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Corso per l’iscrione al Ruolo Conducenti
Dispensa di diritto civile, commerciale, tributario
e contratti di trasporto
Autore: Insegnante di teoria Mia Marta Stoppa
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Sommario
1. Elementi di diritto civile e cenni sul contratto in generale ................................................ 1
2. Contratto di trasporto stradale di persone ......................................................................... 7
3. Elementi di diritto commerciale .......................................................................................... 9
4. Titoli di credito e modi di pagamento ............................................................................... 14
5. Crediti e finanziamenti ....................................................................................................... 24
6. Imposte in generale ............................................................................................................. 28
7. Studi di settore in generale ................................................................................................. 48
8. Imposta sul valore aggiunto (IVA) .................................................................................... 49
I
1. Elementi di diritto civile e cenni sul contratto in generale
Premessa
Il contratto trova la sua regolamentazione nel Codice Civile che disciplina compiutamente anche
tipologie specifiche, quali il contratto di trasporto, etc.
1. Soggetti del diritto
Nell’ordinamento italiano sono soggetti di diritti:
persone fisiche;
persone giuridiche.
Il luogo di stabilimento di una persona giuridica chiamasi “sede”, mentre per la persona fisica è
denominato:
residenza il luogo in cui ha la dimora abituale;
residenza normale, che è definizione UE, il luogo ove una persona risiede per almeno 185 giorni
all’anno.
1.1. Persone fisiche quali soggetti del diritto
Sono persone fisiche tutti gli esseri umani dal momento della loro nascita fino alla loro morte che,
nell’ambito del diritto civile, sono titolari della:
capacità giuridica è l’attitudine della persona a diventare soggetto di diritti e di doveri.
Si acquista al momento della nascita e viene totalmente raggiunta alla maggiore età.
L’essere umano per essere titolare di diritti deve nascere vivo.
La vitalità viene accertata dalla respirazione.
Il diritto prende in considerazione anche il nascituro o colui che deve essere concepito.
capacità di agire è l’attitudine a compiere atti giuridicamente rilevanti nel proprio interesse. Si
acquista al compimento dei 18 anni. Prima di tale età il minore è rappresentato dai genitori che
esercitano la potestà genitoriale.
A 16 anni il minore può tuttavia acquisire l’emancipazione a seguito di sentenza del tribunale.
A 16 anni, inoltre, il minore acquisisce la capacità di lavoro.
La capacità di stipulare validamente un contratto di lavoro da parte del prestatore al compimento
del sedicesimo anno di età è stata elevata a seguito della norma che ha reso obbligatoria
l’istruzione impartita per almeno dieci anni al fine di consentire entro il diciottesimo anno di età
il conseguimento di un titolo di studio di scuola superiore o di una qualifica professionale di
durata almeno triennale.
La capacità di agire può venire limitata o interdetta per:
a. infermità mentale che impedisca al soggetto di provvedere autonomamente ai propri
interessi; in questo caso il tribunale, su istanza dei congiunti, può emettere un decreto di
interdizione giudiziale con nomina di un tutore che agisca in nome dell’interdetto.
Qualora la malattia non sia molto grave è previsto l’istituto dell’inabilitazione ed in questo
caso viene nominato un curatore che integra la volontà dell’inabilitato.
b. condanna penale. La Legge prevede che in alcuni casi particolarmente gravi il condannato
venga privato della facoltà di agire, in questo caso abbiamo l’interdizione legale.
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1.2. Persone giuridiche quali soggetti del diritto
Sono persone giuridiche le unità organiche tendenti al conseguimento di uno scopo collettivo, lecito
e determinato. La costituzione della persona giuridica avviene mediante:
atto costitutivo, che può formare oggetto di negozio giuridico unilaterale, bilaterale o
plurilaterale, dove vengono indicati l’anno di fondazione, la denominazione, la finalità, il
patrimonio ed il termine.
statuto, che ne regola la vita, col determinare la struttura ed i poteri degli organi che in concreto
dovranno rappresentarla.
riconoscimento, che è l’atto mediante il quale lo Stato attribuisce la personalità giuridica.
Le persone giuridiche si distinguono in:
1. persone giuridiche pubbliche
Stato;
Regioni;.
Province;
Comuni;
altri enti cui viene conferita la personalità giuridica pubblica dalla Legge che li istituisce.
2. persone giuridiche private, che si distinguono in:
associazioni, dove prevale l’elemento associativo, possono avere finalità culturali, sportive,
religiose, etc.;
fondazioni, dove prevale l’elemento patrimoniale, si possono ricordare: le opere pie, taluni
ospedali, etc.
Le persone giuridiche agiscono per mezzo di organi, generalmente costituiti da persone fisiche, i cui
atti sono imputati alla persona giuridica.
Quest’ultima è quindi considerata responsabile per eventuali illeciti commessi dagli organi
nell’esercizio delle loro funzioni.
Le persone giuridiche, come si costituiscono, così possono trasformarsi ed estinguersi nei casi
previsti dall’atto costitutivo, per volontà degli associati, per disposizione dell’autorità governativa o
ancora per circostanze sopravvenute che rendono impossibile od inutile il perseguimento dello
scopo.
2. Nozione di contratto
Il contratto è l’accordo tra due o più parti per costituire, regolare od estinguere fra loro un rapporto
giuridico patrimoniale.
Il contratto si caratterizza per:
struttura: se si perfeziona col consenso di una o più parti:
a. unilaterali sono i contratti nei quali è sufficiente la volontà di una persona (ad esempio la
donazione, la fidejussione, il mandato, etc.);
b. bilaterali, sinallagmatici, o, secondo il Codice Civile “a prestazioni corrispettive” quei
contratti dai quali sorgono obblighi e diritti contemporaneamente nell’una e nell’altra parte
(ad esempio compravendita, locazione, contratto di trasporto, etc.);
c. plurilaterali, se occorre il consenso di oltre due parti;
giuridicità: rilevanza per diritto;
patrimonialità: il rapporto, oggetto del contratto, deve essere suscettibile di valutazione
economica.
2.1. Requisiti del contratto
I requisiti necessari per l’esistenza del contratto sono l’accordo, la causa, l’oggetto e la forma
(quando sia prescritta dalla legge sotto pena di nullità):
accordo: L’accordo può definirsi come il reciproco consenso delle parti per il fine comune che si
intende perseguire; implica la congruenza delle manifestazioni di volontà dei contraenti quale
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risulta dal significato oggettivo delle dichiarazioni e dal comportamento complessivo delle parti.
L’accordo può essere:
a. espresso, quando il consenso è esternato con strumenti comunicativi (parole, gesti, etc.);
b. tacito se dal comportamento delle parti si desume l’intento di concludere un contratto (ad
esempio acquisto di carburante da un distributore automatico self service).
Di regola il contratto si ritiene concluso, e quindi l’accordo perfezionato, quando colui che ha
emesso la proposta contrattuale ha ricevuto notizia dell’accettazione dell’altra parte.
causa. La causa del contratto indica la finalità, l’interesse che con il contratto le parti intendono
soddisfare.
Tale interesse deve essere meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico.
Le parti infatti sono libere di stipulare qualsiasi tipo di contratto (si parla in tal senso di
autonomia contrattuale) che sia previsto o meno dalla Legge (tipicità o atipicità del contratto)
purché l’interesse che ne è alla base sia rilevante giuridicamente e apprezzabile socialmente.
La causa è illecita quando è contraria alle norme imperative, all’ordine pubblico o al buon
costume.
oggetto. L’oggetto indica invece il contenuto dell’accordo, frutto sia delle pattuizioni private sia
di altre fonti (legge, usi, etc.) che concorrono alla formazione del vincolo contrattuale.
L’oggetto si identifica dunque sia con le prestazioni che le parti si obbligano ad effettuare sia con
il bene dovuto.
L’oggetto deve essere:
possibile, cioè suscettibile di attuazione;
lecito, cioè non contrario a ordine pubblico, buon costume e norme imperative;
determinato o determinabile, cioè indicato con precisione o facilmente individuabile in base
a criteri oggettivi.
forma. La forma è il mezzo attraverso il quale le parti manifestano il loro consenso.
I contraenti possono utilizzare qualsiasi mezzo (principio della libertà di forma) a meno che la
Legge, per ragioni di certezza o di responsabilizzazione, richieda forme ben precise a pena di
nullità (per esempio l’atto pubblico o la scrittura privata).
Il contratto caratterizzato dai predetti requisiti è valido ed efficace cioè idoneo a produrre tra le
parti gli effetti in esso previsti e a forza di legge tra i contraenti, cioè può essere sciolto solo con
un nuovo accordo degli stessi (mutuo dissenso) o per cause ammesse dalla Legge.
2.2. Classificazione dei contratti
I contratti vengono tradizionalmente classificati in più modi:
contratti a titolo oneroso (ciascuna parte ne trae necessariamente obblighi e diritti);
contratti a titolo gratuito (solo una parte ne trae vantaggi);
contratti a prestazioni corrispettive o sinallagmatici: contratti a titolo oneroso in cui le
prestazioni delle parti sono legate da un nesso di corrispettività, sicché l’una è giustificata
dall’altra (esempio compravendita);
contratti consensuali: producono i loro effetti nel momento in cui le parti manifestano il loro
accordo (esempio vendita, locazione);
contratti associativi: contratti a titolo oneroso in cui il vantaggio di ciascuna parte consiste
nell’utile che si trae da un’attività comune (esempio consorzio);
contratti reali: oltre al consenso occorre la consegna della cosa alla controparte (esempio
mutuo, comodato, deposito);
contratti ad effetti meramente obbligatori: generano per una od entrambe le parti soltanto
obbligazioni (ad esempio assicurazione, mandato);
contratti ad effetti traslativi e con efficacia reale: oltre agli effetti obbligatori, producono il
trasferimento della proprietà di una cosa, da far valere anche nei confronti di terzi (ad esempio
compravendita);
contratti commutativi: le prestazioni sono stabilite in precedenza (ad esempio tutti i contratti a
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titolo oneroso, ad esclusione di quelli di assicurazione);
contratti nominati o tipici: previsti o regolati dalla Legge e la volontà privata è quella di
determinare l’attuazione concreta delle norme obbligatorie;
contratti innominati o atipici: non trovano un’espressa disciplina nella Legge e più netta è la
funzione normativa dell’autonomia privata.
Un contratto, può appartenere contemporaneamente a più di una delle seguenti specie (ad
esempio possono esservi contratti obbligatori e nel contempo reali).
2.3. Invalidità del contratto
La validità è la rispondenza del contratto alle norme giuridiche e si distingue dall’efficacia che
indica l’astratta idoneità a produrre ciò che le parti vogliono realizzare.
La Legge sanziona le irregolarità, più o meno gravi, che il contratto può presentare con:
nullità;
annullabilità;
rescindibilità.
2.3.1. Nullità del contratto
La nullità è la forma più grave di invalidità.
La nullità viene comminata dalla Legge:
per mancanza di un elemento essenziale (requisito);
per la sua illiceità cioè contrarietà a norme imperative, ordine pubblico e buon costume.
Il contratto nullo:
non produce effetti fin dall’origine;
è insuscettibile di convalida ma può essere convertito in un altro contratto che sia idoneo a
realizzare il medesimo interesse.
La nullità può:
investire l’intero contratto (nullità totale); o
essere soltanto parziale. La nullità parziale può investire una parte del contenuto del contratto o
singoli rapporti di partecipazione al programma contrattuale.
Chiunque vi abbia interesse può agire in giudizio per ottenere la sentenza che accerti la nullità.
2.3.2. Annullabilità del contratto
Si ha annullabilità quando il contratto presenta vizi che attengono al profilo della volontà e non vizi
strutturali.
Se il progetto al momento della formazione della volontà incorre in errore o è indotto in inganno o è
vittima di violenza, l’ordinamento interviene a proteggerlo comminando l’annullabilità del contratto
perché espressione di una volontà non formatasi correttamente.
L’azione di annullamento si prescrive in cinque anni.
Quando l’annullabilità dipende dal vizio del consenso o da capacità legale, il termine decorre dal
giorno in cui è cessata la violenza, l’errore, il dolo o è cessato lo stato di interdizione.
Negli altri casi il termine decorre dal giorno della conclusione del contratto, il contratto annullabile
può essere convalidato dal contraente al quale spetta l’azione di annullamento e la dichiarazione che
si intende convalidarlo.
Il contratto annullabile viene sanato e l’atto rimane pienamente efficace.
I tipici vizi del consenso sono: errore, violenza e dolo che insieme all’incapacità legale e ad altre
ipotesi espressamente previste dalla Legge rendono il contratto invalido anche se provvisoriamente
produttivo dei suoi effetti.
A differenza del contratto nullo, quello annullabile realizza i suoi effetti; questi cesseranno di
prodursi quando chi ha contrattato senza la dovuta consapevolezza o volontarietà deciderà di adire il
giudice per ottenere una sentenza di annullamento (di natura costitutiva) intesa a rimediare ad una
situazione a lui sfavorevole.
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Più in dettaglio:
l’errore vizio corrisponde ad una falsa rappresentazione della realtà che ha sviato il soggetto e lo
ha indotto a contrarre sulla base di una volontà non corrispondente all’effettiva intenzione;
errore ostativo cade invece sulla dichiarazione o sulla trasmissione della volontà correttamente
formatasi. Il legislatore accorda tutela a chi commette errore a condizione che questo sia:
riconoscibile quando in relazione al contenuto e alle circostanze del contratto e alla qualità
dei contraenti una persona di normale diligenza avrebbe dovuto rilevare la falsa
rappresentazione della controparte;
essenziale, che assume, cioè, per il contraente un’importanza determinante secondo una
valutazione oggettiva.
La Legge lo ritiene tale quando cade sulla natura o sull’oggetto del contratto, sull’identità o
sulla qualità dell’altro contraente, sempre che siano stati determinati dal consenso.
la violenza sia fisica sia morale consiste nella minaccia di un male ingiusto e notevole alla
persona o ai beni del contraente o di terzi che lo costringa a stipulare un contratto non voluto o a
subirne un determinato contenuto;
il dolo è frutto di raggiri operati dalla controparte o da un terzo tali da indurre un soggetto a
concludere un contratto che altrimenti non avrebbe stipulato.
Il raggiro può essere consumato con tutti i mezzi utili purché siano idonei in concreto a trarre in
inganno la vittima.
A tal proposito non si ritiene perciò rilevante la millantata esaltazione di un bene o di un servizio
per la sua normale inidoneità a trarre in inganno il cliente (il cosiddetto dolus bonus).
Se il dolo non è determinante del consenso ma incide solo sul contenuto il contratto è valido ma
la vittima può agire per il risarcimento del danno.
2.3.3. Rescindibilità del contratto
La rescindibilità è una forma di invalidità del contratto, posta a tutela di chi contrae a condizioni
inique per uno stato di periodo dal quale debba sottrarsi o per uno stato del quale la controparte
approfitti.
L’azione di rescissione si prescrive in un anno dalla conclusione del contratto.
Passato questo termine la rescissione non è ammessa neppure in via di eccezione.
Il contratto rescindibile non può essere convalidato da un successivo atto di volontà del soggetto
che lasci perdurare lo stato di squilibrio dei valori; soltanto una modifica delle condizioni
sostanziali che ristabilisca la giustizia può sanare l’iniquo negozio.
Come il contratto annullabile anche quello rescindibile è provvisoriamente efficace fino alla
sentenza che ne dichiari la sua cessazione.
2.4. Risoluzione del contratto
Un contratto validamente concluso può non produrre effetti per circostanze sopravvenute.
In questo caso si dice che esso è risolubile perché non è più in grado di soddisfare gli interessi dei
contraenti.
Tale sopravvenuta inidoneità può essere causata dal comportamento delle parti ma può dipendere
anche da eventi non prevedibili e non imputabili ad alcuno.
Pertanto con la risoluzione del contratto si interviene, eliminandone gli effetti, a riequilibrare la
posizione patrimoniale dei contraenti che risulta alterata a danno di una delle parti.
Si possono avere le seguenti cause risolutorie, che hanno tuttavia in comune soltanto gli effetti in
quanto diversi sono i presupposti:
inadempimento di una delle parti, ed è il caso più frequente: qualora una delle parti non
ottemperi agli obblighi nascenti dal vincolo contrattuale l’altra parte può avvalersi del rimedio
della risoluzione o richiamando una specifica clausola che i contraenti hanno apposto sul
contratto per tutelarsi o fissando al debitore un termine per adempiere.
Se non è stata pattuita una clausola, o il creditore non vuole assegnare al debitore un termine per
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adempiere, si può pervenire alla risoluzione agendo giudizialmente.
Se la prestazione oggetto del contratto invece diviene impossibile per cause non imputabili al
debitore, l’obbligo si estingue ed il contratto automaticamente si risolve.
prestazione di una delle parti diviene eccessivamente onerosa per il verificarsi di eventi
straordinari e imprevedibili.
In tale ipotesi la parte danneggiata ha il diritto di chiedere la risoluzione del contratto, evitabile
dall’altra parte con un’offerta di equa modificazione.
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2. Contratto di trasporto stradale di persone
Premessa
Il trasporto di persone è un contratto consensuale, a prestazioni corrispettive e a titolo oneroso che
si perfeziona su proposta del viaggiatore seguita dall’accettazione del vettore o viceversa.
L’oggetto del contratto di trasporto di persone è il trasferimento di una o più persone (e degli
eventuali bagagli) da un luogo ad un altro.
I soggetti del contratto di trasporto sono:
vettore;
viaggiatore.
Il diritto di esigere la prestazione (titolo di legittimazione) è contenuto nel biglietto di viaggio che il
viaggiatore deve esibire al vettore quando questi lo richieda.
1. Tipologia contrattuale
Il contratto di trasporto terrestre di persone, secondo la definizione che si può ricavare dalla norma
generale, è il contratto con cui il vettore si obbliga a trasportare una o più persone da un luogo ad un
altro, dietro il pagamento di un corrispettivo.
Si tratta pertanto di un contratto bilaterale, specifico sottotipo del contratto di trasporto,
caratterizzato dal fatto che il vettore si impegna a trasportare un soggetto di diritti, anziché una cosa
inanimata, tramite un mezzo di trasporto definito come “terrestre”.
Nel trasporto di persone si ha una bipartizione in cui chi stipula con il vettore, generalmente, è
anche il creditore del trasporto.
La persona trasportata deve essere nata e vivente, ma non è necessario che abbia anche la capacità
di agire: il trasporto di persone anche totalmente incapaci di intendere e volere (ad esempio minori,
interdetti, malati gravi) rientra comunque nell’ambito del trasporto di persone, anche se si dovrà
tenere conto della specifica disciplina (legale e contrattuale) e delle minori capacità del trasportato
di provvedere a sé stesso.
1.1. Nozione di vettore
La nozione legale di vettore prescinde dalla professionalità dello stesso: sarà vettore anche colui
che, non essendo imprenditore e non svolgendo l’attività di trasporto come professione, si
impegnerà a trasportare qualcuno da un posto ad un altro, dietro corrispettivo.
Pertanto, nella categoria del trasporto di persone rientreranno anche i cosiddetti “viaggi circolari”,
in cui partenza e arrivo coincidono.
Il vettore, inoltre, potrà assumere l’obbligo di trasportare una o più persone determinate, od un certo
numero di esse, ovvero impegnarsi a trasportare per l’intera capienza del veicolo (ad esempio nel
servizio di noleggio di un autobus con conducente), senza che ciò possa influire sulla struttura del
contratto.
1.2. Conclusione del contratto
Il contratto di trasporto è un contratto consensuale, cioè si perfeziona con il semplice consenso delle
parti, senza bisogno di ulteriori adempimenti.
Poiché dalla nascita del vincolo contrattuale deriva l’obbligo di protezione e quindi la responsabilità
del vettore, è essenziale individuare il momento perfezionativo del contratto.
Poiché un contratto consensuale si perfeziona nel momento in cui il proponente viene a conoscenza
dell’accettazione dell’altra parte, il contratto potrà quindi dirsi concluso su proposta del viaggiatore
con accettazione del vettore.
Perché il contratto possa dirsi concluso non è necessario che vettore e passeggero si trovino nel
medesimo luogo, ben potendo aversi un incontro di volontà a distanza, come nel caso della
chiamata di un taxi.
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1.3. Corrispettivo
La pattuizione di un corrispettivo è elemento naturale ma non essenziale del contratto di trasporto di
persone: il compenso per l’opera del vettore può anche non esserci (come nel caso del trasporto
gratuito).
Qualora le parti non abbiano provveduto a stabilire l’entità della tariffa o le modalità del calcolo, si
dovrà fare ricorso alle tariffe in vigore per trasporti analoghi o gli altri usi.
1.4. Obbligo di prestazione e recesso
L’obbligo di trasferire include in sé l’impegno di eseguire il trasporto.
In merito alla possibilità di far eseguire da altri il trasporto, si ritiene quella del vettore una
prestazione infungibile.
Il vettore infatti di massima non potrà sostituire altri a sé nell’esecuzione del contratto, salvo che
tale possibilità non sia prevista dal contratto stesso o dagli usi comuni.
Il viaggiatore potrà recedere dal contratto, prima dell’inizio del viaggio nonché durante l’esecuzione
dello stesso; egli deve tuttavia tenere indenne il vettore delle spese sopportate, della prestazione
eseguita e del mancato guadagno.
