Asia
India
l’
uomo silenzioso
Te o r i a e p r a t i c a d e l g o v e r n o
di Narendra Modi
I
Il primo ministro Narendra Modi
è senza dubbio un grande comunicatore. Una delle ragioni per cui
ha largamente vinto le elezioni dello scorso maggio (cf. Regno-att.
10,2014,319) è che è in grado di usare
ogni mezzo di comunicazione, compresi
i social network come Facebook e Twitter: il suo profilo è il più seguito dopo
quelli di papa Francesco e del presidente
americano Barack Obama.
Modi ha utilizzato tutti i mezzi di comunicazione per convincere l’elettorato
che avrebbe impiegato tutte le sue forze
per lo sviluppo del paese, che conta una
popolazione di un miliardo e 200 milioni
di persone. Modi è membro del partito
conservatore Bharatiya Janata Party, il
«Partito del popolo indiano» (BJP), che
fa un’equazione tra cultura indiana e induismo.
Questo partito fa parte del Rashtriya
Swayamsevak Sangh, il «Corpo nazionale volontario», comunemente chiamato RSS. Attualmente ha affiliate 150
organizzazioni, tra cui, appunto, il BJP.
Tutte hanno come comune interesse
principale la promozione di quello che
viene definito hindutva o hinduness
(sentimento nazionalista di matrice induista; ndt).
Inoltre vorrebbero che l’India venisse dichiarata nazione induista e, quindi,
che gli interessi religiosi indù fossero
sempre favoriti. Il BJP ha tre richieste
che lo differenziano da tutti gli altri partiti indiani: la costruzione di un tempio ad
Ayodhya nell’Uttar Pradesh, dove i suoi
militanti demolirono nel 1992 una moschea centenaria; un codice civile uniforme per tutti gli indiani, cosa a cui si op-
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Il Regno -
at t ua l i t à
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pongono i musulmani in quanto eliminerebbe alcuni loro diritti speciali, come
quello di avere fino a quattro mogli; l’annullamento dell’articolo 370 della Costituzione, che concede uno speciale stato
giuridico agli stati del Jammu e del Kashmir, che il Pakistan vuole annettere.
Sebbene queste richieste fossero incluse nell’ampio manifesto elettorale del
partito, Modi è stato così abile da non
accennarne durante la sua campagna
elettorale, dichiarando, invece, che il suo
programma era incentrato sul solo progresso. È stato anche abile a dare l’impressione che i 10 anni del suo governo
nello stato occidentale del Gujarat siano
stati un periodo di costante progresso.
Non ha stupito che tanti elettori, comprese parte delle minoranze, abbiano
votato per Modi, che, quindi, è alla guida della maggioranza della camera bassa
del Parlamento con circa due terzi dei
seggi. Modi è stato fortunato perché la
crescita dei prezzi è stata, in una certa
misura, contenuta a causa della caduta
del prezzo del greggio.
Minoranze vessate
A parte rinominare e fare piccole
modifiche ad alcuni programmi iniziati
dal precedente governo, guidato dal
Congresso (Partito del Congresso, la cui
leader è Sonia Gandhi, insieme al figlio
Raul Gandhi; ndt), il governo Modi non
ha fatto nulla che potesse accelerare lo
sviluppo del paese. Bisogna ammettere
che ha reso più facile l’acquisto delle
terre per le aziende che vogliono aprire
stabilimenti manifatturieri e ha aperto
agli investimenti stranieri diretti nel settore della difesa; ma oltre a ciò non c’è
stato nessun altro segno sulla via del
progresso.
Invece, chi pensava che Modi si sarebbe tenuto alla larga dalle questioni
più controversie è stato sorpreso da alcuni suoi provvedimenti: ha scelto, ad
esempio, come ministro una persona che
aveva organizzato le violenze contro i
musulmani in Uttar Pradesh, lo stato più
popoloso. Gli elettori si sono ancor più
scandalizzati quando ha scelto un altro
leader che si era guadagnato una pessima reputazione durante le elezioni avendo invitato chi non voleva Modi come
primo Ministro ad andarsene in Pakistan. Dopo le elezioni, la polizia ha trovato in casa sua più di 10 milioni di rupie
in contanti e lui ha dichiarato che appartenevano ai suoi domestici.
