Identità personale: se esiste, sarà arricchita da ICT o ne sarà plasmata?
contributo di Roberto Vacca al Convegno Le nuove id.entità, Consorzio per
il Sistema Informativo CSI-Piemonte, Torino 17 novembre 2010.
Identità personale: esiste?
Alla domanda risposi nel mio libro La Via della Ragione
(www.printandread.com , 2002). Estraggo dal primo capitolo:
“Il biologo francese Durand de Gros negò che gli uomini abbiano il
libero arbitrio e propose la teoria del polizoismo. La nostra mente, il nostro
cervello non avrebbero una individualità stabile, ma sarebbero formati da insiemi
di piccole coscienze parziali (colonie di neuroni) che volta a volta collaborano o
si combattono per far andare le cose in un modo o in un altro. Queste colonie
nel nostro cervello si formerebbero, si scinderebbero e si raggrupperebbero di
nuovo in modi diversi e inaspettati, sorprendendo gli altri e anche noi stessi.
Più moderno e autorevole di Durand de Gros, é contro il libero arbitrio F.
Crick - il Nobel scopritore del DNA. Il suo libro The Astonishing Hypothesis
("L'ipotesi sorprendente") comincia così: "L'ipotesi sorprendente é che tu, le tue
gioie e i tuoi dolori, le tue memorie e ambizioni, il tuo senso di identità
personale e di libero arbitrio non sono altro che il comportamento di una vasta
struttura di cellule nervose e delle molecole associate con esse. Come avrebbe
detto Alice nel paese delle meraviglie, 'Non sei altro che un mucchio di
neuroni'." (intervista di John Horgan su Scientific American (Febbraio 1992).
A me l’ipotesi non sembra sorprendente. Anche il nostro stomaco si
comporta in modi di cui non siamo coscienti. È scontato - che ogni mia azione
sia causata da complessi fenomeni nel mio sistema nervoso di cui non mi rendo
conto. Questo vale sia per azioni semplici (guardare un oggetto). sia per azioni
complesse (scegliere metodi per risolvere problemi matematici).
Anche non conoscendo i meccanismi interni, posso decidere se il libero
arbitrio esiste o no. Se non esiste, le ipotesi sono due. La prima è: agiamo in
modo casuale. La seconda è: agiamo in modo deterministico, governato da
meccanismi incogniti. Non ha senso dire: “Siamo liberi di scegliere, dato che ci
sembra di essere liberi. É probabile che sbagliamo. Se ci potessimo fidare
dell'introspezione, sapremmo già come funziona la psiche umana. Della prima
ipotesi mi libero facilmente. Per dimostrare che non agiamo a caso, considero gli
esseri umani che annunciano un progetto e poi lo portano a compimento. Si può
trattare di un'impresa sportiva, un'operazione finanziaria, la costruzione di un
computer. Se dico prima quello che farò e poi lo faccio, non procedo a caso.
La seconda ipotesi é più difficile da controbattere. La fisica insegna due
cose - fra le tante. La prima: nel campo delle particelle elementari molti eventi
sono casuali. La seconda é che a livello macroscopico nessun fenomeno
obbedisce a un determinismo assoluto. Tutti i fenomeni si possono analizzare
con precisione limitata. Quindi, date le condizioni iniziali, possiamo prevederne
l'andamento con un'approssimazione non assoluta. Crick ha ragione quando dice
che la nostra personalità - sita nel nostro cervello - é solo un ammasso di
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neuroni. Dunque i processi del nostro cervello si potranno analizzare in avvenire
con precisione notevole, ma sempre limitata. È irrilevante se i nostri processi
cerebrali sono influenzati da eventi casuali al livello delle particelle elementari.
Che lo siano o no, é ragionevole pensare che si verifichino processi
evoluzionistici. Nell'evoluzione delle forme biologiche errori casuali nella
trascrizione del DNA portano a piccoli cambiamenti negli organismi. Poi si
verifica una selezione che in modo efficace perpetua i cambiamenti vantaggiosi
agli organismi che li incorporano.
