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APPROFONDIMENTI
AFRICA SUB-SAHARIANA
UN’INTRODUZIONE
Approfondimenti Rapporto di previsione / Agosto 2016
Il contributo al margine degli EM asiatici alla crescita del commercio mondiale si sta riducendo dopo vent’anni di crescita elevata che ha aumentato significativamente la loro rilevanza. Al loro sviluppo esponenziale è affiancato il passo più lento dei paesi in via di industrializzazione. Potranno
questi ultimi sostituirsi all’Asia nello svolgere il ruolo di traino del ciclo mondiale? Un’analisi preliminare dell’Africa Sub-Sahariana evidenzia progressi
non trascurabili per questa regione dall’inizio degli anni 2000, ma le prospettive di breve periodo sono molto dipendenti dall’economia mondiale,
mentre nel lungo periodo l’evoluzione demografica suggerisce potenzialità
di crescita superiori a quelle delle economie mature e di molti EM.
Il continente africano comprende 53 paesi che sono monitorati dagli organismi internazionali e che usualmente vengono raggruppati in due regioni:
Nord Africa e Africa Sub-Sahariana1. L’obiettivo di questo Approfondimento è quello di fornire un quadro sintetico e il più possibile esaustivo dei paesi dell’Africa Sub-Sahariana in relazione ai principali aspetti strutturali,
all’attuale posizione ciclica e ai maggiori driver della crescita prospettica.
Africa SubSahariana: 48 paesi,
secondo la Banca
Mondiale
Tra i 48 paesi che costituiscono l’Africa Sub-Sahariana si annoverano molte
tra le economie più povere al mondo. Il prodotto interno lordo della regione si concentra in Nigeria e in Sudafrica che complessivamente ne rappresentano più del 50%, mentre gli altri paesi sono molto più piccoli, tanto che
22 di essi pesano ciascuno meno dell’1% del PIL dell’area (Fig.1). L’analisi che
segue si focalizza su 39 paesi, avendo escluso le isole più piccole e i paesi
Il PIL di area si
concentra in Nigeria
e Sudafrica
1 L’insieme di paesi che formano queste due regioni aggregate si differenzia tra le definizioni del Fondo
Monetario Internazionale, della Banca Mondiale e dell’ OCSE. In questo approfondimento per Africa
Sub-sahariana si avrà come riferimento la definizione della Banca Mondiale che include 48 paesi: Angola,
Benin, Botswana, Burkina-Faso, Burundi, Capo-Verde, Camerun, Repubblica Centro-Africana, Ciad, Comoros, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica del Congo, Costa D’Avorio, Guinea Equatoriale,
Eritrea, Etiopia, Gabon, Gambia, Ghana, Guinea, Guinea-Bissau, Kenya, Lesotho, Liberia, Madagascar,
Malawi, Mali, Mauritania, Mauritius, Mozambico, Namibia, Niger, Nigeria, Ruanda, Sao Tomè and Principe, Senegal, Seychelles, Sierra Leone, Somalia, Sudafrica, Sudan, Sud Sudan, Swaziland, Tanzania, Togo,
Uganda, Zambia, Zimbabwe.
