 Per semplificare le vie nelle quali sono coinvolti i gangli della base, possiamo dire che ci sono due collegamenti, in serie, di tipo inibitorio: uno dal nucleo caudato alla sostanza nera (attività fasica), l’altro dalla sostanza nera al collicolo superiore (attività tonica). La sostanza nera, pars reticulata (GABA- 20 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato ergica), inibisce tonicamente i neuroni burst dello strato intermedio del collicolo superiore, per cui perchè possa iniziare una saccade, attraverso questa via, è necessario che questa attività tonica sia annullata attraverso l’inibizione da parte del nucleo caudato. 69 In più esiste anche una via, eccitatoria, che và dal nucleo subtalamico alla sostanza nera; questo nucleo contiene neuroni che scaricano in relazione alle saccadi.70 Come anticipato prima, il collicolo superiore è un’importante struttura con un ruolo fondamentale nel selezionare i target visivi, nell’iniziare le saccadi e nel contribuire alla loro velocità. Si trova nel mesencefalo ed è costituito da sette strati. 71 Diversi studi hanno dimostrato che gli strati dorsali hanno proprietà “visive”, in quanto ricevono proiezioni dalla retina; gli strati intermedi ventrali e quelli profondi invece hanno proprietà “motorie”. 33,72 Gli strati ventrali contengono una “mappa motoria” definita dai movimenti oculari che sono prodotti da stimolazione elettrica; 73 inoltre ci sono importanti connessioni di quest’ultimo strato con gli strati dorsali 74,75 e con la corteccia cerebrale. Il collicolo superiore ha un’importante funzione per l’inizio della saccade: fornire il segnale “trigger” ai neuroni omnipausa, ai neuroni burst e al cervelletto. Diversi studi hanno dimostrato che il collicolo superiore da solo non è in grado di controllare le saccadi; infatti, lesioni del cervelletto determinano comunque una dismetria saccadica, a riprova di quest’ipotesi. Inoltre quando il collicolo superiore è lesionato, aree corticali come quella frontale, sono in grado di adattarsi e di sostituirsi fornendo quel segnale “trigger” necessario per le saccadi. 1 Recenti ricerche hanno anche evidenziato che, probabilmente, i dettagli nel generare e direzionare le saccadi verso il target siano dovute di più alla formazione reticolare del tronco e al cervelletto. 76 Gli effetti delle lesioni del collicolo superiore molto spesso si perdono in quanto lesioni ristrette a tale struttura sono rare nell’uomo, per cui sono necessari test specifici per determinare le conseguenze di queste ultime. 77 21 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Controllo cerebellare delle saccadi Il cervelletto, attraverso la sua influenza sui neuroni premotori burst e omnipausa, ha un ruolo importante nel direzionare e “stoppare” le saccadi, determinando così la loro accuratezza. La maggior parte delle proiezioni dalle aree corticali visive è verso il cervelletto, attraverso i nuclei del ponte. 78 [Figura 3] Diverse aree del cervelletto contribuiscono a programmare le saccadi, anche se il nucleo dorsale del verme e il nucleo caudale del fastigio hanno un ruolo chiave. Gli emisferi cerebellari possono contribuire al controllo delle saccadi, ma il loro ruolo non è stato ancora ben determinato; 79 lo stesso si può dire per il nucleo interstiziale basale. 80 La parte centrale del polo posteriore del cervelletto è stata molto studiata. Questa regione è divisa in una parte corticale (verme e paraverme) e in una parte più interna costituita dai nuclei cerebellari profondi (nucleo del fastigio, interposito e dentato). Tutti i segnali rilevanti (ad esempio la posizione oculare e la velocità, la posizione del target e la velocità) necessari al controllo delle saccadi arrivano alla corteccia cerebellare attraverso le fibre muschiose. Invece le fibre rampicanti conducono il segnale dall’oliva inferiore alla corteccia cerebellare e la loro attività è correlata con la distanza dal target all’inizio e alla fine del movimento (“errore motorio”). 47 Il “verme oculomotore” è costituito dai lobuli VI e VII (parte del declive, il folium, il tuber e la piramide); 81 la stimolazione del lobulo V del verme determina la comparsa di saccadi dallo sguardo verso l’alto a quello orizzontale, mentre la stimolazione dei lobuli VI e VII determina saccadi dallo sguardo orizzontale a quello verso il basso; inoltre la componente verticale di queste saccadi è maggiore quando la stimolazione è più mediale. Le cellule del Purkinje del verme dorsale scaricano circa 15 ms prima delle saccadi verso una direzione preferita 82 e la stimolazione di questa struttura determina saccadi con componente ipsilaterale. 83 Lesioni di ablazione del verme dorsale causano spesso dismetria saccadica, principalmente ipometria. 84 Questa dismetria interessa soprattutto il pulse saccadico e non è presente il drift post-saccadico, come si vede invece in 22 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato seguito ad ablazione del flocculo e paraflocculo del cervelletto totale cerebellotomia. 85 o in seguito a 86 Per quanto riguarda invece il nucleo del fastigio, la sua parte caudale, che è la regione oculomotoria, riceve input dalle cellule di Purkinje del verme dorsale, ed è responsabile dell’invio di comandi per le saccadi alla regione dei neuroni burst premotori, controlaterali, del tronco. Importanti proiezioni del nucleo del fastigio sono verso i neuroni omnipausa, i neuroni burst inibitori della parte rostrale del midollo, i neuroni burst eccitatori della PPRF e del riMLF, la formazione reticolare mesencefalica, il talamo e il polo rostrale del collicolo superiore. 87 I neuroni del nucleo del fastigio scaricano per saccadi verso tutte le direzioni, solitamente circa 8 ms prima dell’esordio di una saccade con componente controlaterale e verso la fine di una saccade con componente ipsilaterale. 88 Questi neuroni modulano la loro frequenza di scarica in base alla dimensione della saccade e alla velocità oculare, ma non alla posizione oculare. 89 In circostanze normali, i neuroni del nucleo del fastigio possono influenzare le saccadi fornendo un impulso precoce ai neuroni premotori burst durante le saccadi controlaterali e un freno tardivo durante quelle ipsilaterali. 88 Lesioni del nucleo del fastigio causano marcata ipermetria saccadica; 90,91 lesioni con totale distruzione di questa struttura sono bilaterali perchè gli assoni destinati al tronco encafalico si incrociano all’interno del nucleo del fastigio stesso. 1.2.3 Il sistema oculomotore periferico Le ultime decadi sono state testimoni di una rivoluzione nei concetti dell’organizzazione dei muscoli extraoculari e dei tessuti orbitali. 92 Ogni muscolo extraoculare è bilaminare, cioè costituito da due strati, uno esterno orbitale e uno interno globale, ciascuno con speciali tipi di fibre che sono dotate di diverse proprietà, come la resistenza alla fatica. [Figura 4] Lo strato esterno orbitale non s’inserisce direttamente nel globo oculare, ma in una “puleggia” (pulley) fibrosa, che funge da punto d’origine funzionale per 23 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato lo strato globale che gli passa attraverso e s’inserisce nel globo oculare. 93 Attualmente sembra che la più importante funzione di queste pulegge fibromuscolari, sia quella di determinare la cinematica della rotazione oculare, semplificando i comandi neurali inviati dal cervello ai muscoli extraoculari. 94 Nei prossimi paragrafi vengono riassunti i concetti principali sulle caratteristiche uniche dei muscoli extraoculari e sulla loro funzione, sulle implicazioni funzionali di queste pulegge orbitali e il loro contributo nel determinare gli assi attraverso i quali ruotano gli occhi. 95 Anatomia della fascia orbitale e dei muscoli extraoculari Il globo oculare è sospeso nell’orbita, che ha forma di cono, da un sacco fibroso chiamato capsula di Tenone, che aderisce anteriormente alla congiuntiva davanti al limbo corneale e posteriormente al grasso orbitale che circonda il nervo ottico. 1 Gli occhi ruotano attorno a tre assi, che passano attraverso il centro di rotazione del globo e che convenzionalmente vengono chiamati X (parasagittale), Y (trasverso) e Z (verticale). Le traslazioni (movimenti lineari) del globo oculare sono minime, a causa delle proprietà della capsula di Tenone. Esistono sei muscoli che ruotano ciascun occhio: quattro retti e due obliqui. I quattro muscoli retti e l’obliquo superiore originano dall’apice dell’orbita nell’anello di Zinn. Il muscolo obliquo inferiore origina dal lato nasale inferiore dell’orbita e nel 10% dei soggetti è doppio. 96 I quattro muscoli retti s’inseriscono nella sclera anteriormente all’equatore del globo oculare e le inserzioni dei muscoli retto mediale e laterale contengono tessuto muscolare che s’inserisce direttamente nella sclera. I due muscoli obliqui arrivano al globo dal lato anteriore e mediale e s’inseriscono posteriormente al suo equatore: il muscolo obliquo superiore prima passa attraverso la troclea (un anello fibroso, cartilagineo, a forma di U che si trova appena dietro il margine superiore mediale dell’orbita), infine s’inserisce nella parte superiore del globo; invece il muscolo obliquo inferiore s’inserisce nella parte temporale del globo. 24 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato I tendini dei quattro muscoli retti originano dallo strato esterno orbitale e passano attraverso le pulegge fibro-muscolari, che hanno forma di un manicotto. Queste pulegge fibromuscolari, costituite da anelli concentrici di collagene, si trovano all’interno della periferia della capsula di Tenone, circa 10 mm dietro il sito d’inserzione dei muscoli; inoltre aderiscono alla parete dell’orbita, agli adiacenti muscoli extraoculari e alla fascia di Tenone attraverso delle fasce che contengono collagene, elastina e muscolo liscio. 97 Lo strato orbitale del muscolo obliquo inferiore s’inserisce nelle pulegge dei muscoli retto inferiore e laterale, mentre lo strato orbitale del muscolo obliquo superiore s’inserisce nella puleggia del muscolo retto superiore. 98 In che modo la scoperta di queste pulegge fibromuscolari ha cambiato il significato funzionale dell’anatomia oculare, determinando una rivoluzione concettuale nelle ultime decadi? Queste pulegge cambiano il punto d’origine dei muscoli retti, così come la troclea cambia il punto d’origine funzionale del muscolo obliquo superiore e nel fare questo, determinano diverse funzioni, tra le quali una importante è quella di limitare il movimento di slittamento dei muscoli retti durante le rotazioni oculari, com’è stato confermato da studi con la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN). 99 Prove sperimentali hanno suggerito che le pulegge fibromuscolari possono semplificare il lavoro per il cervello nel guidare le rotazioni oculari. 100 Per quanto riguarda l'impatto sulla clinica della funzione delle pulegge, la scoperta del loro ruolo nella contrazione dei muscoli extraocularari e della rotazione oculare, ha offerto approcci nuovi per valutare i disturbi dei movimenti oculari; 95 ad esempio, alcune forme di strabismo congenito sono state attribuite ad una disposizione congenita errata delle pulegge; 101 anche malattie sistemiche che colpiscono i tessuti connettivi, come la sindrome di Marfan, possono provocare un’aumentata mobilità delle pulegge con risultante strabismo. 102 25 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Caratteristiche dei muscoli extraoculari I muscoli extraoculari hanno delle caratteristiche anatomiche, fisiologiche ed immunologiche uniche che li distinguono dai muscoli degli arti: 103,104 hanno fibre più piccole, più variabili in grandezza, più riccamente innervate, alcune possono contrarsi molto velocemente ed essere resistenti alla fatica. 105 L’unità motoria dei muscoli extraoculari è la più piccola che si conosce, è costituita da 10-20 fibre muscolari per ciascun motoneurone. I muscoli extraoculari contengono sia fibre contrattili che non contrattili. Le fibre contrattili hanno una singola placca finale per fibra e possono generare un potenziale d’azione, mentre le fibre non contrattili non possono generare potenziali d’azione e mostrano contrazioni graduali. Le fibre non contrattili dello strato globale hanno la caratteristica unica di allungarsi per l’intera lunghezza del muscolo 106 e nella loro inserzione al tendine muscolare sono rivestite da terminazioni assonali chiamate “palizzate finali”, che hanno funzione propriocettiva. Esistono anche fibre con proprietà intermedie che possono generare dei potenziali d’azione lenti. 107 I muscoli extraoculari, a differenza dei muscoli degli arti, esprimono tutte le isoforme conosciute di catena pesante di miosina del muscolo striato, incluse le scheletriche e le cardiache, così come le isoforme embrionali nella porzione prossimale e distale delle fibre muscolari negli strati orbitali. 108,109 La conservazione della miosina embrionale è stata proposta per spiegare, in parte, i diversi modi in cui i muscoli extraoculari rispondono ai cambiamenti d’innervazione e agli stati di malattia. 110 Inoltre, l'espressione della miosina può variare lungo l’estensione delle singole fibre muscolari con le forme "veloci" più presenti nella regione centrale di molte fibre, in questo modo viene spiegata la capacità delle fibre orbitali e globali di contrarsi rapidamente. 111 I muscoli extraoculari sono più suscettibili dei muscoli scheletrici a varie patologie come la miastenia gravis, 112,113 più resistenti ad altre come la distrofia di Duchenne. 114,115 Diversi motivi possono spiegare queste differenze. 26 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Un primo è che il “fattore sicurezza” (valore attraverso cui il potenziale di fine placca supera la soglia richiesta per provocare un potenziale d’azione) è più piccolo nei muscoli extraoculari rispetto a quelli scheletrici; questo è dovuto alla minor quantità di pieghe sinaptiche e, forse, alla minor quantità di recettori per l’acetilcolina nella membrana post-sinaptica dei muscoli extraoculari.113 Un secondo motivo è che i muscoli extraoculari esprimono livelli più bassi di un fattore che accelera il decadimento, che è un inibitore delle risposte mediate dal complemento.116 È probabile che questo spieghi in parte un coinvolgimento più severo dei muscoli extraoculari nella miastenia gravis. 117 Abbiamo visto in precedenza che ciascun muscolo extraoculare è costituito da due strati. Vicino all’origine di ciascun muscolo, questi due strati si trovano in due zone concentriche, mentre formano due zone parallele anteriormente: 109 lo strato globale centrale e lo strato orbitale periferico. Ciascuno strato contiene fibre più adatte per contrazioni sostenute o per contrazioni rapide brevi: la zona orbitale è più ricca di fibre contrattili resistenti alla fatica. Utilizzando metodiche moderne, sono stati descritti sei tipi di fibre nei muscoli extraoculari. 108,109,118 Nello strato orbitale, circa l’80% delle fibre sono innervate singolarmente, hanno miofibrille di tipo veloce ATPase ed elevata attività ossidativa con numerosi mitocondri. Queste fibre molto resistenti alla fatica, che hanno un’elevata struttura micro-vascolare, non si trovano nel muscolo scheletrico o nella palpebra, e sono probabilmente le principali responsabili nel mantenere il tono muscolare. 