In modo analogo l'ammasso di neuroni che abbiamo in testa modifica
la sua struttura in parte a caso e, poi, massimizza i vantaggi conseguiti. Questi
processi di evoluzione neuronale sono noti: si tratta dell'apprendimento. Certi
esseri umani imparano a formulare progetti e a realizzarli con successo. Chi
padroneggia un'arte, ha esperienza dei modi in cui imparò nozioni e procedure.
Ha anche capito come imparano gli altri. Ha visto il lampo di intelligenza che
folgora un apprendista quando capisce una cosa difficile. Ha seguito i modi di
comportarsi evoluti di chi è più avanti.”
L’ipotesi di Durand de Gros si può considerare corroborata dagli
esperimenti e dalle teorie di B. Libet (1983). Questo neurofisiologo misurò una
attività neurale che precedeva di circa 350 ms la percezione cosciente della
volontà di compiere un movimento.
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Il numero dei neuroni nel cervello umano è difficile da determinare: è
ancora. incerto. R.W. Williams e K. Herrup, (Control of Neuron Number, Annual
Review of Neuroscience, No.11, 1988), danno come stima credibile "da 100 a
1000 miliardi". Il genoma degli insetti è più complesso del loro sistema nervoso
e decide esattamente che tipo di cablatura hanno i loro nervi. Gli insetti non
inventano. I ratti con cento milioni di neuroni sono a livello superiore: sempre
sempliciotti, ma capaci di imparare e di strategie aggressive. A livello più alto
cavalli, cani e gatti che talora sono addestrati a compiti anche difficili e hanno
anche una vita affettiva.
I numeri per l'homo sapiens sono molto più grandi. Ogni neurone è
collegato con qualche migliaio di sinapsi. Il cervello umano, dunque, dispone di
milioni di miliardi di elementi (e di altre cellule di cui sarebbe troppo complesso
parlare). Al confronto il nostro genoma è milioni di volte più semplice: non
specifica il progetto del cervello. Noi stessi costruiamo diramazioni e struttura
del nostro cervello. Produce più sinapsi il cervello di chi ha più esperienze, vive
in ambienti più stimolanti, fa più cose. Dunque le nostre inclinazioni, le cose per
cui siamo "portati" non sono innate. Le acquisiamo dai segnali esterni, dalle
occasioni di vedere, ascoltare, sperimentare, associare, imitare, confrontare. Chi
vive in un ambiente uniforme e ripetitivo probabilmente si forma un’identità
poco interessante, capisce poco, non eccelle.
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ICT plasma identità standard?
Sistemi operativi, browser e reti sociali propongono con insistenza di
usare le loro pagine web in modo che appaiano sul nostro schermo appena
accendiamo il computer ed entriamo in rete. Chi accetta è sottoposto a proposte
diuturne di link, giochi, quiz, notizie e immagini. Accettandole, ci si uniforma a
stimoli identici a quelli di milioni di altre persone. Parlando con loro si è indotti a
ripetere nomi e storie irrilevanti e si acquisisce un’identità uniforme e banale.
Accade lo stesso cosa con film, spettacoli televisivi e pubblicità. La qualità del
materiale è bassa. Non ha effetti edificanti sulla nostra personalità. Questi danni
sono subiti dagli ingenui e dai distratti. La tendenza continua a diffondersi. È
bene guardarsene.
