Cieli Dolomitici n°18

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Giornalino dell’ Associazione Astrofili Agordini
“Cieli Dolomitici”
2012
La rotazione della Terra riflessa in cielo. Così potrebbe essere intitolata l’immagine di copertina di questo numero. Per
noi terrestri sembra che il cielo si muova da est verso ovest . In realtà quel movimento lo crea il nostro pianeta con la sua
rotazione (da ovest a est). Grazie a una reflex digitale montata su un cavalletto fotografico, impostando una posa di un
ora abbondante, Claudio Pra ha ottenuto questa suggestiva fotografia incentrata sul Monte Averau. L’unica stella fissa
sembra essere la Stella Polare, fulcro intorno al quale gira un’apparente giostra cosmica.
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SOMMARIO
EDITORIALE di Claudio Pra pag. 3
INQUINAMENTO LUMINOSO, CROCE DEGLI STROFILI di Vittorio De Nardin Pag. 4
Troppa luce artificiale inutile e maldirezionata spegne le stelle
SE LA MONTAGNA NON VA ALL’ASTROFILO di Lorenzo Burti pag. 6
Le peripezie di un astrofilo “cittadino” in cerca del buio
CACCIA ALLA LUNA INVISIBILE di Claudio Pra pag. 8
Una sfida osservativa
ASTRONOMIA NELLE BELLE CANZONI di Fausto Mella pag. 9
Anche le canzoni possono aiutare a parlare di astronomia
IL TRANSITO DI VENERE E LA FOTOGRAFIA MANCATA di Fiorangela Beltrame pag. 10
Lo storico fenomeno osservato ma...non fotografato
PROCESSI E DEMONI di Alvise Tomaselli pag. 10
Anche non prevedere un terremoto è reato
IL SOLE: UNA TRANQUILLA BOMBA H di Lino Tancon pag. 11
La nostra stella è una fornace nucleare
IL SOLE AL CENTRO DELL’UNIVERSO di Tomaso Avoscan pag. 12
Da Aristotele a Copernico
ATTIVITA’ DELL’ ASSOCIAZIONE (giugno-novembre) pag. 15
Tra Planetario, rifugi e radio…
2013: ARRIVANO DUE GRANDI COMETE? pag. 15
L’attesa per un auspicabile grande spettacolo
LETTERE A CIELI DOLOMITICI pag. 16
GLI ASTROFILI DI CIELI DOLOMITICI pag. 16
Intervista a Lucia Bortoli
IL GIORNALINO CERCA COLLABORATORI
Vuoi collaborare con il giornalino della nostra Associazione? Qualsiasi contributo sarà il benvenuto. Articoli
(anche molto semplici), domande, fotografie, vignette, disegni, ecc. non potranno che arricchire la nostra
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Claudio Pra, via Saviner Di Calloneghe 22 32020 Rocca Pietore (Bl)
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Per contattare il responsabile del giornalino
Claudio Pra:
Sito internet dell’Associazione:
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Telefono: 0437/523186
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Indirizzo: via Saviner Di Calloneghe 22
32020 Rocca Pietore (Bl)
WEBMASTER Andrea De Nardin
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EDITORIALE di Claudio Pra
Va ad iniziare il decimo anno di attività della nostra Associazione. Era infatti il 17 dicembre del 2003 quando
ad Agordo, nello studio del notaio Giuseppe Scioli, fu firmato l’atto costitutivo da parte dei seguenti Soci
Fondatori: Tomaso Avoscan, Alberto Bertini, Marzio Soppelsa, Alvise Tomaselli, Gianluca Succetti, Claudio
Pra, Alessandro Gabrjelcic, Lino Tancon e Giambattista Cibien (allora Sindaco di S. Tomaso e firmatario in
qualità di rappresentante dell’omonimo Comune). Un altro Socio fondatore è da considerare Andrea Cibien,
che non poté firmare l’atto perché era allora minorenne. “Cieli Dolomitici”, la prima Associazione di astrofili
in Agordino, era nata. La firma seguiva un lavoro durato anni, il tempo necessario a trovare i finanziamenti per
costruire il Planetario di S. Tomaso oltre che per radunare qualche appassionato di buona volontà che si
incaricasse di seguire la struttura. Le riunioni tra le persone che si resero disponibili furono frequenti e pian
pianino si misero le basi per pianificare il futuro. Naturalmente fu subito evidente che attorno al Planetario
doveva nascere un associazione che radunasse gli astrofili della zona a quindi molto tempo venne dedicato a
questo aspetto. Si scelse naturalmente il nome del gruppo (le opzioni si restrinsero a “Cieli Dolomitici” o
“Dolomiti Stellate”) e si creò il logo. Ricordo bene l’entusiasmo e la frenesia di quel periodo. Anche l’impegno
messo in campo vista la gran mole di cose da fare. Praticamente, nell’ultimo periodo, non passavano due
settimane senza che ci incontrassimo. Tra i Soci Fondatori dovettero essere individuati i divulgatori che si
sarebbero occupati della divulgazione al Planetario. Non essendo nessuno un professionista ci volle anche un
po’ di coraggio nel “buttarsi” e un impegno non indifferente per studiare e familiarizzare con i tanti bottoni
della consolle, che danno vita a un cielo si artificiale, ma tanto affascinante. Ogni divulgatore non mancò di
usare come cavie parenti e amici per i suoi allenamenti. Una buona parte di Soci Fondatori dettero anche vita al
primo Consiglio Direttivo che elesse Presidente (riconfermato nelle due elezioni successive) Tomaso Avoscan.
La nuova Associazione e il Planetario destarono grande interesse e non mancarono gli spazi su giornali, radio e
TV locali. Gli Associati in quel primo anno furono ben 130, molti dei quali attirati dalla curiosità. La prima
osservazione pubblica del cielo si svolse a Cencenighe in una gelida serata del
febbraio 2004. Nonostante il freddo accorse un centinaio di persone.
Oggi, guardando indietro, non possiamo che sorridere. Si, è vero, qualcuno della
vecchia guardia ha mollato (ma altre forze fresche ed entusiaste li ha sostituiti). Gli
Associati si sono fisiologicamente ridotti a una cinquantina di unità. Il Planetario
desta un po’ meno interesse. Ma la tanta divulgazione proposta con semplicità e
buona volontà, l’esserci guadagnati la considerazione del territorio , l’aver visto
pubblicati tanti nostri articoli sulle pagine di riviste astronomiche nazionali, l’aver
perfino ricevuto un premio culturale, ma soprattutto aver portato sotto le stelle tanta
gente di tutte le età e aver parlato loro della più antica fra tutte le scienze, oggi
troppo spesso dimenticata o mortificata da trasmissioni ridicole, è motivo di orgoglio
e soddisfazione.
L’appuntamento per il brindisi è fissato per fine 2013, quando “Cieli Dolomitici”
spegnerà le dieci candeline. Siete tutti invitati.
Il logo per il decimo
anno di attività
LA BIBLIOTECA DELL’ASSOCIAZIONE
Tra le opportunità offerte agli Associati c’è quella di poter fruire della biblioteca dell’Associazione. La
biblioteca è ben fornita (oltre a molti libri e riviste ci sono anche videocassette e DVD) ed è auspicabile
che un buon numero di persone se ne servano. Ricordiamo che per accedere alla biblioteca bisogna
contattare Claudio al 3493278611 per fissare un appuntamento.
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INQUINAMENTO LUMINOSO, CROCE DEGLI ASTROFILI
di vittorio De Nardin
Qualche tempo fa mi sono recato per alcuni giorni a Milano per lavoro. La sera, dopo aver cenato,
uscivo assieme al mio collega per fare quattro passi e smaltire il pasto. Da buon astrofilo non potevo
fare a meno di puntare il naso verso l'alto. che desolazione! Le stelle che riuscivo a contare non
arrivavano neanche ad una dozzina! Come mai? Merito del più temibile nemico dell'astronomia,
l'inquinamento luminoso. Questo fenomeno, che si è acuito negli ultimi anni, è provocato da tutti
quegli apparati luminosi che propagano la luce in tutte le direzioni, quindi anche verso l'alto,
direttamente o per riflessione. La conseguenza più evidente e che la volta celeste viene ricoperta da
un velo che ci impedisce di osservare il cielo, specie gli oggetti celesti più deboli come le galassie o
le nebulose. Un esempio molto eloquente lo possiamo osservare ad Agordo, dove un buon numero
di lampioni che circondano il Broi e che costeggiano la via principale, creano un alone chiaro che
sovrasta la piccola cittadina. Questo impianto è datato e comunque è stato realizzato in anni in cui la
legislazione sull’ l'inquinamento luminoso era inesistente. Attualmente la legge esistente in Veneto, a
tutela del cielo notturno è molto valida, anche se spesso viene disattesa. La legge dà precise
indicazioni sul tipo di lampade da
utilizzare, su come devono essere
disposte ecc. Dobbiamo capire che
un modo sbagliato di illuminare crea
molti problemi; se astronomi e
astrofili si lamentano di ciò, non è per
capriccio ma per delle motivazioni
che hanno delle buone fondamenta.
Prima fra tutte l’inutile spreco di
energia elettrica, che con la crisi che
stiamo vivendo in questi tempi, è
inacettabile. Si è calcolato che con
un'adeguata illuminazione pubblica,
nel nostro paese si potrebbero
risparmiare qualche centinaia di
milioni di euro all'anno...mica male!
Soldi che invece buttiamo al vento e
che paghiamo di tasca nostra! Anche
gli animali sono coinvolti nella
problematica dell’inquinamento
l u mi n o s o p e r c h e ' g l i vi e n e
scombussolato il normale ciclo
giorno/notte. Loro non sono abituati a
Immagine da satellite dell’inquinamento luminoso presente sul
guardare l'orologio, la percezione del
nostro pianeta. Anche l’ Italia è bene illuminata...
tempo che passa viene recepita
tramite la variazione della luce.