119,120 Il rimanente 20% delle fibre orbitali è ad innervazione multipla; queste hanno attività contrattile nel centro della fibra e attività non contrattile prossimale e distale. Nello strato globale sono stati descritti quattro tipi di fibre: circa il 33% sono fibre innervate singolarmente, a contrazione veloce e resistenti alla fatica; un altro 33% sono fibre pallide, singolarmente innervate con attività contrattile veloce, ma bassa resistenza alla fatica; circa il 25% sono fibre innervate singolarmente con attività contrattile veloce, numerosi mitocondri ed un livello intermedio di resistenza alla fatica; il rimanente 10% sono fibre ad innervazione 27 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato multipla, con sinapsi di fine placca nell’intera lunghezza, così come nella giunzione miotendinea, dove ci sono i propriocettori a palizzata.121 Queste ultime fibre sembrano avere proprietà toniche. L’elevatore superiore della palpebra contiene i tre tipi di fibre innervate singolarmente che abbiamo visto nello strato globale ed un tipo di fibra contrattile molto lenta, mentre le fibre ad innervazione multipla ed il tipo innervato singolarmente resistenti alla fatica, viste nello strato orbitale, sono assenti. Scott e Collins, utilizzando elettrodi ad ago con multipli siti di registrazione, hanno dimostrato che vi è una suddivisione di lavoro tra lo strato globale ed orbitale dei muscoli extraoculari.122 Le fibre orbitali sono attive in quasi tutto l’intero range dei movimenti eccetto che durante la fissazione, dove le fibre globali sono reclutate soltanto quando l'occhio viene ruotato nel campo d’azione di quel muscolo. Questo sosterrebbe l'ipotesi che le fibre orbitali singolarmente innervate, resistenti alla fatica, abbiano un ruolo chiave nel sostenere la posizione oculare e mantenere il "tono" dei muscoli extraoculari in ogni posizione; le fibre meno resistenti alla fatica dello strato globale possono essere attivate durante le saccadi. Riassumendo possiamo dire che, anche se ogni fibra può contribuire potenzialmente a tutte le classi di movimenti oculari, le fibre contrattili orbitali, resistenti alla fatica, sono molto importanti per mantenere la fissazione, mentre le fibre contrattili globali, pallide, hanno un ruolo nel muovere rapidamente l'occhio in una nuova posizione nell’orbita. Durante le saccadi, quindi, le fibre globali ed orbitali sono entrambe attivate, ma le seconde sono in grado di garantire una contrazione sostenuta, laddove l'attività delle fibre globali può venir meno. Queste conclusioni sono coerenti con la presenza di un maggior numero di fibre resistenti alla fatica nello strato orbitale, inoltre, è stato dimostrato sperimentalmente che le fibre muscolari che si affaticano più velocemente sono le più forti, 123 così come le fibre globali sono maggiormente in grado di generare movimenti oculari rapidi. Di conseguenza sembra che l’ordine di reclutamento rifletta soprattutto la loro faticabilità e che possa essere influenzato dal fatto che lo strato orbitale sia attaccato alla puleggia, mentre lo strato globale direttamente al globo oculare. 28 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato 1.2.4 Anomalie dei movimenti oculari saccadici Le anomalie delle saccadi sono spesso caratteristiche di alterazioni di specifici meccanismi. Da un punto di vista fisiopatologico, le alterazioni delle saccadi possono essere classificate in alterazioni del pulse saccadico, dello step saccadico o dell’accoppiamento pulse-step saccadico. 1 Un cambiamento nell’ampiezza del pulse saccadico, ad esempio, determina la comparsa di alterazioni come l’overshoot o l’undershoot (dismetria saccadica); invece, una riduzione dell’ampiezza del pulse, che riflette la frequenza di scarica, causa delle saccadi lente (“slow saccade”). Un disaccoppiamento tra pulse e step saccadico determina alterazioni chiamate glissade (o drift post-saccadico). Quando lo step saccadico non viene mantenuto, invece, gli occhi, dopo la saccade in posizione eccentrica, “scivolano” di nuovo verso la posizione centrale determinando il nistagmo evocato dallo sguardo (“gaze evoked nystagmus”, GEN), che viene definito come un movimento oculare ripetitivo, involontario, che inizia con un movimento lento che allontana la fovea dal target, seguito da una fase rapida correttiva (saccade) che riporta la fovea sul target. Infine ci possono essere alterazioni della velocità, dell’accuratezza, dell’inizio o della prematura fine delle saccadi oppure la presenza di intrusioni o di oscillazioni saccadiche. 1 Vediamo nel dettaglio queste alterazioni. Alterazioni della velocità delle saccadi. Le saccadi vengono definite lente o veloci se il loro picco di velocità cade al di fuori della normale relazione tra picco di velocità e ampiezza (main sequence). Le saccadi più veloci del normale, ad esempio, si hanno in pazienti con oscillazioni saccadiche, come il flutter e l’opsoclono, macrooscillazioni saccadiche, 126 124,125 o nelle in pazienti con fine anticipata delle saccadi.127 Invece alterazioni nell’orbita, come la presenza di tumori, che riducono il range di movimento del globo oculare in certe posizioni, possono determinare saccadi apparentemente veloci. 29 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Le saccadi lente invece, con ridotta ampiezza, sono tipiche delle alterazioni della periferia del sistema oculomotore, come la paresi di un muscolo extraoculare o di un nervo oculomotore, o in seguito a lesione del fascicolo longitudinale mediale che determina saccadi di adduzione lente (oftalmoplegia internucleare). Le saccadi possono essere lente anche in seguito a diverse patologie neurologiche di origine centrale. 1 Benché si sia sempre creduto che le saccadi lente secondarie a disordini centrali siano patognomoniche di un’alterazione delle cellule burst, sta diventando sempre più chiaro che alterazioni di strutture ad alto livello, incluso gli emisferi cerebrali 128 e il collicolo superiore, 129 possano determinare rallentamento delle saccadi. Infatti, un rallentamento selettivo delle saccadi orizzontali indica patologie a livello del ponte, in particolare della PPRF (formazione reticolare pontina paramediana), mentre un rallentamento selettivo delle saccadi verticali suggerisce alterazioni a livello della parte superiore del mesencefalo, in particolare del riFLM (nucleo interstiziale rostrale del fascicolo longitudinale mediale). 130 Nei pazienti con saccadi orizzontali e verticali selettivamente rallentate spesso le saccadi oblique mostrano caratteristicamente una traiettoria curva. I pazienti che hanno saccadi verticali rallentate mostrano una traiettoria curva durante le fissazioni nell’asse verticale; questa è una strategia d’adattamento che utilizza la componente orizzontale normale per inibire completamente i neuroni omnipausa e massimizzare la componente verticale. 1 Infine, la velocità delle saccadi può essere più lenta nei pazienti sonnolenti, non attenti o nelle intossicazioni farmacologiche. 131 Alterazioni dell’accuratezza delle saccadi. L’accuratezza dipende dal pulse saccadico; un’imprecisione del pulse determina dismetria saccadica, che comprende l’ipometria e l’ipermetria. L’ipermetria è caratteristica delle patologie cerebellari e la lesione può essere localizzata a livello del nucleo del fastigio, olivocerebellari, 133 132 delle fibre rampicanti all'interno del peduncolo cerebellare inferiore (ad esempio nella sindrome di Wallenberg) o del peduncolo cerebellare superiore. 30 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Per determinare quale sia il sito e il lato della lesione, da un punto di vista clinico, è importante osservare la direzione della saccade ipermetrica e di quella ipometrica, che di solito è associata. Quando l’ipermetria saccadica è importante, i pazienti possono mostrare oscillazioni macrosaccadiche, che sono dovute ad una sequenza di saccadi ipermetriche attorno al target che il soggetto sta fissando. 91,134 L’ipermetria saccadica occasionalmente può essere secondaria ad un adattamento in seguito ad un deficit oculomotore periferico 135 o, ad esempio, in seguito al test con cloruro di edrofonio utilizzato per la diagnosi delle patologie della placca neuromuscolare (miastenia gravis). 136 Le saccadi ipometriche si possono avere in seguito a diverse patologie sia del cervelletto che del tronco cerebrale e sono secondarie al fatto che l’ampiezza del pulse è ridotta. Il drift post-saccadico che riflette il disaccoppiamento pulsestep, è stato evidenziato in pazienti con disturbi oculomotori sia centrali che periferici, come l’emianopsia, 137 un difetto del campo visivo nel quale si può avere, a seconda della direzione, saccadi ipermetriche o ipometriche che hanno lo scopo di mantenere il target visivo all’interno della parte intatta del campo visivo. Lesioni unilaterali, estese, degli emisferi cerebrali possono causare ipermetria dallo stesso lato della lesione e ipometria controlaterale. 138 Lesioni a livello della corteccia parietale-temporale e posteriore possono determinare dismetria specifica per target visivi in movimento, ma non per quelli stazionari. Inoltre lesioni emisferiche unilaterali possono influenzare le saccadi verticali verso il lato di lesione. 139 Saccadi con fine anticipata. In alcune patologie le saccadi sono molto ipometriche e gli occhi arrivano al target attraverso una serie di piccole saccadi. Nella malattia di Parkinson, questo accade quando il paziente esegue saccadi guidate dalla memoria 140 o saccadi spontanee. È importante distinguere questo fenomeno dalle decelerazioni transitorie evidenti nelle registrazioni delle velocità specialmente per le saccadi ampie, presenti occasionalmente anche in soggetti sani. 141 Queste alterazioni si hanno anche in pazienti con patologie che interessano il cervelletto e il tronco encefalico, come la malattia di Tay-Sachs ad esordio tardivo e l’encefalopatia di Wernicke, 142,143 e poiché l’intervallo intersaccadico è 31 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato diminuito e il picco di decelerazione è aumentato per ogni dimensione di pulse saccadico, è stato ipotizzato che queste alterazioni costituiscano un disordine specifico del “circuito latch” che normalmente inibisce i neuroni omnipausa prima che la pianificazione della saccade sia completata. 142 Un supporto a questa ipotesi è dato dall’osservazione che alterazioni simili si hanno quando le saccadi sono interrotte da una stimolazione sperimentale dei neuroni omnipausa.144 Alterazioni dell’inizio delle saccadi. Il range di alterazioni che comprendono l’inizio delle saccadi, può andare da un lieve incremento del tempo di reazione saccadico, non visibile a letto del paziente, ad una latenza aumentata di diversi secondi. La variabilità del tempo di reazione può essere spesso aumentata, ad esempio, in presenza di alterazioni visive come l’ambliopia, 145 o in pazienti con lesioni emisferiche che colpiscono le aree visive corticali. Pazienti con lesioni bilaterali frontoparietali possono avere delle alterazioni nell’inizio delle saccadi chiamata aprassia, 146 dove il paziente non è in grado di eseguire saccadi volontarie, mentre quelle random e le fasi rapide del nistagmo sono normali. Anche pazienti affetti da malattia di Huntington hanno alterazioni nell’inizio delle saccadi, infatti, mostrano un maggiore aumento della latenza d’inizio delle saccadi su comando e di quelle riflesse. La latenza saccadica può essere ridotta, per esempio, in pazienti con paralisi sopranucleare progressiva (PSP), nei quali possono essere coinvolti il collicolo superiore e le sue connessioni con la formazione reticolare del tronco. 147 Intrusioni e oscillazioni saccadiche. Le saccadi sono definite inappropriate se interferiscono con la fissazione foveale di un oggetto d’interesse. Normalmente le persone sono in grado di sopprimere le saccadi durante la fissazione. 1 Questi movimenti oculari saccadici inappropriati possono comparire in modo sporadico, come intrusione, o in modo ripetitivo senza un intervallo intersaccadico, assumendo le caratteristiche di un’oscillazione. Le intrusioni e le oscillazioni saccadiche differiscono dal nistagmo perchè iniziano sempre con un movimento rapido. Si conoscono diversi tipi di intrusioni saccadiche. 32 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Le scosse ad onda quadra, sono piccole saccadi orizzontali (circa 0.5 gradi), coniugate, che allontanano la fovea dal target, seguite, dopo un periodo di circa 200-400 msec, 148 da piccole saccadi in direzione opposta, rifoveanti. Si possono avere sia in soggetti normali che in pazienti affetti da patologie come il morbo di Parkinson, 149 la paralisi sopranucleare progressiva, diverse patologie cerebellari e lesioni cerebrali focali. Le macro-oscillazioni saccadiche, sono costituite da saccadi orizzontali che gradualmente aumentano e poi diminuiscono di ampiezza, oltrepassando ad ogni saccade il punto di fissazione (intervallo intersaccadico 200 msec). Sono considerate delle forme estreme di ipermetria e si incontrano in patologie cerebellari che interessano il nucleo del fastigio e le sue connessioni 91 oppure in seguito a lesioni pontine che coinvolgono la regione dei neuroni omnipausa. 134 Le oscillazioni saccadiche, sono costituite da una serie di movimenti rapidi che si susseguono senza latenza. Se sono nel piano orizzontale, vengono chiamate flutter oculare; se sono multidirezionali vengono chiamate opsoclono. 1 Le patologie associate al flutter o all’opsoclono spesso determinano altri segni di interessamento cerebellare e del tronco encefalico. Queste oscillazioni molto probabilmente riflettono un inappropriato e ripetitivo pattern di scarica di differenti tipi di neuroni burst. 125 1.2.6 Esame clinico dei movimenti oculari saccadici I movimenti saccadici possono essere esaminati a letto del paziente chiedendogli di fissare alternativamente due target. Le saccadi devono essere esaminate in tutte le direzioni di sguardo e nei piani orizzontale, verticale e obliquo. L’esaminatore deve valutare se la velocità è normale, se le saccadi hanno una latenza sufficiente, se sono accurate e se sono coniugate (gli occhi si muovono insieme). 1 La coniugazione oculare è fondamentale affinché un target che compare nella periferia del campo visivo cada nello stesso punto delle due retine (foveazione) e dipende dall’integritá delle strutture tronco-encefaliche e della 33 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato periferia oculare. Un esempio di saccadi non coniugate si ha nell’oftalmoplegia internucleare (OIN) dove si ha un rallentamento delle saccadi di adduzione di un occhio; l’OIN può essere valutato anche a letto del paziente chiedendogli di fissare alternativamente due target lontani (15º-20º gradi), mentre per la dignosi delle OIN lievi è necessaria la registrazione dei movimenti oculari. 150 La latenza può essere apprezzata valutando il tempo che il paziente impiega per iniziare una saccade. Per quanto riguarda l’accuratezza di una saccade, è necessario un buon criterio per identificare le diverse alterazioni, ed è possibile farlo anche a letto del paziente. Una saccade viene definita accurata o ortometrica quando, in risposta alla comparsa di un target visivo, il paziente è in grado di spostare lo sguardo e di fermare l’occhio in maniera precisa su questo. L’inaccuratezza della saccade viene chiamata dismetria e può essere di due tipi: 1) ipermetria, se l’occhio supera il target; 2) ipometria, se si ferma prima di raggiungere il target. 1 Un minimo grado di ipometria è presente anche nei soggetti normali soprattutto per rifissazione tra due target lontani. La dismetria saccadica può scomparire in seguito a rifissazione ripetitive, ma la sua permanenza può essere segno di patologie serie, ad esempio quelle che coinvolgono il cervelletto. Quando viene identificata un’anomalia delle saccadi, una strategia utile è quella di localizzare il disturbo all’interno dell’organizzazione gerarchica del sistema saccadico. Primo si deve stabilire se il processo patologico interessa o no le saccadi riflesse. La fase rapida del nistagmo può, ad esempio, essere studiata provocando il nistagmo vestibolare attraverso una sedia rotante o provocando il nistagmo otticocinetico con il cilindro manuale. 1 Successivamente bisogna valutare se il paziente è in grado di eseguire saccadi verso un target che compare nel campo visivo: questo compito può essere eseguito con o senza un target visivo, ma anche con un target uditivo. Ad esempio, i pazienti affetti da Parkinson sono in grado di eseguire saccadi accurate se gli vengono date istruzioni verbali, ma eseguono saccadi ipometriche se le fanno spontaneamente. 34 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Infine è importante valutare l’effetto fatica dei movimenti oculari saccadici. Ad esempio per diagnosticare la miastenia oculare viene chiesto al paziente di fissare ripetutamente due target per diversi minuti. Durante la fissazione è importante notare se questa viene interrotta da movimenti saccadici anormali (intrusioni o oscillazioni saccadiche); in alcuni pazienti queste, ad esempio il flutter e l’opsoclono, possono essere indotte con la vergenza 151 o chiudendo gli occhi. Mentre molte anomalie della velocità, dell’inizio e dell’accuratezza delle saccadi possono essere facilmente valutate a letto del paziente, le alterazioni subcliniche possono essere diagnosticate solo con la registrazione dei movimenti oculari (vedi capitolo 2). 