Più preoccupante è stata la condotta
dei leader di alcune organizzazioni affiliate al RSS, come il Vishwa Hindu Parishad («Società universale indù»), i quali
si comportano come se l’India fosse già
diventata uno stato teocratico. Lo scorso
dicembre, nel distretto di Agra dove sorge il Taj Mahal, circa 200 musulmani
poveri sono stati costretti a convertirsi
con la forza all’induismo. Questi leader
chiamano questa pratica «ghar wapsi»,
cioè ritorno a casa, sulla base della falsa
giustificazione che i cristiani e i musulmani erano originariamente tutti indù.
Hanno anche minacciato che avrebbero
riportato un gran numero di cristiani
all’induismo in occasione del Natale. Infatti in diverse parti del paese alcuni cristiani sono stati «riconvertiti» con la forza e l’inganno, ma poi la campagna non
ha preso forza.
I leader delle organizzazioni affiliate
al RSS continuano a minacciare un’India nazione al 100% indù, che è, in realtà, una proposta contraria a tutti i principi della Costituzione indiana che, nel suo
preambolo, dichiara che l’India è una
«Repubblica democratica, laica e socialista».
Le vessazioni sui cristiani sono una
realtà che non si può ignorare. In uno
stato come Chhattisgarh, dove il BJP è
da tempo al potere, ci sono diversi villaggi dove ai cristiani non è concesso praticare il culto. Il RSS vuole che nelle scuole gestite dai cattolici siano messe le statue di Saraswati, la dea indù dell’educazione, vicino a quelle della vergine Maria e di Gesù e che il preside della scuola
e gli insegnanti siano chiamati «pradhan
acharya» («preside») e («professore») e
non «padre» e «sorella», anche se sono
sacerdoti e suore. Il peggio è che in questo stato tre chiese sono state demolite e
ai cristiani non è permesso andare a trovare i confratelli nei vari villaggi.
I giornali hanno evidenziato questi
incidenti, ma non c’è stata alcuna reazione da parte del primo ministro. Diversamente dagli altri primi ministri – fatta
eccezione per Indira Gandhi – Modi è
una figura indiscutibile nel partito e nel
governo perché gli uomini del suo movimento pensano che il BJP non avrebbe
mai potuto vincere senza la sua leadership dimostrata durante le elezioni. Inoltre Modi ha l’autorità morale e politica
per governare gli estremisti del partito
che tengono sotto controllo il suo programma, in quanto ha abbracciato le loro idee religiose. Questa volta lo sviluppo
non è stato oggetto di discussione persino nei mezzi di comunicazione come occasione per elogiare le sue capacità amministrative.
Silenzi e ambiguità
La comunità cristiana della capitale
nazionale ha subito un duro colpo quando ha trovato la chiesa cattolica dedicata
a San Sebastiano bruciata da un incendio innescato dal kerosene versato sul
pulpito: un atto incendiario doloso compiuto da delinquenti sconosciuti. Nessuno ha mai ha mai sostenuto che questo
atto sia stato commesso da persone del
partito di Modi.
Modi, che ha sempre fatto dichiarazioni dopo incidenti analoghi, non ha
reputato necessario condannare il rogo
della chiesa, neanche quando più di
10.000 cristiani hanno dimostrato pacificamente davanti alla sede centrale della Polizia di Delhi.
Molti hanno letto il silenzio di Modi
come un atto premeditato e le conversioni forzate dei musulmani ad Agra come il preludio all’introduzione di una
legge che vieti le conversioni all’islam e
al cristianesimo. Uno dei temi preferiti
dei nazionalisti è che, al ritmo con cui
queste avvengono, l’India potrebbe diventare preso una nazione a maggioranza non-indù. La realtà è che i cristiani
costituiscono meno del 3% della popolazione. Inoltre la propaganda racconta
che sempre più indù sono stati convertiti
con l’inganno al cristianesimo; la realtà è
che a livello statale sono previsti posti riservati sul lavoro per le caste indiane più
basse, ma queste facilitazioni vengono
perse una volta che ci si converte all’islam o al cristianesimo.
