Decisione N. 2164 del 09 aprile 2014

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Decisione N. 2164 del 09 aprile 2014
COLLEGIO DI MILANO
composto dai signori:
(MI) GAMBARO
Presidente
(MI) LUCCHINI GUASTALLA
Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) CONTINO
Membro designato dalla Banca d'Italia
(MI) RONDINONE
Membro designato da Associazione
rappresentativa degli intermediari
(MI) TINA
Membro designato da
rappresentativa dei clienti
Associazione
Relatore CONTINO
Nella seduta del 14/01/2014, dopo aver esaminato:
- il ricorso e la documentazione allegata
- le controdeduzioni dell’intermediario e la relativa documentazione
- la relazione della Segreteria tecnica
FATTO
In data 28 febbraio 2013 il ricorrente, nella sua qualità di erede, inoltrava formale reclamo
alla banca presso la quale la madre defunta risultava all’epoca del decesso intrattenere un
rapporto di conto corrente e altre posizioni, per contestare la divisione tra lo stesso e la
sorella coerede delle somme risultanti a credito della propria dante causa,
autonomamente e illegittimamente operata dall’intermediaria. Riferiva di avere già in
precedenza ricevuto dall’istituto di credito richiesta di ritirare la quota di sua spettanza, ma
di essersi recisamente opposto, facendo presente di doversi ancora procedere a divisione
a fronte di un patrimonio ereditario di cui era tuttora in corso la complessa ricostruzione.
Esponeva di avere ciononostante ricevuto, a distanza di qualche mese, una
comunicazione, datata 7 aprile 2011, con la quale la banca lo informava che veniva messa
a sua disposizione la quota di sua spettanza. Recatosi a distanza di qualche tempo presso
lo sportello, otteneva finalmente copia degli estratti conto relativi alla posizione della
madre, inviati ad una casella postale di cui ignorava l’esistenza, e apprendeva che il conto
corrente era stato estinto l’8 aprile 2011 e le somme ivi depositate trasferite nella misura
del 50% alla sorella e per il residuo accreditate su di un conto recante l’intestazione
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“creditori diversi”. Riferiva di non aver ricevuto alcuna risposta alla richiesta di
giustificazione presentata.
Facendo presente che l’apertura della successione materna aveva determinato la
creazione di una comunione ereditaria che non era stata sciolta, chiedeva con il reclamo
che l’intermediaria procedesse alla “immediata ricostruzione del credito risultante dall’atto
di estinzione del conto corrente” in questione, pari a Euro 3.368,94, alla “corresponsione
degli interessi legali oltre a rivalutazione monetaria dalla data di estinzione del conto
corrente alla data di ricostituzione dello stesso” nonché alla “produzione di copia di tutta la
documentazione epistolare intercorsa” tra la banca e l’altra erede.
Rispondeva l’istituto di credito il 29 marzo 2013, sostenendo di non ravvisare alcuna
lesione delle ragioni del reclamante conseguente all’operata divisione del saldo risultante
sul conto intestato alla defunta, e di non poter fornire la corrispondenza epistolare
richiesta, trattandosi di documentazione non rientrante tra quella oggetto dell’art. 119 del
D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385.
Insoddisfatto della risposta ricevuta, il coerede adiva l’Arbitro Bancario Finanziario con
ricorso del maggio 2013, con il quale, ribadendo le circostanze di fatto riferite con il
reclamo e precisandone il fondamento giuridico, concludeva chiedendo di accertare “la
non correttezza dell’operato dell’intermediaria”, di ordinare l’immediata ricostruzione del
credito risultante prima della sua estinzione sul conto corrente di cui la madre era
intestataria, pari a Euro 3.368,94, con corresponsione degli interessi legali e rivalutazione
monetaria dalla data dell’operata estinzione, di ordinare la produzione di copia di tutta la
documentazione epistolare intercorsa tra la banca e l’altra coerede, di disporre il rimborso
delle spese relative al ricorso nonché di condannare l’intermediaria al risarcimento dei
danni subiti dal ricorrente per discredito e spese legali da determinarsi in via equitativa.
Versava agli atti a corredo del ricorso, oltre alla corrispondenza scambiata in fase di
reclamo, copia dei due testamenti olografi della madre, venuta a mancare il 16 maggio
2010, e relativi atti di pubblicazione, della dichiarazione di successione con le due
successive integrazioni, degli estratti conto da gennaio 2010 ad aprile 2011 relativi alla
posizione oggetto di contestazione già intrattenuta dalla dante causa, di comunicazioni
della banca inerenti alla successione in questione e di una lettera della coerede
concernente il valore di liquidazione di quota di società in accomandita semplice di cui la
madre era titolare in qualità di accomandante.
La resistente faceva pervenire le proprie controdeduzioni, mettendo innanzitutto in
evidenza di avere atteso, prima di presentarle, di conoscere la posizione del ricorrente in
merito alla proposta di definizione formulata prevedente il ripristino della situazione
contabile in essere al momento dell’estinzione del conto di cui si controverte, ma non la
consegna della corrispondenza intercorsa con l’altra coerede.