35 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato 2. STUDIO STRUMENTALE DEI MOVIMENTI OCULARI SACCADICI 2.1 Metodiche di registrazione Le caratteristiche ideali di un metodo di registrazione sono: la non invasività (minore è il fastidio arrecato al paziente più realistica sarà la misura essendo inferiore la perturbazione introdotta sul sistema); deve permettere la realizzazione di test sia di lunga che di breve durata; avere una banda passante tale da consentire lo studio di movimenti oculari rapidi quali le saccadi; avere un campo di misura il più ampio possibile; una bassa sensibilità a rumore e artefatti e un basso costo. Esistono diverse metodiche di registrazione dei movimenti oculari. 152 Gli strumenti di misura dei movimenti oculari possono essere suddivisi in due categorie, invasivi e non invasivi, a seconda che richiedano un maggiore o minore contatto fisico dello strumento con l'occhio. Le misure ottenute con la classe degli strumenti invasivi risultano in generale più accurate, anche se di difficile applicazione in campo clinico; fra i metodi invasivi utilizzati va ricordata la tecnica magneto-oculografica (o search coil tecnique, MOG ), a tutt'oggi il metodo migliore per la registrazione dei movimenti oculari nelle tre dimensioni, che tuttavia, specie nella pratica clinica, è difficilmente applicabile. Quelle invece non invasive e maggiormente impiegate sono l’elettrooculografia (EOG), l'oculografia all’infrarosso (IROG) e la più recente videooculografia (VOG). Gli strumenti dedicati al rilevamento dei vari tipi di movimenti oculari non sono completamente soddisfacenti per una registrazione quantitativa dei movimenti oculari in tre dimensioni. La componente torsionale in molti casi non è di grande rilievo e la sua presenza comunque non influenza la misura delle altre componenti. Spesso può essere sufficiente uno studio quantitativo anche della sola componente orizzontale, eventualmente associato ad uno studio parallelo della componente verticale. Per tali misure le tecniche e le metodologie correntemente disponibili sono in genere soddisfacenti. 36 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato La registrazione e l’analisi dei movimenti oculari utilizzati nello studio di questa tesi sono focalizzate per lo studio della componente orizzontale delle saccadi. Tutti i soggetti analizzati sono stati registrati utilizzando la tecnica dell’oculografia all’infrarosso con riflessione differenziale del limbo. 153 Vediamo nel dettaglio gli aspetti principali di questa metodica. 2.2 L’oculografia all’infrarosso con riflessione differenziale del limbo La tecnica della riflessione differenziale del limbo (IROG) è un metodo fotoelettrico che registra il “limbo” (regione che separa l’iride e la congiuntiva) dell’occhio attraverso la misurazione della quantità di luce riflessa. Questa metodica è in generale più sensibile e affidabile rispetto, ad esempio all’elettroculografia. Ha il grande vantaggio di non richiedere l’uso di una lente a contatto, come nella tecnica del search coil, e può essere utilizzata agevolmente anche nei bambini che abbiano un’età che consenta loro di collaborare all’esame (7-8 anni circa); è invece caratterizzata da un limitato range, soprattutto per i movimenti oculari verticali. Si basa sulle caratteristiche della sclera, che è molto più riflettente della parte corneale, cioè della pupilla e dell'iride; implica la proiezione attraverso dei LED di una radiazione infrarossa, al fine di evitarne la percezione visiva, e sfrutta i metodi di riflessione differenziale del limbo (o “limbus-tracking”). Durante l’esame, il soggetto siede comodamente in una stanza buia, con il casco ad infrarossi dotato di elementi fotoelettrici (usualmente montati su un sistema fisso), e il capo fissato con una fascia adesiva ad un poggiatesta, per impedirne i movimenti (l’immobilità del sistema rispetto alla testa è una condizione essenziale per una buona registrazione); viene invitato a fissare dei target luminosi (diodi emettenti luce rossa, LEDS) su un pannello ad arco, con diametro di 288 cm, situato di fronte, ad una distanza di circa 1.2 metri. [Figura 5] La luce infrarossa generata da uno dei due fotodiodi illumina l’occhio, la luce riflessa dal bordo tra l’iride e la congiuntiva (il limbo) viene raccolta da una 37 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato coppia di fotosensori (fototransistor) ai due lati dell’occhio. Quando l’occhio è in posizione centrale, i due diodi, se opportunamente centrati, ricevono lo stesso segnale. Quando l’occhio ruota, il diodo in quella direzione riceve meno luce giacché è esposta una maggior porzione di iride che riflette di meno, mentre l’altro diodo riceve più luce, perché vi è esposta una maggiore porzione di congiuntiva che ha un coefficiente di riflessione maggiore. La differenza tra le due intensità luminose, decodificata da un opportuno circuito elettronico, è proporzionale, entro certi limiti, alla posizione angolare dell’occhio. 154 La riproduzione grafica del movimento oculare, cioè il segnale di posizione e di velocità (ottenuti attraverso la differenziazione analogica della posizione dei canali) è ottenuta con un poligrafo a penne rettilinee e visualizzata in un sistema di registrazione su striscia di carta (Beckman Type R612 Dynograph). [Figura 6] La risposta di questo sistema risulta essere lineare per movimenti oculari di ±15º; per angoli maggiori, fino a circa ±35º, si entra in una zona di non linearità per cui si perde la biunivocità tra angolo di rotazione e valori di tensione. Inoltre, se lo zero dell'occhio non corrisponde allo zero dello strumento si sommano notevoli problemi di offset che portano, spostando le zone precedentemente descritte rispetto alla posizione supposta centrale, a limitazioni del campo di misura. Per cui per una misura corretta con questo metodo è necessario in primo luogo un accurato posizionamento dei sensori ed inoltre che il movimento sia strettamente orizzontale. Questo secondo limite è parzialmente superabile con l'utilizzo di un maggior numero di sensori, passando da una configurazione monodimensionale ad una bidimensionale. 152 Affinché vi sia una buona registrazione è fondamentale la collaborazione del soggetto, che vi sia una sufficiente apertura della rima palpebrale (es. un’importante ptosi palpebrale può, in alcuni casi, rendere impossibile la registrazione), l’assenza di alterazioni corneali (es: emorragie), l’assenza di deficit visivi. Importante è anche l’immobilità del sistema e la sua adeguata e precisa calibrazione. Sintetizzando possiamo dire che i pregi della metodica sono il miglior rapporto segnale/rumore, la stabilità del sistema, l’elevata ampiezza di banda (500 38 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Hz), la risoluzione 0.5°, la possibilità di realizzare anche test brevi e il fatto che non è invasiva. I contro sono il ristretto campo visivo misurabile (± 30-35°), che può essere sufficientemente grande per soggetti normali, ma può non esserlo per quelli affetti da patologie quali lo strabismo; il limitato range (per i movimenti orizzontali ±20°, per i movimenti verticali ±10°); la sensibilità ai movimenti della testa e l’impossibilità di effettuare la registrazione dei movimenti torsionali. 152 2.3 Analisi quantitativa dei dati I tracciati ottenuti dal Poligrafo Beckman vengono acquisiti al computer e i dati digitali vengono elaborati attraverso una scheda di acquisizione PCI-MIO16XE-50 (National Instruments) e il software LabView (National Instruments). I dati vengono poi analizzati su computer con l’uso del software Matlab (The Mathworks, Natick MA). MatLab è un programma interattivo di calcolo che permette di risolvere problemi numerici senza che sia necessario scrivere esplicitamente una procedura in un linguaggio di programmazione ad alto livello. MatLab si basa sul calcolo matriciale, e si può pensare ad esso come ad un sistema efficace per accedere ad una libreria di procedure di calcolo numerico molto sofisticate, con in più la possibilità di rappresentare graficamente i risultati. I programmi per l’analisi dei dati in MatLab (OMTOOLS), sono quelli scritti e utilizzati nel Laboratorio di Motilità Oculare “Daroff-Dell’Osso, Louis Stokes Cleveland DVA Medical Center, Case Western Reserve University, Cleveland, OH, USA”. 155 Come sottolineato in precedenza, la coniugazione dei movimenti oculari saccadici è un requisito fondamentale affinché target periferici cadano nello stesso punto delle due retine (foveazione) in maniera tale da assicurare una chiara visione (vedi capitolo 1). Sono stati proposti diversi metodi per identificare obiettivamente le alterazioni della coniugazione saccadica orizzontale, specialmente per riconoscere l’OIN nel quale è presente una disconiugazione delle saccadi orizzontali. 39 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato La necessità di trovare delle misure affidabili nasce dal fatto che l’OIN può essere difficile da identificare a letto del paziente, specialmente se il range di adduzione dell’occhio è normale e vi è soltanto la velocità oculare ridotta. In uno studio fatto sull'abilità di clinici esperti nell’individuare l’OIN (confermato in seguito con la registrazione dei movimenti oculari) da casi presentati su video, è emersa un’alta percentuale di errori nelle diagnosi. 156 Bird e Leech furono i primi ad utilizzare il confronto fra il picco di velocità angolare saccadica dei due occhi, in pazienti con OIN. 157 In questa tesi per l’analisi dei dati, la coniugazione delle saccadi orizzontali è stata misurata con: (1) il rapporto d’ampiezza (amplitude ratio, AR) dei movimenti di abduzione e adduzione; (2) il rapporto del picco di velocità di abduzione e adduzione (versional disconjugacy index, VDI); (3) la differenza di velocità interoculare (IVD) normalizzata al 20% dello spostamento oculare con il phase-plane plots. Vediamo nel dettaglio queste metodiche. Il phase-planes plots (IVD) è un approccio utilizzato per analizzare le caratteristiche dinamiche delle saccadi (vedi capitolo 1); è la differenza di velocità interoculare al 20% della posizione normalizzata dell’occhio più debole. Permette di proiettare la velocità oculare come funzione del cambiamento di posizione (spostamento) per l’intero movimento, rimuovendo in tal modo il tempo e gli effetti della latenza. Il phase planes plots è stato utilizzato con successo nel campo della ricerca sui movimenti oculari, incluso lo studio delle varie forme di nistagmo e delle saccadi, in particolare per l’analisi delle saccadi non coniugate, fornendo un ottimo strumento per determinare il sito, l’estensione e la patogenesi della disconiugazione. 158 Utilizziamo questa tecnica per confrontare i valori del picco di velocità (pulse saccadico) corrispondenti di ciascun occhio e attraverso l’“offset” della posizione iniziale dell’occhio ad un valore di zero, eliminiamo la differenza di latenza nell’esordio delle saccadi tra i due occhi. 40 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Le funzioni "getPhasePlane.m" e "calPhasePlane.m", scritti in Matlab (Il MathWorks, Natick MA) ci permette di calcolare e disegnare il phase-plane binoculare per ogni saccade (vedi codice di programma in Appendice). L’inizio e la fine della saccade sono selezionati in base alla soglia di accelerazione di 2000 gradi al secondo. 153 Per ciascuna saccade, lo spostamento (cambiamento di posizione) e la velocità di ciascun occhio vengono normalizzati assegnando il valore di 1.0 al massimo spostamento e al picco di velocità, dell’occhio che esegue il movimento più ampio (chiamato “occhio forte”). In questo modo, il phase-plane proietta la velocità normalizzata di ciascun occhio versus lo spostamento normalizzato al 1% (0.01) degli incrementi di posizione. L’asse di posizione di queste proiezioni viene troncata alla fine del movimento dell’occhio che esegue il movimento più piccolo (chiamato “occhio debole”). Nel phase-planes plots il tempo viene eliminato, in questo modo siamo in grado di confrontare la velocità di ciascun occhio per lo spostamento normalizzato dello stesso occhio per l’intero movimento, la proiezione della “velocità di disconiugazione”. Per ciascun paziente, la media della velocità di disconiugazione di almeno 10 saccadi è proiettata e disegnata versus la posizione normalizzata dell’"occhio debole” (proiezione della velocità di disconiugazione). 158 Infine vengono definiti gli “intervalli di predizione” (PI) del 5-95% basati su dati di circa 1400 saccadi, di dieci soggetti normali, correlati per età e viene valutato se i dati dei pazienti cadono all’interno o all’esterno di questi intervalli. L’applicazione del phase-plane a studi che correlano l'attività dei neuroni burst con le dinamiche saccadiche aiuterebbe a risolvere una controversia di vecchia data che riguarda se gli spostamenti di sguardo disgiuntivi sono realizzati da una sovrapposizione dei comandi saccadici e di vergenza (la legge di Hering) o dal programma delle saccadi disgiunte nella PPRF del tronco encefalico. Il versional disconjugacy index (VDI, indice di disconiugazione versionale) è il rapporto fra i movimenti oculari di adduzione e di abduzione per il picco di velocità, il picco di accelerazione, la latenza, e l’ampiezza oculare. 41 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Nell’elaborazione dei dati di questa tesi è stato utilizzato il rapporto tra i picchi di velocità. Studi recenti hanno fornito diverse prove a sostegno del valore del VDI per identificare la disconiugazione oculare nell’OIN. 159,160 L' utilizzo del VDI ha il vantaggio di eliminare la variabilità inter e intra individuale delle misure basate sui parametri saccadici monoculari. 161 Questa tecnica per lo studio della coniugazione saccadica orizzontale ha anche dei limiti. Ad esempio, quando viene usato il picco di velocità-VDI per stimare la coniugazione oculare, le possibili differenze nell’esordio della saccade e il tempo tra i due occhi non vengono prese in considerazione. Quando viene generato il comando saccadico, i due occhi non si muovono esattamente insieme, ma c’è una componente di latenza, anche in soggetti normali; 162 questa desincronizzazione diviene più evidente quando un occhio è più lento perchè, per esempio, c’è una lesione nel FLM che provoca OIN. Se la posizione viene proiettata versus il tempo per una saccade di un paziente con OIN, si può apprezzare che gli occhi non arrivano al picco di velocità nello stesso tempo [Figura 7]; gli occhi non si muovono insieme perché il pulse saccadico per l'occhio che adduce è più piccolo di quello dell’occhio che abduce. L’ amplitude ratio (AR) è un’altra misura utilizzata per valutare la coniugazione delle saccadi orizzontali. È simile al VDI, ma è data dal rapporto fra i movimenti di abduzione e adduzione di ciascuna saccade per l’ampiezza invece che per la velocità. Rispetto al VDI la misura dell’ampiezza della disconiugazione oculare è stata meno utilizzata, poiché molti pazienti mantengono la capacità di raggiungere un target di fissazione in posizione centrifuga e la misura tradizionale dell’ampiezza tradizionale con il VDI si è concentrata su questa posizione di “ampiezza finale” (final amplitude, FA). 