Nel trasporto pubblico di linea tuttavia, allorché il contratto stipulato con l’acquisto del titolo di
viaggio, si sia perfezionato con la salita a bordo del veicolo da parte dell’utente provvisto di
regolare titolo di viaggio appare di difficile configurazione l’ipotesi del recesso del viaggiatore in
corso di esecuzione contrattuale, sia per quanto attiene la discesa dal veicolo, dovendosi comunque
attendere l’arrivo alla prima regolare fermata, sia per la parte economica che realisticamente si
concretizzerà in una rinuncia al servizio.
In presenza di una causa non imputabile ad alcuna delle parti, che impedisca la realizzazione
dell’intera prestazione dovuta, il vettore avrà diritto ad un compenso nei limiti in cui il percorso
parzialmente eseguito sia utile per il viaggiatore e proporzionalmente al prezzo pattuito per l’intero
viaggio.
1.5. Durata del rapporto contrattuale
Il rapporto contrattuale si esaurisce nel momento in cui:
il passeggero discende dal mezzo di trasporto; e
terminano tutte le operazioni necessarie a riconsegnare allo stesso l’eventuale bagaglio.
Perché il trasporto possa dirsi concluso deve venir meno “ogni relazione materiale fra il viaggiatore
ed il mezzo”.
Infatti, la durata del trasporto non è limitata alle fasi del movimento del mezzo, ricoprendo anche le
soste del veicolo e le attività accessorie allo spostamento della persona, purché permanga quel
legame tra il passeggero e l’attività del vettore indispensabile per poter configurare una
responsabilità civile di quest’ultimo in ordine ai sinistri occorsi al trasportato durante una sosta o le
fasi preliminari e conclusive del trasporto.
2. Contratto di trasporto occasionale (servizio di noleggio con conducente)
Nel noleggio con conducente, che nella disciplina UE è denominato “trasporto occasionale”,
costituiscono elementi essenziali del contratto:
numero ed elenco dei partecipanti, cioè delle persone da trasportare;
date dei viaggi;
itinerario con le relative soste;
corrispettivo del trasporto.
Sono a carico del vettore gli eventuali danni derivanti dall’omissione o dall’inadeguatezza delle
indicazioni dei documenti relativi al trasporto.
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3. Elementi di diritto commerciale
1. Disciplina delle imprese in generale
Il Codice Civile definisce l’imprenditore come colui che esercita professionalmente un’attività
economica organizzata ai fini della produzione e dello scambio di beni o servizi ma non dà la
definizione dell’impresa.
Da tale definizione si evince che l’impresa deve innanzitutto mirare a creare ricchezza attraverso la
produzione di beni ed il loro scambio.
Dal punto di vita organizzativo l’impresa è caratterizzata da una stabilità e da una struttura la cui
base è costituita dal capitale e dal lavoro altrui.
Inoltre, l’impresa per essere tale, deve perseguire uno scopo di lucro e deve essere improntata
quantomeno a criteri di economicità.
2. Disciplina delle società commerciali
Quando l’impresa viene esercitata da una sola persona si parla di impresa individuale,
l’imprenditore può avvalersi di varie categorie di collaboratori; quando invece viene esercitata da
più persone insieme, l’imprenditore è una società.
3. Tipi di società
Per quanto riguarda il profilo organizzativo la Legge detta una disciplina dettagliata per tutti i
singoli tipi di società alla quale peraltro i soci possono apportare, per effetto degli accordi, deroghe
ed integrazioni.
Le parti possono liberamente scegliere il tipo di società con il quale perseguire lo scopo, con l’unica
limitazione che le società che hanno per oggetto l’esercizio di un’attività commerciale non possono
costituirsi come società semplice.
Il tipo di società prescelta comporta diverse conseguenze in ordine ai rapporti:
con i terzi, posto che il patrimonio della società può rivelarsi insufficiente a garantire l’estinzione
dei debiti sociali;
interni tra i soci poiché variano in relazione alla diversa organizzazione giuridica i poteri ed i
diritti loro attribuiti.
Le società si distinguono in:
lucrative e cooperative, a seconda che perseguano un profitto od uno scopo mutualistico;
commerciali e non commerciali, a seconda del tipo di attività esercitata;
società di persone e società di capitali, questa suddivisione si basa sul rilievo che assumono
all’interno della struttura societaria l’elemento personale e l’elemento patrimoniale.
Ci si concentra soprattutto su quest’ultima classificazione:
Società di persone: i soci regolano contrattualmente le loro posizioni al fine di realizzare uno
scopo comune.
Le società organizzate su basi personali sono:
a. società semplice;
b. società in nome collettivo;
c. società in accomandita semplice.
Il recesso del socio dalla società di persone può avvenire quando questa è contratta a tempo
indeterminato o per tutta la vita di uno dei soci.
Può inoltre recedere nei casi previsti nel contratto sociale ovvero quando sussiste una giusta
causa.
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Quando, per effetto del recesso, viene a mancare la pluralità dei soci, se nel termine di sei mesi
questa non è ricostruita, la società viene sciolta con la nomina di un liquidatore, il quale,
compiuta la liquidazione, redigerà il bilancio finale di liquidazione e proporrà ai soci il piano di
riparto.
Conclusa questa fase la società si estingue.
Società di capitali: la collettività dei soci è sostituita da una nuova persona giuridica che è la
società.
La categoria delle società organizzate su base capitalistica comprende:
a. società per azioni;
b. società a responsabilità limitata;
c. società in accomandita per azioni.
A differenza della società di persone, la società di capitali è un’autonoma persona giuridica
distinta dai soci che ne fanno parte.
Esse hanno propri organi che formano e manifestano all’esterno la volontà della società, ed un
proprio patrimonio con il quale rispondere per le obbligazioni sociali.
Le vicende che riguardano queste società sono dunque spersonalizzate in quanto l’esistenza di
un’autonoma persona giuridica determina l’assenza di rapporti tra soci e terzi, nei confronti dei
quali risponde esclusivamente la società.
3.1. Società a responsabilità limitata semplificata (SRLS)
È prevista la possibilità, per soggetti aventi determinati requisiti, di costituire una società a
responsabilità limitata con modalità semplificate.
Può essere costituita con un contratto od un atto unilaterale da persone fisiche che non abbiano
compiuto i 35 anni di età alla data della costituzione.
L’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico in conformità al modello standard definito
con un Decreto del Ministero della Giustizia, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle
Finanze e con il Ministero dello Sviluppo Economico.
Deve contenere:
dati anagrafici di ciascun socio;
denominazione sociale contenente l’indicazione di società a responsabilità limitata semplificata;
comune ove ha sede la società;
ammontare del capitale sociale;
attività che costituisce l’oggetto della società;
quota di partecipazione di ciascun socio;
norme relative al funzionamento della società indicando quelle relative all’amministrazione e
alla rappresentanza della società;
persone cui è affidata l’amministrazione;
luogo e data di sottoscrizione.
L’atto costitutivo è l’iscrizione nel registro delle imprese sono esenti da diritto di bollo e di
segreteria e non sono dovuti oneri notarili.
Si pagherà unicamente l’imposta di registro.
Deve essere depositato a cura degli amministratori entro 15 giorni presso l’Ufficio del registro delle
imprese.
L’ammontare del capitale sociale, pari ad almeno a 1.00 € ed inferiore all’importo di 10000.00 €,
deve essere sottoscritto ed interamente versato alla data della costituzione.
Il conferimento deve farsi in denaro ed essere versato all’organo amministrativo.
Si ha la perdita dei requisiti quando i soci compiono 35 anni di età.
Al compimento del trentacinquesimo anno del singolo socio l’assemblea deve deliberare la
trasformazione della società, in caso contrario il socio è escluso, di diritto, dalla società.
Se gli viene meno il requisito dell’età a tutti i soci, gli amministratori senza indugio, devono
convocare l’assemblea per deliberare la trasformazione della società, in caso contrario la società
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deve essere sciolta.
Per dare efficacia e pubblicità a questa tipologia di società, negli atti, nella corrispondenza della
società e nello spazio elettronico destinato alla comunicazione, occorre indicare:
denominazione di SRLS;
ammontare del capitale sociale sottoscritto e versato;
sede e società;
ufficio del registro delle imprese presso cui la società è iscritta.
3.2. Società a responsabilità limitata a capitale ridotto (SRLCR)
Per incentivare l’imprenditoria italiana di ridotte dimensioni, è stata introdotta una nuova forma di
società a responsabilità limitata, la “SRL a capitale ridotto”, riservata alle persone fisiche che
abbiano compiuto 35 anni di età al momento della data di costituzione.
Rappresenta la naturale evoluzione della SRL semplificata quando i soci di quest’ultima compiono
35 anni.
La SRL a capitale ridotto può essere costituita con un contratto od un atto unilaterale.
L’atto costitutivo deve essere redatto per atto pubblico e deve contenere:
dati anagrafici di ciascun socio e la loro quota di partecipazione;
denominazione sociale e sede della società;
ammontare del capitale sociale;
attività che costituisce l’oggetto sociale;
norme relative al funzionamento della società, persone cui è affidata
l’amministrazione ed eventuale revisione legale dei conti.
L’amministrazione della società può essere affidata ad una o più persone fisiche anche diverse dai
soci.
Il capitale sociale deve essere pari ad almeno 1 € ed inferiore all’importo di 10000.00 € da
corrispondere esclusivamente in denaro.
All’atto della costituzione il capitale sociale va versato per intero all’organo amministrativo.
La denominazione di SRL a capitale ridotto, l’ammontare del capitale sottoscritto e versato, la sede
e l’ufficio del registro delle imprese presso cui questa è iscritta, devono essere indicati negli atti,
nella corrispondenza e nello spazio elettronico destinato alla comunicazione collegato con la rete
telematica ad accesso pubblico.
Al fine di favorire l’accesso al credito dei giovani imprenditori che costituiscono una SRL a capitale
ridotto il Ministero dell’Economia e delle Finanze promuove un accordo con l’associazione
bancaria italiana per fornire credito a condizioni agevolate ai giovani di età inferiore a 35 anni che
intraprendono attività imprenditoriale.
3.3. Società cooperative
Accanto alle società che perseguono fini di lucro, il nostro ordinamento giuridico prevede anche le
società cooperative che perseguono invece uno scopo mutualistico.
Le cooperative vengono suddivise in due grandi cooperative a mutualità prevalente e
cooperative diverse.
Più in dettaglio:
cooperative a mutualità prevalente, alle quali sono riservate le agevolazioni fiscali.
Sono società cooperative a mutualità prevalente quelle che:
a. svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci;
b. si avvalgono delle prestazioni lavorative dei soci;
c. si avvalgono prevalentemente degli apporti di beni e servizi da parte dei soci.
La condizione di prevalenza dovrà essere documentata dagli amministratori e dai sindaci nella
nota integrativa al bilancio.
È istituito un apposito Albo delle cooperative a mutualità prevalente, tenuto a cura del Ministero
delle Attività Produttive, con l’attribuzione delle singole cooperative di un numero che dovrà
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essere indicato negli atti e nella corrispondenza.
cooperative diverse che per molti aspetti sono equiparate alle società per azioni.
La cooperativa deve costituirsi nella forma dell’atto pubblico ed è sottoposta all’iscrizione nel
registro delle imprese a seguito della quale acquista personalità giuridica.
Per costituire una cooperativa è necessario che i soci siano almeno nove, ad eccezione della
cooperativa i cui soci siano esclusivamente persone fisiche per le quali il numero minimo è pari a
tre (piccola cooperativa).
Per tutto ciò che riguarda gli organi sociali, i libri sociali, il bilancio e la liquidazione, la
disciplina applicabile è quella prevista per le società per azioni con la differenza che i soci
votano per teste e non per quote: ogni socio ha in assemblea un voto, qualunque sia il valore
della quota od il numero delle azioni.
Sul piano della responsabilità le società cooperative rispondono per le obbligazioni sociali
soltanto con il proprio patrimonio sociale: è così confermata anche per le cooperative il principio
dell’autonomia patrimoniale.
Sono inoltre peculiari della società cooperativa:
il cosiddetto principio della “porta aperta” che consente l’ingresso di nuovi soci, col
conseguente aumento del capitale sociale senza necessità di modificare l’atto costitutivo;
il divieto di distribuire l’eventuale utile, non destinato allo scopo mutualistico, oltre un
determinato limite: l’atto costitutivo deve infatti contenere le norme secondo cui devono essere
ripartiti gli utili e la percentuale massima degli utili ripartibili.
Le società cooperative sono apposte alle autorizzazioni, alla vigilanza ed agli altri controlli sulla
gestione stabiliti dalle Leggi speciali.
In caso di irregolare funzionamento l’autorità governativa può revocare gli amministratori ed i
sindaci affidando la gestione ad un commissario così come può sciogliere d’autorità la cooperativa
se essa non è in grado di raggiungere gli obbiettivi per cui è stata costituita o se per due anni non ha
depositato il bilancio annuale e non ha compiuto atti di gestione.
Il valore nominale di ciascuna azione o quota non può essere inferiore a 25.00 € né superiore a
500.00 €.
Le persone fisiche possono possedere al massimo quote od azioni fino a 100000.00 €.
L’atto costitutivo, nelle cooperative con più di 500 soci, può elevare tale limite sino al 2 % del
capitale sociale.
3.4. Consorzi
Con il contratto di consorzio più imprenditori costituiscono un’organizzazione comune per la
disciplina o per lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese.
Il contratto di consorzio deve essere fatto per iscritto, può avere una durata massima di 10 anni ma
può essere prorogato prima della sua scadenza con il concorso di tutti i consorziati. Esso deve
indicare:
oggetto e durata del consorzio;
obblighi assunti e contributi dovuti ai consorziati;
attribuzioni e poteri degli organi consortili;
condizioni di ammissione dei nuovi consorziati;
casi di recesso o di esclusione;
sanzioni per inadempimento degli obblighi dei consorziati.
L’attività del consorzio è regolata da delibere consortili che, salvo diversa disposizione del
contratto, devono essere prese col voto favorevole della maggioranza.
L’amministrazione spetta ai gestori i quali rispondono secondo le regole del mandato.
Il consorzio può essere con attività interna o con attività esterna a seconda che l’organizzazione
comune svolga attività solo nei confronti dei consorziati ovvero ponga in essere rapporti giuridici
anche con terzi estranei al consorzio.
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La particolare disciplina dei consorzi con attività esterna prevede che:
essi godano di una piena autonomia patrimoniale: sussiste infatti un fondo consortile costituito
da contributi dei consorziati e dai beni con essi acquistati;
gli amministratori devono depositare un estratto per l’iscrizione presso l’ufficio del registro delle
imprese del luogo dove ha sede l’ufficio del consorzio destinato a svolgere attività con i terzi;
per le obbligazioni assunte da chi ha la rappresentanza del consorzio, i terzi possono far valere i
loro diritti:
a. esclusivamente nel fondo consortile, se assunte in nome del consorzio;
b. solidamente sui consorziati e sul fondo consortile, se assunte a nome dei consorziati.
I consorzi stabili sono formati da almeno tre consorziati che, in possesso dei requisiti richiesti,
hanno stabilito di operare esclusivamente in modo congiunto nel settore dei lavori pubblici per un
periodo non inferiore a 5 anni.
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4. Titoli di credito e modi di pagamento
Premessa
Nella pratica commerciale è di primaria importanza la mobilizzazione della ricchezza; particolare
rilievo assumono a tale riguardo i titoli di credito fra cui si ricorda:
cambiale;
assegno.
Altri particolari strumenti di pagamento, che beneficiano del grande supporto fornito
dall’informatica e dalla telematica, in particolare attraverso internet, sono:
carte di credito ;
ricevute bancarie;
bonifici;
autorizzazione permanente di addebito in conto corrente (RID);
pagamento mediante avviso.
1. Titoli di credito
Il titolo di credito è un documento contenente la promessa di compiere una prestazione a favore di
chi lo presenterà al debitore.
Quindi il diritto è incorporato nel titolo e non può essere esercitato senza il possesso del documento.
Caratteristiche dei titoli di credito sono:
letteralità: essa sta ad indicare l’inopponibilità delle eccezioni riguardanti il rapporto sottostante
su cui si fonda il diritto menzionato nel titolo;
autonomia: tale caratteristica serve a tutelare l’affidamento del terzo a cui il diritto sia trasferito.
In pratica, attraverso l’incorporazione del diritto nel documento si realizza la massima sicurezza
nella circolazione di esso sia contro il rischio che l’alienante non sia il vero titolare del diritto, sia
contro quello che il diritto trasferito sia inesistente o eccepibile.
Se il titolo è smarrito, sottratto o distrutto, la Legge predispone la procedura di ammortamento,
con ricorso al presidente del tribunale del luogo in cui il titolo è pagabile con cui si mira a
distruggere l’efficacia del titolo smarrito e a procurare a chi ha perduto il titolo un documento che
ne faccia le veci (cosiddetta ricostituzione della legittimazione): tale procedura non è ammessa per i
titoli al portatore.
Denunciando all’emittente lo smarrimento o la sottrazione e fornendone la prova, chi lo ha smarrito
può ottenere la prestazione solo se nessuno si presenterà a chiedere il pagamento entro il termine
stabilito dalla legge per la prescrizione.
Ai fini della circolazione, i titoli di credito si distinguono in:
titoli al portatore: è sufficiente ad attribuire il diritto alla prestazione la consegna del titolo e
quindi, per essere legittimato l’esercizio del diritto, nascente dal titolo, basta esibirlo al debitore;
titoli all’ordine: si trasferiscono mediante la consegna del titolo e la girata. È legittimato
all’esercizio del diritto incorporato nel titolo colui che può indicare a suo favore una serie
continua di girate;
titoli nominativi: il trasferimento avviene mediante annotazione dell’acquirente sul titolo e nel
registro dell’emittente ovvero col rilascio di un nuovo titolo intestato al nuovo debitore
(transfert).
I diritti incorporati nel documento, oltre che essere diritti di credito, possono essere diritti reali.
I titoli che attribuiscono tali diritti si chiamano titoli rappresentativi di merci (ad esempio fede di
deposito e nota di pegno).
Vi sono titoli che incorporano diritti di partecipazione, ad esempio le azioni.
Infine si contrappongono ai titoli individuali i cosiddetti titoli di massa (azioni, obbligazioni, titoli
del debito pubblico) che vengono emessi in notevole quantità, con caratteri di omogeneità, in base
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ad un’unica operazione economica.
2. Cambiale
La cambiale, titolo di credito all’ordine, è un documento contenente una dichiarazione
(dichiarazione cambiaria) che si concreta in:
un ordine di pagamento; o
una promessa di pagamento.
La cambiale, pertanto, si distingue in:
tratta o cambiale in senso stretto: contiene l’ordine che una persona (traente) dà ad un’altra
(trattario) di pagare ad un terzo (prenditore) una somma di denaro; la cambiale può essere tratta a
favore dello stesso traente.
Se il beneficiario è un terzo, il traente assume già con l’emissione un obbligo cambiario verso il
prenditore; se è tratta a favore dello stesso traente, questo assume un obbligo cambiario soltanto
quando trasmette la cambiale ad un terzo.
Il rapporto che giustifica l’ordine impartito dal traente al trattario si chiama “rapporto di
provvista”.
Il trattario comunque non assume alcun obbligo cambiario se non attraverso l’accettazione della
tratta (espressa con le parole “accetto”, “visto” od equivalenti).
Se l’accettazione è rifiutata, il portatore della cambiale può rivolgersi contro il traente ed i giranti
(azione di regresso);
vaglia cambiario o pagherò cambiario contiene la promessa fatta da una persona (emittente) di
pagare una somma di denaro ad una determinata scadenza.
A seconda della loro origine, le cambiali si distinguono in:
cambiali commerciali se vengono rilasciate in pagamento di transazioni commerciali;
cambiali di consumo se vengono rilasciate da acquirenti di beni di consumo durevole (vendite a
rate);
cambiali di comodo o di favore se vengono rilasciate da una persona a favore di un’altra senza
che vi sia un reale rapporto di debito verso quest’ultima;
cambiali finanziarie se non hanno natura commerciale ma vengono emesse da case commerciali
su banche per crediti di accettazione aperti da queste ultime o da banche su altre banche per
utilizzare aperture di credito.
Le cambiali finanziarie sono titoli di credito all’ordine emessi in serie che rientrano tra gli
strumenti di raccolta del risparmio.
Requisiti essenziali della cambiale sono:
denominazione di cambiale inserita nel contesto del titolo;
ordine incondizionato o promessa di pagare;
nome del trattario se si è in presenza di cambiale tratta;
nome del primo prenditore;
data di emissione;
sottoscrizione dell’emittente e del traente;
luogo e data di nascita del debitore o codice fiscale, al fine di evitare casi di omonimia.
La mancanza di uno di questi requisiti fa si che il documento non valga più come cambiale ma
come normale dichiarazione di debito soggetto ai principi generali.
Elementi accidentali della cambiale sono:
luogo di pagamento (se manca, per la tratta si intende il domicilio del trattario, per il vaglia
quello dell’emittente);
data di scadenza, che può essere:
1. a giorno fisso;
2. a vista; in tal caso la cambiale è pagata al momento della presentazione al debitore per il
pagamento; se non vi è indicazione di scadenza la cambiale si considera a vista;
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3. a certo tempo vista: la cambiale scade dopo un certo tempo dalla presentazione per
l’accettazione (qualora il trattario rifiuti l’accettazione, il termine decorre dalla data del
protesto che accerta tale rifiuto);
4. a certo tempo data: la cambiale scade un certo tempo dopo l’emissione del titolo.
