18 Giornalino dell’ Associazione Astrofili Agordini “Cieli Dolomitici” 2012 La rotazione della Terra riflessa in cielo. Così potrebbe essere intitolata l’immagine di copertina di questo numero. Per noi terrestri sembra che il cielo si muova da est verso ovest . In realtà quel movimento lo crea il nostro pianeta con la sua rotazione (da ovest a est). Grazie a una reflex digitale montata su un cavalletto fotografico, impostando una posa di un ora abbondante, Claudio Pra ha ottenuto questa suggestiva fotografia incentrata sul Monte Averau. L’unica stella fissa sembra essere la Stella Polare, fulcro intorno al quale gira un’apparente giostra cosmica. WWW.CIELIDOLOMITICI.IT WWW.CIELIDOLOMITICI.IT WWW.CIELIDOLOMITICI.IT SOMMARIO EDITORIALE di Claudio Pra pag. 3 INQUINAMENTO LUMINOSO, CROCE DEGLI STROFILI di Vittorio De Nardin Pag. 4 Troppa luce artificiale inutile e maldirezionata spegne le stelle SE LA MONTAGNA NON VA ALL’ASTROFILO di Lorenzo Burti pag. 6 Le peripezie di un astrofilo “cittadino” in cerca del buio CACCIA ALLA LUNA INVISIBILE di Claudio Pra pag. 8 Una sfida osservativa ASTRONOMIA NELLE BELLE CANZONI di Fausto Mella pag. 9 Anche le canzoni possono aiutare a parlare di astronomia IL TRANSITO DI VENERE E LA FOTOGRAFIA MANCATA di Fiorangela Beltrame pag. 10 Lo storico fenomeno osservato ma...non fotografato PROCESSI E DEMONI di Alvise Tomaselli pag. 10 Anche non prevedere un terremoto è reato IL SOLE: UNA TRANQUILLA BOMBA H di Lino Tancon pag. 11 La nostra stella è una fornace nucleare IL SOLE AL CENTRO DELL’UNIVERSO di Tomaso Avoscan pag. 12 Da Aristotele a Copernico ATTIVITA’ DELL’ ASSOCIAZIONE (giugno-novembre) pag. 15 Tra Planetario, rifugi e radio… 2013: ARRIVANO DUE GRANDI COMETE? pag. 15 L’attesa per un auspicabile grande spettacolo LETTERE A CIELI DOLOMITICI pag. 16 GLI ASTROFILI DI CIELI DOLOMITICI pag. 16 Intervista a Lucia Bortoli IL GIORNALINO CERCA COLLABORATORI Vuoi collaborare con il giornalino della nostra Associazione? Qualsiasi contributo sarà il benvenuto. Articoli (anche molto semplici), domande, fotografie, vignette, disegni, ecc. non potranno che arricchire la nostra pubblicazione. Manda il tuo materiale a: Claudio Pra, via Saviner Di Calloneghe 22 32020 Rocca Pietore (Bl) e-mail : [email protected] Per contattare il responsabile del giornalino Claudio Pra: Sito internet dell’Associazione: www.cielidolomitici.it e-mail : [email protected] Telefono: 0437/523186 e-mail [email protected] Indirizzo: via Saviner Di Calloneghe 22 32020 Rocca Pietore (Bl) WEBMASTER Andrea De Nardin 2 EDITORIALE di Claudio Pra Va ad iniziare il decimo anno di attività della nostra Associazione. Era infatti il 17 dicembre del 2003 quando ad Agordo, nello studio del notaio Giuseppe Scioli, fu firmato l’atto costitutivo da parte dei seguenti Soci Fondatori: Tomaso Avoscan, Alberto Bertini, Marzio Soppelsa, Alvise Tomaselli, Gianluca Succetti, Claudio Pra, Alessandro Gabrjelcic, Lino Tancon e Giambattista Cibien (allora Sindaco di S. Tomaso e firmatario in qualità di rappresentante dell’omonimo Comune). Un altro Socio fondatore è da considerare Andrea Cibien, che non poté firmare l’atto perché era allora minorenne. “Cieli Dolomitici”, la prima Associazione di astrofili in Agordino, era nata. La firma seguiva un lavoro durato anni, il tempo necessario a trovare i finanziamenti per costruire il Planetario di S. Tomaso oltre che per radunare qualche appassionato di buona volontà che si incaricasse di seguire la struttura. Le riunioni tra le persone che si resero disponibili furono frequenti e pian pianino si misero le basi per pianificare il futuro. Naturalmente fu subito evidente che attorno al Planetario doveva nascere un associazione che radunasse gli astrofili della zona a quindi molto tempo venne dedicato a questo aspetto. Si scelse naturalmente il nome del gruppo (le opzioni si restrinsero a “Cieli Dolomitici” o “Dolomiti Stellate”) e si creò il logo. Ricordo bene l’entusiasmo e la frenesia di quel periodo. Anche l’impegno messo in campo vista la gran mole di cose da fare. Praticamente, nell’ultimo periodo, non passavano due settimane senza che ci incontrassimo. Tra i Soci Fondatori dovettero essere individuati i divulgatori che si sarebbero occupati della divulgazione al Planetario. Non essendo nessuno un professionista ci volle anche un po’ di coraggio nel “buttarsi” e un impegno non indifferente per studiare e familiarizzare con i tanti bottoni della consolle, che danno vita a un cielo si artificiale, ma tanto affascinante. Ogni divulgatore non mancò di usare come cavie parenti e amici per i suoi allenamenti. Una buona parte di Soci Fondatori dettero anche vita al primo Consiglio Direttivo che elesse Presidente (riconfermato nelle due elezioni successive) Tomaso Avoscan. La nuova Associazione e il Planetario destarono grande interesse e non mancarono gli spazi su giornali, radio e TV locali. Gli Associati in quel primo anno furono ben 130, molti dei quali attirati dalla curiosità. La prima osservazione pubblica del cielo si svolse a Cencenighe in una gelida serata del febbraio 2004. Nonostante il freddo accorse un centinaio di persone. Oggi, guardando indietro, non possiamo che sorridere. Si, è vero, qualcuno della vecchia guardia ha mollato (ma altre forze fresche ed entusiaste li ha sostituiti). Gli Associati si sono fisiologicamente ridotti a una cinquantina di unità. Il Planetario desta un po’ meno interesse. Ma la tanta divulgazione proposta con semplicità e buona volontà, l’esserci guadagnati la considerazione del territorio , l’aver visto pubblicati tanti nostri articoli sulle pagine di riviste astronomiche nazionali, l’aver perfino ricevuto un premio culturale, ma soprattutto aver portato sotto le stelle tanta gente di tutte le età e aver parlato loro della più antica fra tutte le scienze, oggi troppo spesso dimenticata o mortificata da trasmissioni ridicole, è motivo di orgoglio e soddisfazione. L’appuntamento per il brindisi è fissato per fine 2013, quando “Cieli Dolomitici” spegnerà le dieci candeline. Siete tutti invitati. Il logo per il decimo anno di attività LA BIBLIOTECA DELL’ASSOCIAZIONE Tra le opportunità offerte agli Associati c’è quella di poter fruire della biblioteca dell’Associazione. La biblioteca è ben fornita (oltre a molti libri e riviste ci sono anche videocassette e DVD) ed è auspicabile che un buon numero di persone se ne servano. Ricordiamo che per accedere alla biblioteca bisogna contattare Claudio al 3493278611 per fissare un appuntamento. 3 INQUINAMENTO LUMINOSO, CROCE DEGLI ASTROFILI di vittorio De Nardin Qualche tempo fa mi sono recato per alcuni giorni a Milano per lavoro. La sera, dopo aver cenato, uscivo assieme al mio collega per fare quattro passi e smaltire il pasto. Da buon astrofilo non potevo fare a meno di puntare il naso verso l'alto. che desolazione! Le stelle che riuscivo a contare non arrivavano neanche ad una dozzina! Come mai? Merito del più temibile nemico dell'astronomia, l'inquinamento luminoso. Questo fenomeno, che si è acuito negli ultimi anni, è provocato da tutti quegli apparati luminosi che propagano la luce in tutte le direzioni, quindi anche verso l'alto, direttamente o per riflessione. La conseguenza più evidente e che la volta celeste viene ricoperta da un velo che ci impedisce di osservare il cielo, specie gli oggetti celesti più deboli come le galassie o le nebulose. Un esempio molto eloquente lo possiamo osservare ad Agordo, dove un buon numero di lampioni che circondano il Broi e che costeggiano la via principale, creano un alone chiaro che sovrasta la piccola cittadina. Questo impianto è datato e comunque è stato realizzato in anni in cui la legislazione sull’ l'inquinamento luminoso era inesistente. Attualmente la legge esistente in Veneto, a tutela del cielo notturno è molto valida, anche se spesso viene disattesa. La legge dà precise indicazioni sul tipo di lampade da utilizzare, su come devono essere disposte ecc. Dobbiamo capire che un modo sbagliato di illuminare crea molti problemi; se astronomi e astrofili si lamentano di ciò, non è per capriccio ma per delle motivazioni che hanno delle buone fondamenta. Prima fra tutte l’inutile spreco di energia elettrica, che con la crisi che stiamo vivendo in questi tempi, è inacettabile. Si è calcolato che con un'adeguata illuminazione pubblica, nel nostro paese si potrebbero risparmiare qualche centinaia di milioni di euro all'anno...mica male! Soldi che invece buttiamo al vento e che paghiamo di tasca nostra! Anche gli animali sono coinvolti nella problematica dell’inquinamento l u mi n o s o p e r c h e ' g l i vi e n e scombussolato il normale ciclo giorno/notte. Loro non sono abituati a Immagine da satellite dell’inquinamento luminoso presente sul guardare l'orologio, la percezione del nostro pianeta. Anche l’ Italia è bene illuminata... tempo che passa viene recepita tramite la variazione della luce. Ma veniamo a noi, amanti delle stelle: quel velo che copre il cielo e che occulta buona parte del meraviglioso spettacolo che gratuitamente