INDICE Capitolo I 1.1 REACH e Industria Conciaria Pag. 4 1.1.1 L’industria conciaria italiana 4 1.1.2 Dati regionali 4 1.1.3 Produzione per tipologia d’animale e destinazione d’uso 5 1.1.4 Mercati di esportazione 6 1.1.5 Mercati di approvvigionamento materia prima 6 1.1.6 Incidenza dell’Italia sul mondo 7 1.2 Il processo conciario 8 1.2. 1 Morfologia della pelle 10 1.2.2 Le fasi del processo conciario 11 1.2.3 Operazioni di riviera 12 1.2.4 Operazioni di concia 14 1.2.5 Dal wet-blue al crust : operazioni di post concia 15 1.2.6 Trasformazione della “pelle in crust” in cuoio finito: la rifinizione 17 1.3 Ruolo dell’industria conciaria in ambito REACH 19 1.3.1 Ruolo come utilizzatore a valle (downstream user) 20 1.3.2 Le sostanze SVHC 21 1.3.3 Obblighi per l’industria conciaria nei confronti di sostanze SVHC: 22 ruolo di importatori di articoli 1.3.4 Ruolo come produttore d’articoli a rilascio non intenzionale 28 Capitolo II 2.1 SVHC nel settore conciario 31 2.1.1 Derivati del boro e ftalati 31 2.2 32 I derivati del boro 2.2.1 Il Boro 32 2.2.2 L’acido borico 33 2.2.3 Tetraborato di sodio e tetraborato di sodio idrato 34 1 2.2.4 Uso dell’acido borico e derivati nell’industria conciaria 36 2.3 40 I requisiti ecotossicologici del cuoio 2.3.1 L’OEKO –TEX® Standard 100 41 2.3.2 Procedura per la determinazione del Boro nelle pelli 47 2.4 50 Le sostanze SVHC nella rifinizione del cuoio: Ftalati 2.4.1 Gli ftalati 52 2.4.2 Analisi degli ftalati nel cuoio 55 2.4.3 Potenziali sostituti dei derivati del boro e degli ftalati nel 59 processo conciario Capitolo III Conclusioni 63 Bibliografia 64 2 CAPITOLO I 3 1.1 REACH e Industria conciaria 1.1.1 L’industria conciaria italiana Dai dati rilevati dall’unione nazionale industria conciaria (UNIC) a fine anno 2011 risulta che l’industria conciaria italiana era rappresentata da 1.309 imprese e 17.996 addetti. I volumi di produzione (133 milioni di m2 e quasi 40 mila tonnellate di cuoio suola) hanno raggiunto un valore di circa 4,9 miliardi di euro. 1.1.2 Dati regionali La concia italiana si raggruppa in distretti, responsabili per oltre il 90% del valore prodotto e che presentano peculiarità sia sul piano produttivo che su quello industriale. Il primo polo conciario per fatturato ed occupazione (oltre il 50% del totale nazionale) è il Veneto, in particolare la valle del Chiampo, in provincia di Vicenza, dove i grandi gruppi industriali convivono con imprese medio -piccole. La principale specializzazione sono le pelli bovine grandi destinate all’arredamento imbottito, alla calzatura ed alla pelletteria. Viceversa la Toscana è l’area che concentra il maggior numero di aziende conciarie, nella zona di S. Croce sull’Arno, Ponte a Egola e Fucecchio (province di Pisa e Firenze). In questo contesto, caratterizzato da un elevato grado di artigianalità e flessibilità, vengono lavorate soprattutto pelli bovine grandi e vitelli destinate al sistema moda per un fatturato pari al 27% del totale italiano. Nel distretto si concentra anche il segmento di produzione nazionale di cuoio suola. Gli altri due distretti sono invece specializzati soprattutto nella concia di pelli piccole ovicaprine: la Campania (principalmente nella zona di Solofra, vicino ad Avellino), con un valore della produzione pari al 10% del totale nazionale, e la Lombardia (area magentina), 5% del totale nazionale. Le destinazioni d’uso 4 tipiche dei pellami prodotte in queste due regioni sono calzatura, pelletteria ed abbigliamento. Figura 1: L’industria conciaria in Italia 1.1.3 Produzione per tipologia d’animale e destinazione d’uso. L’industria conciaria trasforma il sottoprodotto della macellazione in un materiale pregiato e versatile. In virtù dello stretto legame con l’industria alimentare, la principale tipologia animale processata è la bovina grande, che tradizionalmente rappresenta oltre due terzi della produzione complessiva. Seguono le pelli piccole, cioè le ovine, le caprine, i vitelli; meno dell’1% delle pelli italiane si riferisce ai rettili ed ai suini. I principali clienti delle imprese conciarie sono tradizionalmente i produttori di calzature, a cui viene venduta quasi la metà delle pelli prodotte a livello nazionale. Segue l’industria dell’arredamento, della pelletteria, dell’abbigliamento e degli interni d’auto. 5 1.1.4 Mercati di esportazione L’importanza delle vendite all’estero per il fatturato di settore è cresciuta enormemente negli ultimi venti anni ed è attualmente oltre tre quarti del totale. Nel 2011, le esportazioni italiane di pelli conciate, destinate a 116 paesi, sono state complessivamente pari a 3,7 miliardi di euro. Il maggior numero di esportazioni vengono effettuate nell’Unione Europea, a seguire l’estremo Oriente e l’area russo - balcanica. 1.1.5 Mercati di approvvigionamento materia prima Uno dei fattori chiave nella competizione conciaria internazionale è la gestione degli approvvigionamenti di pelli grezze e semilavorate, che sono la più importante materia prima del settore. Il relativo fabbisogno dell’industria italiana è coperto solo in minima parte (5%) dalle macellazioni nazionali e la restante parte deve obbligatoriamente derivare dalle importazioni. Nel 2011, 823 mila tonnellate di pelli sono state importate da 128 paesi. Questo è un dato complessivo che raggruppa le pelli grezze, le semilavorate, wet-blue e crust. In maggioranza la materia prima più usata nelle concerie italiane è il wet-blue, seguito dal grezzo e dal crust. Storicamente il più importante bacino d’acquisto per le concerie italiane è l’Unione Europea in cui si acquista il 54% della materia prima seguita dall’America Latina con il 16%. Ci sono stati interessanti incrementi nei volumi di approvvigionamento anche dal bacino africano e medio - orientale. 6 Figura 2: Import italiano di materia prima per area geografica (volume) 1.1.6 Incidenza dell’Italia sul mondo. L’industria conciaria italiana detiene una posizione di leadership stabile ed indiscussa a livello globale, pesando, in termini di valore della produzione, per oltre 2/3 del totale comunitario e per quasi il 17% del totale mondiale. Il prodotto italiano è indice di qualità; inoltre si tratta di un prodotto conciato secondo metodi tecnologici e che seguono direttive ambientali. Per questo la nostra industria subisce una concorrenza sleale da parte di paesi extraeuropei (India, Brasile, Cina e Nigeria) che si avvantaggiano con pratiche di dumping in ambito sociale ed ambientale e con politiche di protezionismo sulla loro materia prima. 7 1.2 Il processo conciario La materia prima per la produzione del cuoio: la pelle grezza. Il processo conciario è un processo molto complesso costituito da un alternarsi di operazioni chimiche e meccaniche che portano alla conversione della pelle grezza in cuoio finito; tali operazioni sono atte ad eliminare l’epidermide ed il tessuto sottocutaneo dal restante derma che viene convertito in cuoio. La pelle grezza passa da uno stato putrescibile, di poca resistenza e di forma irregolare, ad uno stato in cui assume uno spessore pressoché costante e con caratteristiche quali imputrescibilità, buona flessibilità, elevata resistenza alla trazione ed alla abrasione, buona rifinizione estetica. Il processo produttivo a ciclo completo comprende delle fasi in umido e delle fasi a secco. Le fasi in umido comprendono i cosiddetti lavori di riviera cioè una serie di operazioni che servono ad eliminare le parti della pelle che non si trasformeranno in cuoio, ossia epidermide, peli e tessuto sottocutaneo (operazioni di dissalatura, rinverdimento, calcinazione, decalcinazione-macerazione), quelli di concia propriamente detti ed operazioni di riconcia, tintura ed ingrasso. Le fasi a secco riguardano alcune operazioni meccaniche ed il processo di rifinizione. Le reazioni chimiche vengono effettuate generalmente in reattori rotanti, detti bottali (figura 3) che sono sostanzialmente costituiti da un cilindro ruotante intorno al proprio asse nel quale vengono immesse le pelli, l'acqua ed i prodotti chimici necessari. 8 Figura 3 : bottali ( reattori per il processo conciario) Tali operazioni chimiche sono intramezzate da una serie di operazioni meccaniche che vanno effettuate sulle singole pelli. Il ciclo tecnologico conciario è quindi caratterizzato da un continuo aggregarsi e disaggregarsi di lotti di pelli; questi lotti vengono trattati come un tutto unico nelle operazioni chimiche e invece vengono separati nelle singole pelli all’uscita del bottale per effettuare le operazioni meccaniche. Ciò consta di un elevato numero di operazioni manuali per separare le singole pelli dal lotto e per riunirle per formare nuovamente il lotto. E’utile descrivere dettagliatamente il materiale di partenza cioè la pelle prima di analizzare le varie fasi del processo conciario. 9 1.2. 1 Morfologia della pelle Le pelli dei mammiferi sono essenzialmente uguali per quanto riguarda la loro costituzione istologica e nella loro sezione trasversale si possono distinguere tre strati principali: epidermide, derma e strato sottocutaneo. Figura 4 : struttura istologica della pelle L’epidermide è la parte più esterna della pelle ed è quella che nelle lavorazioni normali, esclusa la pellicceria, viene sempre eliminata mediante la fase di lavorazione denominata “calcinaio” comprendente le operazioni di calcinazione e depilazione. Il derma è situato al di sotto dell’epidermide e si estende fino al tessuto sottocutaneo, costituendo l’84% dell’intera pelle; è la parte che viene trasformata in cuoio dopo la fissazione del conciante. Nel derma sono presenti due strati a struttura diversa: 10 - strato papillare o superiore, è lo strato più esterno del derma e si trova tra l’epidermide e la base dei peli. E’ caratterizzato da un fitto intreccio di fibre collageniche molto sottili orientate perpendicolarmente alla superficie della pelle; tra le fibre collageniche sono inserite fibre elastiche che hanno il compito di conferire elasticità alla pelle. Lo strato papillare è molto importante in quanto costituisce la parte più pregiata della pelle che prende il nome di fiore. - strato reticolare o inferiore, è lo strato più interno del derma e si trova a contatto con il tessuto sottocutaneo. E’ caratterizzato da spessi fasci di fibre collageniche che mostrano orientazione variabile fino a diventare paralleli alla superficie della pelle negli strati più profondi del derma. Queste fibre che si intrecciano in più direzioni sono le responsabili delle caratteristiche di resistenza fisica del cuoio e vanno a costituire quella che normalmente prende il nome di crosta o quello che normalmente viene denominato lato carne. Il terzo strato, quello sottocutaneo, detto anche “strato adiposo”, ha la proprietà di fissare la pelle alle varie parti del corpo. E’ costituito dal tessuto ricco di grasso rimasto dopo la scuoiatura dell’animale; questo strato sottocutaneo viene poi rimosso dalle pelli nell’operazione meccanica di “scarnatura” che avviene nelle fasi iniziali del processo andando a costituire il cosiddetto “carniccio”. 