Saluti

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Carmine Miranda Castelgrande
Sindaco di Venosa
Nel quadro delle linee programmatiche messe in campo in occasione delle recenti consultazioni elettorali, tese principalmente alla
promozione e alla valorizzazione dell’immenso patrimonio culturale
della nostra città, poco dopo l’insediamento ufficiale ci siamo attivati
per organizzare una manifestazione culturale che fosse il giusto riconoscimento per un nostro illustre concittadino, da tempo messo nel
dimenticatoio.
La vicenda umana di mons. Emanuele Virgilio a Venosa, al quale
tra l’altro mi lega un legame parentale, si sviluppa, come meglio di
me diranno gli illustri oratori, a cavallo tra la fine dell’Ottocento e il
primo decennio del Novecento. Giovane chierico nel 1891, successivamente presta la sua attività come insegnate presso il locale Seminario Diocesano. In tale contesto, diventatone rettore, matura la
convinzione di porre mano alla ormai obsoleta struttura organizzativa. Ed allora si farà promotore di un profonda riorganizzazione
didattica che favorirà il rilancio della struttura.
Nella gerarchia ecclesiastica ricopre l’incarico di vicario capitolare presso il Capitolo cattedrale e successivamente quello di vicario
generale della diocesi dopo la morte del vescovo Lorenzo Antonelli.
In tale veste si fa promotore, presso il Santo Padre Pio X delle esigenze della diocesi minacciata di soppressione dai progetti di riassestamento delle diocesi del Mezzogiorno.
Accanto all’attenzione verso le esigenze dello spirito non mancò
di prestare viva considerazione per le altrettanto importanti questioni legate alla condizione materiale delle popolazioni locali. Si fa promotore, con l’appoggio dell’intero clero venosino, della istituzione
della Cassa Rurale di Prestiti San Felice Martire nell’ottobre del 1901.
La stessa fondazione, alcuni anni prima, del quindicinale «Quinto
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Carmine Miranda Castelgrande
Orazio Flacco», testimonia la sua propensione verso le questioni
locali.
L’esposizione di alcuni documenti originali relativi alla opera svolta a Venosa, rappresenta un ulteriore impegno per meglio far conoscere e stimolare la curiosità verso un figura di così largo respiro.
In conclusione, nel ribadire la ferma intenzione dell’Amministrazione comunale di proseguire sulla strada della valorizzazione
delle risorse culturali locali, mi preme salutare e ringraziare il qui
presente mons. Mario Mereu, parroco della Cattedrale di Tortolì, che
tanto si è prodigato e si prodiga per il recupero della memoria e per
la diffusione della conoscenza delle opere di mons. Virgilio.
Alle sua indefessa attività si deve la costituzione di uno specifico
Comitato di studio, composto da eminenti personalità ogliastrine,
che si propone di promuovere la conoscenza della personalità dell’amato Pastore che nella sua breve vita, è stato, e continua ad essere maestro di virtù.
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Mons. Gianfranco Todisco
Vescovo della diocesi di Melfi Rapolla e Venosa
Con piacere saluto la pubblicazione degli Atti del Convegno su
“mons. Emanuele Virgilio tra azione pastorale e impegno sociale”,
tenutosi nella sua terra natale il 19 febbraio 2005.
Ricordare la figura di un Pastore che ha fatto di tutta la sua vita,
prima come sacerdote a Venosa e poi come Vescovo nell’Ogliastra,
un appassionato servizio alla Chiesa ed ai fratelli, non è soltanto
motivo di orgoglio perché egli è originario della nostra Chiesa particolare, ma dovere di credenti il non far perdere la memoria di così
illustri testimoni della fede che, anche a distanza di anni, non solo
conservano la loro attualità, ma continuano ad ispirare il cammino
di vita di ogni credente, siano essi pastori d’anime oppure semplici
fedeli.
