La rivoluzione industriale
• 1760‐1830
• Il termine “Rivoluzione industriale” viene applicato agli eccezionali mutamenti intervenuti nell’industria e, in senso lato, nell’economia e nella società inglese, tra la fine del XVIII e l’inizio del XIX secolo;
• La rivoluzione industriale non ebbe una data precisa come la rivoluzione francese, ma introdusse trasformazioni e progressi tecnologici in grado di modificare in modo profondo la società;
• L’origine del termine “rivoluzione industriale”
risale a: Blanqui e de Briavoinne (1830); Arnold Toynbee (1884).
Quattro scuole di pensiero sulla rivoluzione industriale:
• cambiamento sociale: punta l’attenzione sul mutamento nei modi in cui avvenivano le transazioni economiche tra gli individui, e dunque soprattutto sulla nascita dell’economia di mercato;
• organizzazione industriale: punta l’attenzione sulla struttura e sulle dimensioni dell’impresa, e dunque sulla nascita del sistema di fabbrica;
• macroeconomia: l’accento è posto su variabili quali la crescita del reddito nazionale, le variazioni di capitale e investimenti, i mutamenti demografici;
• tecnologia: privilegia i cambiamenti avvenuti nella tecnologia; è la scuola che più delle altre punta l’attenzione sulla portata “rivoluzionaria” della trasformazione economica avvenuta in Inghilterra.
• Il 1760 termine a quo poiché è la data dell’invenzione del motore rotante azionato dal vapore; il 1830/50 come termine ad quem poiché
alla metà del secolo la lunga fase di sviluppo sembrava aver esaurito il suo potenziale innovatore;
• L’Inghilterra diventa l’“officina del mondo”;
• Mondo dominato da nuove fonti di energia;
• Rottura netta con il passato, dopo secoli di continuità: movimento demografico; uso delle fonti energetiche; industria (in particolare settore tessile e siderurgico); scambi; forme di organizzazione del lavoro (diffusione del sistema di fabbrica).
• All’aumento della produzione si accompagnò ovunque un aumento della popolazione, ma inferiore a quello della produzione, quindi aumento del reddito pro capite;
• Aumento della speranza di vita alla nascita: nella società preindustriale era inferiore a 30 anni, in un paese industrializzato supera i 65 anni;
• Nella società preindustriale due terzi del reddito medio venivano assorbiti dalla spesa per l’alimentazione; in un paese industrializzato tale quota non supera un terzo;
• Prima della Rivoluzione industriale dal 60 all’80% della popolazione era impiegata in agricoltura; in un paese industrializzato non più del 5%.
I presupposti dell’industrializzazione:
• la disponibilità di forza lavoro: l’esistenza di una quantità di forza lavoro resa libera dall’agricoltura, disponibile a spostarsi verso nuove occupazioni e verso quelle aree dove gli imprenditori ne avevano più bisogno;
• la mentalità imprenditoriale: l’abilità di mercanti e armatori inglesi (protestanti) nel conquistare una posizione dominante sul mercato mondiale nei decenni che precedettero la Rivoluzione industriale fu un patrimonio fondamentale che anche l’industria in espansione poté sfruttare;
• l’accumulazione di capitale;
• nuove macchine e nuove risorse energetiche.
Perché in Inghilterra?
• dissolvimento dei rapporti feudali nelle campagne: entro il XVII secolo si era compiuto quel processo per cui la terra si era affermata come proprietà individuale. Questo a sua volta aveva accresciuto le fila di coloro che, rimasti senza terra, avevano bisogno ed erano disponibili a lavorare in cambio di salario. Importante era ora l’arricchimento individuale, la capacità di diventare proprietari. La posizione sociale non era più determinata dalla posizione o dal rango ma dai rapporti di mercato.
• classe imprenditoriale votata all’innovazione: la presenza di un ceto di imprenditori capitalisti riguardava, nel XVIII secolo, tutti i centri più sviluppati d’Europa. In Gran Bretagna, tuttavia, tali imprenditori riuscirono prima che altrove a liberarsi dai lacci della tradizione; giunsero a disporre di un contesto legislativo più favorevole; divennero una forza sociale capace di aggregare attorno a sé la classe media che attingeva i suoi redditi dal commercio e dalle professioni liberali.
• l’accumulazione di capitale proveniente soprattutto dal commercio confluì nel settore industriale principalmente sotto la forma dell’industria a domicilio; il capitale industriale in senso stretto prevalse solamente là dove, come nell’industria mineraria o metallurgica, le esigenze tecniche del settore richiedevano investimenti in capitale fisso;
• l’applicazione di macchine azionate da una forza motrice all’industria divenne rivoluzionaria solo quando servì a produrre merci destinate a un mercato più ampio che già esisteva o che stava sorgendo. L’invenzione delle macchine, di per sé, non era condizione sufficiente a innescare il processo di industrializzazione.
• In Europa: guerra; settore agricolo statico; nobiltà improduttiva; mercato ristretto;
• In Inghilterra sistema creditizio basato sull’impiego della cambiale e di istituti specializzati; sistema bancario e creditizio inglese più sviluppato e articolato di quello del continente; imprenditori indipendenti dagli istituti bancari e da altre forme di finanziamento esterno; imprese organizzate sotto forma di azienda familiare o di accomandita semplice, in cui la proprietà e la direzione rimanevano identificate in singoli individui.
• Divario continentale accresciuto dalle guerre napoleoniche; i prodotti britannici avevano invaso i mercati europei;
• Reazione continentale: intervento statale e chiusura protezionistica;
• Senza protezione alcune industrie continentali non si sarebbero sviluppate;
• Le tariffe protezionistiche portano alcuni industriali (industria siderurgica francese) ad accontentarsi dei profitti garantiti da tale protezione, trascurando di apportare quei miglioramenti tecnologici e organizzativi che avrebbero potuto abbassare i prezzi rendendo più competitivi i loro prodotti.
• Dualismo delle economie continentali: mercato dominato dalla nobiltà e dalla borghesia, mentre una grossa percentuale della popolazione, ancora dedita all’agricoltura e all’autoconsumo, fa pochi acquisti;
• Questo ritarda il passaggio al sistema di fabbrica e le vecchie forme di industria nelle campagne durano più a lungo. Il peso considerevole conservato da un’agricoltura rallenta la trasformazione arretrata dell’economia nel suo complesso.
• La ferrovia simbolo della rivoluzione industriale inglese ma anche occasione per il continente: permette di collegare meglio e più rapidamente le fonti di materia prima con i centri di produzione e i diversi centri tra di loro;
• In Inghilterra, la ferrovia arriva a processo industriale già maturo, quando vapore e ferro erano in fase avanzata e quando i capitali consentivano l’investimento;
• L’Europa segue l’Inghilterra, a partire dal Belgio, dalla Francia, dagli Stati tedeschi, che diventano second comers nella rivoluzione industriale. In questi paesi la ferrovia arriva insieme alla rivoluzione industriale, fornendo alla stessa un grande stimolo.
Third comers
• Altri paesi, come l’Italia, hanno uno sviluppo tardivo, che parte soltanto dopo la seconda metà
del XIX secolo.
• In questi paesi, arrivano prima le infrastrutture della rivoluzione industriale vera e propria. In Italia, ad esempio, arriva prima la ferrovia, dal 1839, dell’industria che si afferma soltanto a fine Ottocento.
• Sulla ferrovia, prima del 1861, si riversano le speranze dell’unione politica e dello sviluppo economico.