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LAUREA MAGISTRALE IN FISICA
Corso di Laboratorio di Fisica
a.a. 2008/09
Verifica della legge di Moseley
Titolo dell’esperienza:
Presentazione del problema scientifico ed obiettivi della misura:
Henry Gwyn Jeffreys Moseley (Weymouth, 23 novembre 1887 – Gallipoli (Turchia), 10 agosto 1915).
Si laurea in fisica ad Oxford nel 1910. Lavora a Manchester con Rutherford fino al 1913. Dopo un breve
soggiorno in Australia ritorna in patria allo scoppio della Prima Guerra Mondiale ed è subito arruolato,
nonostante Rutherford sia contrario. Viene ucciso nella Battaglia di Gallipoli nel 1915.
Attraverso sperimentazioni nel campo della spettroscopia a raggi X, nel 1914 pubblica i risultati delle sue
ricerche dove giunge alla conclusione che le frequenze dei raggi emessi da ciascun elemento variano
proporzionalmente al numero d'ordine (atomico) dell'elemento stesso (legge di Moseley).
Non sono in pochi a pensare che, se Moseley fosse sopravvissuto alla guerra, avrebbe certamente ricevuto il
Premio Nobel, considerando l’importanza del suo lavoro svolto nell’arco di tempo di soli 40 mesi.
È interessante notare che dopo il 1911 Niels Borh si trasferisce a Manchester per lavorare, anch’egli, con
Rutherford e qui pubblica la sua teoria sul modello atomico.
L’emissione dei raggi X da parte degli atomi è dovuta alle transizioni elettroniche tra i livelli energetici. Quindi
i fotoni (raggi X) emessi hanno un’energia (frequenza) che dipende dalla differenza di energia dei livelli
coinvolti.
Esiste una semplice relazione tra frequenza ed energia:
c = " # $;
E = h # $;
h # c 4,136 #10&18 # 3#1018 12,43
E [ keV ] =
%
=
"
" Å
" Å
[ ]
[ ]
Poiché le energie dei livelli atomici sono caratteristiche del numero atomico, si deduce che anche le
differenze sono caratteristiche dell’atomo.
Affinché sia possibile una transizione, occorre che uno dei livelli energetici più interno abbia una vacanza; ciò
si ottiene ionizzando l’atomo (effetto fotoeletrico), ovvero fornendogli l’energia sufficiente perché un
elettrone sia espulso da quel livello. Il processo attraverso cui avviene la transizione con emissione X, è detto
“Fluorescenza X”.
La fluorescenza avviene anche per transizioni tra i livelli più esterni e tra quelli molecolari. Poiché in questo
caso le differenze di energia sono molto più piccole, i fotoni emessi hanno una frequenza nella banda del
visibile (televisori a tubo catodico, lampade fluorescenti ed a basso consumo – volgarmente dette “neon”,
ecc.).
Poiché una lacuna in un livello energetico può essere occupata da elettroni provenienti da diversi livelli
energetici superiori, ogni qual volta ionizziamo l’atomo, ci aspettiamo, con diversa probabilità, raggi X
caratteristici di energia diversa: serie spettrali.
Le serie più importanti sono:
serie K – dovuta a transizioni al livello energetico più interno (numero quantico principale n=1);
serie L (L1, L2 ed L3) – dovuta a transizioni ai livelli immediatamente superiori (numeri quantici n=2, l=0 o1
J=1/2 o 3/2).
La legge di Moseley mette in relazione l’energia dell’emissione X caratteristica di ciascuna serie con il numero
atomico dell’elemento ionizzato. Essa si può scrivere come:
2
!
E = K [Z " # ]
dove K è una costante che dipende dalla serie spettrale considerata e σ è detta costante di schermo cha ha
un valore di poco inferiore all’unità.