1.2.2 Le fasi del processo conciario IL processo conciario può essere suddiviso in tre parti, corrispondenti ai diversi stati in cui la pelle viene commercializzata: - Pelle grezza (conservata per salatura) - Pelle conciata (wet-blue) - Pelle tinta essiccata (crust) - Pelle rifinita Il processo di trasformazione della pelle grezza in quella conciata (wet-blue) coinvolge sostanzialmente le fasi comunemente denominate “Lavori di riviera” e quella di concia comprendente l’operazione di piclaggio e la fase di concia vera e 11 propria. Spesso le concerie italiane importano il prodotto wet-blue dunque è necessario porre attenzione su come questo si ottiene e su quali sono le sostanze utilizzate nei vari passaggi dei “Lavori di riviera” e concia. 1.2.3 Operazioni di riviera Dissalatura - Rinverdimento Queste operazioni vengono effettuate per riportare la pelle nelle condizioni in cui si trovava appena scuoiata, asportandone il sale usato nella conservazione, detergendola dalla sporcizia e facendole assorbire l'acqua persa a seguito del trattamento di conservazione. I prodotti utilizzati, assieme a grosse quantità di acqua, sono costituiti da tensioattivi, alcali (come carbonato di sodio, idrossido di sodio), cloruro di sodio (usato solo per pelli non salate, come antigonfiante), battericidi ed enzimi proteolitici. Scarnatura in verde La scarnatura è un’operazione che ha lo scopo di separare il tessuto sottocutaneo, il grasso, e la carne dal derma. Una prima scarnatura successiva al rinverdimento favorisce l’uniforme penetrazione dei prodotti chimici del calcinaio; inoltre la manipolazione della pelle rinverdita da scarnare viene facilitata dalla mancanza di scivolosità. Per questa operazione si usa la macchina scarnatrice; le pelli scarnate vengono poi sottoposte all’operazione manuale di “rifilatura”. Rifilatura Tale fase è un’operazione manuale effettuata con dei coltelli per eliminare tutte quelle parti della pelle che non arriveranno mai ad essere trasformate in cuoio finito. Le pelli scarnate vengono poi sottoposte all’operazione denominata “allattamento”. 12 Allattamento L’allattamento è un’operazione di depilazione che si effettua spalmando sul lato carne delle pelli una pastina depilatoria costituita essenzialmente da calce e solfuro di sodio. Per questa operazione ci si avvale dell’uso di una macchina denominata “solforatrice”. Le pelli così trattate vengono impilate carne contro carne e sostano per circa 4-6 ore; dopo tale periodo il pelo si allenta e tende a staccarsi facilmente. In ogni caso nel successivo trattamento denominato “calcinaio” è possibile completare la fase di depilazione delle pelli. Calcinaio Sinteticamente si può definire il calcinaio come l’operazione che determina l’eliminazione completa dell’epidermide e del pelo e l’apertura ed il rilassamento dell’intreccio fibroso del derma, al fine di aumentarne la reattività e la capacità di assorbimento dei prodotti concianti. L’operazione avviene nello stesso bottale del rinverdimento usando un bagno acquoso a pH alcalino contenente prodotti chimici a base di idrossido di calcio e solfuro di sodio. Il trattamento dura all’incirca 34 ore e successivamente le pelli vengono scaricate in appositi cassoni per essere sottoposte ad una seconda operazione di scarnatura denominata “in trippa” per l’aspetto della pelle che assume in questo stadio. Scarnatura in trippa E’ il processo meccanico che completa l’asportazione del tessuto sottocutaneo dal derma. Si ha quindi la formazione del cosiddetto “carniccio” che deve essere opportunamente smaltito. Si usa la stessa macchina scarnatrice usata per la scarnatura in verde con un processo sostanzialmente identico al caso precedente. Decalcinazione/macerazione 13 Con il processo di decalcinazione viene rimossa dalla pelle gran parte della calce usata nel processo di depilazione e si riduce il rigonfiamento delle pelli portando il pH (che nella fase di calcinaio era superiore a 12) a circa 7,8-8,5 ai cui valori sarà possibile effettuare l’operazione di macerazione. E’ un processo chimico che si effettua in bottali contenti soluzione acquosa (debolmente acida) in cui vengono usati prodotti chimici decalcinanti, generalmente sali solforici tamponati come solfato di ammonio e bisolfito di ammonio. La macerazione avviene nello stesso bottale della decalcinazione e consente, tramite l’utilizzo di enzimi, una ulteriore apertura delle fibre del collagene per predisporre meglio le pelli alla concia. 1.2.4 Operazioni di concia Piclaggio Dopo la decalcinazione le pelli si presentano con un pH leggermente alcalino (pH circa 8,5), ma quasi tutte le concie richiedono pelli moderatamente acide. Dunque il piclaggio viene effettuato per ridurre il pH della pelle e portarlo ad un valore (2-3) adatto a consentire la penetrazione del materiale conciante. I prodotti chimici impiegati in questa fase sono il sale (cloruro di sodio) e gli acidi, generalmente si usa una miscela di acido solforico e di acido formico. Le pelli restano a contatto con il bagno di piclaggio, nel bottale, per circa 16 ore che è il tempo necessario per ottenere un pH nel bagno pari a circa 2-3. A questo punto è possibile iniziare le fase di concia vera e propria. Concia al cromo La concia vera a e propria consiste nella impregnazione della pelle con sostanze chimiche che si fissano irreversibilmente alle fibre di collagene e ne impediscono la putrefazione,nsenza alterare la morbidezza, la flessibilità e la struttura fibrosa originaria. La concia al cromo, che è il sistema più utilizzato al mondo, conferisce alla pelle un elevato grado di stabilità. 14 Nello stesso bagno di piclaggio si usa un agente a base di cromo trivalente e precisamente il solfato basico di cromo, così si ha la penetrazione del conciante lungo tutto lo spessore della pelle; poi innalzando il pH con opportuni prodotti denominati “basificanti” si ottiene la fissazione del conciante. Alla fine dell’operazione le pelli conciate vengono scaricate dal bottale ed impilate su pedana. Le pelli wet-blue vengono poi fatte sostare per la cosiddetta fase di maturazione consentendo il completamento della fissazione del conciante. La pelle wet-blue non è putrescibile pertanto tale semilavorato consente un facile stoccaggio delle pelli ed un facile trasporto senza problemi di tempo e di temperatura. Concia al vegetale In questo caso l’agente conciante è costituito prevalentemente da tannini naturali, cioè composti di tipo fenolico ad alto peso molecolare. La concia avviene spostando la pelle in vasche in cui è presente una concentrazione crescente di estratti tanninici. A seconda della miscela di tannini che viene usata si possono ottenere cuoi di diverse caratteristiche. 1.2.5 Dal wet-blue al crust: operazioni di post concia Pressatura e rasatura La pressatura è un’operazione meccanica che serve a ridurre il contenuto d’acqua presente nelle pelli conciate. Per quest’operazione si usa la pressa rotativa a feltri. La rasatura è un’operazione meccanica con lo scopo di uniformare lo spessore della pelle; le pelli rasate vengono successivamente pesate in quanto nelle fasi di riconcia, tintura e ingrasso, l’aggiunta dell’acqua e dei prodotti chimici viene riferita al cosiddetto “peso rasato”. 15 Neutralizzazione La neutralizzazione è un processo che avviene in bottali con una soluzione acquosa di prodotti debolmente alcalini come acetato di sodio e bicarbonato di sodio; in questo modo le pelli vengono portate ad un valore di pH ideale per i successivi processi di riconcia, tintura ed ingrasso. Riconcia-Tintura-Ingrasso La riconcia, la tintura e l’ingrasso sono dei processi di tipo chimico che avvengono nello stesso bottale con una durata totale pari a circa 9 ore. La riconcia viene effettuata per migliorare la qualità del prodotto finale dando consistenza e pienezza ai cuoi. Si possono usare prodotti chimici di vario tipo e precisamente: sali minerali, riconcianti vegetali, tannini sintetici, riconcianti polimerici. La tintura è un’operazione che ha valenza puramente estetica, serve a conferire alla pelle il colore desiderato. Si effettua in bottale con una rotazione a velocità elevata, i coloranti usati generalmente sono di tipo anionico e si usa anche dell’acido, in genere formico, che contribuisce all’esaurimento del bagno ed a fissare il colorante sulla pelle. L’ingrasso viene eseguito per lubrificare le fibre dermiche onde evitarne l’incollaggio e per conferire pienezza e morbidezza all’articolo finito. Si usano grassi animali e vegetali, grassi sintetici vari (paraffine solfoclorurate, esteri sintetici di acidi grassi , etc.), ingrassanti polimerici. Messa a vento ed essiccazione Questa operazione permette di eliminare una gran quantità d’acqua dalle pelli. Si usa un’apposita macchina (macchina a ritenere); dopo la messa a vento le pelli contengono ancora un’elevata percentuale di acqua pari al 60-70%. Pertanto è necessario sottoporle a un processo di essiccazione durante il quale le pelli vengono poste per alcune ore a temperatura moderata in un tunnel dotato di 16 trasporto a barre, in modo da portare l’umidità interna delle pelli a valori molto più bassi (10-20%). Umidificazione Si tratta di idratare la struttura fibrosa della pelle essiccata, mediante spruzzatura di acqua in superficie in modo da ottenere una pelle contenente il 20-25% di acqua. Palissonatura ed inchiodaggio E’ un’operazione meccanica che conferisce morbidezza alle pelli. Il trattamento viene effettuato con un palissone che consente una energetica stiratura della pelle in tutte le direzioni. In questo modo le fibre che si erano indurite ed incollate in seguito all’evaporazione dell’acqua, riacquistano morbidezza ed elasticità. Dopo la palissonatura, per aumentare al massimo la superficie della pelle, approfittando anche dello scollamento delle fibre a questo stadio, le pelli subiscono un ulteriore trattamento di inchiodaggio. Questo consente di distendere le pelli sotto tensione su un telaio a pinze inserito in un tunnel di aria calda. L’umidità finale della pelle sarà pari al 15-16%, dopo queste operazioni la pelle avrà una stabilità dimensionale che le permetterà di affrontare le operazioni di rifinizione. 