E se fosse tutto un sogno?

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E se fosse tutto un sogno?
Scritto da Enrico De Santis
Domenica 12 Dicembre 2010 13:14 - Ultimo aggiornamento Lunedì 08 Dicembre 2014 23:41
[ pubblicato sull'ILLOGICA ALLEGRIA 2007 ]
Almeno una volta nella vita, abbiamo sentito o pronunciato una frase ad effetto del genere,
probabilmente in una di quelle cene con gli amici stretti, quando fuori fa freddo, piove e magari
c'è ancora un fiasco di vino da terminare prima di poterci dichiarare veramente sazi. Se per un
attimo ci concentriamo e ci lasciamo trasportare dalla corrente vorticosa che tale interrogativo
ingenera, è difficile non provare un sentimento di sconforto misto ad un leggero brivido, come
se fossimo sull'orlo di un burrone.
Se la realtà che ci circonda (ma siamo sicuri che la realtà è là fuori?) dovesse essere solamente
un sogno di qualche essere superiore? E se i nostri sogni fossero la vita reale, e la mattina
credendo di svegliarci, non facciamo altro che entrare nella fase REM della nostra vera realtà
che crediamo mero sogno? Una obiezione, potrebbe essere avanzata, ma in definitiva non è
poi così convincente come appare superficialmente. Infatti quando ci svegliamo sembra proprio
di vivere la vera realtà, poiché i sogni sono confusionari e a volte li dimentichiamo. E se
rigiriamo il tutto specularmente e pensiamo che la realtà che viviamo è confusionaria, piena di
stranezze e non sensi, mentre i nostri sogni sono lineari, ordinati e pervasi dall’ “incubo” della
routine quotidiana?
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E se fosse tutto un sogno?
Scritto da Enrico De Santis
Domenica 12 Dicembre 2010 13:14 - Ultimo aggiornamento Lunedì 08 Dicembre 2014 23:41
In definitiva, le cose potrebbero veramente stare così…
Nell’Ottocento, quando andava per la maggiore il progresso meccanico, cosicché l’inconscio di
Freud era come una caldaia in ebollizione che “lavorava a limite di esercizio”, l’universo diventò
un raffinatissimo apparecchio ad orologeria, mosso da infiniti ingranaggi e governato da leggi
infallibili.
Adesso siamo nell’era del digitale, cinquanta anni fa avrebbero detto della cibernetica, e
l’universo tende ad assomigliare ad un gigantesco, immenso, meglio ancora il più grande tra
tutti i computer che possiamo concepire. L’idea di un calcolatore universale non è poi così
insulsa, poiché ciò che definiamo come materia, rappresenterebbe l’hardware, ovvero la parte
fisica che compone il computer, mentre le stesse leggi fisiche che governano il cosmo,
sarebbero il software, cioè il programma che sta girando, composto, in linea di principio, dallo
stesso set di istruzioni elementari che stanno alla base del nostro Windows (con istruzioni
elementari intendo le leggi della logica). Attraverso tale analogia, ora possiamo dilettarci a
pensarle di tutti i colori. Ci sono studiosi che hanno preso sul serio tali argomentazioni,
giungendo a conclusioni molto suggestive, anche se spesso non verificabili; nel seguito
cercheremo di comprendere perché.
Se l’universo è un programma che gira sul PC di Dio, noi siamo sicuramente dei pezzetti di
codice che in gergo informatico sono conosciuti come routine . Il nostro corpo-cevello sarebbe
il chip biologico stampato sulla scheda madre dell’ universo, mentre la mente tanto studiata e
tanto poco conosciuta, sarebbe la routine che contribuisce al perpetuarsi degli eventi prescritti
dal programma universale.
Qualcuno sostiene che una volta che siamo dentro, siamo dentro. Con questo cosa voglio dire?
Non possiamo stare sia all’interno di una stanza che all’esterno contemporaneamente, vero?
Bene, in base a tale principio un programma per computer non dovrebbe uscire da se stesso,
non potrebbe vedere oltre se stesso. Alcuni studiosi hanno azzardato che un sistema di regole
completo e logicamente coerente, che sia un software o una struttura matematica, nella loro
“dimensione interna”, debbano possedere una qualche sorta di coscienza di se stessi, invero
sembra che stando all’ “interno”, cioè se vivessimo in un sogno, non dovremmo accorgercene. A dire la verità, quando sogniamo, capita che intuiamo che lo stiamo facendo, percepiamo
qualcos’altro al di fuori della stessa esperienza onirica. Altresì, il sentimento religioso è una
sorta di intuizione (vera o falsa che sia) che ci fa anelare ad un essere superiore, vivente in una
misteriosa realtà, il nostro creatore. Che ne possiamo sapere, allora, che i computer o i super
computer ed in definitiva l’intera rete internet non hanno sviluppato nella loro “dimensione
interna” una sorta di autocoscienza che li porta ad intuire a loro volta un creatore? Ora, pero,
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Scritto da Enrico De Santis
Domenica 12 Dicembre 2010 13:14 - Ultimo aggiornamento Lunedì 08 Dicembre 2014 23:41
siamo noi umani che li abbiamo creati, noi siamo i loro dei. Chissà se avranno anche
sviluppato una sorta di religione binaria attraverso la quale magari ci adorano. Comunque, se
così fosse, non si fa proprio fatica a ritenere che anche il nostro Dio sia l’oggetto della creazione
di qualche essere al di sopra di lui, il quale a sua volta vive nel sogno di qualcun altro, creato
nuovamente da qualcos’alto e così via. Un po’ come la fine del film Man In Black I, dove però la
creatura fantastica all’ultima scena, invece di giocare a biglie con il nostro universo, sta
giocando tranquilla e serena al suo PC, magari divertendosi a simularlo virtualmente.
Tornando alla questione della coscienza dei computer, attenti osservatori dell’infrastruttura
internet hanno riscontrato dei funzionamenti inaspettati, causati dalla immensa complessità
della rete stessa, a cui ad oggi non hanno una spiegazione precisa, si può azzardare a dire che
non hanno trovato a ciò ancora un senso definito. Potrebbe accadere che un giorno tali
comportamenti, descritti in gergo tecnico come “inaspettate sincronicità”, rivelino un’ attività
indipendente da ciò per cui l’intera infrastruttura della rete era stata progettata. La fantascienza
già ha prodotto qualcosa del genere, infatti su ispirazione dei racconti di Isac Asimov, il film I
Robot diretto da Alex Proyas (con Will Smith ), narra le vicissitudini di una generazione di robot
creati per una collaborazione “pacifica” con gli esseri umani aiutandoli a svolgere le mansioni
giornaliere non troppo “intelligenti”, ma ad un certo punto succede qualcosa di inaspettato, entra
in scena un robot differente che a causa di microerrori casuali nel suo codice di progettazione lo
rendono capace di sognare, caratteristica ritenuta fino ad allora propria del genere umano. Tale
attitudine lo accomuna a tale specie spingendolo ad allearsi con gli umani per affrontare una
strana minaccia…
Poco più di cento anni fa Jules Verne, in “Dalla terra alla luna” fantasticava esotici viaggi
nell’ambiente lunare, il computer di bordo dell’Apollo 11 allunato il 20 luglio 1969 aveva una
potenza di calcolo pari alla sim card del nostro cellulare.
Stupefacente vero? Meditate!
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