163 42 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato 3. UN MODELLO SPERIMENTALE PER LO STUDIO DEL FENOMENO FATICA NEI PZ AFFETTI DA SCLEROSI MULTIPLA 3.0 ABSTRACT Background. Il fenomeno della fatica nella sclerosi multipla (SM) è stato studiato da diversi autori con trial che hanno valutato soprattutto la fatica generale a carico di diversi distretti muscolari (es. quelli delle mani) l’effetto della fatica sulla deambulazione, la fatica e il fenomeno del caldo, oppure per valutare l’efficacia di diversi trattamenti farmacologici etc… Studi sulla fatica della muscolatura oculare invece, sono stati effettuati soprattutto nell’ambito delle patologie della placca neuromuscolare (es. Miastenia Gravis), in pazienti con disfunzioni cerebellari 164 e su pazienti sani. 105 La Sardegna ha un triste primato per la sclerosi multipla, da qui l’importanza dei numerosi studi rivolti ad una diagnosi il più precoce e precisa possibile, in maniera tale da iniziare il prima possibile le terapie (interferon e altre terapie immunomodulanti) che intervengano nella prevenzione delle ricadute e rallentino il più possibile la progressione di quest’invalidante patologia. La fatica è un sintomo disabilitante nei pazienti con sclerosi multipla, ma i suoi meccanismi sono poco conosciuti. Anche se la fatica nella SM si manifesta soprattutto a carico del sistema motorio i disturbi a carattere parossistico del sistema oculomotore potrebbero dipendere dalla fatica, come ad esempio l’oscillopsia, la diplopia o la confusione visiva transitoria. L’OIN è un’alterazione molto frequente nella sclerosi multipla e determina rallentamento nell’adduzione in seguito alla demielinizzazione del fascicolo longitudinale mediale (FLM). Obiettivo: Determinare se i cambiamenti nella coniugazione dei movimenti oculari orizzontali durante le saccadi eseguite ripetutamente forniscono un modello per il fenomeno della fatica nella sclerosi multipla. Materiali e Metodi: Abbiamo misurato i movimenti oculari orizzontali in 9 pazienti affetti da SM con OIN (4 bilaterali, 5 unilaterali, totale 13 OIN) e 8 soggetti normali, che hanno eseguito saccadi orizzontali tra due target separati di 20 gradi in orizzontale per 10 minuti (test della fatica). 43 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato La coniugazione delle saccadi orizzontali è stata misurata nel primo e nell’ultimo minuto del trial con: (1) il rapporto di ampiezza (AR) dei movimenti di abduzione e adduzione; (2) il rapporto del picco di velocità di abduzione e adduzione (versional disconjugacy index, VDI); (3) la differenza di velocità interoculare (IVD) normalizzata al 20% dello spostamento oculare con il phaseplane plots. Risultati: I cambiamenti dell’AR nei pazienti sono variabili e inconsistenti. I valori di velocità al VDI e all’IVD mostrano invece cambiamenti consistenti dopo fatica in 10 su 13 OIN, con aumenti in 5 casi e decrementi in altri 5. Il peggioramento della coniugazione (aumento dei valori del VDI e dell’IVD) è stato osservato in generale in quelle OIN con iniziale VDI < 1.9, invece un miglioramento della coniugazione (riduzione del VDI e dei valori di IVD) è stato osservato in quelli con iniziale VDI > 1.9. Conclusioni: Il test della fatica saccadica determina cambiamenti nella coniugazione oculare in pazienti affetti da sclerosi multipla misurato attraverso il criterio della velocità. Il peggioramento della coniugazione può riflettere il deterioramento nella trasmissione del segnale del pulse saccadico attraverso il FLM demielinizzato, e si trova in pazienti con INO più lieve. Un miglioramento della coniugazione si ha in pazienti con OIN più severo, e può essere secondario a meccanismi d’adattamento, come il reclutamento della vergenza per aiutare negli spostamenti dello sguardo. Il modello riduzionistico per l’OIN fornisce un circuito promettente per studiare il fenomeno della fatica attraverso le trasmissioni neurali ridotte, così come le risposte adattive del cervello. 44 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato 3.1 INTRODUZIONE 3.1.1 Aspetti generali della Sclerosi Multipla (SM) La sclerosi multipla (SM) è una malattia infiammatoria cronica demielinizzante che colpisce il sistema nervoso centrale (SNC), cervello e midollo spinale. È una patologia multifattoriale, la cui insorgenza è data dall'associazione di una suscettibilità di tipo genetico a fattori ambientali, quindi non si può identificare in un solo agente la causa determinante la sclerosi multipla. 165 Colpisce individui di entrambi i sessi con predilezione per quello femminile, con esordio di solito in età compresa tra 20 e 50 anni. La Sardegna ha un triste primato, incidenza di 150 nuovi casi su 100 mila abitanti l’anno. La Sclerosi Multipla è caratterizzata da una disseminazione spaziale e temporale del processo patologico, ossia dalla formazione di lesioni in sedi e in tempi diversi a livello dell’encefalo, del nervo ottico e del midollo spinale. Tali lesioni condizionano la comparsa di sintomi e/o segni di disfunzione neurologica (deficit motori, disturbi della sensibilità, calo del visus, diplopia, disturbi dell’equilibrio, disturbi della minzione o altro). 166 La grande variabilità dei sintomi che la caratterizza è conseguenza di un processo di degenerazione della mielina. La mielina costituisce la guaina che riveste parte del corpo dei neuroni permettendo la trasmissione rapida degli impulsi nervosi. Se in uno stato di normalità le informazioni nelle fibre nervose sono trasmesse a 100 m/s, in un individuo affetto dalla sclerosi multipla la velocità scende gradualmente a 5 m/s. 167 Nel corso della malattia la distruzione delle guaine mieliniche causa il blocco o rallentamento degli impulsi che vanno dal sistema nervoso centrale verso le diverse parti del corpo e viceversa. Le lesioni demielinizzanti caratteristiche della Sclerosi Multipla, interessano spesso le vie nervose preposte al controllo dell’attività dei vari sottosistemi dei movimenti oculari. Diversi studi hanno evidenziato come le alterazioni della motilità oculare sarebbero associate ad un maggiore livello di disabilità nei pazienti affetti, e lo 45 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato studio delle stesse è stato proposto come indice predittivo dello sviluppo di disabilità.168 L’esperienza clinica di 150 anni e numerosi dati di letteratura, avvalorano l’importanza dei movimenti oculari nell’aiutare la diagnosi di sclerosi multipla, valutarne la progressione ed eventualmente stimarne la prognosi. 168 Di seguito vengono riportate e descritte le frequenti alterazioni della motilità oculare nella sclerosi multipla e viene data un’interpretazione del loro significato utilizzando un’approccio fisiopatologico. 3.1.2 Le alterazioni della motilità oculare nella Sclerosi Multipla La Sclerosi Multipla causa una varietà di deficit oculomotori [Tabella 3], quelli più comunemente riscontrati sono l’oftalmoplegia internucleare (OIN), uni o bilaterale, i segni oculari cerebellari (incluso il nistagmo evocato dallo sguardo) e il nistagmo pendolare acquisito, 169,170 causa frequente di disabilità visiva. 1,171 Le vertigini acute associate a nistagmo spesso si hanno nel corso delle riacutizzazioni della malattia (o poussé) e spesso sono ricorrenti e fastidiose. L’esame sistematico della motilità oculare nei pazienti con Sclerosi Multipla rivela altre anomalie come la dismetria saccadica (ipometria e ipermetria). Alcuni pazienti mostrano inoltre alterazioni della “sujective visual vertical” (SVV), con deviazione oltre il range di normalità. La SVV viene riportata in letteratura come un test otoneurolgico sensibile che oltre ad essere utile nell’identificare e nel monitorare disturbi vestibolari periferici e danno delle vie vestibolari centrali, è stato proposto come segno più frequente e sensibile di lesione unilaterale del tronco dell’encefalo e può anche essere associato a lesioni talamiche o corticali. La SVV può essere testata semplicemente utilizzando un puntatore laser lineare. 172 Altre anomalie riportate nella sclerosi multipla includono paralisi di sguardo verticale e orizzontale, nistagmo downbeat otticocinetiche, 177 e upbeat, 173 blefaroclono evocato dallo sguardo, 175,176 diverse alterazioni vestibolari miochimia dell’obliquo superiore e spasmo in convergenza. 46 174 e Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato I pazienti possono inoltre sviluppare paresi dei nervi oculomotore, trocleare e abducente. La Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) è spesso d’aiuto per identificare lesioni nel tronco o nel cervelletto responsabili di tali anomalie. 178 L’Oftalmoplegia Internucleare (OIN) L’oftalmoplegia internucleare (OIN) è causata da una lesione del fascicolo longitudinale mediale (FLM). Sia i movimenti orizzontali che quelli verticali sono interessati perchè gli assoni del fascicolo longitudinale mediale portano i comandi per i movimenti orizzontali coniugati dai neuroni internucleari dell’abducente al retto mediale del nucleo oculomotore controlaterale, mentre altri assoni portano segnali vestibolari e d’inseguimento lento dai neuroni dei nuclei vestibolari ai nuclei del tronco coinvolti nello sguardo verticale. 1 Il segno cardinale dell’OIN è la paresi dell’adduzione dell’occhio (“adduction lag”) dallo stesso lato della lesione durante i movimenti coniugati; quest’alterazione dell’adduzione può andare dalla totale paralisi ad una paresi che appare soltanto come una saccade di adduzione più lenta. 1 L’alterazione del retto mediale è visibile in tutti i tipi di movimenti oculari coniugati ed è più evidente durante l’esecuzione delle saccadi orizzontali nelle quali viene messo in evidenza un rallentamento della velocità. [Figura 8] Lo stesso occhio è però in grado di addurre durante i movimenti di convergenza. Quando i pazienti sono in grado di convergere, nonostante l’assenza dell’adduzione volontaria, è ipotizzata una lesione caudale con conservazione dei motoneuroni del retto mediale. 179 La presenza di una convergenza conservata è importante perchè la sua assenza non necessariamente implica una lesione rostrale che coinvolge la suddivisione nucleare del retto mediale; per cui bisogna essere cauti nel localizzare l’OIN in base alla presenza o no della convergenza. L’OIN può causare clinicamente sintomi quali diplopia e oscillopsia. Vediamo ora brevemente alcune alterazioni che si possono associare all’OIN. Una è il nistagmo nell’abduzione dell’occhio controlaterale alla lesione, è un nistagmo dissociato ed è suggestivo per l’OIN. 47 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Altre anomalie associate sono: l’esoforia, spesso in acuto, che è suggestiva per un aumentato tono di vergenza; 180 la “skew deviation”; il nistagmo dissociato verticale. La “skew deviation” è frequente in caso di OIN unilaterale e l’occhio più alto è quello dal lato della lesione. La causa è probabilmente l’interruzione delle proiezioni centrali dagli input degli otoliti che ascendono nel FLM. In caso di OIN unilaterale può essere presente anche un nistagmo verticale “downbeat” (con fase rapida diretta verso il basso) con una componente torsionale nell’occhio controlaterale ed è dovuto all’interruzione delle vie correlate con il riflesso vestibolo-oculare (VOR) verticale. 181 Nell’OIN unilaterale può essere danneggiato il riflesso vestibolo-oculare verticale durante la stimolazione del canale semicircolare posteriore contro laterale, il quale dipende dal fascicolo longitudinale mediale per le risposte normali. 182 Nell’OIN bilaterale può essere danneggiato il riflesso vestibolo- oculare verticale, la stabilizzazione dello sguardo, l’inseguimento lento e l’allineamento testa-occhi, funzioni che dipendono anche dal fascicolo longitudinale mediale. 183 Pazienti con tremore importante della testa e un riflesso vestibolo-oculare alterato lamentano oscillopsia. Infine possono essere presenti intrusioni saccadiche, associate soprattutto all’OIN bilaterale, che suggeriscono il coinvolgimento del tronco adiacente al FLM. Diverse patologie possono causare l’OIN, che può essere unilaterale o bilaterale, che vanno dai tumori, alle lesioni ischemiche, alla demielinizzazione, a patologie metaboliche e degenerative. 184 L’OIN unilaterale è frequentemente associato ad ischemia mentre quello bilaterale è frequentemente associato a demielinizzazione nella sclerosi multipla. 170 Patogenesi dell’OIN. La patogenesi dell’OIN è ben nota. 185 [Figura 9] I neuroni burst premotori che giacciono nella formazione reticolare pontina paramediana (PPRF) generano un burst di potenziali d’azione ad alta frequenza. Questo pulse d’innervazione proietta monosinapticamente al nucleo dell’abducente, dove si trovano due popolazioni di neuroni: i neuroni motori e i neuroni internucleari. 48 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Il pulse d’innervazione viaggia nel nervo abducente fino al muscolo retto laterale, dove le fibre veloci superano la resistenza al movimento dei tessuti orbitali, e l'occhio accelera ad alta velocità (più di 600 gradi/secondo per le saccadi ampie). 186 I neuroni internucleari dell’abducente portano anche il pulse di innervazione, via fascicolo longitudinale mediale (FLM) ai motoneuroni del retto mediale nel nucleo dell’oculomotore che determina la rapida contrazione del muscolo retto mediale. Nei soggetti normali, gli occhi ruotano rapidamente insieme, in una saccade coniugata. La parte iniziale delle saccadi orizzontali, che corrisponde al pulse saccadico, sono come una macchina nei soggetti normali, per cui è possibile definire i limiti normali per molte misure relative alla velocità dell’adduzione e dell’abduzione oculare. L’OIN nella SM è dovuto alla demielinizzazione del FLM che provoca un rallentamento dell'occhio che adduce perché non può condurre più il segnale ad alta frequenza tra il nucleo dell'abducente e dell’oculomotore. 1 Per quanto riguarda il nistagmo dissociato presente nell’OIN, sono state fatte diverse ipotesi; quella che ha il maggior supporto sperimentale è che questo nistagmo rifletta il tentativo del cervello di compensare l’alterazione dell’adduzione. Questa compensazione è la conseguenza dell’aumento adattivo dell’innervazione per l’occhio che adduce, per aiutarlo ad arrivare sul target, che, in seguito alla legge di Hering dell’uguale innervazione, è accompagnata da un cambio nell’innervazione anche nell’occhio in abduzione. 187 Un altro meccanismo ipotizzato per spiegare il nistagmo in abduzione è che sia un nistagmo evocato dallo sguardo, dissociato, che sembra più importante nell’occhio abdotto perché l’adduzione è alterata. 188 La valutazione della motilità oculare nella Sclerosi Multipla La valutazione dei pazienti ai quali viene sospettata o diagnosticata la sclerosi multipla non è completa senza un esame sistematico dei movimenti oculari. Sfortunatamente nell’attuale valutazione standard della sclerosi multipla manca un approccio sistematico per testare ciascuna classe funzionale di 49 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato movimenti oculari; a tal fine, è stata proposta una nuova scala di valutazione della motilità oculare con punteggio. 189 Pazienti che hanno una maggiore disabilità sono più predisposti a sviluppare anomalie dei movimenti oculari, probabilmente perché il peso maggiore della malattia è dato dall’interessamento del tronco encefalico e del cervelletto. 168 Dal punto di vista clinico, valutare l’escursione dei movimenti oculari può aiutare ad identificare uno strabismo dovuto ad un oftalmoplegia internucleare (tipicamente un’exotropia) o, meno di frequente, una paralisi dei nervi abducente, trocleare, od oculomotore; tuttavia, spesso non è sufficiente per individuare alterazioni dinamiche delle saccadi. Il riscontro clinico dell’OIN può essere difficile 156 e la misurazione dei movimenti oculari può aiutare a confermare la diagnosi in una fase precoce della malattia. Clinicamente il rallentamento dell’adduzione può essere evidenziato chiedendo al paziente di eseguire larghe saccadi orizzontali tra due target oppure utilizzando un cilindro manuale per il nistagmo otticocinetico. Un approccio più affidabile è quello di registrare i movimenti oculari saccadici orizzontali, misurando le saccadi confrontando il picco di velocità dell’adduzione e dell’abduzione, e confrontando i valori con quelli di un gruppo di soggetti normali; ciò consente di identificare i vari gradi di OIN. I soggetti normali mostrano piccole variazioni della relazione abduzione/adduzione del picco di velocità oculare o picco d’accelerazione. 159,190 I pazienti con OIN, invece, hanno una relazione abduzione/adduzione per il picco di velocità o picco di accelerazione che oltrepassa l’intervallo di predizione del 95% per i soggetti normali. Altre anomalie delle saccadi che devono essere valutate in questi pazienti sono il prolungato tempo di reazione (latenza), l’inacuratezza e la riduzione della velocità. Ad esempio, le saccadi ampie (20 gradi o più) sono più adatte per mostrare i cambiamenti di velocità rispetto alle piccole saccadi. 