1.2.6 Trasformazione della “pelle in crust” in cuoio finito: la rifinizione. La pelle tinta, ingrassata ed essiccata necessita di ulteriori trattamenti prima di poter essere utilizzata per la produzione dei vari articoli finiti. Questi trattamenti vengono realizzati nel reparto di rifinizione in cui si effettuano operazioni meccaniche ed operazioni di ricoprimento atte a modificare e migliorare l’aspetto superficiale delle pelli. Si mira quindi a migliorare non solo l’aspetto estetico delle pelli ma anche ad aumentarne la resistenza agli agenti esterni ed all’usura. La rifinizione consiste nell’applicazione sulla superficie del cuoio di sostanze chimiche di varia natura, le quali una volta asciugate formano un film superficiale 17 più o meno trasparente, elastico o duro a seconda del tipo di rifinizione usato in base alla destinazione d’uso del prodotto finito. Ci sono varie tecnologie di applicazione della rifinizione (a velo, a rullo, transfer, a spruzzo etc.), ma la più frequentemente usata è quella a spruzzo con aria compressa. Le pelli ricevono i prodotti tramite pistole montate su una giostra rotante e successivamente entrano in un tunnel di essiccazione dove i prodotti sono definitivamente fissati. I prodotti chimici usati in rifinizione quali pigmenti, coloranti, plastificanti, caseina, resine impiegano come veicolante dispersioni acquose (emulsione di prodotti in acqua) e solventi organici (emulsione di prodotti in fase solvente). Fondo Il fondo consiste nell’applicazione mediante impianto a spruzzo di prodotti chimici (leganti naturali e sintetici, cere, pigmenti etc.) che servono a chiudere la superficie del cuoio ed ad assicurare l’ancoraggio dello strato di rifinizione nel suo insieme. Feltratura La feltratura è effettuata con una macchina il cui “rullo pulitore” effettua sia una leggera abrasione che un riscaldamento con conseguente lucidatura del fiore della pelle. Si ottiene in questo modo un fiore con pori chiusi e lisci. Copertura Applicazione di prodotti chimici (anilina, semianilina, pigmentato etc.) che coprono i difetti della pelle, ne uniformano la superficie e ne conferiscono corposità. Lissatura 18 E’ la lucidatura della superficie delle pelli che avviene usando una macchina chiamata lissa. Stiratura La stiratura si effettua con la pressa a stirare; si migliora l’adesione e l’ancoraggio delle sostanze applicate in rifinizione e le pelli risultano più lucide e gradevoli al tatto dopo la stiratura. Scelta finale e misurazione Dopo la rifinizione le pelli vengono selezionate e classificate in base alla qualità e alla diversa commercializzazione. L’ultima operazione da effettuare prima di inviare le pelli in magazzino è la misurazione della superficie delle stesse. La misurazione avviene ad opera di una macchina misuratrice che esprime la misura oltre che in metri quadrati anche in piedi quadrati inglesi dove 1 piede quadrato equivale a 30,48 cm x 30,48 cm pari a 9,29 dm2. 1.3 Ruolo dell’industria conciaria in ambito REACH. L’introduzione del regolamento REACH (regolamento 1907/2006) ha interessato molteplici realtà produttive tra cui l’industria conciaria. A causa dell’importanza del settore conciario italiano, che da decenni è un settore di eccellenza del made in Italy ed è da sempre leader per qualità, fantasia ed originalità, c’è stato un notevole interesse del settore agli sviluppi del REACH sia dal punto di vista tecnico che economico. Dal punto di vista tecnico si cerca di produrre un prodotto migliore rispettando tutte le norme e le sostanze utilizzabili nei vari processi di produzione, dal punto di vista economico si cerca di ovviare al problema che sottostare al regolamento REACH potrebbe imporre un aumento dei costi e quindi una minore competitività economica del prodotto europeo ed italiano rispetto a quello extraeuropeo che non deve sottostare a tale regolamento. 19 Per prima cosa è necessario capire come si pone l’industria conciaria nei confronti del regolamento REACH. Ai sensi REACH l’industria conciaria riveste il ruolo di: a) Utilizzatore a valle (uso di sostanze chimiche per realizzare gli articoli) b) Importatore di articoli (pelli grezze, piclate, wet-blue e crust) c) Produttore di articoli (cuoio) 1.3.1 Ruolo come utilizzatore a valle (downstream user) La conceria si pone come utilizzatore a valle ai sensi REACH in quanto utilizza sostanze chimiche per produrre il cuoio. In quanto utilizzatore a valle deve ottemperare ad alcuni obblighi disciplinati dal titolo V del REACH, che comprende gli articoli 37, 38 e 39; inoltre deve adempiere a quanto sancito dagli articoli dal 31 al 36 che compongono il titolo IV e disciplinano lo scambio di informazioni lungo la catena di approvvigionamento. Inoltre ci si deve assicurare che tutti i prodotti utilizzati siano registrati per l’uso conciario previsto, ciò allo scopo di garantire la continuità dell’approvvigionamento. Infatti le responsabilità relative all’uso in sicurezza di una sostanza non sono del produttore, ma di tutti gli attori della catena di approvvigionamento. In generale si può affermare che il ruolo degli utilizzatori a valle relativamente al REACH consiste: a. trasmettere informazioni lungo la filiera sia a monte che a valle b. valutare la sicurezza chimica e individuare, applicare e raccomandare misure di riduzione dei rischi. Ne consegue, quindi che un adempimento fondamentale del conciatore in qualità di Utilizzatore a valle è quello di : verificare che il proprio uso di una sostanza sia contemplato nelle Schede Dati di Sicurezza (SDS) inviate dal fornitore; 20 applicare le stesse condizioni descritte nella SDS o nello scenario adottando le misure di gestione del rischio. Inoltre per quanto riguarda l’uso di sostanze sottoposte ad autorizzazione il regolamento REACH afferma: gli utilizzatori a valle che utilizzano una sostanza a norma dell’articolo 56, paragrafo 2 ne danno notifica all’Agenzia entro 3 mesi dalla prima fornitura della sostanza (art.66, par.1) l’Agenzia compila e tiene aggiornato un registro degli utilizzatori a valle che hanno proceduto alla notifica di cui al paragrafo 1. L’Agenzia accorda alle autorità competenti degli stati membri l’accesso a tale registro (art.66, par.2) Considerando l’elevato numero di sostanze usate nel processo conciario, gli adempimenti previsti come Utilizzatore a valle richiedono un’organizzazione ed una competenza specialistica notevole, che generalmente solo le maggiori industrie vantano al loro interno. Prima di passare al ruolo di importatore e produttore di articoli è necessario introdurre il concetto di sostanza SVHC. 1.3.2 Le sostanze SVHC Il regolamento REACH ha identificato una serie di sostanze estremamente preoccupanti (Substances of Very High Concern, SVHC) inserendole in una lista redatta dall’ECHA in continuo aggiornamento. Non tutte le sostanze che presentano pericoli per l’uomo e l’ambiente (sostanze pericolose) sono considerate “estremamente preoccupanti”. L’articolo 57 del regolamento REACH identifica come sostanze estremamente preoccupanti le: sostanze che rispondono ai criteri di classificazione come sostanze cancerogene o mutagene o tossiche per la riproduzione (CMR), di categorie 21 1A o 1B, a norma del regolamento CLP - art.57 lettere a, b, c del regolamento REACH; sostanze persistenti, bioaccumulabili e tossiche (PBT), o molto persistenti e molto bioaccumulabili (vPvB) secondo i criteri stabiliti nell’allegato XIII del regolamento REACH – art.57 lettere d, e; sostanze, identificate in base ad una valutazione caso per caso, per le quali esiste l’evidenza scientifica di probabili effetti gravi per la salute umana o per l’ambiente, come gli interferenti endocrini (art.57 lettera f). L’identificazione di una sostanza come estremamente preoccupante viene effettuata dall’Agenzia Europea per le sostanze chimiche (ECHA) sulla base di un fascicolo, conforme all’allegato XV del regolamento REACH, presentato da uno Stato membro o dall’ECHA stessa, su richiesta della Commissione Europea. L’intenzione di proporre un fascicolo per l’identificazione di una delle sostanze come SVHC viene resa pubblica attraverso il Registro delle Intenzioni (RoI), in modo da fornire in tempo utile le informazioni necessarie all’industria e agli altri soggetti interessati. Una sostanza una volta identificata come estremamente preoccupante, è inclusa nella Lista delle sostanze candidate all’autorizzazione (“Candidate List”of Substances of Very High Concern for Authorisation). La lista delle sostanze candidate all’autorizzazione viene pubblicata ed aggiornata sul sito web dell’ECHA non appena è stata assunta una decisione sull’inclusione di una sostanza. Il numero delle sostanze estremamente preoccupanti attualmente contenute in Candidate List è di 138. 1.3.3 Obblighi per l’industria conciaria nei confronti di sostanze SVHC: ruolo di importatore di articoli Generalmente le concerie italiane acquistano dal mercato sia europeo che extraeuropeo pelli grezze, oppure pelli semilavorate che possono essere pelli piclate, o pelli già conciate come le wet-blue che sono state conciate al cromo o 22 le pelli in crust che oltre all’operazione di concia hanno subito anche operazioni di riconcia, di tintura ed ingrasso. Le pelli acquistate a tali stadi necessitano di ulteriori fasi di lavorazione per poter essere rivendute come articolo finito. Le concerie risultano essere ai sensi REACH degli importatori (nel caso di acquisto da paesi extraeuropei) di articoli a rilascio non intenzionale. Un articolo è un oggetto a cui sono dati durante la produzione una forma, una superficie o un disegno particolari che ne determinano la funzione in misura maggiore della sua composizione chimica; si parla di rilascio non intenzionale quando l’articolo non è prodotto con l’intento di rilasciare alcuna sostanza chimica, tuttavia durante il suo ciclo di vita, che comprende l’uso, la manutenzione e lo smaltimento, può dar luogo ad un rilascio di sostanze. In generale è possibile asserire che le disposizioni del REACH relative alle sostanze contenute negli articoli a rilascio non intenzionale riguardano principalmente l’Autorizzazione e la Restrizione. L’autorizzazione è regolamentata dal titolo VII, articoli da 55 a 66 e prevede l’inclusione di una serie di sostanze SVHC nell’allegato XIV. La produzione, l’importazione e l’uso nell’UE di queste sostanze è possibile solo previa autorizzazione da parte dell’ECHA. L’obiettivo del titolo VII è quello di assicurare che i rischi delle SVHC siano controllati e che queste sostanze siano progressivamente sostituite da sostanze o tecnologie alternative nel caso queste sino accettabili economicamente e fattibili tecnicamente (Art.55). Prima di entrare a far parte dell’allegato XIV, le sostanze candidate per essere soggette al’autorizzazione sono elencate nella Candidate List. L’inclusione di una sostanza nella Candidate List fa scattare alcuni obblighi giuridici per le imprese che fabbricano, importano, o utilizzano queste sostanze nell’Unione Europea (UE) e nello Spazio Economico Europeo (SEE) – Islanda, Liechtenstein e Norvegia. L’industria conciaria in quanto produttore o importatore di articoli contenti sostanze in Candidate List in concentrazione ≥ 0,1% peso/peso e in quantità >1 23 ton/anno ha l’obbligo di notificare all’ECHA, entro sei mesi dall’inserimento della sostanza nella Candidate List, che il proprio articolo contiene una sostanza in Candidate List ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2 del