Fig. 1
PIL reale dell’Africa-Sub-sahariana
composizione per paese
Fig. 2
2015, quote % sul totale di area
02 - PROMETEIA
Senegal
Mali
Botswana
Gabon
Zambia
Uganda
Rep.Dem. Del Congo
Camerun
Costa d'Avorio
Tanzania
Ghana
Etiopia
Kenya
Sudan
Angola
Sudafrica
Nigeria
1.0
1.0
1.0
1.1
1.6
1.6
1.8
1.8
2.0
2.6
2.8
2.9
3.2
4.2
6.3
0.0
10.0
Fonte: elaborazioniPrometeia su dati World Bank
25.2
28.1
20.0
Piramide della popolazione
migliaia, 2015
97
89
81
73
65
57
49
41
33
25
17
9
1
20 000
10 000
30.0
Fonte: Nazioni Unite
femmine
0
10 000
maschi
20 000
Quasi 1 miliardo di
persone nel 2015,
più del 97% con
meno di 64 anni,
quota che potrà
rimanere al 95% nel
2050
Le Nazioni Unite stimano per l’Africa Sub-Sahariana una popolazione di
quasi un miliardo di persone nel 2015, di cui il 43% con meno di 15 anni, il
53% tra i 15 e i 64 anni e solo il 3% con più di 64 anni (Fig. 2). Questa preponderante presenza di giovani è condivisa da tutti i paesi, solo nel Gabon
l’incidenza della popolazione con più di 64 anni supera il 5% della popolazione complessiva. Il paese più popolato è la Nigeria con più di 180 milioni
di abitanti, mentre al lato opposto lo Swaziland ha poco più di un milione
di abitanti. Le previsioni della popolazione per classe di età3 segnalano una
netta preponderanza delle coorti in età da lavoro anche nel 2050, quando
la popolazione complessiva potrà raggiungere i 2.2 miliardi e quella in età
da lavoro 1.35 miliardi, con un’incidenza del 61%. Le potenzialità di crescita
legate al fattore demografico sono dunque superiori non solo a quelle delle economie mature, ma anche a quelle di molti paesi emergenti che devono già fare i conti con i problemi connessi all’invecchiamento della popolazione4. Gli effetti positivi della struttura e della dinamica demografica (primo
dividendo demografico) stanno già contribuendo a sostenere la crescita
economica e a migliorare le condizioni di vita. Rispetto all’inizio degli anni
2000 la mortalità infantile si è ridotta, il grado di scolarizzazione maschile
e femminile è cresciuto e si è ridotta l’incidenza della popolazione che vive
sotto la soglia di povertà assoluta.
Manifattura agli
albori e agricoltura
rilevante, tranne
il Sudafrica
più simile alle
economie mature;
polarizzazione nelle
commodity in alcuni
paesi
La struttura produttiva della regione è quella tipica di un’economia giovane
dove l’agricoltura ha un peso relativo superiore a quello dell’industria nella
formazione del valore aggiunto complessivo e nell’impiego di manodopera.
Nel 2015 il 17% del valore aggiunto è stato prodotto dal settore agricolo, i
servizi hanno contribuito per il 58%, mentre l’industria manifatturiera ha
rappresentato il 10% della produzione complessiva. Il rimanente 14% è da
ricondurre essenzialmente al settore estrattivo e delle costruzioni. Questi
valori medi sottendono differenze non trascurabili tra i singoli paesi (Fig. 3
e Tab. 1). La Sierra Leone appare il paese meno sviluppato con il settore
agricolo che contribuisce per quasi il 60% al valore aggiunto complessivo,
il più alto tra i paesi considerati, mentre l’industria manifatturiera è praticamente inesistente, non raggiungendo il 2%. In condizioni molto simili anche
altri 11 paesi per i quali il valore aggiunto del settore agricolo pesa mediamente il 40% della produzione e a cui fa da contraltare un’industria manifatturiera agli albori, tanto che per 25 paesi essa pesa meno del 10% della
produzione finale complessiva. All’estremo opposto si colloca il Sudafrica
con una struttura produttiva molto vicina a quella dei paesi più maturi: la
quota di servizi è intorno al 70% e l’agricoltura pesa meno del 3%. La rilevanza relativa del settore dei servizi è condivisa da altri 6 paesi, con un
peso di più del 60% sul valore aggiunto complessivo (Tab.1). La produzione
dell’Angola, il terzo paese dell’Africa Sub-Sahariana in termini di PIL è sostanzialmente concentrata nel settore petrolifero che contribuisce per il
Approfondimenti Rapporto di previsione / Agosto 2016
per i quali la Banca mondiale non fornisce statistiche sufficientemente
complete e/o aggiornate2.
3 Nazioni Unite 2014, https://esa.un.org/unpd/wpp/Publications/Files/WPP2012_Methodology.pdf, variante di fertilità media.
4 Prometeia, Rapporto di Previsione marzo 2015; Sostenibilità della crescita nel lungo periodo per alcuni
EM: demografia e scelte intertemporali di consumo.