Ma veniamo a noi, amanti delle stelle: quel velo che copre il cielo e che occulta buona parte del
meraviglioso spettacolo che gratuitamente ci viene offerto, deve essere fortemente limitato, per
consentire agli astronomi di poter osservare e studiare la volta stellata. Molti osservatori astronomici,
per sfuggire alle luci "mangia stelle", sono ubicati in zone disabitate, lontani centinaia di chilometri dai
centri cittadini (come i telescopi dell'ESO, dislocati nel deserto cileno di Atacama, ad esempio...)
Anche noi, semplici appassionati, molto spesso siamo costretti a lunghe trasferte notturne per poter
osservare con profitto il cielo attraverso i nostri strumenti. Non possiamo assolutamente permettere
che le generazioni future debbano sentirsi narrare delle storie che iniziano così: -c'era una volta un
cielo buio tempestato di stelle...Purtroppo l'inquinamento luminoso sta crescendo in maniera esponenziale: dagli anni ”70” ad oggi la
luminosità artificiale è più che quadruplicata. E' un dato veramente allarmante che non si può
ignorare. Questa tendenza deve arrestarsi ed invertire la propria marcia. Pensiamo anche al turismo,
che da noi può beneficiare di un bel cielo stellato: cosa c'è di meglio delle belle passeggiate in
notturna in mezzo alla natura, osservando le costellazioni e gli oggetti che si annidano al loro
interno? E' anche questo un modo per valorizzare l'ambiente in cui viviamo, uno dei posti più belli
del nostro pianeta che possiede un tesoro di cui molte persone ignorano l'esistenza.
Qualche tempo fa un'immagine simile a quella proposta sopra veniva utilizzata per la pubblicità di
un'azienda produttrice di energia elettrica: un pessimo esempio che mal si concilia con il fatto di volersi dimostrare al passo con i tempi e rispettosi dell' ambiente. Alcuni mesi fa ci eravamo illusi che
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qualcosa di veramente positivo potesse avvenire. Il nostro Governo, per limitare gli sprechi,
sembrava intenzionato a mettere mano anche all’illuminazione pubblica limitando la potenza di
impianti sovradimensionati, ammodernando quelli obsoleti, spegnendo le luci superflue. Questi
intendimenti, accolti con entusiasmo dagli astrofili e dai simpatizzanti del cielo, non sono stati invece
capiti e anzi sono stati osteggiati da molti politici e cittadini . Il timore è che meno illuminazione
significhi più incidenti a pedoni, ciclisti e mezzi a motore e che aumentino le aree potenzialmente
pericolose per la criminalità nelle nostre metropoli. Questi sono alcuni argomenti sui quali ha fatto
leva l'opinione pubblica per relegare la proposta fatta dal governo a semplice palliativo per
risparmiare qualche manciata di euro. In verità, le zone interessate dagli interventi sull'illuminazione,
nel disegno di legge proposto, andavano valutate attentamente, tenendo conto di molteplici fattori.
Purtroppo però la proposta denominata “Cieli bui” è stata stralciata.
E' ovvio che non si può e non si vuole tornare indietro di due secoli, quando un astronomo francese
di nome Charles Messier, da Parigi, osservava il cielo e scopriva ammassi stellari, galassie e
nebulose dando vita all'omonimo catalogo. L'unico inquinamento luminoso che lo disturbava era
quello causato dalla Luna! Oggi questa metropoli è soprannominata "città delle luci" e se Messier
potesse ritornare in vita, non la riconoscerebbe di certo. Anche gli antichi Greci, gli Egiziani o i
Cinesi potevano contare su cieli maestosamente bui. Queste popolazioni hanno dato un contributo
molto sostanzioso all'astronomia, creando le costellazioni con i loro affascinanti miti, osservando il
movimento dei pianeti o le eclissi. Al giorno d'oggi ci sono ancora posti dove si può ammirare la Via
Lattea o capire come mai una costellazione ha quel nome. Per molti appassionati però, questo
comporta spostamenti anche notevoli, necessari per poter raggiungere un posto sufficientemente
buio. La mia speranza, come quella di molti altri astrofili, è che questa volta non ci si faccia sfuggire
una buona occasione per ridurre lo spreco di denaro e l'inquinamento atmosferico. Infatti nel nostro
paese è ancora molto alta la percentuale di energia elettrica prodotta con combustibile fossile, che è
molto inquinante e che importiamo dall'estero. Dobbiamo renderci conto che quello che i comuni
riusciranno a risparmiare (l'illuminazione pubblica la paghiamo di tasca nostra ), potrà poi essere
reinvestito per opere o servizi utili a tutta la popolazione. Anche noi privati cittadini possiamo porre
più attenzione nell'utilizzo di faretti o lampioncini esterni : non devono proiettare luce verso l'alto e
devono utilizzare lampadine di potenza non esagerata a basso consumo ( entro breve comunque
spariranno le "vecchie" lampadine ad incandescenza).
In un grande centro urbano le stelle non sono ormai più visibili. Tramontato il Sole ne viene acceso un’altro
artificiale che cancella la notte e l’universo.
La sera, quando preparo il telescopio sul piazzale di casa mia per una sessione osservativa, penso
che sono una persona privilegiata, fortunata: c'è qualche luce attorno a me che da un po' di fastidio,
ma tutto sommato riesco ancora a scorgere la Via Lattea, oppure ad intravvedere la galassia di
Andromeda ad occhio nudo. Ma per quanto tempo riuscirò a godere di questo spettacolo? Di recente
ho avuto occasione di parlare con alcuni astrofili veneti, toccando il tema dell'inquinamento luminoso
e dalla conversazione è emerso che in molte zone è in atto un'inversione di tendenza. Il continuo
monitoraggio della volta celeste con strumenti come lo SQM ( Sky Quality Meter, uno strumento che
misura l'inquinamento luminoso), ha evidenziato un leggero miglioramento della qualità del cielo.
Segno che si è intrapresa una strada che se seguita fino in fondo porterà a dei buoni risultati. La
tutela del cielo stellato, patrimonio dell'Umanità, deve diventare una delle priorità per noi astrofili.
Dobbiamo impegnarci al massimo per far capire la problematica anche all’esterno. Un cielo senza
stelle è come un libro senza parole che non ha nulla da raccontare. Questo noi non lo vogliamo....
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In questo numero ospitiamo un articolo di Lorenzo Burti, esperto astrofilo, che si presenta così:
-Lupo grigio classe '47, nato a Bardolino, sempre vissuto nel veronese e da quarant'anni a Verona
città. Sono psichiatra universitario, astrofilo dal 1996. Osservo esclusivamente in visuale e sono
appassionato di cielo profondo. Amo i cieli bui ma sono disposto a scendere a compromessi.
SE LA MONTAGNA NON VA ALL’ ASTROFILO
di Lorenzo Burti
Osservo il cielo dal 1996, attratto da una passione che cullavo da bambino, dal passaggio della
cometa Hyakutake e da un articolo letto su una rivista che avevo comperato per saperne di più su
quella mitica cometa, un articolo che parlava anche dei grandi telescopi Dobsoniani. Mi colpì che
questi strumenti consentissero di osservare con soddisfazione gli oggetti del cielo profondo, cosa
inconcepibile solo qualche decennio prima quando i grandi diametri erano riservati ai telescopi
professionali. Decisi così che avrei posseduto un dobsoniano e che avrei osservato gli oggetti del
cielo profondo. Il mio primo telescopio fu un Meade Starfinder da 25 cm. di diametro.
Contemporaneamente mi portai a casa il volume (bellissimo)di Mallas e Kreimer: “The Messier
Album”, la bibbia per gli appassionati del profondo cielo. Montato il tele la sera stessa, nonostante la
presenza della Luna, mi recai sulle colline alle spalle di Verona ad osservare la Grande Galassia di
Andromeda. Tempo dopo, senza disturbo lunare, ritornai per progredire nell’osservazione degli
oggetti del catalogo di Messier. Fu un periodo febbrile di osservazioni ravvicinate: l’entusiasmo era
talmente grande che nemmeno l’inquinamento luminoso proveniente dalla città a due passi riusciva a
smorzarlo. In seguito diventai più esigente riguardo la qualità del cielo e mi allontanai in cerca del
buio salendo sui monti Lessini, a un’ora di macchina da Verona. Naturalmente quel contesto fu una
rivelazione! La ricerca degli oggetti deboli che mi interessavano, che prima era estenuante data la
scadente qualità del cielo, improvvisamente diventò facile. A quel tempo il cielo dei Lessini era
piuttosto buio e il sito era consigliato e frequentato dalla maggioranza degli astrofili veronesi.
Nell’arco di poco più di un anno completai il catalogo di Messier ed iniziai a dedicarmi ad altri oggetti,
con comprensibile soddisfazione. Fu un periodo felice e proficuo. Ancora una volta l’entusiasmo della
scoperta e i progressi compiuti compensavano la qualità del cielo che, anno dopo anno, peggiorava.
