v domenica di quaresima - Istituto Santa Famiglia Rimini

PARROCCHIA SAN GIOVANNI BATTISTA
ADORAZIONE EUCARISTICA
Giovedì 30 marzo 2017 ore 17 – 18
Canto: Adoriamo il Sacramento
Adoriamo il Sacramento che Dio Padre ci donò.
nuovo patto, nuovo rito nella fede si compì.
Al mistero è fondamento la parola di Gesù.
Gloria al Padre Onnipotente, gloria al Figlio Redentore,
lode grande, sommo onore all'eterna carità.
Gloria immensa, eterno amore alla Santa Trinità. Amen
Sia lodato e ringraziato ogni momento
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo
il SS.mo e divinissimo Sacramento
come era nel principio ora e sempre nei secoli..
PREGHIERA DI OFFERTA PER LE VOCAZIONI
Padre nostro che sei nei cieli, io ti offro con tutti i sacerdoti Gesù-Ostia e me stesso:
In adorazione e ringraziamento perché nel Figlio Tuo sei l’autore del sacerdozio, della vita
religiosa e di ogni vocazione.
In riparazione al Tuo cuore paterno per le vocazioni trascurate, impedite o tradite.
Per ridonarti in Gesù Cristo quanto i chiamati hanno mancato alla Tua gloria, agli uomini, a
se stessi.
Perché tutti comprendano l’appello di Gesù Cristo: «La messe è molta, gli operai pochi;
pregate perché siano mandati operai alla mietitura».
Perché ovunque si formi un clima familiare, religioso, sociale, adatto allo sviluppo e alla
corrispondenza delle vocazioni.
Perché genitori, sacerdoti, educatori aprano la via con la parola e gli aiuti materiali e
spirituali ai chiamati.
Perché si segua Gesù Maestro, Via, Verità, Vita, nell’orientamento e formazione delle
vocazioni.
Perché i chiamati siano santi, luce del mondo, sale della terra.
Perché in tutti si formi una profonda coscienza vocazionale: tutti i cattolici, con tutti i mezzi,
per tutte le vocazioni ed apostolati.
Perché tutti noi conosciamo la nostra ignoranza e miseria e il bisogno di stare sempre,
umilmente, innanzi al Tabernacolo per invocare luce, pietà, grazia.
Beato Giacomo Alberione
Alcuni minuti di silenziosa riflessione e Adorazione individuale
V DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO A)
+ Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 11,1-45)
In quel tempo, un certo Lazzaro di Betania, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella, era
malato. Maria era quella che cosparse di profumo il Signore e gli asciugò i piedi con i suoi
capelli; suo fratello Lazzaro era malato. Le sorelle mandarono dunque a dire a Gesù:
«Signore, ecco, colui che tu ami è malato».
All’udire questo, Gesù disse: «Questa malattia non porterà alla morte, ma è per la gloria di
Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato». Gesù amava Marta e sua
sorella e Lazzaro. Quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si
trovava. Poi disse ai discepoli: «Andiamo di nuovo in Giudea!». I discepoli gli dissero:
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«Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?». Gesù rispose: «Non
sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede
la luce di questo mondo; ma se cammina di notte, inciampa, perché la luce non è in lui».
Disse queste cose e poi soggiunse loro: «Lazzaro, il nostro amico, s’è addormentato; ma
io vado a svegliarlo». Gli dissero allora i discepoli: «Signore, se si è addormentato, si
salverà». Gesù aveva parlato della morte di lui; essi invece pensarono che parlasse del
riposo del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: «Lazzaro è morto e io sono
contento per voi di non essere stato là, affinché voi crediate; ma andiamo da lui!». Allora
Tommaso, chiamato Didimo, disse agli altri discepoli: «Andiamo anche noi a morire con
lui!».