03 - PROMETEIA
2 Per questo motivo Sao-Tomè and Principe, Seychelles, Mauritius, Guinea, Guinea Bissau, Guinea
Equatoriale, Capo Verde, Somalia, Eritrea sono esclusi dall’analisi per paese.
Approfondimenti Rapporto di previsione / Agosto 2016
circa il 45% alla formazione del valore aggiunto complessivo (più del 55%
nel 2007), a scapito di tutti gli altri macrosettori incluso quello dei servizi
(22% nel 2015).
La struttura produttiva si riflette nella composizione merceologica dei flussi commerciali. Più del 50% delle importazioni di merci riguarda i prodotti
manufatti e più del 40% delle esportazioni si concentra nei prodotti combustibili (Fig.4 ). Vi è tuttavia evidenza del progressivo cambiamento che si
sta sviluppando. Tra il 2000 e il 2015 la quota di esportazioni di prodotti
manufatti è aumenta di 5pp mentre l’incidenza delle importazioni di manufatti sul totale dei beni importati è calata di 8pp. 23 paesi hanno nelle
esportazioni di prodotti primari la fonte principale delle risorse derivanti
dalle esportazioni e, tra di essi, 7 dalle esportazioni di petrolio5 (Tab. 2). Ciò,
da una parte, rappresenta un’opportunità non trascurabile per promuovere la crescita economica, dall’altra, la polarizzazione della produzione sulle
risorse naturali espone pericolosamente queste economie alle fluttuazioni
dei prezzi nei mercati internazionali e alle condizioni climatiche. Complici
questi aspetti, il recente protrarsi di livelli minimi dei prezzi internazionali
delle commodity ha contribuito, tra le altre cose, al deterioramento della
bilancia dei pagamenti dei maggiori esportatori di materie prime, in territorio negativo dal 2009, e con esse quella dell’area (Fig.5).
Importatori di
manufatti ed
esportatori di
combustibili
Secondo la Banca Mondiale nel 2015 il reddito pro-capite annuo in dollari
dell’Africa Sub-sahariana è stato di 1571 dollari, con una elevata variabilità
che va dai 276 dollari del Burundi, agli 8311 dollari del Gabon (2640 e 5691
dollari per Nigeria e Sudafrica, rispettivamente). Si tratta di livelli molto
bassi in relazione al resto del mondo ma sono valori che oscurano i pro-
Reddito pro-capite
basso e molto
diverso tra i paesi,
ma progressi
notevoli negli anni
2000
5 Si fa riferimento alla classificazione del FMI per fonte principale di introiti da esportazioni; IMF World
Economic Outlook, April 2016, Statistical Appendix, Table D. Un paese è considerato dipendente dalla
vendita di petrolio (prodotti primari diversi dal petrolio) se i proventi dalle esportazioni di petrolio (prodotti
primari diversi dal petrolio) sono superiori al 50% delle esportazioni totali nella media 2010-2014.
Struttura produttiva per macrosettore
Fig. 3
Fig. 4
numero di paesi. 2014
2015, quote % sul totale, $
70
30
25
25
60
15
numero di paesi
15
9
40
12
11
9
30
6
5
0
50
18
20
10
1
0
<10
1
2
0
10<x<30 30<x<50 50<x<60
agricoltura
manifattura
Fonte: elaborazione Prometeia su dati World Bank
20
00
10
x>60
0
peso % del settore sulla produzione complessiva
04 - PROMETEIA
Esportazioni e importazioni per
macroprodotto
prod. alim. combustibili manufatti
esportazioni
servizi
Fonte: World Bank
importazioni
altro
I fattori esterni che
hanno contribuito
alla crescita…
Anche se in misura minore rispetto ad altre aree mondiali, l’Africa
Sub-Sahariana ha beneficiato dell’apertura degli scambi commerciali avviatasi nella seconda metà degli anni 90 dopo la sigla degli accordi
dell’Uruguay Round e consolidatasi nella prima parte degli anni 2000 con
l’adesione della Cina al WTO. Lo sviluppo vigoroso del commercio estero
ha consentito a molti paesi di ampliare i mercati di sbocco dei loro prodotti e con essi di accedere più facilmente alla frontiera tecnologica. La Cina
ha aumentato la sua rilevanza come mercato di sbocco dei prodotti africani ed è diventata uno dei maggiori investitori, soprattutto in infrastrutture,
in un contesto macroeconomico favorevole. Non ultimo, un ruolo fondamentale è stato giocato dagli aiuti internazionali che hanno contribuito al
miglioramento delle condizioni sanitarie, ad accelerare la crescita e a consolidare la democrazia6.