Identità inventata per dolo o per gioco - nascosta o palese
Il furto di identità è un reato contro il quale siamo avvisati da provider,
fornitori di antivirus e produttori di software. L’obiettivo è il furto di denaro o di
informazioni. Si perpetra rubando carte di credito o impadronendosi di elenchi di
nomi e carte. Talora ne sono colpevoli i titolari o i dipendenti di esercizi
commerciali. Chi si impossessa di segreti critici, può ricattare le sue vittime. Chi
si impadronisce di indirizzi e-mail, password e PIN può fare scherzi di scarso
gusto. Non mi occupo qui di aspetti penali o banali. Utilizzare in rete una identità
fittizia può servire per propalare notizie tendenziose a scopi politici o finanziari
(ad esempio per produrre ondate di acquisti o vendite di azioni). Può servire
anche per inviare e-mail anonimi. Anche questa attività è poco interessante. I
gentiluomini non mandano lettere anonime: talora le ricevono – e non
reagiscono.
Una rete estesa a più di 100 Paesi è Second Life, realizzato da P.
Rosedale, dei Linden Laboratories di San Francisco. E’ un mondo on line in 3D.
Ogni partecipante sceglie un nome e una personalità e la disegna. Poi comunica,
costruisce, compravende beni. Partecipano milioni di persone che si incontrano,
giocano, discorrono scrivendo i propri fumetti. Il sito di Second Life dice che
l’azienda ha fatto girare milioni di dollari (veri). Gli affari on line si fanno con
dollari Linden (finti). I partecipanti parlano due a due o formano gruppi. Hanno
rapporti umani (con pupazzi animati da altri partecipanti), pare anche erotici. Il
sistema è stato usato in scuole e aziende, dalla NASA e dalla American Chemical
Society. La popolarità ne sta declinando.
Chi può desiderare di scambiare idee, ricevere lezioni, avere una relazione
sentimentale - con pupazzi? Perché desiderare di costruirsi una personalità
diversa dalla propria (curriculum, carattere, aspetto fisico)? La risposta è nella
battuta: Tanta gente vuole rapporti per E-mail perché, anche se sei un cane, su
Internet non se ne accorgono: Ma se la tua personalità non ti soddisfa, fai
qualcosa per migliorarla veramente, non per finta.
Sentiamo la mancanza dei contatti umani diretti se il telelavoro ce ne
priva, ma non c'è tragedia. Dovremmo imparare a non essere troppo dipendenti
da abitudini radicate anche neutre. All'estremo di questa gamma ci sono le
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abitudini dannose come l'alcolismo o le droghe. Io non sento il problema della
mancanza del contatto de visu. Tengo molto ad alcune amicizie quasi solo
telefoniche. Vedo questi amici un paio di volte l'anno, ma ci parlo al telefono o ci
scambio E-mail ogni settimana. Ne traggo stimoli intellettuali, nozioni e calore
umano. Il contatto diretto si vicaria in vari modi. Il migliore è inviare messaggi.
Espressivi, non telegrafici, con una prosa inventiva, non prolissa, nè pretenziosa.
Usare in modo acritico gli strumenti nuovi non ci dà valore aggiunto e non
risolve problemi umani.
Internet come ausilio alla salute mentale
Molti si lamentano del sovraccarico di messaggi che ricevono. Sono
stressati. Taluno rimpiange i tempi antichi: tutto era più lento e si coltivavano
abitudini rilassanti. In effetti si sta meglio ora, se impariamo a districarci da
piccole difficoltà. Dà noia ricevere ogni giorno proposte sciocche, ma non
disturbano il nostro equilibrio mentale.
Per curare la nostra salute mentale, abbiamo bisogno di perseguire attività
piacevoli e avere buoni segnali dagli altri. I rapporti umani sono un sostegno
importante a livelli diversi. Compagni di vita, amici, colleghi, conoscenti, ci
possono comunicare idee, insegnamenti, pensieri che evocano un sorriso o
alleggeriscono drammi. Non serve la presenza fisica: i segnali possiamo averli
dallo schermo del PC: Talora un supporto alla fragilità dei nostri stati d'animo
viene da un libro. Possiamo venire ravvivati da una poesia, una canzone, un
saggio, un romanzo. Su Internet queste cose ci arrivano a caso da amici o
sconosciuti o li troviamo navigando con un buon motore di ricerca (consiglio
clusty.com). Io leggo [email protected] (gratuita). È una lettera che offre
ogni giorno una dozzina di link tecnologici e informatici, e notizie di scoperte
scientifiche o curiosità. Su Web si fanno amicizie. I rapporti umani attraverso la
rete possono essere così efficaci che taluno propone di utilizzare e-mail anche per
fare psicoterapie. Sarebbe ragionevole, se lo psicoterapeuta è sensibile, esperto,
abile comunicatore. Il WorldWide Web non è un paradiso. Ci incontri anche
imbroglioni, porcherie, scervellati (che talora scrivono bene e incantano). Su certi
siti, sei schedato e subissato di spam o pubblicità. La situazione è simile a quella
del mondo reale.
