Elettrostatica e circuiti

ITCG – LST “L. Einaudi” – S.Giuseppe Vesuviano (NA)
2010/2011 - Saperi essenziali di Fisica – prof. Angelo Vitiello
Elettrostatica
L’elettrostatica è la parte della fisica che studia le interazioni fra cariche elettriche non in
movimento (o trascurandone il movimento)
L’elettrostatica si manifesta avvicinando ad una sfera metallica, sospesa tramite un supporto
“isolante”, una bacchetta di vetro precedentemente strofinata con un panno di lana. La sferetta
risulta attratta dalla bacchetta, ma, avvenuto il contatto, ne risulta respinta
Raffronto con la forza gravitazionale è che la forza elettrica può essere sia attrattiva e sia repulsiva, mentre quella
gravitazionale è solo attrattiva. Nel caso gravitazionale la “causa” dell’interazione è la massa. Nell’interazione
elettrica ci deve essere una “causa” (carica elettrica) che si presenti in due forme diverse (carica positiva e negativa)
per poter spiegare sia l’attrazione che la repulsione
Ci sono due stati di elettrizzazione della materia detti positivo e negativo: due corpi che
possiedono lo stesso tipo di elettrizzazione (positivo o negativo) si respingono, mentre si
attraggono se possiedono tipi di elettrizzazione diversi (uno positivo e l’altro negativo)
Isolanti e conduttori
Nell’ elettrizzazione per strofinio ( panno con vetro o ambra) la materia cessa di essere neutra e
cariche si manifestano nei corpi
Nel caso del vetro, vengono strappati gli elettroni degli atomi più esterni, che si trasferiscono al
panno utilizzato. Gli elettroni hanno quindi carica negativa; L’ambra, invece, nel processo di
strofinio, strappa elettroni al panno assumendo carica negativa
L’elettrizzazione si manifesta solo nella zona soggetta a strofinio nei materiali isolanti o
dielettrici.
Anche nei metalli si può causare elettrizzazione per strofinio se i campioni
sono retti da un manico di vetro o ebanite, ma in questo caso
l’elettrizzazione si manifesta su tutto il corpo. Questo perché nel legame
metallico gli elettroni sono liberi di muoversi. I questo caso parleremo di
conduttori.
Metodi di Elettrizzazione
elettrizzazione per strofinio
elettrizzazione per contatto
elettrizzazione per induzione : avvicinando un corpo carico ad uno neutro, le cariche opposte a
quelle del corpo carico, presenti nel corpo neutro, vengono attratte, mentre quelle omologhe
vengono respinte.
Il corpo umano è un buon conduttore e per questo non si possono elettrizzare metalli tenuti in mano, perché la carica verrebbe dispersa a terra.
Conservazione della carica elettrica
Lo stato di elettrizzazione di un corpo viene definito attribuendogli una carica elettrica indicata
comunemente con il simbolo q, che può essere : positiva e negativa
Esiste il principio di conservazione della carica elettrica: nessuna carica elettrica può essere
creata o distrutta
Un corpo neutro, in realtà, contiene cariche di opposto segno in misura eguale
Il più piccolo valore di carica “libera” (carica elementare) è quella dell’elettrone. Tutte le cariche maggiori di
questa sono multipli interi della carica dell’elettrone e = 1,6 x10-19 C
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Carica elettrica come grandezza fisica
Lo strumento di misura è l’elettroscopio
L’unità di misura è il Coulomb
Legge di Coulomb
Coulomb, tramite studi con la bilancia di torsione e suddividendo e misurando le cariche, trovò
che due cariche puntiformi, q e q’, poste a distanza r, interagiscono con una forza diretta lungo
la congiungente le due cariche
Tale forza è attrattiva se q e q’ sono di segno opposto, repulsiva se dello stesso segno
Il modulo della forza è:
F=K
q ⋅ q'
r2
La costante K , risulta dipendente dal sistema di misura adottato. Se utilizziamo l’S.I., la carica
elettrica si misura in Coulomb (simbolo C) e la costante K è solitamente indicata con:
1
N ⋅ m2
K=
= 10− 7 ⋅ c 2 ≈ 9 ⋅ 109
2
4πε 0
C2
dove ε0 è detta costante dielettrica del vuoto
F=
1
4πε 0
⋅
ε 0 ≈ 8,86 ⋅10 −12
C
N ⋅ m2
q ⋅ q'
r2
Forza di Coulomb
Nell’S.I. un Coulomb è quella carica che, posta nel vuoto alla distanza di un metro da una carica
eguale, esercita su di essa una forza di 9 x 10 9 Newton.
Se fra le cariche q e q’ c’è un mezzo isolante bisogna sostituire a ε0 la costante dielettrica del
q ⋅ q'
1 q ⋅ q'
1
mezzo: ε > ε0
F=
⋅ 2 =
⋅ 2
4πε
r
4πε 0ε r
r
dove la costante adimensionale
εr =ε/ε0 >1 è detta costante dielettrica relativa del mezzo
εr è un indice della polarizzabílità del dielettrico a cui si riferisce
L'acqua ha un'alta polarizzabilità (e εr = 81), dovuta alla Bipolarità della sua molecola; l'aria ha invece una bassa
polarizzabilità (εr = 1,0006), mentre il vuoto non si polarizza affatto (εr =1).
La costante dielettrica relativa del mezzo che separa le cariche è tanto maggiore quanto più la
forza elettrica tra le cariche è ridotta dalla presenza del mezzo stesso.
La causa di tale riduzione è la polarizzazione del dielettrico; in presenza di un campo elettrico
le molecole dipolari costituenti il dielettrico si orientano secondo la direzione del campo,
creando un controcampo che indebolisce le interazioni elettrostatiche. Maggiore è la dipolarità
