PROPOSTA DI RISOLUZIONE TIPOLOGIA B – 3 – AMBITO STORICO-POLITICO Violenza e non violenza, due aspetti di un grande secolo, il Novecento. Nel corso del Novecento la violenza si è manifestata in tutte le sue sfaccettature, sfociando nei più svariati aspetti, come la brutalità, la violenza intesa come forza creativa e come forza della vita, in connessione all’ordinamento giuridico di ogni singolo Stato. Viceversa questo secolo è stato anche caratterizzato da logiche pacifiste che fanno da contraltare alle dinamiche violente che si sono manifestate, come la lotta pacifista della non violenza di Mohandas K. Gandhi e di Martin Luther King, forte sostenitore della non violenza e della parità di diritti tra neri e bianchi negli Stati Uniti. In “Le guerre mondiali. Dalla tragedia al mito dei caduti”, trad.it, Roma-Bari 1990, George L. Mosse intende la violenza come brutalità, manifestatasi soprattutto nel corso dei due conflitti mondiali. Sia la politica, dominata da Stati a carattere nazionalista, che la guerra hanno creato una logica violenta e brutale che conduce l’essere umano a non provare più alcun interesse per gli altri individui e per la vita umana in sé. Questo aspetto è evidente chiaramente dalle parole di Mosse: “Da un capo all’altro dell’Europa, parve a molti che la Grande Guerra non fosse mai finita, ma si fosse prolungata nel periodo tra il primo e il secondo conflitto mondiale”. Nel corso delle due guerre infine si va anche definendo un modello di società permeato dal valore della violenza come brutalità, inculcato dai sistemi di potere dell’epoca. Contrapposto a questo modello di valori, è il concetto pacifico di non violenza, trasmesso da una delle figure più significative della storia del XX secolo, l’indiano Mohandas K. Gandhi che, in “Antiche come le montagne”, Edizioni di Comunità, Milano 1975, definisce la non violenza come il principio più importante per cercare di scardinare e sconfiggere la violenza, definita come “la legge dei bruti”. Egli sostiene che la strada migliore che dovrebbe intraprendere il suo Paese e tutto il resto dei Paesi mondiali sia quella contrassegnata dal pacifismo, dalla protesta silenziosa e non violenta che facciano da contraltare alle logiche totalitarie e chiuse, che ricorrono a mezzi illeciti, a pratiche barbare e cruente. Per riassumere in breve Gandhi sottolinea come ”La religione della non violenza non è fatta solo per i Rishi (saggi) e i santi” e “La dignità dell’uomo esige ubbidienza a una legge più alta, alla forza dello spirito…”. Le sue parole hanno cambiato tantissimo l’India, così come il modo di agire delle altre minoranze e di altri sistemi politici mondiali. In Sulla Violenza, trad. it. Guanda, Parma 1996 (ed. originale 1969), Hannah Arendt ricorda come la violenza fosse definita come una “manifestazione della forza della vita e segnatamente della sua creatività”. La scrittrice sostiene quindi come nell’accezione filosofica quest’ultima venga intesa come una forza vitale energica e creativa che riesce ad essere in grado di dominare il mondo. Questa manifestazione vitale si trasmette anche alla società, come risulta chiaro da queste parole: “Tutti sappiamo fino a che punto questa combinazione di violenza, vita e creatività sia presente nell’inquieta situazione mentale della generazione odierna”. Infine Harendt sostiene di non essere d’accordo con queste considerazioni di stampo filosofico, criticando infatti le visioni di Bergson e di Sorel. In un articolo pubblicato da www.repubblica.it/esteri/213/08/28/news/martin_luther-king-discorso65443575/, viene riportato un discorso dello statunitense Martin Luther King, il principale esponente della lotta non violenta afroamericana per l’ottenimento dei diritti civili e della pari uguaglianza tra neri e bianchi negli Stati Uniti d’America. Dalle sue parole emerge come fosse giunto il momento di porre fine nel proprio Paese alla segregazione degli afroamericani, in modo tale da ristabilire un grado di giustizia e di parità con il sistema di potere dominato dai bianchi che ha un’egemonia anche negli altri settori importanti, come quello economico e sociale. Dalle sue parole emerge quanto segue: “Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell’anima”. Con queste parole Martin Luther King si fa portavoce sia dei principi della non violenza sia dei principi democratici, i quali devono essere diffusi nel resto del mondo. Anche nell’ambito giuridico la violenza si insinua in maniera travolgente, infatti, come dice Walter Benjamin in “Per la critica della violenza”, 1921, trad. it., Alegre, Roma, 2010 essa costituisce da sempre una minaccia nei confronti del sistema giuridico. Un esempio di questa manifestazione di tipo negativo è rappresentato dal diritto sindacale che da mezzo di tutela, parità e uguaglianza dei lavoratori diviene un elemento che, talvolta, può essere esercitato in funzione di pratiche violente. Questi concetti sono espressi dall’autore in questo modo: “Contro questo modo di vedere si può certamente obiettare che l’omissione di azioni, un non-agire, come in fin dei conti è lo sciopero, non dovrebbe essere affatto definita come violenza”. Il XX secolo quindi è caratterizzato da due fenomeni opposti l’uno all’altro, come la violenza, che nelle sue varie manifestazioni, attraversa i vari ambiti del pensiero, come per esempio quello politico, quello filosofico, sociale ed economico e la non violenza che si basa su principi democratici, spirituali che dovrebbero diffondersi in tutto il mondo. Di: Giorgia Mocci