Fallita la trattativa, la banca riferiva nell’atto di avere proceduto alla divisione della somma
depositata sul conto solo in esito alla richiesta della coerede, che aveva fornito, oltre al
certificato di morte della correntista e a copia della dichiarazione di successione, anche
dichiarazione sostitutiva di atto notorio (di cui allegava copia alle controdeduzioni), dalla
quale risultava che unici eredi della defunta cliente erano la stessa e il fratello, odierno
ricorrente. La resistente faceva presente di essersi a ciò indotta anche in considerazione
delle spese di tenuta del conto e delle imposte, che continuavano ad erodere il modesto
saldo attivo. Non essendo pervenuto, se non a diverso tempo di distanza, alcun riscontro
da parte del ricorrente alla notizia dell’operata divisione, ne aveva interpretato il silenzio
come adesione per fatti concludenti.
Riconoscendo, tuttavia, che per procedere a divisione avrebbe dovuto ottenere richiesta
scritta di entrambi i coeredi, confermava “la propria disponibilità a ripristinare la situazione
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contabile alla data del decesso”, fermo restando che il successivo svincolo si sarebbe
potuto perfezionare unicamente a firma congiunta degli aventi diritto.
Resisteva invece alla richiesta di consegna di copia dell’eventuale corrispondenza
intercorsa tra la stessa e l’altra coerede, eccependo come detta documentazione esulasse
da quella di cui è fatto diritto all’erede di ricevere copia in forza dell’art. 119 del Testo
Unico Bancario.
Chiedeva infine respingersi la domanda risarcitoria, in quanto non provata né nell’an, né
nel quantum.
Concludeva, quindi, chiedendo che il Collegio desse atto della manifestata disponibilità al
ripristino dello status quo ante, e rigettasse viceversa sia la richiesta di copia della
documentazione inerente all’eventuale corrispondenza con la coerede, che di risarcimento
del danno asseritamente subito dal ricorrente.
Questi replicava confermando di avere ricevuto la proposta transattiva della banca, di cui
allegava addirittura la bozza, ma ribadendo la propria decisione di non accettarla,
insistendo nel voler ottenere copia della corrispondenza intercorsa tra la resistente e la
sorella.
DIRITTO
Il ricorrente chiede in primo luogo al Collegio di disporre, previo ogni più opportuno
accertamento in merito all’operato dell’intermediaria, che questa sia tenuta al ripristino
della situazione esistente alla data di estinzione del conto corrente già intestato alla
madre, avvenuta in data 8 aprile 2011, e alla ricostituzione della relativa posizione
creditoria, pari a Euro 3.368,94, maggiorata di interessi e rivalutazione monetaria.
E’ pacifico tra le parti che la banca abbia provveduto, su richiesta di un solo coerede, ad
estinguere la posizione già intrattenuta dalla defunta e ad accreditare il relativo saldo attivo
in favore dei due successori nella misura del 50% ciascuno, provvedendo così alla relativa
divisione.
L’intermediaria ha peraltro riconosciuto di avere provveduto erroneamente, avendo dato
corso all’operazione in assenza di istruzioni congiunte di tutti gli aventi causa della propria
correntista.
La questione sottoposta all’Arbitro Bancario Finanziario attiene quindi alla sorte e
disciplina dei crediti facenti parte di una patrimonio ereditario ancora indiviso.
Dalla più recente scheda testamentaria della de cuius risulta che questa avesse inteso
devolvere alcuni immobili in legato al ricorrente, e istituire eredi entrambi i figli, lasciando
loro, nella misura di un mezzo ciascuno, tutti gli altri beni. Dalla documentazione agli atti
emerge come il patrimonio relitto includesse non solo gli immobili specificati nel
testamento, ma pure altri beni mobili, tra cui conti correnti bancari e addirittura la quota di
una società in accomandita semplice.
E’ pacifico che tutti i beni già appartenenti alla defunta (salvo in linea di principio quelli
oggetto di legato) fossero caduti in comunione ereditaria e che i due coeredi non fossero
ancora addivenuti ad un accordo divisionale, né lo scioglimento fosse stato disposto con
sentenza.
Tra i cespiti figurava il saldo attivo del conto corrente già intrattenuto dalla defunta presso
la resistente, estintosi con la morte di questa. Al riguardo il Collegio ritiene, infatti, di
aderire all’orientamento giurisprudenziale (cfr. Cass. 21 aprile 2000, n. 5264 e Cass. 4
dicembre 1992, n. 12921), che ravvisa nel conto corrente bancario un contratto atipico
misto, con causa prevalente del mandato, destinato a cessare quindi con la morte del
correntista (cfr., tra le tante, la decisione di questo Collegio n. 1482 del 2012).