delle molecole di un dielettrico, maggiore è la polarizzazione e minori sono le forze elettriche
nel suo interno.
Esistono due tipi di polarizzazione:
1, polarizzazione per orientamento (è ciò che succede a molecole dipolari come l'acqua);
2. polarizzazione per deformazione (è la polarizzazione delle molecole apolari come il cloro).
In entrambi i casi la rotazione delle molecole è dovuta all'interazione tra il dipolo elettrico della molecola (che può
essere naturale o indotto) e il campo elettrico esterno. Tale interazione si traduce nell'applicazione di una coppia di
forze alla molecola che, ruotando, si dispone lungo la direzione del campo elettrico.
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Campo elettrico
Un campo elettrico è quella regione di spazio nella quale risiedono gli effetti della carica q’
generatrice del campo, esplorato da una carica di test (o esploratrice) q.
Una carica elettrica q’ (assunta puntiforme genera un campo elettrico E nel suo intorno tale
che, se poniamo nelle vicinanze una carica elettrica di test
q’, quest’ultima subisce una forza F’=q’·E.
Essendo il campo elettrico
un campo vettoriale è
necessario individuare tutte le caratteristiche: la direzione è
radiale rispetto a q’, il verso è determinato dal segno della
carica, mentre l’intensità è fornita dalla seguente
espressione derivata dalla legge di Coulomb.
r
r F
1
q'
E= ⇒E=
⋅ 2⋅
q
4πε 0 r
L'unità di misura del campo elettrico nel sistema internazionale è: newton/ coulomb
(oppure volt/metro)
Il campo elettrico in un punto non dipende dal valore q della carica esploratrice; dipende solo dalla carica
generatrice e dalla posizione del punto nello spazio.
Linee di forza del campo elettrico
Un metodo per rappresentare il campo elettrico è disegnare le sue linee di forza, cioè linee
orientate e dirette concordemente al campo e in ogni punto tangenti al vettore E associato a quel
punto.
Linee di forza del campo elettrico generato da una carica
Linee di forza del campo elettrico generato da due
puntiforme (positiva).
cariche puntiformi di segno opposto
.
Le linee di forza del campo elettrico sono per convenzione sempre uscenti dalle cariche positive ed entranti
in quelle negative.
Quanto detto vale per carica (generatrice) puntiforme. Nel caso in cui il campo elettrico è
generato da una moltitudine di cariche occorre fare la somma vettoriale dei singoli campi
elettrici.
Energia potenziale - Energia potenziale elettrica
Una carica q in un punto P del campo ha una energia potenziale Up (sia essa gravitazionale o
elettrica),il cui valore dipende solo dalla posizione nel campo.
Up =
1
4πε 0
⋅
q ⋅ q'
r
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L’energia potenziale Up di una carica q’ associata a un punto P di un campo elettrico è il lavoro
che bisogna compiere contro le forze del campo per portare la carica dall’ínfinìto (cioè dai
limiti del campo) al punto P.
L’energia potenziale Up è positiva se la carica generatrice q’ e la carica q sono concordi,
negativa se sono discordi.
L’unità di misura dell'energia potenziale elettrica è il joule.
Una carica q posta in un campo elettrico acquista energia potenziale elettrica Up. Al variare del valore della carica
esploratrice q, il valore di Up cambia, ma il rapporto tra Up e q rimane costante.
Il lavoro che le forze del campo compiono per portare una carica positiva dal punto A al
punto B è uguale alla differenza di energia potenziale tra i due punti, cambiata di segno.
W A→ B = − ∆U = −(U A − U B ) = U B − U A = −WB → A
Potenziale elettrico
È convenzione riferirsi alla carica (di test) elettrica unitaria positiva: q’=1C.
Si definisce allora il Potenziale elettrico della carica:
Si definisce potenziale elettrico in un punto P di un campo elettrico il rapporto tra l’energia
potenziale in quel punto e la carica stessa:
Vp =
Up
q'
=
1
4πε 0
⋅
q
rA
con il conseguente potenziale elettrico associato a un punto a distanza r dalla carica generatrice
q’ dei campo.
L’unità di misura del potenziale elettrico è il volt (V): V = J/C. (Joule/Coulomb)
Superfici equipotenziali
Tutti i punti di un campo elettrico allo stesso energia potenziale appartengono ad una superficie
detta superficie equipotenziale
Relazione tra Potenziale e Campo elettrico
Definita una superficie equipotenziale, il campo elettrico (che ricordiamo è vettoriale), definito
in un punto P di una superficie equipotenziale ha la direzione perpendicolare alla superficie e
verso che va dal potenziale maggiore a quello minore. L’intensità è data da
E=−
∆V
∆s
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dove ∆s è lo spostamento da P nel verso di E e ∆V è la differenza di potenziale tra gli estremi
dello spostamento.
Campo elettrico generato da una distribuzione piana infinita di cariche
Il campo elettrico risultante da tale distribuzione è in ogni punto perpendicolare al piano delle
cariche e vale:
E=
σ
dove σ = ∆q/∆S cioè rapporto tra carica e superficie.
2ε 0
Capacità elettrica
La proporzionalità fra q e V viene definita dalla costante C, detta capacità elettrica:
C≡
q
V
La capacità C si misura in Coulomb/Volt e l’unità di misura è detta Farad (simbolo F).