Nel 2001 un artigiano mi costruì una struttura a traliccio completamente smontabile, sulla quale poter
montare le ottiche Starfinder. Così, con una valigia in più, mi recai d’estate in vacanza, come
d’abitudine da qualche anno, nell’isola di Linosa, ventisette miglia nautiche a nord-est di Lampedusa,
cinque chilometri quadrati di ampiezza, pochi abitanti concentrati nel paesino. Naturalmente a Linosa
il cielo era superbo e mi consentiva osservazioni straordinarie se paragonate a quelle effettuate sui
monti veronesi. Per un paio di anni portai in quel luogo il mio grande strumento, ma poi optai per un
telescopio ultraleggero molto più comodo, che non mi obbligava, e tuttora non mi obbliga, a bagagli
supplementari e mi consente comunque di sbizzarrirmi tra le innumerevoli meraviglie celesti, specie
dello Scorpione e del Sagittario, che la latitudine di Linosa mi permette di osservare molto meglio che
al nord. Altra svolta nel 2004: questa volta commissionai al mio artigiano un “mostro” da 50 cm.
basandomi sull’ottimo volume di Kriege e Berry: “The Dobsonian telescope”. Le ottiche e gli
accessori li acquistati in America. Fu veramente entusiasmante guardarci dentro. Nonostante la
mole, mi trovai subito a mio agio . La maggiore apertura compensava l’inquinamento luminoso crescente dei Lessini. Naturalmente anche questa volta seguì un periodo di osservazioni a tamburo battente, trainato dall’entusiasmo dei risultati che la grande apertura consentiva. Nei primi due anni arrivai a superare le quaranta uscite annuali, nella quasi totalità dei casi effettuate sui Lessini. Fece
eccezione qualche puntata in Val Venosta o in Valle d’Aosta, combinando un week-end turistico alle
osservazioni. È stato solo in questi ultimi due anni che il peggioramento sostanzioso dell’inquinamento sui Lessini e la costituzione di un gruppetto di amanti del cielo e dei Dobson di varia
provenienza, hanno rimosso la mia esitazione per le lunghe trasferte che portano verso cieli davvero
bui. Mi sono unito a loro in un certo numero d’occasioni, salendo a Casera Razzo (in Cadore), in Val
Visdende (Comelico) e alle Sorgenti del Piave, sopra Sappada. Gli ultimi due siti mi hanno davvero
colpito per il buio eccezionale che solo a Linosa avevo precedentemente trovato. In più hanno il vantaggio della quota, che ovviamente diminuisce l’estinzione stellare. Non mi ha particolarmente entusiasmato Casera Razzo, molto lontana per un veronese, che non supera i cieli dell’Alto Adige che raggiungo comunque prima. La Val Visdende invece è veramente buia, con l’ unico inconveniente
dell’umidità che rende necessario l’im-
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piego di stratagemmi contro la condensa. Le Sorgenti del Piave non
hanno l’inconveniente dell’umidità e sono poste ad una quota più
elevata, ma bisogna rinunciare alla porzione di cielo che dà a nord,
nascosto dalla mole del monte Peralba. L’uscita in gruppo, oltre a
rendere la serata assai più piacevole, contribuisce ad aumentare il
numero degli oggetti osservati perché non mancano gli spunti
osservativi che ci si suggerisce a vicenda.
Ma cosa comporta raggiungere il Nirvana? Da Verona fanno dai 270 ai 290 Km, in buona parte
d’autostrada d’accordo, ma, ahimè, da solo al volante. Una scocciatura. Non amo andare veloce, mi
piace prendermela con comodo, quindi ci vuole il suo tempo. In prossimità del sito prenotiamo una
stanza in un alberghetto confortevole e ragionevole nei prezzi. Sì, perché sarebbe una follia effettuare il rientro nel cuore della notte o all’alba. L’albergo costituisce anche il punto di raccolta. Dopo una
frugale cenetta si parte per gli ultimi chilometri che portano all’osservatorio naturale. Poi si montano
gli strumenti e… si parte, seguendo la lista osservativa preparata in precedenza, salvo accorrere dal
compagno di osservazioni che sta lanciando gridolini di trionfo per qualche meta raggiunta.
Facciamo ora un po’ di conti: preparazione borsa, indumenti e accessori tre quarti d’ora. Carico auto
un quarto d’ora. Uscita dalla città un quarto d’ora. Viaggio tre ore e mezza. Presa di possesso della
stanza e cena altri tre quarti d’ora. Raggiungimento del sito osservativo mezz’ora. Preparazione
strumentazione mezz’ora abbondante per essere pienamente operativi. In tutto fa un quarto di
giornata! Sì, devo ammettere che più di qualche volta ho sognato una cupola opportunamente
situata in uno di questi posti bui, con annesso rifugio dove trascorrere un’intera settimana senza
spostamenti. In ogni caso, sogni a parte, devo constatare che queste uscite consentono di osservare
veramente sotto i cieli migliori che si possano trovare nel nostro paese (e non solo), esclusi quelli
mitici e remoti della Namibia, Atacama e simili. Insomma, pur con sacrificio, è possibile ancora
trovare un cielo stellato vero, che ripaghi lo sforzo. La ricompensa è la ricerca facilitata degli oggetti,
la visione insospettabile dei dettagli dei più luminosi, la possibilità di osservare quelli molto deboli che
non sono nemmeno approcciabili sotto cieli appena inquinati.
Un’esperienza assai educativa che si sperimenta sotto un cielo simile è il sorgere della luna o il
primo accenno d’alba. La pur poca luce che fa capolino fa sì che il buio sembri irrimediabilmente
compromesso, cosa impensabile sotto cieli mediamente inquinati. Non da ultimo, sotto un cielo
superbo, si può spremere a fondo il proprio strumento e naturalmente si apprezza pienamente
l’impiego di telescopi di grande diametro, che richiedono un discreto investimento di denaro , risorse
e tempo. La fatica e la noia del viaggio si superano con l’abitudine. E’ esperienza comune quella che
ad ogni successiva percorrenza di un tragitto, si riduce il tempo vissuto soggettivamente. Molto
raccomandabile è in ogni caso la compagnia, che rende assai più piacevole il viaggio.
In sintesi: un cielo buio è impagabile e merita un sacrificio. Chiaramente non sempre è possibile
raggiungerlo (per indisponibilità di tempo, stanchezza, incertezze meteorologiche e perché no, anche
costi, in tempi in cui il prezzo dei carburanti è decollato). Le opinioni possono divergere: c’è chi non
vuole compromessi in quanto a buio e chi, come me, è dell’idea che è meglio un cielo mediocre che
non uscire. Così, la grande maggioranza di uscite che ho totalizzato con il mio strumento da 50 cm.
le ho effettuate sui miei monti. Però è importante concedersi, possibilmente con regolarità, un’uscita
sotto cieli veramente bui, che sappia galvanizzare e riaccendere la passione. Un discorso a parte
meritano le osservazioni di Linosa. E’ il sito certamente più lontano da Verona, ma… per due settimane vi sono stanziale. D’accordo, mi avvalgo di un piccolo strumento, ma che meraviglia sotto quel
cielo appena fuori dalla porta! A differenza dei monti, nel periodo estivo l’isola si trova immersa
nell’anticiclone africano e riserba cielo sereno tutte le notti. Questo mi permette di citare un altro nemico dell’astrofilo, il rischio del meteo avverso, che il viaggio sui monti lontani non solo non può eliminare, ma anzi può esacerbare. La montagna è certamente più a rischio nuvole della pianura e tanti
astrofili hanno avuto la disavventura di partire col Sole e trovare il temporale.
In conclusione, molti astrofili che vogliono osservare con regolarità non hanno vita facile. I paesi
avanzati hanno ormai un inquinamento luminoso proibitivo; chi vive in pianura deve sobbarcarsi
lunghi avvicinamenti ai monti, dove l’inquinamento luminoso è contenuto e la estinzione stellare
minore. Tutti, anche gli astrofili montani, devono fare i conti con il meteo avverso, che nelle nostre
regioni non è infrequente. Ciononostante, alcuni temerari non si fermano di fronte alle difficoltà e
oltre a godere loro stessi del nirvana rappresentato da un cielo buio e sereno, con i loro racconti
stimolano i meno temerari, almeno di tanto in tanto, ad imitarli.
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CACCIA ALLA LUNA INVISIBILE di Claudio Pra
Il giovanissimo falcetto lunare sopra al catinaccio d’Antermoia
Prologo. Il tentare l’osservazione della falce
lunare più sottile possibile è una pratica
ristretta a un limitatissimo numero di
appassionati del cielo, desiderosi di
cimentarsi in una sfida difficile e ricca di
fascino. La favorevole inclinazione
dell’eclittica, che deve compensare la
piccolissima elongazione della Luna dal
Sole, è fondamentale per sperare nella
riuscita. Altro fattore importante è la scelta
del sito osservativo, che deve possedere un
ampiezza di orizzonte illimitata e
ovviamente la massima trasparenza
possibile (unica soluzione, l’alta
montagna!). E se anche tutte queste
condizioni fossero rispettate non si avrebbe
comunque la certezza di avvistare il falcetto
annegato nel chiarore del tramonto o dell’alba.
Tardo pomeriggio del 22 febbraio 2012: salgo a fatica. Certi appuntamenti, come quello a cui mi sto recando,
non ammettono ritardi ed è per questo che affretto il passo sul pendio innevato, cercando di porre rimedio a un
errore di valutazione sulla lunghezza del percorso che mi sta portando su una cima delle Dolomiti bellunesi. Da
lì lo sguardo potrà spaziare fino all’orizzonte, consentendomi forse di scorgere l’esile falcetto lunare di poche
ore in procinto di tramontare in un cielo ancora chiarissimo. Le condizioni ci sono tutte. L’elongazione dal Sole
è appena al di sotto dei dieci gradi, con l’eclittica bella alta sull’orizzonte. Ho pianificato tutto da mesi; questa è
la situazione più favorevole del 2012 e il meteo sembra deciso a darmi una mano.
Sono davvero stanco. Da un ora e mezza sto marciando su un pendio che non dà tregua, con la cima da tempo
bene in vista ma che pare un miraggio. Ormai al tramonto manca poco e ciò significa che devo muovermi.