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La banca avrebbe quindi dovuto semplicemente custodire, per conto e nell’interesse di
tutti i membri della comunione, le somme depositate, per restituirle poi ai soggetti
legittimati per legge o per disposizione del giudice a riceverle.
I crediti del de cuius entrano, infatti, secondo la giurisprudenza prevalente (cfr. Cass.
Sez.Un. 28 novembre 2007, n. 24657), a far parte della comunione ereditaria e non si
ripartiscono in modo automatico tra i coeredi in ragione delle rispettive quote. La regola
della ripartizione automatica posta dall’art. 752 cod.civ. vale, infatti, per i soli debiti, mentre
i crediti sono oggetto di comunione, come si desume, tra l’altro, dalle previsioni dell’art.
727 cod.civ., il quale, stabilendo che in sede divisionale le proporzioni debbano essere
formate comprendendo, oltre ai beni immobili e mobili, anche i crediti, all’evidenza
presuppone che questi facciamo parte della comunione ereditaria. Confermano del resto
tale conclusione anche le disposizioni degli artt. 757 e 760 cod.civ. (cfr. anche Cass. 24
gennaio 2012, n. 995).
Questo Collegio ha espressamente e costantemente dichiarato di aderire a detto
orientamento, addivenendo pertanto alla conclusione che la liquidazione delle somme e/o
dei titoli depositati sul conto corrente e/o nel deposito titoli del de cuius possa essere
effettuata dall’intermediario “solamente sulla base di disposizioni congiuntamente impartite
da tutti gli eredi” (cfr. decisione n. 2012 del 2012; nello stesso senso cfr. le decisioni n. 629
del 2013, n. 788 del 2012; n. 2128 del 2011).
La domanda formulata dal ricorrente merita pertanto accoglimento, dovendosi tuttavia
tenere al riguardo conto della disponibilità ribadita con le controdeduzioni dalla resistente
di ricostituire una partita contabile infruttifera intestata agli eredi della correntista defunta
per un importo complessivo corrispondente al saldo di conto corrente alla data di
estinzione, pari ad Euro 3.683,32, maggiorato di interessi e rivalutazione monetaria
conteggiati da tale data a quella di ricostituzione.
Deve, invece, essere rigettata l’ulteriore domanda del ricorrente volta a disporre che la
banca sia tenuta a fargli consegna dell’eventuale corrispondenza intercorsa tra la stessa e
l’altra coerede.
L’erede ha, infatti, unicamente diritto di ottenere dalle banche e dagli intermediari finanziari
“copia della documentazione inerente a singole operazioni poste in essere negli ultimi
dieci anni” dal cliente proprio dante causa, secondo quanto disposto dall’art. 119, comma
4, del Testo Unico Bancario. Possono quindi costituire oggetto di comunicazione anche
eventuali dati personali relativi ai terzi, ma solo in quanto contenuti in detta
documentazione.
E’ evidente che un eventuale scambio epistolare intercorso tra un terzo, ancorché
coerede, e la banca non rientra nel novero della documentazione cui il successore può
avere accesso, e anzi la sua eventuale comunicazione violerebbe i principi fissati dal
D.lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
Anche l’art. 9, 3° comma, del Codice in materia di protezione dei dati personali si riferisce
infatti al diritto di ottenere i soli dati personali del defunto, e non quelli di terzi, la cui
comunicazione, come si può altresì desumere dalla Linee guida per trattamenti dati relativi
al rapporto banca-clientela emanate dal Garante per la protezione dei dati personali il 25
ottobre 2007, violerebbe anzi i principi del Codice.
Del pari non può in alcun modo trovare accoglimento la pretesa risarcitoria formulata in
modo del tutto apodittico dal cliente, senza neppure individuare, né tantomeno dimostrare,
il danno che avrebbe risentito, il nesso di causalità con il fatto della resistente e comunque
la sua addebitabilità a quest’ultima (che certo non potrebbe in ogni caso sussistere in
relazione al rifiuto legittimamente opposto alla comunicazione di dati relativi ad eventuale
corrispondenza con la coerede). Ciò impedisce all’evidenza di procedere anche a
qualunque valutazione equitativa. Al riguardo va ricordato, infatti, che “la facoltà per il
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giudice di liquidare in via equitativa il danno esige due presupposti: in primo luogo, che sia
concretamente accertata l'ontologica esistenza di un danno risarcibile, prova il cui onere
ricade sul danneggiato……; in secondo luogo, il ricorso alla liquidazione equitativa esige
che il giudice di merito abbia previamente accertato che l'impossibilità di una stima esatta
del danno dipenda da fattori oggettive, e non già dalla negligenza della parte danneggiata
nell'allegare e dimostrare gli elementi dai quali desumere l'entità del danno” (così, tra le
tante, Cass. 19 novembre 2013, n. 25912).
P.Q.M.
Il Collegio, tenuto conto della disponibilità dell’intermediario convenuto a
ripristinare il conto e considerata tale disponibilità quale vincolante, non accoglie la
parte residua del ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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