In preparazione al IV Convegno Ecclesiale, che avrà luogo a
Verona dal 16 al 20 ottobre 2006, la Chiesa italiana ci invita a volgere lo sguardo ai testimoni di speranza, e tra questi non c’è dubbio che possiamo annoverare anche il nostro Don Emanuele, come
amabilmente lo chiamava la gente, il quale, nonostante la breve esistenza – è morto ad appena 55 anni – ha lasciato alla Chiesa un
luminoso esempio di santità, coniugando in modo semplice ma efficace l’amore verso Dio e quello verso il prossimo.
La Giornata di Studio organizzata in suo onore, ha avuto il merito di mettere sul candelabro l’esperienza profetica di un pastore
attento a saper leggere i segni dei tempi, che non ha risparmiato
impegno ed energie perché l’annuncio del Vangelo non risuonasse
come parola vuota ed inefficace, ma gioioso annuncio di speranza
per tante persone desiderose di avvicinarsi a Dio, scoraggiate per la
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Mons. Gianfranco Todisco
mancanza di lavoro, preoccupate per una regione povera di risorse
economiche ma non umane, mai rassegnate di fronte alla sofferenza di non intravedere un futuro migliore.
Le relazioni e gli interventi che la stampa degli Atti permette di
far conoscere ad un pubblico più vasto di quello che, pur numeroso, ha partecipato all’evento, fanno emergere una bellissima figura
di fedele apostolo di Cristo, in tutte le sue sfaccettature di Pastore,
educatore, promotore sociale, attento osservatore dei problemi vitali della persona, padre amorevole che per tutti ha parole e gesti di
speranza, esempio concreto di santità ordinaria, vissuta in modo
straordinario.
Auguriamoci che la bellissima “icona di santità” alla portata di
tutti, emersa dalla giornata di studio, non solo permetta alle nuove
generazioni di conoscere ed apprezzare la preziosa eredità che
mons. Virgilio ci ha lasciato, ma di prendere coscienza che la trasmissione della fede è una responsabilità a cui nessuno di noi può
sottrarsi e di cui il nostro Vescovo, con il suo semplice ma incisivo
stile di vita, ha testimoniato chiaramente, dimostrando che in qualunque luogo il Signore ci chiama a servirlo, è possibile sempre
“dare ragione della speranza che è in noi” (1Pt 3,15).
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L’identità della Basilicata tra memoria e futuro
Vito De Filippo
Presidente della Giunta Regionale della Basilicata
E’ stato Zygmunt Bauman, un maestro insuperato della sociologia, ad insegnarci come l’identità si costruisca nella corrispondenza
virtuosa della memoria con il futuro e come le avventure della
modernità non possano prescindere da questa suggestione che affiora tanto potentemente nelle azioni delle grandi personalità quanto
nei sentimenti di un popolo. La storia delle identità regionali, dunque, passa anche attraverso lo studio di quanti seppero dare un contributo determinante per realizzarla secondo i convincimenti che
ispirarono coraggiosamente le loro opere e motivarono profeticamente i loro comportamenti.
Dentro questa preziosa consapevolezza, la complessa vicenda
del movimento cattolico che caratterizza una parte importante della
storia regionale può essere riletta più facilmente, offrendo alle giovani generazioni, immediate e positive sollecitazioni per governare
le attese del futuro con i valori del passato. Se l’uomo, infatti, è protagonista della storia, la sua vicenda esistenziale racchiude un sentimento del tempo così intatto ed autentico da rendere unite le visioni del passato con le percezioni del presente e le prospettive del
futuro. Un gioco sorprendente e di finissima fattura psicologica che
procede tra innovazioni e continuità e che fa essere la storia così
diversa, ma anche così didascalica nei suoi severi ammonimenti.
E’ in questa cifra essenziale che si colloca la testimonianza dei
grandi vescovi lucani del Novecento, come Monterisi, Bertazzoni,
Pecci e Delle Nocche che insieme ai tanti sacerdoti come don
Vincenzo D’Elia, don Giuseppe De Luca, don Domenico
Picchinenna, per citarne solo alcuni, ebbero il merito e la capacità
di guidare intere generazioni di lucani verso paradigmi di sviluppo
e di crescita che si sono rilevati vincenti. In tale contesto s’inquadra la storia personale di monsignor Emanuele Virgilio e la sua
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Vito De Filippo
L’identità della Basilicata tra memoria e futuro
azione religiosa e sociale presso la comunità di Venosa che ha
avuto la fortuna di apprezzarne tutta la fecondità progettuale.