191 Un’altra alterazione frequente è la dismetria saccadica (ipometria e/o ipermetria). I movimenti d’inseguimento lento, che hanno la funzione di stabilizzare sulla fovea l’immagine di oggetti d’interesse che si muovono lentamente nel 50 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato campo visivo, 10 vengono abitualmente testati chiedendo al paziente di seguire con gli occhi un target (es: la punta di una matita), mosso lentamente dall’esaminatore sul piano orizzontale e verticale. Il riscontro di movimenti saccadici durante l’esame implica un’inseguimento lento alterato o saccadico. Il deficit dell’inseguimento lento è un segno non specifico presente in diverse patologie neurologiche, tra cui quelle che interessano il cervelletto, anche se soggetti normali (soprattutto anziani) possono avere un inseguimento lento saccadico. Il riscontro di nistagmo può essere diagnosticamente importante, specialmente se presente in posizione centrale (posizione primaria di sguardo). Tuttavia, la forma più comune di nistagmo nella SM è quello che compare quando lo sguardo è diretto in posizione eccentrica, soprattutto lateralmente e verso l’alto (“nistagmo evocato dallo sguardo”). 192 Tuttavia, nonostante la possibile rilevanza clinica della presenza di un nistagmo evocato dallo sguardo, questo è di comune riscontro anche in alcuni soggetti normali; pertanto questo segno manca di specificità. Invece un pattern dissociato di nistagmo evocato dallo sguardo, abbiamo visto essere un segno clinico utile, in quanto molto suggestivo per la presenza di un’oftalmoplegia intenucleare.193 La valutazione della “Subjective Visual Vertical” (SVV) è un test utilizzato per la valutazione della disfunzione del tronco encefalico e del cervelletto; è facilmente eseguibile e ripetibile nella pratica clinica, può essere di notevole utilità nell’esame dei pazienti affetti da sclerosi multipla. I soggetti normali, con la testa in posizione eretta, sono in grado di giudicare con una certa accuratezza quando una linea luminosa proiettata in una stanza buia sia verticale (percezione soggettiva della verticalità o “subjective visual vertical”). La deviazione della “subjective visual vertical” (SVV) oltre il range di normalità, è riportata in letteratura come un test otoneurologico sensibile in grado di fornire informazioni sui disturbi vestibolari, riflettere un danno delle vie vestibolari centrali ed è stato proposto come il segno più frequente e sensibile di lesione unilaterale del tronco encefalico. 194 Inoltre, il riscontro di deviazioni patologiche della SVV può essere associato a lesioni talamiche o corticali. 195 51 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato 3.1.3 Il sintomo fatica nelle malattie neurologiche Non esiste un’univoca definizione della fatica che consenta un corretto inquadramento nosografico e lo sviluppo di soddisfacenti scale di classificazione e valutazione: la fatica fisica viene da alcuni autori definita come “l’incapacità a continuare il funzionamento ad un livello normale d’abilità”, 196 da altri come “la perdita della capacità massima di generare forza durante l’esercizio”. 197 Si parla invece di fatica “patologica” quando ci troviamo di fronte ad un sintomo sproporzionato allo sforzo effettuato. 198 È un sintomo comune a molte patologie neurologiche quali la sclerosi multipla, 199 la sindrome da fatica cronica, 198 gli esiti di ictus, 200 la miastenia gravis oppure può essere un sintomo della sindrome depressiva. La fatica viene distinta in centrale e periferica. La fatica centrale è imputabile a meccanismi che originano nel sistema nervoso centrale (SNC), ovvero in tutte quelle strutture nervose, corticali e subcorticali, i cui compiti vanno dall'ideazione del movimento alla conduzione dell'impulso nervoso fino al motoneurone spinale. La fatica periferica (o affaticabilità muscolare) è caratterizzata dall’incapacità a mantenere una contrazione muscolare costante, è indotta da fenomeni che si verificano nel motoneurone spinale, nella placca neuromuscolare (come nella miastenia gravis) e nella fibrocellula muscolare. Le basi biologiche responsabili della fatica non sono ancora perfettamente conosciute. La fatica nella Sclerosi Multipla La fatica è tra i sintomi più frequentemente riferiti dai pazienti affetti da sclerosi multipla (SM), con una prevalenza elevata che va dal 65% al 97% secondo gli studi e con almeno il 15–40% dei soggetti che la descrivono come il sintomo in assoluto più disabilitante. 201 La fatica tende ad essere più frequente in pazienti con disabilità maggiore, decorso progressivo, sia di tipo primario che secondario, interessamento delle vie sensitivo-motorie e cerebellari, età maggiore alla valutazione e stagionalità (primavera). 202 52 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Essendo la fatica un’esperienza soggettiva, la sua quantificazione si basa sull’auto-compilazione di questionari (unidimensionali o multidimensionali) che purtroppo non hanno una piena validazione soprattutto per quanto riguarda loro utilizzo in via longitudinale. I limiti dei questionari stanno nella loro completa soggettività e nella richiesta di valutazioni retrospettive, talora per il paziente di discreta difficoltà compilativa. Inoltre la fatica può esser confusa dal paziente con altri sintomi di malattia. La Fatigue Severity Scale (FSS) è la scala tuttora più utilizzata: è unidimensionale, valuta la gravità della fatica nella vita quotidiana ed è composta da 9 elementi. 203 La Modified Fatigue Impact Scale (MFIS) è invece una scala multidimensionale che valuta l’impatto a livello fisico, psicosociale e cognitivo, attraverso la compilazione di 21 elementi: probabilmente è la scala più attendibile, anch’essa inserita nella valutazione della fatica nei più recenti studi clinicofarmacologici.204 La fatica nella sclerosi multipla è causata da diversi fattori che possono essere divisi in due gruppi: quelli che determinano fatica primaria; quelli che determinano fatica secondaria. La fatica primaria è il risultato del processo che determina la patologia, cioé la demielinizzazione nel sistema nervoso centrale. È definita come la perdita d’energia sia fisica che mentale e si manifesta con apatia, stanchezza, che non è direttamente correlata con l’aumento dell’attività fisica e che interferisce con le normali attività quotidiane. La fatica peggiora in seguito ad alcune condizioni ambientali quali il caldo e l’umido o all’incremento della temperatura corporea (noto come fenomeno di Uhthoff), 205 dovuto ad una riduzione della velocità di conduzione nervosa attraverso le fibre demielinizzate. La fatica secondaria non è causata direttamente dalla malattia stessa, ma è il risultato di sintomi della sclerosi multipla o del loro compenso: i disturbi del sonno, che sono molto frequenti e possono essere secondari alla necessità di alzarsi per urinare (nicturia), alla presenza di spasmi muscolari o dolori, all’ansia; lo sforzo continuo necessario a compensare deficit della deambulazione dovuti alla spasticità o ai dolori muscolari; la depressione e alcune terapie. 53 206 La Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato sindrome simil-influenzale, effetto collaterale noto dei trattamenti immunoprofilattici per SM a base d’interferone-beta, attraverso l’incremento seppur lieve della temperatura corporea può contribuire al fenomeno della fatica riducendo pertanto la qualità della vita di questi pazienti. Fatica e Sistema Oculomotore. Nonostante la fatica nella sclerosi multipla si manifesti in particolar modo a carico del sistema motorio provocando un incremento della spasticità, peggioramento del deficit stenico, spasmi dolorosi e clonie, altri disturbi a carattere parossistico con interessamento del sistema oculomotore, quali oscillopsia, diplopia, confusione visiva transitorie, potrebbero dipendere dal fenomeno della fatica. I muscoli extraoculari sono particolarmente resistenti alla fatica così com’è stato determinato da valutazioni funzionali nell’uomo preparazioni di muscoli isolati. 207 105 e in studi su La resistenza alla fatica deriva in vivo dall’elevata vascolarizzazione dei muscoli extraoculari e dal loro contenuto mitocondriale. 208 È noto, infatti, che i muscoli extraoculari sono diversi dai muscoli scheletrici sia per le loro caratteristiche strutturali che fisiologiche ed è per questo che sono più suscettibili a determinate patologie (es. miastenia) rispetto agli altri muscoli e più resistenti ad altre (es. distrofia di Duchenne); inoltre quando una patologia coinvolge questi muscoli, le modificazioni istopatologiche possono essere completamente diverse da quelle dei muscoli scheletrici affetti dalla stessa patologia. Ipotesi Patogenetiche I meccanismi alla base della fatica nella sclerosi multipla sono ancora poco conosciuti, si pensa siano in parte di natura centrale legati ad un’alterazione del reclutamento dei motoneuroni alfa dovuta a lesioni a carico del fascio corticospinale 209 spastico; e in parte secondari a meccanismi periferici aventi luogo nel muscolo 210 questa “fatica periferica” non sembra comunque secondaria a compromissione del nervo periferico, né della giunzione della placca 54 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato neuromuscolare (come capita, ad esempio, nella Miastenia Gravis) o ad un’alterata eccitabilità della membrana muscolare. 211 3.1.5 Terapia della fatica nella Sclerosi Multipla Il trattamento della fatica non può al momento giovarsi di un farmaco d’elezione, in quanto non si sono dimostrati sicuri benefici “evidence-based” con nessuno dei farmaci finora testati. Diversi studi clinici hanno dimostrato l’efficacia dei diversi trattamenti farmacologici della fatica come il modafinil, l’aminopiridina, l’amantadina e il pemolino. Il modafinil è un farmaco agonista alfa-adrenergico centrale con proprietà di stimolare la vigilanza, basso potenziale d’abuso, già utilizzato per il trattamento della narcolessia e dell’ipersonnia idiopatica. Diversi studi 212,213 hanno evidenziato come questa molecola sia di grande interesse nel trattamento del sintomo fatica, poiché è in grado di fornire miglioramenti significativi, come rilevato alla scala FSS, a fronte di modesti effetti collaterali quali cefalea, ansia e nausea. Le aminopiridine (4-Aminopiridina e 3,4-Diaminopiridina) sono dei bloccanti dei canali del calcio, in grado sperimentalmente di accelerare la conduzione nervosa su fibre parzialmente demielinizzate, incrementando la durata del potenziale d’azione, permettendo di conseguenza l’incremento della velocità di conduzione nei nervi demielinizzati e migliorando in alcune fibre i blocchi di conduzione. Un recente studio, 214 randomizzato, contro placebo con 4- Aminopiridina non ha dimostrato vantaggi nelle scale di fatica, EDSS (Expanded Disability Status Scale) e funzioni cognitive, ma quando i pazienti sono stati suddivisi in sottogruppi in base al dosaggio ematico del farmaco, si è rilevato come nei pazienti ad alto livello sierico (>30 ng/ml) fosse misurabile un miglioramento significativo della fatica. Gli effetti collaterali più frequenti sono le parestesie, i dolori addominali, le vertigini, l’ansia e la tachicardia, senza una rilevante differenza tra i pazienti con livello ematico elevato o basso. L’amantadina è il farmaco in grado di aumentare il rilascio di dopamina e di beta-endorfine, gli studi analizzati dalla Cochrane Review segnalavano dei 55 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato miglioramenti sulla fatica definiti come incostanti e relativi, descritti comunque come “poco ben documentati” a causa di elevata frequenza di drop outs, assenza di analisi “intention to treat” o scarso numero di pazienti arruolati. Gli effetti collaterali segnalati sono stati iperattività e risveglio precoce, mentre la confusione e la ritenzione urinaria venivano per lo più riportati dai pazienti più anziani. Il pemolino è un farmaco ad effetto stimolante sul sistema nervoso centrale, utilizzato in pediatria per la terapia dei disturbi da deficit d’attenzione. È stato testato nel trattamento della fatica nella SM in due studi senza che fossero evidenziati risultati statisticamente positivi rispetto al placebo. 215,216 Gli effetti collaterali più frequentemente riportati sono l’anoressia, l’irritabilità e l’insonnia. Altri farmaci sono stati testati in studi di potenza modesta, per lo più in un singolo centro: i dati necessitano di conferme su gruppi più numerosi ed in studi multicentrici. Oltre all’intervento farmacologico risulta non meno importante anche un approccio basato sulla terapia fisica, fondata principalmente su interventi di esercizio aerobico. 217 Vanno comunque evitati gli effetti negativi dello sforzo sulla fatica legati al conseguente incremento della temperatura corporea: l’effetto di quest’ultima è legato all’instabilità della conduzione nervosa nelle fibre parzialmente demielinizzate, con conseguente formazione di blocchi a livello dei nodi di Ranvier e ridotta densità dei canali del sodio, condizionante un deterioramento delle funzioni neurologiche. Anche se l’approccio terapeutico risulta al momento ancora insufficiente, è verosimile che la combinazione di tecniche di modificazione ambientale (esercizi di rilassamento periodici, attività lavorativa diversamente organizzata, uso di bevande e docce fredde) associate ad una terapia fisica mirata (esercizio aerobico incrementale) e a farmaci specifici possa giovare in modo significativo nel migliorare la percezione della fatica nel paziente affetto da SM. 56 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato 3.2 OBIETTIVI DELLO STUDIO Gli obiettivi della nostra ricerca sono stati quelli di valutare la presenza e la gravità delle anomalie della motiltà oculare, correlate al grado di disabilità, e di indagare sul fenomeno della “fatica nella SM”, ed eventualmente caratterizzarne il meccanismo. Lo studio di tale fenomeno, verosimilmente presente anche a carico dei muscoli extraoculari, come sembra suggerire il comune riscontro nella pratica clinica di sintomi oculari “da fatica” (es. diplopia), sarà quindi approfondito con uno studio dei movimenti oculari, simile a quello solitamente effettuato in pazienti affetti da patologia della placca neuromuscolare. Lo scopo quindi di questo studio è stato quello di determinare se il circuito per le saccadi orizzontali coniugate, mostrato in Figura 9, offra un modello accessibile, utile, riduzionista per studiare il fenomeno della fatica nella SM. Studi precedenti effettuati su saccadi ripetute in soggetti normali, hanno mostrato che non compare fatica, 105 o un pattern di fatica apparente che si risolve velocemente se la natura del compito viene cambiata, ad esempio, cambiando semplicemente le istruzioni date al soggetto. 