…e quelli interni,
tra cui…
Al favorevole contesto economico mondiale si sono sommati una serie di
fattori endogeni, maggiore stabilità politica, miglioramento della governance, aumento in qualità e quantità del capitale umano che, tra il 2001 e
il 2014, hanno consentito di triplicare il reddito pro-capite della regione e
con esso quello dei suoi principali paesi. Secondo Freedom House, un
think tank statunitense, il numero di democrazie in Africa è passato da 4
nel 1990 a 23 oggi. Negli ultimi 20 anni si è formata una classe dirigente
con uno standard professionale più elevato che ha contribuito al miglioramento del contesto socio-economico e politico. La stabilità macroeconomica è diventata un obiettivo perseguito con maggior determinazione,
promuovendo il controllo dell’inflazione e delle finanze pubbliche e cumulando riserve ufficiali.
Approfondimenti Rapporto di previsione / Agosto 2016
gressi di alcune economie dall’inizio degli anni 2000 (Fig. 6).
6 A. Channing, S.Jones, F.Tarp, 2015; What is the Aggregate Economic Rate of Return to Foreign Aid?;
Banca Mondiale Economic Review, July.
Fig. 5
Bilancia dei pagamenti, saldo c/c
Fig. 6
in % del PIL
Reddito pro-capite
$
8000
30
20
6000
10
4000
0
2000
-20
2000
2005
Nigeria
Angola
Kenya
Fonte: World Bank
2010
2015
Sudafrica
Sudan
Africa Sub-Sahar.
0
1990
1995
2000
Africa Sub-Sahar.
Nigeria
Sudan
Fonte: World Bank
2005
2010
Sudafrica
Angola
Kenya
2015
05 - PROMETEIA
-10
Approfondimenti Rapporto di previsione / Agosto 2016
Negli anni 2000 si sono moltiplicati gli accordi commerciali all’interno del
continente con l’obiettivo di rafforzare l’integrazione economica della regione, di affrontare congiuntamente questioni socio politico culturali e per
promuovere uno sviluppo economico sostenibile. Dei sette accordi commerciali attualmente in vigore tra i paesi dell’Africa, cinque sono stati siglati negli anni 2000 (Tab. 3) e, al fine di ampliare ulteriormente le dimensioni
del mercato, nel 2015 ha visto la luce la Tripartite Free Trade Area che definisce un’area di libero di scambio tra i tre maggiori blocchi commerciali
dell’Africa (COMESA, SADC, EAC, Tab. 3) e che dovrà essere ratificati dai
singoli paesi. Sempre nel 2015 sono stati avviate le consultazioni per creare entro il 2017 un’area di libero scambio che coinvolga tutti i paesi del continente africano (African Continent Free Trade Area).
…lo sviluppo degli
accordi commerciali
intra-area
Tra il 2000 e il 2007 i paesi esportatori netti di materie prime hanno aumentato considerevolmente i proventi dalla vendita di commodity (Angola,
Congo, Nigeria, ma anche Namibia e Zambia) e ciò ha favorito una crescita
sostenuta del PIL e il graduale aggiustamento delle finanze pubbliche. L’Angola è il caso più eclatante venendo da un sanguinoso e lunghissimo periodo di guerra, ma surplus di bilancio pubblico hanno caratterizzato anche la
Nigeria e lo Zambia, mentre la relativa maggiore stabilità politica del Gabon
ha consentito di mantenere un surplus a tutto il 2014. Tale andamento positivo del bilancio dello stato non è stato condiviso dai paesi importatori netti di materie prime ma, in questo caso, un’accorta politica di bilancio coniugata a una crescita sostenuta del PIL ha comunque consentito la riduzione
dell’incidenza del debito pubblico che non supera il 70% del PIL (Fig. 7).