Quando Gesù arrivò, trovò Lazzaro che già da quattro giorni era nel sepolcro. Betania
distava da Gerusalemme meno di tre chilometri e molti Giudei erano venuti da Marta e
Maria a consolarle per il fratello. Marta dunque, come udì che veniva Gesù, gli andò
incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: «Signore, se tu fossi
stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa tu
chiederai a Dio, Dio te la concederà». Gesù le disse: «Tuo fratello risorgerà». Gli rispose
Marta: «So che risorgerà nella risurrezione dell’ultimo giorno». Gesù le disse: «Io sono la
risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me,
non morirà in eterno. Credi questo?». Gli rispose: «Sì, o Signore, io credo che tu sei il
Cristo, il Figlio di Dio, colui che viene nel mondo».
Dette queste parole, andò a chiamare Maria, sua sorella, e di nascosto le disse: «Il
Maestro è qui e ti chiama». Udito questo, ella si alzò subito e andò da lui. Gesù non era
entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro. Allora i
Giudei, che erano in casa con lei a consolarla, vedendo Maria alzarsi in fretta e uscire, la
seguirono, pensando che andasse a piangere al sepolcro.
Quando Maria giunse dove si trovava Gesù, appena lo vide si gettò ai suoi piedi
dicendogli: «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!». Gesù allora,
quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse
profondamente e, molto turbato, domandò: «Dove lo avete posto?». Gli dissero: «Signore,
vieni a vedere!». Gesù scoppiò in pianto. Dissero allora i Giudei: «Guarda come lo
amava!». Ma alcuni di loro dissero: «Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva
anche far sì che costui non morisse?».
Allora Gesù, ancora una volta commosso profondamente, si recò al sepolcro: era una
grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: «Togliete la pietra!». Gli rispose
Marta, la sorella del morto: «Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni». Le
disse Gesù: «Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?». Tolsero dunque la
pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: «Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato.
Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché
credano che tu mi hai mandato». Detto questo, gridò a gran voce: «Lazzaro, vieni fuori!».
Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse
loro: «Liberatelo e lasciatelo andare».
Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto,
credettero in lui. Parola del Signore.
Commento al Vangelo meditato in silenzio
Risuscitati dal suo pianto
Io sono la resurrezione e la vita
Ci sono due particolari in questo vangelo, che meritano di essere
sottolineati e ripresi. Tanto più che si trovano in un brano, come questo, che non
si potrebbe assolutamente tagliare senza scucire completamente la trama del
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quarto vangelo. Infatti questa pagina riporta il miracolo – o meglio il “segno”,
secondo il linguaggio ispirato dell’autore - più portentoso di tutto il libro di
Giovanni – è infatti l’ultimo, e precisamente il settimo! – ed è un racconto che fa
da cerniera: chiude la prima parte, il libro dei segni, e apre la seconda, il libro
dell’ora. Nessuno dei racconti precedenti occupa tanto spazio. E, soprattutto,
l’evento della risurrezione di Lazzaro determina tutto il seguito della vicenda di
Gesù, perché “da quel giorno decisero di ucciderlo” (Gv 11, 53).
1. Il primo particolare si trova al v. 35: “Gesù scoppiò in pianto”. Questo è
l’unico versetto in tutto il quarto vangelo in cui si parla di “pianto” di Gesù; per
ritrovare un’espressione simile, dobbiamo andare a Luca 19,41, dove è scritto che
Gesù, alla vista di Gerusalemme, “pianse su di essa”, ma letteralmente dovremmo
tradurre “fece lamento”: la sua è infatti la lamentazione profetica del Messia sulla
città impenitente che non ha voluto “conoscere ciò che giova alla sua pace”. Nel
brano di Lazzaro invece si dovrebbe rendere il pianto di Gesù con l’espressione
“versò lacrime”, ossia “pianse a dirotto”. Mentre gli astanti piangono con
clamore, Gesù lacrima. Sono lacrime miste d’amore e rabbia: amore, questa è
infatti la conclusione che ne tirano i presenti: “Vedi come gli voleva bene!”. E
rabbia, perché per due volte (vv. 33 e 38) si usa il verbo che esprime la collera:
“fremette”, che letteralmente significa “sbuffare, ansare”. Gesù freme dentro
quando si trova davanti l’ultimo nemico, la morte: è venuto proprio per
“liberare quelli che per paura della morte erano tenuti in schiavitù (dal
diavolo) per tutta la vita” (Eb 2,15). Quel fremito rivela un profondo turbamento
(v. 33: “si turbò”). “Il nostro male lo turba profondamente, più che se fosse
suo; lo sconvolgerà fino a morirne” (Fausti).
