Per saperne di più. Autismo: uno su 200 Cos`è. (da Wikipedia

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Blog di Alessandro Bruni www.crescerefiglialtrui.typepad.com Per saperne di più. Autismo: uno su 200
Per saperne di più. Autismo: uno su 200
Cos'è. (da Wikipedia, modificato). L'autismo è considerato dalla comunità scientifica
internazionale un disturbo che interessa la funzione cerebrale; la persona affetta da
tale patologia mostra una marcata diminuzione dell'integrazione sociale e della
comunicazione. L'incidenza varia da 5 a 50 persone su 10.000, a seconda dei criteri
diagnostici impiegati, che si sono sviluppati e migliorati nel corso del tempo. Colpisce
prevalentemente i soggetti maschili con un tasso dalle due alle quattro volte (e a
volte anche sei /otto volte) superiore rispetto al sesso femminile; si manifesta quasi
sempre entro i primi 3 anni di vita.
Normalmente i sintomi si manifestano come un ritiro autistico (nel senso di
comportamenti notevolmente anomali e non sempre comprensibili, a causa dei quali
la persona si trova esposta a un alto rischio di isolamento sociale), dovuto a gravi
alterazioni nelle aree funzionali.
Circa il 50% dei soggetti con autismo non acquisiscono mai, o molto limitatamente,
capacità di espressione mediante canale verbale tuttavia studi longitudinali, più
recenti, individuano una percentuale inferiore al 20%. I soggetti che sono in grado di
utilizzare il linguaggio si esprimono in molte occasioni in modo bizzarro; spesso
ripetono parole, suoni o frasi sentite pronunciare (ecolalia). L'ecolalia può essere
immediata (ripetizione di parole o frasi subito dopo l'ascolto), oppure ecolalia differita
(ripetizione a distanza di tempo di frasi o parole sentite in precedenza). Anche se le
capacità imitative sono integre, queste persone spesso hanno notevoli difficoltà a
impiegare i nuovi apprendimenti in modo costruttivo a situazioni diverse da quelle
che li hanno generati in prima istanza.
Gli autistici mostrano un'apparente carenza di interesse e di reciprocità relazionale
con gli altri; tendenza all'isolamento e alla chiusura sociale; apparente indifferenza
emotiva agli stimoli o, al contrario, ipereccitabilità agli stessi; difficoltà a instaurare
un contatto visivo diretto: il bambino che intorno ai due anni di età continui a evitare
lo sguardo degli altri mostra, secondo diversi studi, una maggiore possibilità di
sviluppare l'autismo.
Gli autistici hanno difficoltà nell'iniziare una conversazione o a rispettarne i "turni",
oltre a difficoltà a rispondere alle domande e a partecipare alla vita o ai giochi di
gruppo. Non è infrequente che bambini affetti da autismo vengano inizialmente
sottoposti a controlli per verificare una sospetta sordità, dal momento che non
mostrano apparenti reazioni (proprio come se avessero problemi uditivi) quando
vengono chiamati per nome.
Di solito un limitato repertorio di comportamenti viene ripetuto in modo ossessivo; si
possono osservare posture e sequenze di movimenti stereotipati (per es. torcersi o
mordersi le mani, sventolarle in aria, dondolarsi, compiere complessi movimenti del
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capo, ecc.) detti appunto stereotipie. Queste persone possono manifestare eccessivo
interesse per oggetti o parti di essi, in particolare se hanno forme tondeggianti o
possono ruotare (palle ovali, biglie, trottole, eliche, ecc.). Talvolta la persona affetta
da autismo tende ad astrarsi dalla realtà per isolarsi in una sorta di "mondo virtuale",
in cui si sente di vivere a tutti gli effetti (dialogando talora con personaggi inventati).
Pur mantenendo in molti casi la consapevolezza del proprio fantasticare, è con fatica
e solo con delle sollecitazioni esterne (suoni improvvisi, richiami di altre persone) che
riesce a essere in varia misura partecipe nella vita di gruppo.
Bambino affetto da autismo che si manifesta nel suo intento continuo di dare un dato
ordine alle cose. Si riscontra una marcata resistenza al cambiamento, che per alcuni
può assumere le caratteristiche di un vero e proprio terrore fobico. Questo può
accadere se viene allontanato dal proprio ambiente (camera, studio, giardino, ecc.),
o se nell'ambiente in cui vive si cambia inavvertitamente la collocazione di oggetti,
del mobilio o comunque l'aspetto della stanza.
