Fatica Saccadica nella SM - Università degli Studi di Sassari

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SASSARI
Facoltà di Medicina e Chirurgia
____________________
DOTTORATO DI RICERCA IN NEUROSCIENZE
XXI CICLO
Coordinatore: Prof. Egidio Miele
Tutor: Prof. Isidoro Aiello
I MOVI ME NTI O CUL ARI SACCADI CI CO ME
MODE LLO SPE RI ME NT ALE PER L O ST UDI O
DELL A F ATI CA NEI P AZIE NTI AF FETTI DA
SCLE ROSI MUL TIPL A
Relatore:
Chiar.mo Prof. ISIDORO AIELLO
Correlatore:
Dott. ALESSANDRO SERRA
Tesi di Dottorato della:
Dott.ssa MANUELA MATTA
Anno Accademico 2007-2008
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
A Iris e Viola…
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Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
RINGRAZIAMENTI
Arrivare ad un traguardo come questo non è possibile senza un grande supporto
professionale e personale, per cui le persone da ringraziare sono davvero tante.
Per primo, un ringraziamento particolare al mio Tutor, il Prof. Isidoro Aiello, per
la disponibilità, la fiducia e il sostegno professionale e personale, senza il quale
non sarei arrivata fin qui.
Ringrazio con affetto e grande stima il collega Dott. Alessandro Serra, che mi ha
fatto “scoprire” e “apprezzare” la Neurooftalmologia e mi ha insegnato tanto con
pazienza e perseveranza. Per la sua continua collaborazione, i consigli e i
suggerimenti, anche ora che si trova presso il laboratorio di Cleveland, nello
studio dei pazienti affetti da disordini dei movimenti oculari e per l’elaborazione
di questa Tesi di Dottorato.
Desidero ringraziare il Prof. Gliulio Rosati, la Prof.ssa Speranza Desole, il Prof.
Egidio Miele e tutto il Collegio Docenti; in particolare il Prof. Pier Andrea Serra,
la Dott.ssa Immacolata Magnano e la Dott.ssa Rossana Migheli per il loro
prezioso aiuto.
Ringrazio il Prof. Richard John Leigh del laboratorio Daroff-Dell’Osso della Case
Western Reserve University di Cleveland, che ha seguito e collaborato al progetto
di ricerca sviluppato in questa Tesi di Dottorato. Avere l’opportunità di conoscere
una persona di tale calibro scientifico è stato per me un grande onore.
Sono davvero grata al Dott. Ke Liao del laboratorio Daroff-Dell’Osso della Case
Western Reserve University di Cleveland, per l’editing dei software utilizzati per
l’elaborazione dei dati di questa tesi e alla Dott.ssa Maura Pugliatti per l’invio dei
pazienti da lei seguiti.
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Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Per ultima, ma non per importanza, ringrazio con affetto e riconoscenza tutta la
mia famiglia: i miei genitori, Mario e Bianca, e mio fratello Filippo, che hanno
sempre mostrato una fiducia cieca e priva d’incertezza in me e in quello che
faccio, spronandomi sempre ad andare avanti per la mia strada.
Infine un GRAZIE davvero “speciale” e “gigante” a mio marito, Mario, e alle mie
figlie, Iris e Viola, per la comprensione, l’amore e la pazienza con la quale
continuano a supportarmi in questi anni di studio… senza il loro aiuto tutto questo
non sarebbe stato possibile.
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Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
I Movimenti Oculari Saccadici come Modello Sperimentale per lo
Studio della Fatica nei Pazienti affetti da Sclerosi Multipla
INDICE
1. INTRODUZIONE
Pag. 8
1.1 Il Sistema Oculomotore
1.1.1 Importanza dello studio dei movimenti oculari
Pag. 8
1.1.2 Classificazione dei movimenti oculari
Pag. 9
1.1.3 Sintesi del controllo funzionale dei movimenti saccadici
Pag. 10
1.2 Il Sistema Saccadico
Pag. 11
1.2.1 Scopo delle saccadi e proprietà dinamiche
Pag. 12
1.2.2 Anatomia e Fisiologia del sistema saccadico
Pag. 16
•
Centri tronco-encefalici per il controllo delle saccadi
Pag. 18
•
Centri nervosi superiori per il controllo delle saccadi
Pag. 19
•
Controllo cerebellare delle saccadi
Pag. 22
1.2.3 Il sistema oculomotore periferico
•
Anatomia della fascia orbitale e dei muscoli
Pag. 23
Pag. 24
extraoculari
•
Caratteristiche dei muscoli extraoculari
Pag. 26
1.2.4 Anomalie dei movimenti oculari saccadici
Pag. 29
1.2.5 Esame clinico dei movimenti oculari saccadici
Pag. 33
5
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
2. STUDIO STRUMENTALE DEI MOVIMENTI OCULARI
SACCADICI
2.1 Metodiche di registrazione
Pag. 36
2.2 L’oculografia all’infrarosso con riflessione differenziale del limbo
Pag. 37
2.3 Analisi quantitativa dei dati
Pag. 39
3. UN MODELLO SPERIMENTALE PER LO STUDIO DEL
FENOMENO FATICA NEI PAZIENTI AFFETTI DA SCLEROSI
MULTIPLA
3.0 Abstract
Pag. 43
3.1 Introduzione
3.1.1 Aspetti generali della Sclerosi Multipla (SM)
Pag. 45
3.1.2 Alterazioni della motilità oculare nella Sclerosi Multipla
Pag. 46
Pag. 47
•
L’Oftalmoplegia Internucleare (OIN)
•
La valutazione della motilità oculare nella Sclerosi Pag. 49
Multipla
3.1.3 Il sintomo fatica nelle malattie neurologiche
Pag. 52
•
La fatica nella Sclerosi Multipla
Pag. 52
•
Fatica e Sistema Oculomotore
Pag. 54
•
Ipotesi Patogenetiche
Pag. 54
3.1.4 Terapia della fatica nella Sclerosi Multipla
6
Pag. 55
Matta M.
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3.2 Obiettivi dello Studio
Pag. 57
3.3 Materiali e Metodi
Pag. 58
3.4 Risultati
Pag. 61
3.5 Discussione
Pag. 64
3.6 Conclusioni
Pag. 69
APPENDICE
Pag. 70
TABELLE
Pag. 81
FIGURE
Pag. 87
BIBLIOGRAFIA
Pag. 98
7
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
1. INTRODUZIONE
1.1 IL SISTEMA OCULOMOTORE
1.1.1 Importanza dello studio dei movimenti oculari
Lo studio dei movimenti oculari e dei relativi meccanismi di controllo
offre la possibilità di capire a fondo il funzionamento del cervello. Infatti, le
alterazioni della motilità oculare hanno un alto valore localizzatorio per lesioni e
processi patologici che colpiscono il sistema nervoso centrale (SNC). 1 A riprova
di tali osservazioni, la letteratura scientifica internazionale ha visto negli ultimi
anni un progressivo incremento di pubblicazioni del settore. In particolare, i
movimenti oculari sono stati utilizzati sia come mezzo sperimentale che
diagnostico per conoscere i meccanismi fisiopatologici di una vasta serie di
malattie neurologiche, da quelle genetiche a quelle degenerative, oltre che per
identificare e testare nuove strategie terapeutiche. 2
Il
vantaggio
principale dei
movimenti
oculari
come strumento
sperimentale consiste in una relativa semplicità di studio rispetto ad altri apparati
motori, come per esempio gli arti. Infatti, i movimenti oculari sono
fondamentalmente limitati alla rotazione dei globi oculari nei tre piani dello
spazio senza rilevanti spostamenti lineari, il che facilita misurazioni accurate. Un
altro vantaggio è dato dall’assenza del classico riflesso da stiramento
monosinaptico, per cui le rotazioni oculari sono direttamente correlate alla scarica
dei motoneuroni.
3
Inoltre, i movimenti oculari possono essere facilmente
classificati sulla base delle loro funzionalità, le caratteristiche fisiologiche e i
relativi substrati anatomici. Infine, la maggior parte delle alterazioni dei
movimenti oculari sono caratteristiche di uno specifico processo patologico,
localizzazione anatomica o disturbo farmacologico. Ai suddetti vantaggi, va
aggiunto che i movimenti oculari sono facilmente accessibili all’osservazione e
all’esame clinico.
8
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
1.1.2 Classificazione dei movimenti oculari
Movimenti oculari normali, che assicurano che le immagini cadano nella
regione centrale della retina, o fovea, sono un prerequisito fondamentale per una
visione distinta e stabile degli oggetti che ci circondano. L’area di maggiore acuità
visiva nella fovea è compresa in un raggio di 0.5 gradi dal centro della fovea
stessa. L’acuità visiva progressivamente diminuisce dal centro verso la periferia
della retina.
4,5
Inoltre, se lo scivolamento delle immagini sulla retina è maggiore
di circa 5 gradi/sec, l’acuità visiva diminuisce
6
e compare oscillopsia (il
movimento illusorio delle immagini nel mondo circostante).
Due classi principali di movimenti oculari hanno il compito di stabilizzare
le immagini sulla fovea: 1) i movimenti di gaze-shifting (letteralmente “di
spostamento dello sguardo”) hanno la funzione di portare la fovea su oggetti
d’interesse consentendo l’esplorazione visiva dell’ambiente, comunemente
chiamati saccadi o movimenti oculari rapidi;
7
2) i movimenti di gaze-holding
(letteralmente “di mantenimento dello sguardo”) hanno la funzione di stabilizzare
le immagini sulla retina e comprendono: il sistema di fissazione, il riflesso
vestibolo-oculare (VOR) e il riflesso otticocinetico (OKN) che stabilizzano le
immagini del mondo esterno sulla retina durante i movimenti del capo. 8
Abbiamo poi i movimenti di inseguimento lento (“smooth pursuit”) che
rispondono alla necessità di mantenere la fissazione foveale di un target vicino
che si muove lentamente nel campo visivo; 9 studi recenti sui processi visivi nella
corteccia cerebrale hanno chiarito molto riguardo il substrato neuronale del
sistema di inseguimento lento, suggerendo che parte dell’organizzazione di questo
sistema ha molto in comune con altri movimenti oculari volontari come le
saccadi. 10 Patologie che colpiscono il sistema di inseguimento lento solitamente
non causano disabilitá visiva, ma forniscono informazioni diagnostiche
importanti.
Infine un altro sistema che si è sviluppato insieme alla visione frontale é
quello dei movimenti di vergenza che rendono possibile direzionare la fovea di
entrambi gli occhi su un singolo oggetto d’interesse.
Le principali classi di movimenti oculari sono riassunte nella Tabella 1.
9
Matta M.
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Argomento di questa tesi sono principalmente le alterazioni della
coordinazione saccadica in un gruppo di pazienti affetti da Sclerosi Multipla, per
cui di seguito viene presentato un riassunto delle proprietà delle saccadi
unitamente a cenni di fisiologia, anatomia e patologia del sistema saccadico.
1.1.3 Sintesi del controllo funzionale dei movimenti saccadici
I globi oculari sono supportati da tessuti che costituiscono delle
forze meccaniche sovraimposte al controllo dello sguardo. In altre parole, affinché
gli occhi si muovano in maniera coniugata (ad esempio durante i movimenti
saccadici), è necessario vincere le forze visco-elastiche imposte dai tessuti orbitali
di supporto. A tale scopo è necessaria una rapida contrazione dei muscoli
extraoculari che viene ottenuta grazie ad un aumento fasico o burst dell’attività
neurale nei nuclei oculomotori. Tale pulse di innervazione rappresenta un
comando di velocità. Una volta raggiunta la posizione eccentrica desiderata
nell’orbita, è necessario che gli occhi rimangano fissi sul target, resistendo alle
forze elastiche che tenderebbero a riportare i globi oculari in posizione centrale. A
livello dei motoneuroni viene quindi generato un nuovo segnale tonico di attività
neurale che permette una contrazione continua dei muscoli extraoculari. Tale step
di innervazione rappresenta un comando di posizione [Figura 1]. Le componenti
di velocità e di posizione sono comuni a tutte le classi di movimenti oculari. 1
La maggior parte delle alterazioni dei movimenti oculari può essere
spiegata con un malfunzionamento dei segnali pulse e/o step. Ad esempio, senza
un comando pulse di velocità adeguato, si ha un rallentamento dei movimenti
oculari. Se invece il comando di posizione step è insufficiente, gli occhi non
riescono a mantenere la posizione eccentrica di sguardo e tendono a tornare verso
la posizione centrale, come avviene clinicamente nel nistagmo evocato dallo
sguardo. È importante inoltre che i due segnali pulse e step siano perfettamente
accoppiati così da generare movimenti oculari accurati e mantenere stabilmente la
fissazione del nuovo target sulla retina.1
Diverse evidenze neurofisiologiche indicano che i comandi di posizione
(ad esempio il segnale di step per le saccadi) sono generati dai comandi di velocità
10
Matta M.
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(ad esempio il segnale pulse per le saccadi) attraverso un processo di integrazione
matematica del sistema nervoso. In altre parole, un network neurale deriva in
senso matematico i segnali di posizione dai segnali di velocità. Tale network
viene comunemente chiamato integratore neurale (IN).11 Per lo sguardo
orizzontale, l’integratore neurale è costituito da diverse strutture nervose: il
cervelletto, il nucleo vestibolare mediale (NVM), e il nucleo preposito
dell’ipoglosso (NPI). L’equivalente dell’integratore neurale per lo sguardo
verticale è invece il Nucleo di Cajal del mesencefalo.
Lesioni sperimentali delle strutture vitali per il suddetto processo di
integrazione neurale hanno ripercussioni su tutte le classi di movimenti oculari
coniugati. 12
1.2 IL SISTEMA SACCADICO
Le saccadi sono i movimenti oculari rapidi utilizzati per direzionare la
fovea da un oggetto di interesse ad un altro. Sono considerati saccadici una serie
di movimenti oculari quali gli spostamenti dello sguardo nella rifissazione
volontaria e involontaria, le fasi rapide del nistagmo vestibolare e otticocinetico, e
i movimenti oculari rapidi che si verificano durante il sonno (rapid eyes
movements, REM). 13
La valutazione e misurazione delle saccadi rappresenta un metodo
efficace per studiare il funzionamento normale e patologico del cervello per
almeno tre motivi: il primo è che le saccadi sono facilmente accessibili
all’osservazione clinica e alla misurazione quantitativa in laboratorio; il secondo è
che le loro proprietà dinamiche sono chiaramente definite; il terzo è che il
substrato neurobiologico per la generazione ed il controllo delle saccadi è
altrettanto ben conosciuto. Per questi motivi le saccadi rappresentano un
importante strumento di ricerca nello studio di un ampio range di condizioni
fisiopatologiche nell’ambito delle neuroscienze. 2
11
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Il significato funzionale delle saccadi nei primati è direttamente correlato
alla presenza della fovea retinica. Infatti, gli animali sprovvisti di fovea come ad
esempio i conigli, possono generare dei movimenti saccadici rapidi volontari
soltanto in associazione con i movimenti della testa.
14,15
Gli animali cosiddetti
“foveati” e l’uomo hanno invece sviluppato l’abilità di ridirezionare
volontariamente lo sguardo, anche in assenza di movimenti della testa, verso
oggetti d’interesse. 1
I movimenti saccadici possono essere classificati secondo una gerarchia
funzionale che và dalle saccadi riflesse generate in risposta alla comparsa
improvvisa di un nuovo stimolo visivo alle saccadi volontarie dirette verso un
target visivo memorizzato [Tabella 2].
Nei paragrafi seguenti verranno riassunte le principali caratteristiche delle
saccadi: velocità e durata, forma d’onda e traiettoria, tempo di reazione o latenza,
e accuratezza.
1.2.1 Scopo delle saccadi e proprietà dinamiche
Velocità e durata. Le saccadi mostrano una relazione costante fra
ampiezza, velocità e durata. Di conseguenza più ampia è la saccade, maggiore è la
sua velocità e più lunga la durata. Anche saccadi ampie non durano tuttavia più di
100 ms, che rappresenta il tempo necessario per processare gli stimoli esterni a
livello del sistema visivo. Questo implica che il feedback visivo non può essere
utilizzato per modificare l’ampiezza di una saccade una volta iniziata. Il cervello
preferisce, infatti, monitorare l’accuratezza di ciascuna saccade alla fine del
movimento stesso ed eventualmente operare delle correzioni appropriate, che
garantiscono l’accuratezza saccadica a lungo termine. 1
La relazione costante tra il picco di velocità e l’ampiezza di una saccade
prende il nome di main sequence. 16,17 La coerenza di questa relazione è tale da
poter essere utilizzata per stabilire il range di normalità dei movimenti saccadici:
la deviazione dei movimenti oculari dagli intervalli della main sequence indica la
presenza di saccadi anormali o movimenti oculari non saccadici. Per saccadi che
hanno un’ampiezza inferiore ai 20 gradi, la relazione tra ampiezza e picco di
12
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
velocità è pressoché lineare, mentre oltre i 20 gradi il picco di velocità mostra una
progressiva tendenza alla saturazione. La main sequence può essere anche
utilizzata per la caratterizzazione delle microsaccadi. 18
L’equazione che descrive la main sequence è la seguente:
Peak Velocity= Vmax×(1- e – Amplitude/C )
Dove Vmax rappresenta il picco di velocità asintotico e C è una costante. 1
La durata delle saccadi è correlata in maniera lineare alla loro ampiezza
per movimenti compresi tra 1 e 50 gradi. Sia la velocità che la durata delle saccadi
non possono essere controllate volontariamente. Tuttavia, diversi fattori possono
determinare una variazione nel picco di velocità e nella durata di saccadi della
stessa ampiezza, anche nello stesso individuo, da un giorno all’altro. 19
Ad esempio, le saccadi possono essere più lente se eseguite al buio, in
direzione di un target memorizzato o nella direzione opposta ad uno stimolo
visivo (“antisaccade task”). 20,21
Al contrario le saccadi possono essere più veloci quando vengono eseguite
tra due target che si alternano ad un’alta frequenza (ad esempio > di 1 Hz),
rispetto a quelle eseguite quando i target si alternano ad una bassa frequenza (ad
esempio < 0.2 Hz), e se il target di fissazione viene spento prima che lo stimolo
per la saccade appaia (“gap stimulus”). 22
La velocità delle saccadi dipende anche da altri fattori: la direzione del
movimento, ad esempio le saccadi centripete (dirette verso il centro), tendono ad
essere più veloci rispetto a quelle centrifughe (dirette verso la periferia); la
posizione iniziale e finale dell’orbita; l’età, anche se non è stato ancora
chiaramente accertato se la velocità delle saccadi si riduca con l’aumento dell’età,
23,24
mentre si è visto che saccadi con velocità normale possono essere eseguite
anche da neonati se vengono opportunamente stimolate. 25
Tutti questi fattori sono importanti e vanno tenuti in considerazione
quando si utilizzano le varie metodiche di misurazione e si confrontano le saccadi
in diversi soggetti normali o in pazienti con patologie neurologiche.
13
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Forma d’onda. La forma d’onda delle saccadi, specialmente il profilo di
velocità, è un altro modo per caratterizzare le saccadi; a tal fine, sono di notevole
utilità diversi tipi di misurazione.
Una è l’asimmetria (“skewness”) della forma d’onda, che può essere
calcolata semplicemente dal rapporto tra il tempo necessario per arrivare alla
velocità massima (la fase di accelerazione) e la durata totale della saccade. Questo
rapporto è di circa 0.5 per saccadi piccole (le fasi di accelerazione e
di
decelerazione hanno la stessa durata), mentre per le saccadi ampie è
approssimativamente 0.2 (il picco di velocità viene raggiunto prima in relazione
alla fine della saccade). L'asimmetria si riduce nelle antisaccadi, nelle saccadi
stimolate da target memorizzati e nelle saccadi eseguite sotto affaticamento o in
seguito a ridotta vigilanza. 26,27
Un’altra misura delle saccadi, correlata alla velocità della forma d’onda, è
data dal rapporto Q tra il picco di velocità e la velocità media.
28,29,30
Questo
rapporto Q ha un valore di circa 1.6 nell’uomo e non cambia né nelle saccadi lente
eseguite da soggetti affaticati né in alcune alterazioni delle saccadi.
Un altro approccio utilizzato per l’analisi delle saccadi è il phase-plane
plots che permette l’esame della posizione oculare verso la velocità oculare o
l'accelerazione. Questa misura è utilizzata per analizzare le saccadi non coniugate,
i movimenti oculari di vergenza e le saccadi correttive in pazienti con ipofunzione
vestibolare. 31
Il vantaggio principale dato dall’utilizzo del phase-plane è quello
di eliminare la differenza di latenza nell’esordio delle saccadi dei due occhi.
Gli occhi non si muovono perfettamente insieme, specialmente durante le
saccadi orizzontali, 32,33 infatti, l'occhio che abduce mostra un’ampiezza maggiore
ed è più veloce, rispetto all’occhio che adduce, determinando una divergenza
intra-saccadica transitoria. Le saccadi verticali invece tendono ad essere più
coniugate perché gli occhi sono appaiati meglio nell'asse verticale.