Il pianto di Gesù esprime dunque la tarassìa, ben diversa dalla atarassìa
degli stoici: “Se vedi qualcuno che piange di dolore per la partenza del figlio –
ammoniva Epitteto - fa’ in modo che l’impressione non ti travolga, e comunque,
se capita, non esitare a piangere con lui: attento però a non piangere anche
dentro di te” (Manuale, n. 16). L’uomo ideale secondo lo stoicismo è quello che
non si lascia coinvolgere nel profondo dell’animo, e ha un perfetto controllo delle
proprie emozioni al punto da non “sospirar di cuore” (trad. Leopardi). Tutto il
contrario di Gesù che invece si lascia percuotere “nell’animo” (v. 33) dal dolore di
Maria, sorella di Lazzaro, e non reagisce secondo le convenienze di rito, con gli
spettacolosi lamenti orientali, ma “freme in se stesso”: umanissimo Gesù!
“Le sue lacrime però non sono impotenza di dolore, ma potenza di
amore: è il pianto di Dio per l’uomo che ama” (Fausti).
2. Possiamo così andare all’altro dettaglio, che rischia di sfuggire anch’esso,
se ci limitiamo ad una lettura del brano a colpo d’occhio: quando Gesù si trovò di
fronte alla tomba, dove già da quattro giorni era rinchiuso il cadavere di Lazzaro
ormai in corso di putrefazione, “gridò a gran voce: Lazzaro, vieni fuori!”. Quel
verbo “gridò”, dovrebbe essere meglio reso con “urlò”: il verbo greco kraugazein
ricorre solo otto volte in tutta la Bibbia greca, di cui sei in Giovanni; nei capp. 1819 è usato quattro volte per le grida della folla di crocifiggere Gesù. “Si potrebbe
quindi tracciare un contrasto tra il grido della folla che porta morte a Gesù e
il grido di Gesù che porta vita a Lazzaro” (Brown).
Forse, per capire il senso profondo di questo “urlo” di Gesù, dovremmo
confrontarlo con quello che dà il titolo al famoso quadro di Edvard Munch, il
pittore norvegese che in questi giorni è in esposizione a Roma. Ma mentre Munch
dà forma a tutta l’angoscia che si racchiude in uno spirito tormentato che
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vorrebbe esplodere in un grido liberatorio, senza però riuscirci, il grido di Gesù
dice piuttosto l’indignazione di Dio di fronte alla morte che continua
spudoratamente a celebrare i suoi trionfi.
Umanissimo Gesù, talmente umano che più umano non si può, perché
“umano così può essere solo Dio” (L. Boff), e dunque divinissimo Gesù: uomo
come noi, piange di fronte alla morte dell’amico, ed insieme Dio per noi, grida a
gran voce per sbaragliare l’ultimo nemico, la morte. Ecco come la liturgia ci offre
la chiave di lettura per comprendere la lieta notizia di quel pianto e di quel grido:
“vero uomo come noi, Gesù pianse l’amico Lazzaro; Dio e Signore della vita,
lo richiamò dal sepolcro; oggi egli estende a tutta l’umanità la sua
misericordia e con i suoi sacramenti ci fa passare dalla morte alla vita”
(prefazio). “Veramente e perfettamente Dio, veramente e perfettamente uomo”,
proclamerà la Chiesa a Calcedonia (451 d.C.) con parole “dure come pietre, ma di
quelle pietre da cui si cava il fuoco” (D. Bonhoeffer).