L’emissione di una cambiale è atto di straordinaria amministrazione, anche se, per il suo
indispensabile impiego nelle attività commerciali, possono sottoscrivere cambiali anche il minore
emancipato autorizzato all’esercizio di un’impresa commerciale ed il genitore, il tutore o
l’inabilitato autorizzati alla continuazione dell’esercizio di un’impresa commerciale per conto del
minore o dell’interdetto.
La cambiale può anche essere sottoscritta per procura; tuttavia chi appone la firma sulla cambiale
quale rappresentante di una persona per la quale non ha il potere di agire, è obbligato
cambiariamente come se avesse firmato in proprio.
2.1 Girata
È l’atto con cui viene trasferita la cambiale.
Essa funziona come promessa cambiaria verso il giratario ed i successivi prenditori.
Il trasferimento mediante girata costituisce la circolazione normale del titolo, ma è anche possibile
che la cambiale si trasferisca in base alle regole della cessione.
Il giratario acquista un diritto autonomo ed il girante risponde dell’accettazione e del pagamento.
Quindi il portatore del titolo potrà rivolgersi contro di lui mediante l’azione di regresso.
La girata può essere:
piena quando è indicato il nome della persona alla quale dovrà essere effettuato il pagamento
della somma;
in bianco quando la girata consiste nella sola firma del girante e la cambiale può circolare come
un titolo al portatore o all’ordine.
La legittimazione del portatore avviene in base a due elementi: il possesso della cambiale e la
girata.
Se le girate sono più di una occorre accertare che la serie sia continua (regolarità delle girate).
Figure particolari di girata sono la girata per l’incasso e la girata a titolo di pegno.
Nella girata per l’incasso il giratario assume la figura di mandatario del girante.
3.2. Avallo
L’obbligazione cambiaria può essere garantita con un’ulteriore obbligazione cambiaria (avallo).
La persona del garante si chiama avallante e la persona a cui favore la garanzia è prestata avallato.
A differenza della fidejussione, l’obbligazione dell’avallante è valida ancorché l’obbligazione
garantita sia nulla; l’unica eccezione è la mancanza di un requisito di forma ma, nel qual caso anche
l’avvallo è nullo.
Inoltre, mentre il fideiussore può opporre al creditore le eccezioni che spettano al debitore
principale, salvo quella derivante dall’incapacità, l’avvallante, sempre in virtù del principio
dell’autonomia, non può opporre le eccezioni personali all’avvallato.
Per effetto del pagamento, l’avallante acquista i diritti inerenti la cambiale contro l’avallato e contro
coloro che si sono obbligati verso quest’ultimo.
L’obbligazione di avvallo deve essere scritta sulla cambiale.
In mancanza di indicazioni la Legge stabilisce che l’avvallo si intende dato per il traente.
3.3. Pagamento ed azioni cambiarie
I soggetti obbligati al pagamento della cambiale sono:
obbligati principali (emittente del vaglia cambiario, accettante della tratta);
obbligati in via di regresso (giranti del vaglia, traenti e giranti della tratta).
L’azione cambiaria è quindi:
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diretta o principale, che si prescrive in tre anni;
di regresso, subordinata al protesto, che può essere esercitata:
1. dopo la scadenza, per mancato pagamento;
2. prima della scadenza, per rifiuto totale o parziale dell’accettazione;
3. per fallimento del trattario, etc.
4. solo il pagamento compiuto dall’obbligato principale estingue le cambiali.
Gli obbligati cambiari sono tenuti in solido.
In deroga ai principi generali, il portatore non può rifiutare un pagamento parziale.
Il portatore di una cambiale può servirsi di essa come titolo esecutivo ed iniziare senz’altro
l’esecuzione, o promuovere un ordinario giudizio di cognizione ed ottenere un decreto ingiuntivo.
Il protesto è un atto pubblico con il quale si accerta, in forma solenne, il rifiuto di accettazione o di
pagamento nel termine fissato dalla Legge. Se il portatore della cambiale intende avvalersi
dell’azione causale ha l’onere di offrire la restituzione della cambiale o depositarla in cancelleria.
Ciò al fine di impedire che la cambiale continui a circolare e che il debitore possa trovarsi a rischio
di un duplice pagamento.
Il titolo di credito per l’incasso può essere presentato alla banca per lo sconto, salvo buon fine.
Se non viene pagato la banca si rivale sul cliente che ha presentato il titolo allo sconto.
Non può essere ammessa allo sconto una cambiale priva di “marca cambiali” di importo pari
all’imposta dovuta.
3.4. Adempimenti fiscali sulle cambiali
Dal 2008 la cambiale è costituita da un semplice foglio di carta stampato, sul quale, all’atto
dell’acquisto, il tabaccaio autorizzato appone il contrassegno telematico “marca cambiali”, di
importo pari all’imposta dovuta.
L’ammontare di tale imposta è stabilita in rapporto alla somma indicata nel titolo.
Se la cambiale è emessa e pagabile nello Stato, l’imposta è del 12 per mille, se è emessa nello Stato
e pagabile all’estero è del 9 per mille.
La regolarità fiscale non è un requisito essenziale della cambiale; l’insufficienza o la mancanza
della marca fa tuttavia perdere alla cambiale l’efficacia di titolo esecutivo; per far valere in giudizio
i diritti cambiari è infatti necessario regolarizzare il documento dal punto di vista fiscale, mediante
il pagamento dell’imposta dovuta e della relativa penalità. Le cambiali prive di marca cambiali non
sono solitamente ammesse allo sconto.
4. Assegno
L’assegno è un titolo bancario caratterizzato dal soggetto designato per il pagamento che è
un’impresa bancaria.
La funzione consiste nel facilitare i pagamenti, evitando gli spostamenti di denaro: si tratta quindi di
mezzi di pagamento che vengono utilizzati in sostituzione della moneta legale.
Gli assegni si dividono in due grandi categorie:
assegno bancario;
assegno circolare.
4.1. Assegno bancario
L’assegno bancario (o cheque) è un titolo di credito all’ordine o al portatore contenente l’ordine
incondizionato di una persona (traente) ad un istituto di credito di pagare a vita, al possessore del
titolo, una determinata somma, disponibile presso il medesimo istituto.
Si tratta sostanzialmente di una delega di pagamento e quindi instaura un rapporto trilaterale per
cui il pagamento fatto dal trattario al prenditore estingue per un uguale importo il debito del trattario
verso il traente e quello del traente verso il prenditore. In pratica lo scopo del traente quando dà
l’ordine di pagamento, è di regolare un precedente rapporto con il prenditore (rapporto di valuta),
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avvalendosi dell’opera del banchiere al quale è legato da un altro distinto rapporto giuridico
(rapporto di provvista).
L’assegno bancario non può essere emesso se il traente non ha fondi disponibili sul conto corrente
bancario (trattario), dei quali abbia il diritto di disporre per assegno bancario ed in conformità di
una convenzione espressa o tacita; l’emissione di assegni a vuoto, pur non più sanzionata
penalmente, è punita da efficaci altre misure.
Presupposti per l’emissione dell’assegno bancario sono quindi:
rapporto di provvista: è il rapporto da cui sorge la provvista può essere sia un deposito di
denaro, sia un’apertura di credito, etc;
convenzione di assegno: è l’accordo in virtù del quale il traente è autorizzato ad ordinare
pagamenti a mezzo assegni alla banca trattaria e la banca è obbligata ad eseguirli.
In genere viene concluso tacitamente mediante la consegna al traente del libretto degli assegni.
I requisiti di forma dell’assegno bancario sono:
denominazione di assegno bancario (cheque) inserita nel contesto del titolo;
ordine incondizionato di pagare una somma determinata;
nome del banchiere designato a pagare (trattario);
indicazione del luogo di pagamento;
indicazione della data e del luogo dove l’assegno bancario è emesso (parte della dottrina ritiene
che l’assegno rilasciato con data in bianco sia nullo mentre l’assegno postdatato è considerato
valido. La Legge ne consente la presentazione immediata per il pagamento a vista. La
postdatazione determina quindi solo l’irregolarità dell’assegno, punita con sanzioni
amministrative);
sottoscrizione di colui che emette l’assegno bancario (traente).
L’emissione di un assegno è atto di straordinaria amministrazione: vale peraltro quanto già detto
circa l’emissione della cambiale.
L’assegno bancario può anche essere emesso a mezzo di rappresentante.
Per ovviare ai pericoli derivanti dal furto e dallo smarrimento di assegni, la Legge prevede
particolari clausole limitative della circolazione e della legittimazione.
La procedura atta a verificare di efficacia il titolo smarrito è denominata ammortamento ed
avviene mediante ricorso al presidente del tribunale.
4.2. Assegno non trasferibile
Gli assegni bancari, circolari e vaglia postali emessi da istituti di credito (banche) e poste:
di qualsiasi importo, devono essere rilasciati solamente contenenti la clausola “non trasferibile”;
per importi inferiori a 1000,00 euro, è tuttavia possibile il rilascio di assegni in “forma libera”
previa richiesta scritta e con il pagamento di un’imposta di bollo di 1.50 euro per ogni assegno.
Gli assegni emessi all’ordine del traente (cosiddetti assegni “a me medesimo”) indipendentemente
dall’importo trasferito, potranno essere girati unicamente per l’incasso ad una banca o alle poste: è
vietato il trasferimento a terzi.
Il nuovo regime sanzionatorio per le violazioni all’uso del contante e dei titoli al portatore prevede
una sanzione dall’1% al 40% dell’importo trasferito e comunque non inferiore a 3000.00 euro.
Per le violazioni che riguardano importi superiori a 50000.00 euro la sanzione minima è aumentata
di cinque volte.
Tale sanzione è applicabile non soltanto al soggetto che ha effettuato il trasferimento ma anche a
colui che ha ricevuto le somme in contante.
Per le violazioni che riguardano l’utilizzo dei libretti di deposito al portatore con saldi pari o
superiore a 1000.00 euro si applica la sanzione dal 20% al 40% del saldo.
Per importi superiori a 50000.00 euro le sanzioni minima e massima sono aumentate del 50%.
La finalità del nuovo regime sanzionatorio va individuata nell’intento di scoraggiare l’uso di
strumenti di pagamento anonimi che possono favorire il riciclaggio e l’evasione fiscale.
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4.2. Assegno sbarrato
È sbarrato l’assegno al quale sono state apposte, dal traente o dal portatore, due sbarre parallele
sulla faccia anteriore.
Lo sbarramento può essere:
generale: se fra le due sbarre non vi è alcuna indicazione o vi è la semplice parola “banchiere” o
altra equivalente, non può essere pagato dal trattario se non ad un proprio cliente o ad un
banchiere, il quale a sua volta non può averlo acquistato che da un proprio cliente o da un
banchiere;
speciale: se tra le due sbarre è scritto il nome di un banchiere, non può essere pagato che dal
banchiere indicato.
4.3. Pagamento dell’assegno bancario
L’assegno bancario è sempre pagabile a vista e può anche essere emesso al portatore.
L’assegno bancario deve essere presentato al pagamento entro termini molto brevi:
otto giorni dalla data di emissione, se è pagabile nello stesso comune in cui è emesso;
quindici giorni se è pagabile in altro comune del territorio dello Stato.
La presentazione oltre il termine è necessaria per non decadere dal diritto di regresso contro i
giranti. Tuttavia il trattario può pagare anche oltre il termine, salvo che il traente gli abbia dato
ordine contrario.
Analogamente a quanto si è detto in materia di cambiale, qualora il trattario rifiuti il pagamento
dell’assegno, in alternativa all’azione di regresso, di natura cambiaria, è possibile esperire l’azione
causale (previa restituzione dell’assegno o deposito in cancelleria nonché assolvimento dell’onere
del protesto).
La restituzione del titolo ha lo scopo di tutelare il debitore per evitare il pericolo che dopo l’azione
causale si trovi esposto anche a quella cambiaria; il protesto invece serve a far constatare il mancato
pagamento allo scopo di conservare al debitore le azioni di regresso che gli spettano.
Infine qualora il portatore dell’assegno abbia perduto l’azione cambiaria contro tutti gli obbligati e
non abbia contro gli stessi azione causale, può esercitare l’azione di arricchimento contro il traente
o il girante che si sia ingiustamente arricchito a suo danno.
Se un assegno risulta falsificato nei suoi elementi importanti, quali l’importo, la firma di traenza,
etc. e tuttavia viene ugualmente pagato dalla banca, la stessa ne sarà responsabile e ne dovrà
rispondere.
4.4. Disciplina sanzionatoria dell’assegno bancario
Dall’1.9.2006 sono state adottate regole più severe per il trattamento degli assegni che al momento
della presentazione al pagamento, non risultino coperti da fondi, anche se è stata depenalizzata
l’emissione di assegni “a vuoto”.
Le sanzioni accessorie collegate all’emissione di assegni senza provvista consistono in:
iscrizione del traente al CAI (centro di abilitazione interbancario);
divieto di emettere assegni per almeno 6 mesi e a qualunque banca di stipulare, per la medesima
durata, nuove convenzioni di assegno con il traente, nonché di pagare gli assegni tratti dopo
l’iscrizione nell’archivio anche se emessi nel limite di provvista;
obbligo per il traente di corrispondere al beneficiario una penale del 10% della somma dovuta e
non pagata, degli interessi per il ritardato pagamento e delle eventuali spese per il protesto;
applicazione di sanzioni pecuniarie:
1. da 516.45 a 3098.74 euro per gli assegni di importo inferiore o uguale a 10329.00 euro;
2. da 1032.91 a 6197.48 per gli assegni di importo superiore a 10329.00 euro.
Queste sanzioni possono essere evitate se il traente dimostra, entro 60 giorni dal termine di
presentazione dell’assegno, il pagamento a favore del beneficiario, dell’importo del titolo della
penale del 10% degli interessi e delle spese di protesto.
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In caso di violazioni della disposizione sul trasferimento degli assegni intestati a sé stessi, è
applicabile una sanzione dall’1% al 40% dell’importo trasferito.
4.5. Disciplina sanzionatoria dell’assegno bancario
L’assegno circolare è un titolo di credito all’ordine emesso da un istituto di credito a ciò
autorizzato, contenente la promessa incondizionata di pagare a una determinata persona una somma
presso di esso disponibile al momento dell’emissione e pagabile a vista presso tutti i recapiti
comunque indicati dall’emittente.
L’assegno circolare ha la struttura di un vaglia cambiario, ma una diversa funzione economica: si
tratta infatti di un mezzo di pagamento.
È sempre pagabile a vista come l’assegno bancario, ma se ne differenzia perché:
contiene non un ordine del traente verso una banca ma una promessa di pagamento della
banca, che è perciò obbligata principale, soggetta all’azione diretta.
non è necessario avere un conto presso la banca in quanto emesso su richiesta del cliente con
versamento dell’importo nel momento in cui si chiede il rilascio del titolo.
L’assegno circolare deve essere presentato per il pagamento entro 30 giorni dalla data di emissione.
L’imposta di bollo sugli assegni circolari deve essere liquidata e pagata dalla banca sull’ammontare
complessivo degli assegni in circolazione alla fine di ogni trimestre.
5. Altri strumenti di pagamento
Altri strumenti di pagamento sono:
carte di credito;
RiBa (ricevute bancarie);
bonifici bancari;
RID (Autorizzazioni permanente di addebito in conto corrente);
MAV (pagamento mediante avviso).
5.1. Carte di credito
Le carte di credito sono rappresentate da un particolare documento di identificazione che consente
al titolare di effettuare acquisti presso esercenti convenzionati senza l’esborso di denaro contante o
l’utilizzo di assegni bancari.
Per venire in possesso di una carta di credito è sufficiente una semplice richiesta, solitamente
tramite la propria banca, dopo aver fornito una serie di informazioni personali atte a garantire un
certo grado di solvibilità.
Sulla base di tali informazioni sarà fissato un “plafond” massimo di spesa mensile effettuabile con
l’impiego della carta di credito.
Una volta venuto in possesso della carta di credito, il titolare della stessa effettua gli acquisti presso
gli esercenti convenzionati firmando un apposito documento e senza procedere all’esborso di
denaro contante o all’emissione di assegni bancari.
L’esborso di denaro viene rimandato a data futura, quando il titolare riceverà al proprio domicilio, a
cadenza solitamente mensile, un estratto conto recante la descrizione degli acquisti effettuati nel
corso del periodo: solo allora il titolare dovrà effettuare il pagamento, entro un termine prestabilito
(mediamente 20/25 giorni senza alcun onere aggiuntivo).
L’utilizzo di questo particolare strumento di pagamento consente quindi al titolare della carta di
beneficiare di un credito per il periodo che intercorre tra il momento dell’acquisto ed il momento di
effettivo regolamento della transazione.
Questo beneficio è sostanzialmente pagato dall’esercente convenzionato mediante un diritto di
commissione corrisposto al gestore della carta di credito.
Ancora più diffuso è il sistema di pagamento denominato Bancomat.
Questo strumento, nato per il prelievo automatico di denaro contante dal proprio conto corrente
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bancario, attraverso distributori collegati alla rete telematica, anche fuori dagli orari di sportello e
presso qualsiasi banca che aderisce al circuito, è diventato anche, di fatto, uno degli strumenti di
pagamento più diffusi attraverso il c.d. POS:
Il servizio POS è un sistema elettronico di incasso, attraverso terminali installati dalle banche presso
gli esercenti convenzionati e abilitati al trattamento di tutte le carte di credito.
L’esercente deve solo eseguire una “strisciata” della carta di debito o di credito dell’acquirente
nell’apposita fessura del POS e digitare l’importo della somma da riscuotere per:
verificare la validità della carta;
comunicare all’ente gestore l’entità della spesa;
ricevere l’approvazione al pagamento;
emettere una ricevuta;
ricevere direttamente sul proprio conto corrente, l’accredito diretto dei corrispettivi delle vendite.
Dotandosi di un terminale POS, l’esercente ha quindi il vantaggio di:
non correre rischi di negoziare carte smarrite o rubate;
non dover restituire resti;
evitare di tenere in cassa denaro, a rischio di furti o banconote false;
aprire il proprio mercato a tutti i possessori di carte di debito o di credito, siano essi italiani o
stranieri, ormai non abituati a portare con sé somme di denaro contante troppo alte;
non dover fare conversioni di divise straniere nella propria divisa nazionale, in quanto esprime
sempre l’importo in divisa nazionale, senza preoccuparsi delle modalità con cui verrà addebitato
al possessore della carta.
Oltre ai POS tradizionali, collegati alla lista telefonica fissa, sono disponibili POS mobili, POS in
radiofrequenza, POS cellulari, etc. in grado di soddisfare le varie esigenze degli esercenti.
Con il servizio Bancomat è inoltre possibile usufruire di altre operazioni connesse, come il
pagamento di bollette, il versamento di contanti ed assegni, la lettura del saldo, la stampa degli
estratti conto o della lista dei movimenti e ricariche ai telefoni cellulari.
Entrambi i sistemi (carta di credito e Bancomat) sfruttano per l’identificazione del richiedente una
tessera plastificata (badge) corredata da una banda magnetica, che il cliente inserisce in un apposito
lettore. La tessera viene attivata digitando sulla tastiera del distributore un codice numerico di
sicurezza (PIN), che deve essere mantenuto segreto dal possessore; questo viene criptato e, se la
stringa criptata corrisponde a quella memorizzata sul server centrale del gestore, l’operazione può
essere eseguita; diversamente, al terzo tentativo sbagliato, la tessera viene catturata dal distributore
ed il servizio viene cautelativamente sospeso.
Un sistema analogo gestito da Poste Italiane SPA, è il Postamat.
5.2. Ricevute bancarie (RiBa)
Per la riscossione di un credito di fattura il creditore/venditore emette una ricevuta bancaria,
contenente il riferimento alla fattura da riscuotere e redatta secondo lo standard ABI, che affida per
l’incasso alla propria banca che la inoltra ad uno sportello operante sulla piazza del debitore.
La ricevuta bancaria viene consegnata dalla banca al debitore al momento del pagamento, quale
prova dell’avvenuto pagamento.
La più larga diffusione delle ricevute bancarie rispetto alle cambiali è da attribuire al vantaggio da
parte del compratore che risparmia sensibilmente sull’imposta di bollo ed evita il peso psicologico
di figurare come obbligato di una cambiale.
5.3. Bonifici
Il bonifico è un’operazione bancaria che consente il trasferimento di fondi da una persona fisica o
giuridica (ordinante) ad un’altra (beneficiario). Il trasferimento dei fondi può avvenire:
per cassa cioè presentando il corrispettivo in contanti alla banca che origina il pagamento oppure
ritirando il corrispettivo in contanti presso la banca ricevente;
21
mediante addebito sul conto corrente del debitore e conseguente accredito sul conto corrente del
creditore.
I bonifici vengono eseguiti tra le banche con procedure elettroniche, che consentono rapidità e
sicurezza nell’invio delle disposizioni: perché ciò avvenga è necessario che il beneficiario sia
individuato in maniera chiara ed esatta mediante le coordinate bancarie secondo lo standard
internazionale, denominato IBAN.
Per i bonifici transfrontalieri tra i paesi europei per i pagamenti di importo non superiore a 50000
euro sono state fissate regole di trasparenza, tempestività ed esecuzione e di garanzia in caso di
mancata esecuzione.
5.4. Autorizzazione permanente di addebito in conto corrente (RID)
Il RID (rapporti interbancari diretti) è un modo di pagamento tramite addebito sul proprio conto
corrente bancario. Con tale documento si autorizza la banca a provvedere al pagamento di fatture
periodiche addebitando sul proprio conto corrente alle condizioni d’uso.