Un breve movimento (drift) degli occhi normalmente segue una saccade
orizzontale; questo drift post-saccadico, chiamato “glissade”,
34
ha sia
componenti disgiuntive (vergenza) che coniugate (versione) ed è stato attribuito al
disaccoppiamento (mismatch) del pulse-step del comando saccadico ed è molto
frequente nei soggetti con fatica. 35
14
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Alla fine di una saccade, occasionalmente si può verificare un piccolo
movimento veloce, in direzione opposta, chiamato “dynamic overshoot”. Questo
movimento può verificarsi dopo saccadi di tutte le dimensioni, ma è più frequente
dopo piccole saccadi o intrusioni saccadiche, 36 come le “scosse ad onda quadra”,
e può verificarsi anche in pazienti che mostrano oscillazioni saccadiche come il
“flutter” oculare. Può essere coniugato o più spiccato nell'occhio che abduce. 37,38
L’origine dell’overshoot dinamico è dibattuta, da una parte sembra
derivare dalle proprietà meccaniche dei tessuti orbitali o, più probabilmente, da
un'inversione transitoria del comando saccadico centrale. 39
Traiettoria. La traiettoria di un movimento saccadico riflette sensibilmente
la struttura del pulse e l’analisi delle sue caratteristiche fornisce importanti
informazioni sul modo in cui il movimento saccadico è stato programmato.
Tempo di reazione o latenza. Il tempo di reazione sacadico o latenza è il
tempo che intercorre tra la presentazione del target visivo e l’inizio del
movimento saccadico; convenzionalmente, questo intervallo si riferisce al tempo
che intercorre da quando l'occhio supera la soglia di velocità di circa 30°/sec; la
latenza riflette vari aspetti dei processi visivi, della selezione del target e del
programma motorio ed è per questi motivi che è stata molto studiata. 1
Quando un target visivo si muove da un punto ad un altro, i soggetti
normali sono in grado di generare una saccade in un intervallo di tempo di circa
200 ms; questo intervallo di tempo probabilmente è necessario per i processi
neurali dell’informazione visiva nella retina, nella corteccia cerebrale, nel
collicolo superiore e nel cervelletto. La latenza saccadica dipende dalla modalità e
dalle proprietà temporali di presentazione di uno stimolo, ma è influenzata anche
da altri fattori, come la motivazione e l’attenzione del soggetto o dalle proprietà
fisiche dello stimolo stesso, come la luminosità, la grandezza e il contrasto, 40,41,42
la natura del target (ad esempio se è visivo o uditivo), 43 l’età del paziente. 44
Accuratezza. L’accuratezza di una saccade è data dal rapporto tra la
posizione raggiunta dall’occhio alla fine del movimento e la posizione del target.
Perchè una saccade sia definita accurata il movimento dell’occhio, quando
compare un target nel campo visivo, deve essere veloce e fermarsi esattamente sul
target. Una saccade viene invece definita inaccurata o dismetrica in due casi: nel
15
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
primo se la dimensione del pulse saccadico è inappropriata (“saccadic pulse
dismetria”); nel secondo se l’occhio fa un movimento alla fine della saccade
chiamato drift post-saccadico o glissade (vedi sopra). 1
Una saccade viene quindi definita ortometrica quando il movimento
dell’occhio è accurato, invece dismetrica quando è impreciso e questo può esserlo
per eccesso (ipermetrica), cioè supera il target (“overshooting”) oppure per difetto
(ipometrica), cioè è di ampiezza insufficiente per raggiungere il target
(“undershooting”). Individui normali possono frequentemente avere movimenti
saccadici ipometrici, ma il grado della dismetria è di solito relativamente piccolo,
solitamente il 10% dell’ampiezza della saccade verso target visivi inaspettati, 20,45
ed è minore per piccole saccadi. 46 Individui normali possono anche avere saccadi
ipermetriche soprattutto quando eseguono piccole saccadi, centripete o dirette
verso il basso. 15
Diverse patologie e alcune condizioni possono influenzare l’accuratezza
delle saccadi, ad esempio la fatica e l’età.
1.2.2 Anatomia e Fisiologia del sistema saccadico
In questo paragrafo vengono riassunti i meccanismi di controllo neurale
delle saccadi.
Quando si parla del controllo neurale dei movimenti oculari, è di grande
aiuto considerare le dinamiche degli occhi e dei tessuti orbitali (esempio la
capsula di Tenone, il grasso, i legamenti), dei muscoli extraoculari e delle
pulegge; insieme questi elementi formano l’ “oculomotor plant” (letteralmente
“impianto oculomotore”); plant è un termine di ingegneria che si riferisce a tutto
ciò che è controllato. 47
I movimenti di ciascun occhio sono controllati da sei muscoli extraoculari:
retto superiore, retto inferiore, retto laterale, retto mediale, obliquo superiore e
obliquo inferiore; i sei muscoli extraoculari sono raggruppati in tre paia di
muscoli agonisti-antagonisti che obbediscono alla legge di Sherrington della
reciproca innervazione. 47 Il cervello innerva i tre muscoli extraoculari attraverso
16
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
tre nervi cranici, nei quali si trovano i motoneuroni oculari: il nervo oculomotore
(III), il nervo trocleare (IV) e il nervo abducente (VI).
I neuroni motori e i muscoli extraoculari sono attivi per tutti i tipi di
movimenti oculari, comprese le saccadi. I neuroni oculomotori codificano le
caratteristiche delle saccadi in termini di scarica temporale, per cui la grandezza
delle saccadi è proporzionale al numero totale di spike di scarica. 1
Questo significa che il cervello trasforma lo stimolo, che è codificato in
termini di posizione dei neuroni attivi all’interno della corteccia visiva (“placeencoded”), in un comando saccadico nei motoneuroni oculari, che è codificato in
termini di frequenza di scarica e durata (“temporally-encoded”). Inoltre, è
necessaria una trasformazione dalle coordinate retiniche nelle coordinate
craniotopiche; le coordinate retiniche sono in due dimensioni, mentre gli occhi
ruotano in tre assi. 48
Il modello dei segnali che intraprendono la via finale comune, dipende dal
movimento oculare desiderato e dalla risposta dinamica dell’“impianto oculare”.
Studi elettrofisiologici sulle scimmie hanno evidenziato i cambiamenti che
si osservano nell’innervazione che accompagna le saccadi. Durante una saccade,
un’esplosione (“burst”) di attività fasica ad alta frequenza, viene registrata dai
muscoli oculari agonisti e dai rispettivi motoneuroni oculari. Questo burst di
attività, chiamata “pulse saccadico d’innervazione”, inizia circa 8 ms prima che
gli occhi si muovano
49
e genera la forza necessaria per vincere le forze visco-
elastiche dell’orbita affinché gli occhi possano muoversi velocemente da una
posizione ad un’altra. Dopo una saccade, i muscoli oculari agonisti e i loro
motoneuroni assumono un nuovo, alto livello d’innervazione tonica, chiamato
“step saccadico d’innervazione”, che stabilizza gli occhi nella nuova posizione
contrapponendosi alle forze elastiche dei tessuti orbitali. Il passaggio tra la fine
del pulse e l’inizio dello step d’innervazione non è improvviso, ma graduale
(diverse centinaia di millisecondi).
I muscoli antagonisti, invece, durante la saccade vengono inibiti da un
pulse d’innervazione inibitorio (“off-pulse”); alla fine della saccade, i
motoneuroni dei muscoli antagonisti assumono un nuovo, basso livello di
innervazione tonica, chiamato “off-step”. 50
17
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Centri tronco-encefalici per il controllo delle saccadi
Due tipi di neuroni sono componenti fondamentali del network del tronco
encefalico che genera i comandi premotori per le saccadi: i neuroni burst e i
neuroni omnipausa. 51
I neuroni burst premotori (premotor burst neurons, PBN) proiettano
monosinapticamente ai motoneuroni oculomotori e sono divisi in due gruppi:
eccitatori e inibitori. Nell’uomo i neuroni burst eccitatori (excitatory PBNs, EBN)
sono glutamatergici e scaricano prima delle saccadi generando il pulse
d’innervazione saccadica. Gli EBN per le saccadi orizzontali si trovano nella
formazione reticolare pontina paramediana (PPRF), rostralmente al nucleo
dell’abducente.
Proiettano
monosinapticamente
al
nucleo
dell’abducente
ipsilaterale e verso i neuroni del nucleo preposito dell’ipoglosso (nucleus
prepositus hypoglossi, NPH) e all’adiacente nucleo vestibolare mediale (MVN)
che contribuiscono alla componente finale comune dell’integratore neurale delle
saccadi orizzontali.
Gli EBN che codificano per le componenti verticali e torsionali delle
saccadi si trovano nel nucleo interstiziale rostrale del fascicolo longitudinale
mediale (riMLF).
I neuroni burst inibitori (inhibitory PBNs, IBN) per le saccadi orizzontali
si trovano nella formazione reticolare midollare (MedRF), sono glicinergici e
proiettano verso diversi siti, ma in maniera predominante controlateralmente al
nucleo dell’abducente e verso gli EBN e IBN orizzontali.
I neuroni omnipausa (OPN) sono un importante elemento del sistema
saccadico, ma il loro ruolo non è chiaramente conosciuto. Si trovano nella linea
mediana nel nucleo interposto del rafe (RIP),
52
sono di dimensioni medie con
arborizzazioni dendritiche prominenti che attraversano la linea mediana e
utilizzano la glicina come neurotrasmettitore, 53 compatibile con la loro funzione
inibitoria. Diverse sono le proiezioni alle cellule omnipausa, una importante arriva
dal polo rostrale del collicolo superiore; 54,55 altre proiezioni arrivano dalle aree
frontali visive,
56
dalle aree visive supplementari,
57
dalla formazione reticolare
mesencefalica centrale, dai neuroni burst “long-lead” della parte rostrale del ponte
e del mesencefalo. 58
18
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
I neuroni omnipausa scaricano continuamente tranne che durante le
saccadi e immediatamente dopo, probabilmente l’inibizione a queste cellule arriva
dal polo rostrale del collicolo superiore. Dopo quest’inibizione iniziale, il livello
di iperpolarizzazione della membrana di queste cellule è probabilmente mantenuto
dalla scarica dei neuroni burst eccitatori, attraverso neuroni di inibizione locale
chiamati “neuroni latch”. Questi neuroni latch si pensa siano localizzati nella
PPRF e il loro malfunzionamento è associato ad una prematura decelerazione
degli occhi durante una saccade. I neuroni omnipausa inoltre cessano di scaricare
durante la chiusura delle palpebre (“blink”)
59
e la loro quantità di scarica viene
modulata dall’angolo di vergenza. 60
I neuroni burst “long-lead” (LLBN) sono neuroni che scaricano circa 40
ms prima dell’inizio delle saccadi e si trovano nel tronco encefalico. Ricevono
proiezioni dal collicolo superiore
61
e proiettano agli EBN del ponte, agli IBN
midollari, ai neuroni omnipausa e al nucleo reticolare del tegmento del ponte
(NRTP). Il NRTP contiene inoltre altri LLBN che sono principalmente connessi
con il cervelletto e la PPRF. 61
I LLBN molto probabilmente sono neuroni utili a più di una funzione, ad
esempio i LLBN che ricevono input dal collicolo superiore hanno un ruolo nel
sincronizzare l’inizio e la fine delle saccadi perché proiettano ai neuroni
omnipausa e ai neuroni burst premotori. 62
Centri nervosi superiori per il controllo delle saccadi
Per quanto riguarda il controllo corticale delle saccadi diverse, aree sono
coinvolte nel loro controllo volontario. Le connessioni anatomiche di queste aree
e la via che proietta al generatore del pulse saccadico nel tronco encefalico, sono
schematizzate nel diagramma a blocchi in Figura 2.
I due target principali delle aree visive corticali nel tronco encefalico sono
il collicolo superiore e i nuclei del ponte, specialmente il NRTP, che proietta a sua
volta al cervelletto. Invece le proiezioni dirette dalle aree corticali visive alla
PPRF e al riMFL sono scarse, anche se è stata dimostrata la presenza di proiezioni
verso i neuroni omnipausa. 63
19
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Le strette connessioni che esistono tra i lobi frontale e parietale e le loro
proiezioni in comune, rendono difficoltoso separare, dal punto di vista funzionale,
le due vie.
64
Possiamo schematizzare dicendo che l’influenza della corteccia
parietale e frontale nel controllo delle saccadi, si ha principalmente attraverso due
vie parallele discendenti.
Una prima via collega l’area visiva frontale al collicolo superiore, sia
direttamente che indirettamente passando per i gangli della base;
65
le saccadi
volontarie dipendono da queste vie. Infatti quando il collicolo superiore è
danneggiato, il recupero è probabilmente mediato dalle proiezioni dirette da
queste aree visive frontali verso il tronco cerebrale. 1
L’area frontale visiva è la più conosciuta e si è visto, attraverso la
stimolazione elettrica e gli studi di neuroimaging, che si trova nella parte anteriore
del solco precentrale. 66
Altre tre aree, fondamentali nell’influenzare le saccadi volontarie,
coinvolte nell’identificare e nel selezionare i target per le saccadi, sono l’area
visiva supplementare, la corteccia prefrontale dorsolaterale e la corteccia cingolata
anteriore che proiettano verso regioni del tronco encefalico; le vie che originano
da queste aree prefrontali sembrano essere coinvolte in particolare nella
preparazione dei movimenti saccadici, ad esempio, verso target memorizzati. 67
L’altra via discendente collega direttamente la corteccia parietale al
collicolo superiore. Il lobo parietale sembra influenzare il controllo delle saccadi
principalmente in due modi: primo, orientando l’attenzione visiva che
accompagna le saccadi (corteccia parietale posteriore); secondo, programmando
direttamente le saccadi verso target visivi che appaiono alla periferia del campo
visivo. 68
I gangli della base invece sono coinvolti nel facilitare l’inizio delle
saccadi volontarie, come quelle predittive, quelle guidate dalla memoria e quelle
di compenso. 67
Per semplificare le vie nelle quali sono coinvolti i gangli della base,
possiamo dire che ci sono due collegamenti, in serie, di tipo inibitorio: uno dal
nucleo caudato alla sostanza nera (attività fasica), l’altro dalla sostanza nera al
collicolo superiore (attività tonica). La sostanza nera, pars reticulata (GABA-
20
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
ergica), inibisce tonicamente i neuroni burst dello strato intermedio del collicolo
superiore, per cui perchè possa iniziare una saccade, attraverso questa via, è
necessario che questa attività tonica sia annullata attraverso l’inibizione da parte
del nucleo caudato. 69
In più esiste anche una via, eccitatoria, che và dal nucleo subtalamico alla
sostanza nera; questo nucleo contiene neuroni che scaricano in relazione alle
saccadi.70
Come anticipato prima, il collicolo superiore è un’importante struttura con
un ruolo fondamentale nel selezionare i target visivi, nell’iniziare le saccadi e nel
contribuire alla loro velocità.
Si trova nel mesencefalo ed è costituito da sette strati. 71
Diversi studi hanno dimostrato che gli strati dorsali hanno proprietà
“visive”, in quanto ricevono proiezioni dalla retina; gli strati intermedi ventrali e
quelli profondi invece hanno proprietà “motorie”.
33,72
Gli strati ventrali
contengono una “mappa motoria” definita dai movimenti oculari che sono
prodotti da stimolazione elettrica;
73
inoltre ci sono importanti connessioni di
quest’ultimo strato con gli strati dorsali 74,75 e con la corteccia cerebrale.
Il collicolo superiore ha un’importante funzione per l’inizio della saccade:
fornire il segnale “trigger” ai neuroni omnipausa, ai neuroni burst e al cervelletto.
Diversi studi hanno dimostrato che il collicolo superiore da solo non è in grado di
controllare le saccadi; infatti, lesioni del cervelletto determinano comunque una
dismetria saccadica, a riprova di quest’ipotesi. Inoltre quando il collicolo
superiore è lesionato, aree corticali come quella frontale, sono in grado di adattarsi
e di sostituirsi fornendo quel segnale “trigger” necessario per le saccadi. 1
Recenti ricerche hanno anche evidenziato che, probabilmente, i dettagli
nel generare e direzionare le saccadi verso il target siano dovute di più alla
formazione reticolare del tronco e al cervelletto. 76
Gli effetti delle lesioni del collicolo superiore molto spesso si perdono in
quanto lesioni ristrette a tale struttura sono rare nell’uomo, per cui sono necessari
test specifici per determinare le conseguenze di queste ultime. 77
21
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Controllo cerebellare delle saccadi
Il cervelletto, attraverso la sua influenza sui neuroni premotori burst e
omnipausa, ha un ruolo importante nel direzionare e “stoppare” le saccadi,
determinando così la loro accuratezza.
La maggior parte delle proiezioni dalle aree corticali visive è verso il
cervelletto, attraverso i nuclei del ponte. 78 [Figura 3]
Diverse aree del cervelletto contribuiscono a programmare le saccadi,
anche se il nucleo dorsale del verme e il nucleo caudale del fastigio hanno un
ruolo chiave. Gli emisferi cerebellari possono contribuire al controllo delle
saccadi, ma il loro ruolo non è stato ancora ben determinato; 79 lo stesso si può
dire per il nucleo interstiziale basale. 80
La parte centrale del polo posteriore del cervelletto è stata molto studiata.
Questa regione è divisa in una parte corticale (verme e paraverme) e in una parte
più interna costituita dai nuclei cerebellari profondi (nucleo del fastigio,
interposito e dentato). Tutti i segnali rilevanti (ad esempio la posizione oculare e
la velocità, la posizione del target e la velocità) necessari al controllo delle saccadi
arrivano alla corteccia cerebellare attraverso le fibre muschiose. Invece le fibre
rampicanti conducono il segnale dall’oliva inferiore alla corteccia cerebellare e la
loro attività è correlata con la distanza dal target all’inizio e alla fine del
movimento (“errore motorio”). 47
Il “verme oculomotore” è costituito dai lobuli VI e VII (parte del declive,
il folium, il tuber e la piramide);
81
la stimolazione del lobulo V del verme
determina la comparsa di saccadi dallo sguardo verso l’alto a quello orizzontale,
mentre la stimolazione dei lobuli VI e VII determina saccadi dallo sguardo
orizzontale a quello verso il basso; inoltre la componente verticale di queste
saccadi è maggiore quando la stimolazione è più mediale.
Le cellule del Purkinje del verme dorsale scaricano circa 15 ms prima
delle saccadi verso una direzione preferita
82
e la stimolazione di questa struttura
determina saccadi con componente ipsilaterale. 83
Lesioni di ablazione del verme dorsale causano spesso dismetria
saccadica, principalmente ipometria.
84
Questa dismetria interessa soprattutto il
pulse saccadico e non è presente il drift post-saccadico, come si vede invece in
22
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
seguito ad ablazione del flocculo e paraflocculo del cervelletto
totale cerebellotomia.
85
o in seguito a
86
Per quanto riguarda invece il nucleo del fastigio, la sua parte caudale, che
è la regione oculomotoria, riceve input dalle cellule di Purkinje del verme dorsale,
ed è responsabile dell’invio di comandi per le saccadi alla regione dei neuroni
burst premotori, controlaterali, del tronco. Importanti proiezioni del nucleo del
fastigio sono verso i neuroni omnipausa, i neuroni burst inibitori della parte
rostrale del midollo, i neuroni burst eccitatori della PPRF e del riMLF, la
formazione reticolare mesencefalica, il talamo e il polo rostrale del collicolo
superiore. 87
I neuroni del nucleo del fastigio scaricano per saccadi verso tutte le
direzioni, solitamente circa 8 ms prima dell’esordio di una saccade con
componente controlaterale e verso la fine di una saccade con componente
ipsilaterale. 88 Questi neuroni modulano la loro frequenza di scarica in base alla
dimensione della saccade e alla velocità oculare, ma non alla posizione oculare. 89
In circostanze normali, i neuroni del nucleo del fastigio possono influenzare le
saccadi fornendo un impulso precoce ai neuroni premotori burst durante le saccadi
controlaterali e un freno tardivo durante quelle ipsilaterali. 88
Lesioni del nucleo del fastigio causano marcata ipermetria saccadica; 90,91
lesioni con totale distruzione di questa struttura sono bilaterali perchè gli assoni
destinati al tronco encafalico si incrociano all’interno del nucleo del fastigio
stesso.