REACH. Inoltre ogni produttore o importatore di un articolo che immette sul mercato un articolo contenente sostanze in Candidate List in concentrazione ≥ 0,1% peso/peso deve fornire ai destinatari dell’articolo (utilizzatore industriale o professionale o distributore) il nome della sostanza SVHC contenenti e sufficienti informazioni per consentirne un uso sicuro; su richiesta deve fornire ai consumatori entro 45 giorni dalla richiesta, sufficienti informazioni per consentire un uso sicuro dell’articolo e comprendenti quanto meno il nome della sostanza ai sensi dell’articolo 33 paragrafi 1 e 2. La notifica all’ECHA delle SVHC negli articoli non è necessaria quando: - il produttore o l’importatore di un articolo può escludere l’esposizione di esseri umani e dell’ambiente durante l’uso e lo smaltimento di questo articolo. In tale caso il P/I deve solo fornire informazioni adeguate al destinatario dell’articolo (Art.7.3) - la sostanza è già stata registrata per l’uso in articolo in ambito della stessa catena di approvvigionamento (Art.7.6) E’ opportuno precisare che una sostanza inclusa nella Candidate List non è una sostanza vietata e che, purché siano rispettati gli obblighi di comunicazione, non c’è alcun divieto di produrre o importare gli articoli contenenti tali sostanze. Qualora una sostanza sia inserita nell’allegato XIV del REACH il suo uso sarà soggetto ad autorizzazione ed ogni azienda che intende continuare il suo business utilizzando tale sostanza dovrà richiedere all’ECHA un’autorizzazione per un uso specifico. L’autorizzazione è sempre concessa per un tempo determinato (caso per caso) ed è soggetta a revisione. Come detto in precedenza gli utilizzatori a valle hanno l’obbligo di riferire all’ECHA, mediante il portale REACH-IT, se l’uso della sostanza è fatto nell’ambito di un’autorizzazione concessa ad un attore a monte della catena di approvvigionamento, entro tre mesi dalla prima fornitura della sostanza 24 autorizzata in quanto tale o in quanto componente di un preparato. Sul sito web dell’agenzia è possibile sapere se un attore a monte della catena di approvvigionamento ha fatto domanda di autorizzazione per l’uso dell’utilizzatore a valle. Se ciò non è avvenuto, lo stesso utilizzatore a valle può presentare una domanda di autorizzazione per il proprio uso se costui pensa di poter controllare i rischi associati all’uso che fa della sostanza. Le Restrizioni all’uso non sono una novità introdotta dal regolamento REACH, ma il sistema di restrizioni introdotto dalla direttiva 76/769/CEE è stato trasposto nel regolamento REACH prescindendo dal limite quantitativo di 1 ton/anno. Qualsiasi modifica delle restrizioni adottata a norma della direttiva 76/769/CEE a partire dal 1° giugno 2007 è incorporata nell'allegato XVII con effetto dal 1° giugno 2009. Una restrizione può essere stabilita con procedura rapida, su proposta di uno stato membro o per iniziativa della stessa Commissione. Una sostanza quindi può essere ristretta ad un determinato uso. Nel caso delle concerie che importano pelli semi lavorate da paesi extraeuropei il loro ruolo di importatori di articoli impone di : verificare l’eventuale presenza di sostanze SVHC ; questa verifica può essere effettuata sia tramite richiesta diretta ai fornitori attraverso una politica volta alla selezione o tramite analisi di laboratorio. Nel caso di presenza di SVHC , l’azienda cliente dovrà essere informata della presenza di tale sostanza di cui dovrà essere indicato almeno il nome (art.33) effettuare una notifica all’ECHA nel caso in cui la sostanza sia in concentrazione superiore allo 0,1% e se la quantità complessiva di articolo importato è superiore ad 1 ton/anno verificare l’esistenza di restrizioni all’uso di determinate sostanze come i nonilfenoli, gli azocoloranti che liberano ammine aromatiche e così via. 25 In tabella 1 è riportata una lista di sostanze che possono essere coinvolte nella produzione conciaria, relativamente alle pelli semilavorate di importazione extra UE. “Candidate List” SVHC - Acido borico Sostanze soggette a restrizione - Coloranti azoici che possono sviluppare ammine aromatiche vietate (Allegato XVII - Sodio tetraborato - Cloroalcani, C10-13 REACH punto 43-Reg.552/2009) - Cloroalcani, C10-13, (paraffine clorurate a (paraffine clorurate a catena corta-SCCP) (Allegato XVII Reg. catena corta) REACH Punto 42-Reg.552/2009) “Candidate List” Sostanze SVHC - Composti del cromo VI (es. cromato di sodio) - Pentaclorofenolo (PCP) e i suoi sali ed esteri (Allegato XVII Reg. REACH punto 22 - - Composti del cobalto (es. Reg.552/2009 cobalto cloruro) - Nonilfenolo e nonilfenoli etossilati (Allegato XVII Reg. REACH punto 46 - Reg.552/2009) Tabella 1: Sostanze che potenzialmente possono essere coinvolte nelle pelli semilavorate importate da paesi extra UE. La lista riporta sia le sostanze estremamente preoccupanti (SVHC) elencate nella Candidate List aggiornata al 19 dicembre 2012, sia le sostanze soggette a restrizioni indicate nel regolamento (CE) n.552/2009, che è l’aggiornamento dell’allegato XVII del REACH, e che riguardano in maniera specifica il settore conciario ed il cuoio. Nella tabella seguente sono riportate le sostanze da controllare in base al tipo di pelle importata (pelle piclata, pelle conciata al cromo o in crust). 26 Pelli piclate Pelli Wet-blue Pelli in crust (tinte) Acido borico Acido borico Acido borico Sodio tetraborato Sodio tetraborato Sodio tetraborato Pentaclorofenolo (PCP) Nonilfenolo PCP Nonilfenolo Nolinfenolietossilati Nonilfenolo Nonilfenolietossilati Cromo esavalente Nonilfenolietossilati Cromo esavalente Azocoloranti che liberano ammine aromatiche vietate Cobalto Cloroalcani C10-13 Tabella 2: Pelli semilavorate importate da paesi extra UE e sostanze da verificare in funzione del tipo di pelle Nel caso delle pelli piclate, ossia le pelli non ancora conciate e tinte, è sufficiente verificare la presenza di sostanze SVHC come l’acido borico ed il tetraborato di sodio (borace) usati prevalentemente come battericidi nel processo di conservazione delle pelli, ma usati anche nel processo di decalcinazione e la presenza di alcune sostanze soggette a restrizioni come il PCP (pentaclorofenolo) tempo fa utilizzato come conservante per evitare la formazione di microorganismi ed i nonilfenilietossilati che possono essere usati come tensioattivi nei processi di sgrassaggio, rinverdimento, ingrasso e per il lavaggio dei macchinari delle concerie. Per le pelli in crust, specialmente per quelle tinte, si deve verificare la presenza di ulteriori sostanze come le paraffine clorurate, (SCCP) che possono essere contenute in alcuni ingrassanti e possono essere usate anche per migliorare la solidità alla luce e all’ingiallimento, ma anche coloranti azoici che liberano ammine aromatiche pericolose, il cromo esavalente ed il cobalto che può essere contenuto nei coloranti metallo-complessi. Come è noto l’80-90% delle pelli sono conciate al cromo, con l’uso di solfato basico di cromo che è sottoforma di cromo trivalente (Cr III). Tuttavia in alcuni casi è possibile una parziale trasformazione del “Cromo III” in “Cromo VI” , cosa che può essere evitata usando un processo idoneo, con 27 prodotti riducenti che possano trasformare il Cr(VI) a Cr(III) appena si forma. Nel caso particolare di pelli importate è necessario controllare la presenza di Cr(VI). La verifica della presenza di tali sostanze, come detto in precedenza, può essere effettuata o mediante esplicita richiesta al fornitore o tramite analisi di laboratorio. Esistono dei metodi analitici specifici solo per alcune sostanze, come ad esempio il PCP, gli azocoloranti etc.; invece per sostanze come ad esempio l’acido borico ed il sodio tetraborato, l’identificazione e la successiva quantificazione può avvenire solo in maniera indiretta e cioè verificando, inizialmente, la presenza del boro nella pelle ed esprimendo poi, mediante un calcolo stechiometrico, la quantità di boro riscontrata in acido borico e/o in sodio tetraborato. 1.3.4. Ruolo come produttore d’articoli a rilascio non intenzionale Il ruolo principale del conciatore ai sensi REACH è quello di produttore di articoli a rilascio non intenzionale di sostanza. Questi articoli vengono poi destinati a vari usi, ad esempio pelli finite o cuoio per arredamento, pelletteria, abbigliamento o calzature. Il conciatore in quanto produttore di articoli deve ottemperare agli stessi obblighi degli importatori di articoli da paesi extra UE. Pertanto le azioni da intraprendere devono essere rivolte prevalentemente a: - verificare l’eventuale presenza di sostanze SVHC - in caso di presenza di sostanze SVHC, effettuare la notifica al cliente - in caso di presenza di sostanze SVHC, effettuare la notifica all’ECHA - verificare l’eventuale presenza di sostanze soggette ad ulteriori restrizioni (norme nazionali ed internazionali, marchi ecologici, capitolati del cliente etc.). Nel caso di produzione di articoli la lista delle sostanze SVHC deve essere estesa a tutte le sostanze che possono essere usate in fasi successive del processo di 28 lavorazione, ad esempio le fasi di rifinizione, che la conceria deve effettuare per la realizzazione delle pelli finite. Nei processi di rifinizione il cuoio può essere trattato con sostanze quali ad esempio i plastificanti a base di ftalati, l’1-metil-2-pirrolidone utilizzato come solvente in diversi preparati e il solfocromato di piombo che è usato talvolta come pigmento. A tal riguardo è opportuno sottolineare il fatto che diverse sostanze a base di cromato di piombo come il giallo di piombo solfocromato (Cas 1344-37-2) ed il piombo cromato molibdato solfato rosso (Cas 12656-85-8) sono stati inclusi nel febbraio 2012 nell’allegato XIV (Regolamento n. 125/2012) in qualità di sostanze soggette ad autorizzazione. 