ci viene offerto, deve essere fortemente limitato, per consentire agli astronomi di poter osservare e studiare la volta stellata. Molti osservatori astronomici, per sfuggire alle luci "mangia stelle", sono ubicati in zone disabitate, lontani centinaia di chilometri dai centri cittadini (come i telescopi dell'ESO, dislocati nel deserto cileno di Atacama, ad esempio...) Anche noi, semplici appassionati, molto spesso siamo costretti a lunghe trasferte notturne per poter osservare con profitto il cielo attraverso i nostri strumenti. Non possiamo assolutamente permettere che le generazioni future debbano sentirsi narrare delle storie che iniziano così: -c'era una volta un cielo buio tempestato di stelle...Purtroppo l'inquinamento luminoso sta crescendo in maniera esponenziale: dagli anni ”70” ad oggi la luminosità artificiale è più che quadruplicata. E' un dato veramente allarmante che non si può ignorare. Questa tendenza deve arrestarsi ed invertire la propria marcia. Pensiamo anche al turismo, che da noi può beneficiare di un bel cielo stellato: cosa c'è di meglio delle belle passeggiate in notturna in mezzo alla natura, osservando le costellazioni e gli oggetti che si annidano al loro interno? E' anche questo un modo per valorizzare l'ambiente in cui viviamo, uno dei posti più belli del nostro pianeta che possiede un tesoro di cui molte persone ignorano l'esistenza. Qualche tempo fa un'immagine simile a quella proposta sopra veniva utilizzata per la pubblicità di un'azienda produttrice di energia elettrica: un pessimo esempio che mal si concilia con il fatto di volersi dimostrare al passo con i tempi e rispettosi dell' ambiente. Alcuni mesi fa ci eravamo illusi che 4 qualcosa di veramente positivo potesse avvenire. Il nostro Governo, per limitare gli sprechi, sembrava intenzionato a mettere mano anche all’illuminazione pubblica limitando la potenza di impianti sovradimensionati, ammodernando quelli obsoleti, spegnendo le luci superflue. Questi intendimenti, accolti con entusiasmo dagli astrofili e dai simpatizzanti del cielo, non sono stati invece capiti e anzi sono stati osteggiati da molti politici e cittadini . Il timore è che meno illuminazione significhi più incidenti a pedoni, ciclisti e mezzi a motore e che aumentino le aree potenzialmente pericolose per la criminalità nelle nostre metropoli. Questi sono alcuni argomenti sui quali ha fatto leva l'opinione pubblica per relegare la proposta fatta dal governo a semplice palliativo per risparmiare qualche manciata di euro. In verità, le zone interessate dagli interventi sull'illuminazione, nel disegno di legge proposto, andavano valutate attentamente, tenendo conto di molteplici fattori. Purtroppo però la proposta denominata “Cieli bui” è stata stralciata. E' ovvio che non si può e non si vuole tornare indietro di due secoli, quando un astronomo francese di nome Charles Messier, da Parigi, osservava il cielo e scopriva ammassi stellari, galassie e nebulose dando vita all'omonimo catalogo. L'unico inquinamento luminoso che lo disturbava era quello causato dalla Luna! Oggi questa metropoli è soprannominata "città delle luci" e se Messier potesse ritornare in vita, non la riconoscerebbe di certo. Anche gli antichi Greci, gli Egiziani o i Cinesi potevano contare su cieli maestosamente bui. Queste popolazioni hanno dato un contributo molto sostanzioso all'astronomia, creando le costellazioni con i loro affascinanti miti, osservando il movimento dei pianeti o le eclissi. Al giorno d'oggi ci sono ancora posti dove si può ammirare la Via Lattea o capire come mai una costellazione ha quel nome. Per molti appassionati però, questo comporta spostamenti anche notevoli, necessari per poter raggiungere un posto sufficientemente buio. La mia speranza, come quella di molti altri astrofili, è che questa volta non ci si faccia sfuggire una buona occasione per ridurre lo spreco di denaro e l'inquinamento atmosferico. Infatti nel nostro paese è ancora molto alta la percentuale di energia elettrica prodotta con combustibile fossile, che è molto inquinante e che importiamo dall'estero. Dobbiamo renderci conto che quello che i comuni riusciranno a risparmiare (l'illuminazione pubblica la paghiamo di tasca nostra ), potrà poi essere reinvestito per opere o servizi utili a tutta la popolazione. Anche noi privati cittadini possiamo porre più attenzione nell'utilizzo di faretti o lampioncini esterni : non devono proiettare luce verso l'alto e devono utilizzare lampadine di potenza non esagerata a basso consumo ( entro breve comunque spariranno le "vecchie" lampadine ad incandescenza). In un grande centro urbano le stelle non sono ormai più visibili. Tramontato il Sole ne viene acceso un’altro artificiale che cancella la notte e l’universo. La sera, quando preparo il telescopio sul piazzale di casa mia per una sessione osservativa, penso che sono una persona privilegiata, fortunata: c'è qualche luce attorno a me che da un po' di fastidio, ma tutto sommato riesco ancora a scorgere la Via Lattea, oppure ad intravvedere la galassia di Andromeda ad occhio nudo. Ma per quanto tempo riuscirò a godere di questo spettacolo? Di recente ho avuto occasione di parlare con alcuni astrofili veneti, toccando il tema dell'inquinamento luminoso e dalla conversazione è emerso che in molte zone è in atto un'inversione di tendenza. Il continuo monitoraggio della volta celeste con strumenti come lo SQM ( Sky Quality Meter, uno strumento che misura l'inquinamento luminoso), ha evidenziato un leggero miglioramento della qualità del cielo. Segno che si è intrapresa una strada che se seguita fino in fondo porterà a dei buoni risultati. La tutela del cielo stellato, patrimonio dell'Umanità, deve diventare una delle priorità per noi astrofili. Dobbiamo impegnarci al massimo per far capire la problematica anche all’esterno. Un cielo senza stelle è come un libro senza parole che non ha nulla da raccontare. Questo noi non lo vogliamo.... 5 In questo numero ospitiamo un articolo di Lorenzo Burti, esperto astrofilo, che si presenta così: -Lupo grigio classe '47, nato a Bardolino, sempre vissuto nel veronese e da quarant'anni a Verona città. Sono psichiatra universitario, astrofilo dal 1996. Osservo esclusivamente in visuale e sono appassionato di cielo profondo. Amo i cieli bui ma sono disposto a scendere a compromessi. SE LA MONTAGNA NON VA ALL’ ASTROFILO di Lorenzo Burti Osservo il cielo dal 1996, attratto da una passione che cullavo da bambino, dal passaggio della cometa Hyakutake e da un articolo letto su una rivista che avevo comperato per saperne di più su quella mitica cometa, un articolo che parlava anche dei grandi telescopi Dobsoniani. Mi colpì che questi strumenti consentissero di osservare con soddisfazione gli oggetti del cielo profondo, cosa inconcepibile solo qualche decennio prima quando i grandi diametri erano riservati ai telescopi professionali. Decisi così che avrei posseduto un dobsoniano e che avrei osservato gli oggetti del cielo profondo. Il mio primo telescopio fu un Meade Starfinder da 25 cm. di diametro. Contemporaneamente mi portai a casa il volume (bellissimo)di Mallas e Kreimer: “The Messier Album”, la bibbia per gli appassionati del profondo cielo. Montato il tele la sera stessa, nonostante la presenza della Luna, mi recai sulle colline alle spalle di Verona ad osservare la Grande Galassia di Andromeda. Tempo dopo, senza disturbo lunare, ritornai per progredire nell’osservazione degli oggetti del catalogo di Messier. Fu un periodo febbrile di osservazioni ravvicinate: l’entusiasmo era talmente grande che nemmeno l’inquinamento luminoso proveniente dalla città a due passi riusciva a smorzarlo. In seguito diventai più esigente riguardo la qualità del cielo e mi allontanai in cerca del buio salendo sui monti Lessini, a un’ora di macchina da Verona. Naturalmente quel contesto fu una rivelazione! La ricerca degli oggetti deboli che mi interessavano, che prima era estenuante data la scadente qualità del cielo, improvvisamente diventò facile. A quel tempo il cielo dei Lessini era piuttosto buio e il sito era consigliato e frequentato dalla maggioranza degli astrofili veronesi. Nell’arco di poco più di un anno completai il catalogo di Messier ed iniziai a dedicarmi ad altri oggetti, con comprensibile soddisfazione. Fu un periodo felice e proficuo. Ancora una volta l’entusiasmo della scoperta e i progressi compiuti compensavano la qualità del cielo che, anno dopo anno, peggiorava. Nel 2001 un artigiano mi costruì una struttura a traliccio completamente smontabile, sulla quale poter montare le ottiche Starfinder. Così, con una valigia in più, mi recai d’estate in vacanza, come d’abitudine da qualche anno, nell’isola di Linosa, ventisette miglia nautiche a nord-est di Lampedusa, cinque chilometri quadrati di ampiezza, pochi abitanti concentrati nel paesino. Naturalmente a Linosa il cielo era superbo e mi consentiva osservazioni straordinarie se paragonate a quelle effettuate sui monti veronesi. Per un paio di anni portai in quel luogo il mio