Lo stesso può verificarsi se si lasciano in disordine oggetti (sedie spostate, finestre
aperte, giornali in disordine): la reazione spontanea della persona autistica sarà
quella di riportare immediatamente le cose al loro ordine o, se impossibilitato a farlo,
manifestare comunque inquietudine. La persona può allora esplodere in crisi di
pianto o di riso, o anche diventare autolesionista e aggressiva verso gli altri o verso
gli oggetti. Altri soggetti, al contrario, mostrano un'eccessiva passività, aprassia
motoria e ipotonia, che sembra renderli impermeabili a qualsiasi stimolo.
La gravità e la sintomatologia dell'autismo variano molto da individuo a individuo e
tendono nella maggior parte dei casi a migliorare con l'età, in particolare se il ritardo
mentale è lieve o assente, se è presente il linguaggio verbale, e se un trattamento
terapeutico valido viene intrapreso in età precoce.
L'autismo può essere associato ad altri disturbi, ma è bene sottolineare che esistono
gradi di autismo differenti tra loro. Alcune persone autistiche possiedono per esempio
una straordinaria capacità di calcolo matematico, sensibilità musicale, eccezionale
memoria audio-visiva o altri talenti in misura del tutto fuori dell'ordinario, come ad
esempio la capacità di realizzare ritratti o paesaggi molto fedeli su tela senza
possedere nozioni tecniche di disegno o pittura.
Cause dell'autismo. Sono state avanzate molte ipotesi sulle possibili cause
dell'autismo, ma al momento tali teorie sono ancora insoddisfacenti. I fattori genetici
contribuiscono in maniera molto significativa al rischio che un bambino sviluppi la
sindrome autistica, ma l'ereditabilità dell'autismo è molto complessa, e non si
conoscono tuttora quali siano esattamente i geni e le mutazioni geniche responsabili,
o come operino. In rari casi, l'autismo è strettamente legato a fattori che causano
malformazioni alla nascita.
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Vista la difficoltà di chiarire con certezza i reali processi causali (etiologici e
patogenetici) dell'autismo, sono state a volte proposte anche ipotesi estremamente
eterogenee e scientificamente infondante, come ad esempio la vecchia ed
ampiamente smentita credenza che i vaccini potessero avere un ruolo in merito; tesi
che si è dimostrata essere del tutto priva di fondamento.
Aggiornamento. (AGI) - Roma, 12 nov. 2011 - I casi di autismo sono sempre più
frequenti nel nostro paese: se venti anni fa la patologia colpiva un bambino ogni
2.000, oggi colpisce un bambino ogni 200, con i casi che quindi in due decenni sono
addirittura decuplicati. Una crescita esponenziale di un disturbo, segnalano gli
esperti, che ancora oggi viene troppo spesso diagnosticato in ritardo e affrontato con
terapie non idonee.
Eppure la possibilità di migliorare la qualità di vita di questi bambini autistici e delle
loro famiglie dipende in maniera diretta dal tempismo con il quale si riesce ad
effettuare una valutazione e, di conseguenza, dall'adozione di terapie mirate al
singolo caso. "Un unico metodo non funziona per tutti", osservano Federico Bianchi di
Castelbianco e Magda Di Renzo, rispettivamente direttore e responsabile del servizio
Terapia dell'Istituto di Ortofonologia che di fatto propongono due progetti distinti uno relativo all'individuazione del disturbo, l'altro alla terapia - evidenziando che
circa il 70% dei bambini in cura ha migliorato la propria diagnosi passando da una
situazione di autismo ad una di spettro autistico, mentre il 24% è addirittura uscito
dall'autismo a dimostrazione che questo disturbo e' una gabbia da cui si può anche
uscire. Nate e promosse dall'IdO, le due iniziative, dal carattere "innovativo", sono al
centro del convegno scientifico dal tema "Autismo Infantile. La centralità della
diagnosi precoce per un progetto terapeutico mirato", presentato oggi al convegno
'Direfuturo-Il Festival delle giovani idee' e promosso dallo stesso Istituto, in
collaborazione con la Fondazione Telecom Italia e la casa editrice Magi Edizioni.