29 CAPITOLO II 30 2.1 SVHC nel settore conciario 2.1.1. Derivati del boro e ftalati La conoscenza dei processi che portano alla produzione del cuoio possono favorire la gestione della verifica delle sostanze che sono in Candidate List, in Autorizzazione e Restrizione. Di seguito una lista completa di sostanze SVHC che riguardano il settore conciario: Substance name EC number CAS number Date of inclusion Reason for inclusion Acido borico 233-139-2, 10043-35-3, 18/06/2010 Tossico per 234-343-4 11113-50-1 la riproduzione (Art.57 c) Tetraborato di 235-541-3 12267-73-1 18/06/2010 sodio forma idrata Tossico per la riproduzione (Art.57 c) Tetraborato di 215-540-4 1303-96-4, 18/06/2010 Tossico per sodio forma 1330-43-4, la riproduzione anidra 12179-04-3 (Art.57 c) Cloroalcani C10-13 287-476-5 85535-84-8 28/10/2008 PBT e vPvB (Art.57d ,57e) Composti del Cromo VI, es. -Cromato di 231-889-5 7775-11-3 18/06/2010 Sodio -Cromato di CMR (Art.57a 57b, 57c) 232-140-5 7789-00-6 18/06/2010 potassio Cancerogeno e mutageno (Art.57 a, 57b) Composti del cobalto, es. cloruro di cobalto 231-589-4 7646-79-9 20/06/2011 Cancerogeno e tossico 28/10/2008 per la riproduzione (Art.57 a,57c) 31 Ftalati es. -DEHP 204-211-0 117-81-7 28/10/2008 -BBP 201-622-7 85-68-7 28/10/2008 Tossici per la -DBP 201-557-4 84-74-2 28/10/2008 riproduzione (Art.57c) -DIPP 210-088-4 605-50-5 19/12/2012 1-metil-2- 212-828-1 872-50-4 20/06/2011 pirrolidone Tossico per la riproduzione(Art.57c) Tabella 3: Sostanze SVHC che potenzialmente possono essere coinvolte nella produzione di pelli finite 2.2 I derivati del boro Recentemente (Regolamento UE 790/2009), acido borico e borati sono stati classificati come Reprotossico di categoria 2 (opp. 1B), con la conseguenza che essi ricadono nel campo di applicazioni delle misure di riduzione del rischio previste dal Regolamento REACH. In particolare, Acido Borico, Tetraborato di sodio anidro e Tetraborato di sodio idrato soddisfano i criteri per la definizione di sostanze ad alto rischio (SVHC – Substance of Very High Concern Art.57(c) del REACH). A partire dal 18 giugno 2010, Acido Borico (EC: 233-139-2; EC 234-343-4); Tetraborato di sodio anidro (EC: 215-540-4); Tetraborato di sodio idrato (EC:235-541-3) sono stati inseriti dall’ECHA nella Candidate List di SVHC. 2.2.1 Il Boro Il boro è un elemento relativamente scarso in natura (meno di 10 ppm nella crosta terrestre e circa 5 ppm nelle acque marine), ma si trova concentrato in depositi superficiali in combinazione con ossigeno ed altri elementi sottoforma di acido borico o sali organici generalmente indicati come “borati”. Noto fin dall'antichità sotto forma di borace, venne isolato come elemento impuro per la prima volta nel 1808 e fu ottenuto allo stato puro solo circa un secolo più tardi. 32 2.2.2 L’acido borico L’acido borico, H3BO3, è presente in natura come minerale in maniera ubiquitaria in quanto ricorre nelle acque, nella frutta, nei vegetali, nei cereali e costituisce un nutriente essenziale per le piante e per diversi organismi. Si presenta sotto forma di cristalli lamellari incolori come mostrato in figura 5. Figura 5: Cristalli lamellari di acido borico Formula dell’acido borico E’ caratterizzato da una bassa solubilità in acqua a temperatura ambiente, ma si dissolve rapidamente in acqua ad alte temperature, in alcol e glicerina. A temperatura superiore a 100°C, l’acido borico perde gradualmente acqua formando acido metaborico (HBO2); per ulteriore riscaldamento forma triossido di boro (B2O3), di cui la forma cristallina fonde a 450°C. A temperature superiori a 300°C si trasforma in acido tetraborico (anche noto come acido piroborico H4B4O7). Il composto è prodotto principalmente a partire da diversi borati naturali, per reazione con acido solforico in soluzione acquosa. 33 Nome sostanza (ESIS) Acido Borico Formula molecolare H3BO3 Peso molecolare 61,83 g/mol Stato fisico solido bianco cristallino inodore (T20°C, 101.3kPa) Punto di fusione 168-170°C Punto di ebollizione 300°C Densità 1.435 mg/L (T 15°C) Solubilità in acqua 47200 mg/L (T 20°C) pH 6,1 a 0,1 w/W a 20°C Tabella 4: Caratteristiche tecniche di H3BO3 Nella tabella 4 sono riportate le principali caratteristiche tecniche di H3BO3 (Fonte Ministero dell’Ambiente, database DESC - Database Ecotossicologici sulle Sostanze Chimiche) 2.2.3 Tetraborato di sodio e tetraborato di sodio idrato Il borace (Na2B4O7·10H2O, sodio borato o sodio tetraborato decaidrato), anticamente noto col nome di tinkal o borace veneziano, è un importante composto del boro. È un cristallo morbido bianco, che si dissolve facilmente nell’acqua dando una reazione acida. Se lasciato esposto all’aria secca, perde lentamente l’acqua di idratazione e diventa una sostanza gessosa bianca. Il borace venduto commercialmente è di solito completamente disidratato. Il tetraborato di sodio anidro presenta formula chimica Na2B4O7. Quando il tetraborato di sodio decaidrato è riscaldato (in uno spazio aperto) a temperatura superiore a circa 62°C, perde gradualmente acqua di cristallizzazione, formando prima il pentaidrato, Na2B4O·5H2O, e con ulteriore riscaldamento, forma tetraborato di sodio anidro, Na2B4O7, il cui cristallo scioglie a 742°C. Le due forme idrate non fondono come tali. 34 L’eptaossido di tetraboro e di sodio idrato Na2B4O7·xH2O forma gli stessi composti in soluzione acquosa del tetraborato di sodio anidro. La soluzione acquosa del borace ha reazione alcalina (pH della soluzione 0.1 % = 9.2) e il pH varia poco con temperatura e concentrazione per cui esso costituisce un eccellente prodotto per soluzioni tampone. Il tetraborato di sodio ha varie applicazioni: nell’industria inorganica viene impiegato per la fabbricazione di acido borico raffinato se decomposto da acidi, e diversi borati di cui in particolare il perborato di sodio con H2O2, il metaborato con NaOH, il NaF con il fluoroborato. Le principali caratteristiche tecniche del tetraborato di sodio anidro sono riportate in tabella 5. Nome sostanza Sodio tetraborato anidro Formula molecolare Na2B4O7 Peso molecolare 237.25 g/mol Stato fisico solido bianco cristallino inodore (20°C, 101.3 kPa) Punto di fusione 742,5°C Punto di ebollizione 1575°C Densità 2,37 mg/L Solubilità in acqua 47,1g/L a 20°C pH 9,2 a 47,1g/L e 20°C (costante su ampio range di concentrazione) Costante di dissociazione pKa = 9 (T 25°C) (acido borico in soluzioni diluite B 0,025M) Granulometria d50 = 210-850 m (forma granulare o polvere) Tabella 5: Principali caratteristiche tecniche di Na2B4O7 35 2.2.4 Uso dell’acido borico e derivati nell’industria conciaria L’acido borico, il tetraborato di sodio anidro e tetraborato di sodio idrato vengono usati con le stesse applicazioni nel processo conciario per le seguenti proprietà: 1. conservante per le pelli (biocida), 2. decalcinante, 3. neutralizzante per la concia, 4. sbiancante, 5. coadiuvante nella tintura. La base tecnico - scientifica di dette applicazioni è offerta dalle speciali proprietà di questi prodotti: in virtù delle loro azioni di battericidi, fungicidi e disinfettanti possono essere usati nel processo di conservazione delle pelli senza mai poter danneggiare la fibra. Possono servire benissimo da neutralizzanti, in tal caso non alterano in alcun modo la pelle anche se, per errore, sono usati in eccesso. La loro azione che non si limita alla superficie della pelle ma penetra attraverso i pori negli strati interni, è blanda e nello stesso tempo assoluta e definitiva. In genere l’uso appropriato dell’acido borico e del borace specie nella lavorazione delle pelli delicate, facilita la produzione di merce a grana molto morbida e più pulita. Il borace ha inoltre il grande vantaggio di rendere meno dura l’acqua, eliminando così uno dei più gravi inconvenienti che nelle operazioni di concia di possono verificare, cioè la precipitazione di sali calcarei che si depositano sulla superficie della pelle, ne otturano i pori e rendono tutte le operazioni meno efficaci, meno regolari e più lunghe e costose. Salatura La salatura che si applica sulle pelli freschi per conservarle, viene gradualmente migliorata se al sale fresco si aggiunge dal 3 al 5% di borace. I due prodotti in polvere devono essere ben miscelati ed applicati dalla parte della carne. Il borace ha due effetti utilissimi: per la sua proprietà antisettica riduce sensibilmente la quantità di sale necessaria; sostituisce poi i comuni denaturanti del sale stesso, che possono danneggiare o sporcare le pelli. In pratica, la possibilità di 36 diminuire la quantità di sale rende le pelli meno dure e più facili al rammollimento. Bagni di rinverdimento L’aggiunta di borace al bagno di rinverdimento dà ottimi risultati, perché corregge la durezza dell’acqua; con la sua blanda ma sensibile alcalinità, emulsiona e saponifica i grassi e favorisce l’allontanamento dei grumi di sangue e croste. Inoltre con la sua azione antisettica, impedisce l’inizio della putrefazione . Decalcinazione Il procedimento ottiene due obiettivi : 1) eliminare la calce ancora presente sulle fibre come residuo delle lavorazioni precedenti; 2) portare il pH da 12,5 fino ad un valore di 7,5–8,5 che rappresenta il pH ottimale per l’azione enzimatica nella macerazione. Il calcio, presente nella pelle in trippa, si trova sia nella forma legata (a formare collagenato di calcio) che nella forma non legata (come ione Ca2+ ); una quantità minore sarà rappresentata da Ca(OH)2 non dissociato nella soluzione interna. Questo metallo deve essere eliminato quasi totalmente; infatti, forma dei sali poco solubili con molti anioni e questo induce la precipitazione di alcuni coloranti ed ingrassanti sulla superficie, creando macchie. Inoltre all’interno delle fibre ne ostacola lo scorrimento provocando la così detta gessatura delle pelli. Abbassando o innalzando il pH è possibile far regredire il processo di gonfiamento delle pelli, richiamando dalla pelle l’acqua prima assorbita. In teoria, tutti gli acidi ed i sali a reazione acida, formando composti solubili col 37 calcio, hanno azione decalcinante. L’operazione può dunque essere condotta con acidi forti ed acidi deboli, sali a reazione acida, e anidride carbonica. Gli acidi deboli come l’acido formico, acetico o borico consentono una sicurezza maggiore e la possibilità di una precisione inferiore nelle pesate. L’acido borico neutralizza la calce ed in soluzione forma borato di calcio il quale è solubile in acqua. Rispetto all’acido formico che è più economico, l’acido borico ha il vantaggio di non intaccare minimamente la pelle, mentre l’acido formico se usato più concentrato rende la pelle dura e fragile. Con gli acidi deboli però non si ha la certezza di decalcinare totalmente la pelle, per eliminare la calce legata alla pelle è necessario usare un acido con una costante di acidità Ka maggiore di quella dell’acido borico ( Ka = 10-7 ). Neutralizzazione dei bagni rinforzati di concia vegetale Il borace può essere impiegato per la neutralizzazione dei bagni di estratti tannici usati e rinforzati. Gli estratti preparati contengono tutti bisolfito, che con l’andare del tempo rende i bagni di concia acidi per acido solforico. In tali condizioni il processo di concia avviene male, le pelli rischiano di essere troppo gonfie e sono facilmente intaccate. L’uso del borace rappresenta quindi un modo per neutralizzare l’acidità in eccesso contenuta nei bagni di concia vegetale rinforzati, ed il suo uso provoca due vantaggi: essendo il borace un acido debole, la neutralizzazione avviene con una reazione blanda e quindi non si ha alcuna alterazione del bagno stesso; inoltre nella reazione si libera acido borico che, con la sua azione disinfettante, evita l’eventuale fermentazione dei bagni di concia vegetale rinforzata. 