Fascicolo 103 - La realta dell`esperienza religiosa

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IL LIBRO DI URANTIA
PARTE III - LA STORIA DI URANTIA
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FASCICOLO 103 - LA REALTÀ DELL'ESPERIENZA RELIGIOSA
TUTTE le reazioni veramente religiose dell’uomo sono promosse dal ministero iniziale
dell’aiutante dell’adorazione e sono censurate dall’aiutante della saggezza. La prima
dotazione supermentale dell’uomo è la messa in circuito della sua personalità nello
Spirito Santo dello Spirito Creativo d’Universo; e molto prima dei conferimenti dei Figli
divini e del conferimento universale degli Aggiustatori questa influenza agisce per
ampliare il punto di vista dell’uomo sull’etica, sulla religione e sulla spiritualità. A
seguito dei conferimenti dei Figli Paradisiaci, lo Spirito della Verità liberato porta enormi
contributi all’accrescimento della capacità umana di percepire le verità religiose. Via via
che l’evoluzione su un mondo abitato progredisce, gli Aggiustatori di Pensiero
partecipano sempre di più allo sviluppo dei tipi superiori di discernimento religioso
umano. L’Aggiustatore di Pensiero è la finestra cosmica attraverso la quale la creatura
finita può intravedere per fede le certezze e le divinità della Deità illimitata, il Padre
Universale.
Le tendenze religiose delle razze umane sono innate; esse si manifestano
universalmente ed hanno un’origine apparentemente naturale; le religioni primitive sono
sempre evoluzionarie nella loro genesi. Mentre l’esperienza religiosa naturale continua a
progredire, rivelazioni periodiche della verità punteggiano il corso dell’evoluzione
planetaria che altrimenti progredirebbe lentamente.
Su Urantia vi sono oggi quattro tipi di religione:
1. La religione naturale o evoluzionaria.
2. La religione soprannaturale o rivelatoria.
3. La religione pratica o corrente, che comporta vari gradi di mescolanza della
religione naturale con quella soprannaturale.
4. Le religioni filosofiche, dottrine teologiche elaborate dagli uomini o ragionate
filosoficamente e create dalla ragione.
1. LA FILOSOFIA DELLA RELIGIONE
L’unità dell’esperienza religiosa tra i membri di un gruppo sociale o razziale deriva
dalla natura identica dei frammenti di Dio che dimorano nell’individuo. È questo divino
nell’uomo che dà origine al suo interesse altruista per il benessere degli altri uomini. Ma
poiché la personalità è unica—non esistono due mortali simili—ne segue inevitabilmente
che due esseri umani non possono mai interpretare allo stesso modo le direttive e le
esortazioni dello spirito divino che vive nella loro mente. Un gruppo di mortali può fare
l’esperienza dell’unità spirituale, ma non può mai raggiungere l’uniformità filosofica.
Questa diversità d’interpretazione del pensiero e dell’esperienza religiosa è dimostrata dal
fatto che i teologi ed i filosofi del ventesimo secolo hanno formulato più di cinquecento
definizioni differenti della religione. In realtà ogni essere umano definisce la religione nei
termini
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della propria interpretazione esperienziale degli impulsi divini che emanano dallo spirito
di Dio che dimora in lui, e perciò tale interpretazione deve essere unica e del tutto
differente dalla filosofia religiosa di tutti gli altri esseri umani.
Quando un mortale è pienamente d’accordo con la filosofia religiosa di un altro
mortale, quel fenomeno indica che questi due esseri hanno avuto un’esperienza religiosa
simile relativamente alle materie riguardanti la loro similarità d’interpretazione filosofica
religiosa.
Anche se la vostra religione è una questione d’esperienza personale, è molto
importante che voi siate esposti alla conoscenza di un vasto numero di altre esperienze
religiose (le interpretazioni diverse di altri differenti mortali) al fine d’impedire che la
vostra vita religiosa divenga egocentrica—circoscritta, egoistica ed asociale.
Il razionalismo sbaglia quando presume che la religione sia innanzi tutto una
credenza primitiva in qualcosa che è poi seguito dalla ricerca di valori. La religione è
principalmente una ricerca di valori, ed in seguito formula un sistema di credenze
interpretative. È molto più facile per gli uomini accordarsi su valori religiosi—su scopi—
che su credenze—su interpretazioni. E questo spiega come una religione possa
concordare su valori e scopi pur presentando lo sconcertante fenomeno di continuare ad
ammettere centinaia di credenze contraddittorie—di credi. Questo spiega anche perché
una data persona può proseguire la sua esperienza religiosa pur abbandonando o
modificando molte delle sue credenze religiose. La religione persiste nonostante i
cambiamenti rivoluzionari nelle credenze religiose. Non è la teologia che produce la
religione; è la religione che produce la filosofia teologica.