Nella cittadina oraziana, l’azione del giovane sacerdote si misurò
immediatamente sui problemi più comuni con una determinazione
che apparve a tutti concreta e propositiva, sapendo ben rispondere
all’urgenza sociale con un disegno di riscatto adeguato ed incisivo.
Una situazione di disagio sociale che si registrava a Venosa tra la fine
del XIX e il primo decennio del XX secolo, ma che rispecchiava perfettamente la condizione generale in cui versava la Basilicata del
tempo, caratterizzata da dinamiche economico-sociali per molti aspetti ancora primordiali e da un diffuso stato di arretratezza e di miseria.
Emanuele Virgilio operò in questo contesto sempre proiettato
verso un duplice obiettivo: da un lato assicurare il sostegno spirituale alle anime, dall’altro dare un aiuto materiale ai bisogni primari delle persone più umili. Un incrocio sorprendente tra la vocazione religiosa e la missione sociale che gli impose di stare dentro le
contraddizioni del mondo per dare voce ai più deboli e ritrovare
l’uomo in fondo al cuore della sofferenza, cogliendone ora i movimenti dell’anima ora gli aneliti alla speranza come motivazione più
autentica alla propria azione sacerdotale.
Se un grande scrittore cattolico come George Bernanos ci ha
indicato che la verità dell’uomo può essere svelata solo impadronendosi del suo dolore, allora la dedizione religiosa e l’impegno
sociale di monsignor Virgilio hanno compiutamente esibito questo
percorso di svelamento e di autenticità.
Nelle pieghe severe della storia italiana e sopratutto nella sofferenza del Mezzogiorno e con essa nell’arretratezza della Basilicata,
dove a detta di Giustino Fortunato tutti i bisogni e le miserie raggiungevano gradi elevati e patologici, il giovane sacerdote trovò le
ragioni più prossime del suo campo d’azione e della sua missione
che seppe imprimere alla comunità di Venosa uno straordinario
clima di rinnovamento sociale, rappresentando una delle esperienze
più felici e positive del cattolicesimo sociale e della sua attenzione
al riscatto dei poveri.
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Vito De Filippo
L’identità della Basilicata tra memoria e futuro
Lungo questo filone d’intervento monsignor Virgilio realizzò una
serie di importanti iniziative, come la Cassa Rurale intitolata a San
Felice Martire, finalizzata a garantire un sostegno economico a quanti operavano nell’agricoltura, attraversata in quel tempo da una profonda crisi che lasciava preoccupazione ed insofferenza.
Quello però che si segnalava nel carattere innovativo di queste
azioni non era soltanto il tema nascente della cooperazione e della
sua giustificazione fondativa verso i valori della solidarietà, ma la
capacità progettuale e la scelta coraggiosa del clero di fare del sociale un campo di opportunità e di riscatto. C’era insomma un’idea del
tutto moderna dentro quella visione che si può ritrovare ancora intatta dentro un sistema avanzato di welfare che riesce a legare tutela
sociale e sviluppo. Nel gioco delle continuità evolutive della nostra
storia insieme al carisma dei personaggi si segnalano anche le specificità territoriali che hanno avuto un peso a dir poco rilevante nei processi di sviluppo regionale e la tradizione delle Confraternite e dei
Monti frumentari, come ha fatto notare opportunamente Giampaolo
D’Andrea, costituisce un precedente importante per il nascere e il consolidarsi dello spirito associativo. Del resto non è un caso che l’esperienza avviata da monsignor Virgilio germogliasse proprio in un’aerea
geografica come quella del vulture-melfese che per la sua vocazione
produttiva scontava maggiormente la crisi dell’agricoltura, registrando
la necessità di un provvidenziale intervento nel campo del credito.