164,218 Comunque, questi studi precedenti non hanno focalizzato l’attenzione sul fatto se le saccadi ripetitive possano determinare cambiamenti nella coniugazione saccadica, né in soggetti normali né in pazienti affetti da SM. Abbiamo studiato un gruppo di pazienti affetti da SM, focalizzando l’analisi quantitativa delle saccadi su quelli con OIN, dalla diversa gravità, e abbiamo trovato che le saccadi ripetute determinano cambiamenti nella coniugazione in più casi, ma non nei controlli sani. 57 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato 3.3 MATERIALI E METODI Abbiamo studiato un gruppo di 50 pazienti (35 femmine, 15 maschi) con sclerosi multipla definita (44 con decorso recidivante-remittente; 6 con decorso secondario progressivo), range d’età compreso tra i 24 e i 61 anni (media 38.84), che hanno riferito come sintomo la fatica generalizzata e/o sintomi di disfunzione del sistema oculomotore (diplopia, ptosi, nistagmo, ecc...). Abbiamo inoltre studiato 8 controlli sani correlati per età e sesso (range d’età 27-54 anni; media 36.75; 4 femmine). Tutti i pazienti e i controlli hanno firmato il consenso informato. I pazienti sono stati sottoposti ad esame clinico neurologico per la valutazione, con le scale di Kurtzke, dei singoli sistemi funzionali (Functional System Scores, FSS) e della disabilità (Expanded Disability Status Scale, EDSS) e sottoposti a test per valutare la presenza di fatica ed escludere cause, quali la depressione, che possono determinare astenia generalizzata che può essere scambiata per fatica. I pazienti c/o l’ambulatorio di Neurooftalmologia sono stati sottoposti al seguente protocollo. L’esame clinico oftalmologico: l’acuità visiva per vicino, utilizzando la carta di Rosenbaum; il campo visivo mediante le prove manuali di confronto; la visione dei colori, utilizzando le tavole di Ishihara; il diametro pupillare e l’integrità del riflesso pupillare alla luce e all’accomodazione-convergenza; l’esame del fundus oculare (PanOptic Opthalmoscope-Welch Allyn). L’esame della motilità oculare: impiego di una scala di valutazione con punteggi (Tabella 5) adoperata in uno studio precedente condotto su pazienti affetti da SM. 172 La suddetta scala comprende: (1) esame dell’allineamento degli assi visivi, mediante il cover test; (2) osservazione della stabilità di fissazione in posizione primaria di sguardo, e nelle direzioni eccentriche orizzontali e verticali; (3) esame delle saccadi orizzontali e verticali; (4) esame dell’inseguimento lento orizzontale e verticale; (5) esame del riflesso vestibulo-oculare (VOR) orizzontale e verticale, mediante l’head-impulse test; (6) esame della convergenza. 58 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato I punteggi attribuiti alle singole alterazioni della motilità oculare sono stati assegnati tenendo in considerazione che alcuni soggetti normali possono manifestare nistagmo nelle estreme deviazioni di sguardo e possono avere un inseguimento lento lievemente saccadico. I pazienti con punteggio inferiore o uguale a 2 sono stati inclusi nel gruppo con motilità oculare normale (MON), quelli con punteggio superiore a 2 nel gruppo con motilità oculare alterata (MOA). Come test aggiuntivo, la rappresentazione interna della verticalità (Subjective Visual Vertical, SVV) misurata sia in condizioni di visione binoculare che monoculare. Per questo test viene utilizzato uno strumento costituito da una struttura in legno con un led lineare. [Figura 10] Il paziente, che siede al centro della stanza con la testa eretta (senza occhiali o lenti correttive), viene invitato a dare istruzioni all’operatore finché non ritiene che il led lineare sia perfettamente verticale. I pazienti sono stati classificati in due gruppi: il gruppo di pazienti con SVV normale (SVVN), con una deviazione dal vettore verticale di gravità <3° (che includeva il 95% dell’intervallo di confidenza nei soggetti normali), e quello dei pazienti con SVV anormale (SVVA), con deviazione >3°. 172 Per il confronto statistico dei dati è stato utilizzato il t-test, essendo i dati normali per distribuzione. Infine i pazienti sono stati sottoposti alla valutazione strumentale mediante l’oculografia a raggi infrarossi (Scalar Eye Movement Monitoring System), i dati digitali sono stati elaborati attraverso una scheda di acquisizione PCI-MIO-16XE-50 (National Instruments, http://www.ni.com/dataacquisition) e il software LabView (National Instruments, http://www.ni.com/labview), e analizzati su computer con l’uso del software Matlab (The Mathworks, Natick MA). I pazienti e i controlli sani, con entrambi gli occhi aperti (visione binoculare), hanno eseguito saccadi orizzontali in risposta ad un target visivo (laser spot) che si alternava a ±10 gradi rispetto alla linea mediana a un 1Hz, che compariva su uno schermo alla distanza di 1.2 metri. [Figura 5] 59 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Questo “test della fatica” è durato 10 minuti. La posizione oculare orizzontale è stata registrata con la tecnica a raggi infrarossi. Il segnale è stato filtrato (0-150 Hz) prima della digitalizzazione a 500 Hz; la velocità oculare e l’accelerazione è stata calcolata come descritto precedentemente (vedi capitolo 2). L’inizio e la fine delle saccadi sono state definite utilizzando una velocità di soglia di 10 gradi/secondo. Abbiamo infine focalizzato l’analisi digitale dei tracciati ottenuti in un gruppo di 9 pazienti (5 femmine, 3 maschi) con sclerosi multipla definita (5 con decorso recidivante-remittente, 4 con decorso secondario progressivo), tutti mostravano clinicamente OIN con vario grado di severità (4 bilaterali, totale 13 OIN); le loro caratteristiche cliniche sono riassunte nella Tabella 6. Abbiamo applicato tre misure per valutare la coniugazione delle saccadi orizzontali nelle parti di tracciato del primo e dell’ultimo minuto del test della fatica: (1) il rapporto di ampiezza (AR) dei movimenti di abduzione e adduzione; (2) il rapporto del picco di velocità di abduzione e adduzione (versional disconjugacy index, VDI); (3) la differenza di velocità interoculare (IVD) normalizzata al 20% dello spostamento oculare con il phase-plane plots. Quest’ultima tecnica è stata descritta in precedenza (vedi capitolo 2), e viene qui riassunta brevemente. Lo spostamento (cambiamento di posizione) e la velocità di ciascun occhio sono stati normalizzati assegnando il valore di 1.0 allo spostamento massimo e al picco di velocità dell’occhio che esegue il movimento più ampio. In questo modo, siamo stati in grado di confrontare la curva di velocità di ciascun occhio con lo spostamento dello stesso normalizzato durante l’intera saccade; la differenza tra queste curve è la velocità di disconiugazione, che stabilisce un valore per l’IVD del 20% dello spostamento oculare. Abbiamo applicato questa tecnica a 622 saccadi degli 8 soggetti sani correlati per età, e abbiamo usato la regressione lineare definita tra il 5%-95% dell’intervallo di predizione (PI) delle curve di differenza di velocità interoculare. Infine, per ogni paziente, la media della velocità di disconigazione è stata calcolata per un minimo di 10 saccadi ed è stata confrontata con il PI dei soggetti di controllo. 60 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato 3.4 RISULTATI La Tabella 4 riassume le principali alterazioni della motilità oculare riscontrate nei nostri pazienti. Le alterazioni più frequenti sono: il nistagmo evocato dallo sguardo, presente in 24/50 pazienti (48%), la dismetria saccadica 15/50 (30%) e l’alterazione della convergenza 15/50 (30%). L’OIN è risultato presente in 9/50 (18%); questo dato, che sembra in contrasto con l’alta frequenza riportata nei diversi dati di letteratura, può essere spiegata con un basso EDSS del nostro gruppo (range 0-7, media 1.93). Nei pazienti con OIN l’EDSS (range 2.5-7, media 3.33) invece è più alto rispetto alla media del gruppo senza OIN (range 0-6.5, media 1.77) con una differenza fra i due gruppi statisticamente significativa (p<0.01). In questi pazienti 6/9 (66.6%) le alterazioni della motilità oculare erano d’entità tale da rientrare nel gruppo di MOA (range 3-6, punteggio medio 4) con una differenza rispetto al punteggio della motilità oculare dei pazienti senza OIN (range 0-4, punteggio medio 0.93) estremamente significativa (p<0.001) dal punto di vista statistico. Nel nostro campione abbiamo trovato invece una bassa frequenza di alterazioni della SVV, con 4/49 (8.1%): 3 in visione binoculare, 2 in visione monoculare con l’occhio destro, 4 con l’occhio sinistro). L’EDSS in questi pazienti con SVVA è risultato più alto (range 1.5-6, media 4) rispetto ai pazienti con SVVN (range 0-5, media 1.633) con una differenza significativa dal punto di vista statistico fra i due gruppi (p=0.0014). Inoltre di questi pazienti con SVVA 3 casi avevano una deviazione del vettore verticale di gravità >3° e 1 caso >5°. Nella Tabella 5 vengono mostrate le alterazioni riscontrate nel gruppo di pazienti 10/50 (20%) con MOA con il relativo punteggio (range del punteggio 2.5-6, media 3.7, 4 femmine); di questi 10/10 avevano nistagmo evocato dallo sguardo (7 orizzontale bilaterale), 9/10 inseguimento lento alterato, 7/10 dismetria saccadica, 5/10 OIN (2 bilaterale). In questi pazienti l’EDSS è mediamente più alto (range 0-7, media 2.75) rispetto al gruppo con MON (range 0-6, media 1.72), anche se la differenza fra i due gruppi non è abbastanza significativa dal punto di vista statistico (p=0.075), così come non è risultata statisticamente significativa la differenza della durata di malattia fra i due gruppi (p=0.598). 61 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Per quanto riguarda invece l’analisi digitale dei dati delle registrazioni effettuate durante il test della fatica, abbiamo focalizzato la nostra attenzione sui 9 pazienti con OIN, confrontando i risultati con i controlli. Ecco ciò che è emerso. I controlli sani hanno mostrato valori di AR vicini a 1.0 durante il primo (0.97 + 0.10) e il decimo (1.00 + 0.11) minuto (Figura 11A), e insieme al t-test non ha mostrato cambiamenti significativi (p=0.475). I pazienti hanno mostrato valori di AR significativamente maggiori (p=0.02) rispetto ai controlli al primo minuto (1.26 + 0.27), con un ulteriore aumento al decimo minuto (1.41 + 0.43), anche se questo aumento non è significativo (p=0.135, Wilcoxon rank-sum test) per maggiori differenze. Un esempio dell’aumento di AR dopo 10 minuti nel paziente 6 viene mostrato in Figura 11B. I valori del VDI nei soggetti normali erano vicini a 1.0 sia durante il primo (1.04 + 0.14) che il decimo minuto (1.05 + 0.14), e insieme al t-test non ha mostrato cambiamenti significativi (p=0.475). I pazienti hanno mostrato maggiori valori di VDI (1.96 + 0.63) durante il primo minuto rispetto ai controlli (p<0.001, Wilcoxon rank-sum test). Durante il decimo minuto del test della fatica, si sono verificati cambiamenti significativi in 10 su 13 OIN, con aumento significativo in 5 casi (p<0.0001 in 4, p=0.003 in 1) e diminuzione negli altri 5 (p<0.001); questi due gruppi sono evidenti in Figura 12B. Questi due differenti comportamenti non hanno determinato cambiamenti del VDI (1.94 + 0.54) nell’intero gruppo. Un esempio di aumento del VDI dopo 10 minuti nel paziente 6 è mostrato in Figura 11B. Le misure della velocità di disconiugazione con il phase plane (IVD) sono riassunte in Figura 12C. I controlli sani hanno mostrano valori simili di IVD durante il primo (0.06 + 0.03) e il decimo (0.64 + 0.59) minuto, e insieme al t-test non hanno mostrato cambiamenti significativi (p=0.95). I pazienti con SM hanno mostrato complessivamente cambiamenti non significativi (p=0.02) dei valori di IVD nel primo minuto (0.35 + 0.22) rispetto al decimo minuto (038 + 0.14), a causa di un incremento simile in cinque pazienti e decremento in cinque [Figura 12C]. 62 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato I 5 OIN con aumento del VDI dopo 10 minuti hanno mostrato anche un aumento nell’IVD che è significativo dal punto di vista statistico in 4/5 casi (p<0.001), mentre gli altri 5 OIN con riduzione del VDI hanno mostrato anche un simile decremento all’IVD dopo 10 minuti che è significativo in 2/5 casi. Esempi di phase planes plots in Figura 13 mostrano peggioramento (A) o miglioramento (B) della disconiugazione al 20% dello spostamento oculare (IVD). Vengono anche mostrati cambiamenti consistenti simili nel VDI degli stessi pazienti. Sia l’IVD che il VDI hanno mostrato cambiamenti consistenti nei pazienti con SM tra il primo e il decimo minuto [Figura 12D], confermando il risultato che i pazienti con SM hanno due diversi tipi di comportamento in risposta al test della fatica. Complessivamente, il peggioramento della coniugazione (incremento dei valori del VDI e dell’IVD) è stato osservato in generale in quegli OIN con valore iniziale di VDI<1.9, mentre il miglioramento della coniugazione (decremento dei valori di VDI e IVD) è stato osservato in quelli con valore iniziale di VDI>1.9. Infine, in Figura 14 mostriamo un timeplot di una saccade che rappresenta due pazienti con peggioramento (A) e miglioramento (B) al decimo minuto del test della fatica. Vedi la discussione per ulteriori dettagli. 63 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato 3.5 DISCUSSIONE Come sottolineato in precedenza (vedi paragrafo 3.1.3), la valutazione clinica dei pazienti affetti da SM non è completa senza un attento esame della motilità oculare. L’esame clinico riportato nelle scale di valutazione per la SM si limita all’esplorazione del “range” dei movimenti oculari, all’esame dei movimenti di inseguimento lento e alla ricerca del nistagmo. Questo tipo di valutazione appare insoddisfacente, in quanto non fornisce importanti informazioni sugli aspetti dinamici dei movimenti oculari. Sebbene i disturbi della motilità oculare nei pazienti con SM siano ampiamente documentati in letteratura, nessuno studio sistematico è stato finora condotto al fine di correlare tali alterazioni col grado generale di disabilità associato alla malattia. Uno studio sistematico dei disordini dei movimenti oculari con un protocollo semplice, ma completo, come quello utilizzato con i pazienti di questo studio fornisce strumenti diagnostici sensibili e specifici per la localizzazione delle lesioni nel SNC e consente di avere delle informazioni che riflettono direttamente e in maniera sensibile il grado integrità dei circuiti cerebellari e troncoencefalici, 172 essendo in grado di identificare anche anomalie subcliniche. Inoltre l’utilizzo di questo protocollo nelle visite cliniche di follow-up (insieme ad un’accurata valutazione della vista) può fornire un metodo utile di valutazione della progressione e della prognosi della malattia. Nel nostro gruppo di pazienti abbiamo trovato alterazioni della motilità oculare con una frequenza concordante con quella dei dati di letteratura: dismetria saccadica e alterazione della convergenza (30%) e nistagmo evocato dallo sguardo (48%), che sono cause frequenti di disabilità visiva. Solo 10/50 pazienti hanno mostrato un punteggio della motilità oculare superiore a 2 (MOA), questo può essere spiegato con un basso EDSS del gruppo (media 1.93); di questi pazienti il 60% presentava l’OIN come deficit oculomotore comune. Inoltre l’EDSS nei pazienti con OIN è risultato significativamente più 64 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato alto rispetto ai pazienti senza OIN, con un maggiore punteggio per le funzioni del tronco. Per quanto riguarda i pazienti con la deviazione dalla norma della SVV (SVVA), nonostante la bassa frequenza di quest’alterazione (8.1%), questo gruppo ha mostrato un più alto punteggio all’EDSS rispetto a quelli con SVVN, con un punteggio maggiore per le funzioni cerebellari in 3/4 soggetti; in questi stessi era presente anche dismetria saccadica che potrebbe indicare un interessamento delle connessioni cerebellari. 