La finanza pubblica
Negli stessi anni gli elevati livelli dei prezzi internazionali delle materie prime hanno rappresentato un vincolo alla crescita per i paesi importatori
netti via maggiori pressioni al rialzo sull’inflazione interna che si è mantenuta mediamente superiore alla media di area. Tuttavia l’effetto moltiplicativo
complessivo legato al buon andamento del contesto economico mondiale
L’inflazione
Debito del settore pubblico
Fig. 7
120
in % del PIL
principali esportatori netti di commodity
200
principali importatori netti di commodity
100
150
80
60
100
40
50
20
06 - PROMETEIA
0
2000
2005
Angola
Zambia
Sudafrica
Fonte: World Bank
2010
2015
Nigeria
Gabon
Africa Sub-Sahar.
0
2000
2005
Etiopia
Ghana
Sudan
2010
2015
Kenya
Tanzania
Africa Sub-Sahar.
L’Africa non sfugge
alla persistente
debolezza
dell’economia
mondiale
Dallo scoppio della Grande Recessione, l’assenza di una significativa differenziazione del processo produttivo ha determinato una forte decelerazione del PIL nei paesi esportatori netti di petrolio, che in molti casi hanno visto deteriorarsi sensibilmente le finanze pubbliche creando le premesse
per un consolidamento fiscale prospettico a meno di un forte recupero del
prezzo del petrolio (Angola e Nigeria). L’aumento del potere d’acquisto nei
paesi importatori netti di energia ha invece consentito una crescita del PIL
superiore a quella media di area, nonostante l’attenuazione degli impulsi
positivi dagli scambi commerciali mondiali. Le valutazioni più recenti per la
crescita del PIL dell’Africa Sub-Sahariana nel 2015 non vanno al di là del 3%
medio annuo, mezzo punto percentuale superiore alla crescita del PIL
mondiale a prezzi costanti.
Approfondimenti Rapporto di previsione / Agosto 2016
è stato positivo anche per questi paesi, tanto che per l’Africa Sub-Sahariana nel complesso la crescita media annua del PIL si è attestata al 5% contro un 3% dell’economia mondiale a prezzi costanti (Fig. 8)
Sarebbe tuttavia semplicistico considerare l’Africa Sub-Sahariana un’area
omogena il cui ciclo economico è legato essenzialmente a quello dei prezzi delle commodity e dell’energia in particolare.
Le fragilità interne
e...
30
Inflazione al consumo
valori medi annui
principali esportatori netti di commodity
50
25
40
20
30
15
principali importatori netti di commodity
20
10
10
5
0
0
-5
2000
2005
Angola
Zambia
Sudafrica
Fonte: World Bank
2010
2015
Nigeria
Gabon
Africa Sub-Sahar.
-10
2000
2005
Etiopia
Ghana
Sudan
2010
2015
Kenya
Tanzania
Africa Sub-Sahar.
07 - PROMETEIA
Fig. 8
All’interno dell’area, la maggioranza dei paesi è importatore netto di energia
e la profonda dipendenza dal settore agricolo rende necessario ancora fare
seriamente i conti con le condizioni climatiche. La siccità che lo scorso anno
ha colpito i paesi più a sud del continente e il Sudafrica in particolare ha verosimilmente contribuito pesantemente all’attuale stagnazione economica di
quest’ultimo, via riduzione della produzione e aumento della disoccupazione,
ampliando il rischio di sfociare in una recessione. Siccità e infrastrutture inadeguate colpiscono anche l’industria manifatturiera attraverso frequenti
blackout nella fornitura di energia elettrica, problema quest’ultimo condiviso
da altri paesi africani tra cui Zambia e Nigeria.
Approfondimenti Rapporto di previsione / Agosto 2016
I conflitti in corso stanno penalizzando il Burundi e il Sud Sudan, mentre
l’incertezza politica sta minando la fiducia con ripercussioni negative sulla
crescita interna in Burkina-Faso, Ciad, Mali, Niger e Nigeria.