Fu proprio a Venosa, infatti, che secondo Racioppi sorse uno dei
più antichi monti frumentari per opera del Cardinale De Luca, mentre la prima società di credito della Basilicata a cui diedero vita su
interessamento di Giustino Fortunato un farmacista, un commerciante ed un impiegato municipale, nacque nel 1873 a Rionero.
Quanto poi fosse auspicabile la nascita di Casse rurali dentro il
contesto socio-economico della regione può essere ben rappresentato dal fatto che nel 1915 la Basilicata si collocava al penultimo posto
per la diffusione delle stesse.
La grande spinta progettuale, perciò, che sosteneva l’impegno religioso e sociale di monsignor Emanuele Virgilio e l’azione laica e poli-
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Vito De Filippo
L’identità della Basilicata tra memoria e futuro
tica di Fortunato, consisteva nel riconoscere alla condizione di insofferenza sociale, tutta l’urgenza di una soluzione che fosse anche una
via allo sviluppo ed al rinnovamento sociale.
Il senso di questo rinnovamento che, si creò attorno ai suoi protagonisti si può facilmente intuire dall’entusiasmo che accompagnò
la nascita del quindicinale «Quinto Orazio Flacco» con l’ambizione
dichiarata di dare voce alle istanze sociali e religiose di Venosa e dell’intera Basilicata. Appaiono per questo particolarmente significativi
gli editoriali scritti dal canonico Virgilio che possiedono notevole
acutezza e si collocano stabilmente dentro la grande tradizione giornalistica che vedrà coinvolti successivamente monsignor Vincenzo
D’Elia con l’esperienza de «La Provincia» e don Giuseppe De Luca
con «L’Osservatore Romano». In essi c’è uno sguardo potente e
moderno sul Mezzogiorno che si lega alle intuizioni più lucide ed
innovative del meridionalismo, testimoniando tutto il valore della
scelta sociale intrapresa dalla Chiesa.
C’è però un’altra motivazione di fondo a rendere preziosa l’opera svolta dal giornale fondato da monsignor Virgilio ed è il ruolo di
protagonismo assegnato alle giovani generazioni nello sviluppo del
territorio. L’aspetto dell’educazione, infatti, non fu affatto secondario
nell’attività del sacerdote e si colse concretamente nella sua direzione del Seminario interdiocesano che divenne luogo di eccellenza
formativa e di vera elevazione culturale.
La determinazione e l’efficacia progettuale che seppe infondere
nella sua vocazione religiosa, ponendola al servizio dei più bisognosi e delle urgenze sociali suscitarono l’affetto e l’ammirazione di
tutta la comunità di Venosa che gli tributò un caloroso ringraziamento per la preziosa opera svolta dopo aver appreso la nomina
come vescovo dell’Ogliastra. Al momento della consacrazione episcopale, avvenuta nel maggio del 1910, nonostante la sua giovane
età, monsignor Virgilio aveva maturato una lunga esperienza che lo
metteva nella condizione di affrontare con serenità e competenza le
innumerevoli difficoltà e i gravosi problemi della diocesi che lo
aspettava con ansia.
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L’identità della Basilicata tra memoria e futuro
In Sardegna lo attendeva una realtà per molti aspetti simile a
quella che aveva lasciato in Basilicata, permeata da analfabetismo e
da arretratezza economica e sociale. Animato dalla volontà di dare
risposte concrete alle esigenze delle popolazioni locali, oltre che
consapevole della necessità di “creare il contadino ed il sacerdote,
l’uno a fianco dell’altro (…) l’uno per produrre il pane del corpo l’altro il pane dell’anima” si fece promotore della fondazione della
Scuola Tecnico-Pratica di agricoltura in Arzana. La prematura morte
avvenuta nel 1923, a soli 55 anni gli impedì di proseguire nella sua
azione.
Se dentro la cifra del passato c’è sempre un dovere della memoria che le istituzioni devono praticare per rendere testimonianza alle
figure di spessore che hanno segnato la nostra storia migliore, allora monsignor Emanuele Virgilio merita a pieno titolo questa nuova
attenzione che rafforza ed impreziosisce tutta la nostra identità
regionale.
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