172 La fatica nella SM è tra i sintomi più frequenti e disabilitanti e numerosi studi sono stati fatti per cercare di caratterizzarne i meccanismi e valutare l’effetto delle terapie. A tutt’oggi, però, sono riportati solo pochi studi sulla fatica a carico della muscolatura oculare nella sclerosi multipla. In questo studio, abbiamo eseguito un test della fatica, simile a quello che viene utilizzato per la diagnosi delle patologie della placca neuromuscolare. Abbiamo focalizzato l’attenzione sulle registrazioni della motilità oculare dei pazienti con OIN e per l’analisi digitale dei dati ottenuti da questo test della fatica abbiamo utilizzato recenti software che ci hanno consentito di valutare la coniugazione delle saccadi orizzontali nelle parti di tracciato del primo e dell’ultimo minuto del test. Una delle sindromi del tronco encefalico meglio caratterizzate è l’OIN, contrassegno neurooftalmologico della SM. L’OIN può essere caratterizzato dal punto di vista quantitativo utilizzando diverse tecniche neurofisiologiche, che in alcuni casi sono fondamentali nella diagnosi in quanto se l’OIN è di grado lieve può “sfuggire” anche ad un attento esame clinico. Per confermare la diagnosi, valutare il rapporto fra i movimenti oculari di adduzione e abduzione per la velocità e l’accelerazione si è visto essere una metodica sensibile per stabilire la presenza della disconiugazione interoculare. Precedenti approci utilizzati per studiare la coniugazione oculare hanno confrontato i movimenti di abduzione e adduzione misurando, ad esempio, il rapporto del picco di velocità o accelerazione di ciascun occhio. Questi metodi misurano soltanto un punto nella saccade e non tengono conto del tempo d’inizio e del successivo corso della saccade in ciascun occhio. In questo studio per 65 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato analizzare le caratteristiche dinamiche del sistema motorio abbiamo scelto di utilizzare misure quali il phase planes plots, che proietta la velocità come funzione del cambiamento di posizione per l’intero movimento saccadico, rimuovendo il tempo e gli effetti della latenza, il rapporto di ampiezza e il VDI. Con queste misure abbiamo indagato se la sindrome dell’OIN può fornire un modello accessibile e sensibile per studiare il fenomeno della fatica nella sclerosi multipla. Abbiamo trovato che 10 su 13 OIN in 9 pazienti con sclerosi multipla hanno mostrato cambiamenti consistenti durante un test della fatica di 10 minuti, durante i quali i soggetti hanno eseguito saccadi orizzontali di 20 gradi a 1.0 Hz per 10 minuti. Abbiamo riscontrato due tipi di cambiamenti nel rapporto dei movimenti di adduzione/abduzione. In 5 casi, l’OIN peggiora in maniera significativa, come dimostrato dai cambiamenti nel rapporto picco di velocità (VDI) e velocità di disconiugazione valutato con il phase plane. Negli altri 5 casi, l’OIN sembra migliorare. Come possono essere spiegati questi risultati differenti? Ci saremo aspettati che il rapporto abduzione/adduzione aumentasse con la ripetizione della saccadi in seguito alla progressiva incapacità di trasmissione del pulse saccadico nel fascicolo longitudinale mediale demielinizzato. Ci si sarebbe aspettato che tale trasmissione fosse ridotta sulla base della dimostrazione che l’aumento nella temperatura corporea fa realmente peggiorare l’OIN, 185,219 e cinque casi di OIN hanno mostrato un significativo peggioramento durante il test della fatica. Come possiamo spiegare l'effetto paradossale del miglioramento dell’OIN durante il test della fatica? Noi proponiamo che tale miglioramento sia una risposta d’adattamento del sistema visivo alla diplopia transitoria e ripetitiva durante il test della fatica. In studi precedenti è stato dimostrato che pazienti con OIN unilaterale in cui l’occhio normale era coperto, imponendo la visione con l'occhio debole, sviluppavano cambiamenti nell’innervazione, d’adattamento, nel giro di alcuni giorni. 220 In questi esperimenti, l'adduzione migliorava dal lato dell’OIN, mentre l'occhio normale coperto sviluppava degli overshoot, riflettendo un aumento del pulse saccadico coniugato in risposta alle richieste visive. 66 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Abbiamo considerato la possibilità che un miglioramento si sarebbe potuto verificare nei nostri pazienti se l'occhio con l’adduzione danneggiata avesse avuto una visione migliore (occhio con visione dominante), ma nei nostri pazienti non erano presenti significative differenze nell'acuità visiva tra i due occhi [Tabella 6], ed i cambiamenti nella disconiugazione si sono sviluppati dopo 10 minuti invece che in giorni, come nello studio precedente. La valutazione con il phase plane [Figura 13] offre un'altra possibilità: mettere in evidenza che i movimenti di vergenza possono essere arruolati per sostituire i movimenti coniugati danneggiati. I movimenti di convergenza sono risparmiati nell’OIN in maniera variabile, ma possono essere suscitati anche in pazienti con exotropia.1 Anche se è improbabile che i movimenti di convergenza abbiano effetto sulla porzione iniziale con alta-accelerazione della saccade, sono forse capaci di correggere lo sviluppo dell'exotropia dovuta all’adduzione saccadica rallentata dopo circa il 20% dello spostamento oculare. In uno studio precedente abbiamo messo in evidenza come nei pazienti con saccadi orizzontali lente in seguito ad ischemia del tronco, i movimenti di vergenza possono avere un ruolo sostanziale negli spostamenti di sguardo. 158 In questo studio è emerso che lo sviluppo della disconiugazione durante il recupero dall’ischemia può determinare lo sviluppo di meccanismi adattabili, come la sostituzione della vergenza con le saccadi. Inoltre, il miglioramento della coniugazione durante il test della fatica è stato osservato in quei pazienti con un grado più severo di OIN (VDI iniziale > 1.9), i quali potevano aver già ben sviluppato la sostituzione dei movimenti oculari di vergenza con le saccadi. In Figura 14 è evidente come il peggioramento della coniugazione in un paziente con VDI basale <1.9 (A), e come questa migliori a causa dell’associazione di movimenti di vergenza in un paziente con VDI basale >1.9 (B). Considerato che l’OIN dei nostri pazienti ha mostrato effetti variabili durante il test della fatica, il semplice modello in Figura 9 può essere usato per 67 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato valutare l’effetto di farmaci per la fatica nella sclerosi multipla, come ad esempio il Modafinil? Si potrebbe obiettare che la complessità della risposta sia contro l’utilizzo del test per identificare una curva dose-risposta affidabile. Comunque, una conclusione del nostro studio è che anche nel semplice circuito mostrato in Figura 9, i meccanismi d’adattamento (non mostrati in figura) agiscono per compensare l’alterazione della trasmissione del segnale nel FLM demielinizzato. Effetti simili, anche se più complicati, probabilmente agiscono nei sistemi motori più complessi, come quelli coinvolti nell’andatura. I nostri risultati sono basati su un campione relativamente piccolo, ma i cambiamenti significativi nella coniugazione che abbiamo osservato in oltre il 75% dei casi suggerisce la necessità di ulteriori studi per confrontare gli effetti del nostro semplice test della fatica, che è ben tollerato da tutti i pazienti, prima e dopo la somministrazione di farmaci contro la fatica nella sclerosi multipla. 68 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato 3.6 CONCLUSIONI La Sardegna ha un triste primato per la SM, con un’incidenza singolarmente elevata e uno studio come questo consente di arricchire ulteriormente l'ampia ricerca sulla caratterizzazione di questa patologia volto ad identificare sottopopolazioni di pazienti con disordini della motilità oculare e valutare eventualmente la risposta alle terapie immunomodulanti. Lo studio della motilità oculare con una valutazione strumentale nella SM non è una metodica facilmente accessibile a tutti i pazienti, anche per l’unicità dell’attrezzatura a disposizione c/o l’ambulatorio di Neurooftalmologia della Clinica Neurologica dell’Università degli Studi di Sassari. Non bisogna in ogni caso dimenticare che l’esecuzione e l’interpretazione di questi test richiede una certa esperienza, ed anche nelle mani più esperte non è infrequente il riscontro di risultati “falsi-positivi” o “falsi-negativi”. L’esperienza di questi anni nel lavorare con questa strumentazione, contribuendo alla diagnosi di diverse patologie neurologiche ha permesso di consolidare quanto è peraltro già avvallato da precedenti ricerche, e cioè che fornisce strumenti diagnostici sensibili e specifici per la localizzazione delle lesioni del sistema nervoso centrale, in grado anche di identificare anomalie subcliniche. Lo studio della motilità oculare nei pazienti con SM, può quindi rappresentare uno strumento utile per valutare la progressione della malattia ed il livello complessivo di disabilità del paziente, con particolare riferimento anche alla fatica e al suo ruolo nell’influenzare il decorso della malattia e la qualità della vita di questi pazienti. 69 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato APPENDICE Codici MATLAB calPhasePlane.m % Calculate difference for face plate. % input are two eyes' normalized information % with the first column and third column being position and velocity for one eye, % and the second and forth column being position and velocity for the other eye. function [result1 result2] = calPhasePlane(pone, ptwo, vone, vtwo) %close all; % Get the max range, p1 always is the one with smaller range % max is the range that difference should be calculated. max1 = max(pone); max2 = max(ptwo); if (max1 > max2) p1 = ptwo; p2 = pone; v1 = vtwo; v2 = vone; smax = max2; else p1 = pone; p2 = ptwo; v1 = vone; v2 = vtwo; smax = max1; 70 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato end % cut them at the maximum position of the weaker eye sac_end_loc1=find(p1>=smax); sac_end_loc2=find(p2>=smax); % clear noise at the begining of p2. %v2diff = diff(v2); thres = 0.1; %thres = 0; sac_start_loc1=find(v1>=thres); sac_start_loc2=find(v2>=thres); p1cut = p1(sac_start_loc1(1):sac_end_loc1(1)); v1cut = v1(sac_start_loc1(1):sac_end_loc1(1)); p2cut = p2(sac_start_loc2(1):sac_end_loc2(1)); v2cut = v2(sac_start_loc2(1):sac_end_loc2(1)); % calculate the difference for each point on p1cut % standarize position samples where interpolation will be done % in step of 1% of maximum position stdPs = [0.01:0.01: max(p1cut)]; 71 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato v2interp = interp1(p2cut,v2cut,stdPs,'cubic'); v1interp = interp1(p1cut,v1cut,stdPs,'cubic'); vdiff = v2interp - v1interp; % find two point around the desired position % v2interp = interp1(p2cut,v2cut,p1cut,'spline'); % vdiff = v2interp - v1cut; % % calculate the difference for each point on p1 % % % find two point around the desired position % v2interp = interp1(p2,v2,p1,'spline'); % vdiff = v2interp - v1; % lenP = length(p1cut); % % maxbin = 0; % for (i=1:lenP) % % right_pt_arr = find(p2>=p1cut(i)); % right_pt = right_pt_arr(1); % left_pt = right_pt - 1; % if(left_pt >= 1 ) %% vdiff(i) = v2(right_pt) - (v2(right_pt) - v2(left_pt)) ... %% * (p2(right_pt) - p1cut(i)) / (p2(right_pt) - p2(left_pt)) ... %% - v1(i); % % tempBin = abs(p2(right_pt) - p2(left_pt)); 72 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato % if(tempBin > maxbin) % maxbin = tempBin; % % end end % % end % fprintf(' Verlocity difference between two eyes: \n'); % [zeros(sac_start_loc1(1)-1,1); vdiff] % fprintf(' Max Size of the bin used in interpolation is: %6.3f\n', maxbin); % plot the face plate % vinter = vdiff' + v1cut; figure(2); plot(p1cut, v1cut,'*-', p2cut, v2cut,'+-', stdPs, vdiff, stdPs, v2interp, 'r+', stdPs, v1interp, 'g*'); legend('weaker eye', 'stronger eye', 'velocity difference', ... 'stronger eye interpolated points', 'weaker eye interpolated points'); grid on; xlabel('normalized eye position'); ylabel('normalized eye velocity'); title('Phase Plane Plot'); result1 = [stdPs' v1interp' v2interp' vdiff']; result2 = [p2 v2]; 73 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato getPhasePlane.m %function getPhasePlane % extract phase plane information from lab files. % calculate velocity difference, acceleration difference. % steps: 1. Click the start point that is before but close to when vel % surpasses the threshold. % 2. Get 10 samples before the clicked point, and calculate mean and % standard deviation. set mean + 3*sd as the new threshold. % 3. Select end point. calculate max position for each eye, and % normalize them according to bigger max position. Also normalize % the velocity according to bigger max acceleration. % 4. Call calphaseplane to calculate the actual phase plane for % velocity and acceleration difference. % 5. write result into files. fprintf('Choose the file you want to analyze. \n'); rdlab fprintf('Reading file...done. \n'); fprintf('Choose the array you want to use:\n'); fprintf(' 1: rh and lh\n 2: rv and lv\n 3: hh and hv\n'); choice = input('Enter choice [1-3]:'); if choice==1 arr1=rh; arr2=lh; elseif choice==2 arr1=rv; arr2=lv; elseif choice==3 arr1=hh; arr2=hv; end fprintf('Choose the direction of the saccades:\n'); fprintf(' 1: right/up\n 2: left/down \n'); choice = input('Enter choice [1-3]:'); 74 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato if choice==1 idir = 1; fn=strrep(filename,'.lab','_up.asc'); else idir = -1; fn=strrep(filename,'.lab','_dn.asc'); end fn=strcat(path,fn); fprintf('\nFollow instructions on graph.\n'); arr1_v=derivata(arr1,smpf); arr1_a=derivata(arr1_v,smpf); arr1_af=remezfilt(arr1_a,55,60,smpf); arr2_v=derivata(arr2,smpf); arr2_a=derivata(arr2_v,smpf); arr2_af=remezfilt(arr2_a,55,60,smpf); figure(1),plot(t,[arr1 arr2 arr1_v/10 arr2_v/10], t, ones(size(t))*2,... t,-ones(size(t))*2,t,zeros(size(t))); grid on; legend('eye1', 'eye2', 'Vel1/10', 'Vel2/10'); % fid=fopen(fn,'a'); % fprintf(fid,['\t pos1\t vel1\t pos2\t vel2\t vel diff\n']); % fclose(fid); saccount = 0; choice='y'; while ~strcmpi(choice,'n') 75 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato figure(1); title('Zoom into the area of interest, and press a key when ready'); zoom; pause; zoom off; title('0. Click before the start of saccade.'); [at0,y0]=ginput(1);pause; title('1. Click before the end of saccade.'); [at1,y1]=ginput(1); % at1=t1 approximated % title('2. Click the end of drift.'); % [at2,y2]=ginput(1); % at2=tdrift % title('2. Approximate time of pk sacc vel'); % [at2,y2]=ginput(1); % accthresh=2000; % Get 10 samples before the clicked point, and calculate mean and % standard deviation. set mean + 3*sd as the new threshold. sacaccarray1 = arr1_v(round(at0*smpf):round(at1*smpf)); samplearray1 = arr1_v(round(at0*smpf)-9:round(at0*smpf)); thres1 = mean(samplearray1) + idir*3*std(samplearray1); sac_start_loc1 = find(abs(sacaccarray1)>=abs(thres1)); sacaccarray2 = arr2_v(round(at0*smpf):round(at1*smpf)); samplearray2 = arr2_v(round(at0*smpf)-9:round(at0*smpf)); thres2 = mean(samplearray2) + idir*3*std(samplearray2); sac_start_loc2 = find(abs(sacaccarray2)>=abs(thres2)); % make sure they have same size if sac_start_loc1(1) > sac_start_loc2(1) lenofarr = length(sacaccarray2) - sac_start_loc2(1); 76 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato else lenofarr = length(sacaccarray1) - sac_start_loc1(1); end % % vel1 = arr1_v(round(at0*smpf)+sac_start_loc1(1) 1:round(at0*smpf)+sac_start_loc1(1)+lenofarr); % pos1 = arr1(round(at0*smpf)+sac_start_loc1(1)- 1:round(at0*smpf)+sac_start_loc1(1)+lenofarr); % pos1 = pos1 - pos1(1); % acc1 = arr1_af(round(at0*smpf)+sac_start_loc1(1)- 1:round(at0*smpf)+sac_start_loc1(1)+lenofarr); % % % vel2 = arr2_v(round(at0*smpf)+sac_start_loc2(1)- 1:round(at0*smpf)+sac_start_loc2(1)+lenofarr); % pos2 = arr2(round(at0*smpf)+sac_start_loc2(1)- 1:round(at0*smpf)+sac_start_loc2(1)+lenofarr); % pos2 = pos2 - pos2(1); % acc2 = arr2_af(round(at0*smpf)+sac_start_loc2(1)- 1:round(at0*smpf)+sac_start_loc2(1)+lenofarr); vel1 = arr1_v(round(at0*smpf)+sac_start_loc1(1)-1:round(at1*smpf)); pos1 = arr1(round(at0*smpf)+sac_start_loc1(1)-1:round(at1*smpf)); pos1 = pos1 - pos1(1); acc1 = arr1_af(round(at0*smpf)+sac_start_loc1(1)-1:round(at1*smpf)); vel2 = arr2_v(round(at0*smpf)+sac_start_loc2(1)-1:round(at1*smpf)); 77 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato pos2 = arr2(round(at0*smpf)+sac_start_loc2(1)-1:round(at1*smpf)); pos2 = pos2 - pos2(1); acc2 = arr2_af(round(at0*smpf)+sac_start_loc2(1)-1:round(at1*smpf)); % 3. Select end point. calculate max position for each eye, and % normalize them according to bigger max position. Also normalize % the velocity according to bigger max acceleration. maxpos = max(max(abs(pos1)), max(abs(pos2))); maxvel = max(max(abs(vel1)), max(abs(vel2))); pos1_n = idir*pos1 / maxpos; pos2_n = idir*pos2 / maxpos; vel1_n = idir*vel1 / maxvel; vel2_n = idir*vel2 / maxvel; [data1 data2] = calPhasePlane(pos1_n, pos2_n, vel1_n, vel2_n); % fig2 = figure; % plot(data1(:,1), data1(:,2),'*-', data2(:,1), data2(:,2),'+-', data1(:,1), data1(:,4), data1(:,1), data1(:,3), 'r*'); % legend('weaker eye', 'stronger eye', 'velocity difference', 'interpolated points'); % grid on; % % xlabel('normalized eye position'); % ylabel('normalized eye velocity'); % title('Phase Plane Plot'); keep=input('Do you want to keep these points? [(y)/n]','s'); % disp(strcat(keep, '.end.')); keep = strtrim(keep); regRsl = regexp(keep, '[nN]'); 78 Matta M. % Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato length(regRsl) if (length(regRsl) == 0) % Writing data to file fid=fopen(fn,'a'); saccount = saccount + 1; fprintf(fid,['Saccade NO%d :\n'], saccount); fprintf(fid,['\t t start\t t end\t max pos\t max vel\n']); fprintf(fid,['\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\n'],... at0, at1, idir*maxpos, idir*maxvel); fprintf(fid,['\t pos1\t vel1\t pos2\t vel2\t vel diff\n']); if size(data1,1) > size(data2,1) nMax = size(data1,1); else nMax = size(data2,1); end for i=1:size(data1,1) if i > size(data2,1) fprintf(fid,['\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\n'],... data1(i, 1), data1(i, 2), 0, 0, data1(i, 4)); elseif i >= size(data1,1) fprintf(fid,['\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\n'],... 