Il primo obiettivo raggiunto dall'istituto, e' stato quello di distinguere all'interno della
"disomogenea categoria dei bambini con disturbi autistici" due sottogruppi definiti
con sintomatologia lieve e severa in base alla gravita' dei punteggi ottenuti con le
scale standardizzate: Autism diagnostic observation schedule Generic (Ados-G) e
Childhood autism rating scale (Cars). Ciò che è emerso in modo sorprendente è stata
la presenza di intenzionalità nel sottogruppo con sintomatologia lieve, ovvero il fatto
che esista la possibilità che il bambino possa comprendere le intenzioni dell'altro. Si
tratta di una scoperta che ha messo "in discussione la 'teoria della mente' come
spiegazione della maggior parte delle bizzarrie del bambino con autismo", spiega Di
Renzo nel sottolineare che "l'esperienza clinica ha evidenziato che lo sviluppo del
bambino autistico segue le stesse linee di quello normodotato ma con tempi molto
più lenti".
Aggiornamento. (AGI) - Londra, 24 gen. 2012 - Imparare a parlare e a ordinare
i propri pensieri nella mente può aiutare i bambini con autismo a migliorare lo
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svolgimento di attività più complesse e aumentare l'indipendenza. Questo e' il
risultato di un nuovo studio condotto dalla Durham University in Inghilterra, secondo
cui il meccanismo per l'utilizzo del 'discorso interiore' e' intatto nei bambini con
autismo, ma non sempre e' utilizzato allo stesso modo dei bambini a sviluppo tipico.
Gli psicologi hanno dimostrato come l'uso e l'assenza di discorso interiore appaiano
fortemente legati al grado di disabilità di comunicazione nella prima infanzia.
Fondamentali quindi, secondo la ricerca, l'insegnamento e le strategie di intervento
destinati a favorire il discorso interiore e a incoraggiare i bimbi a descrivere le
proprie azioni ad alta voce. Tra i suggerimenti pratici, ad esempio, spronare i bambini
autistici ad apprendere verbalmente il programma scolastico quotidiano piuttosto che
lasciargli utilizzare gli orari visivi. L'indagine della Durham University che ha visto la
collaborazione della Bristol University e della London City University e' stata
pubblicata su Development and Psychopathology. "La maggior parte delle persone
indotte a 'pensare a parole' quando cercano di risolvere i problemi, risultano facilitate
- David Williams, docente del Dipartimento di Psicologia alla Durham, e autore dello
studio - nella pianificazione di attività particolarmente complicate. Un meccanismo
che nei bambini con sviluppo tipico sfocia nella tendenza a parlare ad alta voce per
guidare se stessi verso un obiettivo o la risoluzione di un compito impegnativo. I
bambini con autismo spesso perdono nei primi anni di infanzia le giuste occasioni per
validi e produttivi scambi comunicativi, sviluppando cosi' quella tendenza a non usare
il linguaggio interno da adulti".
Questa mancanza di uso del 'discorso interiore', ha aggiunto l'esperto, "contribuisce
allo sviluppo di alcuni dei comportamenti ripetitivi comuni nelle persone con autismo.
Questi risultati dimostrano che il discorso interno ha le sue radici nella comunicazione
interpersonale con gli altri dei primi anni di vita, e dimostra che le persone che
risultano inefficienti a comunicare con gli altri lo saranno in genere anche con se
stessi" .
Aggiornamento. Erickson Editore. Da sempre Erickson dedica un’attenzione
particolare al tema dell’autismo e dei disturbi generalizzati dello sviluppo, con
l’obiettivo di contribuire alla divulgazione dei risultati della ricerca scientifica e di
offrire utili spunti di lavoro a familiari e operatori. Ecco una panoramica dei titoli e
delle risorse disponibili sull’argomento, per conoscere meglio i disturbi dello spettro
autistico e tenersi aggiornati con gli sviluppi della ricerca scientifica e della pratica
d’intervento in ambito psicoeducativo. http://www.erickson.it/Pagine/Autismo.aspx?
gclid=CNb9jY7B1q4CFQnP3wodpHUCBA
Aggiornamento. Oltre le barriere. Le difficoltà nel promuovere la sessualità
nelle persone con una disabilità intellettiva.