grande strumento, ma poi optai per un telescopio ultraleggero molto più comodo, che non mi obbligava, e tuttora non mi obbliga, a bagagli supplementari e mi consente comunque di sbizzarrirmi tra le innumerevoli meraviglie celesti, specie dello Scorpione e del Sagittario, che la latitudine di Linosa mi permette di osservare molto meglio che al nord. Altra svolta nel 2004: questa volta commissionai al mio artigiano un “mostro” da 50 cm. basandomi sull’ottimo volume di Kriege e Berry: “The Dobsonian telescope”. Le ottiche e gli accessori li acquistati in America. Fu veramente entusiasmante guardarci dentro. Nonostante la mole, mi trovai subito a mio agio . La maggiore apertura compensava l’inquinamento luminoso crescente dei Lessini. Naturalmente anche questa volta seguì un periodo di osservazioni a tamburo battente, trainato dall’entusiasmo dei risultati che la grande apertura consentiva. Nei primi due anni arrivai a superare le quaranta uscite annuali, nella quasi totalità dei casi effettuate sui Lessini. Fece eccezione qualche puntata in Val Venosta o in Valle d’Aosta, combinando un week-end turistico alle osservazioni. È stato solo in questi ultimi due anni che il peggioramento sostanzioso dell’inquinamento sui Lessini e la costituzione di un gruppetto di amanti del cielo e dei Dobson di varia provenienza, hanno rimosso la mia esitazione per le lunghe trasferte che portano verso cieli davvero bui. Mi sono unito a loro in un certo numero d’occasioni, salendo a Casera Razzo (in Cadore), in Val Visdende (Comelico) e alle Sorgenti del Piave, sopra Sappada. Gli ultimi due siti mi hanno davvero colpito per il buio eccezionale che solo a Linosa avevo precedentemente trovato. In più hanno il vantaggio della quota, che ovviamente diminuisce l’estinzione stellare. Non mi ha particolarmente entusiasmato Casera Razzo, molto lontana per un veronese, che non supera i cieli dell’Alto Adige che raggiungo comunque prima. La Val Visdende invece è veramente buia, con l’ unico inconveniente dell’umidità che rende necessario l’im- 6 piego di stratagemmi contro la condensa. Le Sorgenti del Piave non hanno l’inconveniente dell’umidità e sono poste ad una quota più elevata, ma bisogna rinunciare alla porzione di cielo che dà a nord, nascosto dalla mole del monte Peralba. L’uscita in gruppo, oltre a rendere la serata assai più piacevole, contribuisce ad aumentare il numero degli oggetti osservati perché non mancano gli spunti osservativi che ci si suggerisce a vicenda. Ma cosa comporta raggiungere il Nirvana? Da Verona fanno dai 270 ai 290 Km, in buona parte d’autostrada d’accordo, ma, ahimè, da solo al volante. Una scocciatura. Non amo andare veloce, mi piace prendermela con comodo, quindi ci vuole il suo tempo. In prossimità del sito prenotiamo una stanza in un alberghetto confortevole e ragionevole nei prezzi. Sì, perché sarebbe una follia effettuare il rientro nel cuore della notte o all’alba. L’albergo costituisce anche il punto di raccolta. Dopo una frugale cenetta si parte per gli ultimi chilometri che portano all’osservatorio naturale. Poi si montano gli strumenti e… si parte, seguendo la lista osservativa preparata in precedenza, salvo accorrere dal compagno di osservazioni che sta lanciando gridolini di trionfo per qualche meta raggiunta. Facciamo ora un po’ di conti: preparazione borsa, indumenti e accessori tre quarti d’ora. Carico auto un quarto d’ora. Uscita dalla città un quarto d’ora. Viaggio tre ore e mezza. Presa di possesso della stanza e cena altri tre quarti d’ora. Raggiungimento del sito osservativo mezz’ora. Preparazione strumentazione mezz’ora abbondante per essere pienamente operativi. In tutto fa un quarto di giornata! Sì, devo ammettere che più di qualche volta ho sognato una cupola opportunamente situata in uno di questi posti bui, con annesso rifugio dove trascorrere un’intera settimana senza spostamenti. In ogni caso, sogni a parte, devo constatare che queste uscite consentono di osservare veramente sotto i cieli migliori che si possano trovare nel nostro paese (e non solo), esclusi quelli mitici e remoti della Namibia, Atacama e simili. Insomma, pur con sacrificio, è possibile ancora trovare un cielo stellato vero, che ripaghi lo sforzo. La ricompensa è la ricerca facilitata degli oggetti, la visione insospettabile dei dettagli dei più luminosi, la possibilità di osservare quelli molto deboli che non sono nemmeno approcciabili sotto cieli appena inquinati. Un’esperienza assai educativa che si sperimenta sotto un cielo simile è il sorgere della luna o il primo accenno d’alba. La pur poca luce che fa capolino fa sì che il buio sembri irrimediabilmente compromesso, cosa impensabile sotto cieli mediamente inquinati. Non da ultimo, sotto un cielo superbo, si può spremere a fondo il proprio strumento e naturalmente si apprezza pienamente l’impiego di telescopi di grande diametro, che richiedono un discreto investimento di denaro , risorse e tempo. La fatica e la noia del viaggio si superano con l’abitudine. E’ esperienza comune quella che ad ogni successiva percorrenza di un tragitto, si riduce il tempo vissuto soggettivamente. Molto raccomandabile è in ogni caso la compagnia, che rende assai più piacevole il viaggio. In sintesi: un cielo buio è impagabile e merita un sacrificio. Chiaramente non sempre è possibile raggiungerlo (per indisponibilità di tempo, stanchezza, incertezze meteorologiche e perché no, anche costi, in tempi in cui il prezzo dei carburanti è decollato). Le opinioni possono divergere: c’è chi non vuole compromessi in quanto a buio e chi, come me, è dell’idea che è meglio un cielo mediocre che non uscire. Così, la grande maggioranza di uscite che ho totalizzato con il mio strumento da 50 cm. le ho effettuate sui miei monti. Però è importante concedersi, possibilmente con regolarità, un’uscita sotto cieli veramente bui, che sappia galvanizzare e riaccendere la passione. Un discorso a parte meritano le osservazioni di Linosa. E’ il sito certamente più lontano da Verona, ma… per due settimane vi sono stanziale. D’accordo, mi avvalgo di un piccolo strumento, ma che meraviglia sotto quel cielo appena fuori dalla porta! A differenza dei monti, nel periodo estivo l’isola si trova immersa nell’anticiclone africano e riserba cielo sereno tutte le notti. Questo mi permette di citare un altro nemico dell’astrofilo, il rischio del meteo avverso, che il viaggio sui monti lontani non solo non può eliminare, ma anzi può esacerbare. La montagna è certamente più a rischio nuvole della pianura e tanti astrofili hanno avuto la disavventura di partire col Sole e trovare il temporale. In conclusione, molti astrofili che vogliono osservare con regolarità non hanno vita facile. I paesi avanzati hanno ormai un inquinamento luminoso proibitivo; chi vive in pianura deve sobbarcarsi lunghi avvicinamenti ai monti, dove l’inquinamento luminoso è contenuto e la estinzione stellare minore. Tutti, anche gli astrofili montani, devono fare i conti con il meteo avverso, che nelle nostre regioni non è infrequente. Ciononostante, alcuni temerari non si fermano di fronte alle difficoltà e oltre a godere loro stessi del nirvana rappresentato da un cielo buio e sereno, con i loro racconti stimolano i meno temerari, almeno di tanto in tanto, ad imitarli. 7 CACCIA ALLA LUNA INVISIBILE di Claudio Pra Il giovanissimo falcetto lunare sopra al catinaccio d’Antermoia Prologo. Il tentare l’osservazione della falce lunare più sottile possibile è una pratica ristretta a un limitatissimo numero di appassionati del cielo, desiderosi di cimentarsi in una sfida difficile e ricca di fascino. La favorevole inclinazione dell’eclittica, che deve compensare la piccolissima elongazione della Luna dal Sole, è fondamentale per sperare nella riuscita. Altro fattore importante è la scelta del sito osservativo, che deve possedere un ampiezza di orizzonte illimitata e ovviamente la massima trasparenza possibile (unica soluzione, l’alta montagna!). E se anche tutte queste condizioni fossero rispettate non si avrebbe comunque la certezza di avvistare il falcetto annegato nel chiarore del tramonto o dell’alba. Tardo pomeriggio del 22 febbraio 2012: salgo a fatica. Certi appuntamenti, come quello a cui mi sto recando, non ammettono ritardi ed è per questo che affretto il passo sul pendio innevato, cercando di porre rimedio a un errore di valutazione sulla lunghezza del percorso che mi sta portando su una cima delle Dolomiti bellunesi. Da lì lo sguardo potrà spaziare fino all’orizzonte, consentendomi forse di scorgere l’esile falcetto lunare di poche ore in procinto di tramontare in un cielo ancora chiarissimo. Le condizioni ci sono tutte. L’elongazione dal Sole è appena al di sotto dei dieci gradi, con l’eclittica bella alta sull’orizzonte. Ho pianificato tutto da mesi; questa è la situazione più favorevole del 2012 e il meteo sembra deciso a darmi una mano. Sono davvero stanco. Da un ora e mezza sto marciando su un pendio che non dà tregua, con la cima da tempo bene in vista ma che pare un miraggio. Ormai