0, 0, data2(i, 1), data2(i, 2), 0); else fprintf(fid,['\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\n'],... data1(i, 1), data1(i, 2), data2(i, 1), data2(i, 2), data1(i, 4)); end end fclose(fid); 79 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato else fprintf('Ok....points discarded.\n'); % hold on; % plot(t0,arr_af(round(t0*smpf)+1)/1000,'w+',t1,arr_af(round(t1*smpf)+1)/1000,... % 'w+',tdrift, pdrift, 'w+', t2,pksacvel/10,'w*',tpkacc,pksacacc/1000,'w*',tpkdec,pksacdec/1000,'w*'); % plot(t0,arr_af(round(t0*smpf)+1)/1000,'r',t1,arr_af(round(t1*smpf)+1)/1000,... % 'r',tdrift, pdrift, 'r',t2,pksacvel/10,'r',tpkacc,pksacacc/1000,'r',tpkdec,pksacdec/1000,'r'); end close(2); choice=input('Do you want to continue? [(y)/n]','s'); choice=strtrim(choice); end fprintf('Done.\n'); 80 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Tabella 1. Le principali classi funzionali dei movimenti oculari nell’uomo. 1 FUNZIONE PRINCIPALE CLASSI DI MOVIMENTI OCULARI VESTIBOLARE Stabilizza le immagini del mondo esterno nella retina durante i movimenti della testa rotatori o di traslazione FISSAZIONE VISIVA Stabilizza nella fovea le immagini di un oggetto stazionario, minimizzando i piccoli movimenti oculari OTTICOCINETICO Stabilizza le immagini del mondo esterno sulla retina durante le rotazioni della testa INSEGUIMENTO LENTO Stabilizza nella fovea le immagini di un oggetto che si muove lentamente; oppure stabilizza nella retina le immagini di un piccolo oggetto vicino, durante i movimenti lineari del soggetto; insieme alle risposte otticocinetiche contribuisce a stabilizzare lo sguardo durante le rotazioni della testa. FASE RAPIDA DEL NISTAGMO Ripristina la posizione oculare durante le rotazioni prolungate e direziona lo sguardo verso la scena visiva che si avvicina SACCADI Portano le immagini di un oggetto d’interesse sulla fovea VERGENZA Muove gli occhi in direzione opposta in modo tale che le immagini di un singolo oggetto siano stabilizzate simultaneamente nella fovea di ciascun occhio 81 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Tabella 2. Classificazione delle saccadi. 1 CLASSIFICAZIONE DEFINIZIONE Saccadi volontarie Saccadi facoltative eseguite come parte di un compito specifico Saccadi anticipatorie Saccadi eseguite in anticipo o alla ricerca di un target visivo in una particolare direzione Saccadi guidate dalla memoria Saccadi eseguite in direzione di un target che è stato presentato precedentemente Anti-saccadi Saccadi eseguite in direzione opposta rispetto a quella del target presentato (il soggetto va istruito ad eseguire questo compito) Saccadi a comando Saccadi eseguite in seguito a comando Saccadi riflesse Saccadi eseguite in direzione di uno stimolo (visivo, uditivo o tattile) che arriva inaspettatamente nell’ambiente Saccadi rapide Saccadi con una brevissima latenza che vengono provocate quando un nuovo stimolo viene presentato dopo che lo stimolo di fissazione scompare (“gap stimulus”) Saccadi spontanee Saccadi eseguite random quando al soggetto non viene richiesto di eseguire un particolare compito Fase rapida (del nistagmo) Fase rapida del nistagmo (saccade) generata durante uno stimolo vestibolare o otticocinetico o come movimento automatico di ripristino in presenza di spostamento spontaneo degli occhi 82 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Tabella 3. Alterazioni dei movimenti oculari in corso di SM. 1 ALTERAZIONI DEI MOVIMENTI OCULARI IN CORSO DI SM Oftalmoplegia Internucleare (OIN), solitamente bilaterale Nistagmo “gaze-evoked” Nistagmo “upbeat, downbeat” o torsionale Nistagmo pendolare acquisito Nistagmo posizionale Dismetria saccadica Oscillazioni saccadiche (es: flutter oculare) Alterazione dell’inseguimento lento e dei movimenti occhitesta (soppressione del VOR) Alterazione delle risposte otticocinetiche 83 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Tabella 4. Frequenza delle anomalie della motilità oculare nei 50 pazienti. FREQUENZA NEL PERCENTUALE GRUPPO Strabismo 3/50 6% (1exotropia, 2 esotropia) Nistagmo gazeevoked+ 24/50 48% (12 orizzontale bilaterale, 4 verticale verso l’altro) Nistagmo in posizione centrale Dismetria saccadica 0 0% 15/50 30% (11 in un piano, 2 in entrambi i piani) Oftalmoplegia internucleare Inseguimento lento alterato VOR alterato 8/50 16% (3 bilaterale) 11/50 22% (8 in entrambi i piani) 3/50 6% (1 in entrambi i piani) Convergenza alterata 15/50 30% (7 bilaterale) Intrusioni Saccadiche 3/50 6% SVV (subjective visual vertical) 4/49 8.1% 84 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Tabella 5. Scala di valutazione con punteggi e frequenza delle anomalie della motilità oculare (gruppo MOA). PUNT. FREQUENZA NEL GRUPPO MOA (N=10/50) Strabismo 1 1 (exotropia) Nistagmo gaze-evoked+ 1 10 (7 orizzontale bilaterale) Nistagmo in posizione centrale 1 0 Dismetria saccadica* 1 9 7 in un piano, 2 in entrambi i piani Oftalmoplegia internucleare Inseguimento lento alterato* VOR# alterato* 1 6 (3 bilaterale) 0.5 9 (7 in entrambi i piani) 1 2 (1 in entrambi i piani) Convergenza alterata 1 2 + Per un punteggio di 1, è necessaria la presenza di un nistagmo “gaze-evoked” protratto, bilaterale *Valutato separatamente sul piano orizzontale e verticale, punteggio raddoppiato se alterato in entrambi i piani # VOR: riflesso vestibolo-oculare 85 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Tabella 6. Caratteristiche cliniche dei pazienti con OIN P Sesso Età Tipo di SM Durata malattia Lato OIN SVV Score MO Acuità visiva OD OS EDSS, F Farmaci SNC, Terapia SM P1 F 40 CDMS RR 14 anni Destro N 3.5 10/10 10/10 2.5, Cerebel, brainst Amitriptyline +alprazolam, no P2 F 26 CDMS RR 3 anni Destro N 1.5 8/10 10/10 3, Pyr, cerebel, brainst Baclofen, interferonß-1b P3 F 49 LSDMS SP 20 anni Destro N 0.5 4/10 4/10 2.5, Pyr, cerebel, brainst No, azatioprina P4 M 36 CDMS RR 10 anni Sinistro N 3 1, Pyr No, Interferonß-1a P5 F 43 CDMS RR 8 anni Sinistro N 3.5 5/10 8/10 1, Cerebel Gabapentin, no P6 F 57 CDMS SP 7 anni Bilat >3º 6 1/40 1/40 6.5, Pyr, cerebel, brainst, sens No, azatioprina+ interferonß-1a P7 M 34 CDMS SP 14 anni Bilat N 3.5 8/10 8/10 5, Pyr, cerebel, brainst No, mitoxantrone P8 M 61 CDMS SP 21 ani Bilat - 4.5 7/10 7/10 7, pyr, cerebel, brainst, sfint Baclofen, no P9 M 44 CDMS RR 10 anni Bilat N 1.5 8/10 10/10 1.5, Pyr, cerebel, brainst No, glatiramer acetate 10/10 10/10 P= pazienti; CDMS= SM clinicamente definita; LSDMS= SM definita laboratoristicamente; RR= Relapsing-Remitting; SP= Secondaria Progressiva; OIN= oftalmoplegia internucleare; F= funzioni coinvolte; pyr= funzione piramidale; cerebel= funzione cerebellare; brainst= funzione del tronco; sens= funzione sensitiva; Farmaci SNC= terapie che agiscono sul sistema nervoso centrale; score MO= punteggio motilità oculare 86 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Figura 1. Schema del comando pulse-step per una saccade. 1 A sinistra viene mostrato come il segnale neurale viene inviato ai muscoli extraoculari per generare una saccade. Le linee verticali rappresentano il fenomeno dei potenziali d’azione di un motoneurone oculare. Nel grafico viene proiettato il rapporto fra la scarica neuronale (R) e il tempo (istogramma della frequenza di scarica). Il pulse (comando di velocità) viene seguito dallo step (comando di posizione). Il movimento oculare viene invece mostrato a destra. E è la posizione oculare nell’orbita: nelle ascisse viene rappresentato il tempo. 87 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Figura 2. Diagramma a blocchi delle principali strutture che proiettano al generatore delle saccadi nel tronco encefalico (neuroni burst che si trovano nella PPRF e nel riMLF). 1 DLPC= corteccia prefrontale dorsolaterale; FEF= aree visive frontali; PEF= aree visive parietali; SEF= aree visive supplementari; PPC= corteccia parietale posteriore; IML= lamina intramidollare del talamo; NRTP= nucleo reticolare del tegmento del ponte; SNpr= pars reticolata della sostanza nera; STN= nucleo subtalamico; superior colliculus= collicolo superiore; cerebellar vermis= verme cerebellare; fastigial nucleus= nucleo del fastigio; caudate= nucleo caudato; + eccitatorio; - inibitorio Figura 3. Schema del ruolo del cervelletto nella generazione delle saccadi. 1 Vedi testo per i dettagli. 88 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Figura 4. Schema dei tessuti connettivi orbitali. 93 GL= strato globale; IR= muscolo retto inferiore; LPS= elevatore della palpebra superiore; LR= muscolo retto laterale; MR= muscolo retto mediale; OL= strato orbitale; SO= muscolo obliquo superiore; SOT= tendine del muscolo obliquo superiore; SR= muscolo retto superiore. Le tre sezioni coronali corrispondono ai livelli segnati con le frecce nella sezione orizzontale. Nella sezione orizzontale si vede come il globo oculare si inserisce nell’orbita attraverso la parte anteriore della capsula di Tenone (costituita da collagene ed elastina), attraverso la quale i muscoli extraoculari passano nei manicotti che servono da pulegge. 89 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Figura 5. Ambulatorio di Neurooftalmologia della Clinica Neurologica dell’Universitá degli Studi di Sassari. Si noti il pannello ad arco (diametro di 288 cm), con i target luminosi (diodi emettenti luce rossa, LEDS) situato di fronte ad una sedia rotante posta alla distanza di circa 1.2 metri. Figura 6. Poligrafo a penne rettilinee (Beckman Type R612 Dynograph) che consente la visualizzazione del tracciato su striscia di carta. 90 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Figura 7. Proiezione che rappresenta una saccade di 15 gradi, verso destra, di un paziente con OIN sinistro. Si noti la differenza del tempo che i due occhi impiegano per arrivare al picco di velocità (linea grigia tratteggiata). Linea rossa= posizione dell’occhio destro; Linea blu= posizione dell’occhio sinistro; Linea verde= profilo di velocità dell’occhio destro; Linea rosa= profilo di velocità dell’occhio sinistro. Figura 8. Proiezione di due saccadi orizzontali, verso destra e verso sinistra, di un controllo sano (A) e di un paziente con OIN sinistro (B). OD= occhio destro; OS= occhio sinistro; ODV= velocità occhio destro; OSV= velocità occhio sinistro. 91 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Figura 9. Riassunto del semplice modello per l’OIN. I neuroni burst premotori, che si trovano nella formazione reticolare pontina paramediana (PPRF), proiettano un pulse d’innervazione (mostrato schematicamente come un istogramma di frequenza di fuoco) al nucleo dell’abducente (CN VI). I motoneuroni dell’abducente proiettano il pulse d’innervazione, attraverso il VI nervo cranico, al muscolo retto laterale destro, che si contrae rapidamente per generare una saccade di abduzione dell'occhio destro. I neuroni internucleari dell’abducente proiettano il pulse d’innervazione, attraverso il fascicolo longitudinale mediale (FLM, via internucleare) ai motoneuroni del retto mediale che innervano il muscolo retto mediale sinistro, attraverso il III nervo cranico, per generare una saccade di adduzione veloce dell'occhio sinistro. Se il FLM è demielinizzato, il segnale è filtrato a passa-basso, riducendo così la dimensione del pulse (come mostrato); di conseguenza, la saccade di adduzione dell’occhio sinistro diventa lenta. Confrontando l'accelerazione iniziale di abduzione e di adduzione dei due occhi (mostrato schematicamente alla destra di ogni bulbo oculare) fornisce informazioni dirette sulla trasmissione dei segnali ad alta frequenza (pulse d’innervazione) nel FLM. Lo step d’innervazione, che segue il pulse, è stato omesso per chiarezza (vedi testo). 92 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Figura 10. Strumento per valutare la rappresentazione interna della verticalità (Subjective Visual Vertical, SVV) costituito da una struttura in legno con un led lineare (Ambulatorio di Neurooftalmologia, Clinica Neurologia, Università degli Studi di Sassari). 93 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Figura 11. Media delle saccadi di abduzione/adduzione con il rapporto di ampiezza (amplitude ratio, AR) e l’indice di disconiugazione versionale (versional disconjugacy index, VDI) al primo e al decimo minuto, degli 8 controlli sani (A) e del paziente 6 (B). Si noti come l’AR e il VDI basale anormale del paziente 6 aumenta dopo 10 minuti del test della fatica. 94 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Figura 12. Confronto del rapporto di abduzione/adduzione durante il primo e il decimo minuto del test. Pannello A: ampiezza (AR); Pannello B: picco di velocità (VDI); Pannello C: velocità di disconiugazione al phase plane al 20% dello spostamento oculare (IVD). Pannello D: mostra la stretta correlazione tra i rapporti delle misure tra primo minuto/10° minuto per VDI ed IVD. Vedi testo per i dettagli. 95 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Figura 13. Phase plane plot della velocità di disconiugazione delle saccadi durante il primo minuto (grafici a sinistra) e durante il decimo minuto (grafici a destra) del test della fatica. Le curve rosse sono le proiezioni medie dei pazienti; l’intervallo di predizione (PI) del 95% per le saccadi dei controlli normali è mostrato in grigio. Il valore di IVD corrisponde alla differenza di velocità normalizzata tra gli occhi quando lo spostamento oculare normalizzato raggiunge 0.2 (linea verticale tratteggiata). (A) Esempio di registrazioni del paziente P4, che mostra deterioramento dell’OIN (velocità di disconiugazione allo spostamento di 0.2) al decimo minuto. (B) Esempio del paziente P2, il cui l’OIN migliora durante il test della fatica; si noti come la componente iniziale è simile, ma allo spostamento di 0.2 il valore di VDI è ridotto. 96 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato Figura 14. Esempi di grafici di due pazienti che mostrano i cambiamenti delle dinamiche delle saccadi durante il test della fatica. I due pannelli in alto mostrano le saccadi verso destra del paziente P9, nel quale l’OIN peggiora alla fine del test della fatica (10° minuto) rispetto all’inizio (1° minuto). Si noti come il picco di velocità dell’occhio destro che abduce è immodificato, ma il picco di velocità dell’occhio sinistro che adduce si riduce al 10° minuto. I due pannelli in basso mostrano le saccadi verso sinistra del paziente P8, nel quale l’OIN apparentemente migliora durante il test della fatica. Durante il 1° minuto, il picco di velocità dell’occhio sinistro che abduce è più del doppio di quello dell’occhio destro che adduce. Durante il 10° minuto, la differenza fra il primo picco di velocità dell’occhio che abduce e l’occhio che adduce è molto ridotta. Un attento esame rivela che un precoce movimento di vergenza, principalmente eseguito dal movimento verso destra dell'occhio sinistro, aveva l'effetto complessivo di pareggiare i movimenti iniziali verso sinistra degli occhi. Questa sequenza è seguita da un movimento di convergenza. RE= posizione dell’occhio destro; LE= posizione dell’occhio sinistro; REV/10= velocità dell’occhio destro diviso 10; LEV/10= velocità dell’occhio sinistro diviso 10; LE-RE= vergenza. I valori positivi indicano i movimenti verso destra e la convergenza. 97 Matta M. Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato BIBLIOGRAFIA 1. Leigh RJ, Zee DS. The Neurology of Eye Movements (Book/DVD). Fourth Edition. 4 ed. New York: Oxford University Press, 2006 2. Leigh RJ, Kennard C. Using saccade as a research tool in the clinical neurosciences. Brain 127, 460-477, 2004 3. Keller EL, Robinson DA. Absence of a stretch reflex in extraocular muscles of the monkey. J Neurophysiol 34, 908-919, 1971 4. Jacobs RJ. 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