38 Neutralizzazione post concia al cromo Dopo la concia al cromo è necessario portare le pelli ad un valore di pH ideale per i successivi processi di riconcia, tintura ed ingrasso. Ciò avviene in bottali e si può utilizzare sodio tetraborato (borace) che sciolto in acqua si idrolizza in una miscela equimolare di acido borico H3BO3 e borato biacido di sodio NaH2BO3. Sbianca delle pelli Il lavaggio con il borace conferisce alle pelli conciate, un colore uniforme e chiarissimo quasi bianco e l’effetto è stabile. L’uso di acidi più forti rende la pelle di tono chiaro, ma per esposizione all’aria il colore scurisce e diventa facilmente macchiata. Rifinizione del cuoio: solubilizzazione dei pigmenti caseinici Nei pigmenti caseinici la caseina viene resa solubile in acqua mediante un trattamento alcalino con ammoniaca oppure borace. La caseina esplica l’azione di colloide protettore nei confronti dei pigmenti e li rende solubili in acqua. Essendo una sostanza proteica, essa è sensibile all’azione batterica; pertanto può subire una degradazione veloce, soprattutto in condizioni climatiche calde. Per evitare la sua decomposizione vengono aggiunti agenti battericidi. Diverse dichiarazioni dei fornitori di prodotti chimici affermano che il sodio tetraborato (Borace), è presente in diversi preparati a base di pigmenti in una concentrazione che può variare da un minimo di 0,26% ad un massimo di 0,58%. 39 2.3 I requisiti ecotossicologici del cuoio A partire da fine anni ’90 si è diffusa sempre più la necessità di produrre secondo dei requisiti che garantissero non solo la qualità del prodotto ma anche il rispetto dell’ambiente. Attualmente nella produzione degli articoli in cuoio il rispetto dei requisiti ecotossicologici, sia commercializzazione durante del il prodotto processo finito, produttivo rappresenta una che nella condizione fondamentale per la conformità delle norme relative alla sicurezza generale ed alla tutela del consumatore. A tal proposito la conformità ai criteri ecotossicologici del cuoio deve essere assicurata non solo attraverso il rispetto delle legislazioni preposte, come ad esempio il REACH, ma anche attraverso il rispetto dei limiti imposti da altre regolamentazioni a carattere volontario e talvolta di natura privata (es. norme tecniche, marchi ecologici, capitolati tecnici e/o specifiche del cliente). Ad esempio la Norma UNI 10594-aprile 2010 concernente “Le caratteristiche dei cuoi destinati all’industria calzaturiera”, riporta fra i requisiti essenziali del cuoio anche alcuni parametri tossicologici legati all’analisi del cromo VI, coloranti azoici, formaldeide libera, pentaclorofenolo e tetraclorofenolo. Inoltre sono stati creati vari marchi ecologici come ad esempio l’Ecolabel per calzature ed il marchio Oëko-Tex Standard 100 che prevedono ulteriori criteri ecologici come ad esempio la valutazione dei metalli pesanti senza però considerare l’eventuale presenza del boro e suoi derivati. 40 2.3.1 L’OËKO–TEX® Standard 100 L’OËKO-TEX® Standard 100 è un sistema di controllo e certificazione indipendente per tutto il mondo tessile dalle materie prime, ai semilavorati e ai prodotti finiti in tutte le fasi di lavorazione. I test sulle sostanze nocive includono : - sostanze vietate per legge - sostanze il cui uso è regolamentato dalla legge - sostanze chimiche notoriamente nocive per la salute ma non ancora regolamentate per legge - parametri per la salvaguardia della salute. Nelle tabelle 6, 7 e 8 si riportano i requisiti eco tossicologici e prestazionali previsti da questo tipo di etichetta ecologica molto diffusa anche per gli articoli in cuoio. 41 Tabella 6: Oëko-Tex 100 – Valori limite e solidità, parte 1 I II III IV Bambino a diretto senza Materiali da contatto con contatto con decorazione la pelle la pelle 4.0 – 7.5 4.0 – 7.5 4.0 – 9.0 4.0 – 9.0 n.d.2 75 300 300 Sb (Antimonio) 30.0 30.0 30.0 As (Arsenico) 0.2 1.0 1.0 Pb (Piombo) 0.2 1.03 1.03 1.03 Cd (Cadmio) 0,1 0,1 0,1 0,1 Cr (Cromo) 1.0 2.0 2.0 2.04 Classe di prodotto Valori di pH Formaldeide [mg/kg] legge 112 Metalli estraibili [mg/kg] Cr (VI) sotto il limite di rilevabilità5 Co (Cobalto) 1.0 4.0 4.0 4.0 Cu (Rame) 25.06 50.06 50.06 50.06 Ni (Nichel)7 0.5 1.0 1.0 1.0 Hg (Mercurio) 0.02 0.02 0.02 0.02 Pb (Piombo) 90.0 90.03 90.03 90.03 Cd (Cadmio) 50.0 100.03 100.03 100.03 0.5 1.0 1.0 1.0 Pentaclorofenolo(PCP) 0.05 0.5 0.5 0.5 Tetraclorofenolo(TeCP),Somma 0.05 0.5 0.5 0.5 Metalli in campioni mineralizzati Pesticidi [mg/kg]9,10 Somma10 Fenoli clorurati [mg/kg]10 1 Eccezioni per i prodotti che devono ancora subire un trattamento a umido: 4.0 – 10-5; per le schiume: 4.0 – 9.0; per i prodotti in pelle di classe IV (ricoperti o laminati): 3.5 -9.0 2 n.d. corrisponde a un’unità di assorbenza inferiore a 0.05 resp. <16 mg/kg, in accordo con il metodo di prova „Japanese Law 112 3 Nessun requisito per gli accessori di vetro 4 Per gli articoli in pelle 10.0 mg/kg 5 Limiti di rilevabilità: per Cr(VI) 0.5 mg/kg, per le arilammine 20 mg/kg, per i coloranti 50 mg/kg 42 6 Nessun requisito per gli accessori costituiti da materiale inorganico 7 Compresi i requisiti della Direttiva 94/27/CE 8 Per tutti gli accessori e i componenti non tessili e anche per le fibre tinte in massa e articoli contenenti pigmenti 9 Solo per fibre naturali 10 Lista delle singole sostanze nell’Appendice 5 Tabella 7: Oëko-Tex 100 – Valori limite e solidità, parte 2 Classe di prodotto I II III IV Bambino a diretto senza contatto Materiali da contatto con la con la pelle decorazione pelle Ftalati [w-%]11 DINP, DNOP, DEHP, DIDP, BBP, DBP, DIBP, DIHP, DHNUP, DHP, DMEP, DPP, Somma 10 Composti organo-stannici [mg/kg] 10 0.1 0.1 0.1 TBT 0.5 1.0 1.0 1.0 TPhT 0.5 1.0 1.0 1.0 DBT 1.0 2.0 2.0 2.0 DOT 1.0 2.0 2.0 2.0 OPP [mg/kg]10 50.0 100.0 100.0 100.0 Arilammine [mg/kg]10,12 nessuna 5 nessuna 5 nessuna 5 nessuna 5 PFOS [μg/m2]10,13 1.0 1.0 1.0 1.0 PFOA [mg/kg]10,13 0.1 0.25 0.25 1.0 SCCP 0.1 0.1 0.1 0.1 0.1 0.1 0.1 0.1 0.1 0.1 0.1 0.1 Altri residui chimici [w-%]10 TCEP [w-%]10 DMFu [mg/kg]10 43 Coloranti Arilammine dissociabili non utilizzati 5 Cancerogeni non utilizzati 5 Allergenici non utilizzati 5 Altri non utilizzati 5 Somma 1.0 1.0 1.0 1.0 Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA)[mg/kg]14 Benzo[a]pirene12,14 0.5 1.0 1.0 1.0 Somma10 5.0 10.0 10.0 10.0 Prodotti biologici attivi nessuno 15 Prodotti ignifughi Generale nessuno 15 PBB, TRIS, TEPA, pentaBDE, octaBDE, DecaBDE, HBCDD , SCCP, TCEP 10 non utilizzati 11 Per articoli ricoperti, stampati plastisol, schiume flessibili e accessori composti di materie plastiche 12 Per tutti gli articoli contenenti poliuretano 13 Per tutti gli articoli con un finissaggio o spalmatura idro e oleo-repellente 14 Per tutte le fibre sintetiche, filati o fili e per i materiali plastici 15 Ad eccezione dei trattamenti accettati da Oeko-Tex® (vedi la lista all’indirizzo internet http://www.oeko-tex.com) 44 Tabella 8: Oëko-Tex 100 – Valori limite e solidità, parte 3 Classe di prodotto I II III IV Bambino a diretto senza contatto Materiali da contatto con la con la pelle decorazione pelle 16,17 Residui di solvente [w-%] NMP 0.1 0.1 0.1 0.1 DMAc 0.1 0.1 0.1 0.1 DMF 0.1 0.1 0.1 0.1 Residui di agenti tensioattivi o agenti imbibenti[mg/kg] OP, NP, Somma 50.0 50.0 50.0 50.0 OP, NP, OP(EO)1-2, NP(EO)1-9 Somma 500.0 500.0 500.0 500.0 All’acqua 3 3 3 3 Al sudore acido 3–4 3–4 3–4 3–4 Al sudore alcalino 3–4 3–4 3–4 3–4 Allo sfregamento a secco 4 4 4 4 Solidità dei colori (scarico) 18-19 Alla saliva e al sudore Solido Emissione di composti volatili [mg/m3]20 Formaldeide [50-00-0] 0.1 0.1 0.1 0.1 Toluene [108-88-3] 0.1 0.1 0.1 0.1 Stirene [100-42-5] 0.005 0.005 0.005 0.005 Vinilcicloesene 0.002 0.002 0.002 0.002 [4994-16-5] 0.03 0.03 0.03 0.03 Butadiene [106-99-0] 0.002 0.002 0.002 0.002 Cloruro di vinile [75-01-4] 0.002 0.002 0.002 0.002 Idrocarburi aromatici 0.3 0.3 0.3 0.3 Composti organici volatili 0.5 0.5 0.5 0.5 [100-40-3] 4-Fenilcicloesene 45 Determinazione dell’odore nessun odore estraneo 21 Generale SNV 195 651 (Modificato)20 3 3 3 3 Fibre vietate Amianto 16 non utilizzato Eccezione per i prodotti che devono ancora subire un trattamento a caldo (ad umido o a secco): 3.0%”. 17 Per fibre, fili e articoli ricoperti, per i quali sono usati solventi in produzione. 18 Nessun requisito per gli articoli destinati al lavaggio. 19 Per pigmenti, coloranti al tino ed allo zolfo, si accetta un valore di solidità allo sfregamento a secco di 3. 20 Per tappeti tessili, materassi, imbottiture ed articoli ricoperti per la maggior parte della loro superficie non utilizzati per abbigliamento. 21 Nessun odore di muffa, di sostanze aromatiche derivanti da processi di cracking, di pesce, di idrocarburi aromatici o profumi. Dall’esame delle tabelle precedentemente riportate risulta evidente che l’analisi del boro e di sodio tetraborato non è richiesta dall’OËKO-TEX®. Quindi norme e capitolati non parlano di boro e suoi derivati, mentre invece ai sensi del regolamento REACH è necessario conoscere la percentuale peso/peso di acido borico, tetraborato di sodio e tetraborato di sodio idrato presente nell’articolo cuoio, tenuto conto che trattasi di sostanze SVHC che possono essere utilizzate in alcune fasi del processo produttivo conciario. 46 2.3.2 Procedura per la determinazione del Boro nelle pelli Per effettuare l’analisi del boro si usa la metodica descritta nella norma UNI EN ISO 17072-2:2011 Cuoio – Determinazione chimica del contenuto di metalli – parte 2: contenuto totale di metallo. Il procedimento si articola in tre fasi: 1 Digestione, nel digestore a microonde, del campione di pelle, circa 0,5 g, con una miscela di acido nitrico (HNO3), acqua ossigenata H2O2 e acido fluoridrico HF in rapporto 8:2:0,5. 2 Dopo mineralizzazione, la soluzione digerita viene trasferita in un matraccio e portata ad un volume noto di 25 ml. 3 Infine si effettua la determinazione del Boro tramite ICP-AES, dopo aver preparato una curva di calibrazione con quattro standard a concentrazione nota preparati da una miscela di standard certificata. 4 Dopo la lettura effettuata mediante ICP-AES espressa in mg/L, si calcola, considerando i grammi pesati di campione di cuoio e i volumi utilizzati, la concentrazione espressa in mg/kg. Apparecchiatura - Mineralizzatore e/o digestore a microonde (MAD) - ICP-AES (Inductively Coupled Plasma Atomic Emission Spectroscopy) 47 Metodo Analitico ICP-AES (Inductively Coupled Plasma Atomic Emission Spectroscopy) La spettroscopia di emissione atomica, spesso indicata con l'acronimo ICP-AES, è una tecnica spettroscopica di emissione utilizzata in analisi chimica. Essa sfrutta la somministrazione di energia relativamente elevata, tanto da provocare la dissociazione in atomi e l'eccitazione di quest'ultimi. In base alla lunghezza d'onda emessa è possibile risalire alla specie incognita, dato che gli spettri di ciascuna sostanza sono caratteristici, mentre misurando l'intensità dell'emissione si può effettuare anche l'analisi quantitativa. L'ICP-AES è il risultato dell'applicazione di un generatore di radiofrequenza su una corrente di gas Argon che sale attraverso un tubo di quarzo posto all'interno di una spirale. Il segnale di radiofrequenza crea un campo magnetico all'interno della spirale, con conseguente corrente circolare nel conduttore (Argon, appunto). Per dare inizio alla scarica ICP-AES viene applicato all'argon una scintilla o un arco voltaico. Questa scarica assorbe energia dal campo magnetico e trasforma l'argon in un plasma stabile la cui temperatura è di 10000K nella base al centro del plasma. Questa tecnica permette il raggiungimento di limiti di rilevabilità molto bassi che vanno da poche unità di µg/L fino a frazioni centesimali di µg /L. Il segnale risulta stabile e altamente riproducibile, con la possibilità di effettuare agevolmente analisi multicomponenti avendosi basse interferenze chimiche. 