La maggiore incertezza che permea i mercati finanziari mondiali si riflette in
un più alto costo del credito anche per questi paesi, mettendo sotto pressione la gestione della politica economica e monetaria nello specifico. In alcuni casi gli accordi commerciali sono sfociati in unioni monetarie, in particolare all’interno dell’Africa Sub-Sahariana esistono due aree di Unione
monetaria la WAEMU (West African Economic and Monetary Union) e la
CEMAC (Economic and Monetary Union of Central Africa) le cui monete
sono ancorate all’euro7. Angola e Zambia perseguono la stabilità valutaria
verso il dollaro senza tuttavia avere dichiarato un cambio fisso (peg). La politica monetaria di Nigeria, Gambia, Madagascar, Malawi, Mozambico e Tanzania ha un obiettivo sugli aggregati monetari, mentre le banche centrali di
Sudafrica, Ghana e Uganda perseguono un obiettivo di inflazione, percorso quest’ultimo intrapreso ma non ancora raggiunto dalla banca centrale
del Kenya.
…la politica
monetaria
I paesi con tasso di cambio flessibile non sono scampati alle crisi valutarie
del 2013 e del 2014 e stanno contrastando i forti deprezzamenti della valuta nazionale con interventi monetari restrittivi per arginare il pass-through
sull’inflazione interna. E’ il caso del Sudafrica che con un’inflazione che a inizio anno viaggiava intorno al 7% (6.2% a giugno; 4.5% +/- 2pp, l’obiettivo delle
autorità di politica monetaria) ha visto la banca centrale portare i tassi di policy al 7% (6% a luglio dello scorso anno), mentre in Nigeria l‘aumento dell’inflazione negli ultimi 12 mesi, dal 9.2% al 16.5% di giugno scorso, ha condotto i tassi di policy al 14%, dopo la riduzione all’11% a fine dello scorso anno.
Per i paesi con tasso di cambio ancorato a una valuta forte si rileva come in
questo contesto di debolezza dell’economia mondiale la difesa a oltranza
della stabilità valutaria potrebbe facilmente diventare un costo troppo elevato da sostenere8. Se il deterioramento delle aspettative di crescita mondiale e nazionali dovesse trovare evidenza in un ampliamento della divaricazione tra il tasso di cambio ufficiale e quello che si forma nei tanti
onnipresenti mercati neri, la difesa del cambio ufficiale potrebbe comportare il deterioramento delle finanze pubbliche in misura tale da sottrarre risorse a progetti necessari alla crescita.
I rischi dei paesi con
un peg
Non a caso il FMI e la Banca Mondiale sollecitano i paesi industrializzati a
non ridurre gli aiuti ai paesi dell’Africa, e in generale a quelli più poveri, per
evitare di bloccare il processo di sviluppo.
08 - PROMETEIA
In quest’ottica vanno ricordati anche i casi di successo nel 2015 che trovano fondamento nei piani di investimento nei quali i paesi industrializzati e
gli organismi internazionali giocano un ruolo non secondario. Nei paesi
dell’Africa occidentale (WAEMU) il PIL è cresciuto del 6%, mentre in Rwanda, Tanzania ed Etiopia la crescita si è attestata attorno al 7% grazie agli investimenti in infrastrutture e costruzioni, oltre all’espansione del settore
7 IMF Annual Report 2015, Appendix II, Table II.9.
8 Africa’s Rise – Interrupted? S. Radelet, Finance & Development, June 2016.
I casi di successo
negli anni più
recenti
L’Africa Sub-Sahariana rappresenta una delle regioni più povere nonostante la crescita mediamente superiore a quella mondiale dall’inizio degli anni
2000. Si tratta di una regione frammentata in un numero elevato di paesi e
pur nella eterogeneità delle fonti di sviluppo è fortemente influenzata dal
ciclo economico mondiale e profondamente dipendente dagli aiuti internazionali. Sembra difficile, dunque, che nel breve periodo il contributo di questa regione alla crescita mondiale possa aumentare in misura significativa rispetto al recente passato. Sono molteplici le sfide per garantire il
miglioramento delle condizioni di vita, non da ultimo quella della politica
economica che dovrà muoversi con attenzione tra la necessità di finanziare lo sviluppo e quella di garantire la stabilità macroeconomica. Più elevata
la possibilità che nel medio/lungo periodo il processo di catching-up di
questa regione fornisca un contributo significativo all’economia mondiale,
in un contesto in cui il fattore demografico continuerà a rappresentare un
elemento a sostegno della crescita contrapposto all’invecchiamento della
popolazione nelle economie mature e in molti emergenti, Cina inclusa.