http://www.oltrelebarriere.net/3401/le-difficolta-nel-promuovere-la-sessualita-nellepersone-con-una-disabilita-intellettiva/
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Toccare il tema della sessualità nella disabilità è percepito dai più come qualcosa di
velleitario, difficile, certamente scomodo. Sesso e disabilità appaiono ancora oggi due
temi lontani, quasi tra loro antitetici, dove il primo termine evoca piacere, affetto,
amore, positività, vita, mentre il secondo evoca una menomazione, una mancanza,
un limite. Nonostante i tentativi di superare un modello medico, ancora oggi la nostra
società tende a leggere la disabilità come una sorta di menomazione, ponendo enfasi
sul deficit trascurandone le possibilità. Se già nella nostra società è difficile accettare
la leicità di una educazione alla affettività e alla sessualità sin dai primi anni di vita
del bambino, possiamo capire come la sessualità di una persona disabile non possa
che essere etichettata come qualcosa di “vergognoso”, che è meglio nascondere o far
finta di non vedere.
In questo senso sembra di muoversi lungo un doppio binario; da una parte scorrono
le leggi, le normative, le profonde evoluzioni in tema di politiche sociali a favore dei
disabili che sono state introdotte negli ultimi anni, dall’altra parte vi è una
consapevolezza solo parziale sul diritto delle persone disabili ad una “speciale”
normalità totalmente libera da dei pregiudizi sociali sedimentati nel corso dei secoli e
dunque ancor più difficile da debellare. Questo aspetto assume una connotazione
ancora più marcata se introduciamo il tema del diritto alla sessualità, tema già ricco
di pregiudizi e stereotipi nella “non-disabilità”. A rendere ancora più problematico
questo tema vi è poi l’infantilizzazione delle persone con disabilità intellettiva,
sempre viste come eterni ragazzini non adatti ad una vita adulta per il semplice
motivo che è la stessa società a non sapere come e dove collocarli; l’espressione
della sessualità diventa allora qualcosa di difficilmente tollerabile ed ammissibile. La
sessualità va allora pensata in modo normale cercando di essere promossa
nonostante le difficoltà che tale argomento evoca andando a coinvolgere aspetti
profondi legati alla nostra intimità e a quella dell’altro. Del resto si parla spesso di
acquisizione di competenze, di apprendimenti, di formazione a nuove autonomie,
senza che però questi principi coinvolgano il tema della sessualità, dove magari se ne
parla ma dove gli interventi concreti per promuovere un cambiamento sono molto
modesti.
Qualunque intervento dovrebbe dunque avere l’obiettivo non di limitare o reprimere,
ma di individuare delle strategie e delle modalità alternative che permettano lo
sviluppo di una sessualità sostenibile anche nella disabilità. Alcuni comportamenti
problematici, osservabili ad esempio nella sindrome autistica, riguardano la
mancanza di senso del pudore, la masturbazione in pubblico o la masturbazione
collettiva. L’aspetto complesso è quello di evitare di reprimere un comportamento
socialmente poco adeguato senza promuovere un comportamento più funzionale così
che il bambino possa ad esempio imparare a masturbarsi nel posto giusto, nel
momento giusto e, cosa non da poco, nel modo corretto. La complessità sta proprio
nel dover intervenire in un’area molto delicata che richiede all’operatore di avere
raggiunto un ottimo equilibrio con sé stesso tanto da poter entrare nella sessualità di
un’altra persona senza che esserne invaso. Il confronto con la sessualità nel disabile
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deve comunque partire dal presupposto che regole generali di intervento non ne
esistono; così come la sessualità afferisce ad un’area personale ed intima, così ogni
intervento in questo ambito necessita di essere pensato e progettato in relazione alla
specificità della persona. Stando a questa prospettiva non dovrebbe essere
l’operatore a sostituirsi alla persona disabile stabilendo ciò che è giusto o no, a
favore di un ruolo più marginale, certo più difficile, di attento lettore di quei bisogni
individuali spesso celati o non espressi, magari perché poco chiari e poco leggibili
dalla persona stessa. Il lavoro complesso si situa dunque in questa area di
interscambio, dove è difficile pensare ad una sessualità sostenibile quando sono gli
stessi addetti ai lavori ad avere difficoltà nel pensare ad una sessualità scevra dal
pietismo o dall’assistenzialismo, a favore di un’ottica più “umana” di incontro, di
scambio, di vita.