48 Risultati Da uno screening effettuato su 25 campioni di pelli di diversa provenienza extraeuropea è emersa una non trascurabile presenza di boro. In particolare nella Tabella 9, è riportato un esempio di valori riscontrati in alcune pelli semilavorate (pelle wet-blue e pelle in crust)e su una pelle finita. Parametro Boro totale Tipo di pelle Wet-blue Crust Finita 253 mg/Kg 119 mg/Kg 131 mg/Kg 1443 mg/Kg 678 mg/Kg 750 mg/Kg 2226 mg/Kg 1048 mg/Kg 1158 mg/Kg Boro espresso come H3BO3 Boro espresso come Na2B4O7 .10 H2O Tabella 9: Risultati delle analisi del boro nelle pelli semilavorate e rifinite Da questa tabella si evince che il boro è risultato essere presente in tutti i campioni esaminati. Pertanto il monitoraggio effettuato conferma la necessità di prevedere anche l’analisi del boro per il rispetto dei parametri ecotossicologici previsti nell’ambito della normativa sul cuoio. Infatti esprimendo il valore del boro come acido borico (H 3BO3) e sodio tetraborato decaidrato (Na2B4O7 .10H2O) si ottengono dei valori che risultano essere superiori al valore limite dello 0,1% (1000 mg/Kg) previsto per le sostanze SVHC negli articoli prodotti e/o importati nella Comunità Europea. Naturalmente c’è da precisare che una sostanza inclusa nella Candidate List non è una sostanza il cui uso è vietato: dunque, non c’è alcun divieto di produrre o importare articoli contenenti tali sostanze, purché siano rispettati gli obblighi di comunicazione verso i clienti e di notifica all’ECHA. 49 2.4 Le sostanze SVHC nella rifinizione del cuoio: Ftalati Nel processi di rifinizione delle pelli vengono normalmente utilizzate diverse sostanze di natura polimerica contenenti differenti additivi fra i quali i plastificanti. I plastificanti sono sostanze che aggiunte ad alcuni materiali, quali le materie plastiche, durante il processo di trasformazione di manufatti portano alla formazione di prodotti flessibili, resistenti e facili da maneggiare. La plastificazione può essere effettuata sia in fase di polimerizzazione, introducendo lungo la catena della unità monometriche “flessibilizzanti”, che diminuiscono l’energia necessaria per la rotazione di segmenti della catena (plastificazione interna) o con l’aggiunta di quantità notevoli di additivi chiamati “plastificanti” che diminuiscono le forze d’interazione tra le catene facilitando le rotazioni di segmenti molecolari (plastificazione esterna). La definizione generale di plastificante adottata dalla IUPAC (The Council of the International Union of Pure and Applied Chemistry) nel 1951 è: “Un plastificante è una sostanza o un materiale incorporato in un materiale (generalmente plastica o elastomero) allo scopo di accrescerne la flessibilità, lavorabilità o dilatabilità. Un plastificante può ridurre la viscosità di rammollimento, abbassare la temperatura di transizione del secondo ordine o ridurre il modulo elastico del prodotto”. Questo è dovuto al fatto che le molecole di plastificante si inseriscono tra le catene polimeriche riducendone le forze attrattive intramolecolari e permettendo il mutuo spostamento delle catene del polimero: la loro presenza trasforma così un polimero duro e rigido in un materiale morbido e flessibile. Un buon plastificante deve essere compatibile con il polimero con cui è messo in contatto, cioè non deve tendere a demiscelarsi e a migrare verso la superficie ( fenomeno dell’essudazione). In generale un plastificante di successo deve avere buona compatibilità con il PVC, bassa volatilità per non evaporare durante la vita in opera del manufatto 50 con conseguente aumento della fragilità, bassa solubilità nei mezzi con i quali viene a contatto il prodotto finito e non deve essere un prodotto tossico; deve inoltre essere dotato di una buona stabilità alla luce ed al calore, deve essere inodore ed incolore, non deve presentare interazioni dannose con gli altri componenti della miscela o compromettere le proprietà di utilizzo finale del prodotto all’interno del quale viene impiegato e deve possedere un basso costo. Aggiunto alla miscela si ottiene un composto che presenta delle caratteristiche di lavorabilità più spiccate rispetto al materiale originale con delle importanti differenze nelle grandezze che lo caratterizzano e nelle proprietà meccaniche. Si evidenziano, infatti, una temperatura di transizione vetrosa, Tg, molto più bassa insieme ad una riduzione di durezza e resistenza nonché un aumento della resistenza ad impatto. E’ consuetudine comunque fare un mix di plastificanti diversi per poter ottenere le prestazioni volute. Si è definita una linea generale per quanto riguarda il legame tra la struttura chimica del plastificante e la capacità di plastificazione. Tra le caratteristiche che influenzano questa capacità ci sono: - Peso molecolare. Volatilità , migrazione e capacità plastificante diminuiscono all’aumento del peso molecolare del plastificante. - Polarità. Aumentare la polarità con l’inserimento di gruppi polari sostitutivi di gruppi residenti diminuisce la capacità plastificante, peggiorano le proprietà a bassa temperatura del composto, migliora la resistenza all’estrazione. - Lunghezza catene alchiliche. A parità di concentrazione l’aumento della lunghezza delle catene migliora l’efficienza. - Linearità catene alchiliche. Aumentare la linearità delle catene migliora l’efficienza del plastificante e la flessibilità a bassa temperatura del composto plastificato. 51 Per quanto riguarda i costituenti, esistono diverse possibili classificazioni dei plastificanti. Considerando la diffusione e l’utilizzo pratico, le classi in cui i plastificanti si possono dividere sono: Ftalati (esteri dell’acido ftalico) Adipati (esteri dell’acido adipico) Citrati ( derivano dall’acido citrico) Polimerici ( poliesteri saturi) 2.4.1 Gli ftalati Gli ftalati sono tra i plastificanti più utilizzati grazie alle loro prestazioni tecniche, versatilità e basso costo, infatti in commercio esistono approssimativamente 70 diversi tipi di plastificanti ma l’80% del consumo di tutti i plastificanti ruota intorno a solo 3 di questi( tutti e 3 ftalati) : 1 il DEHP ( di-2-etilesilftalato) 2 il DINP (diisononilftalato) 3 il DIDP (diisodecilftalato) Gli ftalati sono un gruppo di sostanze liquide, incolore ed inodore; sono esteri dell’acido ftalico con alcoli a catena lunga , lineare o ramificata. formula generale degli ftalati 52 DEHP (di-2- etilesilftalato) DINP (diisononilftalato) DIDP (diisodecilftalato) Gli ftalati possono essere preparati a partire da differenti tipi di alcol, il range generalmente usato per le applicazioni con il PVC comprende alcol aventi catena composta da 4 fino a 8 atomi di carbonio. Ftalati prodotti a partire da alcol al di sotto di C4 sono, di solito, troppo volatili, mentre quelli preparati da alcol più grandi di C13 hanno compatibilità limitata col polimero. Acido ftalico ed alcoli sono sostanze derivate dal petrolio, hanno bassa volatilità, sono poco solubili in acqua e non sono persistenti nell’ambiente. Queste sostanze sono conosciute ed utilizzate da molti anni ed il loro impiego nell’industria conciaria avviene in fase di rifinizione, che è un’operazione finale, si migliora l’aspetto e le caratteristiche del pellame donandogli un colore brillante o opaco in funzione della richiesta e/o della destinazione d’uso. In particolare gli ftalati sono usati nella rifinizione a base di nitrocellulosa. 53 I film di nitrocellulosa possiedono elevate proprietà meccaniche ma sono generalmente molto duri, fragili e poco flessibili. L’utilizzo di nitrocellulose nel settore di rifinizione del cuoio richiede pertanto l’aggiunta di plastificanti. La nitrocellulosa è compatibile con un elevato numero di plastificanti che conferiscono da un lato maggior flessibilità al film di rifinizione ma dall’altro comportano minori resistenze chimico-fisiche e minori resistenze all’invecchiamento. I plastificanti tradizionalmente più utilizzati nella realizzazione di lacche nitro o di nitro emulsioni sono comunque gli esteri dell’acido ftalico (dibutilftalato, diottilftalato, diisobutilftalato, 2-etilesilftalato, etc.) che permettono il conferimento di buone elasticità anche a basse temperature e non influiscono negativamente nella resistenza alla luce della nitrocellulosa (che comunque risulta di per sé bassa). L’utilizzo di ftalati permette inoltre che si evitino fenomeni di essudazione o di migrazione. L’utilizzo di tali prodotti comporta però la manipolazione di sostanze altamente tossiche e di elevata pericolosità ambientale. L’uso degli ftalati è regolamentato dal REACH in quanto queste sostanze sono classificate come tossiche per la riproduzione. In particolare alcuni ftalati, DEHP(ftalato di bis(2-etilesile), DBP (ftalato di dibutile), BBT (ftalato di butilbenzile) sono in allegato XVII alla voce 51 e non sono ammessi come sostanze o costituenti di preparati in concentrazione superiore allo 0,1% della massa del materiale plastificato nei giocattoli e negli articoli di puericultura. Sempre nell’ allegato XVII alla voce 52 si trovano il DINP (ftalato di diisononile), il DIDP (ftalato di diisodecile) e il DNOP (ftalato di diottile) che non sono ammessi come sostanze o costituenti di preparati in concentrazioni superiori allo 0,1% della massa del materiale plastificato nei giocattoli e negli articoli di puericultura che potrebbero essere messi in bocca dai bambini. 