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Crisi epistemologica in omeopatia
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L’ultima sull’ormesi
Orgoglio della filosofia moderna, tutto sembra ruotare intorno alla parola magica:
statuto epistemolog co. Chi vuole fare bella figura argomenta in questo senso,
riprendendo l’empirismo logico di 50 anni fa, quando l’epistemologia raggiunse
l’apogeo, inteso come principale contributo offerto dalla filosofia alla indagine
scientif ca. In pratica, il giochetto fu: tanto la scienza procedeva e accumulava
conoscenze, tanto più la filosofia si concentrava sulla val dità di tali pretese conoscenze.
Popper fece la sua fortuna grazie alle sue smodate dee su alcuni filosofi della
tradizione, che non avevano in gran rispetto la verità. Al centro della epistemologia
esisteva, ed esiste ancora, dunque, la ostinata convinzione di una impresa fondativa,
ossia di una disciplina rigorosa, in grado di controllare le credenziali di tutte le pretese
ver tà. E’ il caso della scienza moderna, quando guarda con sufficienza i poveri
omeopati, soprattutto quando questi si ostinano di dimostrare la “fondazione
epistemologica” di cui vanno fieri. Sotto questo aspetto, a mio personale avviso,
l’epistemologia non ha alcuna possibilità di chiarire una volta per tutte ciò che rende
val da la pretesa conoscitiva. Molti omeopati, che non nascondono di essere “cultori”
epistemologi, non sanno a quale gradino di validità possono aspirare, non avendo un
progetto degno del nome e non conoscendo limiti e opportun tà che l’indagine filosofica
può dare. Costoro, parafrasando in modo incompiuto gli scienziati per bene (quelli che
sanno tutto loro, che non hanno mai dubbi, che …guardate cosa avete combinato per
non aver applicato i protocolli: la med cina di oggi, naturalmente) si affidano alla
scienza di successo del momento, per dimostrare quello che non si può dimostrare, in
quanto non conoscono i paletti fondamentali della questione. C’è qualcuno che vuole
dimostrare l’omeopatia, parlando di “ormesi”, non rendendosi conto che, così parlando,
si demoliscono alcuni tra i pochi capisaldi della farmacologia di Hahnemann. Tra questi,
forse il più importante rec ta: gli effetti puri dei farmaci si mantengono a prescindere
dalla diluizione e dalla concentrazione. Altrimenti che effetti sarebbero? Ma no, loro
d cono con insistenza: noi dimostriamo l’eff cacia del rimedio omeopatico sulla base
della diluizione, perché fino a un certo peso molecolare esiste un effetto, superato il
quale l’effetto si inverte. Non ci siamo. Anzi, invito costoro ad astenersi da tali esercizi
disinvolti, che signif cano solo una cosa: im tare la scienza moderna sul piano della
disquisizione fuorviante, includendo rag onamenti epistemologici inesistenti. In più,
sarebbe bene che, invece di organizzare convegni pol tici, tali personaggi tornassero
(se mai lo avessero fatto) a studiare omeopatia. Angelo Micozzi
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