Aggiornamento. Oltre le barriere. Interventi globali e precoci possono
migliorare la vita dei bambini autistici.
http://www.oltrelebarriere.net/2812/interventi-globali-e-precoci-possono-migliorarela-vita-dei-bambini-autistici/
La stragrande maggioranza dei bambini con autismo anche grave oltre il 90% –
ottengono significativi miglioramenti attraverso un intervento riabilitativo precoce,
globale, individualizzato ed integrato. E’ questo il risultato della sperimentazione
condotta da Asl3 Genovese e dall’Istituto David Chiossone onlus su 15 bambini affetti
da autismo, un progetto finanziato dalla Regione Liguria e che conferma la validità di
un intervento riabilitativo intensivo e precoce, generalizzato in tutti i contesti di vita
del bambino (famiglia e scuola), individualizzato e multidisciplinare. Dal 2007 in poi i
bambini con disturbi dello spettro autistico di età compresa tra 0 e 7 anni sono stati
sottoposti ad un percorso comprendente sia interventi riabilitativi diretti
(psicomotricità, logopedia, psicoterapia ad impostazione congnitivocomportamentale, e trattamenti coadiuvanti quali pet therapy e arteterapia) sia
interventi indiretti, con attività di consulenza e supporto ai genitori e alla scuola.
Le tre aree su cui si è concentrata l’analisi dei risultati sono state quelle della
comunicazione, della motricità e dei comportamenti disadattivi: in tutte emerge
come un intervento intensivo e precoce, finalizzato allo sviluppo delle competenze
comunicative nei bambini con disturbi dello spettro autistico, dia risultati significativi
anche nei soggetti più compromessi. Il miglioramento è più rapido e significativo nei
bambini che sanno parlare rispetto a quelli che non hanno ancora imparato a farlo:
col tempo, il 62,5 % dei bambini verbali migliora il proprio livello di sviluppo, mentre
solo il 50% dei bambini non verbali passa da una totale assenza di linguaggio ad un
codice semplice di comunicazione verbale. La sperimentazione è stata condotta
attraverso una presa in carico congiunta e precoce, attuata in maniera
individualizzata da un Polo diagnostico (la Asl genovese, soggetto pubblico) e un Polo
riabilitativo (l’istituto Chiossone, un privato accreditato): una partnership innovativa
che si è poi avvalsa anche delle cattedre di Neuropsichiatria infantile, di Psicologia
della disabilità e Psicologia dello Sviluppo del supporto dell’Università di Genova, e
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dell’Angsa, l’ Associazione nazionale genitori soggetti autistici.
Opinioni. Autismo e Frigoriferi http://www.carmelodimauro.com/?p=162
L’autismo è un problema biologico. Ci sono due scuole di pensiero sulle cause, quella
che fa riferimento al fattore genetico e quella che fa leva sugli effetti collaterali dei
farmaci anticonvulsivi, quindi il fattore tossico. Quest’ultima ipotesi, suppone che il
problema sia dovuto ad un trauma di origine tossica, ad esempio i vaccini, i farmaci
anticonvulsivi assunti durante il parto o elevati gradi di inquinamento, ritenendo che
il danno sia a livello intestinale anziché nel cervello: comunque entrambe le ipotesi
concordano sul fatto l’autismo sia un disturbo neuroevolutivo di chiara natura
biologica.
Ho già accennato della teoria “psicoanalitica” ideata da Bruno Bettelheim che dal
1950 al 1980 ha avuto una grosso riconoscimento e ha incriminato le famiglie e
specificatamente la madre quale causa del disordine psicologico del bimbo autistico.