La banca quindi assume l’incarico del pagamento delle fatture che l’azienda fornitrice invia
direttamente all’utente a condizione che, al momento del pagamento, il conto assicuri disponibilità
sufficienti. In caso contrario, l’incasso di pagamento delle fatture si intenderà automaticamente
revocato con effetto immediato e la banca resterà esonerata da ogni responsabilità inerente il
mancato pagamento.
5.5. Pagamento mediante avviso (MAV)
È una procedura interbancaria standardizzata di incasso, utilizzata da aziende operanti in un vasto
mercato con emissione sistematica di ampi volumi di fatture d’importo unitario medio – piccolo e
pagamenti non preventivamente domiciliati presso una banca.
Consiste un “invito”, contenuto in un apposito modulo emesso da una banca e inviato dal creditore
al debitore, di pagare, presso qualunque sportello bancario, un importo predeterminato entro una
determinata data.
Il debitore, anche sprovvisto di conto corrente bancario, effettua il pagamento, esente da
commissioni, presso un qualsiasi sportello bancario, che gli restituisce parte dell’avviso contenente
la quietanza.
5.6. Pagamenti telematici di imposte
Tutte le persone fisiche e le società possono effettuare i pagamenti delle imposte per via telematica.
È necessario tuttavia essere titolari di un conto corrente presso banche abilitate.
Il contribuente che desidera effettuare il pagamento delle imposte on line deve comunicare
all’amministrazione finanziaria le coordinate bancarie del conto di cui è titolare per l’addebito della
somma dovuta.
Con tale comunicazione si autorizza l’amministrazione finanziaria a richiedere alla banca che
detiene il conto l’addebito delle somme dovute e si autorizza la banca ad effettuare il prelievo.
5.7. Home banking
È possibile accedere alle proprie risorse finanziarie presso una banca anche da casa, dall’ufficio o in
viaggio mediante il proprio personal computer collegato ad internet.
Si può così consultare la situazione del proprio conto corrente, si possono effettuare pagamenti sui
conti della stessa banca o di altre banche ed operazioni di borsa.
Per poter usufruire dei servizi home banking è necessario sottoscrivere il contratto con la propria
banca.
Per collegarsi è sufficiente inserire nell’apposita “maschera” il proprio user name (nome utente) e la
propria password, una volta che il sistema ha effettuato il riconoscimento è possibile effettuare le
consultazioni o le transazioni consentite.
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5.8. Corporate banking intercambiario (CBI)
È un servizio di flussi elettronici relativi a operazioni bancarie e commerciali messo a disposizioni
da una banca, definita proponente, ad un’impresa che è un cliente di altre banche, definite passive.
Il servizio prevede un collegamento telematico tra impresa e banca proponente e consente di
scambiare i flussi elettronici con tutte le banche passive, oltre che con la banca proponente.
I flussi predisposti dall’impresa possono contenere disposizioni di incasso, come RIBA, RID, e
MAV, disposizioni di pagamento, come bonifici interni ed esteri, richieste di emissioni di assegni
circolari, mentre quelli predisposti dalle banche contengono gli esiti delle disposizioni di incasso, i
movimenti ed i saldi di conti correnti.
5.9. Utilizzo del denaro contante
Il limite per i trasferimenti di denaro contante è stabilito in 1000.00 euro per rendere tracciabile il
maggior numero di transazioni economiche e quindi evitare operazioni illegali.
Il limite all’utilizzo del contante da parte di turisti extra – UE che effettuano acquisti di beni o
prestazioni di servizio presso commercianti la minuto, alberghi, ristoranti, nonché presso agenzie di
viaggio e turismo è previsto in 15000.00 euro.
Per poter beneficiare di tale limite, gli operatori economici italiani devono:
inviare una comunicazione telematica preventiva all’Agenzia delle entrate con indicazione anche
del conto corrente che sarà utilizzato;
acquisire dal cliente la fotocopia del passaporto nonché l’autocertificazione attestante la
cittadinanza e la residenza.
Il cliente non deve essere cittadino italiano, né comunitario, né appartenente al SEE e non deve
risiedere in Italia.
versare il denaro incassato sul proprio conto corrente nel primo giorno feriale successivo
all’operazione consegnando alla banca copia della ricevuta della comunicazione telematica.
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5. Crediti e finanziamenti
Premessa
Alla sua nascita un’azienda necessita di mezzi finanziari da investire nelle sue strutture: deve infatti
acquistare i mezzi per svolgere l’attività, arredare gli uffici, etc.
Proprio perché molti costi precedono nel tempo i ricavi, l’azienda da un fabbisogno finanziario
iniziale.
Il periodo di tempo necessario affinché i mezzi finanziari investiti nell’azienda si convertano
nuovamente in denaro prende il nome di ciclo di ritorno del capitale: tale ciclo è più o meno lungo a
seconda del tipo di investimento effettuato e determina un’esigenza di pluralità di finanziamenti di
natura e caratteristiche diverse.
1. Finanziamento dell’impresa
Le fonti di finanziamento possono sostanzialmente ridursi a due:
fonti interne o di capitale proprio: affluiscono all’impresa con i conferimenti del titolare o dei
soci.
Si tratta in genere di capitale risparmiato prima di iniziare l’attività, della cui restituzione bisogna
tener conto. L’autofinanziamento aziendale è costituito dall’utile che alla fine dell’esercizio non
viene ritirato dal titolare o dai soci.
Caratteristiche di tali fonti sono le seguenti: i mezzi propri sono soggetti al rischio di impresa,
non comportano un obbligo di remunerazione e non hanno scadenza.
fonti esterne di capitale di credito: sono mezzi finanziari dati a prestito da terzi.
Vi entrano debiti verso fornitori, anticipi ottenuti da clienti, finanziamenti da banche di credito
ordinario, Artigiancassa, prestiti da privati, debiti da società collegate.
Caratteristiche di tali fondi sono: l’obbligo della remunerazione (interessi), l’obbligo della
scadenza, limitata e indiretta soggezione al rischio di impresa.
Al momento dell’investimento, l’imprenditore, valutati i mezzi finanziari cui può attingere, fa la
propria scelta in relazione anche all’entità dei valori:
a. se si tratta di importi non considerevoli chiede una dilazione di pagamento al fornitore
rilasciando a saldo effetti cambiari od impegnandosi a scadenze prestabilite al pagamento
rateale. Il fornitore applicherà al debito residuo (detratto l’acconto d’uso) gli interessi di
dilazione che andranno ad aumentare il costo iniziale prima di procedere all’ammortamento;
b. se si tratta di importi di una certa rilevanza, si potrà accedere al credito agevolato che per le
medie e grandi imprese è il Mediocredito.
Il credito ordinario serve per finanziare l’attivo circolante ossia gli elementi patrimoniali non
destinati ad essere utilizzati durevolmente dalla società (cassa, crediti, rimanenze e titoli).
I finanziamenti a seconda della scadenza, si classificano in:
debiti a breve termine: sono costituiti dalle passività correnti con scadenza non superiore
all’anno e per debiti a scadenza non determinata con il quale il creditore ha diritto di chiedere il
rimborso con breve preavviso (apertura di credito in conto corrente);
debiti a medio termine: hanno scadenza superiore all’anno ma non ai cinque anni (ad esempio
mutuo per acquistare un automezzo);
debiti a lungo termine: hanno scadenza fino a 20 – 30 anni ed oltre (sono solitamente assistiti
da garanzie reali come le ipoteche).
La scelta tra le diverse fonti (interne od esterne) ed in relazione alla scadenza, deve essere effettuata
avendo presente, oltre alla possibilità di ottenerli ed il costo di approvvigionamento, anche le
ragioni che hanno creato l’esigenza di mezzi finanziari; ad esempio l’acquisto di un immobile dovrà
essere finanziato da capitale proprio o a lungo termine mentre l’acquisto di merci potrà essere
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finanziato con un debito a breve.
Occorre anche tenere presente anche i costi aggiuntivi della gestione dei crediti, contenenti
l’insieme dei costi amministrativi collegati al credito commerciale, comprensivi sia dei costi diretti
sia dei costi indiretti di tenuta della gestione.
2. Contratti bancari
I contatti bancari sono contratti tipici stipulati con una banca.
I più comuni contratti bancari sono:
deposito bancario;
conto corrente bancario (o conto corrente di corrispondenza);
anticipazione bancaria;
sconto bancario;
finanziamenti.
2.1. Deposito bancario
È il contratto con il quale un soggetto deposita una somma di denaro presso una banca, che ne
acquista la proprietà, restando obbligato a restituirla nella stessa specie monetaria alla scadenza del
termine e a richiesta del depositante, salvo l’osservanza del periodo di preavviso se pattuito.
A seconda della durata il deposito può essere:
a vista, se è rimborsabile a richiesta del depositante;
vincolato, se la restituzione ha luogo alla scadenza di un termine convenuto ed è subordinata ad
un breve preavviso.
A seconda della forma si distinguono:
depositi ordinari: si costituiscono mediante il rilascio di una lettera di accreditamento o di una
ricevuta di cassa che va restituita all’atto del rimborso;
depositi di risparmio: si costituiscono con il rilascio di un libretto che permette di effettuare
versamenti e prelievi. Il libretto può essere:
a. nominativo;
b. al portatore;
c. nominativo pagabile al portatore;
d. al portatore con l’indicazione di un nome;
depositi in conto corrente (conto corrente di corrispondenza): consentono di disporre delle
somme depositate mediante l’emissione di assegni.
2.2. Conto corrente bancario (o conto corrente di corrispondenza)
È il contratto con il quale la banca assume l’incarico di compiere pagamenti o riscossioni per conto
del cliente e dietro suo ordine.
La costituzione del conto corrente comporta per il correntista la disponibilità delle somme risultanti
a suo credito.
Tale disponibilità può essere costituita:
con versamenti propri di somme o con accreditamenti di terzi. Delle somme risultanti a suo
credito il correntista può disporre per mezzo di ordini scritti o orali.
L’ordine può essere dato con la richiesta di emissione di assegni circolari, con l’emissione di
assegni bancari, etc.
Le riscossioni ed i pagamenti effettuati per conto del correntista danno luogo ad un continuo
movimento del conto, compensandosi (in senso contabile).
La banca risponde secondo le regole del mandato dell’esecuzione degli incarichi ricevuti dal
correntista.
Le nuove norme sulla trasparenza in materia bancaria prevedono che il cliente abbia diritto di
ricevere estratti conto con periodicità mensile, trimestrale o semestrale; gli stessi si intendono
25
approvati qualora siano trascorsi 60 giorni dal ricevimento senza che il cliente abbia proposto
opposizioni scritte.
Anche in materia di tassi di interesse sono state introdotte significative innovazioni, quali
l’obbligo di rendere pubblici i tassi effettivamente praticati; l’espressa approvazione per iscritto
dell’eventuale clausola che prevede la possibilità di variare il tasso in corso di rapporto in senso
sfavorevole al cliente; l’obbligo di comunicazione per iscritto, a pena di inefficacia, di tali
variazioni al cliente, e salvo il diritto di recesso a questi riconosciuto.
Tali norme devono però da ultimo essere coordinate con quelle introdotte dalla Legge dello
06.02.1996, n. 52, che ha modificato il Codice Civile inserendo, dopo il Capo XIV del Titolo II
del Libro IV, un Capo XIV – bis, intitolato “Dei contratti del consumatore”.
Tali norme hanno stabilito l’inefficacia delle clausole vessatorie, con particolare riferimento ai
contratti bancari; la banca in particolare, potrà modificare le condizioni del contratto solo se
sussista un giustificato motivo e preavvisando il cliente entro un congruo termine ed il cliente
può recedere dal contratto.
Per quanto riguarda la contestazione dell’estratto conto, essa è consentita nell’ambito
dell’ordinario termine di prescrizione di diritti contrattuali (10 anni);
con una concessione di credito (fido) da parte della banca. È il contratto con il quale la banca
obbliga a tenere a disposizione del cliente una somma di denaro per un dato periodo di tempo od
a tempo indeterminato.
Il “fido” è l’importo massimo di credito che la banca concede, sotto qualunque forma, ad un
cliente che ne ha fatto richiesta, dopo averne accertato le capacità reddituali, la consistenza
patrimoniale e le doti morali.
Il “fido potenziale” rappresenta la fiducia della banca per un cliente, espressa in quantità di
credito messa a sua disposizione.
La condizione fondamentale per ottenere credito è la capacità di colui che richiede il fido di
conseguire un reddito: quindi capacità di reddito è capacità di credito.
L’apertura di credito può essere:
per cassa, qualora la banca si impegni al versamento di una somma di denaro che può essere
utilizzata dal cliente in una o più riprese. È spesso regolata in conto corrente per cui l’accreditato
può utilizzare più volte il credito e con successivi versamenti ripristinare la disponibilità;
per firma, quando la banca predispone una garanzia a favore del cliente nelle forme
dell’accettazione, dell’avvallo, della fidejussione.
L’apertura di credito può essere allo scoperto o garantita.
La banca non può concedere credito ad uno stesso soggetto oltre un certo limite prefissato
dall’organo di vigilanza.
Mediante l’istruttoria di fido, la banca valuta se l’impresa merita la concessione del credito
richiesto.
L’accreditato dal canto suo, è tenuto al pagamento di una provvigione oltre alla restituzione delle
somme utilizzate.
In genere, all’apertura di credito allo scoperto, la banca si fa rilasciare delle cambiali (al fine di
recuperare o mobilizzare più facilmente il credito) ed il diritto alla restituzione può essere rafforzato
da garanzie reali o personali.
2.3. Anticipazione bancaria
È il contratto in virtù del quale la banca concede al cliente, previa costituzione di una garanzia, una
somma proporzionata al valore oggetto della garanzia.
L’anticipazione è caratterizzata dalla necessità della costituzione della garanzia e dalla costante
proporzionalità per tutta la durata del rapporto fra le somme anticipate ed i beni dati in pegno.
Oggetto della garanzia possono essere solo titoli di credito, merci, o documenti rappresentativi di
merci.
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2.3. Sconto bancario
È il contratto con il quale la banca, previa deduzione dell’interesse, anticipa al cliente l’importo di
un credito verso terzi non ancora scaduto, mediante cessione, salvo buon fine, del credito stesso.
Con il contratto di sconto il cliente cede alla banca un credito non ancora scaduto e ne riceve in
cambio l’importo diminuito dello sconto commerciale e delle commissioni d’incasso.
Questo importo è il valore attuale mentre la somma dovuta alla scadenza è il capitale.
L’operazione di sconto è preceduta dalla concessione di un fido da utilizzare da parte del cliente
mediante lo smobilizzo di effetti rilasciati dai suoi clienti o di ricevute bancarie emesse a saldo delle
fatture di prestazioni.
Nelle operazioni di sconto commerciale, agli effetti aventi breve scadenza, può essere applicato un
minimo di sconto o “diritto di brevità”.
Tra i crediti che possono costituire oggetto di sconto le banche danno la preferenza ai crediti
bancari.
Scopo dell’operazione è consentire allo scontatario di utilizzare immediatamente l’importo di un
suo credito non ancora esigibile; a tal fine il credito viene ceduto, con la girata in bianco, alla banca
che ne anticipa l’importo.
Il riscontro è l’operazione con la quale la banca sconta a sua volta il credito scontato ottenendo
quindi la liquidazione anticipata del capitale.
È in genere operazione svolta dalla Banca d’Italia e dalle banche maggiori.
2.4. Finanziamento Artigiancassa
Particolari finanziamenti agevolati sono previsti per le imprese artigiane, e quindi anche per gli
autotrasportatori iscritti all’Albo delle imprese artigiane, per l’acquisto di fabbricati, macchinari,
di attrezzature, di materie prime, per la ristrutturazione di locali.
La Legge finanziaria 2001 ha escluso l’applicabilità di tali finanziamenti per l’acquisto degli
autoveicoli da parte degli autotrasportatori.
Il tetto massimo di finanziamento è stato stabilito in 258228.00 €.
Il tasso di interesse che grava su tali finanziamenti è agevolato ed è quello corrente, cioè quello
applicato dalle aziende di credito convenzionate con la Cassa per il credito alle imprese artigiane.
I finanziamenti possono avere durata:
fino a 10 anni, il prestito è destinato all’impianto (ampliamento ed ammodernamento dei
laboratori) ed all’acquisto di macchinari ed attrezzi;
fino a 5 anni se il prestito è destinato all’acquisto di macchine ed attrezzi;
fino a 5 anni per la formazione di scorte.
Per ottenere il finanziamento Artigiancassa, unitamente alla domanda, occorre produrre una serie di
documenti atti a comprovare i requisiti della persona, la capacità di reddito e l’iscrizione all’Albo
artigiani.
6. Imposte in generale
Premessa
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Tutti i soggetti di diritto sia le persone fisiche sia le persone giuridiche, possono essere soggetti
passivi del rapporto giuridico d’imposta: “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in
ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.
(art. 53 Costituzione).
Ai fini dell’applicazione dell’imposta, ogni soggetto ha obbligo di:
stabilire un domicilio fiscale:
1. le persone fisiche hanno il domicilio fiscale nel comune alla cui anagrafe sono iscritte (per
quelle non residenti in Italia ci si riferisce invece al comune di produzione del reddito);
2. le persone giuridiche hanno il domicilio fiscale nel comune in cui si trova la loro sede legale;
richiedere un codice fiscale. Il codice fiscale è uno strumento per identificare i soggetti passivi
di imposta; viene attribuito pertanto ad ogni contribuente e consente di imputare al suo autore
ciascuna operazione economica soggetta ad imposta. Nel caso di persona fisica il codice fiscale
ha una composizione alfanumerica di sedici caratteri.
Per i soggetti diversi dalle persone fisiche il codice fiscale è numerico ed è composto di undici
caratteri. La partita IVA è sempre costituita da undici numeri.
Le imposte vengono solitamente suddivise in:
imposte dirette (possesso di ricchezza);
imposte indirette (varie forme di utilizzazione della ricchezza stessa);
imposte locali (imposte riscosse dagli enti locali) che quindi, a loro volta, in relazione all’Ente
cui sono attribuite si suddividono in:
imposte comunali;
imposte provinciali;
imposte regionali.
1. Imposte dirette
Vengono definite dirette, le imposte che colpiscono manifestazioni immediate della capacità
contributiva e che hanno come presupposto:
il reddito (flusso di ricchezza acquisito dal contribuente in un determinato periodo di tempo);
il patrimonio.
Le imposte dirette sono distinte in:
generali, che colpiscono la generalità dei redditi o dei patrimoni;
speciali, che colpiscono determinate forme di redditi o dei patrimoni;
e inoltre in:
personali, per le quali assumono rilievo elementi che concernono la situazione personale o
familiare del contribuente;
reali, che si commisurano ad un dato reddito od elemento patrimoniale oggettivamente
considerato.
La disciplina giuridica delle imposte dirette è contenuta principalmente nel TUIR (Testo Unico
delle Imposte sui Redditi) approvato con DPR 22.12.1986 n.917; l’assetto normativo operato dal
TUIR è tutt’altro che definitivo essendo intervenute nel tempo numerosissime modifiche che
riguardano non soltanto parametri quantitativi (aliquote, detrazioni, etc.), ma anche aspetti
sostanziali delle singole imposte.
Le principali imposte dirette sono rappresentate dalle imposte sul reddito, costituito da:
reddito fondiario;
reddito di capitale;
reddito di lavoro dipendente;
reddito di lavoro autonomo;
reddito di impresa;
redditi diversi;
redditi di fonte estera.
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1.1. Redditi fondiari
Sono redditi fondiari quelli inerenti:
terreni, iscritti nel catasto terreni;
fabbricati, iscritti nel NCEU (nuovo catasto edilizio urbano), situati nel territorio dello Stato ed
ai quali è attribuita una rendita catastale.
Sono titolari di redditi fondiari i soggetti che hanno il possesso dell’immobile a titolo di proprietà o
di altro diritto reale (affitto, uso, usufrutto, locazione, etc.).
Il reddito dei terreni si distingue in:
reddito dominicale, imputato al proprietario;
reddito agrario, che spetta a chi effettivamente coltiva il fondo.
I redditi fondiari sono di norma determinati con un sistema forfetario basato sulle tariffe d’estimo e
concorrono alla formazione del reddito complessivo del contribuente.
1.2. Reddito di capitale
Sono proventi in denaro o in natura, derivanti dall’impiego di denaro o di altri beni, la cui
percezione avvenga al di fuori dell’esercizio di attività imprenditoriali.
Il reddito di capitale è costituito dall’ammontare di interessi, utili o altri proventi percepiti nel
periodo di imposta.
1.3. Reddito di lavoro dipendente
Sono redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione
di lavoro alle dipendenze e sotto la direzione di altri.
La categoria del reddito di lavoro dipendente comprende, oltre alle retribuzioni percepite in
dipendenza di lavoro subordinato, anche le pensioni e gli assegni ad essi equiparati.
Rientrano in questa categoria i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente quali:
borse di studio;
compensi percepiti come amministratore o sindaco da società;
gettoni di presenza percepiti per l’esercizio di pubbliche funzioni, etc.
I compensi in natura corrisposti dal datore di lavoro ai propri dipendenti costituiscono
retribuzione imponibile.
La quantificazione di questi compensi avviene al valore nominale del bene o del servizio e
costituisce reddito in natura.
Il valore normale corrisponde al prezzo al corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi
della stessa specie.
Per tutti i datori di lavoro vale il criterio in base al quale non costituisce retribuzione imponibile il
valore dei beni ceduti o dei servizi prestati che nel periodo di riferimento, risulta complessivamente
inferiore a 258.23 euro.
Se tale limite viene superato, l’intero valore è soggetto a contributi.
