NICCOLÒ SAVARESI VA LICEO CLASSICO

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NICCOLÒ SAVARESI V A LICEO CLASSICO MANIN - Qualcuno potrebbe dire che sia stato
provvidenziale la scelta dello spettacolo “Il visitatore” per sostituirne un altro del cartellone del
Ponchielli, cancellato per un malessere di un attore; infatti, il pubblico sembrava aver gradito la
piece durante i cinque minuti buoni di applausi, in cui il cast era continuamente richiamato sul palco
per ricevere i propri onori. Ma altrettanto provvidenziale si potrebbe dire anche la comparsa del
misterioso Visitatore (Alessio Boni), forse Dio, forse un pazzo mitomane, nella vita di Sigmund
Freud (Alessandro Haber), nel momento in cui sua figlia (Nicoletta Robello Bracciforti) è arrestata
dalle truppe naziste che occupano Vienna. Il padre della psicanalisi, un ateo convinto e fedele
unicamente alla Ragione, inizia a confrontarsi con l’altro in un dialogo che lentamente prende la
forma di un’ indagine interiore, in cui i ricordi e i pensieri della vita del vecchio e malato Freud
tornano violentemente a galla e si scontrano con una realtà crudele, in cui la Storia è fatta da uomini
che si sostituiscono a Dio, ma in cui gli uomini non riescono a comprendere le ragioni degli uomini
stessi e tornano a interrogarsi se un Dio esista. Il Visitatore, emerso da un angolo buio della casa di
Freud, diventa una sorta di coscienza dell’altro, guidandolo e dialogando con lui, come se fosse il
suo subconscio che ritrova spazio accanto alla Ragione, dopo una vita dominata da un lucido
razionalismo. I due personaggi restano soli sul palco per buona parte dello spettacolo e lo
percorrono tutto, in una sorta di danza, passando dalle stanze ammobiliate di metà palco all’altra,
spoglia e in penombra, da certezze incrollabili a domande che rimettono in discussione la propria
visione della Realtà. Un elogio del Dubbio, questo è “Il visitatore”, un po’ troppo “gridato”
all’inizio e alla fine, ma in fin dei conti uno spettacolo molto dolce, simpatico per certi versi, non
privo di momenti di leggerezza, grazie all’attenta regia di Valerio Binasco. Ma ciò che veramente
rende vincente questo spettacolo, è la sua capacità di far interrogare il pubblico, indurlo a pensare,
senza imporgli una verità, ma lasciandolo libero di scegliere, per confrontarsi col mondo, il compito
difficile del Teatro.
DARIO CAMOZZI IV LICEO LINGUISTICO MANIN - Le luci si spengono. Tutti i riflettori
sono puntati sulla sceneggiatura, semplice, spartana. Una scrivania, un paio di poltrone, qualche
muro e una finestra: questo è ciò a cui il regista, Valerio Binasco, ha scelto di ricorrere per
rappresentare lo studio di Sigmund Freud, il protagonista dello spettacolo messo in scena tra le
quattro mura del Teatro Ponchielli di Cremona, la sera di venerdì 17 gennaio. Dalle soffici poltrone
dell’edificio cremonese il pubblico viene immediatamente catapultato in questa casa di Vienna, in
Austria, nel 1938, all’epoca del dominio nazista. Qui troviamo un vecchio, malato e pieno di
acciacchi, che si scoprirà essere il signor Freud (Alessandro Haber), e la giovane Anna(Nicoletta
Robello Bracciforti), sua figlia, stufa delle angherie e dei soprusi subiti dalla loro famiglia da parte
della Gestapo. Sarà proprio un rappresentante di quest’ultima (nei cui panni si cala un frizzante
Francesco Bonomo) a irrompere improvvisamente nell’abitazione e rapire la ragazza. Freud si
ritrova, quindi, improvvisamente solo, ma non per molto. Sopraggiunge, infatti, in casa sua, uno
strano visitatore(Alessio Boni), che già dalle prime battute mette a dura prova la razionalità del
padre della psicanalisi. Questo vagabondo misterioso si rivelerà al vecchio come l’incarnazione di
Dio in un malato mentale a cui i nazisti danno la caccia, e mentre Freud attende notizie di sua figlia
dalla Gestapo, i due personaggi intraprendono un vivace dialogo sugli argomenti più controversi
che la fame umana di conoscenza abbia mai affrontato, come il problema dell’esistenza di Dio e il
senso della vita. All’inizio della discussione, Freud non vede di buon occhio il vagabondo e lo
invita ad andarsene, ma, con l’evolversi della situazione, tra attimi di razionalità e istanti di
conversione religiosa, il vecchio rimane piacevolmente colpito dalla conversazione, arrivando a
imporre a Dio di non abbandonarlo. Lo spettacolo in sé è dotato di una piacevole complessità che
mina le fondamenta delle credenze del pubblico, che accoglie l’opera in maniera decisamente
positiva. Lo scopo del regista è quindi stato raggiunto, grazie anche alla brillante ed espressiva
performance dei quattro attori.