Mi servono ancora una decina di minuti per arrivare a destinazione e intanto il Sole scende sotto l’orizzonte.
Maledizione! Contemporaneamente, a est, in posizione diametralmente opposta, fa la sua comparsa l’ombra
della Terra, visibile come una estesa banda grigiastra alta qualche grado che contrasta nettamente con il resto
del cielo. È sormontata da una seconda banda rosacea più ristretta chiamata Cinta di Venere. Il fenomeno,
probabilmente sconosciuto a molti, ha una durata limitata a meno di un quarto d’ora. In seguito, con il cielo che
scurisce, il contrasto diminuisce drasticamente e l’avanzare del buio cancella tutto.
Ma eccomi arrivato. Sono davvero spossato ma non ho tempo per riposarmi. Mi concedo solo una barretta
energetica e un sorso di tè caldo per reintegrare i liquidi. Sgranocchio in fretta e poi prendo in mano il piccolo
binocolo 10x50 e una cartina del cielo dove sono stampate le posizioni di Venere, Mercurio e Luna. Il chiarore
non permette di vedere altro e quindi gli unici riferimenti per la ricerca del falcetto saranno i due pianeti più
interni del Sistema solare. Venere, grazie alla sua grande luminosità, è subito rintracciata, ma è anche molto
lontana dal bersaglio. Bisogna ora localizzare Mercurio, che brilla di magnitudine abbondantemente negativa (1,3) e se ne sta a 7° dalla Luna. Le ricerche però sono infruttuose in quel contesto ancora luminosissimo. Con il
binocolo tenuto a mano libera spazzo la porzione di cielo dove il Sole è tramontato, cominciando dall’orizzonte
per poi alzarmi sempre più. È la tecnica usata dai cacciatori di comete che operano poco dopo il tramonto e
poco prima dell’alba. i minuti passano e so che la Luna, ancora invisibile, si appresta a tramontare. Comincio a
innervosirmi. Poi… alla fine trovo Mercurio! Lo vedo molto bene adesso… La Luna si trova un po’più a ovest
e quindi mi muovo in quella direzione. Beccata! La Luna neonata, di appena 18 ore e
37 minuti, mi si materializza negli obiettivi. Il falcetto è talmente sottile da fare tenerezza (l’amico esperto
Aldo Vitagliano mi informerà in seguito che la frazione illuminata era in quel momento di appena lo 0,0068%).
È alta meno di cinque gradi sull’orizzonte ma la trasparenza è grandiosa e mi permette di vederla facilmente.
Dopo l’avvistamento scatto delle foto con tempi ed esposizioni diverse, per digitalizzare quella incredibile
visione.
Ma a occhio nudo sarà percepibile? Mi aiuto con le montagne e gli aerei di passaggio nelle vicinanze, che mi
fanno da punto di riferimento. Quattro minuti dopo averla vista al binocolo la individuo anche a occhio nudo.
Non pensavo fosse possibile in condizioni tanto sfavorevoli.
La falce si avvicina al Catinaccio d’Antermoia (vedi immagine in alto), uno dei tanti “tremila” dolomitici… Gli
si appoggia sulla cima e poi pian piano scompare dietro la sua sagoma scura. Al tramonto reale manca appena
un grado.
Rimangono a farmi compagnia tante stelle e ben quattro pianeti: Mercurio, in procinto di seguire la Luna,
Venere e Giove ancora piuttosto alti in cielo e poi Marte appena sorto. Mi rimetto lo zaino in spalla e comincio
la discesa, illuminata dalla pila frontale. Dentro di me la sensazione di aver vissuto qualcosa di magico e
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ASTRONOMIA NELLE BELLE CANZONI di Fausto Mella
L’articolo di Claudio Pra, inserito a pagina 14 dello scorso numero, mi ha fatto
sorridere compiaciuto: non per niente si intitolava “Lo spazio… del sorriso”. Da
anni tengo uno strano appuntamento annuale, un corso di astronomia
all’Università delle Tre Età di Saronno che si intitola, banalmente, “L’astronomia
nelle belle canzoni”. Mia moglie, che non frequenta il corso, dice che sono pazzo,
alludendo alle migliori doti intellettuali di suo marito…Ma, in sostanza, è solo un
artificio per passare dall’ascolto di belle canzoni ad argomenti astronomici e
viceversa. Inutile dire che la mia consorte si tiene molto ben lontana dai miei cd di
jazz, dal mio pianoforte e soprattutto dai miei strumenti astronomici.
Mi ritengo un astrofilo scarso e molto pigro, ma ho una profonda passione e una
formidabile memoria per le belle melodie, il jazz e la musica brasiliana. Purtroppo
invece, se non frequento spesso il cielo, perdo i riferimenti delle costellazioni, ma
per contro sono perfettamente in grado di ricordare motivi ascoltati anche 50 anni
fa e mai più risentiti da allora. Ritornando all’astronomia nelle canzoni, faccio
Ella Fitzgerald
alcune esemplificazioni: per esempio, dopo l’ascolto di “How high the
Moon” (Come è alta la Luna) nella versione di Chet Baker, è bello discutere di come la Luna, alle nostre
latitudini, passi da pleniluni od altre fasi, visibile altissima sulla volta celeste, a cadute precipitose in funzione
di un ciclo quindicinale durante le stagioni. La Luna è poi musicalmente tremenda perché, constatando quanto
sia raro avere due pleniluni in un mese (avvenimento che gli americani chiamano Blue Moon (Luna blu) ti
permette di fare ascoltare “Blue Moon” cantata da Ella Fitzgerald o da Billie Holiday, discutendo del detto
americano “once in a blue moon” che si potrebbe tradurre in italiano “una sola volta, ad ogni morte di Papa”.
Non tutti sanno che Joao Gilberto, il più noto cantante/chitarrista brasiliano, canta spesso una canzone
bellissima intitolata “Eclipse” (Eclisse) che parla di “eclisse di luna nel cielo, assenza di luce nel mar”. Ebbi il
modo e la fortuna di ascoltarla dal vivo per la prima volta a Umbria Jazz nel Luglio del 2003. Durante lo
spettacolo mi ricordo che il cantante nominò con emozione lo scomparso amico Bruno Martino incontrato a
Viareggio, per poi farci sentire una splendida “Estate” che uso per discutere del perché tale stagione possa
cominciare in giorni diversi dal canonico 21 Giugno.
Qualche volta faccio ascoltare diverse versioni della canzone (sono innamorato di quelle eseguite da Michel
Petrucciani) e cerco di spiegare i giri armonici dei musicisti per dare spazio anche all’approfondimento
musicale, non solo ad argomenti astronomici. Non voglio troppo dilungarmi a raccontare di “East of the Sun
and West of the Moon” (A est del Sole a ovest della Luna) che aiuta a parlare del ciclo di Mercurio attorno al
Sole, di “Venus” (Venere), di “Plenilunio”, cantata da Nicola Arigliano, di “Nel blu dipinto di blu” di
Domenico Modugno, che aiuta a parlare del colore del cielo o della rifrazione. Oppure “Le Stelle dell’Orsa
Maggiore”, interpretata dal Quartetto Cetra (chi è vecchio come me dovrebbe ricordarsela).
Credete che non ci sia una canzone adatta per parlare dei telescopi riflettori? Il grande Duke Ellington compose
ed eseguì al pianoforte un pezzo bellissimo chiamato “Reflections” (Riflessioni). E che dire di “Stardust”,
(Polvere di stelle) di Hoagy Charmichel, che mi permette di parlare di che cosa siano fatti…il mondo e noi.
Spettroscopia? Beh, Tom Jobim, il più grande autore brasiliano, ha composto una bellissima canzone, “Luiza”,
che recita “como um brilhante que partindo a luz esplode em sete cores…”cioè “come un brillante che
separando la luce la rifrange in sette colori…”.
Vi racconto ora un episodio verificatosi durante una lezione che tenni in un liceo linguistico composto
prevalentemente da giovani ragazze. Parlai dell’opposizione dei pianeti esterni e alla fine chiesi quando,
secondo loro, si potessero osservare meglio, certo che nessuno avrebbe saputo rispondermi: mi rispose invece
una biondina con un nasino impertinente e la risposta fu esatta. Incredibile! Dopo un attimo di esitazione e di
riflessione sulla lezione di vivacità intellettuale impartitami dai giovani, feci partire “’Round Midnight” (verso
Mezzanotte) di Telonious Monk, cantata in maniera meravigliosa da Carmen McRae. L’avrei fatta ascoltare
anche se nessuno mi avesse risposto correttamente. Dopotutto, visto che si trattava di un liceo linguistico,
avrebbero capito dall’inglese che l’opposizione dei pianeti esterni si vede meglio “verso mezzanotte”. Mi
commosse molto il fatto che i giovani si appuntassero il titolo e l’edizione dei vari CD che facevo ascoltare,
segno che la buona musica, come i neutrini, può attraversare muri generazionali che ritenevo di uno spessore
impenetrabile e colpire dritto dritto nel cuore ancora oggi. Incassai tutto felice questa lezione di fisica
subnucleare venuta dai giovani del liceo linguistico di Saronno.
Concludo rivolgendovi una domanda: ricordate la canzone “Soli” di Bruno Canfora, che Mina cantava alla fine
di “Studio Uno”? Ma quando mai abbiamo l’opportunità di ascoltare cose simili in TV e dalla RAI di oggi?
Ma quando mai vediamo una persona o un cantante che rassomigli per qualità anche solo vagamente a una
Mina o al Maestro Bruno Canfora? Purtroppo è anche vero che i neutrini decadono molto velocemente…e noi,
purtroppo, come diceva quella stupenda canzone, “restiamo soli, mentre la gente se ne va, restiamo soli, soli nel
buio che verrà”.