Criteri per arricchire la nostra personalità dalla rete
Le identità più ricche, interessanti, efficienti, inventive crescono in
famiglie evolute. Crescono in società aperte e controverse in cui non si
impongono credenze uniformi – in scuole gestite da insegnanti di qualità. La base
è leggere, scrivere, far di conto. La scienza sta ai livelli più alti della formazione
e del progresso. Negli ultimi secoli si è sviluppata molto, ma gli abitanti anche di
paesi avanzati e ricchi restano a livelli bassi.
Scuole, biblioteche, istituti di cultura sono inadeguati. Da pochi decenni,
però, abbiamo una nuova risorsa ricchissima:la rete di Internet. scolari e studenti
usano già informazioni, testi, dati, immagini in rete. Lo fanno in modo casuale.
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Non sono addestrati. È normale che si fermino ai primi oggetti trovati a caso.
Una delle fonti più abbondanti è Wikipedia. È l’enciclopedia in rete le cui voci
sono redatte spontaneamente dal pubblico e non vengono firmate. Viene
controllata dallo stesso pubblico. È disuniforme – contiene materiale ottimo e
altro rozzo e di bassa qualità.
In rete si trova quasi tutto – dai classici a manuali, libri di testo, articoli
scientifici, di giornali e riviste, interventi a congressi, eventi di ogni tipo. Si
trovano testi nelle home page di persone poco note. Alcuni ottimi, altri no. Si
trovano discussioni interminabili su blog. Questi contributi sono improvvisati.
Gli autori non hanno il tempo per meditare e correggere. Le discussioni fra
partecipantqi sono estemporanee. Chi non ha un background culturale solido e
criteri di giudizio sofisticati può essere condotto a formarsi opinioni e credenze
disordinate. Il progresso più straordinario è stato GOOGLE, capace di trovare in
tempi minimi (decine di secondi) documenti di ogni tipo, ordinati
approssimativamente secondo la loro rilevanza.
I ragazzi imparano subito come usare Web e motori di ricerca, ma non
come valutare siti, messaggi, blog. I criteri di valutazione vanno insegnati nelle
scuole. È vitale sapere bene l’inglese (la massima parte della letteratura tecnica,
scientifica, culturale - anche asiatica - è in inglese). Valutare fonti e documenti si
può fare in certa misura anche basandosi solo su nomi e sull’uso di parole. I siti
delle fonti universitarie cominciano con U (ualberta, UNITO, UNIROMA) o
hanno l’estensione .edu. Vanno preferite, anche se certi docenti sono criticabili e
scervellati. Il mio consiglio personale è di guardarsi da chi usa parole come
esoterico, newage, sostenibile, olistico. Vanno addestrati tutor che indirizzino i
giovani. Vanno elaborati programmi di studio per insegnare a interagire con il
WorldWide Web i suoi contenuti e i contatti (link) che si possono stabilire.
Anche noi che navighiamo in rete da anni dobbiamo imparare ad annotare i
percorsi per cui ci siamo avventurati per ritrovare le cose interessanti che ci sono
capitate. Dobbiamo imparare a valutarle e registrarle. Poi dobbiamo insegnare
queste abilità ai nostri figli. Le scuole ci devono aiutare. È questa la riforma che
ci serve.
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