Il fatto che le persone religiose abbiano creduto a molte cose false non infirma la
religione, perché la religione è fondata sul riconoscimento di valori ed è convalidata dalla
fede dell’esperienza religiosa personale. La religione, quindi, è basata sull’esperienza e
sul pensiero religioso; la teologia, la filosofia della religione, è un tentativo onesto
d’interpretare questa esperienza. Tali credenze interpretative possono essere giuste o
sbagliate, o una mescolanza di verità ed errore.
La realizzazione del riconoscimento di valori spirituali è un’esperienza che
trascende l’ideazione. Non c’è alcuna parola in nessun linguaggio umano che possa
essere impiegata per designare questa “sensazione”, “sentimento”, “intuizione” o
“esperienza” che abbiamo scelto di chiamare coscienza di Dio. Lo spirito di Dio che
dimora nell’uomo è non personale—l’Aggiustatore è prepersonale—ma questo Monitore
presenta un valore, esala un profumo di divinità, che è personale nel senso più elevato ed
infinito. Se Dio non fosse almeno personale non potrebbe essere cosciente, e se non fosse
cosciente allora sarebbe al di sotto dell’umano.
2. LA RELIGIONE E L’INDIVIDUO
La religione è funzionale nella mente umana ed è stata realizzata nell’esperienza
prima di apparire nella coscienza umana. Un bambino è vissuto circa nove mesi prima di
fare l’esperienza della nascita. Ma la “nascita” della religione non è improvvisa; è
piuttosto un’emersione graduale. Tuttavia presto o tardi c’è un “giorno di nascita”. Non si
entra nel regno dei cieli senza essere “nati di nuovo”—nati dallo Spirito. Molte nascite
spirituali sono accompagnate da una grande angoscia spirituale e da marcate turbe
psicologiche, come molte nascite fisiche sono caratterizzate da un “travaglio laborioso” e
da altre anomalie del “parto”. Altre nascite spirituali sono una crescita naturale e normale
del riconoscimento di valori supremi con un accrescimento dell’esperienza spirituale,
benché nessun sviluppo religioso avvenga senza uno sforzo cosciente e delle
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risoluzioni positive e individuali. La religione non è mai un’esperienza passiva, un
atteggiamento negativo. Quella che viene chiamata la “nascita della religione” non è
direttamente associata alle cosiddette esperienze di conversione che caratterizzano
abitualmente degli episodi religiosi che si producono più tardi nella vita a seguito di
conflitti mentali, di repressioni emotive e di sconvolgimenti emotivi.
Ma le persone che sono state allevate dai loro genitori in modo da crescere con la
coscienza di essere figli di un Padre celeste amorevole non dovrebbero guardare con
occhio malevolo i loro compagni mortali che hanno potuto raggiungere tale coscienza di
comunione con Dio solo passando per una crisi psicologica, uno sconvolgimento emotivo.
Il terreno evoluzionario della mente umana nel quale germina il seme della
religione rivelata è la natura morale che dà origine molto presto ad una coscienza sociale.
Le prime esortazioni della natura morale di un bambino non concernono il sesso, la colpa
o l’orgoglio personale, ma piuttosto gli impulsi di giustizia, di equità e gli stimoli alla
bontà—di ministero di servizio verso i propri simili. E quando tali iniziali risvegli morali
sono alimentati, si produce uno sviluppo graduale della vita religiosa relativamente libero
da conflitti, da sconvolgimenti e da crisi.
Ogni essere umano sperimenta molto presto una sorta di conflitto tra i suoi impulsi
egoistici ed i suoi impulsi altruistici, e molte volte la sua prima esperienza di coscienza di
Dio può risultare dalla ricerca di un aiuto superumano per risolvere tali conflitti morali.
La psicologia di un bambino è per natura positiva, non negativa. Molti mortali
sono negativi perché sono stati educati in questo modo. Quando si dice che il bambino è
positivo, ci si riferisce ai suoi impulsi morali, a quei poteri della mente la cui apparizione
segnala l’arrivo dell’Aggiustatore di Pensiero.
In assenza di cattivi insegnamenti, nell’emersione della coscienza religiosa, la
mente di un bambino normale si dirige positivamente verso la rettitudine morale ed il
ministero sociale piuttosto che negativamente, allontanandosi dal peccato e dalla colpa.
Ci può essere o meno conflitto nello sviluppo dell’esperienza religiosa, ma sono sempre
presenti in esso le inevitabili decisioni, sforzi e funzioni della volontà umana.