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IL TRANSITO DI VENERE E LA FOTOGRAFIA MANCATA
di Fiorangela Beltrame
Sveglia alle cinque, una spruzzata di acqua fredda sul viso e via
pedalando verso la nostra meta: l’argine del Canale di Po di Levante
sull’Isola di Albarella. Un branco di daini fugge velocemente alla
nostra vista; chissà sia di buon auspicio. Arriviamo al leone di
Venezia e al faro ma, delusione, una scia di nuvole lunga e larga
impedisce di veder sorgere il Sole direttamente dal mare. Non ci
scoraggiamo perché, secondo quanto comunicato dai nostri amici
astrofili, avremo tempo un oretta e mezza per assistere al transito di
Venere sul disco solare. Nell’attesa che il sole si alzi osserviamo
numerosi cavallerizzi con il loro allenatore, che disegnano un
grande cerchio sulla lontana spiaggia deserta. Piccole onde si
infrangono sui massi pieni di ammoniti; i gabbiani stridono sopra e
Il disco di Venere in uscita dal attorno a noi; una coppia cerca lupini nella sabbia bagnata. Ben
Sole il 6 giugno 2012
infagottati ci godiamo questi momenti di grande pace, tranquillità e
serenità. Si avvicina un uomo con un cane nero, ci salutiamo; si
meraviglia della nostra presenza. Gli spieghiamo il perché siamo lì a quell’ora, ma suppongo non
capisca l’unicità di questo fenomeno.
Batticuore!!! Il Sole sta uscendo dalle nuvole! Prendo immediatamente il binocolo con i filtri solari già
applicati (come consigliato dai nostri esperti …). Ecco un piccolo disco nero sulla parte superiore
destra del Sole. Deve essere il pianeta tanto atteso. O magari mi sbaglio … Stacco lo sguardo e lo
rivolgo verso la spiaggia per riprendere subito l’osservazione con il binocolo. E’ proprio Venere!!!
Riesco a scorgere anche delle macchie sul Sole. Afferro la macchina fotografica e cerco di
immortalare quel momento. Con lo zoom cerco ingrandire l’immagine il più possibile. Scatto
ripetutamente. Poi prendo il filtro solare e lo metto davanti agli occhi. Sorpresa! Riesco a scorgere la
piccolissima macchia anche ad occhio nudo. Alterno l’uso del binocolo alla macchina fotografica.
Non mi accorgo dello scorrere del tempo. La macchia nera si sposta verso il bordo, ora sembra che
qualcuno abbia staccato in un solo morso un pezzetto di sole. Che spettacolo! Non avevo mai
osservato il Sole, ma mi riprometto di dargli una sbirciatina di tanto in tanto, per ricordarmi della sua
maestosità e supremazia.
Una volta scaricate le foto sul computer mi accorgo con rammarico che purtroppo la mia piccola
fotocamera non è riuscita a catturare il disco nero di Venere. Si vede solo il Sole senza la macchia …
Pazienza, mi consolo ricordando quella mattinata che mi ha lasciato comunque nell’anima una
grande emozione e la consapevolezza di aver assistito a qualcosa di raro ed eccezionale. Per
fortuna i nostri amici di “Cieli Dolomitici” hanno fornito delle “vere” foto di questo fenomeno. Grazie a
tutti e grazie pure a mio marito il quale mi ha fatto compagnia in questa mia ennesima avventura.
PROCESSI E DEMONI di Alvise Tomaselli
Giovedì 25 ottobre: sentenza di primo grado sul processo alla Commissione Grandi Rischi per il
terremoto dell’Aquila: condannati tutti i membri per non aver allertato la popolazione.
Finalmente in Italia una magistratura stranamente efficiente, ha fatto il passo tanto atteso, è riuscita a
processare un terremoto! C’è da rimanere esterrefatti. Ovviamente non potendo trovare colpevoli fra
i “demoni del sottosuolo” sono stati condannati in primo grado gli imputati che a vario livello
rappresentavano la Commissione scientifica rei di non aver salvaguardato la vita delle povere
vittime. Proviamo ad immaginare, per un momento, una decisione della sopracitata Commissione
che avesse decretato l’evacuazione delle gente dell’Abruzzo. Quanta gente? Dove sarebbero stati
ospitati? Per quanti giorni? E se poi non si fosse verificata la prevista catastrofe? Probabilmente, in
questa ipotesi, sarebbe immediatamente scattata la denuncia per procurato allarme.
Si è rotto il rapporto scienza-cittadino. Ormai la società non accetta più l’indeterminatezza che
necessariamente hanno certi tipi di previsioni (specie terremoti)
Peccato che poi gli stessi cittadini indignati per la scarsa efficienza di certe Commissioni, siano
bombardati quotidianamente da previsioni astrologiche di tutte l e risme. Peccato che negli ultimi
giorni di
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ogni anno, in molte trasmissioni televisive (anche della TV di Stato) siano ospitati maghi, imbonitori e
ciarlatani di basso livello che confezionano improbabili previsioni con il sorriso sulle labbra.
Peccato che probabilmente gli stessi giudici che sentenziano contro le Commissioni Tecniche, prima
di uscire di casa leggano l’oroscopo del giorno.
Peccato che in Italia siamo invasi di venditori di illusioni impuniti che giocano e speculano sui
sentimenti e sulle aspettative delle gente. Peccato che in Italia, dove per qualsiasi problema c’è un
imputato, siamo riusciti un’altra volta a salire alla ribalta internazionale coprendoci di ridicolo, per
aver portato nelle aule di giustizia un terremoto...
IL SOLE: UNA TRANQUILLA BOMBA H
adattamento di Lino Tancon
Immaginate di entrare in una stanza e di trovarvi
una candela accesa. Dopo mezza giornata la
candela è ancora lì e così dopo una settimana, un
mese, un anno. Sempre la stessa. Evidentemente
c’è qualcosa di strano, il suo fuoco non può
essere una semplice combustione, un banale
fenomeno chimico. Ma che cosa lo alimenta?
Davanti al Sole gli scienziati si sono trovati a
lungo di fronte a questo enigma. Un calcolo
elementare è sufficiente per dimostrare che se il
Sole si limitasse a bruciare come un falò, non
durerebbe più di mille anni. Si provò allora a
supporre che la sua energia derivasse da una
contrazione gravitazionale. Anche così non si va
oltre qualche milione di anni. Quando alla fine
dell’Ottocento si scoprirono gli elementi
radioattivi si pensò che quella potesse essere la
fonte dell’energia solare, ma i conti non
tornavano ancora.
Un contributo fondamentale alla comprensione
del Sole e delle stelle è venuto dalla fisica nucleare, che si è enormemente sviluppata in questi ultimi anni.
Grazie a essa oggi sappiamo che la loro energia deriva dalla fusione di nuclei di elementi leggeri in nuclei di
elementi più pesanti. Concettualmente il processo è identico a quello che l’uomo ha realizzato nella bomba H.
Perché avvenga la fusione di protoni dei nuclei di idrogeno che dà luogo a nuclei di elio sono necessarie
temperature e pressioni altissime. Nella bomba a idrogeno queste condizioni si ottengono innescando la
reazione termonucleare con una bomba atomica a fissione di uranio o di plutonio. Nel Sole e nelle stelle la
pressione e la temperatura necessarie sono la conseguenza naturale dell’enorme massa di gas che costituisce
questi astri. Una stella nasce dalla contrazione per gravità di una nebulosa: quando pressione e temperatura
nella zona centrale dell’astro raggiungono i valori giusti, le reazioni di fusione termonucleare si innescano
spontaneamente.
Semplificando un po' le cose, il Sole e le stelle sono gigantesche bombe H in equilibrio idrostatico: non
esplodono perché la tendenza all’espansione generata dalla produzione di energia è bilanciata dalla forza di
gravità . Le due forze che si contrappongono tengono l’astro in equilibrio.
Nella fusione di elementi leggeri in elementi più pesanti una piccola quantità di massa viene trasformata in una
grande quantità di energia. Il cambio è eccezionalmente vantaggioso per quest’ultima: un grammo di materia si
annichila (scompare) fornendo 25 milioni di KWh (chilowattora), che è all’incirca il consumo giornaliero di
una città di un milione di abitanti. E il Sole annienta ogni secondo 4,5 milioni di tonnellate di materia. Chi si
preoccupasse di tanta dissipazione può tranquillizzarsi: poiché il Sole ha una massa enorme, in 10 miliardi di
anni meno di un centesimo della sua massa si converte in energia. Pur potendo bruciare soltanto l’idrogeno
contenuto nel suo nucleo più interno, da quando si è formato, 4,6 miliardi di anni fa, il Sole ha appena intaccato
la sua scorta di carburante e continuerà a brillare per almeno altri 5 miliardi di anni. Dalla sua sfera
incandescente esce un’ energia che, espressa in chilovattora, corrisponde a un numero inimmaginabile: 383
seguito da 21 zeri. Quanto alla Terra, trovandosi a 150 milioni di km, intercetta soltanto mezzo miliardesimo
della radiazione emessa, ma è ancora una quantità enorme: tutte le forme di vita sostengono la loro esistenza
utilizzando appena un quattro millesimo di quel mezzo miliardesimo.
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IL SOLE AL CENTRO DELL’UNIVERSO
adattamento di Tomaso Avoscan
C’è un vecchio proverbio che parla di una goccia che può far
traboccare un vaso. Una persona, un evento o un libro possono
cambiare la storia del mondo. Fu ciò che si verificò con il libro
“DE REVULOTIONIBUS ORBIUM COELESTIUM” di
Niccolò Copernico (nome italianizzato di Nikolaj Koppernigc)
pubblicato nell’anno 1543. Il titolo latino significa “Sui moti
delle sfere celesti”, ed è proprio di questo che parla il libro: il
modo in cui si muovono il Sole, la Luna ed i pianeti del sistema
solare.