al tramonto manca poco e ciò significa che devo muovermi. Mi servono ancora una decina di minuti per arrivare a destinazione e intanto il Sole scende sotto l’orizzonte. Maledizione! Contemporaneamente, a est, in posizione diametralmente opposta, fa la sua comparsa l’ombra della Terra, visibile come una estesa banda grigiastra alta qualche grado che contrasta nettamente con il resto del cielo. È sormontata da una seconda banda rosacea più ristretta chiamata Cinta di Venere. Il fenomeno, probabilmente sconosciuto a molti, ha una durata limitata a meno di un quarto d’ora. In seguito, con il cielo che scurisce, il contrasto diminuisce drasticamente e l’avanzare del buio cancella tutto. Ma eccomi arrivato. Sono davvero spossato ma non ho tempo per riposarmi. Mi concedo solo una barretta energetica e un sorso di tè caldo per reintegrare i liquidi. Sgranocchio in fretta e poi prendo in mano il piccolo binocolo 10x50 e una cartina del cielo dove sono stampate le posizioni di Venere, Mercurio e Luna. Il chiarore non permette di vedere altro e quindi gli unici riferimenti per la ricerca del falcetto saranno i due pianeti più interni del Sistema solare. Venere, grazie alla sua grande luminosità, è subito rintracciata, ma è anche molto lontana dal bersaglio. Bisogna ora localizzare Mercurio, che brilla di magnitudine abbondantemente negativa (1,3) e se ne sta a 7° dalla Luna. Le ricerche però sono infruttuose in quel contesto ancora luminosissimo. Con il binocolo tenuto a mano libera spazzo la porzione di cielo dove il Sole è tramontato, cominciando dall’orizzonte per poi alzarmi sempre più. È la tecnica usata dai cacciatori di comete che operano poco dopo il tramonto e poco prima dell’alba. i minuti passano e so che la Luna, ancora invisibile, si appresta a tramontare. Comincio a innervosirmi. Poi… alla fine trovo Mercurio! Lo vedo molto bene adesso… La Luna si trova un po’più a ovest e quindi mi muovo in quella direzione. Beccata! La Luna neonata, di appena 18 ore e 37 minuti, mi si materializza negli obiettivi. Il falcetto è talmente sottile da fare tenerezza (l’amico esperto Aldo Vitagliano mi informerà in seguito che la frazione illuminata era in quel momento di appena lo 0,0068%). È alta meno di cinque gradi sull’orizzonte ma la trasparenza è grandiosa e mi permette di vederla facilmente. Dopo l’avvistamento scatto delle foto con tempi ed esposizioni diverse, per digitalizzare quella incredibile visione. Ma a occhio nudo sarà percepibile? Mi aiuto con le montagne e gli aerei di passaggio nelle vicinanze, che mi fanno da punto di riferimento. Quattro minuti dopo averla vista al binocolo la individuo anche a occhio nudo. Non pensavo fosse possibile in condizioni tanto sfavorevoli. La falce si avvicina al Catinaccio d’Antermoia (vedi immagine in alto), uno dei tanti “tremila” dolomitici… Gli si appoggia sulla cima e poi pian piano scompare dietro la sua sagoma scura. Al tramonto reale manca appena un grado. Rimangono a farmi compagnia tante stelle e ben quattro pianeti: Mercurio, in procinto di seguire la Luna, Venere e Giove ancora piuttosto alti in cielo e poi Marte appena sorto. Mi rimetto lo zaino in spalla e comincio la discesa, illuminata dalla pila frontale. Dentro di me la sensazione di aver vissuto qualcosa di magico e 8 ASTRONOMIA NELLE BELLE CANZONI di Fausto Mella L’articolo di Claudio Pra, inserito a pagina 14 dello scorso numero, mi ha fatto sorridere compiaciuto: non per niente si intitolava “Lo spazio… del sorriso”. Da anni tengo uno strano appuntamento annuale, un corso di astronomia all’Università delle Tre Età di Saronno che si intitola, banalmente, “L’astronomia nelle belle canzoni”. Mia moglie, che non frequenta il corso, dice che sono pazzo, alludendo alle migliori doti intellettuali di suo marito…Ma, in sostanza, è solo un artificio per passare dall’ascolto di belle canzoni ad argomenti astronomici e viceversa. Inutile dire che la mia consorte si tiene molto ben lontana dai miei cd di jazz, dal mio pianoforte e soprattutto dai miei strumenti astronomici. Mi ritengo un astrofilo scarso e molto pigro, ma ho una profonda passione e una formidabile memoria per le belle melodie, il jazz e la musica brasiliana. Purtroppo invece, se non frequento spesso il cielo, perdo i riferimenti delle costellazioni, ma per contro sono perfettamente in grado di ricordare motivi ascoltati anche 50 anni fa e mai più risentiti da allora. Ritornando all’astronomia nelle canzoni, faccio Ella Fitzgerald alcune esemplificazioni: per esempio, dopo l’ascolto di “How high the Moon” (Come è alta la Luna) nella versione di Chet Baker, è bello discutere di come la Luna, alle nostre latitudini, passi da pleniluni od altre fasi, visibile altissima sulla volta celeste, a cadute precipitose in funzione di un ciclo quindicinale durante le stagioni. La Luna è poi musicalmente tremenda perché, constatando quanto sia raro avere due pleniluni in un mese (avvenimento che gli americani chiamano Blue Moon (Luna blu) ti permette di fare ascoltare “Blue Moon” cantata da Ella Fitzgerald o da Billie Holiday, discutendo del detto americano “once in a blue moon” che si potrebbe tradurre in italiano “una sola volta, ad ogni morte di Papa”. Non tutti sanno che Joao Gilberto, il più noto cantante/chitarrista brasiliano, canta spesso una canzone bellissima intitolata “Eclipse” (Eclisse) che parla di “eclisse di luna nel cielo, assenza di luce nel mar”. Ebbi il modo e la fortuna di ascoltarla dal vivo per la prima volta a Umbria Jazz nel Luglio del 2003. Durante lo spettacolo mi ricordo che il cantante nominò con emozione lo scomparso amico Bruno Martino incontrato a Viareggio, per poi farci sentire una splendida “Estate” che uso per discutere del perché tale stagione possa cominciare in giorni diversi dal canonico 21 Giugno. Qualche volta faccio ascoltare diverse versioni della canzone (sono innamorato di quelle eseguite da Michel Petrucciani) e cerco di spiegare i giri armonici dei musicisti per dare spazio anche all’approfondimento musicale, non solo ad argomenti astronomici. Non voglio troppo dilungarmi a raccontare di “East of the Sun and West of the Moon” (A est del Sole a ovest della Luna) che aiuta a parlare del ciclo di Mercurio attorno al Sole, di “Venus” (Venere), di “Plenilunio”, cantata da Nicola Arigliano, di “Nel blu dipinto di blu” di Domenico Modugno, che aiuta a parlare del colore del cielo o della rifrazione. Oppure “Le Stelle dell’Orsa Maggiore”, interpretata dal Quartetto Cetra (chi è vecchio come me dovrebbe ricordarsela). Credete che non ci sia una canzone adatta per parlare dei telescopi riflettori? Il grande Duke Ellington compose ed eseguì al pianoforte un pezzo bellissimo chiamato “Reflections” (Riflessioni). E che dire di “Stardust”, (Polvere di stelle) di Hoagy Charmichel, che mi permette di parlare di che cosa siano fatti…il mondo e noi. Spettroscopia? Beh, Tom Jobim, il più grande autore brasiliano, ha composto una bellissima canzone, “Luiza”, che recita “como um brilhante que partindo a luz esplode em sete cores…”cioè “come un brillante che separando la luce la rifrange in sette colori…”. Vi racconto ora un episodio verificatosi durante una lezione che tenni in un liceo linguistico composto prevalentemente da giovani ragazze. Parlai dell’opposizione dei pianeti esterni e alla fine chiesi quando, secondo loro, si potessero osservare meglio, certo che nessuno avrebbe saputo rispondermi: mi rispose invece una biondina con un nasino impertinente e la risposta fu esatta. Incredibile! Dopo un attimo di esitazione e di riflessione sulla lezione di vivacità intellettuale impartitami dai giovani, feci partire “’Round Midnight” (verso Mezzanotte) di Telonious Monk, cantata in maniera meravigliosa da Carmen McRae. L’avrei fatta ascoltare anche se nessuno mi avesse risposto correttamente. Dopotutto, visto che si trattava di un liceo linguistico, avrebbero capito dall’inglese che l’opposizione dei pianeti esterni si vede meglio “verso mezzanotte”. Mi commosse molto il fatto che i giovani si appuntassero il titolo e l’edizione dei vari CD che facevo ascoltare, segno che la buona musica, come i neutrini, può attraversare muri generazionali che ritenevo di uno spessore impenetrabile e colpire dritto dritto nel cuore ancora oggi. Incassai tutto felice questa lezione di fisica subnucleare venuta dai giovani del liceo linguistico di Saronno. Concludo rivolgendovi una domanda: ricordate la canzone “Soli” di Bruno Canfora, che Mina cantava alla fine di “Studio Uno”? Ma quando mai abbiamo l’opportunità di ascoltare cose simili in TV e dalla RAI di oggi? Ma quando mai vediamo una persona o un cantante che rassomigli per qualità anche solo vagamente a una Mina o al Maestro Bruno Canfora? Purtroppo è anche vero che i neutrini decadono molto velocemente…e noi, purtroppo, come diceva quella stupenda canzone, “restiamo soli, mentre la gente se ne va, restiamo soli, soli nel buio che verrà”. 