Allo stesso modo quando i cristiani
portano aiuto nelle aree più remote del
paese come parte dei loro doveri religiosi
ciò viene interpretato come un modo per
fare proselitismo. La beata madre Teresa, premio Nobel, è stata la missionaria
cristiana più famosa del XX secolo ed è
risaputo che non ha mai tentato di convertire nessuno, sebbene lei e le sue sorelle lavorassero con tutte le comunità.
La violenta propaganda contro le
minoranze scuote il Parlamento. Nella
camera alta del Parlamento il partito di
Modi è in minoranza e i membri di questa camera volevano che il primo ministro andasse alla camera a spiegare la
sua posizione sul tema delle conversioni
e chiedevano l’emanazione di una legge
nazionale che vietasse le conversioni.
Modi, però, non ha voluto andare
alla camera o fare una dichiarazione. I
deputati per protesta si sono rifiutati
perciò di approvare alcune leggi approvate alla camera bassa, ma Modi ha preferito fare così.
Successivamente egli ha convertito
le leggi in ordinanze e le ha fatte promulgare dal presidente, forzando una disposizione costituzionale. Modi può anche
aver condannato la campagna contro le
minoranze o supportato la richiesta di
una legge anti-conversione, ma non facendo nulla è risultato essere quel «mauni baba» («uomo silenzioso») cosa di cui
egli stesso accusava il suo predecessore,
Manmohan Singh.
I vescovi cattolici, come mons. Soosa
Pakiam, arcivescovo di Trivandrum (dei
latini) nel Kerala, hanno trovato il silenzio di Modi alquanto inquietante. Di solito il primo ministro emette un comunicato stampa il giorno prima di Natale per
fare gli auguri ai cristiani, ma quest’anno
non è arrivato nessun messaggio. Alla fine ha pubblicato un messaggio su Twitter, il giorno di Natale stesso, con gli auguri ai cristiani di tutto il mondo.
Quel che è peggio è che ha dichiarato il 25 dicembre – che è anche il compleanno del primo ministro della storia
indiana appartenente al BJP, Atal Bihari
Vajpayee – giornata della crescita, sminuendo, così, l’importanza del Natale.
Molti si sono chiesti se avrebbe mai dedicato a un tema particolare una giornata di festività festa indù, come quella di
Diwali. A tal proposito sta prendendo
piede l’impressione che l’abbia fatto deliberatamente per contrariare le minoranze e dire loro che non contano. Ciò
non significa che Modi non comprenda
l’importanza delle religioni in una società multi-culturale come l’India. Infatti,
subito dopo esser stato eletto, si è recato
a Varanasi per fare offerte e preghiere al
Gange, il fiume sacro, le cui fonti si credono provenire dalla dimora del dio
Shiva, sulle alte vette dell’Himalaya. In
passato, però, il primo ministro cercava
di evitare le funzioni religiose per confermare la natura laica del governo.
Né Modi né il suo partito hanno
compreso che il BJP ha avuto solo il 30%
dei voti nelle ultime elezioni e che Modi
è salito al potere solo perché il fronte anti-BJP era spaccato.
Detto tutto ciò, gli indù sono per natura una della comunità più tolleranti al
mondo: si stima che gli indù abbiano
330 milioni di divinità maschili e femminili e una persona può essere un perfetto
indù anche se è atea, perché anche l’ateismo è considerato come parte dell’induismo.
Dato il carattere eclettico dell’induismo, sembrano essere scarsi gli entusiasmi per la campagna contro i cristiani,
che rappresentano, in linea di massima,
una delle comunità più pacifiche in India. È nell’interesse dello stesso Modi attenersi al suo programma di sviluppo,
altrimenti cadrà sicuramente in disgrazia, come il presidente dello Sri Lanka
Mahinda Rajapaksa.
Ambikulangara Jacob Philip
Il Regno -
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