I libri di astronomia non costituivano certo una novità, ma quello
che era degno di nota in questo testo era l’affermazione che
Aristotele e Tolomeo si sbagliavano. Secondo Copernico non era
la Terra a trovarsi al centro dell’Universo ma il Sole. Intorno al
Sole girava la Terra, assieme ai pianeti Mercurio, Venere, Marte,
Giove e Saturno. Anche se Aristotele e Tolomeo non erano
cristiani (Aristotele era vissuto più di trecento anni prima di
Cristo), la Chiesa riteneva che le loro idee sostenessero il
cristianesimo. Perciò attaccarli significava attaccare il
cristianesimo stesso.
All’inizio furono in pochi a leggere il libro di Copernico. La
Niccolò Copernico
Chiesa si era appena divisa in una parte cattolica e una
protestante, e i cristiani erano troppo presi dai litigi tra le due fazioni per curarsi di un libro sulle stelle e sui
pianeti. Copernico tra l’altro era un matematico piuttosto conosciuto a cui il Papa stesso aveva chiesto consiglio
e dunque si pensava che il libro non potesse contenere nulla di pericoloso.
Niccolò Copernico aveva studiato Teologia ed era canonico nella cattedrale nella sua città, Frombork. Come gli
può essere dunque saltato in mente di scrivere un libro il cui contenuto andasse contro le opinioni della Chiesa?
Era semplicemente una questione di verità. Copernico affermava che non era vero che la Terra fosse al centro.
E per lui la verità era più importante che essere d’accordo con la Chiesa. Nel 1497, all’età di 24 anni,
Copernico venne mandato all’Università di Bologna a studiare Matematica, Medicina e Teologia. Suo zio, che
era vescovo, desiderava che il nipote disponesse di una professione sicura che combinasse quella di prete e
quella di medico. Da giovane Copernico era affascinato dal cielo e per questo iniziò anche a studiare
astronomia.
A Bologna lo studio era talmente importante che metà di tutto il denaro impiegato nella città andava a
finanziare l’Università, che perciò diventò una delle migliori del mondo attirando studenti dall’Europa intera.
Copernico frequentò l’università in un periodo denso di avvenimenti. Quando partì per Bologna, Cristoforo
Colombo si dirigeva in America per la seconda volta. Tutta l’Europa parlava delle Indie Occidentali, il paese
che Colombo diceva di aver scoperto. I viaggi degli esploratori avevano dimostrato che la Chiesa e gli antichi
greci non sapevano tutto ciò che c’era da sapere. Per chi aveva l’audacia necessaria, c’erano ancora molte cose
da scoprire, e il Rinascimento aveva reso possibile la discussione di idee nuove. Non era permesso dire
qualsiasi cosa, ma gli studenti e i professori potevano porsi più domande di prima.
Copernico raccontò più tardi che all’Università circolavano molte opinioni sulla concezione tolemaica
dell’universo e questo fatto lo portò a metter in dubbio l’esattezza delle sue teorie. Imparò il greco e lesse i libri
degli antichi filosofi. Fu forse in un libro di Archimede che per la prima volta si imbatté nel nome di Aristarco,
il quale era convinto che al centro dell’Universo ci fosse il Sole.
Copernico sapeva quanto fosse pericolosa questa idea e all’inizio procedette con cautela.
Cominciò con il calcolare come si sarebbero mossi i pianeti se davvero il Sole si fosse trovato al centro e
scoprì un’importante differenza tra le due teorie. Tolomeo aveva avuto delle difficoltà a spiegare come mai i
pianeti sembravano fermarsi in cielo per poi muoversi all’indietro per qualche mese. Aveva risolto il problema
immaginando che i pianeti fossero piccole sfere che si muovevano su sfere più grandi. In tutto ci volevano
ottanta sfere per spiegare le rivoluzioni dei pianeti. Copernico scoprì che il movimento all’indietro (retrogrado)
dei pianeti poteva essere spiegato in modo molto più semplice supponendo che il Sole si trovasse al centro e
che i pianeti orbitassero intorno ad esso. Sapeva all’incirca quanto tempo impiegava ogni pianeta a compiere un
giro intorno al Sole. Per esempio Marte impiegava circa due anni terrestri. Alla Terra bastava un anno per
compiere il giro, e dunque girava intorno al Sole più velocemente di Marte.
A questo punto Copernico si pose la domanda: come apparirebbe Marte, visto dalla Terra, sapendo che gira più
lentamente? Ma certo: ogni tanto dovrebbe dare l’impressione di muoversi all’indietro! Dovrebbe accadere
soltanto quando Marte e la Terra si trovano vicini. In questo caso la Terra “sorpassa” Marte, e Marte sembra
muoversi in direzione opposta. Il movimento retrogrado quindi non è reale ma è dovuto solo al fatto che la Ter- 12
se ci troviamo su un’auto che ne supera un’altra sembra che
l’auto sorpassata vada all’indietro. La verità è che le auto
procedono nella stessa direzione, solo che si muovono a velocità
diverse.
La cosa può sembrare complicata, ma ancor più complicata è
senz’altro la spiegazione di Tolomeo. E il fatto che la
spiegazione di Copernico fosse più “semplice” è molto
importante, perché facilitava il
compito di calcolare il
movimento dei pianeti. Una volta che uno scienziato ha scelto tra
due spiegazione esattamente di pari valore, la più semplice viene
considerata migliore.
A Tolomeo importava poco il modo in cui i pianeti ruotavano su
ottanta sfere, nella realtà. L’importante per lui e per la maggior
parte degli astronomi era che i conti tornassero. Copernico al
contrario, credeva che il sistema “fosse” così come diceva la sua
teoria. Affermava infatti che la sua spiegazione corrispondeva
alla natura reale.
Perciò fu anche costretto a credere che l’universo fosse molto più
grande di quanto non si pensasse prima di allora. L’antica
concezione del sistema solare comportava che l’universo fosse di
Aristotele
dimensioni ridotte. Il Sole, la Luna ed i pianeti giravano sopra la
nostra testa, ed ai confini esterni c’era una sfera a cui erano fissate le stelle. Questa impiegava solo ventiquattro
ore a ruotare intorno alla terra, e non doveva essere quindi molto lontana. Molti pensavano che il cielo dove
andavano a finire i morti si trovasse all’esterno della sfera delle stelle.
Ma se invece il globo terrestre , grande com’era, ruotava intorno a un Sole che si trovava tanto distante,
l’universo doveva essere immenso. Per molti era difficile accettare una cosa del genere, Infatti, in un certo
senso, l’essere umano veniva in questo modo declassato. Invece di essere le creature più importanti in assoluto,
sul globo che si trovava al centro dell’universo, gli esseri umani diventavano degli abitanti di un qualunque
pianeta che ruotava intorno a un Sole lontano. Copernico non aveva annunciato solo una teoria astronomica, ma
una concezione del mondo completamente nuova.
Una concezione del mondo è ciò che le persone pensano sull’universo e sul posto che occupiamo noi esseri
umani in questo universo. Tutti i popoli hanno una propria concezione del mondo. La teoria di Tolomeo viene
spesso chiamata “concezione geocentrica” dove la parola “geocentrica” significa “con la terra al centro”. La
teoria di Copernico è invece definita “concezione eliocentrica” del mondo, cioè con il sole al centro.
Oggi sappiamo che Copernico aveva ragione, ma a quel tempo non era possibile dimostrarlo. In effetti, c’erano
alcune buone ragioni per dubitare di ciò che egli affermava. Copernico non era ancora riuscito ad abbandonare
completamente il pensiero degli antichi greci. Era convintissimo che tutti i pianeti percorressero traiettorie
perfettamente circolari intorno al Sole. Dovevano seguire delle orbite circolari, diceva, poiché ciò che stava in
cielo era molto superiore a noi abitanti della Terra e per questo doveva essere perfetto. Nei libri dei filosofi
greci aveva imparato che il cerchio è una figura geometrica perfetta. Dunque, tutto ciò che si trovava in cielo,
doveva muoversi seguendo orbite circolari.
Questo può sembrare strano, adesso, ma non si deve dimenticare che Copernico non aveva mai letto altro.
Quando Copernico tentò di calcolare i moti dei pianeti in cielo, i suoi risultati non coincisero con le
osservazioni astronomiche. Per far tornare i calcoli, anche lui fu costretto a fingere che i pianeti compissero
dei piccoli cerchi lungo le loro orbite circolari. Alla fine, anche se il suo sistema non risultò così complicato
come quello di Tolomeo, molti trovarono che le differenze tra i due sistemi non fossero poi tante, in fin dei
conti.
La concezione eliocentrica del mondo non riusciva nemmeno a spiegare perché le persone non cadessero dal
globo terrestre. Cos’era infatti a tenere ogni cosa al suo posto, se la Terra ruotava intorno al proprio asse e
contemporaneamente girava intorno al Sole a gran velocità? Molti lettori del “De Revolutionibus” si posero
queste domande. Copernico morì lo stesso anno in cui fu pubblicato il libro, e dunque non poté mai rispondere.
Ciò che rese il “De Revolutionibus” uno dei libri più importanti della storia è il fatto che, dopo la sua
pubblicazione, il mondo assunse un aspetto completamente diverso. Dopo quel libro esisteva perciò una vera
alternativa alla vecchia concezione del mondo. Non c’era più soltanto una verità. Gli scienziati ed i filosofi
furono costretti a scegliere e a cambiare il proprio modo di ragionare. Dovettero trovare il sistema di
distinguere fra le due concezioni del mondo.