9 IL TRANSITO DI VENERE E LA FOTOGRAFIA MANCATA di Fiorangela Beltrame Sveglia alle cinque, una spruzzata di acqua fredda sul viso e via pedalando verso la nostra meta: l’argine del Canale di Po di Levante sull’Isola di Albarella. Un branco di daini fugge velocemente alla nostra vista; chissà sia di buon auspicio. Arriviamo al leone di Venezia e al faro ma, delusione, una scia di nuvole lunga e larga impedisce di veder sorgere il Sole direttamente dal mare. Non ci scoraggiamo perché, secondo quanto comunicato dai nostri amici astrofili, avremo tempo un oretta e mezza per assistere al transito di Venere sul disco solare. Nell’attesa che il sole si alzi osserviamo numerosi cavallerizzi con il loro allenatore, che disegnano un grande cerchio sulla lontana spiaggia deserta. Piccole onde si infrangono sui massi pieni di ammoniti; i gabbiani stridono sopra e Il disco di Venere in uscita dal attorno a noi; una coppia cerca lupini nella sabbia bagnata. Ben Sole il 6 giugno 2012 infagottati ci godiamo questi momenti di grande pace, tranquillità e serenità. Si avvicina un uomo con un cane nero, ci salutiamo; si meraviglia della nostra presenza. Gli spieghiamo il perché siamo lì a quell’ora, ma suppongo non capisca l’unicità di questo fenomeno. Batticuore!!! Il Sole sta uscendo dalle nuvole! Prendo immediatamente il binocolo con i filtri solari già applicati (come consigliato dai nostri esperti …). Ecco un piccolo disco nero sulla parte superiore destra del Sole. Deve essere il pianeta tanto atteso. O magari mi sbaglio … Stacco lo sguardo e lo rivolgo verso la spiaggia per riprendere subito l’osservazione con il binocolo. E’ proprio Venere!!! Riesco a scorgere anche delle macchie sul Sole. Afferro la macchina fotografica e cerco di immortalare quel momento. Con lo zoom cerco ingrandire l’immagine il più possibile. Scatto ripetutamente. Poi prendo il filtro solare e lo metto davanti agli occhi. Sorpresa! Riesco a scorgere la piccolissima macchia anche ad occhio nudo. Alterno l’uso del binocolo alla macchina fotografica. Non mi accorgo dello scorrere del tempo. La macchia nera si sposta verso il bordo, ora sembra che qualcuno abbia staccato in un solo morso un pezzetto di sole. Che spettacolo! Non avevo mai osservato il Sole, ma mi riprometto di dargli una sbirciatina di tanto in tanto, per ricordarmi della sua maestosità e supremazia. Una volta scaricate le foto sul computer mi accorgo con rammarico che purtroppo la mia piccola fotocamera non è riuscita a catturare il disco nero di Venere. Si vede solo il Sole senza la macchia … Pazienza, mi consolo ricordando quella mattinata che mi ha lasciato comunque nell’anima una grande emozione e la consapevolezza di aver assistito a qualcosa di raro ed eccezionale. Per fortuna i nostri amici di “Cieli Dolomitici” hanno fornito delle “vere” foto di questo fenomeno. Grazie a tutti e grazie pure a mio marito il quale mi ha fatto compagnia in questa mia ennesima avventura. PROCESSI E DEMONI di Alvise Tomaselli Giovedì 25 ottobre: sentenza di primo grado sul processo alla Commissione Grandi Rischi per il terremoto dell’Aquila: condannati tutti i membri per non aver allertato la popolazione. Finalmente in Italia una magistratura stranamente efficiente, ha fatto il passo tanto atteso, è riuscita a processare un terremoto! C’è da rimanere esterrefatti. Ovviamente non potendo trovare colpevoli fra i “demoni del sottosuolo” sono stati condannati in primo grado gli imputati che a vario livello rappresentavano la Commissione scientifica rei di non aver salvaguardato la vita delle povere vittime. Proviamo ad immaginare, per un momento, una decisione della sopracitata Commissione che avesse decretato l’evacuazione delle gente dell’Abruzzo. Quanta gente? Dove sarebbero stati ospitati? Per quanti giorni? E se poi non si fosse verificata la prevista catastrofe? Probabilmente, in questa ipotesi, sarebbe immediatamente scattata la denuncia per procurato allarme. Si è rotto il rapporto scienza-cittadino. Ormai la società non accetta più l’indeterminatezza che necessariamente hanno certi tipi di previsioni (specie terremoti) Peccato che poi gli stessi cittadini indignati per la scarsa efficienza di certe Commissioni, siano bombardati quotidianamente da previsioni astrologiche di tutte l e risme. Peccato che negli ultimi giorni di 10 ogni anno, in molte trasmissioni televisive (anche della TV di Stato) siano ospitati maghi, imbonitori e ciarlatani di basso livello che confezionano improbabili previsioni con il sorriso sulle labbra. Peccato che probabilmente gli stessi giudici che sentenziano contro le Commissioni Tecniche, prima di uscire di casa leggano l’oroscopo del giorno. Peccato che in Italia siamo invasi di venditori di illusioni impuniti che giocano e speculano sui sentimenti e sulle aspettative delle gente. Peccato che in Italia, dove per qualsiasi problema c’è un imputato, siamo riusciti un’altra volta a salire alla ribalta internazionale coprendoci di ridicolo, per aver portato nelle aule di giustizia un terremoto... IL SOLE: UNA TRANQUILLA BOMBA H adattamento di Lino Tancon Immaginate di entrare in una stanza e di trovarvi una candela accesa. Dopo mezza giornata la candela è ancora lì e così dopo una settimana, un mese, un anno. Sempre la stessa. Evidentemente c’è qualcosa di strano, il suo fuoco non può essere una semplice combustione, un banale fenomeno chimico. Ma che cosa lo alimenta? Davanti al Sole gli scienziati si sono trovati a lungo di fronte a questo enigma. Un calcolo elementare è sufficiente per dimostrare che se il Sole si limitasse a bruciare come un falò, non durerebbe più di mille anni. Si provò allora a supporre che la sua energia derivasse da una contrazione gravitazionale. Anche così non si va oltre qualche milione di anni. Quando alla fine dell’Ottocento si scoprirono gli elementi radioattivi si pensò che quella potesse essere la fonte dell’energia solare, ma i conti non tornavano ancora. Un contributo fondamentale alla comprensione del Sole e delle stelle è venuto dalla fisica nucleare, che si è enormemente sviluppata in questi ultimi anni. Grazie a essa oggi sappiamo che la loro energia deriva dalla fusione di nuclei di elementi leggeri in nuclei di elementi più pesanti. Concettualmente il processo è identico a quello che l’uomo ha realizzato nella bomba H. Perché avvenga la fusione di protoni dei nuclei di idrogeno che dà luogo a nuclei di elio sono necessarie temperature e pressioni altissime. Nella bomba a idrogeno queste condizioni si ottengono innescando la reazione termonucleare con una bomba atomica a fissione di uranio o di plutonio. Nel Sole e nelle stelle la pressione e la temperatura necessarie sono la conseguenza naturale dell’enorme massa di gas che costituisce questi astri. Una stella nasce dalla contrazione per gravità di una nebulosa: quando pressione e temperatura nella zona centrale dell’astro raggiungono i valori giusti, le reazioni di fusione termonucleare si innescano spontaneamente. Semplificando un po' le cose, il Sole e le stelle sono gigantesche bombe H in equilibrio idrostatico: non esplodono perché la tendenza all’espansione generata dalla produzione di energia è bilanciata dalla forza di gravità . Le due forze che si contrappongono tengono l’astro in equilibrio. Nella fusione di elementi leggeri in elementi più pesanti una piccola quantità di massa viene trasformata in una grande quantità di energia. Il cambio è eccezionalmente vantaggioso per quest’ultima: un grammo di materia si annichila (scompare) fornendo 25 milioni di KWh (chilowattora), che è all’incirca il consumo giornaliero di una città di un milione di abitanti. E il Sole annienta ogni secondo 4,5 milioni di tonnellate di materia. Chi si preoccupasse di tanta dissipazione può tranquillizzarsi: poiché il Sole ha una massa enorme, in 10 miliardi di anni meno di un centesimo della sua massa si converte in energia. Pur potendo bruciare soltanto l’idrogeno contenuto nel suo nucleo più interno, da quando si è formato, 4,6 miliardi di anni fa, il Sole ha appena intaccato la sua scorta di carburante e continuerà a brillare per almeno altri 5 miliardi di anni. Dalla sua sfera incandescente esce un’ energia che, espressa in chilovattora, corrisponde a un numero inimmaginabile: 383 seguito da 21 zeri. Quanto alla Terra, trovandosi a 150 milioni di km, intercetta soltanto mezzo miliardesimo della radiazione emessa, ma è ancora una quantità enorme: tutte le forme di vita sostengono la loro esistenza utilizzando appena un quattro millesimo di quel mezzo miliardesimo. 