La tassazione dei redditi di lavoro dipendente si basa fondamentalmente sull’applicazione della
ritenuta alla fonte. Sono previsti due tipi di tassazione:
ordinaria. La ritenuta alla fonte deve essere operata dal datore di lavoro che assume la veste di
sostituto di imposta;
separata. La tassazione separata riguarda i compensi percepiti in un esercizio ma imputabili a
periodi di imposta precedenti.
A partire dalle retribuzioni corrisposte con riferimento al mese di gennaio 2014, previa
sperimentazione a partire dal 2013, i datori di lavoro comunicano mensilmente in via telematica i
dati retributivi e le informazioni necessarie per il calcolo delle ritenute fiscali, dei contributi, etc,
mediante una dichiarazione mensile da presentare entro l’ultimo giorno del mese successivo a
quello di riferimento.
Il datore di lavoro dovrà poi versare all’Amministrazione finanziaria le imposte che ha
trattenuto al dipendente.
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La ritenuta alla fonte può essere a titolo di acconto o a titolo di imposta.
Il primo caso si verifica quando la tassazione è provvisoria e il dipendente al momento della
dichiarazione deve inserire fra i suoi redditi anche quelli che sono già stati assoggettati alla ritenuta
d’acconto.
La ritenuta a titolo di imposta rappresenta l’intera imposta dovuta.
Il contribuente non ha più quindi l’obbligo di dichiarare il reddito in questione.
Il datore di lavoro deve rilasciare al lavoratore il modello CUD attestante l’ammontare
complessivo delle retribuzioni corrisposte, delle ritenute operate, dei contributi previdenziali ed
assistenziali pagati, etc, entro il 28 febbraio dell’anno successivo a quello in cui sono state
corrisposte le retribuzioni. In caso di cessazione del rapporto di lavoro, entro 12 giorni dalla
richiesta del dipendente.
Il datore di lavoro deve trasmettere la denuncia dei dati retributivi di ciascun lavoratore entro al
fine del mese successivo a quello di riferimento.
La denuncia deve essere effettuata telematicamente tramite il modello UNIEMENS individuale.
I benefici previsti in materia di lavoro sono subordinati alla condizione che il datore di lavoro sia in
regola con il versamento dei contributi attestato dal modello DURC (documento unico di regolarità
contributiva).
1.4. Redditi di lavoro autonomo
Sono redditi di lavoro autonomo quelli che derivano dall’esercizio abituali di arti e professioni.
I redditi di lavoro autonomo si distinguono in:
redditi derivanti dall’esercizio di arti e professioni;
redditi assimilati.
Le due tipologie si differenziano fra loro per le diverse modalità di determinazione del reddito e per
i diversi obblighi contabili imposti dalla Legge.
Il reddito di lavoro autonomo è soggetto a ritenuta alla fonte se colui che effettua il pagamento del
corrispettivo è un imprenditore e non un privato.
1.5. Redditi diversi
I redditi diversi sono tassativamente elencati al TUIR agli art. 67, 68, 69, 70 e 71.
Essi costituiscono un’elencazione residuale in quanto comprende redditi che non rientrano nelle
altre categorie.
Rientrano tra tali redditi:
plusvalenze da cessione di immobili e da cessione di partecipazioni sociali;
proventi derivanti da affitto di azienda;
proventi derivanti da vincite alla lotteria, concorsi a premio, giochi a scommesse organizzati per
il pubblico, etc.
1.6. Redditi di fonte estera
Le persone fisiche residenti in Italia che detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di
natura finanziaria attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia,
devono indicarli nella dichiarazione dei redditi.
Sono considerati redditi di fonte estera quelli corrisposti da soggetti non residenti o derivanti da
beni che si trovano fuori dal territorio dello Stato.
L’obiettivo del legislatore fiscale è quello di armonizzare il nostro sistema con quello degli altri
Paesi membri dell’Unione Europea.
Si indicano sinteticamente i principali redditi di fonte estera:
attività finanziarie estere. I dividenti esteri come i dividenti interni sono assoggettati ad un
trattamento fiscali differenziato a seconda della natura del soggetto percettore, della qualifica
della partecipazione e del regime di fiscalità, privilegiata o meno, vigente nel Paese di origine del
30
dividendo.
Nel caso di utili distribuiti da società residenti in territori a fiscalità privilegiata, si tende ad
eliminare il regime di esenzione e a sottoporre integralmente a tassazione il dividendo percepito.
Sul valore delle attività finanziarie detenute all’estero dalle persone fisiche residenti, è prevista
un’imposta (IVAFE) nella misura dell’1 per mille per il 2012 e dell’1.5 per mille a partire dal
2013. Sui conti correnti bancari e libretti al risparmio ovunque detenuti (Stati UE ed extra UE),
l’imposta è stabilita nella misura fissa di 34.20 euro.
immobili detenuti all’estero. Occorre distinguere se gli immobili sono affittati oppure non
affittati e tenuti a disposizione.
Se sono affittai producono sempre reddito tassabile da dichiarare in Italia.
Se il reddito della locazione non è tassabile all’estero, in Italia l’imponibile è dato dal canone
ridotto del 15%.
Se invece lo Stato estero tassa i canoni, il contribuente sarà invece tenuto ad indicare il canone di
locazione senza alcun abbattimento forfetario delle spese.
Se gli immobili detenuti all’estero non sono affittati e sono tassati nello Stato in cui si trovano in
base a tariffe d’estimo e criteri similari, come avviene in Italia, l’imponibile da dichiarare in
Italia non coincide con quello tassabile nel Paese estero al netto delle spese ivi riconosciute.
Gli immobili non locati e tenuti a disposizione del contribuente in un Paese che non li assoggetta
a tassazione ai fini delle imposte sui redditi non sono imponibili neanche in Italia.
La plusvalenza conseguita a seguito della cessione dell’immobile detenuto all’estero è tassabile
in Italia.
Sul valore degli immobili detenuti all’estero è prevista un’imposta patrimoniale – IVIE.
I soggetti passivi dell’imposta sono le persone fisiche fisicamente residenti in Italia.
La base imponibile è costituita dall’atto di acquisto o dai contratti e in mancanza dal valore di
mercato rilevabile nel luogo in cui è situato l’immobile.
Per gli immobili situati in Paesi UE o aderenti al SEE la base imponibile va individuata nel
valore determinato nel Paese in cui l’immobile è situato.
In mancanza di detto valore è necessario avere riguardo al costo risultante dall’atto di acquisto o
dai contratti e in assenza, al valore di mercato del luogo in cui è situato l’immobile. L’aliquota è
stabilita nella misura dello 0.76% del valore degli immobili.
L’imposta non è dovuta se l’importo non supera 200.00 euro;
interessi attivi derivanti da conto corrente estero. Come è desumibile dalle istituzioni al
modello Unico, gli interessi attivi percepiti in relazione ad un conto corrente in una banca estera
sono imponibili se sono corrisposti direttamente al contribuente senza l’intervento di
intermediari residenti.
2. Reddito di impresa
Il reddito di impresa è quel reddito che deriva dall’esercizio di imprese commerciali, cioè
dall’esercizio, per professione abituale anche se non esclusiva, delle attività commerciali di cui
all’art. 2195 del Codice Civile (attività industriale diretta alla produzione di beni e servizi, attività
intermediaria nella circolazione dei beni, attività di trasporto per terra, acqua o aria, attività bancaria
o assicurativa, attività ausiliarie alle precedenti), anche se non organizzate in forma d’impresa.
Il legislatore fiscale, quindi, in questa materia si rifà ai principi enucleati dalle norme civilistiche
ampliando la nozione d’impresa (e di imprenditore): per l’esercizio di impresa commerciale
considera anche l’esercizio di altre attività commerciali, ancorchè non organizzate in forma di
impresa.
Il reddito d’impresa è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei ricavi conseguiti nel periodo di
imposta e l’ammontare delle spese sostenute nello stesso periodo.
Tutte le componenti positive e negative, devono essere certe e determinabili, secondo il principio di
competenza, salvo alcune eccezioni.
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2.1. Componenti attivi del reddito di impresa
I componenti attivi del reddito d’imprese sono:
ricavi, costituiti da:
a. corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui
scambio è diretta l’attività dell’impresa;
b. corrispettivi delle cessioni di materie prime e sussidiarie, di semilavorati o altri beni mobili
esclusi quelli strumentali, acquistati o prodotti per essere impiegati nella produzione;
c. corrispettivi delle cessioni di azioni, di obbligazioni e di altri titoli in serie o in massa, anche
se non rientrano tra i beni al cui scambio è diretta l’attività d’impresa;
d. indennità conseguenti a titolo di risarcimento, anche in forma assicurativa per la perdita e il
danneggiamento dei menzionati beni;
e. contributi in denaro (tesi ad integrare ricavi e a ridurre costi) spettanti in base a contratto o in
base alla Legge, erogati esclusivamente in conto esercizio;
plusvalenze patrimoniali. Sono costituite dal maggior valore realizzato nella cessione di
particolari beni relativi all’impresa rispetto all’ultimo valore riconosciuto ai fini dell’imposta sul
reddito. Le plusvalenze concorrono a formare il reddito d’impresa nei seguenti casi:
a. cessione del bene a titolo oneroso;
b. risarcimento per perdita o danneggiamento dei beni;
c. destinazione di beni al consumo personale o familiare dell’imprenditore, assegnati a finalità
estranee all’esercizio dell’impresa;
sopravvenienze attive, costituite da:
a. ricavi o altri proventi conseguiti a fronte di spese ed oneri dedotti o di passività iscritte in
bilancio in precedenti esercizi (per esempio recupero di crediti ritenuti inesigibili, recupero di
crediti per danni, etc.);
b. ricavi o altri proventi conseguiti per ammontare superiore a quello che ha concorso a formare
il reddito in precedenti esercizi (per esempio riduzioni di debiti, etc.);
c. sopravvenuta insussistenza di spese e oneri dedotti o di passività scelte in bilancio in
precedenti esercizi (ad esempio a seguito di sconti, etc.);
d. contributi in conto capitale.
2.2. Componenti passivi del reddito di impresa
I componenti passivi del reddito di impresa sono:
costi relativi all’acquisizione di beni e servizi.
Rientrano in questa voce i costi relativi all’acquisizione di materiale di consumo, carburanti e
lubrificanti, materie per la pulizia, cancelleria, etc e i costi relativi all’acquisizione delle
prestazioni di servizio quali: consulenze amministrative, commerciali e fiscali, spese di
manutenzione e riparazioni, assicurazioni, provvigioni, compensi agli amministratori, etc.
Concorrono alla formazione del reddito di impresa, quali componenti negativi, le spese estere
sostenute dagli autotrasportatori per conto terzi per l’esercizio della propria attività quali
pedaggi, carburante, interventi meccanici, etc. e documentate secondo la legislazione dello Stato
estero e quindi sono deducibili trattandosi di spese afferenti ad attività da cui derivano ricavi.
spese per prestazioni di lavoro dipendente;
interessi passivi relativi ai prestiti contratti;
perdite o sopravvenienze passive che derivano dal mancato conseguimento di ricavi che hanno
concorso a formare il reddito in precedenti esercizi o dal sostenimento di spese ed oneri a fronte
di ricavi che hanno concorso a formare il reddito in precedenti esercizi e la sopravvenuta
insussistenza di attività iscritte in bilancio in precedenti esercizi;
minusvalenze patrimoniali consistenti nel minor valore di beni non idonei a generare ricavi
rispetto all’ultimo valore riconosciutogli nel precedente periodo di imposta sul reddito. Esse si
manifestano in occasione delle cessioni dei beni a titolo oneroso (vendita, permuta, etc.).
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Le minusvalenze patrimoniali non sono più deducibili se derivanti da atti di destinazione di beni
a finalità estranee all’esercizio dell’impresa (autoconsumo da parte dell’imprenditore
individuale) o se i beni vengono associati ai soci.
Si realizza, in questo modo, una differenza nella disciplina fiscale delle minusvalenze
patrimoniali rispetto a quella delle plusvalenze.
In questi casi le plusvalenze sono tassabili mentre le minusvalenze non sono deducibili.
ammortamenti. Il costo relativo ai beni strumentali dell’impresa, poiché il loro utilizzo si
protrae nel tempo, non può essere imputato al bilancio di un unico esercizio.
Occorre in tali casi ridistribuire tale costo per tutto il periodo di utilizzo dei beni, ripartendolo in
più esercizi.
Mediante la procedura dell’ammortamento l’impresa viene a costituire annualmente un fondo
che, dopo un certo numero di anni, sarà equivalente al costo originario del bene, che potrà essere
sostituito alla fine del ciclo riproduttivo.
L’ammortamento dei beni materiali (beni strumentali per il bene dell’impresa) avviene per quote
e decorre dall’esercizio di entrata in funzione del bene; la deduzione avviene applicando al costo
dei beni i coefficienti di ammortamento stabiliti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze,
ridotti a metà per il primo esercizio. Per i beni immateriali (brevetti, avviamento, etc.) si adotta il
criterio dell’ammortamento diretto, così le quote vengono dedotte direttamente dall’ammontare
del costo originario.
È stata soppressa per tutti i beni, la possibilità di dedurre l’ammortamento anticipato e
accelerato.
Sono deducibili:
integralmente nell’esercizio in cui sono state sostenute le spese inerenti l’acquisizione di beni
strumentali il cui costo unitario non sia superiore a 516.42 euro;
le spese di rappresentanza se rispondenti ai requisiti di inerenza e congruità, fissati da
apposito decreto;
i canoni di leasing, a prescindere dalla durata contrattuale:
a. per la generalità dei beni mobili per un periodo non inferiore ai 2/3 del periodo di
ammortamento;
b. per le autovetture per un periodo non inferiore a quello di ammortamento;
c. per i beni immobili per un periodo non inferiore ai 2/3 di quello di ammortamento se
risulta essere compreso tra 11 e 18 anni;
le spese di manutenzione e riparazione sui:
a. beni di proprietà: sono deducibili del limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni
materiali quali risultano all’inizio dell’esercizio dal registro dei beni ammortizzabili. Per i
veicoli per alcune attività, quale l’autotrasporto, la deducibilità è incrementata al 25%;
b. beni di terzi: sono interamente deducibili nell’esercizio di competenza le spese ordinarie,
sono deducili in più esercizi, comunque non superiori a cinque le spese straordinarie.
Le componenti negative del reddito d’impresa sono ammesse in deduzione con l’iscrizione nel
conto dei profitti e delle perdite secondo il principio di competenza relativo ad un determinato
esercizio finanziario.
3. Contabilità fiscale
Per determinare il reddito di impresa da assoggettare ad imposta, le norme fiscali impongono a
coloro che esercitano attività di impresa, arte o professione la tenuta obbligatoria di scritture
contabili, in relazione ai diversi regimi di contabilità:
regime di contabilità ordinaria;
regime di contabilità semplificata;
regime delle nuove iniziative produttive;
nuovo regime di minimi;
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regime degli ex minimi;
regime contabile premiale per favorire la trasparenza.
3.1. Regime di contabilità ordinaria
Il regime di contabilità ordinaria è obbligatorio per:
società di capitali (società per azioni, società a responsabilità limitata, società in accomandita
per azioni, società cooperative) qualunque sia l’entità dei loro ricavi;
enti pubblici e privati, diversi dalle società, soggetti all’IRES, che hanno per oggetto esclusivo
o principale l’esercizio di attività commerciali, qualunque sia l’entità dei loro ricavi;
società in nome collettivo, società in accomandita semplice ed imprese individuali che hanno
per oggetto:
1. prestazione di servizi e che nell’anno precedente hanno conseguito ricavi superiori a
400000.00 euro;
2. attività diverse dalle prestazioni di servizi e che nell’anno precedente hanno conseguito ricavi
superiori a 700000.00 euro.
Il regime di contabilità ordinaria prevede la tenuta delle seguenti scritture contabili agli effetti della
imposizione sui redditi:
libro giornale, in cui vengono registrate cronologicamente tutte le operazioni (il registro è il
medesimo per la contabilità civilistica);
libro degli inventari, in cui vengono scritti i bilanci o comunque evidenziati, in categorie
omogenee per natura e per valore, i beni di impresa (anche questo registro è il medesimo previsto
dalla contabilità civilistica);
registri prescritti ai fine dell’imposta sul valore aggiunto (IVA);
registro di beni ammortizzabili, in cui vengono annotate operazioni relative a beni mobili e
immobili che concorrono per più esercizi al processo produttivo ed il cui costo viene
ammortizzato in funzione degli anni di utilizzo del bene. Dal 21.2.1997 la tenuta di tale registro
non è più obbligatoria, in quanto è prevista la facoltà di eseguire le relative annotazioni degli
inventari.
scritture ausiliarie, composte dai conti di mastro e di magazzino.
Hanno l’obbligo di tenere una specifica contabilità di magazzino quei soggetti che per due
esercizi consecutivi abbiano ricavi superiori a 5164568.99 euro (10 miliardi di lire) e rimanenze
superiori a 1032913.80 euro (2 miliardi di lire).
registri relativi a lavoratori dipendenti (libro unico del lavoro e registro infortuni).
3.2. Regime di contabilità semplificata
Il regime di contabilità semplificata è previsto per le imprese che non sono obbligate al regime
della contabilità ordinaria e quindi alla redazione del bilancio.
A tali condizioni è comunque riconosciuta la possibilità di optare per l’applicazione del regime
ordinario.
L’opzione, valida per almeno un triennio, è comunicata con la prima dichiarazione annuale da
presentare successivamente alla scelta operata.
Il regime di contabilità semplificata prevede la tenuta delle seguenti scritture contabili agli effetti
della impostazione sui redditi:
registro delle fatture emesse e/o corrispettivi;
registro delle fatture di acquisto integrato con le operazioni non soggette ad IVA ma rilevanti
per la determinazione del reddito;
registro dei beni ammortizzabili. È possibile non tenere questo registro purché l’imprenditore
sia in grado di fornire all’amministrazione finanziaria gli stessi dati che risultano dal registro
stesso;
registri relativi a lavoratori dipendenti (libro unico del lavoro e registro infortuni).
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3.3. Regime delle nuove iniziative produttive
Il regime delle nuove iniziative produttive può essere utilizzato per l’anno in cui è iniziata
l’attività e per i due periodi di imposta successivi.
I contribuenti che intendono avvalersi di questo regime devono verificare alcune condizioni:
il contribuente non deve aver esercitato negli ultimi tre anni di attività di impresa o
professionale;
l’attività che si vuole esercitare non deve essere una mera prosecuzione dell’attività precedente;
l’impresa deve realizzare un ammontare di ricavi non superiore a 30978.41 euro per prestazioni
di servizi oppure 61974.83 euro per altre attività;
devono essere adempiuti gli obblighi previdenziali, assicurativi e amministrativi.
Questi contribuenti sono tenuti al pagamento di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle
addizionali del 10% sul reddito di impresa.
3.4. Nuovo regime dei minimi
Il nuovo regime dei minimi: a decorrere dal periodo di imposta del 2012 è istituito il nuovo regime
dei contribuenti minimi che viene applicato alle persone fisiche che intraprendono un’attività di
impresa, arte o professione oppure che l’hanno intrapresa successivamente al 31.12.2007.
La durata del nuovo regime è di 5 anni ma può essere anche superiore purché il contribuente non
abbia compiuto i 35 anni di età.
Pertanto il nuovo regime è applicabile per un periodo di tempo limitato.
Il beneficio è riconosciuto a condizione che:
il contribuente non abbia esercitato nei tre anni precedenti attività di impresa, professionale o
artistica;
l’attività da esercitare non costituisca mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta;
qualora venga proseguita un’attività di impresa, svolta in precedenza da altro soggetto,
l’ammontare dei ricavi realizzati nel periodo precedente non sia superiore a 30000.00 euro.
L’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi e delle addizionali regionali e comunali, è prevista
nella misura del 5%.
Gli adempimenti ai fini IVA consistono nell’obbligo di:
numerare e conservare le fatture di acquisto e le bollette doganali;
certificare i corrispettivi;
non detrarre l’IVA a credito sugli acquisti;
integrare la fattura relativa ad acquisti INTRAUE e di versare la relativa IVA;
presentare il modello INTRA.
I contribuenti minimi sono esonerati:
dalla tenuta delle scritture contabili ai fini delle imposte sul reddito e dell’IVA;
dagli adempimenti IVA (obblighi di rivalsa e detrazione, di versamento, di presentazione delle
dichiarazioni e comunicazione di fini IVA);
dalla presentazione degli elenchi clienti e fornitori;
dalla presentazione degli elenchi black list;
dall’IRAP;
dall’applicazione degli studi di settore e dei parametri.
3.5. Regime degli ex minimi
Per coloro che per effetto delle nuove disposizioni non possono più beneficiare del regime per i
contribuenti minimi, oppure ne fuoriescono, sono state introdotte specifiche disposizioni.
Dal 2012 è previsto l’esonero dell’obbligo:
di registrazione e di tenuta delle scritture contabili rilevanti ai fini delle imposte dirette e
dell’IVA;
di liquidazione e versamenti periodici rilevanti ai fini IVA;
del pagamento dell’IRAP;
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L’obbligo dei contribuenti riguarda:
la conservazione dei documenti ricevuti ed emessi:
la fatturazione e la certificazione dei corrispettivi;
l’assoggettamento ad IVA delle operazioni con versamento annuale;
l’applicazione dell’IRPEF secondo le modalità ordinarie;
l’assoggettamento agli studi di settore. A questi fini tali soggetti potrebbero rientrare tra i
“soggetti marginali”, condizione che costituisce una causa giustificativa di non congruità alle
risultanze di Ge. Ri. Co. Da segnalare nelle “annotazioni” del modulo dello studio di settore.