54 Alcuni ftalati sono presenti nella Candidate List e dunque la loro eventuale presenza in articoli va analizzata per sottostare agli eventuali obblighi di comunicazione ai clienti e notifica all’ECHA. Gli ftalati presenti in Candidate List sono: Numero CAS Data d’inclusione Ftalato di butilbenzile 201-622-7 (BBP) 85-68-7 28/10/2008 Ftalato di bis ( 2etilesile) (DEHP) 204-211-0 117-81-7 28/10/2008 Diisobutilftalato Bis (2-metossietil) ftalato 201-553-2 204-212-6 84-69-5 117-82-8 13/01/2010 19/12/2011 Diisopentilftalato (DIPP) 210-088-4 605-50-5 19/12/2012 [Ftalato (2-)] diossotrilato 273-688-5 69011-06-9 19/12/2012 776297-69-9 19/12/2012 Nome Numero CE N-pentilisopentilftalato Tabella 10: Ftalati presenti in Candidate List 2.4.2 Analisi degli ftalati nel cuoio Per l’analisi degli ftalati nel cuoio si segue la norma UNI/TS 11267: Determinazione dei composti organici semivolatili in campioni di pelle, reflui e rifiuti dell’industria conciaria. Per effettuare quest’analisi si pesa una quantità precisa di campione compresa tra i 5-10 g. avendo cura di miscelarlo con una pari quantità di sodio solfato anidro. Si precede all’estrazione degli ftalati con un estrattore soxhlet, usando l’esano come solvente. Successivamente si allontana il solvente con il rotavapor, si pone l’estratto in una fiala che verrà poi inserita nell’autocampionatore del gascromatografo collegato allo spettrometro di massa. L’analisi qualitativa dei composti è basata sul confronto degli spettri di massa con quelli dei composti presenti all’interno di una banca data di spettri di 55 sostanze organiche, e degli ioni caratteristici delle famiglie di composti da determinare, dopo aver effettuato la sottrazione del background. L’analisi quantitativa viene svolta per i composti ben separati gas cromatograficamente e singolarmente identificabili . Il Metodo Analitico GC/MS (acronimo per GasChromatography/ Mass Spectrometry) è basato sulla combinazione in sequenza della gascromatografia (GC) e della spettrometria di massa su un estratto organico ottenuto dal campione di pelle con sistema Soxhlet. Il GC sfrutta le differenti proprietà delle varie specie chimiche presenti in una miscela gassosa per la loro separazione. Apparecchiatura GC/ MS 56 Schema funzionamento Apparecchiatura GC/ MS Per attuare la separazione, sul gascromatografo vengono di volta in volta installate differenti colonne capillari (a seconda del tipo di sostanza da determinare). Differenti impostazioni della temperatura (programmata o mantenuta costante durante tutto il processo) consentono la riduzione dei tempi di ritenzione delle molecole più pesanti. I singoli componenti della miscela, una volta separati, vengono posti all'interno dello spettrometro di massa, dove vengono sottoposti a ionizzazione e conseguente frammentazione. La spettrometria di massa (MS) rappresenta il sistema rivelatore applicato sui componenti ottenuti mediante separazione cromatografica. Con il Metodo Analitico GC/MS, l'identificazione degli analiti presenti nella miscela 57 sottoposta a gascromatografia viene attuata per confronto dei tempi di ritenzione sperimentali (relativi a ciascuna colonna) con i tempi di ritenzione degli standard di riferimento degli analiti ricercati. Infatti, a ciascun picco dello spettro cromatografico corrisponde una specifica sostanza, identificabile sulla base di uno specifico tempo di ritenzione. L'identificazione degli analiti separati da ciascuna colonna e sottoposti a spettrometria di massa viene attuata anch'essa per confronto, questa volta tra gli spettri ottenuti sperimentalmente dalla frammentazione delle molecole con spettri noti, contenuti in appositi database pubblicati dal NIST (National Institute of Standards and Technology). Infatti, gli analiti appartenenti a famiglie di composti con caratteristiche simili (ad esempio idrocarburi, aldeidi, IPA, etc.) mostrano spettri di massa molto simili e caratterizzati dalla prevalenza degli stessi ioni caratteristici. Questa caratteristica permette la quantificazione di composti di cui non si dispone lo standard, per analogia con composti della stessa famiglia. Da uno screening effettuato su circa 10 campioni di pelli rifinite è emerso che gli ftalati sono presenti in quantità alquanto inferiore allo 0,1% p/p. In particolare a titolo di esempio nella tabella si riportano alcuni valori riscontrati per l’analisi del DINP - ftalato di diisononile - che è una sostanza soggetta a restrizione presente nell’allegato XVII alla voce 52. Campione Metodo di prova Risultato (mg/kg) Pelle rifinita UNI/TS 11267 201 Pelle rifinita UNI/TS 11267 301 Pelle rifinita UNI/TS 11267 211 Tabella 11: Risultati analisi del DINP in pelli rifinite 58 Tuttavia in qualche caso altri laboratori hanno riscontrato, sulle pelli rifinite, valori di DINP di circa 0,5% e quindi superiore ai limiti previsti dalle vigenti restrizioni in ambito REACH. 2.4.3 Potenziali sostituti dei derivati del boro e degli ftalati nel processo conciario Derivati del boro I derivati del boro nell’industria del cuoio vengono utilizzati prevalentemente nella fase di conservazione delle pelli ed in quella di decalcinazione. La possibilità di sostituzione delle sostanze contenenti boro nel processo conciario, in particolare nelle fasi di conservazione e decalcinazione è possibile ma è legata spesso anche all’aumento dei costi di produzione. Infatti nel caso della conservazione delle pelli grezze sono stati proposti dei battericidi alternativi che però presentano dei costi notevolmente più elevati rispetto all’acido borico. I principi attivi di tali prodotti si basano prevalentemente in un caso sul perossimonosolfato di potassio e nell’altro sul percarbonato di sodio. Per quanto riguarda invece i prodotti alternativi da impiegare nella fase di decalcinazione essi sono strettamente legati al loro potere decalcinante e tamponante. Pertanto possono essere utilizzati acidi deboli come ad esempio gli acidi bicarbossilici, l’acido lattico etc., oppure dei sali acidi come ad esempio il solfato di ammonio. Infine per la fase di neutralizzazione delle pelli, dopo la concia al cromo, è possibile l’uso di sali con blanda azione alcalina come il bicarbonato di sodio, l’acetato di sodio etc. 59 Ftalati Nella filiera del cuoio l’uso del PVC, come è stato già detto, è specifico della fase di rifinizione e può essere usato per produzione delle suole delle scarpe, stivali di gomma, scarpe e borse verniciate etc. I sostituti degli ftalati naturalmente non devono compromettere le proprietà meccaniche del PVC e devono rispondere a quattro criteri indispensabili: devono possedere una enorme compatibilità tra plastificante e polimero, devono possedere una efficace azione plastificante, devono mantenere intatte le proprietà plastificanti per tutta la vita del prodotto ed essere stabili termicamente per non essere soggetti a fenomeni di decomposizione. Tra i prodotti naturali dotati di tali caratteristiche ci sono gli oli vegetali ed i loro derivati che sono stati usati nella chimica dei polimeri grazie alla loro natura rinnovabile di anno in anno, alla relativamente facile reperibilità in svariati ambienti geografici, al loro relativo basso costo ed al basso impatto ambientale. I costituenti principali degli oli vegetali sono i trigliceridi (detti anche triacilgliceroli), prodotto di esterificazione della glicerina con tre molecole di acidi grassi: questi ultimi costituiscono il 95% in peso delle molecole dei trigliceridi ed il loro contenuto è caratteristico di ogni tipologia di olio vegetale. Alcuni oli vegetali come l’olio di soia epossidato, l’olio di lino epossidato, l’olio di ricino ed il cardanolo, cioè un derivato dell’olio di anacardo distillato sono usati come plastificanti. Il cardanolo è un alchilfenolo ricavato dagli scarti inquinanti (acido anacardico) della lavorazione delle noccioline di anacardo. I prodotti ottenuti, a differenza di altri prodotti derivanti da fonti vegetali, sono in grado di sostituire efficacemente e senza alcun impatto sulla catena alimentare, molecole funzionalmente simili, derivate dal petrolio, in numerose applicazioni tipiche dell’industria delle materie plastiche. 60 Struttura chimica del cardanolo acetato Il cardanolo tecnico distillato di fresco è di solito un olio giallo pallido tendente a scurirsi rapidamente se non appropriatamente stabilizzato, a causa di specie chinoniche derivate dall’ossidazione di derivati del cardanolo contenuti nel cardanolo distillato. La tendenza del cardanolo distillato a scurire costituisce chiaramente un fattore limitante per alcune applicazioni nel campo della chimica fine, quindi la conservazione di un buon grado di colore è molto importante per questo prodotto. Anche l’olio di ricino rappresenta uno degli elementi principali di un nuovo plastificante. Sono stati utilizzati in qualità di plastificanti anche l’estere di isosorbide proveniente dall’olio vegetale e dal glucosio, l’estere di glicerolo acetilato derivato dall’olio di palma e l’estere acetilato derivato dall’olio di colza. Una caratteristica importante della maggior parte dei plastificanti vegetali è che possono essere utilizzati senza restrizioni ed in qualsiasi concentrazione anche nei materiali a contatto con alimenti. Risultano quindi una valida alternativa ai prodotti a base di ftalati dal punto di vista della sicurezza e si cerca di migliorarne le prestazioni per poter un giorno limitare di molto o addirittura eliminare del tutto l’uso degli ftalati. 61 CAPITOLO III 62 3.0 CONCLUSIONI Il regolamento REACH è stato emanato con lo scopo di assicurare un elevato grado di protezione della salute umana e dell’ambiente, preservando i principi di uguaglianza ed imparzialità tra imprese e promuovendone la competitività e l’innovazione. Il regolamento REACH ha introdotto il concetto di articolo, dando la giusta importanza non solo alle sostanze e alle miscele ma anche al prodotto finito che spesso può essere causa di pericolo non solo per chi lo produce ma anche per chi lo utilizza. Il rispetto di tale normativa si traduce in un miglioramento non solo della salute dei cittadini ma anche in un beneficio economico per i vari paesi dell’Unione Europea; considerando infatti che il trattamento dell’allergia costi circa 29 miliardi di euro l’anno, a giudizio della Commissione Europea, riuscire a ridurre l’incidenza delle allergie e conseguentemente i costi sanitari, potrebbe già essere sufficiente a giustificare l’esistenza del REACH. Per quanto concerne l’industria conciaria, è necessario tenere sotto controllo tutti quei parametri che possano influire negativamente sulla qualità e che possano rendere il prodotto non conforme al regolamento REACH. Dall’analisi specifica effettuata sui derivati del boro e sugli ftalati è emersa una criticità significativa per i derivati del boro, mentre invece il problema degli ftalati in realtà non ha un impatto significativo. Tuttavia l’analisi degli ftalati è attualmente sempre richiesta nei capitolati relativi ai parametri ecotossicologici nell’industria del cuoio, mentre i derivati del boro non sono presenti come requisiti in tali capitolati. In ogni caso è necessario sempre che l’industria conciaria europea ed in particolare quella italiana, tenga sotto controllo attraverso le schede di sicurezza, le schede tecniche e l’analisi del prodotto finito la presenza di sostanze SVHC, in maniera tale da poter assicurare un prodotto sicuro e di qualità che sia garanzia del made in Italy . 63 BIBLIOGRAFIA 1. Naviglio B., Tomaselli M., Romagnuolo M., Calvanese G. “L’impatto del regolamento REACH nell’industria conciaria”; 34 CV NAZIONALE SCIENZE MERCEOLOGICHE, Torino, 23-25 giugno 2009 2. 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