11 IL SOLE AL CENTRO DELL’UNIVERSO adattamento di Tomaso Avoscan C’è un vecchio proverbio che parla di una goccia che può far traboccare un vaso. Una persona, un evento o un libro possono cambiare la storia del mondo. Fu ciò che si verificò con il libro “DE REVULOTIONIBUS ORBIUM COELESTIUM” di Niccolò Copernico (nome italianizzato di Nikolaj Koppernigc) pubblicato nell’anno 1543. Il titolo latino significa “Sui moti delle sfere celesti”, ed è proprio di questo che parla il libro: il modo in cui si muovono il Sole, la Luna ed i pianeti del sistema solare. I libri di astronomia non costituivano certo una novità, ma quello che era degno di nota in questo testo era l’affermazione che Aristotele e Tolomeo si sbagliavano. Secondo Copernico non era la Terra a trovarsi al centro dell’Universo ma il Sole. Intorno al Sole girava la Terra, assieme ai pianeti Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Anche se Aristotele e Tolomeo non erano cristiani (Aristotele era vissuto più di trecento anni prima di Cristo), la Chiesa riteneva che le loro idee sostenessero il cristianesimo. Perciò attaccarli significava attaccare il cristianesimo stesso. All’inizio furono in pochi a leggere il libro di Copernico. La Niccolò Copernico Chiesa si era appena divisa in una parte cattolica e una protestante, e i cristiani erano troppo presi dai litigi tra le due fazioni per curarsi di un libro sulle stelle e sui pianeti. Copernico tra l’altro era un matematico piuttosto conosciuto a cui il Papa stesso aveva chiesto consiglio e dunque si pensava che il libro non potesse contenere nulla di pericoloso. Niccolò Copernico aveva studiato Teologia ed era canonico nella cattedrale nella sua città, Frombork. Come gli può essere dunque saltato in mente di scrivere un libro il cui contenuto andasse contro le opinioni della Chiesa? Era semplicemente una questione di verità. Copernico affermava che non era vero che la Terra fosse al centro. E per lui la verità era più importante che essere d’accordo con la Chiesa. Nel 1497, all’età di 24 anni, Copernico venne mandato all’Università di Bologna a studiare Matematica, Medicina e Teologia. Suo zio, che era vescovo, desiderava che il nipote disponesse di una professione sicura che combinasse quella di prete e quella di medico. Da giovane Copernico era affascinato dal cielo e per questo iniziò anche a studiare astronomia. A Bologna lo studio era talmente importante che metà di tutto il denaro impiegato nella città andava a finanziare l’Università, che perciò diventò una delle migliori del mondo attirando studenti dall’Europa intera. Copernico frequentò l’università in un periodo denso di avvenimenti. Quando partì per Bologna, Cristoforo Colombo si dirigeva in America per la seconda volta. Tutta l’Europa parlava delle Indie Occidentali, il paese che Colombo diceva di aver scoperto. I viaggi degli esploratori avevano dimostrato che la Chiesa e gli antichi greci non sapevano tutto ciò che c’era da sapere. Per chi aveva l’audacia necessaria, c’erano ancora molte cose da scoprire, e il Rinascimento aveva reso possibile la discussione di idee nuove. Non era permesso dire qualsiasi cosa, ma gli studenti e i professori potevano porsi più domande di prima. Copernico raccontò più tardi che all’Università circolavano molte opinioni sulla concezione tolemaica dell’universo e questo fatto lo portò a metter in dubbio l’esattezza delle sue teorie. Imparò il greco e lesse i libri degli antichi filosofi. Fu forse in un libro di Archimede che per la prima volta si imbatté nel nome di Aristarco, il quale era convinto che al centro dell’Universo ci fosse il Sole. Copernico sapeva quanto fosse pericolosa questa idea e all’inizio procedette con cautela. Cominciò con il calcolare come si sarebbero mossi i pianeti se davvero il Sole si fosse trovato al centro e scoprì un’importante differenza tra le due teorie. Tolomeo aveva avuto delle difficoltà a spiegare come mai i pianeti sembravano fermarsi in cielo per poi muoversi all’indietro per qualche mese. Aveva risolto il problema immaginando che i pianeti fossero piccole sfere che si muovevano su sfere più grandi. In tutto ci volevano ottanta sfere per spiegare le rivoluzioni dei pianeti. Copernico scoprì che il movimento all’indietro (retrogrado) dei pianeti poteva essere spiegato in modo molto più semplice supponendo che il Sole si trovasse al centro e che i pianeti orbitassero intorno ad esso. Sapeva all’incirca quanto tempo impiegava ogni pianeta a compiere un giro intorno al Sole. Per esempio Marte impiegava circa due anni terrestri. Alla Terra bastava un anno per compiere il giro, e dunque girava intorno al Sole più velocemente di Marte. A questo punto Copernico si pose la domanda: come apparirebbe Marte, visto dalla Terra, sapendo che gira più lentamente? Ma certo: ogni tanto dovrebbe dare l’impressione di muoversi all’indietro! Dovrebbe accadere soltanto quando Marte e la Terra si trovano vicini. In questo caso la Terra “sorpassa” Marte, e Marte sembra muoversi in direzione opposta. Il movimento retrogrado quindi non è reale ma è dovuto solo al fatto che la Ter- 12 se ci troviamo su un’auto che ne supera un’altra sembra che l’auto sorpassata vada all’indietro. La verità è che le auto procedono nella stessa direzione, solo che si muovono a velocità diverse. La cosa può sembrare complicata, ma ancor più complicata è senz’altro la spiegazione di Tolomeo. E il fatto che la spiegazione di Copernico fosse più “semplice” è molto importante, perché facilitava il compito di calcolare il movimento dei pianeti. Una volta che uno scienziato ha scelto tra due spiegazione esattamente di pari valore, la più semplice viene considerata migliore. A Tolomeo importava poco il modo in cui i pianeti ruotavano su ottanta sfere, nella realtà. L’importante per lui e per la maggior parte degli astronomi era che i conti tornassero. Copernico al contrario, credeva che il sistema “fosse” così come diceva la sua teoria. Affermava infatti che la sua spiegazione corrispondeva alla natura reale. Perciò fu anche costretto a credere che l’universo fosse molto più grande di quanto non si pensasse prima di allora. L’antica concezione del sistema solare comportava che l’universo fosse di Aristotele dimensioni ridotte. Il Sole, la Luna ed i pianeti giravano sopra la nostra testa, ed ai confini esterni c’era una sfera a cui erano fissate le stelle. Questa impiegava solo ventiquattro ore a ruotare intorno alla terra, e non doveva essere quindi molto lontana. Molti pensavano che il cielo dove andavano a finire i morti si trovasse all’esterno della sfera delle stelle. Ma se invece il globo terrestre , grande com’era, ruotava intorno a un Sole che si trovava tanto distante, l’universo doveva essere immenso. Per molti era difficile accettare una cosa del genere, Infatti, in un certo senso, l’essere umano veniva in questo modo declassato. Invece di essere le creature più importanti in assoluto, sul globo che si trovava al centro dell’universo, gli esseri umani diventavano degli abitanti di un qualunque pianeta che ruotava intorno a un Sole lontano. Copernico non aveva annunciato solo una teoria astronomica, ma una concezione del mondo completamente nuova. Una concezione del mondo è ciò che le persone pensano sull’universo e sul posto che occupiamo noi esseri umani in questo universo. Tutti i popoli hanno una propria concezione del mondo. La teoria di Tolomeo viene spesso chiamata “concezione geocentrica” dove la parola “geocentrica” significa “con la terra al centro”. La teoria di Copernico è invece definita “concezione eliocentrica” del mondo, cioè con il sole al centro. Oggi sappiamo che Copernico aveva ragione, ma a quel tempo non era possibile dimostrarlo. In effetti, c’erano alcune buone ragioni per dubitare di ciò che egli affermava. Copernico non era ancora riuscito ad abbandonare completamente il pensiero degli antichi greci. Era convintissimo che tutti i pianeti percorressero traiettorie perfettamente circolari intorno al Sole. Dovevano seguire delle orbite circolari, diceva, poiché ciò che stava in cielo era molto superiore a noi abitanti della Terra e per questo doveva essere perfetto. Nei libri dei filosofi greci aveva imparato che il cerchio è una figura geometrica perfetta. Dunque, tutto ciò che si trovava in cielo, doveva muoversi seguendo orbite circolari. Questo può sembrare strano, adesso, ma non si deve dimenticare che Copernico non aveva mai letto altro. Quando Copernico tentò di calcolare i moti dei pianeti in cielo, i suoi risultati non coincisero con le osservazioni astronomiche. Per far tornare i calcoli, anche lui fu costretto a fingere che i pianeti compissero dei piccoli cerchi lungo le loro orbite circolari. Alla fine, anche se il suo sistema non risultò così complicato come quello di Tolomeo, molti trovarono che le differenze tra i due sistemi non fossero poi tante, in fin dei conti. La concezione eliocentrica del mondo non riusciva nemmeno a spiegare perché le persone non cadessero dal globo terrestre. Cos’era infatti a tenere ogni cosa al suo posto, se la Terra ruotava intorno al proprio asse e contemporaneamente girava intorno al Sole a gran velocità? Molti lettori del “De Revolutionibus” si posero queste domande. Copernico morì lo stesso anno in cui fu pubblicato il libro, e dunque non poté mai rispondere. Ciò che rese il “De Revolutionibus” uno dei libri più importanti della storia è il fatto che, dopo la sua pubblicazione, il mondo assunse un aspetto completamente diverso. Dopo quel libro esisteva perciò una vera alternativa alla vecchia concezione del mondo. Non c’era più soltanto una verità. Gli