1.2.3 Il sistema oculomotore periferico
Le ultime decadi sono state testimoni di una rivoluzione nei concetti
dell’organizzazione dei muscoli extraoculari e dei tessuti orbitali. 92
Ogni muscolo extraoculare è bilaminare, cioè costituito da due strati, uno
esterno orbitale e uno interno globale, ciascuno con speciali tipi di fibre che sono
dotate di diverse proprietà, come la resistenza alla fatica. [Figura 4]
Lo strato esterno orbitale non s’inserisce direttamente nel globo oculare,
ma in una “puleggia” (pulley) fibrosa, che funge da punto d’origine funzionale per
23
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
lo strato globale che gli passa attraverso e s’inserisce nel globo oculare. 93
Attualmente sembra che la più importante funzione di queste pulegge
fibromuscolari, sia quella di determinare la cinematica della rotazione oculare,
semplificando i comandi neurali inviati dal cervello ai muscoli extraoculari. 94
Nei prossimi paragrafi vengono riassunti i concetti principali sulle
caratteristiche uniche dei muscoli extraoculari e sulla loro funzione, sulle
implicazioni funzionali di queste pulegge orbitali e il loro contributo nel
determinare gli assi attraverso i quali ruotano gli occhi. 95
Anatomia della fascia orbitale e dei muscoli extraoculari
Il globo oculare è sospeso nell’orbita, che ha forma di cono, da un sacco
fibroso chiamato capsula di Tenone, che aderisce anteriormente alla congiuntiva
davanti al limbo corneale e posteriormente al grasso orbitale che circonda il nervo
ottico. 1
Gli occhi ruotano attorno a tre assi, che passano attraverso il centro di
rotazione del globo e che convenzionalmente vengono chiamati X (parasagittale),
Y (trasverso) e Z (verticale). Le traslazioni (movimenti lineari) del globo oculare
sono minime, a causa delle proprietà della capsula di Tenone.
Esistono sei muscoli che ruotano ciascun occhio: quattro retti e due
obliqui.
I quattro muscoli retti e l’obliquo superiore originano dall’apice dell’orbita
nell’anello di Zinn.
Il muscolo obliquo inferiore origina dal lato nasale inferiore dell’orbita e
nel 10% dei soggetti è doppio. 96 I quattro muscoli retti s’inseriscono nella sclera
anteriormente all’equatore del globo oculare e le inserzioni dei muscoli retto
mediale e laterale contengono tessuto muscolare che s’inserisce direttamente nella
sclera. I due muscoli obliqui arrivano al globo dal lato anteriore e mediale e
s’inseriscono posteriormente al suo equatore: il muscolo obliquo superiore prima
passa attraverso la troclea (un anello fibroso, cartilagineo, a forma di U che si
trova appena dietro il margine superiore mediale dell’orbita), infine s’inserisce
nella parte superiore del globo; invece il muscolo obliquo inferiore s’inserisce
nella parte temporale del globo.
24
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
I tendini dei quattro muscoli retti originano dallo strato esterno orbitale e
passano attraverso le pulegge fibro-muscolari, che hanno forma di un manicotto.
Queste pulegge fibromuscolari, costituite da anelli concentrici di
collagene, si trovano all’interno della periferia della capsula di Tenone, circa 10
mm dietro il sito d’inserzione dei muscoli; inoltre aderiscono alla parete
dell’orbita, agli adiacenti muscoli extraoculari e alla fascia di Tenone attraverso
delle fasce che contengono collagene, elastina e muscolo liscio. 97
Lo strato orbitale del muscolo obliquo inferiore s’inserisce nelle pulegge
dei muscoli retto inferiore e laterale, mentre lo strato orbitale del muscolo obliquo
superiore s’inserisce nella puleggia del muscolo retto superiore. 98
In che modo la scoperta di queste pulegge fibromuscolari ha cambiato il
significato funzionale dell’anatomia oculare, determinando una rivoluzione
concettuale nelle ultime decadi?
Queste pulegge cambiano il punto d’origine dei muscoli retti, così come la
troclea cambia il punto d’origine funzionale del muscolo obliquo superiore e nel
fare questo, determinano diverse funzioni, tra le quali una importante è quella di
limitare il movimento di slittamento dei muscoli retti durante le rotazioni oculari,
com’è stato confermato da studi con la Risonanza Magnetica Nucleare (RMN). 99
Prove sperimentali hanno suggerito che le pulegge fibromuscolari possono
semplificare il lavoro per il cervello nel guidare le rotazioni oculari. 100
Per quanto riguarda l'impatto sulla clinica della funzione delle pulegge, la
scoperta del loro ruolo nella contrazione dei muscoli extraocularari e della
rotazione oculare, ha offerto approcci nuovi per valutare i disturbi dei movimenti
oculari; 95 ad esempio, alcune forme di strabismo congenito sono state attribuite
ad una disposizione congenita errata delle pulegge;
101
anche malattie sistemiche
che colpiscono i tessuti connettivi, come la sindrome di Marfan, possono
provocare un’aumentata mobilità delle pulegge con risultante strabismo. 102
25
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Caratteristiche dei muscoli extraoculari
I muscoli extraoculari hanno delle caratteristiche anatomiche, fisiologiche
ed immunologiche uniche che li distinguono dai muscoli degli arti:
103,104
hanno
fibre più piccole, più variabili in grandezza, più riccamente innervate, alcune
possono contrarsi molto velocemente ed essere resistenti alla fatica. 105
L’unità motoria dei muscoli extraoculari è la più piccola che si conosce, è
costituita da 10-20 fibre muscolari per ciascun motoneurone.
I muscoli extraoculari contengono sia fibre contrattili che non contrattili.
Le fibre contrattili hanno una singola placca finale per fibra e possono generare un
potenziale d’azione, mentre le fibre non contrattili non possono generare
potenziali d’azione e mostrano contrazioni graduali.
Le fibre non contrattili dello strato globale hanno la caratteristica unica di
allungarsi per l’intera lunghezza del muscolo 106 e nella loro inserzione al tendine
muscolare sono rivestite da terminazioni assonali chiamate “palizzate finali”, che
hanno funzione propriocettiva.
Esistono anche fibre con proprietà intermedie che possono generare dei
potenziali d’azione lenti. 107
I muscoli extraoculari, a differenza dei muscoli degli arti, esprimono tutte
le isoforme conosciute di catena pesante di miosina del muscolo striato, incluse le
scheletriche e le cardiache, così come le isoforme embrionali nella porzione
prossimale e distale delle fibre muscolari negli strati orbitali.
108,109
La
conservazione della miosina embrionale è stata proposta per spiegare, in parte, i
diversi modi in cui i muscoli extraoculari rispondono ai cambiamenti
d’innervazione e agli stati di malattia. 110
Inoltre, l'espressione della miosina può variare lungo l’estensione delle
singole fibre muscolari con le forme "veloci" più presenti nella regione centrale di
molte fibre, in questo modo viene spiegata la capacità delle fibre orbitali e globali
di contrarsi rapidamente. 111
I muscoli extraoculari sono più suscettibili dei muscoli scheletrici a varie
patologie come la miastenia gravis, 112,113 più resistenti ad altre come la distrofia
di Duchenne. 114,115
Diversi motivi possono spiegare queste differenze.
26
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Un primo è che il “fattore sicurezza” (valore attraverso cui il potenziale di
fine placca supera la soglia richiesta per provocare un potenziale d’azione) è più
piccolo nei muscoli extraoculari rispetto a quelli scheletrici; questo è dovuto alla
minor quantità di pieghe sinaptiche e, forse, alla minor quantità di recettori per
l’acetilcolina nella membrana post-sinaptica dei muscoli extraoculari.113
Un secondo motivo è che i muscoli extraoculari esprimono livelli più bassi
di un fattore che accelera il decadimento, che è un inibitore delle risposte mediate
dal complemento.116 È probabile che questo spieghi in parte un coinvolgimento
più severo dei muscoli extraoculari nella miastenia gravis. 117
Abbiamo visto in precedenza che ciascun muscolo extraoculare è
costituito da due strati.
Vicino all’origine di ciascun muscolo, questi due strati si trovano in due
zone concentriche, mentre formano due zone parallele anteriormente: 109 lo strato
globale centrale e lo strato orbitale periferico. Ciascuno strato contiene fibre più
adatte per contrazioni sostenute o per contrazioni rapide brevi: la zona orbitale è
più ricca di fibre contrattili resistenti alla fatica.
Utilizzando metodiche moderne, sono stati descritti sei tipi di fibre nei
muscoli extraoculari. 108,109,118
Nello strato orbitale, circa l’80% delle fibre sono innervate singolarmente,
hanno miofibrille di tipo veloce ATPase ed elevata attività ossidativa con
numerosi mitocondri. Queste fibre molto resistenti alla fatica, che hanno
un’elevata struttura micro-vascolare, non si trovano nel muscolo scheletrico o
nella palpebra, e sono probabilmente le principali responsabili nel mantenere il
tono muscolare.
119,120
Il rimanente 20% delle fibre orbitali è ad innervazione
multipla; queste hanno attività contrattile nel centro della fibra e attività non
contrattile prossimale e distale.
Nello strato globale sono stati descritti quattro tipi di fibre: circa il 33%
sono fibre innervate singolarmente, a contrazione veloce e resistenti alla fatica; un
altro 33% sono fibre pallide, singolarmente innervate con attività contrattile
veloce, ma bassa resistenza alla fatica; circa il 25% sono fibre innervate
singolarmente con attività contrattile veloce, numerosi mitocondri ed un livello
intermedio di resistenza alla fatica; il rimanente 10% sono fibre ad innervazione
27
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
multipla, con sinapsi di fine placca nell’intera lunghezza, così come nella
giunzione miotendinea, dove ci sono i propriocettori a palizzata.121 Queste ultime
fibre sembrano avere proprietà toniche.
L’elevatore superiore della palpebra contiene i tre tipi di fibre innervate
singolarmente che abbiamo visto nello strato globale ed un tipo di fibra contrattile
molto lenta, mentre le fibre ad innervazione multipla ed il tipo innervato
singolarmente resistenti alla fatica, viste nello strato orbitale, sono assenti.
Scott e Collins, utilizzando elettrodi ad ago con multipli siti di
registrazione, hanno dimostrato che vi è una suddivisione di lavoro tra lo strato
globale ed orbitale dei muscoli extraoculari.122
Le fibre orbitali sono attive in quasi tutto l’intero range dei movimenti
eccetto che durante la fissazione, dove le fibre globali sono reclutate soltanto
quando l'occhio viene ruotato nel campo d’azione di quel muscolo. Questo
sosterrebbe l'ipotesi che le fibre orbitali singolarmente innervate, resistenti alla
fatica, abbiano un ruolo chiave nel sostenere la posizione oculare e mantenere il
"tono" dei muscoli extraoculari in ogni posizione; le fibre meno resistenti alla
fatica dello strato globale possono essere attivate durante le saccadi.
Riassumendo possiamo dire che, anche se ogni fibra può contribuire
potenzialmente a tutte le classi di movimenti oculari, le fibre contrattili orbitali,
resistenti alla fatica, sono molto importanti per mantenere la fissazione, mentre le
fibre contrattili globali, pallide, hanno un ruolo nel muovere rapidamente l'occhio
in una nuova posizione nell’orbita. Durante le saccadi, quindi, le fibre globali ed
orbitali sono entrambe attivate, ma le seconde sono in grado di garantire una
contrazione sostenuta, laddove l'attività delle fibre globali può venir meno.
Queste conclusioni sono coerenti con la presenza di un maggior numero di
fibre resistenti alla fatica nello strato orbitale, inoltre, è stato dimostrato
sperimentalmente che le fibre muscolari che si affaticano più velocemente sono le
più forti, 123 così come le fibre globali sono maggiormente in grado di generare
movimenti oculari rapidi.
Di conseguenza sembra che l’ordine di reclutamento rifletta soprattutto la
loro faticabilità e che possa essere influenzato dal fatto che lo strato orbitale sia
attaccato alla puleggia, mentre lo strato globale direttamente al globo oculare.
28
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
1.2.4 Anomalie dei movimenti oculari saccadici
Le anomalie delle saccadi sono spesso caratteristiche di alterazioni di
specifici meccanismi.
Da un punto di vista fisiopatologico, le alterazioni delle saccadi possono
essere classificate in alterazioni del pulse saccadico, dello step saccadico o
dell’accoppiamento pulse-step saccadico. 1
Un cambiamento nell’ampiezza del pulse saccadico, ad esempio,
determina la comparsa di alterazioni come l’overshoot o l’undershoot (dismetria
saccadica); invece, una riduzione dell’ampiezza del pulse, che riflette la frequenza
di scarica, causa delle saccadi lente (“slow saccade”).
Un disaccoppiamento tra pulse e step saccadico determina alterazioni
chiamate glissade (o drift post-saccadico).
Quando lo step saccadico non viene mantenuto, invece, gli occhi, dopo la
saccade in posizione eccentrica, “scivolano” di nuovo verso la posizione centrale
determinando il nistagmo evocato dallo sguardo (“gaze evoked nystagmus”,
GEN), che viene definito come un movimento oculare ripetitivo, involontario, che
inizia con un movimento lento che allontana la fovea dal target, seguito da una
fase rapida correttiva (saccade) che riporta la fovea sul target.
Infine ci possono essere alterazioni della velocità, dell’accuratezza,
dell’inizio o della prematura fine delle saccadi oppure la presenza di intrusioni o
di oscillazioni saccadiche. 1
Vediamo nel dettaglio queste alterazioni.
Alterazioni della velocità delle saccadi. Le saccadi vengono definite lente
o veloci se il loro picco di velocità cade al di fuori della normale relazione tra
picco di velocità e ampiezza (main sequence).
Le saccadi più veloci del normale, ad esempio, si hanno in pazienti con
oscillazioni saccadiche, come il flutter e l’opsoclono,
macrooscillazioni saccadiche,
126
124,125
o nelle
in pazienti con fine anticipata delle saccadi.127
Invece alterazioni nell’orbita, come la presenza di tumori, che riducono il range di
movimento del globo oculare in certe posizioni, possono determinare saccadi
apparentemente veloci.
29
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Le saccadi lente invece, con ridotta ampiezza, sono tipiche delle
alterazioni della periferia del sistema oculomotore, come la paresi di un muscolo
extraoculare o di un nervo oculomotore, o in seguito a lesione del fascicolo
longitudinale mediale che determina saccadi di adduzione lente (oftalmoplegia
internucleare).
Le saccadi possono essere lente anche in seguito a diverse patologie
neurologiche di origine centrale.
1
Benché si sia sempre creduto che le saccadi
lente secondarie a disordini centrali siano patognomoniche di un’alterazione delle
cellule burst, sta diventando sempre più chiaro che alterazioni di strutture ad alto
livello, incluso gli emisferi cerebrali
128
e il collicolo superiore,
129
possano
determinare rallentamento delle saccadi. Infatti, un rallentamento selettivo delle
saccadi orizzontali indica patologie a livello del ponte, in particolare della PPRF
(formazione reticolare pontina paramediana), mentre un rallentamento selettivo
delle saccadi verticali suggerisce alterazioni a livello della parte superiore del
mesencefalo, in particolare del riFLM (nucleo interstiziale rostrale del fascicolo
longitudinale mediale). 130
Nei pazienti con saccadi orizzontali e verticali selettivamente rallentate
spesso le saccadi oblique mostrano caratteristicamente una traiettoria curva.
I pazienti che hanno saccadi verticali rallentate mostrano una traiettoria
curva durante le fissazioni nell’asse verticale; questa è una strategia d’adattamento
che utilizza la componente orizzontale normale per inibire completamente i
neuroni omnipausa e massimizzare la componente verticale. 1
Infine, la velocità delle saccadi può essere più lenta nei pazienti
sonnolenti, non attenti o nelle intossicazioni farmacologiche. 131
Alterazioni dell’accuratezza delle saccadi. L’accuratezza dipende dal
pulse saccadico; un’imprecisione del pulse determina dismetria saccadica, che
comprende l’ipometria e l’ipermetria.
L’ipermetria è caratteristica delle patologie cerebellari e la lesione può
essere localizzata a livello del nucleo del fastigio,
olivocerebellari,
133
132
delle fibre rampicanti
all'interno del peduncolo cerebellare inferiore (ad esempio
nella sindrome di Wallenberg) o del peduncolo cerebellare superiore.
30
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Per determinare quale sia il sito e il lato della lesione, da un punto di vista
clinico, è importante osservare la direzione della saccade ipermetrica e di quella
ipometrica, che di solito è associata. Quando l’ipermetria saccadica è importante, i
pazienti possono mostrare oscillazioni macrosaccadiche, che sono dovute ad una
sequenza di saccadi ipermetriche attorno al target che il soggetto sta fissando. 91,134
L’ipermetria saccadica occasionalmente può essere secondaria ad un
adattamento in seguito ad un deficit oculomotore periferico
135
o, ad esempio, in
seguito al test con cloruro di edrofonio utilizzato per la diagnosi delle patologie
della placca neuromuscolare (miastenia gravis). 136
Le saccadi ipometriche si possono avere in seguito a diverse patologie sia
del cervelletto che del tronco cerebrale e sono secondarie al fatto che l’ampiezza
del pulse è ridotta. Il drift post-saccadico che riflette il disaccoppiamento pulsestep, è stato evidenziato in pazienti con disturbi oculomotori sia centrali che
periferici, come l’emianopsia,
137
un difetto del campo visivo nel quale si può
avere, a seconda della direzione, saccadi ipermetriche o ipometriche che hanno lo
scopo di mantenere il target visivo all’interno della parte intatta del campo visivo.
Lesioni unilaterali, estese, degli emisferi cerebrali possono causare
ipermetria dallo stesso lato della lesione e ipometria controlaterale.
138
Lesioni a
livello della corteccia parietale-temporale e posteriore possono determinare
dismetria specifica per target visivi in movimento, ma non per quelli stazionari.
Inoltre lesioni emisferiche unilaterali possono influenzare le saccadi verticali
verso il lato di lesione.
139
Saccadi con fine anticipata. In alcune patologie le saccadi sono molto
ipometriche e gli occhi arrivano al target attraverso una serie di piccole saccadi.
Nella malattia di Parkinson, questo accade quando il paziente esegue saccadi
guidate dalla memoria 140 o saccadi spontanee.
È importante distinguere questo fenomeno dalle decelerazioni transitorie
evidenti nelle registrazioni delle velocità specialmente per le saccadi ampie,
presenti occasionalmente anche in soggetti sani. 141
Queste alterazioni si hanno anche in pazienti con patologie che interessano
il cervelletto e il tronco encefalico, come la malattia di Tay-Sachs ad esordio
tardivo e l’encefalopatia di Wernicke, 142,143 e poiché l’intervallo intersaccadico è
31
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
diminuito e il picco di decelerazione è aumentato per ogni dimensione di pulse
saccadico, è stato ipotizzato che queste alterazioni costituiscano un disordine
specifico del “circuito latch” che normalmente inibisce i neuroni omnipausa prima
che la pianificazione della saccade sia completata. 142 Un supporto a questa ipotesi
è dato dall’osservazione che alterazioni simili si hanno quando le saccadi sono
interrotte da una stimolazione sperimentale dei neuroni omnipausa.144
Alterazioni dell’inizio delle saccadi.
Il range di alterazioni che
comprendono l’inizio delle saccadi, può andare da un lieve incremento del tempo
di reazione saccadico, non visibile a letto del paziente, ad una latenza aumentata
di diversi secondi. La variabilità del tempo di reazione può essere spesso
aumentata, ad esempio, in presenza di alterazioni visive come l’ambliopia, 145 o in
pazienti con lesioni emisferiche che colpiscono le aree visive corticali.
Pazienti con lesioni bilaterali frontoparietali possono avere delle
alterazioni nell’inizio delle saccadi chiamata aprassia, 146 dove il paziente non è in
grado di eseguire saccadi volontarie, mentre quelle random e le fasi rapide del
nistagmo sono normali. Anche pazienti affetti da malattia di Huntington hanno
alterazioni nell’inizio delle saccadi, infatti, mostrano un maggiore aumento della
latenza d’inizio delle saccadi su comando e di quelle riflesse.
La latenza saccadica può essere ridotta, per esempio, in pazienti con
paralisi sopranucleare progressiva (PSP), nei quali possono essere coinvolti il
collicolo superiore e le sue connessioni con la formazione reticolare del tronco. 147
Intrusioni e oscillazioni saccadiche.
Le saccadi sono definite
inappropriate se interferiscono con la fissazione foveale di un oggetto d’interesse.
Normalmente le persone sono in grado di sopprimere le saccadi durante la
fissazione. 1
Questi movimenti oculari saccadici inappropriati possono comparire in
modo sporadico, come intrusione, o in modo ripetitivo senza un intervallo
intersaccadico, assumendo le caratteristiche di un’oscillazione. Le intrusioni e le
oscillazioni saccadiche differiscono dal nistagmo perchè iniziano sempre con un
movimento rapido.
Si conoscono diversi tipi di intrusioni saccadiche.
32
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Le scosse ad onda quadra, sono piccole saccadi orizzontali (circa 0.5
gradi), coniugate, che allontanano la fovea dal target, seguite, dopo un periodo di
circa 200-400 msec,
148
da piccole saccadi in direzione opposta, rifoveanti. Si
possono avere sia in soggetti normali che in pazienti affetti da patologie come il
morbo di Parkinson,
149
la paralisi sopranucleare progressiva, diverse patologie
cerebellari e lesioni cerebrali focali.