In questo caso quindi il disturbo era ritenuto di natura psicologica, con una specifica
causa, una descrizione della struttura familiare a cui l’autistico cercava di
sopravvivere e la cura psicoanalitica che secondo Bettelheim funzionava alla
Orthogenic School, istituto residenziale per bambini psicotici dell’Università di
Chicago che ha diretto per trentanni. Il suo libro che ha riscuote tuttora un grande
successo come in passato si intitola “La fortezza vuota. L’autismo infantile e la
nascita del sé”. La metafora è quanto mai accattivante, dato che illustra il vuoto di
relazioni in cui vivono questi bimbi quando la madre (e in senso largo il padre) rifiuta
il bimbo al punto di non accettarne la sua esistenza. Per la famiglia il bimbo è una
bocca da sfamare e un pannolino da cambiare, non lo vedono come un essere
umano. La mamma “frigorifero” è appunto disposta a dare cibo, ma non calore. Il
bimbo non impara ad interagire con la madre e col padre finendo per determinarne il
carattere meccanico nelle altre relazioni, al punto da non essere nemmeno percepite
e favorendo una assenza “del sé” da confrontare con “gli altri”.
Le stereotipie e gli interessi ossessivi per il bimbo congelato sono visti come una
strategia attiva ed eroica per far fronte a tale deprivazione di cura genitoriale. Un
richiamare l’attenzione per quel barlume di se stesso, facendo qualcosa per se stesso
ancorché senza un punto di riferimento. Gli stessi comportamenti ripetitivi verso
oggetti geometrici ruotanti non sono altro che un simbolo che rappresentano il
circolo vizioso della loro vita.
Il primo a coniare il termine “autismo infantile” fu Leo Kanner nel 1944 e descriveva
la “refrigerazione emotiva” che regnava nelle famiglie autistiche. Non sappiamo se
tale gelo lo ritenesse causa dell’autismo. Una cosa è certa, che se stiamo parlando di
un problema biologico anziché psicologico, il problema permane. Lo possiamo
fronteggiare con la riabilitazione perché ancora non sono state scoperte le cure che
illusoriamente riportano allo stato normale il bimbo. Lo sviluppo infantile è
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imprevedibile, ma rare volte. La natura (perdonate la personificazione) evolve in
termini conservativi. Difficilmente fa un passo indietro, semmai lo osserviamo in
termini economici nei tempi lunghi (ad esempio l’invecchiamento). L’aspetto
interessante e promettente è il range dello spettro autistico, perché la variabilità
fenotipica è estesa. Quindi abbiamo da casi più gravi a casi meno gravi, a seconda se
stiamo parlando di autonomia, socialità, linguaggio, competenze congitive,
percezione, locomozione. Un’attenta e precoce diagnosi è senza dubbio
fondamentale, ma non garantisce un ritorno all’indietro verso una normalità che non
c’è mai stata. Uno dei motivi che più angoscia la famiglia di un bimbo autistico è il
non poter tornare alla normalità. Questo indica, al contrario della teoria priva di
fondamento di Bettleheim, il vero lato familiare e “psicologico” del quadro autistico
ancorché ravvisabile, in misura relativa, in tutte le situazioni “normali”: la qualità
dell’aiuto che si può fornire ai genitori, perché il mestiere di genitore è
dolorosamente difficile in questi casi.
Certo Bettelheim partiva dal presupposto che il bambino fosse “normale” e nella
ricerca eziopatogenica attribuiva sciaguratamente le cause andando indietro nella
storia familiare. Una inquietante combinazione che genera un acuto senso di colpa
tuttora: i genitori vorrebbero comunque tornare indietro, scovare le cause materiali e
rimuoverle con un farmaco o una riabilitazione. Non possono accettare che sia un
problema familiare perché condurrebbe ad una generale accusa di responsabilità
aggravata di aver rovinato un bimbo e la famiglia estesa (nonni e parenti).
Nondimeno risalire a cause biologiche equivarrebbe alla definizione di disabile del
proprio bimbo con la duplice costernazione di essere genitori di un bimbo diverso da
tutti gli altri normali e l’infelice scoperta di non poter usufruire di un farmaco non
disponibile dacché non sono state scoperte le cause specifiche biologiche.
Un altro circolo vizioso, stare tra l’incudine e il martello, tra biologia e psicologia.
L’impossibilità di poter fare qualcosa come mettere la macchina indietro e ritornare al
passato e l’unica via nell’accettare i limiti del proprio figlio e affrontare una nuova
storia familiare, ma con il brivido proveniente dal realismo psicologico. L’appunto che
può essere obiettato all’ipotesi biologica è quella di non aver scaldato la fredda realtà
della famiglia di un autistico.
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