scienziati ed i filosofi furono costretti a scegliere e a cambiare il proprio modo di ragionare. Dovettero trovare il sistema di distinguere fra le due concezioni del mondo. L’astronomo danese Tycho Brahe fu uno di quelli che resero possibile agli scienziati scegliere. Tycho Brahe era nato tre anni dopo la morte di Copernico. Anche lui aveva uno zio ricco disposto a pagare l’istruzione del nipote. Brahe doveva diventare avvocato, e iniziò a studiare all’università di Copenaghen nel 1559. Il 21 Agosto 1560 ebbe però una esperienza destinata a cambiargli la vita: da Copenaghen si poté osservare un eclissi solare. Un eclissi solare è sempre una bella esperienza, ma per Thyco l’aspetto più emozionante era il fatto che fosse stata prevista dagli astronomi. Decise di imparare di più sull’astronomia e si procurò il libro di 13 Tolomeo l’Almagesto. Tycho non solo imparò come si prevedono le eclissi solari, ma cominciò anche ad osservare il cielo con molta attenzione. Nel 1563 vide che i pianeti Giove e Saturno si erano avvicinati moltissimo fra di loro; si trattava di quella che gli astronomi chiamano una congiunzione. Le congiunzioni sono un tipo di evento che gli astronomi riuscivano a prevedere già allora. Calcolavano quando se ne sarebbe verificata una utilizzando le regole matematiche e il catalogo stellare contenuti nell’Almagesto. Ma quando Tycho Brahe confrontò ciò che aveva osservato in cielo con quanto era stato calcolato dagli astronomi, scoprì che i calcoli non corrispondevano alla realtà. Brahe si fidò delle sue osservazioni ed affermò che gli astronomi avevano fatto male i calcoli sulla base di alcuni errori contenuti nelle tavole stellari dell’Almagesto e di altri testi. Così decise di correggerli. L’unico modo per farlo era osservare le stelle e i pianeti. Si trattava di un compito difficile e Tycho Brahe vi dedicò molti anni. Misurò con precisione dove si trovavano le mille stelle più luminose del cielo e la posizione dei pianeti in rapporto ad esse. Gli strumenti che aveva a disposizione erano semplici; puntava Tycho Brahe le stelle con dei lunghi bastoni o dei goniometri semicircolari. Aveva un’ottima vista e la mano ferma, perciò le sue misurazioni risultarono molto più accurate di quelle dell’Almagesto. Una notte di novembre, nel 1572, Tycho Brahe notò una nuova stella in cielo. Nel corso della nottata, era apparsa all’interno della costellazione di Cassiopea e ben presti si mise a brillare più intensamente di tutte le altre stelle. Questo fatto creò molti grattacapi agli astronomi. Come Aristotele, pensavano che il cielo fosse perfetto e che dunque non cambiasse mai di aspetto. Alcuni di loro si consolarono affermando che non si trattava di una stella, ma di un fenomeno meteorologico. Tycho però, osservò la stella per settimane, e trovò che non si differenziava in alcun modo dalle altre stelle. Era luminosa, non si spostava, ed era molto più lontana dalla Luna. Ciò significava dunque che il Cielo non era perfetto. Si trasformava quindi come qualsiasi altra cosa in natura. Quando, nel 1573, Tycho Brahe riferì della sua scoperta nel libro “De Stella nova” (la nuova stella), divenne uno scienziato famoso. Dal Re Federico II di Danimarca ricevette i fondi per costruire un bellissimo osservatorio, cioè un edificio dotato di strumenti astronomici, sull’isola di Ven, che si trova tra la Danimarca e la Svezia. Fu qui che fece la sua seconda grande scoperta: nel 1577 individuò una nuova cometa. Adesso sappiamo che le comete sono blocchi di ghiaccio che orbitano intorno al Sole, proprio come i pianeti, ma allora gli astronomi pensavano che si trattasse di una sorta di gas che vagasse nella parte superiore dell’atmosfera. Tycho Brahe provò a misurare la distanza della cometa e scoprì che anch’essa si trovava ben oltre la luna e che si muoveva in modo simile ai pianeti. Una cometa che si muovesse come i pianeti non avrebbe mai trovato posto nel piccolo sistema solare di Tolomeo. Nel sistema solare di Copernico, invece, tra i pianeti c’era spazio in abbondanza. La scoperta fu importante perché rese possibile distinguere tra le due teorie. Quanto a Tycho, non aveva una gran fiducia né in un sistema né nell’altro, e tentò invece di metterne a punto uno suo, dove la Terra stava al centro, con il Sole che orbitava attorno ad essa. Intorno al Sole si muovevano poi gli altri pianeti. Tycho Brahe cercò dunque di mettere a punto una nuova spiegazione sulla base di quelle precedenti. Non era una cattiva idea, perché spesso capita che due teorie contrastanti contengano entrambe una parte di verità. Ma il suo sistema era molto più complicato di quello di Copernico e pochi astronomi si lasciarono convincere della sua correttezza. E tuttavia fu infine Tycho Brahe a risolvere la disputa senza nemmeno rendersene conto. A causa di Giovanni Keplero incomprensioni con il re danese, si stabilì a Praga, dove morì nel 1601. Si trovava nella città da soli due anni, ma era riuscito ugualmente ad iniziare una collaborazione con un giovane matematico tedesco di nome Giovanni Keplero (nome italianizzato di Johannes Kepler). Molti 14 anni dopo la morte di Brahe, Keplero avrebbe messo a punto le osservazione di Brahe. ATTIVITA’ DELL’ASSOCIAZIONE (Giugno-novembre) Giovedì 19 luglio siamo saliti a Passo Giau, in occasione di un appuntamento organizzato in collaborazione con la Pro Loco di Colle S. Lucia che prevedeva l'osservazione del cielo estivo. Inizialmente la serata sembrava ideale per osservare la volta stellata, ma prima dell'arrivo del buio il cielo si è completamente coperto. Un vero peccato visto che sul piazzale del Rif. Enrosadira era stata schierata l’ “artiglieria pesante”, consistente in due enormi telescopi riflettori di 30 e 40 cm. di diametro. Erano inoltre a disposizione altri due strumenti più piccoli. Con una simile dotazione, da un posto buio come quello prescelto, ci sarebbe stato davvero da restare a bocca aperta. Invece, tra qualche breve squarcio, si è potuto osservare ben poco. Comprensibile quindi la delusione del numeroso pubblico intervenuto e quella degli organizzatori, a cui è chiaramente richiesto un impegno non indifferente. La più bella soddisfazione della serata resta comunque l'emozione di un arzillo novantenne davanti alla sua prima visione di Saturno. Mercoledì 8 agosto, nella Sala consigliare presso il Municipio di Cencenighe, abbiamo tenuto una conferenza imperniata sulle comete. L’appuntamento, che ha avuto il patrocino del Comune di Cencenighe è stato organizzato in collaborazione con Biblioteca e Pro loco locali. Venerdì 10 agosto al Rif. Bottari, il cielo finalmente sereno ci ha dato una mano a confezionare una serata osservativa finalmente soddisfacente, dove i numerosi intervenuti hanno potuto ammirare gli oggetti classici del cielo profondo estivo. Numerosi i presenti saliti fino al rifugio per ammirare le montagne, gustare un buon piatto e infine perdersi fra le stelle. Martedì 14 agosto siamo stati saliti al Rif. Scarpa, dove una fitta nebbia ha stroncato le aspettative dei numerosi ospiti del rifugio, curiosi di gettarsi tra le stelle dopo la presentazione multimediale della serata e la cena. Nonostante il parziale insuccesso abbiamo avuto l’opportunità di conoscere Aron Lazzaro, il nuovo gestore, appassionatissimo e competente astrofilo, con cui è nata una collaborazione che ci vedrà ancora insieme in futuro. Da tempo, su nostro interessamento, Radio Più trasmette settimanalmente Urania, il notiziario di astronomia e astronautica diffuso dall’Istituto Nazionale di Astro Fisica (INAF). Da febbraio ad agosto, dopo il notiziario, è andata in onda una prima serie di puntate (25) da noi curata, che tratta di astronomia e astrofilia. Da ottobre è in onda la seconda serie che è possibile ascoltare tutti i giovedì alle 10.30. Sono previste due repliche in programma sempre il giovedì alle18.30 e la domenica alle 8.40. Gli Associati che ci hanno fornito la loro e-mail hanno ricevuto settimanalmente una news contenente notizie astronomiche, appuntamenti e notizie riguardo l’Associazione, consigli per osservare il cielo, immagini ecc. Come sempre elevato l’impegno per i divulgatori dell’Associazione che si sono presi l’incarico di gestire le serate al Planetario di S. Tomaso. 