Le macro-oscillazioni saccadiche, sono costituite da saccadi orizzontali
che gradualmente aumentano e poi diminuiscono di ampiezza, oltrepassando ad
ogni saccade il punto di fissazione (intervallo intersaccadico 200 msec). Sono
considerate delle forme estreme di ipermetria e si incontrano in patologie
cerebellari che interessano il nucleo del fastigio e le sue connessioni
91
oppure in
seguito a lesioni pontine che coinvolgono la regione dei neuroni omnipausa. 134
Le oscillazioni saccadiche, sono costituite da una serie di movimenti
rapidi che si susseguono senza latenza. Se sono nel piano orizzontale, vengono
chiamate flutter oculare; se sono multidirezionali vengono chiamate opsoclono.
1
Le patologie associate al flutter o all’opsoclono spesso determinano altri segni di
interessamento cerebellare e del tronco encefalico. Queste oscillazioni molto
probabilmente riflettono un inappropriato e ripetitivo pattern di scarica di
differenti tipi di neuroni burst. 125
1.2.6 Esame clinico dei movimenti oculari saccadici
I movimenti saccadici possono essere esaminati a letto del paziente
chiedendogli di fissare alternativamente due target.
Le saccadi devono essere esaminate in tutte le direzioni di sguardo e nei
piani orizzontale, verticale e obliquo.
L’esaminatore deve valutare se la velocità è normale, se le saccadi hanno
una latenza sufficiente, se sono accurate e se sono coniugate (gli occhi si
muovono insieme). 1
La coniugazione oculare è fondamentale affinché un target che compare
nella periferia del campo visivo cada nello stesso punto delle due retine
(foveazione) e dipende dall’integritá delle strutture tronco-encefaliche e della
33
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
periferia oculare. Un esempio di saccadi non coniugate si ha nell’oftalmoplegia
internucleare (OIN) dove si ha un rallentamento delle saccadi di adduzione di un
occhio; l’OIN può essere valutato anche a letto del paziente chiedendogli di
fissare alternativamente due target lontani (15º-20º gradi), mentre per la dignosi
delle OIN lievi è necessaria la registrazione dei movimenti oculari. 150
La latenza può essere apprezzata valutando il tempo che il paziente
impiega per iniziare una saccade.
Per quanto riguarda l’accuratezza di una saccade, è necessario un buon
criterio per identificare le diverse alterazioni, ed è possibile farlo anche a letto del
paziente.
Una saccade viene definita accurata o ortometrica quando, in risposta alla
comparsa di un target visivo, il paziente è in grado di spostare lo sguardo e di
fermare l’occhio in maniera precisa su questo. L’inaccuratezza della saccade
viene chiamata dismetria e può essere di due tipi: 1) ipermetria, se l’occhio
supera il target; 2) ipometria, se si ferma prima di raggiungere il target. 1
Un minimo grado di ipometria è presente anche nei soggetti normali
soprattutto per rifissazione tra due target lontani. La dismetria saccadica può
scomparire in seguito a rifissazione ripetitive, ma la sua permanenza può essere
segno di patologie serie, ad esempio quelle che coinvolgono il cervelletto.
Quando viene identificata un’anomalia delle saccadi, una strategia utile è
quella di localizzare il disturbo all’interno dell’organizzazione gerarchica del
sistema saccadico. Primo si deve stabilire se il processo patologico interessa o no
le saccadi riflesse. La fase rapida del nistagmo può, ad esempio, essere studiata
provocando il nistagmo vestibolare attraverso una sedia rotante o provocando il
nistagmo otticocinetico con il cilindro manuale. 1
Successivamente bisogna valutare se il paziente è in grado di eseguire
saccadi verso un target che compare nel campo visivo: questo compito può essere
eseguito con o senza un target visivo, ma anche con un target uditivo. Ad
esempio, i pazienti affetti da Parkinson sono in grado di eseguire saccadi accurate
se gli vengono date istruzioni verbali, ma eseguono saccadi ipometriche se le
fanno spontaneamente.
34
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Infine è importante valutare l’effetto fatica dei movimenti oculari
saccadici. Ad esempio per diagnosticare la miastenia oculare viene chiesto al
paziente di fissare ripetutamente due target per diversi minuti.
Durante la fissazione è importante notare se questa viene interrotta da
movimenti saccadici anormali (intrusioni o oscillazioni saccadiche); in alcuni
pazienti queste, ad esempio il flutter e l’opsoclono, possono essere indotte con la
vergenza 151 o chiudendo gli occhi.
Mentre molte anomalie della velocità, dell’inizio e dell’accuratezza delle
saccadi possono essere facilmente valutate a letto del paziente, le alterazioni
subcliniche possono essere diagnosticate solo con la registrazione dei movimenti
oculari (vedi capitolo 2).
35
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
2. STUDIO STRUMENTALE DEI MOVIMENTI OCULARI SACCADICI
2.1 Metodiche di registrazione
Le caratteristiche ideali di un metodo di registrazione sono: la non
invasività (minore è il fastidio arrecato al paziente più realistica sarà la misura
essendo inferiore la perturbazione introdotta sul sistema); deve permettere la
realizzazione di test sia di lunga che di breve durata; avere una banda passante tale
da consentire lo studio di movimenti oculari rapidi quali le saccadi; avere un
campo di misura il più ampio possibile; una bassa sensibilità a rumore e artefatti e
un basso costo.
Esistono diverse metodiche di registrazione dei movimenti oculari. 152
Gli strumenti di misura dei movimenti oculari possono essere suddivisi in
due categorie, invasivi e non invasivi, a seconda che richiedano un maggiore o
minore contatto fisico dello strumento con l'occhio.
Le misure ottenute con la classe degli strumenti invasivi risultano in
generale più accurate, anche se di difficile applicazione in campo clinico; fra i
metodi invasivi utilizzati va ricordata la tecnica magneto-oculografica (o search
coil tecnique, MOG ), a tutt'oggi il metodo migliore per la registrazione dei
movimenti oculari nelle tre dimensioni, che tuttavia, specie nella pratica clinica, è
difficilmente applicabile.
Quelle invece non invasive e maggiormente impiegate sono l’elettrooculografia (EOG), l'oculografia all’infrarosso (IROG) e la più recente videooculografia (VOG).
Gli strumenti dedicati al rilevamento dei vari tipi di movimenti oculari non
sono completamente soddisfacenti per una registrazione quantitativa dei
movimenti oculari in tre dimensioni.
La componente torsionale in molti casi non è di grande rilievo e la sua
presenza comunque non influenza la misura delle altre componenti. Spesso può
essere sufficiente uno studio quantitativo anche della sola componente
orizzontale, eventualmente associato ad uno studio parallelo della componente
verticale. Per tali misure le tecniche e le metodologie correntemente disponibili
sono in genere soddisfacenti.
36
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
La registrazione e l’analisi dei movimenti oculari utilizzati nello studio di
questa tesi sono focalizzate per lo studio della componente orizzontale delle
saccadi.
Tutti i soggetti analizzati sono stati registrati utilizzando la tecnica
dell’oculografia all’infrarosso con riflessione differenziale del limbo. 153
Vediamo nel dettaglio gli aspetti principali di questa metodica.
2.2 L’oculografia all’infrarosso con riflessione differenziale del limbo
La tecnica della riflessione differenziale del limbo (IROG) è un metodo
fotoelettrico che registra il “limbo” (regione che separa l’iride e la congiuntiva)
dell’occhio attraverso la misurazione della quantità di luce riflessa.
Questa metodica è in generale più sensibile e affidabile rispetto, ad
esempio all’elettroculografia. Ha il grande vantaggio di non richiedere l’uso di
una lente a contatto, come nella tecnica del search coil, e può essere utilizzata
agevolmente anche nei bambini che abbiano un’età che consenta loro di
collaborare all’esame (7-8 anni circa); è invece caratterizzata da un limitato range,
soprattutto per i movimenti oculari verticali.
Si basa sulle caratteristiche della sclera, che è molto più riflettente della
parte corneale, cioè della pupilla e dell'iride; implica la proiezione attraverso dei
LED di una radiazione infrarossa, al fine di evitarne la percezione visiva, e sfrutta
i metodi di riflessione differenziale del limbo (o “limbus-tracking”).
Durante l’esame, il soggetto siede comodamente in una stanza buia, con il
casco ad infrarossi dotato di elementi fotoelettrici (usualmente montati su un
sistema fisso), e il capo fissato con una fascia adesiva ad un poggiatesta, per
impedirne i movimenti (l’immobilità del sistema rispetto alla testa è una
condizione essenziale per una buona registrazione); viene invitato a fissare dei
target luminosi (diodi emettenti luce rossa, LEDS) su un pannello ad arco, con
diametro di 288 cm, situato di fronte, ad una distanza di circa 1.2 metri. [Figura
5]
La luce infrarossa generata da uno dei due fotodiodi illumina l’occhio, la
luce riflessa dal bordo tra l’iride e la congiuntiva (il limbo) viene raccolta da una
37
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
coppia di fotosensori (fototransistor) ai due lati dell’occhio. Quando l’occhio è in
posizione centrale, i due diodi, se opportunamente centrati, ricevono lo stesso
segnale. Quando l’occhio ruota, il diodo in quella direzione riceve meno luce
giacché è esposta una maggior porzione di iride che riflette di meno, mentre
l’altro diodo riceve più luce, perché vi è esposta una maggiore porzione di
congiuntiva che ha un coefficiente di riflessione maggiore. La differenza tra le
due intensità luminose, decodificata da un opportuno circuito elettronico, è
proporzionale, entro certi limiti, alla posizione angolare dell’occhio. 154
La riproduzione grafica del movimento oculare, cioè il segnale di
posizione e di velocità (ottenuti attraverso la differenziazione analogica della
posizione dei canali) è ottenuta con un poligrafo a penne rettilinee e visualizzata
in un sistema di registrazione su striscia di carta (Beckman Type R612
Dynograph). [Figura 6]
La risposta di questo sistema risulta essere lineare per movimenti oculari
di ±15º; per angoli maggiori, fino a circa ±35º, si entra in una zona di non linearità
per cui si perde la biunivocità tra angolo di rotazione e valori di tensione. Inoltre,
se lo zero dell'occhio non corrisponde allo zero dello strumento si sommano
notevoli problemi di offset che portano, spostando le zone precedentemente
descritte rispetto alla posizione supposta centrale, a limitazioni del campo di
misura. Per cui per una misura corretta con questo metodo è necessario in primo
luogo un accurato posizionamento dei sensori ed inoltre che il movimento sia
strettamente orizzontale. Questo secondo limite è parzialmente superabile con
l'utilizzo di un maggior numero di sensori, passando da una configurazione
monodimensionale ad una bidimensionale. 152
Affinché vi sia una buona registrazione è fondamentale la collaborazione
del soggetto, che vi sia una sufficiente apertura della rima palpebrale (es.
un’importante ptosi palpebrale può, in alcuni casi, rendere impossibile la
registrazione), l’assenza di alterazioni corneali (es: emorragie), l’assenza di deficit
visivi. Importante è anche l’immobilità del sistema e la sua adeguata e precisa
calibrazione.
Sintetizzando possiamo dire che i pregi della metodica sono il miglior
rapporto segnale/rumore, la stabilità del sistema, l’elevata ampiezza di banda (500
38
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Hz), la risoluzione 0.5°, la possibilità di realizzare anche test brevi e il fatto che
non è invasiva.
I contro sono il ristretto campo visivo misurabile (± 30-35°), che può
essere sufficientemente grande per soggetti normali, ma può non esserlo per quelli
affetti da patologie quali lo strabismo; il limitato range (per i movimenti
orizzontali ±20°, per i movimenti verticali ±10°); la sensibilità ai movimenti della
testa e l’impossibilità di effettuare la registrazione dei movimenti torsionali. 152
2.3 Analisi quantitativa dei dati
I tracciati ottenuti dal Poligrafo Beckman vengono acquisiti al computer e
i dati digitali vengono elaborati attraverso una scheda di acquisizione PCI-MIO16XE-50 (National Instruments) e il software LabView (National Instruments). I
dati vengono poi analizzati su computer con l’uso del software Matlab (The
Mathworks, Natick MA).
MatLab è un programma interattivo di calcolo che permette di risolvere
problemi numerici senza che sia necessario scrivere esplicitamente una procedura
in un linguaggio di programmazione ad alto livello. MatLab si basa sul calcolo
matriciale, e si può pensare ad esso come ad un sistema efficace per accedere ad
una libreria di procedure di calcolo numerico molto sofisticate, con in più la
possibilità di rappresentare graficamente i risultati.
I programmi per l’analisi dei dati in MatLab (OMTOOLS), sono quelli
scritti e utilizzati nel Laboratorio di Motilità Oculare “Daroff-Dell’Osso, Louis
Stokes Cleveland DVA Medical Center, Case Western Reserve University,
Cleveland, OH, USA”. 155
Come sottolineato in precedenza, la coniugazione dei movimenti oculari
saccadici è un requisito fondamentale affinché target periferici cadano nello stesso
punto delle due retine (foveazione) in maniera tale da assicurare una chiara
visione (vedi capitolo 1).
Sono stati proposti diversi metodi per identificare obiettivamente le
alterazioni della coniugazione saccadica orizzontale, specialmente per riconoscere
l’OIN nel quale è presente una disconiugazione delle saccadi orizzontali.
39
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
La necessità di trovare delle misure affidabili nasce dal fatto che l’OIN
può essere difficile da identificare a letto del paziente, specialmente se il range di
adduzione dell’occhio è normale e vi è soltanto la velocità oculare ridotta. In uno
studio fatto sull'abilità di clinici esperti nell’individuare l’OIN (confermato in
seguito con la registrazione dei movimenti oculari) da casi presentati su video, è
emersa un’alta percentuale di errori nelle diagnosi. 156
Bird e Leech furono i primi ad utilizzare il confronto fra il picco di
velocità angolare saccadica dei due occhi, in pazienti con OIN. 157
In questa tesi per l’analisi dei dati, la coniugazione delle saccadi
orizzontali è stata misurata con: (1) il rapporto d’ampiezza (amplitude ratio, AR)
dei movimenti di abduzione e adduzione; (2) il rapporto del picco di velocità di
abduzione e adduzione (versional disconjugacy index, VDI); (3) la differenza di
velocità interoculare (IVD) normalizzata al 20% dello spostamento oculare con il
phase-plane plots.
Vediamo nel dettaglio queste metodiche.
Il phase-planes plots (IVD) è un approccio utilizzato per analizzare le
caratteristiche dinamiche delle saccadi
(vedi capitolo 1); è la differenza di
velocità interoculare al 20% della posizione normalizzata dell’occhio più debole.
Permette di proiettare la velocità oculare come funzione del cambiamento
di posizione (spostamento) per l’intero movimento, rimuovendo in tal modo il
tempo e gli effetti della latenza.
Il phase planes plots è stato utilizzato con successo nel campo della ricerca
sui movimenti oculari, incluso lo studio delle varie forme di nistagmo e delle
saccadi, in particolare per l’analisi delle saccadi non coniugate, fornendo un
ottimo strumento per determinare il sito, l’estensione e la patogenesi della
disconiugazione. 158
Utilizziamo questa tecnica per confrontare i valori del picco di velocità
(pulse saccadico) corrispondenti di ciascun occhio e attraverso l’“offset” della
posizione iniziale dell’occhio ad un valore di zero, eliminiamo la differenza di
latenza nell’esordio delle saccadi tra i due occhi.
40
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Le funzioni "getPhasePlane.m" e "calPhasePlane.m", scritti in Matlab (Il
MathWorks, Natick MA) ci permette di calcolare e disegnare il phase-plane
binoculare per ogni saccade (vedi codice di programma in Appendice).
L’inizio e la fine della saccade sono selezionati in base alla soglia di
accelerazione di 2000 gradi al secondo. 153
Per ciascuna saccade, lo spostamento (cambiamento di posizione) e la
velocità di ciascun occhio vengono normalizzati assegnando il valore di 1.0 al
massimo spostamento e al picco di velocità, dell’occhio che esegue il movimento
più ampio (chiamato “occhio forte”).
In questo modo, il phase-plane proietta la velocità normalizzata di ciascun
occhio versus lo spostamento normalizzato al 1% (0.01) degli incrementi di
posizione. L’asse di posizione di queste proiezioni viene troncata alla fine del
movimento dell’occhio che esegue il movimento più piccolo (chiamato “occhio
debole”).
Nel phase-planes plots il tempo viene eliminato, in questo modo siamo in
grado di confrontare la velocità di ciascun occhio per lo spostamento normalizzato
dello stesso occhio per l’intero movimento, la proiezione della “velocità di
disconiugazione”.
Per ciascun paziente, la media della velocità di disconiugazione di almeno
10 saccadi è proiettata e disegnata versus la posizione normalizzata dell’"occhio
debole” (proiezione della velocità di disconiugazione). 158
Infine vengono definiti gli “intervalli di predizione” (PI) del 5-95% basati
su dati di circa 1400 saccadi, di dieci soggetti normali, correlati per età e viene
valutato se i dati dei pazienti cadono all’interno o all’esterno di questi intervalli.
L’applicazione del phase-plane a studi che correlano l'attività dei neuroni
burst con le dinamiche saccadiche aiuterebbe a risolvere una controversia di
vecchia data che riguarda se gli spostamenti di sguardo disgiuntivi sono realizzati
da una sovrapposizione dei comandi saccadici e di vergenza (la legge di Hering) o
dal programma delle saccadi disgiunte nella PPRF del tronco encefalico.
Il versional disconjugacy index (VDI, indice di disconiugazione
versionale) è il rapporto fra i movimenti oculari di adduzione e di abduzione per il
picco di velocità, il picco di accelerazione, la latenza, e l’ampiezza oculare.
41
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Nell’elaborazione dei dati di questa tesi è stato utilizzato il rapporto tra i picchi di
velocità.
Studi recenti hanno fornito diverse prove a sostegno del valore del VDI
per identificare la disconiugazione oculare nell’OIN. 159,160
L' utilizzo del VDI ha il vantaggio di eliminare la variabilità inter e intra
individuale delle misure basate sui parametri saccadici monoculari. 161
Questa tecnica per lo studio della coniugazione saccadica orizzontale ha
anche dei limiti. Ad esempio, quando viene usato il picco di velocità-VDI per
stimare la coniugazione oculare, le possibili differenze nell’esordio della saccade
e il tempo tra i due occhi non vengono prese in considerazione. Quando viene
generato il comando saccadico, i due occhi non si muovono esattamente insieme,
ma c’è una componente di latenza, anche in soggetti normali;
162
questa
desincronizzazione diviene più evidente quando un occhio è più lento perchè, per
esempio, c’è una lesione nel FLM che provoca OIN.
Se la posizione viene proiettata versus il tempo per una saccade di un
paziente con OIN, si può apprezzare che gli occhi non arrivano al picco di
velocità nello stesso tempo [Figura 7]; gli occhi non si muovono insieme perché
il pulse saccadico per l'occhio che adduce è più piccolo di quello dell’occhio che
abduce.
L’ amplitude ratio (AR) è un’altra misura utilizzata per valutare la
coniugazione delle saccadi orizzontali. È simile al VDI, ma è data dal rapporto fra
i movimenti di abduzione e adduzione di ciascuna saccade per l’ampiezza invece
che per la velocità.
Rispetto al VDI la misura dell’ampiezza della disconiugazione oculare è
stata meno utilizzata, poiché molti pazienti mantengono la capacità di raggiungere
un target di fissazione in posizione centrifuga e la misura tradizionale
dell’ampiezza tradizionale con il VDI si è concentrata su questa posizione di
“ampiezza finale” (final amplitude, FA). 163
42
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
3. UN MODELLO SPERIMENTALE PER LO STUDIO DEL
FENOMENO FATICA NEI PZ AFFETTI DA SCLEROSI MULTIPLA
3.0 ABSTRACT
Background. Il fenomeno della fatica nella sclerosi multipla (SM) è stato
studiato da diversi autori con trial che hanno valutato soprattutto la fatica generale
a carico di diversi distretti muscolari (es. quelli delle mani) l’effetto della fatica
sulla deambulazione, la fatica e il fenomeno del caldo, oppure per valutare
l’efficacia di diversi trattamenti farmacologici etc…
Studi sulla fatica della muscolatura oculare invece, sono stati effettuati
soprattutto nell’ambito delle patologie della placca neuromuscolare (es. Miastenia
Gravis), in pazienti con disfunzioni cerebellari 164 e su pazienti sani. 105
La Sardegna ha un triste primato per la sclerosi multipla, da qui
l’importanza dei numerosi studi rivolti ad una diagnosi il più precoce e precisa
possibile, in maniera tale da iniziare il prima possibile le terapie (interferon e altre
terapie immunomodulanti) che intervengano nella prevenzione delle ricadute e
rallentino il più possibile la progressione di quest’invalidante patologia.
La fatica è un sintomo disabilitante nei pazienti con sclerosi multipla, ma i
suoi meccanismi sono poco conosciuti. Anche se la fatica nella SM si manifesta
soprattutto a carico del sistema motorio i disturbi a carattere parossistico del
sistema oculomotore potrebbero dipendere dalla fatica, come ad esempio
l’oscillopsia, la diplopia o la confusione visiva transitoria. L’OIN è un’alterazione
molto frequente nella sclerosi multipla e determina rallentamento nell’adduzione
in seguito alla demielinizzazione del fascicolo longitudinale mediale (FLM).