Ai lavoratori autonomi che adottano tale regime semplificato dovrà essere operata la ritenuta
d’acconto del 20% sui compensi.
Ai contribuenti è riconosciuta la possibilità di optare per l’applicazione del regime ordinario.
L’opzione, valida per almeno un triennio, è comunicata con la prima dichiarazione annuale da
presentare successivamente alla scelta operata.
È prevista la decadenza dal regime semplificato nel caso in cui:
i ricavi conseguiti nell’anno precedente siano superiori a 30000.00 euro;
abbia effettuato cessioni all’esportazione o servizi internazionali;
abbia sostenuto spese per lavoro dipendente o per collaboratori ad eccezione dei compensi
corrisposti ai collaboratori dell’impresa familiare;
abbia acquistato nei tre anni precedenti beni strumentali di valore superiore a 15000.00 euro.
I beni ad uso promiscuo vanno considerati al 50%.
3.6. Regime contabile premiale per favorire la trasparenza
Al fine di promuovere la trasparenza e l’emersione della base imponibile è previsto a decorrere
dall’1.1.2013, un regime contabile semplificato e agevolato.
Possono aderire gli imprenditori individuali anche in forma di impresa coniugale o familiare, gli
artisti e i professionisti.
I benefici sono riconosciuti a condizione che:
il contribuente provveda ad inviare telematicamente all’Amministrazione finanziaria i
corrispettivi, le fatture emesse e ricevute, gli acquisti e le vendite non soggette a fattura;
istituisca un conto corrente dedicato ai movimenti finanziari.
Tuttavia il contribuente potrà delegare agli intermediari telematici abilitati non solo l’invio
telematico all’Agenzia delle entrate dei corrispettivi, delle fatture emesse/ricevute e le risultanze di
acquisti e cessioni non soggette a fattura, ma anche la predisposizione delle liquidazioni periodiche
IVA, dei modelli dei versamenti, del modello IVA, modello 770 semplificato, modello CUD, e dei
modelli di versamento periodico delle ritenute.
I benefici riguardano:
semplificazione degli adempimenti amministrativi;
assistenza negli adempimenti amministrativi da parte dell’Amministrazione finanziaria;
accelerazione del rimborso o della compensazione dei crediti IVA;
contribuenti non soggetti a studi di settore saranno esclusi dagli accertamenti basati sulle
presunzioni semplici;
riduzione di un anno dei termini di decadenza per l’attività di accertamento.
Si potrà inoltre prevedere:
la predisposizione automatica da parte dell’Agenzia delle entrate delle liquidazioni periodiche
IVA, dei modelli di versamento e delle dichiarazioni IVA;
la predisposizione automatica da parte dell’Agenzia delle Entrate del modello 770 semplificato,
del modello CUD, dei modelli di versamento delle ritenute, nonché la gestione degli esisti
sull’assistenza fiscale;
soppressione dell’obbligo di certificazione dei corrispettivi mediante scontrino o ricevuta fiscale;
anticipazione del termine di compensazione del credito IVA, abolizione del visto di conformità
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per compensazioni superiori a 15000 euro ed esonero dalla prestazione di garanzia per rimborsi
IVA.
Rispettando le condizioni previste per il regime di trasparenza, le imprese individuali ed i
professionisti, che non sono in regime di contabilità ordinaria, possono determinare il reddito
IRPEF secondo il criterio di cassa e in via automatica l’Agenzia delle entrate può predisporre le
dichiarazioni IRPEF e IRAP.
È previsto l’esonero dalla tenuta delle scritture contabili, dalla tenuta del registro dei beni
ammortizzabili e dall’esonero dalle liquidazioni, dai versamenti periodici e dal versamento
dell’accordo IVA.
Il regime supergevolato può essere applicato solo su opzione da esercitare nella dichiarazione dei
redditi presentata nel periodo di imposta precedente a quello di applicazione dello stesso.
Se non vengono rispettati gli obblighi previsti il contribuente oltre alla perdita dei benefici sarà
assoggettato ad una sanzione amministrativa da 1500.00 a 4000.00 euro.
4. Principali imposte dirette
Le principali imposte dirette sono:
IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche);
IRES (imposta sul reddito delle società);
IRAP (imposta regionale sulle attività produttive).
4.1. IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche)
L’IRPEF è un’imposta personale, generale e progressiva (l’aliquota aumenta con l’aumentare del
reddito suddiviso per scaglioni).
Soggetti passivi dell’IRPEF sono tutte le persone fisiche che possiedono redditi, sia quelle residenti
nel territorio italiano sia quelle non residenti se producono reddito in Italia.
Ai fini della determinazione della base imponibile i singoli redditi posseduti dal contribuente vanno
rilevati analiticamente e quantificati in moneta, secondo le categorie dei redditi indicate nell’art. 6
del Testo Unico (rediti fondiari, redditi da capitale, redditi di lavoro dipendente, redditi di lavoro
autonomo, redditi di impresa e redditi diversi).
Il reddito complessivo è dato dalla somma di tutti i redditi imponibili imputati al contribuente (al
netto degli eventuali oneri deducibili).
4.2. IRES (imposta sul reddito delle società)
Soggetti passivi di tale imposta sono le:
società di capitali avanti sede in Italia per tutti i redditi comunque prodotti;
società e gli enti aventi sede all’estero, limitatamente ai redditi prodotti in Italia.
La base imponibile è costituita dal reddito complessivo netto con riferimento all’esercizio sociale
fissata dall’atto costitutivo e con aliquota fissa del 27.5%.
Il periodo di imposta in base al quale si determina il reddito di impresa è stabilito dalla Legge o
dall’atto costitutivo.
Se il periodo di imposta non è previsto, viene assunto l’anno solare; può tuttavia non corrispondere
a dodici mesi; può essere superiore a dodici nel primo esercizio di attività, inferiore nell’ultimo
esercizio.
5. Dichiarazione dei redditi
I contribuenti, ai fini dell’applicazione delle imposte sui redditi e dell’IRAP, sono obbligati a
presentare al fisco una dichiarazione su modelli predisposti dal Ministero dell’economia e delle
finanze. A partire dall’anno 1999 tutti i contribuenti (persone fisiche, società di persone, società di
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capitali e gli altri soggetti passivi delle imposte sui redditi) con periodo di imposta coincidente con
l’anno solare, obbligati alla presentazione della dichiarazione dei redditi e IVA devo presentare il
cosiddetto modello unico.
La dichiarazione dei redditi deve essere obbligatoriamente trasmessa da tutti i contribuenti, per via
telematica diretta o tramite intermediari abilitati.
La dichiarazione IRAP non fa più parte del modello unico e deve essere inviata telematicamente
all’Agenzia delle entrate.
Quest’ultima provvederà a trasmetterla alle regioni o province autonome.
Il termine di presentazione del modello unico e della dichiarazione IRAP è fissato al 30 settembre
per le persone fisiche e le società di persone e al nono mese successivo a quello di chiusura del
periodo di imposta per le società di capitali e le amministrazioni pubbliche.
I contribuenti sopra indicati, qualora abbiano effettuato ritenute:
alla fonte nei confronti di dipendenti, professionisti e rappresentanti, devono presentare il
modello 770 semplificato in modo autonomo e non nella dichiarazione unificata; tali ritenute
devono essere versate all’amministrazione finanziaria per conto del sostituto di imposta entro il
16 del mese successivo a quello del pagamento delle somme sulle quali sono state effettuate;
su dividendi, proventi di partecipazione e redditi di capitale, devono presentare il modello 770
ordinario.
La determinazione e il pagamento delle imposte sui redditi sono demandati ai contribuenti che li
effettuano spontaneamente; compito dell’amministrazione finanziaria è il controllo.
Il pagamento avviene mediante l’autotassazione con il sistema degli acconti e del saldo.
Se si verificano posizioni creditorie è possibile effettuare la compensazione con altri tributi o
contributi oppure richiedere il rimborso nelle somme versate in eccedenza.
Generalmente il versamento si esegue avvalendosi di una banca, di un ufficio postale oppure in via
telematica.
In tutti i casi si utilizza il modello F24.
Il limite massimo dei crediti che possono essere compensati con altre imposte o contributi è di
700000.00 euro per ciascun periodo di imposta.
Qualora l’importo dei crediti sia superiore a tale limite, l’eccedenza può essere richiesta a rimborso
oppure portata in compensazione nell’anno successivo.
È prevista la possibilità di compensare le somme dovute a seguito di accertamento con adesione, di
definizione agevolata, di mediazione, etc. con i crediti commerciali maturati al 31.12.2012 nei
confronti della Pubblica Amministrazione.
Dall’1.1.2007 i soggetti titolari di partita IVA sono obbligati ad utilizzare, anche tramite
intermediario, modalità di pagamento telematico delle imposte, dei contributi e dei premi.
Il contribuente potrà avvalersi:
della procedura F24 on line disponibile sul sito dell’Agenzia delle entrate, previa acquisizione
del codice PIN per accedere al servizio;
di intermediari abilitati utilizzando la procedura F24 cumulativo;
del servizio corporate banking interbancario (CBI):
il pagamento telematico sarà possibile solo se il contribuente disporrà di un conto corrente e
della necessaria provvista.
solo coloro che non possiedono la partita IVA potranno continuare a pagare con il modello F24
cartaceo.
Si rammenta infine che i contribuenti soggetti agli studi di settore devono presentare e inviare, entro
gli stessi termini, anche il modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli studi di
settore in quanto parte integrante della dichiarazione dei redditi.
5.1. Tassazione per trasparenza
Il reddito o la perdita di prodotti dalle società di persone, va attribuito a coloro che risultano soci
alla chiusura del periodo di imposta anche quando non è sttao effettivamente percepito cioè quando
viene imputato a patrimonio netto.
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Nella società in accomandita semplice (SAS) se la perdita eccede il capitale sociale l’eccedenza può
essere attribuita solo ai soci accomandatari.
Il reddito della SRL può essere tassato per trasparenza, salvo l’esercizio di un’opzione, solo se è
partecipata da persone fisiche.
In pratica il reddito prodotto dalla società partecipata non è tassato in capo alla stessa ma è attribuito
in percentuale a ciascun socio.
5.2. ACE (aiuto alla crescita economica)
In considerazione dell’esigenza di rilanciare lo sviluppo economico e fornire un aiuto alla crescita
del paese è prevista una riduzione delle imposte sui redditi per le imprese che finanziano il loro
debito con capitale proprio, rafforzandone contemporaneamente la struttura patrimoniale.
I soggetti interessati sono:
società ed enti residenti in Italia: SPA, SAPA, SRL, Cooperative, Enti pubblici e privati aventi
per oggetto esclusivo o principale un’attività commerciale;
società non residenti nel territorio dello Stato con stabili organizzazioni in Italia;
ditte individuali, SNC, SAS, in contabilità ordinaria.
L’aliquota dell’agevolazione per gli anni 2011, 2012, 2013 è stata fissata nella misura del 3%.
Per gli anni successivi sarà individuata da un apposito decreto.
Il capitale proprio esistente alla chiusura dell’esercizio è costituito dal patrimonio netto risultante
dal bilancio senza tener conto dell’utile del medesimo esercizio.
A tal fine sono considerate variazioni in aumento del capitale proprio al 31.12.2010:
i conferimenti in denaro per aumento del capitale sociale, versamenti per sovrapprezzo azioni,
versamenti in conto capitale e versamenti a fondo perduto; questi conferimenti rilevano a partire
dalla data del versamento;
gli accantonamenti degli utili a riserva ed esclusione di quelli destinati a riserve indisponibili
(riserve legali e riserve per acquisto di azioni proprie); questi conferimenti rilevano a partire
dall’inizio dell’esercizio in cui le relative riserve sono formate.
Per le imprese di nuova costituzione costituisce variazione in aumento l’intero patrimonio conferito.
Sono variazioni in diminuzione del capitale proprio:
le riduzioni del patrimonio netto con attribuzione, a qualsiasi titolo, a soci o partecipanti come
distribuzione di riserve di utili, di capitale sociale, etc.;
gli acquisti in partecipazioni di società controllate;
gli acquisti di aziende o di rami di azienda.
6. Imposte indirette
Sono imposte indirette le imposte che si riferiscono all’utilizzazione della ricchezza e non al suo
possesso.
Hanno come presupposto fatti od atti dai quali si può indirettamente desumere la disponibilità di un
reddito o di un patrimonio e che quindi possono considerarsi rilevatori di capacità contributiva: i
consumi, i trasferimenti, gli affari.
I tributi riconducibili alla categoria delle imposte indirette sono i più numerosi (anche se il loro
gettito è complessivamente inferiore a quello delle imposte sui redditi) e la ragione è intuitiva: per
ciascun tipo omogeneo di beni o di servizi è possibile e spesso conveniente creare imposte
autonome, adattando ciascuna di esse alle caratteristiche del singolo segmento di mercato in cui si
collocano i beni o i servizi tassati.
Ecco perché in termini numerici, le imposte indirette sono relativamente più numerose, esse
comprendono, tra l’altro:
IVA (imposta sul valore aggiunto);
imposte di fabbricazione (ad esempio sulla benzina, sull’energia elettrica, etc);
imposte sul consumo di determinati servizi (come l’imposta sulle assicurazioni, sugli
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spettacoli);
imposta di bollo. L’imposta di bollo è un’imposta indiretta cartolare che si applica su
documenti e carte contenenti atti, convenzioni, istanze. Il bollo viene pagato attraverso un atto
negoziale volto all’acquisto di valori bollati e ha una specifica funzione di prova circa l’avvenuta
corresponsione del tributo. Può essere dovuto fin dall’origine o in caso d’uso.
L’imposta può essere:
a. proporzionale, se commisurata al valore dell’atto;
b. fissa, se colpisce in misura unica tutti gli atti di una determinata specie, indipendentemente
dal loro valore.
Non tutti gli atti sono soggetti ad imposta di bollo; nel settore contabilità, ad esempio sono:
a. esenti da bollo: i documenti ad uso interno amministrativo, quelli concernenti i rapporti tra le
ditte e i propri dipendenti, le fatture soggette ad IVA e quelle non imponibili, le ricevute
fiscali;
b. soggette a bollo le fatture esenti da IVA.
Imposta di registro. È un’imposta indiretta sugli affari che si applica in occasione delle
formalità di registrazione (deposito in copia per gli atti scritti o denuncia all’ufficio per gli atti
non scritti) a cui determinati contratti od operazioni devono essere sottoposti.
Presupposto che determina il sorgere del rapporto tributario non è la realizzazione di una
particolare operazione economica, ma la stipulazione di un atto (contratto di vendita, contratto di
mutuo, etc.).
La base imponibile, di regola, è costituita dal valore del bene o del diritto oggetto dell’atto;
l’imposta che si applica è, nella generalità dei casi, proporzionale all’imponibile, secondo
aliquote che variano in relazione alle varie categorie di atti; in alcuni casi specifici l’imposta è
dovuta in misura fissa qualunque sia il valore dell’atto (ad esempio per atti soggetti anche ad
IVA, per atti che vengono presentati volontariamente alle registrazioni, etc.).
Il contratto di locazione di beni immobili è un atto che deve essere sottoposto a registrazione
poiché la violazione di questo obbligo comporta la nullità del contratto stesso.
Per questo contratto l’imposta di registro si applica in modo diverso a seconda che il locatore
(chi mette a disposizione l’immobile) sia un soggetto privato, che non opera nell’esercizio
dell’impresa, oppure un soggetto passivo IVA.
Nel primo caso l’imposta di registro si applica in misura proporzionale sull’ammontare dei
canoni pattuiti per l’intera durata del contratto.
Se la durata è pluriennale l’imposta può essere assolta con frequenza annuale.
Se il locatore è soggetto che opera nell’esercizio dell’impresa, all’imposta di registro si
applicano regole particolari che dipendono dalla tipologia dell’immobile.
In questo caso il contratto è soggetto al trattamento IVA.
La registrazione presso l’Agenzia delle entrate può avvenire attraverso via telematica oppure con
la presentazione diretta del contratto cartaceo.
Nel primo caso il pagamento deve essere obbligatoriamente effettuato in via telematica con
modello F24, nel secondo caso il pagamento può essere effettuato in via telematica sia mediante
il modello F23 con versamento diretto al Concessionario della riscossione o presso una banca o
un ufficio postale;
imposta sulle successioni e donazioni, reintrodotta dopo un periodo di esenzione, è un’imposta
sui trasferimenti di beni e diritti per:
a. successione, per causa di morte. Si applica l’imposta ipotecaria e catastale in misura fissa se
l’immobile ha i requisiti di “prima casa”. La dichiarazione va presentata entro 12 mesi
dall’apertura della successione all’ufficio delle Entrate nella cui circoscrizione era residente il
defunto al momento del decesso; se il defunto era residente all’estero, all’ufficio delle Entrate
nella cui circoscrizione era stata fissata l’ultima residenza italiana;
b. donazione o a titolo gratuito. Sono soggetti a tassazione i trasferimenti a titolo gratuito
riguardanti beni e diritti.
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Se la successione o la donazione è a favore del coniuge o dei parenti in linea retta è applicabile una
franchigia di 1000000.00 euro.
7. Imposte comunali
Dopo un lungo e travagliato iter legislativo è stato definitivamente approvato il decreto legislativo
in materia di federalismo fiscale municipale.
Il decreto contiene da un lato le norme riguardanti le entrate dei comuni relative ad alcuni tributi
immobiliari dall’altro un nuovo sistema impositivo che va a sostituire alcune delle maggiori
imposte comunali.
7.1. TASI: il rebus di acconti e saldi
La Tasi è la nuova tassa sui servizi indivisibili. Per i tempi di pagamento bisogna tener conto
dell’epoca della pubblicazione della delibera sul sito www.finanze.it.
Nei circa 2mila comuni in cui le amministrazioni sono riuscite a pubblicare entro fine maggio e che
non abbiano deciso tempistiche diverse, i contribuenti hanno già pagato la prima rata entro il 16
giugno e dovevano versare il saldo entro il 16 dicembre scorso.
Nei comuni che avranno deliberato le aliquote tra inizio giugno e il 10 settembre, con pubblicazione
entro il 18 settembre, i contribuenti dovevano versare la prima rata entro il 16 ottobre e il saldo il 16
dicembre. In questa situazione si trovano, tra gli altri, i proprietari di casa di Milano e di Roma. Ci
sono però ancora circa 3.500 amministrazioni che hanno solo poco più di due settimane di tempo
per deliberare.
Nei comuni che infine non abbiano oubblicato entro il 18 settembre la delibera, il pagamento viene
stabilito tutto a saldo il 16 dicembre: i proprietari di abitazione principale dovevano pagare sulla
base dell’aliquota dello 0,1%; sugli immobili diversi dall’abitazione principale invece si paga lo
0,1% solo se l’aliquota Imu non supera lo 0,96%, altrimenti si paga un’aliquota che sommata a
quella dell’Imu arrivi all’1,06% (esempio se l’aliquota Imu 1,03%, la Tasi sarà allo 0,03%).
Siccome si parla tanto in questi mesi di semplificazioni diciamo che in questo campo c’è molto
spazio per esercitarsi.
La base imponibile della Tasi è la stessa dell’Imu ma il meccanismo delle detrazioni per la prima
casa è diverso da quello del vecchio tributo perché i comuni hanno un’ampia discrezionalità nel
determinare le agevolazioni. Per questo se si vuol fare da sé (i comuni non mandano infatti i modelli
F24 precompilati) è necessario leggere attentamente la delibera sul sito del ministero.
Da mesi infuria la polemica se la Tasi sulla prima casa sia più cara rispetto all’Imu. Una risposta
univoca, basata su medie alla Trilussa, non sarebbe attendibile. Rimane però chiaro che il
meccanismo della Tasi è più «regressivo» rispetto a quelle dell’Imu, nel senso che favorisce i
proprietari di immobili di alto valore fiscale e penalizza le case piccole.
7.2. TARI: la caccia alla posizione tributaria
Minori incombenze per la Tari, nuove denominazione della tassa sui rifiuti. Per pagare bisogna
infatti aspettare la richiesta del comune: di norma viene calcolata una prima parte in acconto sulla
base della tariffa del 2013 e il saldo a conguaglio sulla base della tariffa nuova. Ai comuni è lasciata
anche per quest’anno la facoltà di usare, adeguandole, le vecchie tariffe Tarsu ma la maggior parte
delle amministrazioni già lo scorso anno aveva adottato un sistema di determinazione dei costi per il
residenziale basato sull’incrocio tra numerosità del nucleo familiare e superficie dell’alloggio. Il
calcolo, una volta che si disponga della delibera, non è particolarmente complesso ma farselo non
servirebbe a nulla. Per pagare infatti è necessario indicare nel modello F24 il numero della
posizione tributaria di cui evidentemente non si dispone.
Nei comuni che non hanno variato metodologia di calcolo la tariffa è rimasta simile a quelle del
2013. Da un’analisi di Federconsumatori emerge che una famiglia con tre persone in una casa di
100 metri quadrati a Milano quest’anno risparmierà 7 euro, a Roma pagherà lo stesso e a Lodi
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spenderà 49 euro in più. Al saldo della tassa del 2013, però, si era pagato un contributo fisso (pari a
0,30 centesimi per metro quadrato) a titolo di contributo per i servizi indivisibili, ora è assorbito
dalla Tasi.