MARIA ELENA CRISTIANO I LICEO SCIENTIFICO (IL MONDO E' UNA GRANDE
CASA VUOTA DOVE UNO GRIDA E NESSUNO RISPONDE) - Grande consenso di pubblico
per “Il Visitatore” di Eric-Emmanuel Schmitt, andato in scena al teatro Ponchielli lo scorso venerdì
17 gennaio alle ore 20.30, la regia di Valerio Binasco, con Alessio Boni (nei panni del visitatore),
Alessandro Haber (Sigmund Freud), Francesco Bonomo (ufficiale nazista) e Nicoletta Robello
Bracciforti (Anna Freud). Siamo a Vienna nella casa di Sigmund Freud, nel periodo nazista. Un
ufficiale porta via al vecchio psicoanalista(Freud) la figlia Anna; il dottore rimane dunque da solo,
ma la sua solitudine cessa all’arrivare di un uomo, che appare dal nulla(il visitatore). Freud si rende
conto fin dai primi scambi di battute di avere di fronte Dio, lo stesso Dio del quale ha sempre
negato l’esistenza. Molto bella l’interpretazione di Freud. Alessandro Haber ha suscitato nel
pubblico diversi sentimenti: rabbia, dubbio, ilarità si mescolavano e si nascondevano tra di loro
dando una visione poliedrica di Freud. L’interpretazione del personaggio del visitatore è stata
ottima infatti, come voleva ottenere il regista, non si capiva se si trattasse del pazzo scappato dal
manicomio o di Dio, è riuscito a lasciare nel dubbio non solo Freud ma anche il pubblico.
L’interpretazione del personaggio di Anna Freud è sembrato un po’ troppo urlato, isterico, poco
rispondente alla paura della tragicità del momento. Alcuni monologhi sono stati troppo lunghi e
quindi hanno portato alla disattenzione del pubblico giovanile presente in sala, forse non abituato ad
individuare le sfumature di pensiero e di domande alle quali dare risposte.
ILARIA DEL GROSSO IV LICEO LINGUISTICO MANIN - Le truppe naziste, nuove signore
del mondo, avanzano tra le strade di Vienna, annessa alla Germania del Reich. Una finestra in
Berggstrasse si chiude violentemente, è insopportabile quella marcia della tirannide, le orecchie di
Anna Freud (Nicoletta Robello Bracciforti), non possono più soffrire quei clamori, il desiderio di
lasciare il Paese è forte, la fuga, sempre più necessaria; è il 1938, una serata primaverile, ma la
spensieratezza di questa stagione sembra dimenticata a Vienna, scossa dalle sanguinose
persecuzioni degli ebrei. Con quest'atmosfera inizia la pièce di Éric-Emmanuel Schmitt“Il
visitatore”, regia di Valerio Binasco, in scena al Teatro Ponchielli il 16 e 17 Gennaio. Il sipario si
apre sull'appartamento dello psicanalista Sigmund Freud (Alessandro Haber), ormai vecchio e
debole. Quella stessa sera, un Caporale della Gestapo (Francesco Bonomo) irrompe nell'abitazione
e dopo una meticolosa perquisizione, irritato dalle severe parole di Anna, stanca dei soprusi di
quelle bestie in paltò grigio e stivali neri, l'arresta e la porta al commando nazista, sotto gli occhi
impotenti del padre disperato, rimasto solo, tra le mura della sua casa-prigione e tra i pochi libri
sugli scaffali. La solitudine del canuto e zoppicante dottore, viene turbata dall'arrivo di uno speciale
Visitatore delirante (Alessio Boni), goffo e scoordinato, sembra incapace di indossare il proprio
corpo. Ma quello che appare come un ladro o un mitomane, sarà in grado di tessere un'intricata e
controversa discussione col filosofo che, comprende di trovarsi di fronte Dio, di cui ha sempre
affermato l'inconfutabile inesistenza. Le sue parole rimbombano nella mente di Freud, restio a
cedere alla Fede, che non da certezze, ma solo ipotesi inconcludenti. Freud desiste, attanagliato dal
dubbio, poi ritorna sui suoi passi, i fatti contingenti gli impediscono di credere in Dio, che dovrebbe
agire per fermare la devastante follia dell'uomo! Ma Dio ha donato all'uomo il libero arbitrio, per
poter scegliere tra bene e male,è un padre amorevole...ma forse l'uomo preferisce “un Dio che
tuona”. Schmitt realizza un dramma profondo, sul senso della vita, ragione e Fede; nell'era del
multimediale, in cui la conversazione vis-à-vis è sostituita da quella virtuale, viene messa in scena
un'opera che sottolinea il valore della parola e dello scambio reciproco.