Obiettivo: Determinare se i cambiamenti nella coniugazione dei
movimenti oculari orizzontali durante le saccadi eseguite ripetutamente
forniscono un modello per il fenomeno della fatica nella sclerosi multipla.
Materiali e Metodi: Abbiamo misurato i movimenti oculari orizzontali in
9 pazienti affetti da SM con OIN (4 bilaterali, 5 unilaterali, totale 13 OIN) e 8
soggetti normali, che hanno eseguito saccadi orizzontali tra due target separati di
20 gradi in orizzontale per 10 minuti (test della fatica).
43
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
La coniugazione delle saccadi orizzontali è stata misurata nel primo e
nell’ultimo minuto del trial con: (1) il rapporto di ampiezza (AR) dei movimenti
di abduzione e adduzione; (2) il rapporto del picco di velocità di abduzione e
adduzione (versional disconjugacy index, VDI); (3) la differenza di velocità
interoculare (IVD) normalizzata al 20% dello spostamento oculare con il phaseplane plots.
Risultati: I cambiamenti dell’AR nei pazienti sono variabili e
inconsistenti. I valori di velocità al VDI e all’IVD mostrano invece cambiamenti
consistenti dopo fatica in 10 su 13 OIN, con aumenti in 5 casi e decrementi in altri
5. Il peggioramento della coniugazione (aumento dei valori del VDI e dell’IVD) è
stato osservato in generale in quelle OIN con iniziale VDI < 1.9, invece un
miglioramento della coniugazione (riduzione del VDI e dei valori di IVD) è stato
osservato in quelli con iniziale VDI > 1.9.
Conclusioni: Il test della fatica saccadica determina cambiamenti nella
coniugazione oculare in pazienti affetti da sclerosi multipla misurato attraverso il
criterio della velocità. Il peggioramento della coniugazione può riflettere il
deterioramento nella trasmissione del segnale del pulse saccadico attraverso il
FLM demielinizzato, e si trova in pazienti con INO più lieve. Un miglioramento
della coniugazione si ha in pazienti con OIN più severo, e può essere secondario
a meccanismi d’adattamento, come il reclutamento della vergenza per aiutare
negli spostamenti dello sguardo. Il modello riduzionistico per l’OIN fornisce un
circuito promettente per studiare il fenomeno della fatica attraverso le trasmissioni
neurali ridotte, così come le risposte adattive del cervello.
44
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
3.1 INTRODUZIONE
3.1.1 Aspetti generali della Sclerosi Multipla (SM)
La sclerosi multipla (SM) è una malattia infiammatoria cronica
demielinizzante che colpisce il sistema nervoso centrale (SNC), cervello e midollo
spinale. È una patologia multifattoriale, la cui insorgenza è data dall'associazione
di una suscettibilità di tipo genetico a fattori ambientali, quindi non si può
identificare in un solo agente la causa determinante la sclerosi multipla. 165
Colpisce individui di entrambi i sessi con predilezione per quello
femminile, con esordio di solito in età compresa tra 20 e 50 anni.
La Sardegna ha un triste primato, incidenza di 150 nuovi casi su 100 mila
abitanti l’anno.
La Sclerosi Multipla è caratterizzata da una disseminazione spaziale e
temporale del processo patologico, ossia dalla formazione di lesioni in sedi e in
tempi diversi a livello dell’encefalo, del nervo ottico e del midollo spinale. Tali
lesioni condizionano la comparsa di sintomi e/o segni di disfunzione neurologica
(deficit motori, disturbi della sensibilità, calo del visus, diplopia, disturbi
dell’equilibrio, disturbi della minzione o altro). 166
La grande variabilità dei sintomi che la caratterizza è conseguenza di un
processo di degenerazione della mielina. La mielina costituisce la guaina che
riveste parte del corpo dei neuroni permettendo la trasmissione rapida degli
impulsi nervosi. Se in uno stato di normalità le informazioni nelle fibre nervose
sono trasmesse a 100 m/s, in un individuo affetto dalla sclerosi multipla la
velocità scende gradualmente a 5 m/s. 167
Nel corso della malattia la distruzione delle guaine mieliniche causa il
blocco o rallentamento degli impulsi che vanno dal sistema nervoso centrale verso
le diverse parti del corpo e viceversa.
Le lesioni demielinizzanti caratteristiche della Sclerosi Multipla,
interessano spesso le vie nervose preposte al controllo dell’attività dei vari
sottosistemi dei movimenti oculari.
Diversi studi hanno evidenziato come le alterazioni della motilità oculare
sarebbero associate ad un maggiore livello di disabilità nei pazienti affetti, e lo
45
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
studio delle stesse è stato proposto come indice predittivo dello sviluppo di
disabilità.168 L’esperienza clinica di 150 anni e numerosi dati di letteratura,
avvalorano l’importanza dei movimenti oculari nell’aiutare la diagnosi di sclerosi
multipla, valutarne la progressione ed eventualmente stimarne la prognosi. 168
Di seguito vengono riportate e descritte le frequenti alterazioni della
motilità oculare nella sclerosi multipla e viene data un’interpretazione del loro
significato utilizzando un’approccio fisiopatologico.
3.1.2 Le alterazioni della motilità oculare nella Sclerosi Multipla
La Sclerosi Multipla causa una varietà di deficit oculomotori [Tabella 3],
quelli più comunemente riscontrati sono l’oftalmoplegia internucleare (OIN), uni
o bilaterale, i segni oculari cerebellari (incluso il nistagmo evocato dallo sguardo)
e il nistagmo pendolare acquisito, 169,170 causa frequente di disabilità visiva. 1,171
Le vertigini acute associate a nistagmo spesso si hanno nel corso delle
riacutizzazioni della malattia (o poussé) e spesso sono ricorrenti e fastidiose.
L’esame sistematico della motilità oculare nei pazienti con Sclerosi
Multipla rivela altre anomalie come la dismetria saccadica (ipometria e
ipermetria).
Alcuni pazienti mostrano inoltre alterazioni della “sujective visual
vertical” (SVV), con deviazione oltre il range di normalità. La SVV viene
riportata in letteratura come un test otoneurolgico sensibile che oltre ad essere
utile nell’identificare e nel monitorare disturbi vestibolari periferici e danno delle
vie vestibolari centrali, è stato proposto come segno più frequente e sensibile di
lesione unilaterale del tronco dell’encefalo e può anche essere associato a lesioni
talamiche o corticali. La SVV può essere testata semplicemente utilizzando un
puntatore laser lineare. 172
Altre anomalie riportate nella sclerosi multipla includono paralisi di
sguardo verticale e orizzontale,
nistagmo
downbeat
otticocinetiche,
177
e
upbeat,
173
blefaroclono evocato dallo sguardo,
175,176
diverse
alterazioni
vestibolari
miochimia dell’obliquo superiore e spasmo in convergenza.
46
174
e
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
I pazienti possono inoltre sviluppare paresi dei nervi oculomotore,
trocleare e abducente.
La Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) è spesso d’aiuto per identificare
lesioni nel tronco o nel cervelletto responsabili di tali anomalie. 178
L’Oftalmoplegia Internucleare (OIN)
L’oftalmoplegia internucleare (OIN) è causata da una lesione del fascicolo
longitudinale mediale (FLM). Sia i movimenti orizzontali che quelli verticali sono
interessati perchè gli assoni del fascicolo longitudinale mediale portano i comandi
per i movimenti orizzontali coniugati dai neuroni internucleari dell’abducente al
retto mediale del nucleo oculomotore controlaterale, mentre altri assoni portano
segnali vestibolari e d’inseguimento lento dai neuroni dei nuclei vestibolari ai
nuclei del tronco coinvolti nello sguardo verticale. 1
Il segno cardinale dell’OIN è la paresi dell’adduzione dell’occhio
(“adduction lag”) dallo stesso lato della lesione durante i movimenti coniugati;
quest’alterazione dell’adduzione può andare dalla totale paralisi ad una paresi che
appare soltanto come una saccade di adduzione più lenta. 1 L’alterazione del retto
mediale è visibile in tutti i tipi di movimenti oculari coniugati ed è più evidente
durante l’esecuzione delle saccadi orizzontali nelle quali viene messo in evidenza
un rallentamento della velocità. [Figura 8]
Lo stesso occhio è però in grado di addurre durante i movimenti di
convergenza. Quando i pazienti sono in grado di convergere, nonostante l’assenza
dell’adduzione volontaria, è ipotizzata una lesione caudale con conservazione dei
motoneuroni del retto mediale. 179 La presenza di una convergenza conservata è
importante perchè la sua assenza non necessariamente implica una lesione rostrale
che coinvolge la suddivisione nucleare del retto mediale; per cui bisogna essere
cauti nel localizzare l’OIN in base alla presenza o no della convergenza.
L’OIN può causare clinicamente sintomi quali diplopia e oscillopsia.
Vediamo ora brevemente alcune alterazioni che si possono associare
all’OIN.
Una è il nistagmo nell’abduzione dell’occhio controlaterale alla lesione, è
un nistagmo dissociato ed è suggestivo per l’OIN.
47
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Altre anomalie associate sono: l’esoforia, spesso in acuto, che è suggestiva
per un aumentato tono di vergenza; 180 la “skew deviation”; il nistagmo dissociato
verticale.
La “skew deviation” è frequente in caso di OIN unilaterale e l’occhio più
alto è quello dal lato della lesione. La causa è probabilmente l’interruzione delle
proiezioni centrali dagli input degli otoliti che ascendono nel FLM.
In caso di OIN unilaterale può essere presente anche un nistagmo verticale
“downbeat” (con fase rapida diretta verso il basso) con una componente torsionale
nell’occhio controlaterale ed è dovuto all’interruzione delle vie correlate con il
riflesso vestibolo-oculare (VOR) verticale. 181
Nell’OIN unilaterale può essere danneggiato il riflesso vestibolo-oculare
verticale durante la stimolazione del canale semicircolare posteriore contro
laterale, il quale dipende dal fascicolo longitudinale mediale per le risposte
normali.
182
Nell’OIN bilaterale può essere danneggiato il riflesso vestibolo-
oculare verticale, la stabilizzazione dello sguardo, l’inseguimento lento e
l’allineamento testa-occhi, funzioni che dipendono anche dal fascicolo
longitudinale mediale. 183 Pazienti con tremore importante della testa e un riflesso
vestibolo-oculare alterato lamentano oscillopsia.
Infine possono essere presenti intrusioni saccadiche, associate soprattutto
all’OIN bilaterale, che suggeriscono il coinvolgimento del tronco adiacente al
FLM.
Diverse patologie possono causare l’OIN, che può essere unilaterale o
bilaterale, che vanno dai tumori, alle lesioni ischemiche, alla demielinizzazione, a
patologie metaboliche e degenerative.
184
L’OIN unilaterale è frequentemente
associato ad ischemia mentre quello bilaterale è frequentemente associato a
demielinizzazione nella sclerosi multipla. 170
Patogenesi dell’OIN. La patogenesi dell’OIN è ben nota. 185 [Figura 9]
I neuroni burst premotori che giacciono nella formazione reticolare
pontina paramediana (PPRF) generano un burst di potenziali d’azione ad alta
frequenza. Questo pulse d’innervazione proietta monosinapticamente al nucleo
dell’abducente, dove si trovano due popolazioni di neuroni: i neuroni motori e i
neuroni internucleari.
48
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Il pulse d’innervazione viaggia nel nervo abducente fino al muscolo retto
laterale, dove le fibre veloci superano la resistenza al movimento dei tessuti
orbitali, e l'occhio accelera ad alta velocità (più di 600 gradi/secondo per le
saccadi ampie). 186
I neuroni internucleari dell’abducente portano anche il pulse di
innervazione, via fascicolo longitudinale mediale (FLM) ai motoneuroni del retto
mediale nel nucleo dell’oculomotore che determina la rapida contrazione del
muscolo retto mediale. Nei soggetti normali, gli occhi ruotano rapidamente
insieme, in una saccade coniugata.
La parte iniziale delle saccadi orizzontali, che corrisponde al pulse
saccadico, sono come una macchina nei soggetti normali, per cui è possibile
definire i limiti normali per molte misure relative alla velocità dell’adduzione e
dell’abduzione oculare.
L’OIN nella SM è dovuto alla demielinizzazione del FLM che provoca un
rallentamento dell'occhio che adduce perché non può condurre più il segnale ad
alta frequenza tra il nucleo dell'abducente e dell’oculomotore. 1
Per quanto riguarda il nistagmo dissociato presente nell’OIN, sono state
fatte diverse ipotesi; quella che ha il maggior supporto sperimentale è che questo
nistagmo rifletta il tentativo del cervello di compensare l’alterazione
dell’adduzione. Questa compensazione è la conseguenza dell’aumento adattivo
dell’innervazione per l’occhio che adduce, per aiutarlo ad arrivare sul target, che,
in seguito alla legge di Hering dell’uguale innervazione, è accompagnata da un
cambio nell’innervazione anche nell’occhio in abduzione. 187
Un altro meccanismo ipotizzato per spiegare il nistagmo in abduzione è
che sia un nistagmo evocato dallo sguardo, dissociato, che sembra più importante
nell’occhio abdotto perché l’adduzione è alterata. 188
La valutazione della motilità oculare nella Sclerosi Multipla
La valutazione dei pazienti ai quali viene sospettata o diagnosticata la
sclerosi multipla non è completa senza un esame sistematico dei movimenti
oculari. Sfortunatamente nell’attuale valutazione standard della sclerosi multipla
manca un approccio sistematico per testare ciascuna classe funzionale di
49
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
movimenti oculari; a tal fine, è stata proposta una nuova scala di valutazione della
motilità oculare con punteggio. 189
Pazienti che hanno una maggiore disabilità sono più predisposti a
sviluppare anomalie dei movimenti oculari, probabilmente perché il peso
maggiore della malattia è dato dall’interessamento del tronco encefalico e del
cervelletto. 168
Dal punto di vista clinico, valutare l’escursione dei movimenti oculari può
aiutare ad identificare uno strabismo dovuto ad un oftalmoplegia internucleare
(tipicamente un’exotropia) o, meno di frequente, una paralisi dei nervi abducente,
trocleare, od oculomotore; tuttavia, spesso non è sufficiente per individuare
alterazioni dinamiche delle saccadi.
Il riscontro clinico dell’OIN può essere difficile
156
e la misurazione dei
movimenti oculari può aiutare a confermare la diagnosi in una fase precoce della
malattia. Clinicamente il rallentamento dell’adduzione può essere evidenziato
chiedendo al paziente di eseguire larghe saccadi orizzontali tra due target oppure
utilizzando un cilindro manuale per il nistagmo otticocinetico.
Un approccio più affidabile è quello di registrare i movimenti oculari
saccadici orizzontali, misurando le saccadi confrontando il picco di velocità
dell’adduzione e dell’abduzione, e confrontando i valori con quelli di un gruppo
di soggetti normali; ciò consente di identificare i vari gradi di OIN. I soggetti
normali mostrano piccole variazioni della relazione abduzione/adduzione del
picco di velocità oculare o picco d’accelerazione.
159,190
I pazienti con OIN,
invece, hanno una relazione abduzione/adduzione per il picco di velocità o picco
di accelerazione che oltrepassa l’intervallo di predizione del 95% per i soggetti
normali.
Altre anomalie delle saccadi che devono essere valutate in questi pazienti
sono il prolungato tempo di reazione (latenza), l’inacuratezza e la riduzione della
velocità. Ad esempio, le saccadi ampie (20 gradi o più) sono più adatte per
mostrare i cambiamenti di velocità rispetto alle piccole saccadi.
191
Un’altra
alterazione frequente è la dismetria saccadica (ipometria e/o ipermetria).
I movimenti d’inseguimento lento, che hanno la funzione di stabilizzare
sulla fovea l’immagine di oggetti d’interesse che si muovono lentamente nel
50
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
campo visivo, 10 vengono abitualmente testati chiedendo al paziente di seguire con
gli occhi un target (es: la punta di una matita), mosso lentamente dall’esaminatore
sul piano orizzontale e verticale. Il riscontro di movimenti saccadici durante
l’esame implica un’inseguimento lento alterato o saccadico. Il deficit
dell’inseguimento lento è un segno non specifico presente in diverse patologie
neurologiche, tra cui quelle che interessano il cervelletto, anche se soggetti
normali (soprattutto anziani) possono avere un inseguimento lento saccadico.
Il riscontro di nistagmo può essere diagnosticamente importante,
specialmente se presente in posizione centrale (posizione primaria di sguardo).
Tuttavia, la forma più comune di nistagmo nella SM è quello che compare quando
lo sguardo è diretto in posizione eccentrica, soprattutto lateralmente e verso l’alto
(“nistagmo evocato dallo sguardo”). 192
Tuttavia, nonostante la possibile rilevanza clinica della presenza di un
nistagmo evocato dallo sguardo, questo è di comune riscontro anche in alcuni
soggetti normali; pertanto questo segno manca di specificità. Invece un pattern
dissociato di nistagmo evocato dallo sguardo, abbiamo visto essere un segno
clinico utile, in quanto molto suggestivo per la presenza di un’oftalmoplegia
intenucleare.193
La valutazione della “Subjective Visual Vertical” (SVV) è un test
utilizzato per la valutazione della disfunzione del tronco encefalico e del
cervelletto; è facilmente eseguibile e ripetibile nella pratica clinica, può essere di
notevole utilità nell’esame dei pazienti affetti da sclerosi multipla.
I soggetti normali, con la testa in posizione eretta, sono in grado di
giudicare con una certa accuratezza quando una linea luminosa proiettata in una
stanza buia sia verticale (percezione soggettiva della verticalità o “subjective
visual vertical”).
La deviazione della “subjective visual vertical” (SVV) oltre il range di
normalità, è riportata in letteratura come un test otoneurologico sensibile in grado
di fornire informazioni sui disturbi vestibolari, riflettere un danno delle vie
vestibolari centrali ed è stato proposto come il segno più frequente e sensibile di
lesione unilaterale del tronco encefalico.
194
Inoltre, il riscontro di deviazioni
patologiche della SVV può essere associato a lesioni talamiche o corticali. 195
51
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
3.1.3 Il sintomo fatica nelle malattie neurologiche
Non esiste un’univoca definizione della fatica che consenta un corretto
inquadramento nosografico e lo sviluppo di soddisfacenti scale di classificazione
e valutazione: la fatica fisica viene da alcuni autori definita come “l’incapacità a
continuare il funzionamento ad un livello normale d’abilità”, 196 da altri come “la
perdita della capacità massima di generare forza durante l’esercizio”. 197
Si parla invece di fatica “patologica” quando ci troviamo di fronte ad un
sintomo sproporzionato allo sforzo effettuato. 198 È un sintomo comune a molte
patologie neurologiche quali la sclerosi multipla, 199 la sindrome da fatica cronica,
198
gli esiti di ictus,
200
la miastenia gravis oppure può essere un sintomo della
sindrome depressiva.
La fatica viene distinta in centrale e periferica.
La fatica centrale è imputabile a meccanismi che originano nel sistema
nervoso centrale (SNC), ovvero in tutte quelle strutture nervose, corticali e
subcorticali, i cui compiti vanno dall'ideazione del movimento alla conduzione
dell'impulso nervoso fino al motoneurone spinale.
La fatica periferica (o affaticabilità muscolare) è caratterizzata
dall’incapacità a mantenere una contrazione muscolare costante, è indotta da
fenomeni che si verificano nel motoneurone spinale, nella placca neuromuscolare
(come nella miastenia gravis) e nella fibrocellula muscolare.
Le basi biologiche responsabili della fatica non sono ancora perfettamente
conosciute.
La fatica nella Sclerosi Multipla
La fatica è tra i sintomi più frequentemente riferiti dai pazienti affetti da
sclerosi multipla (SM), con una prevalenza elevata che va dal 65% al 97%
secondo gli studi e con almeno il 15–40% dei soggetti che la descrivono come il
sintomo in assoluto più disabilitante. 201
La fatica tende ad essere più frequente in pazienti con disabilità maggiore,
decorso progressivo, sia di tipo primario che secondario, interessamento delle vie
sensitivo-motorie e cerebellari, età maggiore alla valutazione e stagionalità
(primavera). 202
52
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Essendo la fatica un’esperienza soggettiva, la sua quantificazione si basa
sull’auto-compilazione di questionari (unidimensionali o multidimensionali) che
purtroppo non hanno una piena validazione soprattutto per quanto riguarda loro
utilizzo in via longitudinale. I limiti dei questionari stanno nella loro completa
soggettività e nella richiesta di valutazioni retrospettive, talora per il paziente di
discreta difficoltà compilativa. Inoltre la fatica può esser confusa dal paziente con
altri sintomi di malattia.
