IL CONTESTO DEL VANGELO DOMENICALE Anno A XIX DOMENICA T.O. 10.08.2014 MATTEO 14,22-33 GESU’ CAMMINA SULLE ACQUE L’episodio di Gesù che cammina sulle acque è saldamente legato dalla tradizione al precedente miracolo della moltiplicazione dei pani; così è in Matteo Marco e Giovanni; non in Luca, perché inizia, da qui, nel Vangelo lucano, la “ grande omissione “ di materiale marciano, che si protrae sino al termine di tutta la sezione marciana dei pani, per motivi che ci sfuggono ( eliminazione volontaria di materiale ritenuto un doppione? o materiale incomprensibile per lettori di cultura ellenistica? o materiale assente nell’edizione di Marco in possesso di Luca? ). La presenza contemporanea, anche in Giovanni, del contenuto e del legame fra i due episodi è prova di antichità tradizionale. Gli studiosi sono d’accordo nel considerare la versione di Marco il punto di partenza dell’analisi. In Marco, sono abbastanza chiaramente distinguibili sia la tradizione da un lato, sia la redazione marciana dall’altro; inoltre, si possono individuare i contorni di due strati tradizionali, attraverso i quali il racconto è passato. In origine, si trattava di una epifania; gli elementi di questo genere letterario sono: la prodigiosa apparizione ottica ( “ vedendolo camminare sul mare “ ), la reazione di spavento ( “ gridarono: E’ un fantasma “ ), la formula di autorivelazione o proclamazione di identità o rassicurazione ( “ Coraggio, sono io, non temete “ ) , la salita sulla barca, il dialogo coi testimoni. Questi elementi, con qualche variante, sono presenti anche in Giovanni. La tradizione, con una successiva stratificazione di elementi narrativi, ha trasformato il racconto epifanico in un racconto di miracolo di dono gratuito. Gli elementi narrativi di questo genere letterario sono: l’introduzione scenica ( la partenza solitaria di Gesù ) la descrizione della situazione ( la fatica nel remare, il vento contrario ) il salvataggio ( in Matteo, Gesù afferra Pietro che affonda ) la constatazione del miracolo ( vedono Gesù camminare sulle acque; in Marco, erano stupefatti; in Matteo, si prostrarono dinanzi a lui ) e l’ammirazione ( in Matteo: “ Sei veramente il Figlio di Dio “). Questi elementi sono presenti, anche se meno evidenti, in Giovanni 6. Sia le epifanie che i miracoli di salvazione che i miracoli di dono gratuito presuppongono la fede pasquale nel Risorto; è questa fede che spinge a ricordare e interpretare. A dimostrazione di ciò, possiamo rilevare le somiglianze tra il racconto di Gesù che cammina sulle acque e il racconto della apparizione di Gesù Risorto agli apostoli in Lc.24,36ss. Nel miracolo di Gesù che cammina sulle acque si dice: E come lo videro camminare sul lago, credettero che fosse un fantasma e gridarono (Mc.6,49ss. Mt.14,26ss. ), mentre nel racconto lucano di apparizione del Risorto si narra: Si spaventarono e temettero e credettero di vedere uno spirito. E ancora, nel miracolo, si narra: e disse loro: Coraggio, sono io, non temete, mentre nel racconto lucano si dice: E disse loro: Perché vi spaventate… sono io… L’episodio di Pietro che vuole andare dal Signore sulle acque è narrato dal solo Matteo. Il Principe degli Apostoli non fa certo una bella figura. Tuttavia, il Vangelo ecclesiale, cioè Matteo, riporta il fatto per rilevare la posizione eminente di Pietro nel Collegio apostolico e, forse anche, per adombrare il futuro rinnegamento dell’Apostolo e la sua rapida riabilitazione. Il racconto del Vangelo odierno ( Mt.14,22-33 ) è pieno di simboli cristologici ed ecclesiali; si possono notare anche allusioni bibliche; quindi, esso è frutto, in parte, della riflessione interpretativa e della creatività drammatizzante della tradizione. Certamente, però, questa tradizione è antichissima e sicuramente originata da un evento reale; antichità e storicità sono dimostrate dal fatto che il racconto è presente anche in Giovanni e sempre collegato alla moltiplicazione dei pani. Si pone, per il Vangelo odierno, la stessa problematica storico-critica dei racconti di incontro-apparizione pasquali del Risorto in Matteo; molte espressioni e situazioni sono parallele. Possiamo ricordare i seguenti passi: 1) quando gli Undici discepoli vanno in Galilea sul monte indicato da Gesù ( Mt.28, fine del Vangelo ), sono presi dal dubbio; stessa cosa Gesù rimprovera qui a Pietro, che comincia ad affondare. 2) gli Undici sul monte si prostrano in adorazione; così pure le donne, cui appare il Risorto ( sempre in Mt.28 ); esse gli abbracciano i piedi e lo adorano; analogamente, qui, sulla barca, i discepoli si prostrano e pronunciano una professione di fede nel Figlio di Dio. 3) nel nostro racconto, Gesù fa appello al coraggio e invita a non avere paura, di fronte al miracolo o manifestazione divina; le stesse parole usa l’angelo seduto sulla pietra del sepolcro, rincuorando le donne prese da spavento; poi, le prime parole del Risorto alle donne sono: “Non temete”. E’ evidente, sia nel Vangelo odierno sia nei racconti pasquali secondo Matteo, il lavoro interpretativo della fede postpasquale della Chiesa, che riesamina, ricomprende, rivive ogni ricordo del suo passato con Gesù. Come già, in parte, rilevato la scorsa XVIII Domenica T. O anno A, l’ampia sezione dei pani, comprendente il racconto della moltiplicazione dei pani e quello di Gesù che cammina sulle acque, costituisce un’ampia introduzione alla parte del vangelo matteano, che descrive, a partire dalla professione di fede di Pietro, la rivelazione del mistero di Cristo. In questa parte del Vangelo, Matteo segue fedelmente il racconto di Marco; la sezione dei pani è tesa fra la prima e la seconda moltiplicazione dei pani e comprende, oltre al Vangelo odierno, importanti parole di Gesù sulla tradizione degli antichi e sulla purità e, inoltre, guarigioni operate da Gesù in territorio pagano. L’evangelista Luca omette, come sappiamo, tutta questa sezione; per effetto di questa “grande omissione”, tutta la parte centrale del Vangelo di Marco ( Mc.6-7-8-9 ), corrispondente a Matteo 14-15-16-17, risulta contratta in Luca, e solo preliminare alla grande catechesi che Gesù farà nel lungo viaggio verso Gerusalemme da Lc.9,51 a Lc.19,27. Ruggero Orlandi