3. Vero uomo come noi, vero Dio e Signore della vita, Gesù è
veramente tale “per noi uomini e per la nostra salvezza”: Salvatore è il suo nome.
Ma come ci salva?
Innanzitutto con la sua incarnazione: è venuto in mezzo a noi per
piangere con noi. Cantava Turoldo: “Ma tu non avevi lacrime / a noi invece era
dato / piangere. / Questo forse ti sospinse fra noi?”.
Inoltre ci salva con la sua passione: non scende dalla croce, non bypassa
il buio, freddo tunnel della morte. Ci salva rinunciando a salvare se stesso,
come ha fatto con Lazzaro: quell’urlo di fronte alla tomba dell’amico ha segnato
l’ora della sua stessa morte. Per quell’ultimo grande miracolo egli ha messo
consapevolmente e deliberatamente a repentaglio la sua giovane vita: “Rabbì,
poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?”, lo avevano messo in
guardia i discepoli, ma il Maestro affronta in piena coscienza e libertà quel viaggio
di ritorno in Giudea che gli sarà fatale.
In terzo luogo, Gesù ci salva con la sua risurrezione: lo Spirito lo ha reso
datore di vita e capace di restare con noi tutti i giorni fino alla fine del mondo. Tre
eventi – incarnazione, passione, risurrezione – una sola salvezza, ottenuta
attraverso il reciproco scambio tra Dio e l’uomo: “prese da te la sua carne, ma
da sé la tua salvezza; da te la sua morte, da sé la tua vita” (S. Agostino).
Da quel 14 di nisan dell’anno 30 d.C., ormai non possiamo più dire, quando il
dolore ci attanaglia: “Signore, se tu fossi stato qui…”. Perché ormai lui è
sempre qui: non deve “venire”, perché non se n’è mai andato e non ha mai
smesso di restare qui – come aveva promesso - “tutti i giorni”, non ha mai
cessato di amarci, sta piangendo con noi, ha già cominciato a risuscitarci.
Commento di Mons. Francesco Lambiasi
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Preghiera alla Madonna per il Parroco
O Maria, Madre e Regina degli Apostoli, che hai dato al mondo Gesù, eterno Sacerdote e Pastore, a te
affidiamo il nostro Parroco.
Custodiscilo nel tuo Cuore Immacolato: illumina, guida, conforta e santifica lui e tutti i sacerdoti, tuoi
"figli prediletti".
Con la tua materna intercessione ottienigli che sia pieno di Grazia e di Verità, sia sale che purifica e
preserva, sia luce che tutti illumini con la Parola di Dio e tutti santifichi con i sacramenti e la preghiera.
Aiutaci a comprenderlo, ad amarlo, ad ascoltarlo quando annunzia la Parola che salva, e a seguirlo
quando ci guida per le vie del cielo.
O Maria, Madre dei sacerdoti, fa' che il nostro Parroco e ogni Pastore della Chiesa abbia la gioia di
veder fiorire nella propria comunità nuove vocazioni; e ritrovarsi un giorno in cielo vicino a te, con tutte
le anime a lui affidate.
Beato Don Giacomo ALBERIONE
CANTO: PURIFICAMI, O SIGNORE
Rit. Purificami, o Signore:
sarò più bianco della neve.
Pietà di me, o Dio, nel tuo amore:
nel tuo affetto cancella il mio peccato
e lavami da ogni mia colpa,
purificami da ogni mio errore.
Il mio peccato, io lo riconosco;
il mio errore mi è sempre dinanzi:
contro te, contro te solo ho peccato;
quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto.
Sia gloria al Padre onnipotente,
al Figlio, Gesù Cristo, Signore,
allo Spirito Santo, Amore,
nei secoli dei secoli. Amen.
RECITA DEL SANTO ROSARIO
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