La Fatigue Severity Scale (FSS) è la scala tuttora più utilizzata: è
unidimensionale, valuta la gravità della fatica nella vita quotidiana ed è composta
da 9 elementi. 203
La Modified Fatigue Impact Scale (MFIS) è invece una scala
multidimensionale che valuta l’impatto a livello fisico, psicosociale e cognitivo,
attraverso la compilazione di 21 elementi: probabilmente è la scala più attendibile,
anch’essa inserita nella valutazione della fatica nei più recenti studi clinicofarmacologici.204
La fatica nella sclerosi multipla è causata da diversi fattori che possono
essere divisi in due gruppi: quelli che determinano fatica primaria; quelli che
determinano fatica secondaria.
La fatica primaria è il risultato del processo che determina la patologia,
cioé la demielinizzazione nel sistema nervoso centrale. È definita come la perdita
d’energia sia fisica che mentale e si manifesta con apatia, stanchezza, che non è
direttamente correlata con l’aumento dell’attività fisica e che interferisce con le
normali attività quotidiane. La fatica peggiora in seguito ad alcune condizioni
ambientali quali il caldo e l’umido o all’incremento della temperatura corporea
(noto come fenomeno di Uhthoff),
205
dovuto ad una riduzione della velocità di
conduzione nervosa attraverso le fibre demielinizzate.
La fatica secondaria non è causata direttamente dalla malattia stessa, ma è
il risultato di sintomi della sclerosi multipla o del loro compenso: i disturbi del
sonno, che sono molto frequenti e possono essere secondari alla necessità di
alzarsi per urinare (nicturia), alla presenza di spasmi muscolari o dolori, all’ansia;
lo sforzo continuo necessario a compensare deficit della deambulazione dovuti
alla spasticità o ai dolori muscolari; la depressione e alcune terapie.
53
206
La
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
sindrome
simil-influenzale,
effetto
collaterale
noto
dei
trattamenti
immunoprofilattici per SM a base d’interferone-beta, attraverso l’incremento
seppur lieve della temperatura corporea può contribuire al fenomeno della fatica
riducendo pertanto la qualità della vita di questi pazienti.
Fatica e Sistema Oculomotore.
Nonostante la fatica nella sclerosi multipla si manifesti in particolar modo
a carico del sistema motorio provocando un incremento della spasticità,
peggioramento del deficit stenico, spasmi dolorosi e clonie, altri disturbi a
carattere parossistico con interessamento del sistema oculomotore, quali
oscillopsia, diplopia, confusione visiva transitorie, potrebbero dipendere dal
fenomeno della fatica.
I muscoli extraoculari sono particolarmente resistenti alla fatica così
com’è stato determinato da valutazioni funzionali nell’uomo
preparazioni di muscoli isolati.
207
105
e in studi su
La resistenza alla fatica deriva in vivo
dall’elevata vascolarizzazione dei muscoli extraoculari e dal loro contenuto
mitocondriale. 208
È noto, infatti, che i muscoli extraoculari sono diversi dai muscoli
scheletrici sia per le loro caratteristiche strutturali che fisiologiche ed è per questo
che sono più suscettibili a determinate patologie (es. miastenia) rispetto agli altri
muscoli e più resistenti ad altre (es. distrofia di Duchenne); inoltre quando una
patologia coinvolge questi muscoli, le modificazioni istopatologiche possono
essere completamente diverse da quelle dei muscoli scheletrici affetti dalla stessa
patologia.
Ipotesi Patogenetiche
I meccanismi alla base della fatica nella sclerosi multipla sono ancora
poco conosciuti, si pensa siano in parte di natura centrale legati ad un’alterazione
del reclutamento dei motoneuroni alfa dovuta a lesioni a carico del fascio corticospinale
209
spastico;
e in parte secondari a meccanismi periferici aventi luogo nel muscolo
210
questa “fatica periferica” non sembra comunque secondaria a
compromissione del nervo periferico, né della giunzione della placca
54
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
neuromuscolare (come capita, ad esempio, nella Miastenia Gravis) o ad
un’alterata eccitabilità della membrana muscolare. 211
3.1.5 Terapia della fatica nella Sclerosi Multipla
Il trattamento della fatica non può al momento giovarsi di un farmaco
d’elezione, in quanto non si sono dimostrati sicuri benefici “evidence-based” con
nessuno dei farmaci finora testati. Diversi studi clinici hanno dimostrato
l’efficacia dei diversi trattamenti farmacologici della fatica come il modafinil,
l’aminopiridina, l’amantadina e il pemolino.
Il modafinil è un farmaco agonista alfa-adrenergico centrale con proprietà
di stimolare la vigilanza, basso potenziale d’abuso, già utilizzato per il trattamento
della narcolessia e dell’ipersonnia idiopatica. Diversi studi
212,213
hanno
evidenziato come questa molecola sia di grande interesse nel trattamento del
sintomo fatica, poiché è in grado di fornire miglioramenti significativi, come
rilevato alla scala FSS, a fronte di modesti effetti collaterali quali cefalea, ansia e
nausea.
Le aminopiridine (4-Aminopiridina e 3,4-Diaminopiridina) sono dei
bloccanti dei canali del calcio, in grado sperimentalmente di accelerare la
conduzione nervosa su fibre parzialmente demielinizzate, incrementando la durata
del potenziale d’azione, permettendo di conseguenza l’incremento della velocità
di conduzione nei nervi demielinizzati e migliorando in alcune fibre i blocchi di
conduzione. Un recente studio,
214
randomizzato, contro placebo con 4-
Aminopiridina non ha dimostrato vantaggi nelle scale di fatica, EDSS (Expanded
Disability Status Scale) e funzioni cognitive, ma quando i pazienti sono stati
suddivisi in sottogruppi in base al dosaggio ematico del farmaco, si è rilevato
come nei pazienti ad alto livello sierico (>30 ng/ml) fosse misurabile un
miglioramento significativo della fatica. Gli effetti collaterali più frequenti sono le
parestesie, i dolori addominali, le vertigini, l’ansia e la tachicardia, senza una
rilevante differenza tra i pazienti con livello ematico elevato o basso.
L’amantadina è il farmaco in grado di aumentare il rilascio di dopamina e
di beta-endorfine, gli studi analizzati dalla Cochrane Review segnalavano dei
55
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
miglioramenti sulla fatica definiti come incostanti e relativi, descritti comunque
come “poco ben documentati” a causa di elevata frequenza di drop outs, assenza
di analisi “intention to treat” o scarso numero di pazienti arruolati. Gli effetti
collaterali segnalati sono stati iperattività e risveglio precoce, mentre la
confusione e la ritenzione urinaria venivano per lo più riportati dai pazienti più
anziani.
Il pemolino è un farmaco ad effetto stimolante sul sistema nervoso
centrale, utilizzato in pediatria per la terapia dei disturbi da deficit d’attenzione. È
stato testato nel trattamento della fatica nella SM in due studi senza che fossero
evidenziati risultati statisticamente positivi rispetto al placebo.
215,216
Gli effetti
collaterali più frequentemente riportati sono l’anoressia, l’irritabilità e l’insonnia.
Altri farmaci sono stati testati in studi di potenza modesta, per lo più in un
singolo centro: i dati necessitano di conferme su gruppi più numerosi ed in studi
multicentrici.
Oltre all’intervento farmacologico risulta non meno importante anche un
approccio basato sulla terapia fisica, fondata principalmente su interventi di
esercizio aerobico.
217
Vanno comunque evitati gli effetti negativi dello sforzo
sulla fatica legati al conseguente incremento della temperatura corporea: l’effetto
di quest’ultima è legato all’instabilità della conduzione nervosa nelle fibre
parzialmente demielinizzate, con conseguente formazione di blocchi a livello dei
nodi di Ranvier e ridotta densità dei canali del sodio, condizionante un
deterioramento delle funzioni neurologiche.
Anche se l’approccio terapeutico risulta al momento ancora insufficiente, è
verosimile che la combinazione di tecniche di modificazione ambientale (esercizi
di rilassamento periodici, attività lavorativa diversamente organizzata, uso di
bevande e docce fredde) associate ad una terapia fisica mirata (esercizio aerobico
incrementale) e a farmaci specifici possa giovare in modo significativo nel
migliorare la percezione della fatica nel paziente affetto da SM.
56
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
3.2 OBIETTIVI DELLO STUDIO
Gli obiettivi della nostra ricerca sono stati quelli di valutare la presenza e
la gravità delle anomalie della motiltà oculare, correlate al grado di disabilità, e di
indagare sul fenomeno della “fatica nella SM”, ed eventualmente caratterizzarne il
meccanismo.
Lo studio di tale fenomeno, verosimilmente presente anche a carico dei
muscoli extraoculari, come sembra suggerire il comune riscontro nella pratica
clinica di sintomi oculari “da fatica” (es. diplopia), sarà quindi approfondito con
uno studio dei movimenti oculari, simile a quello solitamente effettuato in
pazienti affetti da patologia della placca neuromuscolare.
Lo scopo quindi di questo studio è stato quello di determinare se il
circuito per le saccadi orizzontali coniugate, mostrato in Figura 9, offra un
modello accessibile, utile, riduzionista per studiare il fenomeno della fatica nella
SM.
Studi precedenti effettuati su saccadi ripetute in soggetti normali, hanno
mostrato che non compare fatica, 105 o un pattern di fatica apparente che si risolve
velocemente se la natura del compito viene cambiata, ad esempio, cambiando
semplicemente le istruzioni date al soggetto. 164,218
Comunque, questi studi precedenti non hanno focalizzato l’attenzione sul
fatto se le saccadi ripetitive possano determinare cambiamenti nella coniugazione
saccadica, né in soggetti normali né in pazienti affetti da SM.
Abbiamo studiato un gruppo di pazienti affetti da SM, focalizzando
l’analisi quantitativa delle saccadi su quelli con OIN, dalla diversa gravità, e
abbiamo trovato che le saccadi ripetute determinano cambiamenti nella
coniugazione in più casi, ma non nei controlli sani.
57
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
3.3 MATERIALI E METODI
Abbiamo studiato un gruppo di 50 pazienti (35 femmine, 15 maschi) con
sclerosi multipla definita (44 con decorso recidivante-remittente; 6 con decorso
secondario progressivo), range d’età compreso tra i 24 e i 61 anni (media 38.84),
che hanno riferito come sintomo la fatica generalizzata e/o sintomi di disfunzione
del sistema oculomotore (diplopia, ptosi, nistagmo, ecc...).
Abbiamo inoltre studiato 8 controlli sani correlati per età e sesso (range
d’età 27-54 anni; media 36.75; 4 femmine).
Tutti i pazienti e i controlli hanno firmato il consenso informato.
I pazienti sono stati sottoposti ad esame clinico neurologico per la
valutazione, con le scale di Kurtzke, dei singoli sistemi funzionali (Functional
System Scores, FSS) e della disabilità (Expanded Disability Status Scale, EDSS) e
sottoposti a test per valutare la presenza di fatica ed escludere cause, quali la
depressione, che possono determinare astenia generalizzata che può essere
scambiata per fatica.
I pazienti c/o l’ambulatorio di Neurooftalmologia sono stati sottoposti al
seguente protocollo.
L’esame clinico oftalmologico: l’acuità visiva per vicino, utilizzando la
carta di Rosenbaum; il campo visivo mediante le prove manuali di confronto; la
visione dei colori, utilizzando le tavole di Ishihara; il diametro pupillare e
l’integrità del riflesso pupillare alla luce e all’accomodazione-convergenza;
l’esame del fundus oculare (PanOptic Opthalmoscope-Welch Allyn).
L’esame della motilità oculare: impiego di una scala di valutazione con
punteggi (Tabella 5) adoperata in uno studio precedente condotto su pazienti
affetti da SM. 172 La suddetta scala comprende: (1) esame dell’allineamento degli
assi visivi, mediante il cover test; (2) osservazione della stabilità di fissazione in
posizione primaria di sguardo, e nelle direzioni eccentriche orizzontali e verticali;
(3) esame delle saccadi orizzontali e verticali; (4) esame dell’inseguimento lento
orizzontale e verticale; (5) esame del riflesso vestibulo-oculare (VOR) orizzontale
e verticale, mediante l’head-impulse test; (6) esame della convergenza.
58
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
I punteggi attribuiti alle singole alterazioni della motilità oculare sono stati
assegnati tenendo in considerazione che alcuni soggetti normali possono
manifestare nistagmo nelle estreme deviazioni di sguardo e possono avere un
inseguimento lento lievemente saccadico. I pazienti con punteggio inferiore o
uguale a 2 sono stati inclusi nel gruppo con motilità oculare normale (MON),
quelli con punteggio superiore a 2 nel gruppo con motilità oculare alterata
(MOA).
Come test aggiuntivo, la rappresentazione interna della verticalità
(Subjective Visual Vertical, SVV) misurata sia in condizioni di visione binoculare
che monoculare. Per questo test viene utilizzato uno strumento costituito da una
struttura in legno con un led lineare. [Figura 10] Il paziente, che siede al centro
della stanza con la testa eretta (senza occhiali o lenti correttive), viene invitato a
dare istruzioni all’operatore finché non ritiene che il led lineare sia perfettamente
verticale.
I pazienti sono stati classificati in due gruppi: il gruppo di pazienti con
SVV normale (SVVN), con una deviazione dal vettore verticale di gravità <3°
(che includeva il 95% dell’intervallo di confidenza nei soggetti normali), e quello
dei pazienti con SVV anormale (SVVA), con deviazione >3°. 172
Per il confronto statistico dei dati è stato utilizzato il t-test, essendo i dati
normali per distribuzione.
Infine i pazienti sono stati sottoposti alla valutazione strumentale
mediante l’oculografia a raggi infrarossi (Scalar Eye Movement Monitoring
System), i dati digitali sono stati elaborati attraverso una scheda di acquisizione
PCI-MIO-16XE-50 (National Instruments, http://www.ni.com/dataacquisition) e
il software LabView (National Instruments, http://www.ni.com/labview), e
analizzati su computer con l’uso del software Matlab (The Mathworks, Natick
MA).
I pazienti e i controlli sani, con entrambi gli occhi aperti (visione
binoculare), hanno eseguito saccadi orizzontali in risposta ad un target visivo
(laser spot) che si alternava a ±10 gradi rispetto alla linea mediana a un 1Hz, che
compariva su uno schermo alla distanza di 1.2 metri. [Figura 5]
59
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Questo “test della fatica” è durato 10 minuti. La posizione oculare
orizzontale è stata registrata con la tecnica a raggi infrarossi. Il segnale è stato
filtrato (0-150 Hz) prima della digitalizzazione a 500 Hz; la velocità oculare e
l’accelerazione è stata calcolata come descritto precedentemente (vedi capitolo 2).
L’inizio e la fine delle saccadi sono state definite utilizzando una velocità
di soglia di 10 gradi/secondo.
Abbiamo infine focalizzato l’analisi digitale dei tracciati ottenuti in un
gruppo di 9 pazienti (5 femmine, 3 maschi) con sclerosi multipla definita (5 con
decorso recidivante-remittente, 4 con decorso secondario progressivo), tutti
mostravano clinicamente OIN con vario grado di severità (4 bilaterali, totale 13
OIN); le loro caratteristiche cliniche sono riassunte nella Tabella 6.
Abbiamo applicato tre misure per valutare la coniugazione delle saccadi
orizzontali nelle parti di tracciato del primo e dell’ultimo minuto del test della
fatica: (1) il rapporto di ampiezza (AR) dei movimenti di abduzione e adduzione;
(2) il rapporto del picco di velocità di abduzione e adduzione (versional
disconjugacy index, VDI); (3) la differenza di velocità interoculare (IVD)
normalizzata al 20% dello spostamento oculare con il phase-plane plots.
Quest’ultima tecnica è stata descritta in precedenza (vedi capitolo 2), e
viene qui riassunta brevemente.
Lo spostamento
(cambiamento di posizione) e la velocità di ciascun
occhio sono stati normalizzati assegnando il valore di 1.0 allo spostamento
massimo e al picco di velocità dell’occhio che esegue il movimento più ampio. In
questo modo, siamo stati in grado di confrontare la curva di velocità di ciascun
occhio con lo spostamento dello stesso normalizzato durante l’intera saccade; la
differenza tra queste curve è la velocità di disconiugazione, che stabilisce un
valore per l’IVD del 20% dello spostamento oculare.
Abbiamo applicato questa tecnica a 622 saccadi degli 8 soggetti sani
correlati per età, e abbiamo usato la regressione lineare definita tra il 5%-95%
dell’intervallo di predizione (PI) delle curve di differenza di velocità interoculare.
Infine, per ogni paziente, la media della velocità di disconigazione è stata
calcolata per un minimo di 10 saccadi ed è stata confrontata con il PI dei soggetti
di controllo.
60
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
3.4 RISULTATI
La Tabella 4 riassume le principali alterazioni della motilità oculare
riscontrate nei nostri pazienti. Le alterazioni più frequenti sono: il nistagmo
evocato dallo sguardo, presente in 24/50 pazienti (48%), la dismetria saccadica
15/50 (30%) e l’alterazione della convergenza 15/50 (30%).
L’OIN è risultato presente in 9/50 (18%); questo dato, che sembra in
contrasto con l’alta frequenza riportata nei diversi dati di letteratura, può essere
spiegata con un basso EDSS del nostro gruppo (range 0-7, media 1.93). Nei
pazienti con OIN l’EDSS (range 2.5-7, media 3.33) invece è più alto rispetto alla
media del gruppo senza OIN (range 0-6.5, media 1.77) con una differenza fra i
due gruppi statisticamente significativa (p<0.01). In questi pazienti 6/9 (66.6%) le
alterazioni della motilità oculare erano d’entità tale da rientrare nel gruppo di
MOA (range 3-6, punteggio medio 4) con una differenza rispetto al punteggio
della motilità oculare dei pazienti senza OIN (range 0-4, punteggio medio 0.93)
estremamente significativa (p<0.001) dal punto di vista statistico.
Nel nostro campione abbiamo trovato invece una bassa frequenza di
alterazioni della SVV, con 4/49 (8.1%): 3 in visione binoculare, 2 in visione
monoculare con l’occhio destro, 4 con l’occhio sinistro). L’EDSS in questi
pazienti con SVVA è risultato più alto (range 1.5-6, media 4) rispetto ai pazienti
con SVVN (range 0-5, media 1.633) con una differenza significativa dal punto di
vista statistico fra i due gruppi (p=0.0014). Inoltre di questi pazienti con SVVA 3
casi avevano una deviazione del vettore verticale di gravità >3° e 1 caso >5°.
Nella Tabella 5 vengono mostrate le alterazioni riscontrate nel gruppo di
pazienti 10/50 (20%) con MOA con il relativo punteggio (range del punteggio
2.5-6, media 3.7, 4 femmine); di questi 10/10 avevano nistagmo evocato dallo
sguardo (7 orizzontale bilaterale), 9/10 inseguimento lento alterato, 7/10 dismetria
saccadica, 5/10 OIN (2 bilaterale). In questi pazienti l’EDSS è mediamente più
alto (range 0-7, media 2.75) rispetto al gruppo con MON (range 0-6, media 1.72),
anche se la differenza fra i due gruppi non è abbastanza significativa dal punto di
vista statistico (p=0.075), così come non è risultata statisticamente significativa la
differenza della durata di malattia fra i due gruppi (p=0.598).
61
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Per quanto riguarda invece l’analisi digitale dei dati delle registrazioni
effettuate durante il test della fatica, abbiamo focalizzato la nostra attenzione sui 9
pazienti con OIN, confrontando i risultati con i controlli. Ecco ciò che è emerso.
I controlli sani hanno mostrato valori di AR vicini a 1.0 durante il primo
(0.97 + 0.10) e il decimo (1.00 + 0.11) minuto (Figura 11A), e insieme al t-test
non ha mostrato cambiamenti significativi (p=0.475). I pazienti hanno mostrato
valori di AR significativamente maggiori (p=0.02) rispetto ai controlli al primo
minuto (1.26 + 0.27), con un ulteriore aumento al decimo minuto (1.41 + 0.43),
anche se questo aumento non è significativo (p=0.135, Wilcoxon rank-sum test)
per maggiori differenze. Un esempio dell’aumento di AR dopo 10 minuti nel
paziente 6 viene mostrato in Figura 11B.
I valori del VDI nei soggetti normali erano vicini a 1.0 sia durante il primo
(1.04 + 0.14) che il decimo minuto (1.05 + 0.14), e insieme al t-test non ha
mostrato cambiamenti significativi (p=0.475).
I pazienti hanno mostrato maggiori valori di VDI (1.96 + 0.63) durante il
primo minuto rispetto ai controlli (p<0.001, Wilcoxon rank-sum test). Durante il
decimo minuto del test della fatica, si sono verificati cambiamenti significativi in
10 su 13 OIN, con aumento significativo in 5 casi (p<0.0001 in 4, p=0.003 in 1) e
diminuzione negli altri 5 (p<0.001); questi due gruppi sono evidenti in Figura
12B. Questi due differenti comportamenti non hanno determinato cambiamenti
del VDI (1.94 + 0.54) nell’intero gruppo. Un esempio di aumento del VDI dopo
10 minuti nel paziente 6 è mostrato in Figura 11B.