L’astronomo danese Tycho Brahe fu uno di quelli che resero possibile agli scienziati scegliere. Tycho Brahe
era nato tre anni dopo la morte di Copernico. Anche lui aveva uno zio ricco disposto a pagare l’istruzione del
nipote. Brahe doveva diventare avvocato, e iniziò a studiare all’università di Copenaghen nel 1559.
Il 21 Agosto 1560 ebbe però una esperienza destinata a cambiargli la vita: da Copenaghen si poté osservare un
eclissi solare. Un eclissi solare è sempre una bella esperienza, ma per Thyco l’aspetto più emozionante era il
fatto che fosse stata prevista dagli astronomi. Decise di imparare di più sull’astronomia e si procurò il libro di 13
Tolomeo l’Almagesto. Tycho non solo imparò come si
prevedono le eclissi solari, ma cominciò anche ad osservare il
cielo con molta attenzione.
Nel 1563 vide che i pianeti Giove e Saturno si erano avvicinati
moltissimo fra di loro; si trattava di quella che gli astronomi
chiamano una congiunzione. Le congiunzioni sono un tipo di
evento che gli astronomi riuscivano a prevedere già allora.
Calcolavano quando se ne sarebbe verificata una utilizzando le
regole matematiche e il catalogo stellare contenuti
nell’Almagesto. Ma quando Tycho Brahe confrontò ciò che
aveva osservato in cielo con quanto era stato calcolato dagli
astronomi, scoprì che i calcoli non corrispondevano alla realtà.
Brahe si fidò delle sue osservazioni ed affermò che gli astronomi
avevano fatto male i calcoli sulla base di alcuni errori contenuti
nelle tavole stellari dell’Almagesto e di altri testi. Così decise di
correggerli.
L’unico modo per farlo era osservare le stelle e i pianeti. Si
trattava di un compito difficile e Tycho Brahe vi dedicò molti
anni. Misurò con precisione dove si trovavano le mille stelle più
luminose del cielo e la posizione dei pianeti in rapporto ad esse.
Gli strumenti che aveva a disposizione erano semplici; puntava
Tycho Brahe
le stelle con dei lunghi bastoni o dei goniometri semicircolari.
Aveva un’ottima vista e la mano ferma, perciò le sue misurazioni risultarono molto più accurate di quelle
dell’Almagesto.
Una notte di novembre, nel 1572, Tycho Brahe notò una nuova stella in cielo. Nel corso della nottata, era
apparsa all’interno della costellazione di Cassiopea e ben presti si mise a brillare più intensamente di tutte le
altre stelle. Questo fatto creò molti grattacapi agli astronomi. Come Aristotele, pensavano che il cielo fosse
perfetto e che dunque non cambiasse mai di aspetto. Alcuni di loro si consolarono affermando che non si
trattava di una stella, ma di un fenomeno meteorologico. Tycho però, osservò la stella per settimane, e trovò
che non si differenziava in alcun modo dalle altre stelle. Era luminosa, non si spostava, ed era molto più lontana
dalla Luna. Ciò significava dunque che il Cielo non era perfetto. Si trasformava quindi come qualsiasi altra
cosa in natura.
Quando, nel 1573, Tycho Brahe riferì della sua scoperta nel libro “De Stella nova” (la nuova stella), divenne
uno scienziato famoso. Dal Re Federico II di Danimarca ricevette i fondi per costruire un bellissimo
osservatorio, cioè un edificio dotato di strumenti astronomici, sull’isola di Ven, che si trova tra la Danimarca e
la Svezia. Fu qui che fece la sua seconda grande scoperta: nel 1577 individuò una nuova cometa.
Adesso sappiamo che le comete sono blocchi di ghiaccio che orbitano intorno al Sole, proprio come i pianeti,
ma allora gli astronomi pensavano che si trattasse di una sorta di gas che vagasse nella parte superiore
dell’atmosfera. Tycho Brahe provò a misurare la distanza della cometa e scoprì che anch’essa si trovava ben
oltre la luna e che si muoveva in modo simile ai pianeti.
Una cometa che si muovesse come i pianeti non avrebbe
mai trovato posto nel piccolo sistema solare di Tolomeo.
Nel sistema solare di Copernico, invece, tra i pianeti c’era
spazio in abbondanza. La scoperta fu importante perché
rese possibile distinguere tra le due teorie.
Quanto a Tycho, non aveva una gran fiducia né in un
sistema né nell’altro, e tentò invece di metterne a punto
uno suo, dove la Terra stava al centro, con il Sole che
orbitava attorno ad essa. Intorno al Sole si muovevano poi
gli altri pianeti. Tycho Brahe cercò dunque di mettere a
punto una nuova spiegazione sulla base di quelle
precedenti. Non era una cattiva idea, perché spesso capita
che due teorie contrastanti contengano entrambe una parte
di verità. Ma il suo sistema era molto più complicato di
quello di Copernico e pochi astronomi si lasciarono
convincere della sua correttezza.
E tuttavia fu infine Tycho Brahe a risolvere la disputa
senza nemmeno rendersene conto. A causa di
Giovanni Keplero
incomprensioni con il re danese, si stabilì a Praga, dove
morì nel 1601. Si trovava nella città da soli due anni, ma era riuscito ugualmente ad iniziare una collaborazione
con un giovane matematico tedesco di nome Giovanni Keplero (nome italianizzato di Johannes Kepler). Molti
14
anni dopo la morte di Brahe, Keplero avrebbe messo a punto le osservazione di Brahe.
ATTIVITA’ DELL’ASSOCIAZIONE
(Giugno-novembre)
Giovedì 19 luglio siamo saliti a Passo Giau, in occasione di un appuntamento organizzato in collaborazione
con la Pro Loco di Colle S. Lucia che prevedeva l'osservazione del cielo estivo. Inizialmente la serata sembrava
ideale per osservare la volta stellata, ma prima dell'arrivo del buio il cielo si è completamente coperto. Un vero
peccato visto che sul piazzale del Rif. Enrosadira era stata schierata l’ “artiglieria pesante”, consistente in
due enormi telescopi riflettori di 30 e 40 cm. di diametro. Erano inoltre a disposizione altri due strumenti più
piccoli. Con una simile dotazione, da un posto buio come quello prescelto, ci sarebbe stato davvero da restare a
bocca aperta. Invece, tra qualche breve squarcio, si è potuto osservare ben poco. Comprensibile quindi la
delusione del numeroso pubblico intervenuto e quella degli organizzatori, a cui è chiaramente richiesto un
impegno non indifferente. La più bella soddisfazione della serata resta comunque l'emozione di un arzillo
novantenne davanti alla sua prima visione di Saturno.
Mercoledì 8 agosto, nella Sala consigliare presso il Municipio di Cencenighe, abbiamo tenuto una conferenza
imperniata sulle comete. L’appuntamento, che ha avuto il patrocino del Comune di Cencenighe è stato
organizzato in collaborazione con Biblioteca e Pro loco locali.
Venerdì 10 agosto al Rif. Bottari, il cielo finalmente sereno ci ha dato una mano a confezionare una serata
osservativa finalmente soddisfacente, dove i numerosi intervenuti hanno potuto ammirare gli oggetti classici
del cielo profondo estivo. Numerosi i presenti saliti fino al rifugio per ammirare le montagne, gustare un buon
piatto e infine perdersi fra le stelle.
Martedì 14 agosto siamo stati saliti al Rif. Scarpa, dove una fitta nebbia ha stroncato le aspettative dei
numerosi ospiti del rifugio, curiosi di gettarsi tra le stelle dopo la presentazione multimediale della serata e la
cena. Nonostante il parziale insuccesso abbiamo avuto l’opportunità di conoscere Aron Lazzaro, il nuovo
gestore, appassionatissimo e competente astrofilo, con cui è nata una collaborazione che ci vedrà ancora
insieme in futuro.
Da tempo, su nostro interessamento, Radio Più trasmette settimanalmente Urania, il notiziario di astronomia e
astronautica diffuso dall’Istituto Nazionale di Astro Fisica (INAF). Da febbraio ad agosto, dopo il notiziario, è
andata in onda una prima serie di puntate (25) da noi curata, che tratta di astronomia e astrofilia. Da ottobre è in
onda la seconda serie che è possibile ascoltare tutti i giovedì alle 10.30. Sono previste due repliche in
programma sempre il giovedì alle18.30 e la domenica alle 8.40.
Gli Associati che ci hanno fornito la loro e-mail hanno ricevuto settimanalmente una news contenente notizie
astronomiche, appuntamenti e notizie riguardo l’Associazione, consigli per osservare il cielo, immagini ecc.
Come sempre elevato l’impegno per i divulgatori dell’Associazione che si sono presi l’incarico di gestire le
serate al Planetario di S. Tomaso.
2013: ARRIVANO DUE GRANDI COMETE?
Il 2013 potrebbe essere un anno eccezionale per quanto riguarda
le comete. Da tempo è stato preannunciato l’arrivo della
promettentissima C/2011 L4 PanSTARRS, che a
marzo potrebbe diventare una star assoluta del cielo, attirando
su di sé l’attenzione di addetti ai lavori, astrofili e grande
pubblico. Pochi giorni prima dell’equinozio primaverile è
previsto il suo show (se show sarà). Le previsioni più
ottimistiche indicano che l’oggetto sarà visibile ad occhio nudo
tra le luci del tramonto.
A ottobre di quest’anno è stata invece individuata la C/2012 S1 ISON, che a novembre 2013 potrebbe
diventare luminosissima grazie a un orbita che la porterà a sfiorare il Sole con un passaggio a soli due milioni
scarsi di chilometri dalla sua superficie. Un passaggio così ravvicinato potrebbe però esserle fatale e
disgregarla. Auguriamoci che non sia così perché se passerà indenne potrebbe diventare un autentico mostro
del cielo, sfoggiando una coda lunghissima e spettacolare al calare dell'astro diurno.