La fluorescenza X (e la dipendenza di E da Z) viene sfruttata per determinare la composizione in elementi di
oggetti in svariati campi. Essa ha un’elevata sensibilità (si può raggiungere in alcuni casi 1/109 , ovvero un
atomo tra un miliardo di atomi) e permette di ottenere analisi chimiche precise senza distruggere il
!
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campione. Per queste sue caratteristiche ha importanti applicazioni nel campo dei Beni Culturali, nel controllo
ambientale, nei controlli di qualità, ecc..
Metodologia sperimentale
Per la verifica della legge si misura l’energia dei raggi X di fluorescenza di vari elementi puri o in composti,
dall’alluminio allo stagno, per la serie K, e dal molibdeno al piombo, per le serie L.
Per ottenere la ionizzazione ai livelli più interni si utilizza in tubo a raggi X, che fornisce fotoni di energia
sufficiente a liberare gli elettroni legati. Il fenomeno della fluorescenza ha tempi molto rapidi (< 10 -8 s) ed i
raggi X emessi sono raccolti da un rivelatore, che ne misura l’energia.
Sperimentalmente, si irraggia il campione di composizione nota con un fascio di raggi X e si contano e si
misurano i raggi X emessi dal campione. Il risultato è posto sotto forma di spettro (grafico N(E) vs E).
Ecco a destra un esempio di
spettro
ottenuto
con
vari
elementi. Ogni picco corrisponde a
fotoni emessi da una transizione
per
l’elemento
indicato.
La
larghezza
dipende
dalla
risoluzione del rivelatore (FWHM,
larghezza a metà altezza) e
rappresenta
l’errore
che
si
commette
nella
misura
dell’energia. In questo spettro vi è
solo la serie K per gli elementi più
leggeri e solo per K (potassio), Ca
(calcio), Ti (titanio) e Cr (cromo)
sono evidenti i due picchi della
serie.
Dopo avere calibrato l’apparato, è possibile, utilizzando un semplice software, determinare l’energia
caratteristica della serie K o delle serie L per ogni elemento.
Strumentazione (nel laboratorio di Archeometria con Fluorescenza X)
Gli studenti avranno a disposizione un apparato per fluorescenza X costituito da:
• generatore di raggi X
• rivelatore a semiconduttore (SiPIN)
• catena elettronica e computer
Il generatore di raggi X è composto da un tubo con anodo di palladio, in cui un fascio di elettroni viene
accelerato ad un’energia di circa 30 keV prima di colpire l’anodo. Nel processo di frenamento gli elettroni
emettono raggi X secondo il processo detto di breemsstrahlung . Questi fotoni escono dal tubo attraverso
una sottile lamina di berillio e sono collimati sino ad una dimensione trasversale del fascio di qualche
millimetro.
Il fascio viaggia in aria per pochi centimetri prima di colpire il campione. Molto vicino alla sua superficie è
posto il rivelatore, che raccoglie i fotoni emessi per fluorescenza.
Il segnale proveniente dal rivelatore è amplificato e digitalizzato (ADC); il valore ottenuto è linearmente
proporzionale all’energia del fotone raccolto. Tali valori vengono raggruppati e contati (multicanale), in modo
che il canale i-esimo riporti il numero dei fotoni raccolti con un’energia compresa tra Ei ed Ei+∆E.
La calibrazione consiste nel determinare E0 e ∆E.
Analisi dei dati
L’analisi dei dati comprende:
1. calibrazione dell’apparato per determinare l’energia dei fotoni;
2. deconvolzione degli spettri con un software commerciale per il riconoscimento delle serie spettrali dei
vari elementi e la determinazione dell’energia con il suo errore per i vari picchi;
3. un fit per ogni serie (K ed L1) per la verifica della legge di Moseley e per la determinazione delle
costanti K e σ.
Riferimenti bibliografici
R.E. Van Grieken and A.A. Markowicz, Handbook of X-Ray Spectrometry, M.Dekker Inc., New
York (2002)
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