Le misure della velocità di disconiugazione con il phase plane (IVD) sono
riassunte in Figura 12C.
I controlli sani hanno mostrano valori simili di IVD durante il primo (0.06
+ 0.03) e il decimo (0.64 + 0.59) minuto, e insieme al t-test non hanno mostrato
cambiamenti significativi (p=0.95).
I pazienti con SM hanno mostrato complessivamente cambiamenti non
significativi (p=0.02) dei valori di IVD nel primo minuto (0.35 + 0.22) rispetto al
decimo minuto (038 + 0.14), a causa di un incremento simile in cinque pazienti e
decremento in cinque [Figura 12C].
62
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
I 5 OIN con aumento del VDI dopo 10 minuti hanno mostrato anche un
aumento nell’IVD che è significativo dal punto di vista statistico in 4/5 casi
(p<0.001), mentre gli altri 5 OIN con riduzione del VDI hanno mostrato anche un
simile decremento all’IVD dopo 10 minuti che è significativo in 2/5 casi.
Esempi di phase planes plots in Figura 13 mostrano peggioramento (A) o
miglioramento (B) della disconiugazione al 20% dello spostamento oculare
(IVD). Vengono anche mostrati cambiamenti consistenti simili nel VDI degli
stessi pazienti.
Sia l’IVD che il VDI hanno mostrato cambiamenti consistenti nei pazienti
con SM tra il primo e il decimo minuto [Figura 12D], confermando il risultato
che i pazienti con SM hanno due diversi tipi di comportamento in risposta al test
della fatica.
Complessivamente, il peggioramento della coniugazione (incremento dei
valori del VDI e dell’IVD) è stato osservato in generale in quegli OIN con valore
iniziale di VDI<1.9, mentre il miglioramento della coniugazione (decremento dei
valori di VDI e IVD) è stato osservato in quelli con valore iniziale di VDI>1.9.
Infine, in Figura 14 mostriamo un timeplot di una saccade che rappresenta
due pazienti con peggioramento (A) e miglioramento (B) al decimo minuto del
test della fatica.
Vedi la discussione per ulteriori dettagli.
63
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
3.5 DISCUSSIONE
Come sottolineato in precedenza (vedi paragrafo 3.1.3), la valutazione
clinica dei pazienti affetti da SM non è completa senza un attento esame della
motilità oculare.
L’esame clinico riportato nelle scale di valutazione per la SM si limita
all’esplorazione del “range” dei movimenti oculari, all’esame dei movimenti di
inseguimento lento e alla ricerca del nistagmo. Questo tipo di valutazione appare
insoddisfacente, in quanto non fornisce importanti informazioni sugli aspetti
dinamici dei movimenti oculari.
Sebbene i disturbi della motilità oculare nei pazienti con SM siano
ampiamente documentati in letteratura, nessuno studio sistematico è stato finora
condotto al fine di correlare tali alterazioni col grado generale di disabilità
associato alla malattia.
Uno studio sistematico dei disordini dei movimenti oculari con un
protocollo semplice, ma completo, come quello utilizzato con i pazienti di questo
studio fornisce strumenti diagnostici sensibili e specifici per la localizzazione
delle lesioni nel SNC e consente di avere delle informazioni che riflettono
direttamente e in maniera sensibile il grado integrità dei circuiti cerebellari e
troncoencefalici, 172 essendo in grado di identificare anche anomalie subcliniche.
Inoltre l’utilizzo di questo protocollo nelle visite cliniche di follow-up
(insieme ad un’accurata valutazione della vista) può fornire un metodo utile di
valutazione della progressione e della prognosi della malattia.
Nel nostro gruppo di pazienti abbiamo trovato alterazioni della motilità
oculare con una frequenza concordante con quella dei dati di letteratura: dismetria
saccadica e alterazione della convergenza (30%) e nistagmo evocato dallo sguardo
(48%), che sono cause frequenti di disabilità visiva.
Solo 10/50 pazienti hanno mostrato un punteggio della motilità oculare
superiore a 2 (MOA), questo può essere spiegato con un basso EDSS del gruppo
(media 1.93); di questi pazienti il 60% presentava l’OIN come deficit oculomotore
comune. Inoltre l’EDSS nei pazienti con OIN è risultato significativamente più
64
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
alto rispetto ai pazienti senza OIN, con un maggiore punteggio per le funzioni del
tronco.
Per quanto riguarda i pazienti con la deviazione dalla norma della SVV
(SVVA), nonostante la bassa frequenza di quest’alterazione (8.1%), questo
gruppo ha mostrato un più alto punteggio all’EDSS rispetto a quelli con SVVN,
con un punteggio maggiore per le funzioni cerebellari in 3/4 soggetti; in questi
stessi era presente anche dismetria saccadica che potrebbe indicare un
interessamento delle connessioni cerebellari. 172
La fatica nella SM è tra i sintomi più frequenti e disabilitanti e numerosi
studi sono stati fatti per cercare di caratterizzarne i meccanismi e valutare l’effetto
delle terapie. A tutt’oggi, però, sono riportati solo pochi studi sulla fatica a carico
della muscolatura oculare nella sclerosi multipla.
In questo studio, abbiamo eseguito un test della fatica, simile a quello che
viene utilizzato per la diagnosi delle patologie della placca neuromuscolare.
Abbiamo focalizzato l’attenzione sulle registrazioni della motilità oculare
dei pazienti con OIN e per l’analisi digitale dei dati ottenuti da questo test della
fatica abbiamo utilizzato recenti software che ci hanno consentito di valutare la
coniugazione delle saccadi orizzontali nelle parti di tracciato del primo e
dell’ultimo minuto del test.
Una delle sindromi del tronco encefalico meglio caratterizzate è l’OIN,
contrassegno neurooftalmologico della SM. L’OIN può essere caratterizzato dal
punto di vista quantitativo utilizzando diverse tecniche neurofisiologiche, che in
alcuni casi sono fondamentali nella diagnosi in quanto se l’OIN è di grado lieve
può “sfuggire” anche ad un attento esame clinico. Per confermare la diagnosi,
valutare il rapporto fra i movimenti oculari di adduzione e abduzione per la
velocità e l’accelerazione si è visto essere una metodica sensibile per stabilire la
presenza della disconiugazione interoculare.
Precedenti approci utilizzati per studiare la coniugazione oculare hanno
confrontato i movimenti di abduzione e adduzione misurando, ad esempio, il
rapporto del picco di velocità o accelerazione di ciascun occhio. Questi metodi
misurano soltanto un punto nella saccade e non tengono conto del tempo d’inizio
e del successivo corso della saccade in ciascun occhio. In questo studio per
65
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
analizzare le caratteristiche dinamiche del sistema motorio abbiamo scelto di
utilizzare misure quali il phase planes plots, che proietta la velocità come
funzione del cambiamento di posizione per l’intero movimento saccadico,
rimuovendo il tempo e gli effetti della latenza, il rapporto di ampiezza e il VDI.
Con queste misure abbiamo indagato se la sindrome dell’OIN può fornire
un modello accessibile e sensibile per studiare il fenomeno della fatica nella
sclerosi multipla. Abbiamo trovato che 10 su 13 OIN in 9 pazienti con sclerosi
multipla hanno mostrato cambiamenti consistenti durante un test della fatica di 10
minuti, durante i quali i soggetti hanno eseguito saccadi orizzontali di 20 gradi a
1.0 Hz per 10 minuti.
Abbiamo riscontrato due tipi di cambiamenti nel rapporto dei movimenti
di adduzione/abduzione. In 5 casi, l’OIN peggiora in maniera significativa, come
dimostrato dai cambiamenti nel rapporto picco di velocità (VDI) e velocità di
disconiugazione valutato con il phase plane. Negli altri 5 casi, l’OIN sembra
migliorare. Come possono essere spiegati questi risultati differenti?
Ci saremo aspettati che il rapporto abduzione/adduzione aumentasse con la
ripetizione della saccadi in seguito alla progressiva incapacità di trasmissione del
pulse saccadico nel fascicolo longitudinale mediale demielinizzato.
Ci si sarebbe aspettato che tale trasmissione fosse ridotta sulla base della
dimostrazione che l’aumento nella temperatura corporea fa realmente peggiorare
l’OIN, 185,219 e cinque casi di OIN hanno mostrato un significativo peggioramento
durante il test della fatica.
Come possiamo spiegare l'effetto paradossale del miglioramento dell’OIN
durante il test della fatica?
Noi proponiamo che tale miglioramento sia una risposta d’adattamento del
sistema visivo alla diplopia transitoria e ripetitiva durante il test della fatica. In
studi precedenti è stato dimostrato che pazienti con OIN unilaterale in cui l’occhio
normale era coperto, imponendo la visione con l'occhio debole, sviluppavano
cambiamenti nell’innervazione, d’adattamento, nel giro di alcuni giorni. 220
In questi esperimenti, l'adduzione migliorava dal lato dell’OIN, mentre
l'occhio normale coperto sviluppava degli overshoot, riflettendo un aumento del
pulse saccadico coniugato in risposta alle richieste visive.
66
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Abbiamo considerato la possibilità che un miglioramento si sarebbe potuto
verificare nei nostri pazienti se l'occhio con l’adduzione danneggiata avesse avuto
una visione migliore (occhio con visione dominante), ma nei nostri pazienti non
erano presenti significative differenze nell'acuità visiva tra i due occhi [Tabella
6], ed i cambiamenti nella disconiugazione si sono sviluppati dopo 10 minuti
invece che in giorni, come nello studio precedente.
La valutazione con il phase plane [Figura 13] offre un'altra possibilità:
mettere in evidenza che i movimenti di vergenza possono essere arruolati per
sostituire i movimenti coniugati danneggiati.
I movimenti di convergenza sono risparmiati nell’OIN in maniera
variabile, ma possono essere suscitati anche in pazienti con exotropia.1
Anche se è improbabile che i movimenti di convergenza abbiano effetto
sulla porzione iniziale con alta-accelerazione della saccade, sono forse capaci di
correggere lo sviluppo dell'exotropia dovuta all’adduzione saccadica rallentata
dopo circa il 20% dello spostamento oculare.
In uno studio precedente abbiamo messo in evidenza come nei pazienti
con saccadi orizzontali lente in seguito ad ischemia del tronco, i movimenti di
vergenza possono avere un ruolo sostanziale negli spostamenti di sguardo. 158 In
questo studio è emerso che lo sviluppo della disconiugazione durante il recupero
dall’ischemia può determinare lo sviluppo di meccanismi adattabili, come la
sostituzione della vergenza con le saccadi.
Inoltre, il miglioramento della coniugazione durante il test della fatica è
stato osservato in quei pazienti con un grado più severo di OIN (VDI iniziale >
1.9), i quali potevano aver già ben sviluppato la sostituzione dei movimenti
oculari di vergenza con le saccadi.
In Figura 14 è evidente come il peggioramento della coniugazione in un
paziente con VDI basale <1.9 (A), e come questa migliori a causa
dell’associazione di movimenti di vergenza in un paziente con VDI basale >1.9
(B).
Considerato che l’OIN dei nostri pazienti ha mostrato effetti variabili
durante il test della fatica, il semplice modello in Figura 9 può essere usato per
67
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
valutare l’effetto di farmaci per la fatica nella sclerosi multipla, come ad esempio
il Modafinil?
Si potrebbe obiettare che la complessità della risposta sia contro l’utilizzo
del test per identificare una curva dose-risposta affidabile.
Comunque, una conclusione del nostro studio è che anche nel semplice
circuito mostrato in Figura 9, i meccanismi d’adattamento (non mostrati in
figura) agiscono per compensare l’alterazione della trasmissione del segnale nel
FLM demielinizzato.
Effetti simili, anche se più complicati, probabilmente agiscono nei sistemi
motori più complessi, come quelli coinvolti nell’andatura.
I nostri risultati sono basati su un campione relativamente piccolo, ma i
cambiamenti significativi nella coniugazione che abbiamo osservato in oltre il
75% dei casi suggerisce la necessità di ulteriori studi per confrontare gli effetti del
nostro semplice test della fatica, che è ben tollerato da tutti i pazienti, prima e
dopo la somministrazione di farmaci contro la fatica nella sclerosi multipla.
68
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
3.6 CONCLUSIONI
La Sardegna ha un triste primato per la SM, con un’incidenza
singolarmente elevata e uno studio come questo consente di arricchire
ulteriormente l'ampia ricerca sulla caratterizzazione di questa patologia volto ad
identificare sottopopolazioni di pazienti con disordini della motilità oculare e
valutare eventualmente la risposta alle terapie immunomodulanti.
Lo studio della motilità oculare con una valutazione strumentale nella SM
non è una metodica facilmente accessibile a tutti i pazienti, anche per l’unicità
dell’attrezzatura a disposizione c/o l’ambulatorio di Neurooftalmologia della
Clinica Neurologica dell’Università degli Studi di Sassari.
Non bisogna in ogni caso dimenticare che l’esecuzione e l’interpretazione
di questi test richiede una certa esperienza, ed anche nelle mani più esperte non è
infrequente il riscontro di risultati “falsi-positivi” o “falsi-negativi”.
L’esperienza di questi anni nel lavorare con questa strumentazione,
contribuendo alla diagnosi di diverse patologie neurologiche ha permesso di
consolidare quanto è peraltro già avvallato da precedenti ricerche, e cioè che
fornisce strumenti diagnostici sensibili e specifici per la localizzazione delle
lesioni del sistema nervoso centrale, in grado anche di identificare anomalie
subcliniche.
Lo studio della motilità oculare nei pazienti con SM, può quindi
rappresentare uno strumento utile per valutare la progressione della malattia ed il
livello complessivo di disabilità del paziente, con particolare riferimento anche
alla fatica e al suo ruolo nell’influenzare il decorso della malattia e la qualità della
vita di questi pazienti.
69
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
APPENDICE
Codici MATLAB
calPhasePlane.m
% Calculate difference for face plate.
% input are two eyes' normalized information
% with the first column and third column being position and velocity for one eye,
% and the second and forth column being position and velocity for the other eye.
function [result1 result2] = calPhasePlane(pone, ptwo, vone, vtwo)
%close all;
% Get the max range, p1 always is the one with smaller range
% max is the range that difference should be calculated.
max1 = max(pone);
max2 = max(ptwo);
if (max1 > max2)
p1 = ptwo;
p2 = pone;
v1 = vtwo;
v2 = vone;
smax = max2;
else
p1 = pone;
p2 = ptwo;
v1 = vone;
v2 = vtwo;
smax = max1;
70
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
end
% cut them at the maximum position of the weaker eye
sac_end_loc1=find(p1>=smax);
sac_end_loc2=find(p2>=smax);
% clear noise at the begining of p2.
%v2diff = diff(v2);
thres = 0.1;
%thres = 0;
sac_start_loc1=find(v1>=thres);
sac_start_loc2=find(v2>=thres);
p1cut = p1(sac_start_loc1(1):sac_end_loc1(1));
v1cut = v1(sac_start_loc1(1):sac_end_loc1(1));
p2cut = p2(sac_start_loc2(1):sac_end_loc2(1));
v2cut = v2(sac_start_loc2(1):sac_end_loc2(1));
% calculate the difference for each point on p1cut
% standarize position samples where interpolation will be done
% in step of 1% of maximum position
stdPs = [0.01:0.01: max(p1cut)];
71
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
v2interp = interp1(p2cut,v2cut,stdPs,'cubic');
v1interp = interp1(p1cut,v1cut,stdPs,'cubic');
vdiff = v2interp - v1interp;
% find two point around the desired position
% v2interp = interp1(p2cut,v2cut,p1cut,'spline');
% vdiff = v2interp - v1cut;
% % calculate the difference for each point on p1
%
% % find two point around the desired position
% v2interp = interp1(p2,v2,p1,'spline');
% vdiff = v2interp - v1;
% lenP = length(p1cut);
%
% maxbin = 0;
% for (i=1:lenP)
%
%
right_pt_arr = find(p2>=p1cut(i));
%
right_pt = right_pt_arr(1);
%
left_pt = right_pt - 1;
%
if(left_pt >= 1 )
%%
vdiff(i) = v2(right_pt) - (v2(right_pt) - v2(left_pt)) ...
%%
* (p2(right_pt) - p1cut(i)) / (p2(right_pt) - p2(left_pt)) ...
%%
- v1(i);
%
%
tempBin = abs(p2(right_pt) - p2(left_pt));
72
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
%
if(tempBin > maxbin)
%
maxbin = tempBin;
%
%
end
end
%
% end
% fprintf(' Verlocity difference between two eyes: \n');
% [zeros(sac_start_loc1(1)-1,1); vdiff]
% fprintf(' Max Size of the bin used in interpolation is: %6.3f\n', maxbin);
% plot the face plate
% vinter = vdiff' + v1cut;
figure(2);
plot(p1cut, v1cut,'*-', p2cut, v2cut,'+-', stdPs, vdiff, stdPs, v2interp, 'r+', stdPs,
v1interp, 'g*');
legend('weaker eye', 'stronger eye', 'velocity difference', ...
'stronger eye interpolated points', 'weaker eye interpolated points');
grid on;
xlabel('normalized eye position');
ylabel('normalized eye velocity');
title('Phase Plane Plot');
result1 = [stdPs' v1interp' v2interp' vdiff'];
result2 = [p2 v2];
73
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
getPhasePlane.m
%function getPhasePlane
% extract phase plane information from lab files.
% calculate velocity difference, acceleration difference.
% steps: 1. Click the start point that is before but close to when vel
% surpasses the threshold.
%
2. Get 10 samples before the clicked point, and calculate mean and
%
standard deviation. set mean + 3*sd as the new threshold.
%
3. Select end point. calculate max position for each eye, and
%
normalize them according to bigger max position. Also normalize
%
the velocity according to bigger max acceleration.
%
4. Call calphaseplane to calculate the actual phase plane for
%
velocity and acceleration difference.
%
5. write result into files.
fprintf('Choose the file you want to analyze. \n');
rdlab
fprintf('Reading file...done. \n');
fprintf('Choose the array you want to use:\n');
fprintf(' 1: rh and lh\n 2: rv and lv\n 3: hh and hv\n');
choice = input('Enter choice [1-3]:');
if choice==1 arr1=rh; arr2=lh;
elseif choice==2 arr1=rv; arr2=lv;
elseif choice==3 arr1=hh; arr2=hv;
end
fprintf('Choose the direction of the saccades:\n');
fprintf(' 1: right/up\n 2: left/down \n');
choice = input('Enter choice [1-3]:');
74
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
if choice==1
idir = 1;
fn=strrep(filename,'.lab','_up.asc');
else idir = -1;
fn=strrep(filename,'.lab','_dn.asc');
end
fn=strcat(path,fn);
fprintf('\nFollow instructions on graph.\n');
arr1_v=derivata(arr1,smpf);
arr1_a=derivata(arr1_v,smpf);
arr1_af=remezfilt(arr1_a,55,60,smpf);
arr2_v=derivata(arr2,smpf);
arr2_a=derivata(arr2_v,smpf);
arr2_af=remezfilt(arr2_a,55,60,smpf);
figure(1),plot(t,[arr1 arr2 arr1_v/10 arr2_v/10], t, ones(size(t))*2,...
t,-ones(size(t))*2,t,zeros(size(t)));
grid on;
legend('eye1', 'eye2', 'Vel1/10', 'Vel2/10');
% fid=fopen(fn,'a');
% fprintf(fid,['\t pos1\t vel1\t pos2\t vel2\t vel diff\n']);
% fclose(fid);
saccount = 0;
choice='y';
while ~strcmpi(choice,'n')
75
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
figure(1);
title('Zoom into the area of interest, and press a key when ready');
zoom; pause;
zoom off;
title('0. Click before the start of saccade.');
[at0,y0]=ginput(1);pause;
title('1. Click before the end of saccade.');
[at1,y1]=ginput(1); % at1=t1 approximated
%
title('2. Click the end of drift.');
%
[at2,y2]=ginput(1); % at2=tdrift
%
title('2. Approximate time of pk sacc vel');
%
[at2,y2]=ginput(1);
%
accthresh=2000;
%
Get 10 samples before the clicked point, and calculate mean and
%
standard deviation. set mean + 3*sd as the new threshold.
sacaccarray1 = arr1_v(round(at0*smpf):round(at1*smpf));
samplearray1 = arr1_v(round(at0*smpf)-9:round(at0*smpf));
thres1 = mean(samplearray1) + idir*3*std(samplearray1);
sac_start_loc1 = find(abs(sacaccarray1)>=abs(thres1));
sacaccarray2 = arr2_v(round(at0*smpf):round(at1*smpf));
samplearray2 = arr2_v(round(at0*smpf)-9:round(at0*smpf));
thres2 = mean(samplearray2) + idir*3*std(samplearray2);
sac_start_loc2 = find(abs(sacaccarray2)>=abs(thres2));
% make sure they have same size
if sac_start_loc1(1) > sac_start_loc2(1)
lenofarr = length(sacaccarray2) - sac_start_loc2(1);
76
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
else
lenofarr = length(sacaccarray1) - sac_start_loc1(1);
end
%
%
vel1 = arr1_v(round(at0*smpf)+sac_start_loc1(1)
1:round(at0*smpf)+sac_start_loc1(1)+lenofarr);
%
pos1 = arr1(round(at0*smpf)+sac_start_loc1(1)-
1:round(at0*smpf)+sac_start_loc1(1)+lenofarr);
%
pos1 = pos1 - pos1(1);
%
acc1 = arr1_af(round(at0*smpf)+sac_start_loc1(1)-
1:round(at0*smpf)+sac_start_loc1(1)+lenofarr);
%
%
%
vel2 = arr2_v(round(at0*smpf)+sac_start_loc2(1)-
1:round(at0*smpf)+sac_start_loc2(1)+lenofarr);
%
pos2 = arr2(round(at0*smpf)+sac_start_loc2(1)-
1:round(at0*smpf)+sac_start_loc2(1)+lenofarr);
%
pos2 = pos2 - pos2(1);
%
acc2 = arr2_af(round(at0*smpf)+sac_start_loc2(1)-
1:round(at0*smpf)+sac_start_loc2(1)+lenofarr);
vel1 = arr1_v(round(at0*smpf)+sac_start_loc1(1)-1:round(at1*smpf));
pos1 = arr1(round(at0*smpf)+sac_start_loc1(1)-1:round(at1*smpf));
pos1 = pos1 - pos1(1);
acc1 = arr1_af(round(at0*smpf)+sac_start_loc1(1)-1:round(at1*smpf));
vel2 = arr2_v(round(at0*smpf)+sac_start_loc2(1)-1:round(at1*smpf));
77
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
pos2 = arr2(round(at0*smpf)+sac_start_loc2(1)-1:round(at1*smpf));
pos2 = pos2 - pos2(1);
acc2 = arr2_af(round(at0*smpf)+sac_start_loc2(1)-1:round(at1*smpf));
% 3. Select end point. calculate max position for each eye, and
% normalize them according to bigger max position. Also normalize
% the velocity according to bigger max acceleration.
maxpos = max(max(abs(pos1)), max(abs(pos2)));
maxvel = max(max(abs(vel1)), max(abs(vel2)));
pos1_n = idir*pos1 / maxpos;
pos2_n = idir*pos2 / maxpos;
vel1_n = idir*vel1 / maxvel;
vel2_n = idir*vel2 / maxvel;
[data1 data2] = calPhasePlane(pos1_n, pos2_n, vel1_n, vel2_n);
%
fig2 = figure;
%
plot(data1(:,1), data1(:,2),'*-', data2(:,1), data2(:,2),'+-', data1(:,1),
data1(:,4), data1(:,1), data1(:,3), 'r*');
%
legend('weaker eye', 'stronger eye', 'velocity difference', 'interpolated
points');
%
grid on;
%
%
xlabel('normalized eye position');
%
ylabel('normalized eye velocity');
%
title('Phase Plane Plot');
keep=input('Do you want to keep these points? [(y)/n]','s');
%
disp(strcat(keep, '.end.'));
keep = strtrim(keep);
regRsl = regexp(keep, '[nN]');
78
Matta M.