Approfondimenti Rapporto di previsione / Agosto 2016
In sintesi
09 - PROMETEIA
dei servizi.
Approfondimenti Rapporto di previsione / Agosto 2016
Tab. 1
Struttura produttiva per macrosettore dei paesi dell’Africa Sub-Sahariana
quote % sul valore aggiunto complessivo
Agricoltura
<10%
10% <x <30%
Namibia
Swaziland
Sudafrica
Zambia
Angola
Botswana
Congo
Gabon
Lesoto
Malawi
Benin
Costa d'Avorio
Nigeria
Camerun
Sudan
Ghana
Senegal
Gambia
Uganda
Madagascar Rep.Dem.del Congo
Mozambico
Zimbawe
Mauritania
30% <x <50%
Burundi
Burkina-Faso
Rep.Centraficana
Comoros
Etiopia
Kenya
Mali
Niger
Rwanda
Togo
50% <x<60%
Sierra Leone
Ciad
Manifattura
<10%
Angola
Burundi
Burkina-Faso
Botswana
Rep.Centroafricana
Congo
Comoros
Etiopia
Gabon
Ghana
Gambia
Lesoto
Mozambico
Mauritania
Namibia
Niger
Nigeria
Rwanda
Sudan
Sierra Leone
Ciad
Togo
Tanzania
Uganda
Zambia
10% <x <30%
30% <x <50%
Benin
Costa d'Avorio
Camerun
Kenya
Malawi
Senegal
Sudafrica
Rep.Dem.del Congo
Zimbawe
Swaziland
Servizi
30% <x <50%
Angola
Mali
Burundi
Mauritania
Burkina-Faso
Niger
Rep.Centroaficana
Rwanda
Camerun
Sierra Leone
Congo
Swaziland
Etiopia
Ciad
Gabon
Tanzania
Kenya
Rep.Dem.del Congo
10 - PROMETEIA
Fonte: elaborazione Prometeia su dati World Bank
50% <x <60%
Benin
Costa d'Avorio
Comoros
Ghana
Madagascar
Mozambico
Malawi
Nigeria
Sudan
Uganda
Zambia
Zimbawe
x > 60%
Botswana
Gambia
Lesoto
Namibia
Senegal
Sudafrica
Paesi con più del 50% degli introiti da esportazioni derivanti dalla vendita
di materie prime
Prodotti petroliferi
Prodotti primari non petroliferi
Mauritania
Angola
Ciad
Burkina-Faso
Burundi
Guinea Equatoriale
Costa d'Avorio
Rep. Centroafricana
Gabon
Eritrea
Rep.Democratica del Congo
Nigeria
Guinea-Bissau
Sierra Leone
Congo
Liberia
Sudafrica
Sud Sudan
Malawi
Sudan
Mali
Zambia
Niger
Approfondimenti Rapporto di previsione / Agosto 2016
Tab. 2
Fonte: IMF, World Economic Outlook, April 2016
Tab. 3
Accordi commerciali in essere tra i paesi dell’Africa
Accordi commerciali
Common Market for Eastern and Souther Africa (COMESA)
entrato in vigore
beni
8 dicembre 2004
beni e servizi
7 luglio 2000
Economic and Monetary Community of Central Africa (CEMAC)
beni
1 luglio 2007
Economic Community of West Africa States (ECOWAS)
beni
24 giugno 1999
Souther Africa Custums Union (SACU)
beni
24 luglio 1993
Souther Safrican Development Community (SADC)(2)
beni
15 luglio 2004
West African Economic and Monetary Union (WAEMU)
beni
1 gennaio 2000
East Africa Community (EAC) (1)
(1) allargamento a Burundi e Rwanda nel 1 luglio 2007.
(2) allargamento a Seychelles nel 8 gennaio 2016.
11 - PROMETEIA
Fonte: WTO; http://rtais.wto.org/UI/PublicSearchByCrResult.aspx