NEGRI PAOLA IV LICEO LINGUISTICO MANIN - Intensità, mistero, smarrimento, follia.
Questi gli elementi che hanno caratterizzato la brillante commedia “il Visitatore” di Eric-Emmanuel
Schmitt, diretta dal bravissimo Valerio Binasco, andata in scena giovedì 16 e venerdì 17 gennaio
alle ore 20.30 al teatro Ponchielli di Cremona. È la storia di un uomo grande, Sigmund Freud
(interpretato da un eccezionale Alessandro Haber), ma terribilmente stanco, malato, disperato,
sconvolto dalla visita di uno strano uomo barbuto e malvestito che dice di essere Dio (Alessio
Boni). Aspettando con ansia il ritorno della figlia Anna (Nicoletta Robello Bracciforti) portata via
da un ufficiale della Gestapo nazista (Francesco Bonomo) di cui Vienna è occupata, il padre della
psicoanalisi intrattiene un discorso curioso e fuori dagli schemi con questo misterioso uomo. Lo
accoglie nel suo studio semplice ma terribilmente familiare, come un matto, un malato, un paziente
da curare, ma ben presto si accorge di avere a che fare con un essere trascendentale che sa ogni cosa
di lui, del suo passato, del suo presente e persino del suo futuro. È forse Dio? O è solo un matto che
crede di esserlo? E perché Dio? Dio non esiste, è stato l’uomo che, come dice Freud, spinto da un
bisogno struggente, ha inventato Dio. E se Dio esiste e ha creato il mondo per un atto d’amore,
perché c’è il male? Allora Credere o non credere? È questo il dilemma che si articola in un dialogo
bizzarro in cui la ragione si confronta con la fede. Un dialogo aperto che non trova nè vincitori nè
vinti ma che coinvolge emotivamente e fa riflettere sul bene, sul male, sull’esistenza di Dio, sulla
libertà e sulla vita.
MARCO OLZI IV LICEO LINGUISTICO MANIN - In barba a venerdì 17 anche la replica de il
“Visitatore” di Eric-Emmanuel Schmitt ha ottenuto un successo colossale. L’ambientazione già
dalle prime battute si mostra fredda, austera a rendere l’idea di come il popolo austriaco vivesse
l’invasione nazista. Come anticipato, l’opera si svolge in Austria nel 1938, in Bergstrasse 19 nel
famosissimo studio di Sigmund Freud (Alessandro Haber), a quel tempo perseguitato dalle truppe
hitleriane a causa delle sue origini giudaiche. Dopo una accesa discussione con la figlia Anna,
irrompe in scena un ufficiale della Gestapo(Francesco Bonomo) più volte insultato dalla figlia del
celebre psicologo sarà accompagnata per un interrogatorio presso un commando della polizia
nazista. Quindi lo psicologo è preso dall’angoscia per il destino della figlia, quando ad un tratto la
sua solitudine viene spezzata dalla comparsa in scena di un uomo, il visitatore(Alessio Boni).
L’identità di questa figura risulta enigmatica per tutta la durata dello spettacolo, sia all’occhio di
Freud sia all’occhio del pubblico, è veramente Dio che si è calato nei panni di un pazzo o è un
pazzo che si crede Dio? Le battute da lui pronunciate hanno avuto modo di mettere in discussione
l’ateismo dello psicologo e al tempo stesso di mettere in discussione la nostra opinione sul Divino.