7.3. IMU: percorso collaudato
Nessuna novità infine per l’Imu, che si paga ancora per le abitazioni principali di categoria A/1, A/8
e A/9 e per tutti gli immobili diversi dalla abitazioni principali. Nelle grandi città l’aliquota era già
al massimo nel 2013 e non potrà aumentare. Se il comune non delibera si paga sulla base
dell’aliquota 2013. La prima rata è stata versata il 16 giugno, la scadenza del saldo è fissata per il 16
dicembre. Chi possiede un’abitazione non affittata nello stesso comune in cui ha anche l’abitazione
principale dovrà pagare anche l’Irpef sul 50% del valore catastale dell’immobile a disposizione. Per
il saldo però potrà aspettare la liquidazione dell’Unico o del 730, a giugno 2015.
7.4. TARES (tributo comunale sui rifiuti e sui servizi)
A decorrere dall’1.1.2013 è istituito il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi (RES) a copertura dei
costi relativi ai servizi di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento e
dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni.
La nuova imposta sostituisce la tassa sui rifiuti (TARSU) e il tributo sui servizi comunali.
Il soggetto passivo è colui che possiede, occupa o detiene a qualsiasi titolo locali o aree scoperte
suscettibili di produrre rifiuti urbani.
Sono escluse dalla tassazione, ad eccezione delle aree scoperte operative, le:
aree scoperte pertinenziali o accessorie ai locali tassabili adibiti a civili abitazioni o diversi dalle
civili abitazioni;
aree comuni condominiali non detenute o occupate in via esclusiva.
Il tributo è corrisposto in base a tariffa commisurata ad un anno solare.
La tariffa si compone di una quota determinata in relazione agli investimenti e ai relativi
ammortamenti e di una quota rapportata alla quantità dei rifiuti conferiti al servizio fornito in modo
che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio.
Alla tariffa così determinata si applica una maggiorazione pari a 0.30 euro per metro quadro a
copertura dei costi relativi a servizi indivisibili dei comuni.
I comuni possono aumentare la misura della maggiorazione fino a 0.40 euro.
Il comune con regolamento può prevedere riduzioni tariffarie nella misura massima del 30% nelle
seguenti situazioni:
abitazioni con unico occupante;
abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale o altro uso limitato e discontinuo;
locali, diversi dalle abitazioni, ed aree scoperte adibiti ad uso stagionale o altro uso limitato e
discontinuo;
abitazioni occupate da soggetti che risiedano per più di 6 mesi all’anno all’estero;
fabbricati rurali ad uso abitativo.
Anche se il servizio di raccolta non viene effettuato, il tributo è dovuto nella misura del 40%.
I contribuenti dovranno presentare una dichiarazione che dovrà essere redatta su un modello
definito dal comune entro il termine previsto dal regolamento comunale.
In caso di omessa presentazione della dichiarazione si applica la sanzione dal 100 al 200% del
tributo non versato con un minimo di 50.00 euro.
Per l’infedele dichiarazione si applica la sanzione dal 50 al 100% del tributo non versato con un
minimo di 50.00 euro.
Per la mancata, incompleta o infedele risposta al questionario si applica la sanzione dal 100 al 500
euro.
Il versamento del tributo comunale, in mancanza di diversa deliberazione del comune, è effettuato
in 4 rate trimestrali scadenti nei mesi di gennaio, luglio e ottobre mediante c/c di conto corrente o
modello F24.
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7.5. Addizionale IRPEF comunale
È stata istituita per favorire una maggiore autonomia dei comuni.
Si calcola sul reddito complessivo determinato ai fini dell’IRPEF.
Con l’approvazione di un regolamento attuativo sarà disciplinato il graduale sblocco della
precedente sospensione del potere dei comuni di istituire o di aumentare l’addizionale comunale
all’IRPEF.
7.6. Imposta di soggiorno
I comuni capoluoghi di provincia nonché i comuni inclusi negli elenchi regionali delle località
turistiche o città d’arte possono istituire un’imposta di soggiorno a carico di coloro che alloggiano
nelle strutture ricetti zie del proprio territorio.
L’importo sarà in proporzione al prezzo del soggiorno con un massimo di 5 euro per notte.
Il gettito è destinato a finanziare interventi in materia di turismo nonché interventi di manutenzione
e recupero dei beni culturali e ambientali locali.
La nuova imposta decorre dall’approvazione del regolamento attuativo.
7.7. Imposta di scopo
I comuni possono istituire l’imposta di scopo destinata esclusivamente alla parziale copertura delle
spese di realizzazione per opere pubbliche, dagli stessi individuate tra quelle indicate dalla Legge
(opere viarie, opere per il trasporto pubblico urbano, opere di realizzazione di parcheggi pubblici,
etc.).
L’imposta è dovuta per un periodo massimo di 5 anni applicando un’aliquota della misura dello 0.5
per mille.
La revisione dell’imposta di scopo avrà come fine quello di:
individuare ulteriori opere pubbliche rispetto a quelle già indicate nelle precedenti disposizioni;
aumentare la durata massima di applicazione dell’imposta sino a 10 anni;
dare la possibilità che il gettito dell’imposta finanzi l’intero ammontare della spesa per l’opera
pubblica da realizzare.
Resta in ogni caso l’obbligo di restituzione nel caso in cui l’opera non abbia inizio entro due anni
dalla data prevista dal progetto esecutivo.
7.8. Cedolare secca sugli affitti
A partire dal 2011 viene introdotto per le persone fisiche in possesso di redditi immobiliari, un
regime di tassazione alternativo a quello normale dell’IRPEF per quanto riguarda il reddito
derivante dalla locazione di immobili ad uso abitativo e relative pertinenze locate congiuntamente
all’abitazione.
Non sono interessate a questa disciplina le locazioni di unità immobiliari ad uso abitativo effettuate
nell’esercizio di un’attività di impresa o di arti o di professioni.
La cedolare secca è costituita di:
IRPEF;
relative addizionali;
imposta di registro;
imposta di bollo.
Nel caso di risoluzione o di proroga del contratto di locazione, non si pagano più l’imposta di
registro e quella di bollo; resta l’obbligo della registrazione del contratto di locazione mentre decade
la comunicazione dei nominativi inquilini alla Pubblica Sicurezza.
La misura della cedolare secca è del 21% mentre per i contratti cosiddetti concordati la misura è
del 19%.
La base imponibile è costituita dal canone di locazione stabilito dalle parti nella misura del 100%.
Tuttavia il reddito derivante dalla locazione immobiliare ad uso abitativo non può essere inferiore
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alla rendita catastale determinata mediante l’applicazione delle tariffe d’estimo.
Per poter utilizzare il regime della cedolare secca è necessaria una particolare opzione da parte del
soggetto interessato.
Per i nuovi contratti l’opzione viene esercitata in sede di registrazione mediante il modello
denominato “Siria” predisposto dall’Agenzia delle entrate.
Questo modello deve essere presentato esclusivamente in via telematica all’Agenzia delle entrate
direttamente dai contribuenti abilitati o da soggetti incaricati.
Il modello è composto di due pagine: nella prima sono indicati i dati dei locatori e dei conduttori,
nella seconda i dati catastali dell’unità abitativa e delle relative pertinenze.
Per l’utilizzo di questo modello, il contratto deve riguardare:
solo rapporto di locazione;
una sola unità abitativa e un numero di pertinenze non superiore a tre;
tutti gli immobili devono essere censiti con attribuzione di rendita;
locatori e conduttori non superiori a tre;
tutti i locatori devono esercitare l’opzione per la cedolare secca.
Quando non sia possibile utilizzare il modello telematico per la richiesta di registrazione degli atti si
deve presentare all’Agenzia delle entrate in duplice copia e in modalità cartacea il modello 69.
L’opzione vincola il locatore all’applicazione del regime della cedolare secca per l’intero periodo di
durata del contratto ovvero per il residuo periodo del contratto nel caso in cui l’opzione sia
esercitata nell’annualità successiva alla prima.
Il locatore ha la facoltà di revocare l’opzione in ciascuna annualità successiva a quella in cui è stata
esercitata.
Il locatore è tenuto, a pena dell’inefficacia dell’opzione, a comunicare preventivamente, con lettera
raccomandata, al conduttore la:
scelta per l’applicazione della cedolare secca;
rinuncia alla facoltà di chiedere l’aggiornamento del canone anche se prevista nel contratto a
qualsiasi titolo, inclusa la variazione accertata dall’ISTAT nell’anno precedente.
Come per l’IRPEF la cedolare secca si versa con il sistema degli acconti e del saldo.
Il versamento dell’acconto è pari al 95% dell’imposta dovuta per l’anno precedente.
Se inferiore a 257.52 euro il versamento deve essere effettuato in un’unica soluzione entro il 30
novembre di ciascun anno, se è superiore il versamento deve essere effettuato in due rate di cui la
prima nella misura del 40% entro il 16 di giugno ovvero il 16 di luglio con la maggiorazione dello
0.40% e la seconda pari al 60% entro il 30 novembre.
Non è dovuto l’acconto e l’imposta viene versata a saldo se l’importo su cui calcolare l’acconto non
supera 51.65 euro.
Per il versamento a saldo della cedolare secca si applicano le stesse disposizioni dell’IRPEF.
Con l’applicazione della cedolare secca rimane l’obbligo di registrazione del contratto di locazione,
la cui mancata registrazione comporta:
nullità dei contratti;
durata della locazione di quattro anni dalla data di registrazione volontaria o d’ufficio con diritto
di rinnovo automatico per altri 4 anni;
canone annuo di locazione, a decorrere dalla registrazione, è fissato in misura pari al triplo della
rendita catastale oltre l’adeguamento ISTAT.
Se comunque il contratto prevede un canone inferiore si applica il canone stabilito dalle parti.
Le medesime disposizioni si applicano anche nel caso in cui nel contratto di locazione registrato sia
indicato un canone inferiore a quello effettivamente percepito oppure sia registrato un contratto di
comodato fittizio.
Se nella dichiarazione dei redditi il canone derivante dalla locazione di immobili ad uso abitativo
non è indicato o è indicato in misura inferiore a quella effettiva si applicano le seguenti sanzioni
amministrative:
per omessa indicazione: dal 240% al 480% dell’ammontare delle imposte dovute;
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per indicazione in misura inferiore a quella effettiva: dal 200% al 400% della maggiore imposta
dovuta.
8. Imposte provinciali
Le imposte provinciali sono costituite da:
IPT (imposta provinciale di trascrizione);
Imposte sulle assicurazioni contro la responsabilità civile auto.
8.1. IPT (imposta provinciale di trascrizione)
L’imposta si applica alle formalità di iscrizione, trascrizione e annotazione dei veicoli al Pubblico
Registro Automobilistico.
8.2. Imposta sulle assicurazioni contro la responsabilità civile auto
L’imposta sulle assicurazioni per responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a
motore, esclusi i ciclomotori, costituisce tributo proprio delle province.
Dal 2011 le province possono aumentare o diminuire l’attuale aliquota del 12.5% in misura non
superiore al 3.5%.
L’accertamento delle violazioni relative alla presente imposta compete alle amministrazioni
provinciali.
9. Imposte regionali
Le imposte regionali sono costituite da:
IRAP (imposta regionale sulle attività produttive);
addizionale IRPEF regionale;
tassa automobilistica;
addizionale erariale per le autovetture e gli autoveicoli ad uso promiscuo aventi potenza
maggiore di 185 kW.
9.1. IRAP (imposta regionale sulle attività produttive)
L’imposta regionale sulle attività produttive può essere definita come un’imposta locale in quanto
applicabile alle attività produttive esercitate nel territorio di ciascuna regione.
Soggetti passivi di tale imposta sono tutti coloro (persone fisiche, società di persone e di capitali,
enti pubblici, associazioni, etc.) che esercitano abitualmente un’attività organizzata diretta a
produrre o scambiare beni o a prestare servizi, ancorché tale attività non abbia carattere
commerciale.
L’IRAP, a differenza di IRES e IRPEF, si determina applicando l’aliquota del 3.90% su una
grandezza definita “valore della produzione”.
Con tale espressione si intende il valore dei beni e dei servizi prodotti nell’attività ordinaria del
soggetto passivo al netto dei costi sostenuti per l’acquisto dei beni e dei servizi necessari per la
produzione.
Normalmente questo valore si ottiene sottraendo dai ricavi dell’attività svolta i costi per l’acquisto
di determinati fattori produttivi (materie prime, merci, servizi, etc.), escluso il fattore lavoro.
Non concorrono quindi a formare il valore della produzione i proventi che non rientrano nella
cosiddetta gestione caratteristica dell’impresa (attività tipica), quali proventi finanziari o
straordinari, e non rilevano altresì, come costi deducibili, gli oneri del personale (salari, stipendi,
etc.), gli oneri finanziari (ad esempio interessi passivi) e gli oneri straordinari.
Al fine di rendere più incentivante l’assunzione di personale, il legislatore è intervenuto
prevedendo, in determinate situazioni, la possibilità di dedurre dall’IRAP le spese sostenute.
In particolare è prevista:
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la deduzione dei contributi per le assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro;
la deduzione forfettaria su base annua di 4600.00 euro o di 9200.00 euro per le regioni
svantaggiate, per ciascun dipendente assunto a tempo indeterminato e dei controlli previdenziali
ed assistenziali (cuneo fiscale);
la deduzione dell’indennità di trasferta dei dipendenti degli autotrasportatori;
la deduzione delle spese per addetti alla ricerca e sviluppo, per apprendisti, per disabili e per il
personale assunto con contratto di formazione lavoro (alternativa al cuneo fiscale);
la deduzione forfetaria su base annua di 1850.00 euro per ogni dipendente fino ad un massimo di
5 dipendenti (alternativa al cuneo fiscale) a condizione che i componenti positivi che concorrano
alla formazione della base imponibile non siano superiori, nel periodo di imposta a 400000.00
euro.
Dal 2014 la deduzione di 4600.00 sarà incrementata a 7500.00 euro e quella di 9200.00 a 15000.00
euro.
A partire dal periodo di imposta 2012 è ammesso in deduzione dal reddito di impresa, l’IRAP
riferita alla quota imponibile del costo del personale dipendente ed assimilato al netto delle
deduzioni spettanti.
Tale deduzione spetta:
alle società di capitale ed enti commerciali;
alle società di persone e alle imprese individuali;
agli esercenti arti e professioni, alle banche, società finanziarie e alle imprese di assicurazione.
Di conseguenza la deducibilità già prevista nella misura del 10%, è limitata alla imposta riferita alla
quota imponibile degli interessi passivi e oneri assimilati al netto degli interessi attivi e proventi
assimilati.
Al fine di incentivare la presenza di lavoratori dipendenti a tempo indeterminato di sesso femminile
e di giovani fino a 35 anni di età, è stata aumentata la deduzione base dell’IRAP.
Per queste categorie la deduzione viene aumentata da 10600.00 a 13500.00 euro; per le regioni
svantaggiate la deduzione base sale da 15200.00 a 21600.00 euro.
Il periodo di imposta, a cui corrisponde un’obbligazione tributaria autonoma, è stabilito con gli
stessi criteri previsti per le imposte sul reddito.
La dichiarazione IRAP non fa più parte del modello unico e deve essere inviata telematicamente
all’Agenzia delle entrate.
Quest’ultima provvederà a trasmetterla alle regioni o province autonome.
Il termine di presentazione del modello e della dichiarazione IRAP è fissato al 30 settembre per le
persone fisiche e le società di persone e al nono mese successivo a quello di chiusura del periodo di
imposta per le società di capitali e le amministrazioni pubbliche.
9.2. Addizionale IRPEF regionale
Si applica ai contribuenti per i quali, nell’anno di riferimento, è dovuta l’IRPEF.
L’addizionale si determina applicando l’aliquota al reddito complessivo determinato ai fini
dell’IRPEF al netto degli oneri deducibili.
I contribuenti devono applicare l’aliquota stabilita dalla regione in cui risiedono al 31 dicembre
dell’anno di riferimento.
Dal 2011 l’aliquota base dell’addizionale IRPEF è aumentata dallo 0.90% all’1.23%.
Per gli anni successivi la maggiorazione non può essere superiore a:
0.50% per l’anno 2013;
per l’anno 2014;
a decorrere dall’anno 2015.
9.3. Tassa automobilistica
La tassa automobilistica è il tributo che grava sul possesso del veicolo.
Negli ultimi anni è stata trasferita alle regioni la competenza in tema di riscossione, accertamento e
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applicazione di sanzioni di questo tributo.
7. Studi di settore in generale
Premessa
Il sistema tributario dei primi anni settanta aveva ancorato la determinazione del reddito d’impresa e
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di lavoro autonomo alle risultanze delle scritture contabili.
Al fine di ridurre l’evasione fiscale è stato introdotto l’istituto degli “studi di settore” per la
definizione della base imponibile mediante l’utilizzo di strumenti indiretti. L’istituto costituisce,
in definitiva, la base per accertamenti induttivi che dovevano considerarsi del tutto eccezionali e
legittimati solo in presenza di gravi irregolarità contabili commesse dal contribuente.
L’espressione “studi di settore” identifica sia una procedura di calcolo sia una procedura di ausilio
per l’accertamento.
Il confronto viene effettuato confrontando i ricavi dichiarati con quelli attribuibili mediante
l’utilizzo di questa metodologia di calcolo.
Essi consentono di determinare i ricavi o compensi che con la massima probabilità possono essere
attribuiti al contribuente.
Sono il frutto di un accordo di reciproca collaborazione tra l’amministrazione finanziaria, le
associazioni di categoria e gli ordini professionali.
Con la dichiarazione dei redditi, i contribuenti sono tenuti a comunicare i dati contabili e quelli
extracontabili al fine di verificare se i risultati della dichiarazione dei redditi sono in linea con i
ricavi ed i compensi attesi dagli studi di settore.
Il modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli studi di settore si considera parte
integrante della dichiarazione dei redditi e va presentato ed inviato entro gli stessi termini previsti
per quest’ultima.
8. Imposta sul valore aggiunto IVA
Premessa
L’IVA (imposta sul valore aggiunto) è un’imposta generale sui consumi, proporzionale ad aliquote
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differenziate, che grava sul valore aggiunto, cioè sull’incremento di valore determinato da ciascun
operatore economico partecipante in ogni fase del ciclo produttivo (imposta plurifase).
Nei cicli intermedi l’imposta non si incorpora mai nel prezzo del prodotto, rimanendone distinta ed
in evidenza (principio di trasparenza).
Chi subisce l’onere dell’imposta è nella generalità dei casi il consumatore finale che verrà incluso il
costo dell’IVA nel prezzo di vendita di ogni prodotto.
1. Presupposti per l’applicazione dell’IVA
Il presupposto per l’applicazione dell’IVA è la consistenza di tre elementi:
elemento oggettivo: l’imposta si applica sulle cessioni di beni e sulle prestazioni di servizi
effettuate da imprenditori, artisti e professionisti, nell’esercizio della propria attività nel territorio
dello Stato.
Il campo di applicazione dell’imposta comprende quindi un vasto numero di operazioni che, in
funzione della loro natura ed in forme diverse, sono soggette alla disciplina di tale imposta;
elemento soggettivo: l’operazione deve essere effettuata da determinati soggetti aventi
caratteristiche specifiche (soggetti passivi sono infatti solo gli imprenditori, gli artisti ed i
professionisti);
territorialità: l’operazione deve essere compiuta, almeno parzialmente, nel territorio dello stato
o dell’Unione Europea.
La mancanza anche di un solo elemento esclude l’applicazione dell’imposta.
Al contribuente viene attribuito, da parte dell’Agenzia delle entrate, al momento dell’iscrizione al
registro imprese, un numero di partita IVA di 11 caratteri numerici, che ha la funzione di
identificarlo in tutti gli atti e documenti che possono riguardare l’assoggettamento a tale imposta.
In caso di variazione di uno o più elementi indicati nella dichiarazione iniziale, il contribuente deve
darne comunicazione entro 30 giorni.
Le aliquote dell’imposta sono stabilite nelle misure:
ordinaria del 21% (22% dall’1.7.2013) della base imponibile. Deve essere applicata per la
generalità delle operazioni (ad esempio il corrispettivo relativo al servizio del trasporto merci);
ridotte, per determinate tipologie di beni e servizi;
• 4 % per le cessioni di beni e prestazioni di servizi elencati nella tabella A parte allegata al
DPR n. 633/1972;
• 10% applicabile alle cessioni di beni e prestazioni di servizi di cui alla Tabella A parte III.
Per tassare il valore aggiunto il legislatore ha previsto un procedimento composto da quattro fasi:
fatturazione;
rivalsa;
detrazione;
versamenti dell’imposta.
Le operazioni interne ai fini IVA possono essere classificate in:
imponibili: sono le operazioni effettivamente soggette all’IVA;
non imponibili: sono sottoposte a determinati adempimenti senza però subire alcun tipo di
tassazione;
intracomunitarie;
esenti: non rientrano nel campo dell’applicazione dell’IVA e, per tale motivo, non determinano
generalmente alcun obbligo in capo a chi le pone in essere.
L’assoggettamento all’imposta nasce col verificarsi nel momento impositivo (cioè il momento in
cui l’operazione si considera effettuata e assume rilevanza ai fini IVA):
prestazioni di servizi, con il pagamento del corrispettivo;
cessioni di beni mobili, con la data della consegna o della spedizione;
cessione di beni immobili, con la data della stipulazione del contratto.
La legge stabilisce, in deroga a queste regole generali, alcune eccezioni, fra cui si ricorda:
l’anticipata emissione della fattura o l’anticipato pagamento del corrispettivo comportano
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comunque il sorgere dell’obbligo contributivo;
per le cessioni allo stato e agli enti pubblici (non economici) il momento impositivo coincide con il
pagamento del corrispettivo.