Nel caso della sfera è ovviamente C = 4πε 0 R .
Condensatori
Un sistema costituito da due conduttori affacciati molto vicini è detto
condensatore.
I due conduttori sono detti armature del condensatore. Supponiamo che
sull’armatura 1, a potenziale V1 ci sia una carica +q e sull’armatura 2, a
potenziale V2 ci sia una carica -q. La capacità del condensatore è allora:
C=
q
q
=
V1 − V2 ∆V
La capacità di un condensatore con lastre di superficie S poste ad una distanza di è data da:
C=
εS
d
Condensatori in serie e in parallelo
Più condensatori possono essere collegati fra loro in serie o in parallelo. Nella connessione in
parallelo le armature stanno alla stessa d.d.p. ∆V e ciascun condensatore mantiene una carica
diversa: q1=C1 ∆V; q2=C2 ∆V
•
La capacità totale è:
C// =
q
q + q2 + ... + qn
= 1
= C1 + C2 + ... + Cn
V+ − V−
V+ − V−
Nel caso di più condensatori in serie risulta (la carica è la stessa su ogni armatura):
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1
Cserie
=
1
1
1
+
+ ... +
C1 C2
Cn
Connessione in parallelo
Connessione in serie
Circuiti elettrici
La corrente elettrica è un flusso ordinato di cariche elettriche all’interno di un conduttore. La sua
intensità è definita dalla legge:
i=
In base alla dipendenza temporale di i:
– i = cost → è detta stazionaria
– i = i (t ) → è detta variabile
∆q
∆t
– i = i0 ⋅ sin(ωt ) → è detta alternata
L’unità di misura della corrente è l’Ampere (simbolo A). Dalla definizione di i potremmo dire che
in un conduttore passa una corrente di un Ampere quando in un secondo transita una carica di un
Coulomb.
Ma in realtà nel S.I. la corrente elettrica è presa come grandezza fondamentale (e l’Ampere come
sua unità di misura) e il coulomb può essere di conseguenza definito dalla: q = i ∆t
Essendo la corrente elettrica un flusso di cariche elettriche in un conduttore occorre definire il
verso di tale flusso. Per convenzione si prende il verso di i concorde con il moto delle cariche
positive.
In un metallo i portatori liberi di carica sono gli elettroni, e quindi la corrente qui avrà verso
opposto al moto effettivo dei portatori di carica
Generatori di f.e.m.
Ci sono dispositivi, come le pile e gli accumulatori che mantengono, tramite reazioni chimiche,
una costante differenza di potenziale fra i propri elettrodi. Sono detti sorgenti o generatori di forza
elettromotrice.
Essenzialmente, a spese della loro energia chimica, trasportano al loro interno cariche positive verso
potenziali maggiori e cariche negative verso potenziali inferiori, cioè al contrario del moto
spontaneo di tali cariche
Se colleghiamo un conduttore all’esterno della pila, fra l’elettrodo a potenziale maggiore (polo +) e
quello a potenziale inferiore (polo -) si ha un flusso di cariche che cerca di riportare le cariche
positive verso l’elettrodo negativo e cariche negative verso il polo positivo. Se il conduttore esterno
è un metallo sono solo gli elettroni a muoversi.
L’energia chimica, spesa per accumulare le cariche sugli elettrodi o, equivalentemente, l’energia
potenziale elettrostatica delle cariche sugli elettrodi, dove va?
– Se applichiamo solo un conduttore, si trasforma in energia termica (effetto Joule) del conduttore
stesso (file elettrici, stufette,…)
– Se applichiamo un motore elettrico si trasforma anche in lavoro
–
+
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Leggi di Ohm
Applichiamo agli estremi di un conduttore metallico una d.d.p. ∆V tramite un generatore di f.e.m.
All’interno del conduttore fluirà una corrente i.
La prima legge di Ohm afferma che, mantenendo costanti le condizioni fisiche
del conduttore (essenzialmente la temperatura), il rapporto fra la d.d.p. imposta e
la corrente che fluisce è costante:
∆V
R=
i
Tale costante è detta Resistenza del conduttore e si misura in ohm (simbolo Ω). Un conduttore ha
resistenza di 1Ω quando è percorso da una corrente di un Ampere se ai suoi estremi è imposta una
d.d.p. di un Volt.
Ovviamente la resistenza di un conduttore dipende anche dalle sue dimensioni fisiche (lunghezza,
sezione).
2ª legge di Ohm
La seconda legge di Ohm esplicita la dipendenza della resistenza dalle
caratteristiche geometriche del conduttore nella formula:
R=ρ
l
S
dove l è la lunghezza del conduttore, S la sua sezione e r è detta resistività, cioè la resistenza di un
conduttore di sezione e lunghezza unitaria. ρ dipende dal materiale di cui è
ρ = ρ0 (1 + βt )
fatto il conduttore e dalla temperatura:
Il coefficiente β è pressoché identico per tutti i metalli puri ( β ≈ 4 ⋅10 − 3°C −1 ) . ρ0 è la resistività a
0°C e dipende dal metallo considerato.
Resistori
L’inverso della resistività è detta conducibilità. La resistività si misura in Ω·m e la conducibilità in
Ω −1 ⋅ m −1 .
Le leggi di Ohm sono valide anche per i conduttori elettrolitici.
Il simbolo utilizzato per indicare, in un circuito, un conduttore di cui si vuole utilizzare la
resistenza (cioè un resistore) è:
I resistori possono essere collegati in serie o in parallelo:
R1
R2
R3
Collegamento in serie: VA
A
VD
C
B
D
i
i
i
VA − VB = R1i  V A − VD = ( R1 + R2 + R3 ) ⋅ i 
 