Non ci resta che aspettare e sperare, tenendo presente che le comete sono spesso imprevedibili, nel bene e nel
male.
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LETTERE A CIELI DOLOMITICI
Quest'anno, di ritorno con la famiglia dalla "soffitta" dei suoceri a Selva di Cadore, sono stato attirato dalla
scritta "Planetario" sull'ultimo cartello stradale marrone del bivio di Avoscan e... curioso sono andato a
cercarmi qualche info su www.cielidolomitici.it Gioia vera quella provata davanti allo spalancarsi del vostro
semplice sito, soprattutto per la sezione legata ai racconti di Claudio Pra (purtroppo aggiornati solo fino al
2006). Ho avvertito un'affinità tra i nostri desideri profondi che avvertiamo nella ricerca del blu puntinato della
notte, o nella cromia dei fuochi crepuscolari. Ricordo con freschezza la"scoperta" a 12 anni del perfetto
triangolo rettangolo tra Betelgeuse, Rigel e Sirio.
Ora sono passati esattamente 30 anni... attorno a casa cemento e luci, non poter vedere altro che un tramonto
artificiale dietro palazzi...Eppure tutte le volte che, in vacanza con la parrocchia o altro, posso stare con amici,
grandi e piccoli, non posso non raccontare di quegli stessi spettacoli che tu Claudio, hai la forza e la volontà di
raccogliere sulle tue montagne...
Dopo il contagio delle tue letture mi sono promesso, per il ponte del 1° novembre, di salire sul Nuvolau per
bere il tuo stesso calice di colori...Porterò anche Jacopo (mio figlio più grande, 9 anni) che in estate mi ha già
seguito tante volte su quel percorso...Difficilmente in inverno io ci riuscirò a fare di più io, forse lui...
Ti ringrazio vivamente, insieme a tutti i tuoi amici e divulgatori, per le sollecitazioni nostalgiche ma inebrianti:
una volta chi conosceva le stelle aveva il potere...Ora è forse solo un romantico...
O forse ciò di cui il mondo ha bisogno...
Buon lavoro!
Emanuele Mancini
GLI ASTROFILI DI CIELI DOLOMITICI
La consueta chiacchierata che ci permette di conoscere meglio gli astrofili della nostra Associazione la
facciamo stavolta con Lucia Bortoli, entusiasta e propositiva new entry che porterà senza dubbio linfa nuova
all’interno di “Cieli Dolomitici”.
Come ti sei avvicinata a Cieli Dolomitici?
Ho conosciuto l’Associazione un paio di anni fa, in occasione di un incontro dedicato all’osservatorio del
Paranal. Mi è piaciuta molto l’iniziativa e perciò mi sono iscritta subito. Far parte dell’Associazione mi ha
aiutata a cambiare il mio approccio all’Astronomia che, da molto teorico (parte delle mie letture sono rivolte a
questo) e per nulla pratico (le uniche cose che sono in grado di osservare autonomamente sono i crateri lunari),
è passato a molto teorico e un pelo più pratico (ho ancora molta strada da fare). Grazie agli amici astrofili, ho
potuto vedere galassie lontane, stelle doppie, Saturno con i suoi meravigliosi anelli e molto altro ancora. Il cielo
è uno spettacolo mozzafiato che merita grande attenzione.
C'è qualcosa legato al cielo o all'astronomia che ti ha particolarmente colpito?
Forse faccio prima a dire cosa non mi ha colpito. Come non meravigliarsi sapendo che siamo costantemente
attraversati da una pioggia di neutrini, o che le espulsioni di massa coronale che avvengono sulla superficie del
Sole raggiungono la nostra atmosfera in poco tempo e danno vita alle aurore boreali? Lasciando andare i
pensieri in libertà, mi viene in mente Encelado (uno dei satelliti di Saturno) con i suoi vulcani di ghiaccio.
Bizzarro, no? E cosa dire del curioso incedere di Urano? Il suo asse è talmente inclinato rispetto all’eclittica
che pare quasi rotolare intorno al Sole come una biglia. Poi ci sono i quasar che vanno dalle onde radio ai raggi
gamma (praticamente quasi tutto lo spettro elettromagnetico) e sono perciò tra gli oggetti più luminosi
dell’universo. E’ proprio la luce proveniente da un lontano quasar che, deformata dalla lente gravitazionale di
una galassia interposta tra esso e la terra, da vita ad uno degli effetti ottici più belli: la Croce di Einstein. Come
sarebbe bello vederne una. Ciò che succede sulla scala dell’infinitamente grande sfugge alle leggi che regolano
il nostro piccolo mondo terrestre. L’Universo piega e distorce la luce a suo piacimento e, così facendo, regala
agli scienziati una marea di indizi utili al suo studio. Le ipotesi sulla forma dell’Universo, tra buchi neri,
passaggi curvi, materia ed energia oscura, non possono che farci sognare.
Ingarbugliate geometrie potrebbero essere la causa di fuorvianti effetti ottici. Parte di ciò che vediamo potrebbe
essere frutto di immagini riflesse più e più volte. Se ciò fosse vero, potremmo vedere la stessa galassia sia di
fronte che di taglio in una sorta di proiezione ortogonale su scala intergalattica. Wow! In conclusione, ciò che
mi colpisce di più dell’Astronomia è sapere che c’è sempre qualcosa di nuovo da scoprire. Guardando e
studiando il cielo non ci si annoia mai.
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Quali sono i punti di forza e di debolezza della nostra Associazione?
Buona domanda, risposta difficile. Ad ogni modo ecco il mio modesto parere. Punti di forza: competenza,
disponibilità e apertura a tutti. Punti di debolezza: comunicazione (ci sono margini di miglioramento), poche
attività per gli Associati (per imparare bisogna condividere). Secondo me, noi Associati ci riuniamo poco.
Sarebbe bello incontrarci più spesso a parlare degli argomenti che ci piacciono.
Quali sono le maggiori difficoltà che incontra un astrofilo alle prime armi?
A parte la solita “nuvoletta fantozziana” che, a quanto pare, perseguita anche gli astrofili, penso che la
difficoltà principale sia il “panico da osservazione”. Gli astrofili senior non ci crederanno, ma trattasi di una
sindrome molto diffusa tra noi matricole. La totale mancanza di esperienza nel leggere le mappe e la scarsa
confidenza con gli strumenti, si fondono con l’impazienza di mettere a fuoco anche uno soltanto degli oggetti
Messier e il disagio di essere all’aperto di notte da soli (piccolo particolare da non sottovalutare). Ecco che,
dopo aver girato le mappe per un numero indefinito di volte, sorge il dubbio di avere per le mani quelle
dell’emisfero sbagliato. Tutto d’un tratto il buio è sempre più buio (specialmente se il tappo è rimasto
sull’obiettivo) e i rumori della natura cominciano a farsi sempre più inquietanti. La frustrazione cresce e la
situazione si fa insostenibile quando, dopo sforzi inenarrabili, il povero neofita è convinto di aver individuato la
Stella Polare: “uno, due, tre, quattro e cinque lunghezze dalla coda del Carro. Eccola laggiù! … a SudOvest !?!?” Naufragate miseramente le grandi speranze, al malcapitato non resta che correre a casa e tirare
fuori la solita scusa: “non dispongo
dell’attrezzatura adeguata”. Messaggio per gli astrofili in erba: se vi è capitato qualcosa di simile, non
arrendetevi. Partecipate alle serate osservative, è un ottimo trampolino di lancio.
Hai un sogno nel cassetto legato alla passione per il cielo?
Il mio sogno da bambina era vedere la grande macchia rossa di Giove e i 4 satelliti Galileiani. Per ora non ho
visto né l’una né gli altri, ma conto di farlo presto. E’ a questo che ho pensato quando mi sono iscritta
all’associazione.
Cosa puoi dire ai molti nostri Associati un po’ tiepidi?
La mia ricetta è mescolare pratica e teoria nelle giuste dosi. Osservare a casaccio è controproducente perché si
rischia di non apprezzare ciò che si vede; bisogna documentarsi. Leggere senza osservare non basta perché si
perde il lato avventuroso della faccenda. Gli ingredienti li trovate tutti al Planetario di San Tomaso: biblioteca
fornita e astrofili esperti a vostra disposizione. Interfacciatevi con i “secchioni” dell’Associazione che vi
daranno tanti consigli e spiegazioni utili.
PLANETARIO DI S. TOMASO
Le serate si tengono ogni venerdì con inizio alle 20.30.
Per partecipare occorre prenotarsi telefonando al
Comune di S. Tomaso in mattinata allo 0437/598004
oppure passare direttamente in Municipio. Il costo è
fissato in 5 euro per gli adulti e 3 euro per i minorenni.
Non pagano i bambini sotto i cinque anni e i portatori
di handicap. Al raggiungimento del tetto massimo di
prenotazioni per una serata, si sarà dirottati alla
successiva o alla prima dove ci sia posto (se d'
accordo).
Per le scolaresche sono due le giornate di apertura
settimanale, il mercoledì e il giovedì con lezioni alle
9.00 e alle 10.30. La prenotazione va effettuata sempre ai numeri del Municipio e il pagamento (anticipato) è
possibile tramite bollettino di c/c Il costo va dai 2,50 euro a persona per le scuole dell' obbligo ai 3,00 euro per
le superiori. Il numero massimo di studenti per lezione non può superare i 25 per le scuole dell' obbligo e i 20
per le superiori (nel numero rientrano gli accompagnatori).
PER GLI ASSOCIATI L’INGRESSO E’ GRATUITO
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