LA VERITÀ DELL'ARTE: AL MASSIMO IN SCENA GIGANTI DA
APPLAUSI
Fonte: L'Unione Sarda
26 marzo 2010
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Data scaricamento: 9 giugno 2017, 04:58
teatro L'incompiuto di Pirandello
Il teatro imperituro, come un olivo saraceno che era e sarà. In un sussurro la verità dell'arte,
perché qui il Teatro si esprime (anche) con un'attrice che tiene in braccio un'altra se stessa, in un
finale immortale che ricorda un albero secolare e trasfigura la sua sopravvivenza. Chiusura
eccelsa per uno spettacolo di altissimo livello, ancora sino a domenica al Massimo di Cagliari. La
nuova produzione che lo Stabile della Sardegna ha realizzato con il Teatro de Gl'Incamminati e il
Teatro Carcano ha messo in scena I giganti della montagna, ultimo incompiuto lavoro di Luigi
Pirandello.
Nella trama la compagnia di attori guidati dalla Contessa, l'attrice Ilse (le sorelle Ester e Maria
Cucinotti), è ridotta alla miseria lontano dal palco in quanto nessuno è disposto più ad accogliere
l'idea di Poesia assoluta. Seguono Ilse il Conte suo marito (Stefano Randisi), Diamante (Marika
Pugliatti), il caratterista Cromo (Giovanni Moschella), l'attor giovane Spizzi (Giuliano Brunazzi) e
Battaglia (Luigi Tabita). I teatranti giungono cosiddetta Villa della Scalogna dove incontrano
Crotone il Mago (Enzo Vetrano) e un'umanità fuori dal mondo: Duccio Doccia e il nano Quaquèo
(Antonio Lo Presti), La Sgricia (Margherita Smedile), Mara - Mara (Eleonora Giua) e Milordino
(Paolo Baietta). Qui i fantasmi diventano veri e i sogni sono la sola realtà. Cotrone (nell'ironia
soffusa di Vetrano), da sempre inventore di verità incantate, propone di rappresentare l'opera in
quel luogo di fantasmi e continue apparizioni, dove il miracolo vero non sarà la rappresentazione
ma la fantasia del poeta. Ilse però rifiuta, fedele al confronto con la realtà a costo della vita, non
potendo concepire il teatro senza la consegna della parola al pubblico.
Doppia sapienza in regia. Vetrano e Randisi governano con fluidità un cast inappuntabile, infilano
nella trama un valzer di citazioni azzeccate (La classe morta di Kantor) e rimandano al gioco
pirandelliano del doppio e del rinvio teatro-vita. Felice l'innovazione della duplice Ilse che
scompare e riappare, persino dalla platea. Gli attori formano quadri di figure che occupano la
scena con un grande senso compositivo e si fanno quinte che nascondono il doppio. I registi
rinunciano a calcare la mano sul livello interpretativo legato ai giganti: il potere bestiale esiste ed
è sufficiente evocarlo al suono impetuoso di Alessandro Saviozzi.
Oltre la scenografia di Marc'Antonio Brandolini sono le luci del crepuscolo accese da Maurizio
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Viani a percuotere la mente di materia onirica morbida ed emozionante, quella che regna nella
villa. Un ultimo appunto. Accanto a un plauso per tutti e per Stefano Randisi nella parte di un
conte rovinato per amore, c'è un Enzo Vetrano che non si limita a calarsi in Cotrone ma lo
diventa. Sì, la verità scenica è stata proferita. Sarà replicata stasera (alle ore 17 e alle 21) e
domani, in occasione della Giornata mondiale del teatro, nel doppio appuntamento delle ore 10 e
delle 21. Domenica 28 si chiude, stavolta alle 19.
MANUELA VACCA
26/03/2010
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