La dimensione economica del soggetto (e quindi anche la sua capacità di far fornte agli
adempimenti di carattere amministrativo connessi con l’applicazione dell’IVA) è espressa dal
volume di affari, costituito dall’ammontare complessivo delle operazioni imponibili, non imponibili
ed esenti, che sono state effettuate, regitrate o soggette a registrazione nel corso dell’anno solare. Il
dato relativo al volume d’affari è il punto di riferimento di numerose disposizioni, soprattutto per
quanto riguarda il regime applicativo dell’imposta, le modalità degli adempimenti, le agevolazioni,
etc.
I soggetti che hanno realizzato un volume d’affari annuo non superiore a:
400000.00 euro, se esercitano imprese aventi per oggetto prestazioni di servizi e per gli esercenti
arti e professioni;
700000.00 euro, se esercitano imprese aventi ad oggetto altre attività;
possono optare ad un regime semplificato che prevede la possibilità di:
adempiere gli obblighi di fatturazione e di registrazione mediante la tenuta di un bollettario
madre e figlia;
effettuare versamenti periodici IVA per ogni trimestre (e non mensilmente).
2. Fatturazione
L’emissione della fattura, cartacea od elettronica, è un obbligo del contribuente per ciascuna
operazione imponibile.
Per le operazioni effettuate dall’1.1.2013 è obbligatorio emettere fattura anche per le cessioni e le
prestazioni di servizi non territoriali effettuate nei confronti di contribuenti residenti in paesi UE ed
extra UE.
La fattura cartacea deve essere emessa in due esemplari, uno per il cliente e l’altro per gli atti
dell’impresa.
Per talune attività, come il commercio minuto e attività assimilate, non è obbligatoria l’emissione
delle fatture, sostituite da ricevuta fiscale o scontrino fiscale.
Sulle fatture relative ad operazioni imponibili o esenti occorre applicare l’imposta di bollo se
l’importo della fattura è superiore a 77.47 euro.
Il termine temporale di emissione della fattura varia a seconda delle diverse tipologie di operazioni:
cessione di immobili: coincide con l’atto traslativo della proprietà o di altro diritto reale;
cessione di beni mobili: coincide con il momento della spedizione o della consegna dei beni
(fatturazione immediata);
prestazioni di servizi: coincide con il momento del pagamento del corrispettivo;
pagamenti in data anteriore ai casi sopra citati: il termine di emissione della fattura coincide
con il momento dell’anticipo.
Pagamenti anticipati e frazionati vanno tenuti separatamente.
prestazioni di servizi rese a soggetti stabiliti in ambito comunitario e prestazioni rese o
ricevute da un soggetto stabilito fuori dalla UE: deve essere emessa entro il giorno 15 del
mese successivo a quello dell’effettuazione dell’operazione.
In base alla modalità di emissione si hanno diversi tipi di fattura:
fattura immediata: deve essere emessa al momento di effettuazione dell’operazione, cioè entro
le 24 ore dello stesso giorno in cui l’operazione è effettuata: è pertanto possibile spedire la merce
non accompagnata da alcun documento, a condizione che la fattura sia inviata entro le ore 24 del
giorno stesso;
fattura differita: può essere emessa solamente con riferimento alle cessioni di beni mobili la cui
consegna o spedizione risulti da documento di trasporto (DDT) o da altro documento idoneo a
identificare i soggetti tra i quali è effettuata l’operazione. La fattura può essere emessa entro il
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giorno 15 del mese successivo a quello della consegna o spedizione.
La fatturazione differita offre il vantaggio di poter raggruppare in un’unica fattura più operazioni
effettuate nel corso di un mese solare, riferite ad uno stesso cliente.
La fattura in tal caso dovrà indicare la data ed il numero dei DDT relativi alla merce consegnata;
fattura integrativa: deve essere emessa per il maggior ammontare tutte le volte che
l’ammontare imponibile dell’operazione o dell’imposta venga ad aumentare per qualsiasi
motivo, compresa la rettifica di errori od inesattezze;
fattura con IVA ad esigibilità differita: è uno strumento facoltativo destinato esclusivamente
agli operatori che effettuano operazioni imponibili nei confronti dello Stato, degli organi dello
Stato e degli enti pubblici territoriali che desiderano computare l’IVA al momento dell’incasso
del corrispettivo, cioè quando l’imposta diviene esigibile;
fattura con IVA per cassa: per garantire maggiore liquidità al sistema delle piccole imprese è
stato, introdotto il principio in base al quale l’imposta diviene esigibile al momento dell’effettivo
pagamento del corrispettivo;
autofattura: viene emessa dall’acquirente o dal committente, se operanti nell’esercizio
dell’impresa, arte o professione in sostituzione dei soggetti effettivamente obbligati;
fattura semplificata: viene emessa per operazioni di ammontare complessivo non superiori a
100.00 euro. Questo importo può essere innalzato fino a 400.00 euro.
3. Altri documenti fiscali
Per diverse categorie di operatori economici che effettuano prestazioni frequenti, uniformi e
normalmente di importo limitato, l’emissione della fattura costituirebbe un adempimento
eccessivamente oneroso e complesso; la legge ha pertanto previsto che, in questi specifici casi, la
sua emissione non sia obbligatoria, se non dietro esplicita richiesta del cliente.
Le operazioni che non sono soggette a fatturazione vanno tuttavia documentate mediante altri
strumenti previsti dalla legge:
ricevuta fiscale;
scontrino fiscale.
Fermo restando il criterio guida che assoggetta alla ricevuta le prestazioni di servizi e allo scontrino
le cessioni di beni, è data facoltà al contribuente di certificare le operazioni con lo strumento da lui
ritenuto più idoneo (salvo specifiche limitazioni).
Con apposito regolamento potrà essere escluso l’obbligo di rilascio della ricevuta p dello scontrino
quando tali adempimenti risultino eccessivamente gravosi per il contribuente e privi di particolare
rilevanza ai fini dei controlli.
Si ricorda infine la possibilità, in alcuni casi, del differimento dell’emissione della fattura e, in sua
vece, temporaneamente, deve però essere emesso il documento di trasporto (DTT).
3.1. Ricevuta fiscale
L’emissione della ricevuta fiscale era in passato prevista solo per determinate categorie di operatori
espressamente indicate (attività alberghiere e di ristorazione, gioiellieri, parrucchieri, etc.), mentre
per altre categorie (commercianti al minuto, bar, etc.) era previsto l’obbligo dello scontrino.
Le ricevute fiscali devono essere stampate da tipografie autorizzate e possono essere acquistate
direttamente o tramite rivenditori autorizzati.
Non è previsto alcun adempimento relativamente alla presa in carico degli stampati da parte dei
soggetti utilizzatori.
La ricevuta fiscale deve essere emessa in duplice copia e contenere:
data di emissione;
dati identificativi dell’emittente, nonché la sede in cui viene svolta l’attività;
natura, qualità e quantità dei beni e dei servizi che formano oggetto dell’operazione;
ammontare dei corrispettivi dovuti, comprensivi di IVA.
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La ricevuta fiscale, come già accennato, deve contenere la numerazione progressiva attribuita dalla
tipografia; è consentito procedere ad una numerazione interna (effettuata dal contribuente).
3.2. Scontrino fiscale
Lo scontrino fiscale deve essere emesso dai registratori di cassa o da terminali elettronici omologati,
muniti di bollo fiscale; deve consentire l’identificazione della merce e prevedere il corrispettivo
IVA inclusa, nonché il giorno e l’ora dell’operazione.
In caso di mancato funzionamento del registratore di cassa la legge prevede l’obbligo di iscrivere
gli importi delle singole operazioni di cessione in un apposito registro.
Non essendo obbligati ad emettere fattura, gli operatori che documentano le operazioni tramite
ricevuta o scontrino non sono neppure obbligati a tenere il registro delle fatture ed assolvono
all’obbligo della registrazione dei corrispettivi.
Le operazioni per le quali è rilasciato lo scontrino o la ricevuta fiscale in ciascun mese solare,
possono essere annotate anche con un’unica registrazione entro il 15 giorno del mese successivo.
Per le altre operazioni non soggette all’obbligo della certificazione, l’annotazione deve essere
eseguita entro il giorno successivo a quello in cui le operazioni sono effettuate.
4. Registri contabili IVA
Il regime IVA è basato sulla determinazione dell’imposta per differenza tra l’IVA a debito
(riscossa dai clienti) e l’IVA a credito (pagata dai fornitori); ai fini di un’esatta applicazione
dell’imposta, la legge pone a carico del soggetto passivo numerosi obblighi formali, che riguardano,
da un lato, la documentazione delle operazioni effettuate e la tenuta di appositi libri contabili dai
quali possano risultare con chiarezza gli elementi per la determinazione dell’imposta, dall’altro le
attività necessarie per la liquidazione dell’imposta e per il suo versamento.
I dati relativi alle single operazioni devono essere registrati su appositi libri obbligatori che nel
loro insieme costituiscono la contabilità IVA e che consentono l’esatta quantificazione
dell’ammontare complessiva dell’IVA a debito e di quella a credito.
Per la loro regolare tenuta basta numerarli progressivamente in ogni pagina con l’indicazione
dell’anno cui fa riferimento la contabilità e non quello in cui si è effettuata la stampa delle pagine.
Questi registri sono esenti dai tributi di bollo e di concessione governativa.
Le fatture di vendita devono essere annotate entro 15 giorni nel registro delle fatture emesse; se si
tratta di fatture differite che, si ricorda, possono essere emesse entro il 15 giorno del mese
successivo alla consegna della merce, devono essere annotate entro il termine di emissione.
Di ogni singola fattura devono essere registrati i dati che consentano di identificare l’acquirente,
l’imponibile e l’imposta. Se la fattura riguarda operazioni esenti o non imponibili, dovranno essere
annotate le ragioni dell’inapplicabilità dell’IVA e la relativa norma di riferimento.
I commercianti al minuto, esonerati dall’obbligo di certificazione, devono annotare nel registro dei
corrispettivi l’ammontare giornaliero degli incassi, entro il giorno non festivo successivo.
I soggetti con obbligo di certificazione possono annotare l’ammontare dei corrispettivi mensili
eseguendo un’unica registrazione entro il giorno 15 del mese successivo.
Le fatture relative agli acquisti e le bollette doganali numerate progressivamente devono essere
annotate nel registro degli acquisti anteriormente alla liquidazione periodica ovvero alla
liquidazione annuale, nella quale è esercitato il diritto alla detrazione della relativa imposta
(precedentemente il termine era il mese successivo). I dati da fornire sono quelli che identificano il
fornitore, l’imponibile e l’imposta, nonché la data del documento.
È consentito dalla legge, ai fini delle registrazioni, l’utilizzo di mezzi elettrocontabili; in questo
caso il termine ordinario di registrazione è di 60 giorni sia per gli acquisti sia per le fatture emesse.
La contabilizzazione con sistemi meccanografici dei dati dell’esercizio in corso è considerata
regolare, anche in difetto di trascrizioni su carta, se in sede di controllo i dati sino aggiornati nel
supporto magnetico e vengono stampati contestualmente alla richiesta e in presenza dei verificatori.
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All’interno del panorama legislativo è previsto l’esonero di registrazione per specifiche categorie di
contribuenti minori (agricoltori, pescatori, etc.).
A partire dall’anno 2002, tutti i contribuenti che adottano un sistema di contabilità ordinaria con il
libro giornale (imprese9 o con il registro cronologico (lavoratori autonomi) hanno la facoltà di non
tenere i registri IVA, ossia il registro delle fatture, il registro degli acquisti e quello dei
corrispettivi.
Tale esonero è tuttavia subordinato a due condizioni:
che la registrazione delle fatture nel libro giornale venga effettuata nei termini previsti dalla
disciplina IVA;
che a richiesta dell’amministrazione, siano forniti i relativi dati in forma aggregata, organizzati
secondo le norme previste per i registri IVA.
I corrispettivi documentati dallo scontrino o dalla ricevuta fiscale possono essere annotati nel
rispettivo registro entro il giorno 15 del mese solare successivo senza che si debbano allegare gli
scontrini giornalieri riepilogativi.
5. Liquidazione e versamento dell’IVA
I termini previsti per la liquidazione e i versamenti dell’imposta sono in funzione del volume
d’affari dei contribuenti:
con un volume d’affari annuo superiore a 400000.00 € (imprese aventi per oggetto prestazioni di
servizi) ovvero superiore a 700000.00 € (imprese aventi per oggetto altre attività) devono effettuare
mensilmente (entro il giorno 16 di ciascun mese successivo a quello di riferimento) il versamento
dell’importo pari alla differenza tra l’ammontare complessivo dell’imposta risultante dalle fatture di
vendita registrate nel mese e l’ammontare complessivo dell’importo detraibile risultante dalle
fatture di acquisto dello stesso periodo;
con un volume di affari inferiore a 400000.00 o 700000.00 € (imprese che non hanno per oggetto le
prestazioni di servizi) possono optare di liquidare l’IVA trimestralmente ed effettuare il
versamento entro il giorno 16 del secondo mese successivo a ciascuno dei primi tre mesi, mentre il
versamento dell’ultimo trimestre va effettuato entro il 16 marzo con l’importo maggiorato dell’ 1 %
per interessi.
Per l’autotrasporto vige un particolare regime di IVA trimestrale.
In linea di principio l’IVA si applica su base annuale coincidente con l’anno solare.
La liquidazione definitiva dell’imposta è quella che avviene perciò in sede di dichiarazione annuale.
È punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa l’IVA dovuta in base alla
dichiarazione annuale entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta
successivo, per un ammontare superiore a 50000.00 €.
6. Dichiarazione e comunicazione annuale
Sono esonerato dall’obbligo della dichiarazione IVA coloro che hanno effettuato esclusivamente
operazioni esenti e altre specifiche categorie di contribuenti individuate dalla legge.
Nella dichiarazione, ai fini IVA, vengono riassunti i dati relativi alle operazioni compiute
nell’anno precedente, e precisamente:
ammontare imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi registrate nell’anno
precedente;
ammontare delle operazioni non soggette all’imposta o non imponibili e quello delle operazioni
esenti;
ammontare degli acquisti e delle vendite per i quali è ammessa la detrazione;
differenza tra l’ammontare complessivo delle imposte riscosse (cosiddetta IVA vendite) e quello
delle imposte pagate ai fornitori e detraibili (cosiddetta Iva acquisti);
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ammontare delle somme versate periodicamente.
La dichiarazione annuale IVA per tutti i contribuenti con periodo di imposta coincidente con l’anno
solare, viene presentata unitamente alla dichiarazione dei redditi, con il modello unico.
Tuttavia, in taluni casi, deve essere redatta in forma autonoma:
società di capitali con esercizio non coincidente con l’anno solare;
società di persone con periodo di imposta che termina prima del 31 dicembre dell’anno
interessato;
soggetti risultanti da operazioni straordinarie;
curatori fallimentari e commissari liquidatori, etc.
la dichiarazione annuale IVA deve essere sottoscritta dal contribuente se si tratta di persone fisiche,
dal rappresentante legale in caso di società.
Entro il mese di febbraio occorre altresì presentare la comunicazione annuale contenente i dati
riepilogativi dell’anno precedente, per via telematica tramite:
servizio telematico Entratel o Internet;
intermediario abilitato.
7. Elenchi clienti e fornitori
Con l’intento di controllare l’evasione fiscale e le frodi in materia di IVA (false fatturazioni) è sttao
introdotto l’obbligo di comunicare all’Agenzia delle entrate gli elenchi clienti e fornitori.
Per le operazioni documentate da fattura non è previsto alcun limite, mentre per le operazioni
documentate da scontrini o ricevute fiscali devono essere comunicate soltanto se di ammontare pari
o superiore a 3600.00 € al lordo dell’IVA.
L’obbligo riguarda tutti i soggetti passivi (imprese e lavoratori autonomi) che effettuano:
cessioni di beni e prestazioni di servizi rilevanti ai fini IVA;
acquisti di beni e prestazioni di servizi rilevanti ai fini IVA e documentate da fatture o
scontrini/ricevute fiscali.
L’adempimento si estende non solo alle operazioni imponibili ma anche a quelle non imponibili ed
esenti. Non sono compresi nella comunicazione le operazioni escluse dal campo di applicazione
dell’IVA.
La comunicazione va presentata entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento.
Nell’individuazione degli elementi informativi da trasmettere, il soggetto obbligato deve fare
riferimento al momento della registrazione dell’operazione sui registri IVA.
Ovvero in mancanza della registrazione al momento in cui l’operazione è considerata effettuata: per
i beni mobili la consegna e per le prestazioni di servizio il pagamento del corrispettivo.
La comunicazione va trasmessa esclusivamente in via telematica direttamente dal contribuente o
tramite un intermediario abilitato.
È previsto l’esonero della comunicazione telematica all’Agenzia delle entrate delle operazioni
effettuate nei confronti dei soggetti privati se il pagamento avviene in modo tracciato con carte di
credito, di debito o prepagate.
Il regime sanzionatorio prevede che, in caso di omessa comunicazione o di comunicazione con dati
incompleti o non veritieri, sia applicabile una sanzione da 258.00 a 2065.00 €.
8. Elenchi clienti e fornitori black list
I soggetti passivi IVA italiani (imprese e lavoratori autonomi) sono obbligati a comunicare
telematicamente all’Agenzia delle entrate le operazioni effettuate nei confronti di operatori
economici residenti o domiciliati nei Paesi a fiscalità privilegiata appartenenti alle cosiddette black
list. Sono previste due black list italiane del 1999 e del 2001.
Nella prima black list rientra anche la Repubblica d San marino.
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Le operazioni tenute sotto il controllo riguardano:
cessioni di beni;
prestazioni di servizi rese;
acquisti di beni;
prestazioni di servizi ricevute.
È stata introdotta una soglia minima pari a 500.00 € al di sotto della quale non dovranno più essere
comunicate le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate e ricevute svolte nei confronti di
operatori economici aventi sede in paesi a fiscalità privilegiata.
La comunicazione dovrà avvenire a seconda dei casi, entro il mese o il trimestre successivo alla
data della fattura.
La periodicità di prestazione può essere trimestrale per i soggetti che negli ultimi quattro trimestri
precedenti e per ciascuna categoria di operazioni (beni o servizi) non hanno superato il limite
trimestrale di 50000.00 €; oppure mensile se il soggetto supera i predetti limiti.
Gli elenchi devono essere presentati esclusivamente in via telematica ed entro l’ultimo giorno del
mese successivo al periodo di riferimento.
Nella comunicazione devono essere riportate le operazioni attive e passive imponibili, non
imponibili, esenti e non soggette ad IVA.
Non sussiste l’obbligo di comunicazione con riguardo alle attività con le quali si realizzano
operazioni esenti condizione che il soggetto abbia optato per la dispensa dagli adempimenti IVA ex
art. 36 bis DPR n. 633/1972.
Sono invece da comunicare:
le prestazioni di servizi fuori campo IVA ex art. 7 ter DPR n. 633/1972 rese da operatori
nazionali nei confronti di committenti esteri (ad esempio un trasporto di beni effettuato da un
operatore italiano a favore di un operatore sammarinese);
le prestazioni di servizi fuori campo IVA ex art. 7 quater e 7 quinquies DPR n. 633/1972 rese da
operatori nazionali nei confronti di committenti esteri (ad esempio una prestazione resa da un
operatore italiano nei confronti di un operatore sammarinese su un immobile situato a San
Marino oppure una prestazione alberghiera ricevuta da un operatore italiano a San Marino).
Le sanzioni per la mancata comunicazione delle predette operazioni o di comunicazione con dati
incompleti o non veritieri vanno da 516.00 a 4130.00 €.
9. Regimi IVA dell’autotrasporto di viaggiatori
Il trasporto di persone rientra tra le prestazioni di servizi per le quali deve essere emessa fattura
immediata al momento dell’effettuazione del servizio.
Le prestazioni di trasporto pubblico di persone hanno, ai fini Iva, un trattamento diverso.
Sono operazioni esenti da IVA:
trasporti urbani effettuati mediante veicoli da piazza (taxi) o altri mezzi di trasporto su acqua
(gondole, vaporetti, motoscafi); sono considerati trasporti urbani quelli compiuti nel territorio di
un comune o fra comuni diversi purché la distanza fra loro non superi i 50 km.
Sono operazioni imponibili al 10 % tutte le altre operazioni di trasporto di persone e dei rispettivi
bagagli al seguito:
trasporti urbani di persone effettuati con mezzi diversi da quelli indicati precedentemente;
trasporti extraurbani di persone;
trasporti derivanti dal servizio di noleggio con conducente.
Non rientra nella fattispecie di trasporto di persone la prestazione complessa ed articolata nella
quale il trasferimento delle persone è strumentale all’offerta di servizi con finalità turistico –
ricreative (gite organizzate con intrattenimento a bordo di una motonave).
In questo caso l’attività non è solo quella di trasferire verso corrispettivo i propri clienti da un luogo
ad un altro come previsto nella nozione civilistica di contratto di trasporto ma di fornire un diverso
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e più articolato servizio. A tali prestazioni si rende applicabile l’imposta ad aliquota ordinaria del
21%.
La normale bigliettazione cartacea, con i nuovi sistemi informativi, può essere sostituita da quella
elettronica. L’adozione dei nuovi sistemi mediante l’uso di smart card permette di fidelizzare
l’utenza e di rendere più economica questa operazione rispetto al biglietto cartaceo.
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