VB − VC = R2i  ⇒ V A − VD = ∆V
 ⇒ Rserie = R1 + R2 + R3

VC − VD = R3i  ∆V = Rserie ⋅ i

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R1
i1
Collegamento in parallelo:
R2
i2
VA
VB
V − VB 
i1 = A

R1

V A − VB 
i2 =
1
V − VB
1
1 1
1
1
1

R2  ⇒ i = A
= (V A − VB ) ⋅  +
+  =
= +
+
R//
 R1 R2 R3  R// R1 R2 R3
V A − VB 
i3 =

R3 
i = i1 + i2 + i3 
R3
i3
Effetto Joule
Si è detto che un conduttore, percorso da corrente, dissipa l’energia (potenziale) dei portatori di
carica sotto forma di calore. Calcoliamo l’energia dissipata in funzione dei parametri elettrici del
circuito
Il lavoro l effettuato per portare una carica q dal polo positivo (V+) al polo negativo
(V− , ∆V = V+ − V− ) è: l = q (V+ − V− ) = q ⋅ ∆V
Supponendo la corrente costante
i = q / ∆t → q = i ⋅ ∆t :
l = (i ⋅ ∆t ) ⋅ (i ⋅ R) = R ⋅ i 2 ⋅ ∆t
Il lavoro effettuato, se poniamo solo un resistore, è integralmente trasformato in calore (in Joule).
Se vogliamo il calore in calorie basta dividere per 4,186.
Più spesso l’effetto Joule è quantificato tramite la potenza dissipata:
dE l
∆V 2
2
P=
=
= R ⋅i =
= ∆V ⋅ i
dt ∆t
R
La potenza si misura in Watt (o Volt·Ampere)
Le formule trovate valgono nel caso di corrente costante. Se abbiamo una corrente alternata
occorrono dei correttivi
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