2013: ARRIVANO DUE GRANDI COMETE? Il 2013 potrebbe essere un anno eccezionale per quanto riguarda le comete. Da tempo è stato preannunciato l’arrivo della promettentissima C/2011 L4 PanSTARRS, che a marzo potrebbe diventare una star assoluta del cielo, attirando su di sé l’attenzione di addetti ai lavori, astrofili e grande pubblico. Pochi giorni prima dell’equinozio primaverile è previsto il suo show (se show sarà). Le previsioni più ottimistiche indicano che l’oggetto sarà visibile ad occhio nudo tra le luci del tramonto. A ottobre di quest’anno è stata invece individuata la C/2012 S1 ISON, che a novembre 2013 potrebbe diventare luminosissima grazie a un orbita che la porterà a sfiorare il Sole con un passaggio a soli due milioni scarsi di chilometri dalla sua superficie. Un passaggio così ravvicinato potrebbe però esserle fatale e disgregarla. Auguriamoci che non sia così perché se passerà indenne potrebbe diventare un autentico mostro del cielo, sfoggiando una coda lunghissima e spettacolare al calare dell'astro diurno. Non ci resta che aspettare e sperare, tenendo presente che le comete sono spesso imprevedibili, nel bene e nel male. 15 LETTERE A CIELI DOLOMITICI Quest'anno, di ritorno con la famiglia dalla "soffitta" dei suoceri a Selva di Cadore, sono stato attirato dalla scritta "Planetario" sull'ultimo cartello stradale marrone del bivio di Avoscan e... curioso sono andato a cercarmi qualche info su www.cielidolomitici.it Gioia vera quella provata davanti allo spalancarsi del vostro semplice sito, soprattutto per la sezione legata ai racconti di Claudio Pra (purtroppo aggiornati solo fino al 2006). Ho avvertito un'affinità tra i nostri desideri profondi che avvertiamo nella ricerca del blu puntinato della notte, o nella cromia dei fuochi crepuscolari. Ricordo con freschezza la"scoperta" a 12 anni del perfetto triangolo rettangolo tra Betelgeuse, Rigel e Sirio. Ora sono passati esattamente 30 anni... attorno a casa cemento e luci, non poter vedere altro che un tramonto artificiale dietro palazzi...Eppure tutte le volte che, in vacanza con la parrocchia o altro, posso stare con amici, grandi e piccoli, non posso non raccontare di quegli stessi spettacoli che tu Claudio, hai la forza e la volontà di raccogliere sulle tue montagne... Dopo il contagio delle tue letture mi sono promesso, per il ponte del 1° novembre, di salire sul Nuvolau per bere il tuo stesso calice di colori...Porterò anche Jacopo (mio figlio più grande, 9 anni) che in estate mi ha già seguito tante volte su quel percorso...Difficilmente in inverno io ci riuscirò a fare di più io, forse lui... Ti ringrazio vivamente, insieme a tutti i tuoi amici e divulgatori, per le sollecitazioni nostalgiche ma inebrianti: una volta chi conosceva le stelle aveva il potere...Ora è forse solo un romantico... O forse ciò di cui il mondo ha bisogno... Buon lavoro! Emanuele Mancini GLI ASTROFILI DI CIELI DOLOMITICI La consueta chiacchierata che ci permette di conoscere meglio gli astrofili della nostra Associazione la facciamo stavolta con Lucia Bortoli, entusiasta e propositiva new entry che porterà senza dubbio linfa nuova all’interno di “Cieli Dolomitici”. Come ti sei avvicinata a Cieli Dolomitici? Ho conosciuto l’Associazione un paio di anni fa, in occasione di un incontro dedicato all’osservatorio del Paranal. Mi è piaciuta molto l’iniziativa e perciò mi sono iscritta subito. Far parte dell’Associazione mi ha aiutata a cambiare il mio approccio all’Astronomia che, da molto teorico (parte delle mie letture sono rivolte a questo) e per nulla pratico (le uniche cose che sono in grado di osservare autonomamente sono i crateri lunari), è passato a molto teorico e un pelo più pratico (ho ancora molta strada da fare). Grazie agli amici astrofili, ho potuto vedere galassie lontane, stelle doppie, Saturno con i suoi meravigliosi anelli e molto altro ancora. Il cielo è uno spettacolo mozzafiato che merita grande attenzione. C'è qualcosa legato al cielo o all'astronomia che ti ha particolarmente colpito? Forse faccio prima a dire cosa non mi ha colpito. Come non meravigliarsi sapendo che siamo costantemente attraversati da una pioggia di neutrini, o che le espulsioni di massa coronale che avvengono sulla superficie del Sole raggiungono la nostra atmosfera in poco tempo e danno vita alle aurore boreali? Lasciando andare i pensieri in libertà, mi viene in mente Encelado (uno dei satelliti di Saturno) con i suoi vulcani di ghiaccio. Bizzarro, no? E cosa dire del curioso incedere di Urano? Il suo asse è talmente inclinato rispetto all’eclittica che pare quasi rotolare intorno al Sole come una biglia. Poi ci sono i quasar che vanno dalle onde radio ai raggi gamma (praticamente quasi tutto lo spettro elettromagnetico) e sono perciò tra gli oggetti più luminosi dell’universo. E’ proprio la luce proveniente da un lontano quasar che, deformata dalla lente gravitazionale di una galassia interposta tra esso e la terra, da vita ad uno degli effetti ottici più belli: la Croce di Einstein. Come sarebbe bello vederne una. Ciò che succede sulla scala dell’infinitamente grande sfugge alle leggi che regolano il nostro piccolo mondo terrestre. L’Universo piega e distorce la luce a suo piacimento e, così facendo, regala agli scienziati una marea di indizi utili al suo studio. Le ipotesi sulla forma dell’Universo, tra buchi neri, passaggi curvi, materia ed energia oscura, non possono che farci sognare. Ingarbugliate geometrie potrebbero essere la causa di fuorvianti effetti ottici. Parte di ciò che vediamo potrebbe essere frutto di immagini riflesse più e più volte. Se ciò fosse vero, potremmo vedere la stessa galassia sia di fronte che di taglio in una sorta di proiezione ortogonale su scala intergalattica. Wow! In conclusione, ciò che mi colpisce di più dell’Astronomia è sapere che c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire. Guardando e studiando il cielo non ci si annoia mai. 16 Quali sono i punti di forza e di debolezza della nostra Associazione? Buona domanda, risposta difficile. Ad ogni modo ecco il mio modesto parere. Punti di forza: competenza, disponibilità e apertura a tutti. Punti di debolezza: comunicazione (ci sono margini di miglioramento), poche attività per gli Associati (per imparare bisogna condividere). Secondo me, noi Associati ci riuniamo poco. Sarebbe bello incontrarci più spesso a parlare degli argomenti che ci piacciono. Quali sono le maggiori difficoltà che incontra un astrofilo alle prime armi? A parte la solita “nuvoletta fantozziana” che, a quanto pare, perseguita anche gli astrofili, penso che la difficoltà principale sia il “panico da osservazione”. Gli astrofili senior non ci crederanno, ma trattasi di una sindrome molto diffusa tra noi matricole. La totale mancanza di esperienza nel leggere le mappe e la scarsa confidenza con gli strumenti, si fondono con l’impazienza di mettere a fuoco anche uno soltanto degli oggetti Messier e il disagio di essere all’aperto di notte da soli (piccolo particolare da non sottovalutare). Ecco che, dopo aver girato le mappe per un numero indefinito di volte, sorge il dubbio di avere per le mani quelle dell’emisfero sbagliato. Tutto d’un tratto il buio è sempre più buio (specialmente se il tappo è rimasto sull’obiettivo) e i rumori della natura cominciano a farsi sempre più inquietanti. La frustrazione cresce e la situazione si fa insostenibile quando, dopo sforzi inenarrabili, il povero neofita è convinto di aver individuato la Stella Polare: “uno, due, tre, quattro e cinque lunghezze dalla coda del Carro. Eccola laggiù! … a SudOvest !?!?” Naufragate miseramente le grandi speranze, al malcapitato non resta che correre a casa e tirare fuori la solita scusa: “non dispongo dell’attrezzatura adeguata”. Messaggio per gli astrofili in erba: se vi è capitato qualcosa di simile, non arrendetevi. Partecipate alle serate osservative, è un ottimo trampolino di lancio. Hai un sogno nel cassetto legato alla passione per il cielo? Il mio sogno da bambina era vedere la grande macchia rossa di Giove e i 4 satelliti Galileiani. Per ora non ho visto né l’una né gli altri, ma conto di farlo presto. E’ a questo che ho pensato quando mi sono iscritta all’associazione. Cosa puoi dire ai molti nostri Associati un po’ tiepidi? La mia ricetta è mescolare pratica e teoria nelle giuste dosi. Osservare a casaccio è controproducente perché si rischia di non apprezzare ciò che si vede; bisogna documentarsi. Leggere senza osservare non basta perché si perde il lato avventuroso della faccenda. Gli ingredienti li trovate tutti al Planetario di San Tomaso: biblioteca fornita e astrofili esperti a vostra disposizione. Interfacciatevi con i “secchioni” dell’Associazione che vi daranno tanti consigli e spiegazioni utili. PLANETARIO DI S. TOMASO Le serate si tengono ogni venerdì con inizio alle 20.30. Per partecipare occorre prenotarsi telefonando al Comune di S. Tomaso in mattinata allo 0437/598004 oppure passare direttamente in Municipio. Il costo è fissato in 5 euro per gli adulti e 3 euro per i minorenni. Non pagano i bambini sotto i cinque anni e i portatori di handicap. Al raggiungimento del tetto massimo di prenotazioni per una serata, si sarà dirottati alla successiva o alla prima dove ci sia posto (se d' accordo). Per le scolaresche sono due le giornate di apertura settimanale, il mercoledì e il giovedì con lezioni alle 9.00 e alle 10.30. La prenotazione va effettuata sempre ai numeri del Municipio e il pagamento (anticipato) è possibile tramite bollettino di c/c Il costo va dai 2,50 euro a persona per le scuole dell' obbligo ai 3,00 euro per le superiori. Il numero massimo di studenti per lezione non può superare i 25 per le scuole dell' obbligo e i 20 per le superiori (nel numero rientrano gli accompagnatori). PER GLI ASSOCIATI L’INGRESSO E’ GRATUITO 17