Siamo così sicuri che essere Dio possa essere un compito facile? Seguendo l’ opinione di questo
visitatore no in quanto sapere già cosa accadrà domani e dopodomani, sapere già ogni intimità di
questa terra rende il giorno noioso. In conclusione quest’opera ha saputo rapire la platea mettendole
di fronte agli occhi la superbia , la cattiveria e i più grandi enigmi che sempre hanno afflitto la
società umana.
SOFIA POLITI I LICEO CLASSICO MANIN (III SUP) - Dire che:”Il Visitatore” di EricEmmanuel Schmitt, con regia di Valerio Binasco, sia andato in scena il 16 gennaio al Teatro A.
Ponchielli, non è propriamente corretto. Bisognerebbe descrivere il vero luogo in cui lo spettacolo
ha preso corpo, ovvero nello studio del famoso psicanalista Sigmund Freud, interpretato da un
eccezionale Alessandro Haber, che con il suo processo di autoscoperta, ha portato il pubblico
direttamente nell'Austria del 1938. Al suo fianco vi erano Francesco Bonomo, nella parte di uno
spregevole Nazista, Nicoletta Robello Bracciforti, ad eguagliare la figlia del dottor Freud e il
misterioso Visitatore,interpretato da Alessio Boni. Lo spettacolo ha seguito una drammaturgia
contemporanea, ricca di dialoghi, con un linguaggio chiaro, ironico e toccante, volto a coinvolgere
profondamente il pubblico nell'analisi di un Dio che non conversa con un ammiratore, bensì con un
uomo che, invece di nutrirsi di fede, alimenta la propria vita con il rifiuto di un Dio che non
percepisce all'altezza di Dio. Portavoce del pensiero comune è infatti Freud, che dà vita ad una
riflessione sul perché Dio abbia permesso alla realtà nazista di affermarsi, senza comprendere
l'intento di Colui che ha invece deciso di concedere libertà all'uomo. La vita viene vista come un
tradimento,ignorando che la degenerazione degli anni '40 è stata un'opera umana, di un mondo
impazzito che non credeva più nella certezza della fede. Lo spettacolo si è concluso sulle note di
Mozart, uno dei pochi momenti in cui la musica ha preso parte alla rappresentazione, che hanno
condotto il pubblico in uno scroscio di applausi.
SOFIA RAGLIO I LICEO MANIN (III SUP) - Il 16 e 17 gennaio, al Teatro Ponchielli, Il
visitatore di Schmitt, con la regia di Binasco, ha permesso a tutti i fortunati spettatori di fare un
viaggio nelle profondità della mente umana, guidati verso una certezza per essere poi smentiti,
vedendo le proprie tesi messe in discussione. Una commedia del dubbio, che ha il fascino delle
domande senza risposta, ma che le domande le pone nel modo giusto, centrando l’obbiettivo. La
vicenda commuove perché ogni battuta rappresenta un uomo nelle sue credenze e nei pensieri che
mai così bene ha saputo formulare. Una drammaturgia geniale, capace di comunicare l’essenza
delle cose e di strappare un sorriso con la sua estrema ironia. Un dialogo sulla fede, sul senso della
vita, sul bene e sul male, sulla libertà e autosufficienza umana, tutto con l’angosciante sfondo della
persecuzione nazista, rappresentata nella sua umiliante crudeltà e totale assurdità. Il dialogo si
svolge tra Freud e un misterioso visitatore, che viene da una stanza buia, invisibile ad altri fuorché a
lui, forse una stanza che sta addirittura nel suo inconscio. Un visitatore che è ciò che ognuno vuole
che sia, un malato di mente da perseguitare, l’uomo che desidera una ragazza che non si sente
voluta da nessuno, il Dio che un ateo dagli argomenti inattaccabili ha bisogno di sapere se esiste,
per rinfacciargli tutti i motivi per cui non dovrebbe esserci e sentirsi smentito e rassicurato. Un Dio
annoiato, frustrato dal non poter credere in nient’altro che se stesso, come forse lo stesso Freud. Un
Dio che finge di essere un malato o forse un malato che finge di essere Dio, o forse ancora un
dialogo che Freud fa col suo stesso dubbio, quello di un uomo che nella sua debolezza ha bisogno di
qualcosa in cui credere. A guidare in questa vertigine la recitazione sincera e impeccabile di Alessio
Boni, Alessandro Haber, Francesco Bonomo e Nicoletta Robello Bracciforti. Grande regalo per il
pubblico, che ha ringraziato con uno scroscio incessante di applausi.
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