%
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
length(regRsl)
if (length(regRsl) == 0)
% Writing data to file
fid=fopen(fn,'a');
saccount = saccount + 1;
fprintf(fid,['Saccade NO%d :\n'], saccount);
fprintf(fid,['\t t start\t t end\t max pos\t max vel\n']);
fprintf(fid,['\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\n'],...
at0, at1, idir*maxpos, idir*maxvel);
fprintf(fid,['\t pos1\t vel1\t pos2\t vel2\t vel diff\n']);
if size(data1,1) > size(data2,1)
nMax = size(data1,1);
else
nMax = size(data2,1);
end
for i=1:size(data1,1)
if i > size(data2,1)
fprintf(fid,['\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\n'],...
data1(i, 1), data1(i, 2), 0, 0, data1(i, 4));
elseif i >= size(data1,1)
fprintf(fid,['\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\n'],...
0, 0, data2(i, 1), data2(i, 2), 0);
else
fprintf(fid,['\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\t %8.3f\n'],...
data1(i, 1), data1(i, 2), data2(i, 1), data2(i, 2), data1(i, 4));
end
end
fclose(fid);
79
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
else
fprintf('Ok....points discarded.\n');
%
hold on;
%
plot(t0,arr_af(round(t0*smpf)+1)/1000,'w+',t1,arr_af(round(t1*smpf)+1)/1000,...
%
'w+',tdrift, pdrift, 'w+',
t2,pksacvel/10,'w*',tpkacc,pksacacc/1000,'w*',tpkdec,pksacdec/1000,'w*');
%
plot(t0,arr_af(round(t0*smpf)+1)/1000,'r',t1,arr_af(round(t1*smpf)+1)/1000,...
%
'r',tdrift, pdrift,
'r',t2,pksacvel/10,'r',tpkacc,pksacacc/1000,'r',tpkdec,pksacdec/1000,'r');
end
close(2);
choice=input('Do you want to continue? [(y)/n]','s');
choice=strtrim(choice);
end
fprintf('Done.\n');
80
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Tabella 1. Le principali classi funzionali dei movimenti oculari nell’uomo. 1
FUNZIONE PRINCIPALE
CLASSI DI MOVIMENTI
OCULARI
VESTIBOLARE
Stabilizza le immagini del mondo esterno
nella retina durante i movimenti della testa
rotatori o di traslazione
FISSAZIONE VISIVA
Stabilizza nella fovea le immagini di un
oggetto stazionario, minimizzando i
piccoli movimenti oculari
OTTICOCINETICO
Stabilizza le immagini del mondo esterno
sulla retina durante le rotazioni della testa
INSEGUIMENTO LENTO
Stabilizza nella fovea le immagini di un
oggetto che si muove lentamente; oppure
stabilizza nella retina le immagini di un
piccolo oggetto vicino, durante i
movimenti lineari del soggetto; insieme
alle risposte otticocinetiche contribuisce a
stabilizzare lo sguardo durante le rotazioni
della testa.
FASE RAPIDA DEL NISTAGMO Ripristina la posizione oculare durante le
rotazioni prolungate e direziona lo sguardo
verso la scena visiva che si avvicina
SACCADI
Portano le immagini di un oggetto
d’interesse sulla fovea
VERGENZA
Muove gli occhi in direzione opposta in
modo tale che le immagini di un singolo
oggetto siano stabilizzate simultaneamente
nella fovea di ciascun occhio
81
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Tabella 2. Classificazione delle saccadi. 1
CLASSIFICAZIONE
DEFINIZIONE
Saccadi volontarie
Saccadi facoltative eseguite come parte di un
compito specifico
Saccadi anticipatorie
Saccadi eseguite in anticipo o alla ricerca di
un target visivo in una particolare direzione
Saccadi guidate dalla memoria
Saccadi eseguite in direzione di un target che
è stato presentato precedentemente
Anti-saccadi
Saccadi eseguite in direzione opposta rispetto
a quella del target presentato (il soggetto va
istruito ad eseguire questo compito)
Saccadi a comando
Saccadi eseguite in seguito a comando
Saccadi riflesse
Saccadi eseguite in direzione di uno stimolo
(visivo, uditivo o tattile) che arriva
inaspettatamente nell’ambiente
Saccadi rapide
Saccadi con una brevissima latenza che
vengono provocate quando un nuovo stimolo
viene presentato dopo che lo stimolo di
fissazione scompare (“gap stimulus”)
Saccadi spontanee
Saccadi eseguite random quando al soggetto
non viene richiesto di eseguire un particolare
compito
Fase rapida (del nistagmo)
Fase rapida del nistagmo (saccade) generata
durante uno stimolo
vestibolare o
otticocinetico o come movimento automatico
di ripristino in presenza di spostamento
spontaneo degli occhi
82
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Tabella 3. Alterazioni dei movimenti oculari in corso di SM. 1
ALTERAZIONI DEI MOVIMENTI OCULARI IN CORSO DI SM
Oftalmoplegia Internucleare (OIN), solitamente bilaterale
Nistagmo “gaze-evoked”
Nistagmo “upbeat, downbeat” o torsionale
Nistagmo pendolare acquisito
Nistagmo posizionale
Dismetria saccadica
Oscillazioni saccadiche (es: flutter oculare)
Alterazione dell’inseguimento lento e dei movimenti occhitesta (soppressione del VOR)
Alterazione delle risposte otticocinetiche
83
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Tabella 4. Frequenza delle anomalie della motilità oculare nei 50 pazienti.
FREQUENZA NEL
PERCENTUALE
GRUPPO
Strabismo
3/50
6%
(1exotropia, 2 esotropia)
Nistagmo gazeevoked+
24/50
48%
(12 orizzontale bilaterale,
4 verticale verso l’altro)
Nistagmo in posizione
centrale
Dismetria saccadica
0
0%
15/50
30%
(11 in un piano,
2 in entrambi i piani)
Oftalmoplegia
internucleare
Inseguimento lento
alterato
VOR alterato
8/50
16%
(3 bilaterale)
11/50
22%
(8 in entrambi i piani)
3/50
6%
(1 in entrambi i piani)
Convergenza alterata
15/50
30%
(7 bilaterale)
Intrusioni Saccadiche
3/50
6%
SVV (subjective
visual vertical)
4/49
8.1%
84
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Tabella 5. Scala di valutazione con punteggi e frequenza delle anomalie della
motilità oculare (gruppo MOA).
PUNT.
FREQUENZA NEL GRUPPO MOA
(N=10/50)
Strabismo
1
1
(exotropia)
Nistagmo gaze-evoked+
1
10
(7 orizzontale bilaterale)
Nistagmo in posizione
centrale
1
0
Dismetria saccadica*
1
9
7 in un piano, 2 in entrambi i piani
Oftalmoplegia
internucleare
Inseguimento lento
alterato*
VOR# alterato*
1
6
(3 bilaterale)
0.5
9
(7 in entrambi i piani)
1
2
(1 in entrambi i piani)
Convergenza alterata
1
2
+
Per un punteggio di 1, è necessaria la presenza di un nistagmo “gaze-evoked”
protratto, bilaterale
*Valutato separatamente sul piano orizzontale e verticale, punteggio
raddoppiato se alterato in entrambi i piani
#
VOR: riflesso vestibolo-oculare
85
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Tabella 6. Caratteristiche cliniche dei pazienti con OIN
P
Sesso
Età
Tipo
di SM
Durata
malattia
Lato
OIN
SVV
Score
MO
Acuità
visiva
OD
OS
EDSS,
F
Farmaci
SNC,
Terapia
SM
P1
F
40
CDMS
RR
14 anni
Destro
N
3.5
10/10 10/10
2.5,
Cerebel,
brainst
Amitriptyline
+alprazolam,
no
P2
F
26
CDMS
RR
3 anni
Destro
N
1.5
8/10
10/10
3,
Pyr,
cerebel,
brainst
Baclofen,
interferonß-1b
P3
F
49
LSDMS
SP
20 anni
Destro
N
0.5
4/10
4/10
2.5,
Pyr,
cerebel,
brainst
No,
azatioprina
P4
M
36
CDMS
RR
10 anni
Sinistro
N
3
1,
Pyr
No,
Interferonß-1a
P5
F
43
CDMS
RR
8 anni
Sinistro
N
3.5
5/10
8/10
1,
Cerebel
Gabapentin,
no
P6
F
57
CDMS
SP
7 anni
Bilat
>3º
6
1/40
1/40
6.5,
Pyr,
cerebel,
brainst,
sens
No,
azatioprina+
interferonß-1a
P7
M
34
CDMS
SP
14 anni
Bilat
N
3.5
8/10
8/10
5,
Pyr,
cerebel,
brainst
No,
mitoxantrone
P8
M
61
CDMS
SP
21 ani
Bilat
-
4.5
7/10
7/10
7,
pyr,
cerebel,
brainst,
sfint
Baclofen,
no
P9
M
44
CDMS
RR
10 anni
Bilat
N
1.5
8/10
10/10
1.5,
Pyr,
cerebel,
brainst
No,
glatiramer
acetate
10/10 10/10
P= pazienti; CDMS= SM clinicamente definita; LSDMS= SM definita laboratoristicamente; RR=
Relapsing-Remitting; SP= Secondaria Progressiva; OIN= oftalmoplegia internucleare; F= funzioni
coinvolte; pyr= funzione piramidale; cerebel= funzione cerebellare; brainst= funzione del tronco;
sens= funzione sensitiva; Farmaci SNC= terapie che agiscono sul sistema nervoso centrale; score
MO= punteggio motilità oculare
86
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Figura 1. Schema del comando pulse-step per una saccade. 1
A sinistra viene mostrato come il segnale neurale viene inviato ai muscoli
extraoculari per generare una saccade. Le linee verticali rappresentano il
fenomeno dei potenziali d’azione di un motoneurone oculare. Nel grafico viene
proiettato il rapporto fra la scarica neuronale (R) e il tempo (istogramma della
frequenza di scarica).
Il pulse (comando di velocità) viene seguito dallo step (comando di posizione).
Il movimento oculare viene invece mostrato a destra. E è la posizione oculare
nell’orbita: nelle ascisse viene rappresentato il tempo.
87
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Figura 2. Diagramma a blocchi delle principali strutture che proiettano al
generatore delle saccadi nel tronco encefalico (neuroni burst che si trovano nella
PPRF e nel riMLF). 1
DLPC= corteccia prefrontale dorsolaterale; FEF= aree visive frontali; PEF= aree
visive parietali; SEF= aree visive supplementari; PPC= corteccia parietale
posteriore; IML= lamina intramidollare del talamo; NRTP= nucleo reticolare del
tegmento del ponte; SNpr= pars reticolata della sostanza nera; STN= nucleo
subtalamico; superior colliculus= collicolo superiore; cerebellar vermis= verme
cerebellare; fastigial nucleus= nucleo del fastigio; caudate= nucleo caudato; +
eccitatorio; - inibitorio
Figura 3. Schema del ruolo del cervelletto nella generazione delle saccadi. 1
Vedi testo per i dettagli.
88
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Figura 4. Schema dei tessuti connettivi orbitali. 93
GL= strato globale; IR= muscolo retto inferiore; LPS= elevatore della palpebra
superiore; LR= muscolo retto laterale; MR= muscolo retto mediale; OL= strato
orbitale; SO= muscolo obliquo superiore; SOT= tendine del muscolo obliquo
superiore; SR= muscolo retto superiore. Le tre sezioni coronali corrispondono ai
livelli segnati con le frecce nella sezione orizzontale.
Nella sezione orizzontale si vede come il globo oculare si inserisce nell’orbita
attraverso la parte anteriore della capsula di Tenone (costituita da collagene ed
elastina), attraverso la quale i muscoli extraoculari passano nei manicotti che
servono da pulegge.
89
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Figura 5. Ambulatorio di Neurooftalmologia della Clinica Neurologica
dell’Universitá degli Studi di Sassari. Si noti il pannello ad arco (diametro di 288
cm), con i target luminosi (diodi emettenti luce rossa, LEDS) situato di fronte ad
una sedia rotante posta alla distanza di circa 1.2 metri.
Figura 6. Poligrafo a penne rettilinee (Beckman Type R612 Dynograph) che
consente la visualizzazione del tracciato su striscia di carta.
90
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Figura 7. Proiezione che rappresenta una saccade di 15 gradi, verso destra, di un
paziente con OIN sinistro.
Si noti la differenza del tempo che i due occhi impiegano per arrivare al picco di
velocità (linea grigia tratteggiata).
Linea rossa= posizione dell’occhio destro; Linea blu= posizione dell’occhio
sinistro; Linea verde= profilo di velocità dell’occhio destro; Linea rosa= profilo
di velocità dell’occhio sinistro.
Figura 8. Proiezione di due saccadi orizzontali, verso destra e verso sinistra, di
un controllo sano (A) e di un paziente con OIN sinistro (B). OD= occhio destro;
OS= occhio sinistro; ODV= velocità occhio destro; OSV= velocità occhio
sinistro.
91
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Figura 9. Riassunto del semplice modello per l’OIN. I neuroni burst premotori,
che si trovano nella formazione reticolare pontina paramediana (PPRF), proiettano
un pulse d’innervazione (mostrato schematicamente come un istogramma di
frequenza di fuoco) al nucleo dell’abducente (CN VI). I motoneuroni
dell’abducente proiettano il pulse d’innervazione, attraverso il VI nervo cranico,
al muscolo retto laterale destro, che si contrae rapidamente per generare una
saccade di abduzione dell'occhio destro.
I neuroni internucleari dell’abducente proiettano il pulse d’innervazione,
attraverso il fascicolo longitudinale mediale (FLM, via internucleare) ai
motoneuroni del retto mediale che innervano il muscolo retto mediale sinistro,
attraverso il III nervo cranico, per generare una saccade di adduzione veloce
dell'occhio sinistro.
Se il FLM è demielinizzato, il segnale è filtrato a passa-basso, riducendo così la
dimensione del pulse (come mostrato); di conseguenza, la saccade di adduzione
dell’occhio sinistro diventa lenta.
Confrontando l'accelerazione iniziale di abduzione e di adduzione dei due occhi
(mostrato schematicamente alla destra di ogni bulbo oculare) fornisce
informazioni dirette sulla trasmissione dei segnali ad alta frequenza (pulse
d’innervazione) nel FLM.
Lo step d’innervazione, che segue il pulse, è stato omesso per chiarezza (vedi
testo).
92
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Figura 10. Strumento per valutare la rappresentazione interna della verticalità
(Subjective Visual Vertical, SVV) costituito da una struttura in legno con un led
lineare (Ambulatorio di Neurooftalmologia, Clinica Neurologia, Università degli
Studi di Sassari).
93
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Figura 11. Media delle saccadi di abduzione/adduzione con il rapporto di
ampiezza (amplitude ratio, AR) e l’indice di disconiugazione versionale (versional
disconjugacy index, VDI) al primo e al decimo minuto, degli 8 controlli sani (A) e
del paziente 6 (B). Si noti come l’AR e il VDI basale anormale del paziente 6
aumenta dopo 10 minuti del test della fatica.
94
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Figura 12. Confronto del rapporto di abduzione/adduzione durante il primo e il
decimo minuto del test.
Pannello A: ampiezza (AR); Pannello B: picco di velocità (VDI); Pannello C:
velocità di disconiugazione al phase plane al 20% dello spostamento oculare
(IVD). Pannello D: mostra la stretta correlazione tra i rapporti delle misure tra
primo minuto/10° minuto per VDI ed IVD.
Vedi testo per i dettagli.
95
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Figura 13. Phase plane plot della velocità di disconiugazione delle saccadi
durante il primo minuto (grafici a sinistra) e durante il decimo minuto (grafici a
destra) del test della fatica. Le curve rosse sono le proiezioni medie dei pazienti;
l’intervallo di predizione (PI) del 95% per le saccadi dei controlli normali è
mostrato in grigio. Il valore di IVD corrisponde alla differenza di velocità
normalizzata tra gli occhi quando lo spostamento oculare normalizzato raggiunge
0.2 (linea verticale tratteggiata).
(A) Esempio di registrazioni del paziente P4, che mostra deterioramento dell’OIN
(velocità di disconiugazione allo spostamento di 0.2) al decimo minuto.
(B) Esempio del paziente P2, il cui l’OIN migliora durante il test della fatica; si
noti come la componente iniziale è simile, ma allo spostamento di 0.2 il valore di
VDI è ridotto.
96
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
Figura 14. Esempi di grafici di due pazienti che mostrano i cambiamenti delle
dinamiche delle saccadi durante il test della fatica. I due pannelli in alto mostrano
le saccadi verso destra del paziente P9, nel quale l’OIN peggiora alla fine del test
della fatica (10° minuto) rispetto all’inizio (1° minuto). Si noti come il picco di
velocità dell’occhio destro che abduce è immodificato, ma il picco di velocità
dell’occhio sinistro che adduce si riduce al 10° minuto. I due pannelli in basso
mostrano le saccadi verso sinistra del paziente P8, nel quale l’OIN
apparentemente migliora durante il test della fatica. Durante il 1° minuto, il picco
di velocità dell’occhio sinistro che abduce è più del doppio di quello dell’occhio
destro che adduce. Durante il 10° minuto, la differenza fra il primo picco di
velocità dell’occhio che abduce e l’occhio che adduce è molto ridotta. Un attento
esame rivela che un precoce movimento di vergenza, principalmente eseguito dal
movimento verso destra dell'occhio sinistro, aveva l'effetto complessivo di
pareggiare i movimenti iniziali verso sinistra degli occhi. Questa sequenza è
seguita da un movimento di convergenza.
RE= posizione dell’occhio destro; LE= posizione dell’occhio sinistro; REV/10=
velocità dell’occhio destro diviso 10; LEV/10= velocità dell’occhio sinistro diviso
10; LE-RE= vergenza. I valori positivi indicano i movimenti verso destra e la
convergenza.
97
Matta M.
Fatica Saccadica nella SM-Tesi di Dottorato
BIBLIOGRAFIA
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