La scelta morale è solitamente accompagnata da maggiore o minore conflitto
morale. Questo primo conflitto nella mente del bambino avviene tra le sollecitazioni
dell’egoismo e gli impulsi dell’altruismo. L’Aggiustatore di Pensiero non trascura i valori
della spinta egoistica della personalità, ma opera per attribuire una leggera preferenza
all’impulso altruistico che porta alla meta della felicità umana e alle gioie del regno dei
cieli.
Quando un essere morale sceglie di essere altruista di fronte allo stimolo di essere
egoista, fa la sua prima esperienza religiosa. Nessun animale può fare una tale scelta;
questa decisione è umana e religiosa. Essa include il fatto della coscienza di Dio e mostra
l’impulso al servizio sociale, base della fratellanza umana. Quando la mente sceglie un
giudizio morale retto mediante un atto di libero arbitrio, tale decisione costituisce
un’esperienza religiosa.
Ma prima che un bambino si sia sufficientemente sviluppato da acquisire una
capacità morale e da essere quindi capace di scegliere il servizio altruistico, ha già
sviluppato una natura egoistica forte e bene unificata. È questa situazione di fatto che dà
origine alla teoria della lotta tra la natura “superiore” e quella “inferiore”, tra il “vecchio
uomo di peccato” e la “nuova natura” di grazia. Il bambino normale comincia ad
apprendere molto presto nella sua vita che è “più benedetto dare che ricevere”.
L’uomo tende ad identificare lo stimolo a servire se stesso con il suo ego—con se
stesso. Per contro è incline ad identificare la volontà di essere altruista con
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un’influenza esterna a lui—con Dio. Ed in verità un tale giudizio è giusto, perché tutti
questi desideri altruistici hanno effettivamente la loro origine nella guida
dell’Aggiustatore di Pensiero interiore, e questo Aggiustatore è un frammento di Dio.
L’impulso del Monitore spirituale è realizzato dalla coscienza umana come la tendenza
ad essere altruista, attento ai propri simili. E questa almeno è la prima e fondamentale
esperienza della mente del bambino. Quando il bambino in crescita non riesce ad
unificare la sua personalità, la spinta altruistica può divenire talmente sovrasviluppata da
portare seri danni al benessere dell’io. Una coscienza fuorviata può divenire responsabile
di molti conflitti, preoccupazioni, tristezze, e d’infelicità umane senza fine.
3. LA RELIGIONE E LA RAZZA UMANA
Anche se la credenza negli spiriti, nei sogni ed in diverse altre superstizioni hanno
tutte svolto un ruolo nell’origine evoluzionaria delle religioni primitive, non si dovrebbe
trascurare l’influenza dello spirito di solidarietà del clan o della tribù. Le relazioni di
gruppo hanno rappresentato l’esatta situazione sociale che forniva la sfida al conflitto tra
l’egoismo e l’altruismo nella natura morale della mente umana primitiva. Nonostante la
loro credenza negli spiriti, gli aborigeni australiani focalizzano ancora la loro religione
sul clan. Con il tempo questi concetti religiosi tendono a personalizzarsi, prima come
animali e più tardi come superuomo o come Dio. Anche le razze inferiori come i
Boscimani africani, che non credono nemmeno ai totem, riconoscono una differenza tra
l’interesse personale e l’interesse collettivo, una distinzione primitiva tra i valori del
secolare e del sacro. Ma il gruppo sociale non è la sorgente dell’esperienza religiosa.
Indipendentemente dall’influenza di tutti questi contributi primitivi alla religione iniziale
degli uomini, rimane il fatto che il vero impulso religioso ha la propria origine nelle
autentiche presenze spirituali che attivano la volontà di essere altruista.
La religione successiva è prefigurata nella credenza primitiva alle meraviglie ed ai
misteri della natura, il mana impersonale. Ma presto o tardi la religione in evoluzione
esige che l’individuo faccia dei sacrifici personali per il bene del suo gruppo sociale, che
compia qualcosa per rendere altre persone più felici e migliori. Alla fine la religione è
destinata a diventare il servizio di Dio e degli uomini.
La religione è fatta per modificare l’ambiente degli uomini, ma molte religioni dei
mortali di oggi sono divenute incapaci di fare questo. L’ambiente ha troppo spesso
dominato la religione.
Ricordatevi che nelle religioni di tutte le epoche l’esperienza più importante è il
sentimento concernente i valori morali ed i significati sociali, non il pensiero concernente
i dogmi teologici o le teorie filosofiche. La religione si evolve favorevolmente via via che
l’elemento della magia è sostituito dal concetto della morale.
L’uomo si è evoluto attraverso le superstizioni del mana, della magia,
dell’adorazione della natura, della paura degli spiriti e dell’adorazione degli animali, fino
ai vari cerimoniali per mezzo dei quali l’atteggiamento religioso dell’individuo si è
trasformato in reazioni collettive del clan. Queste cerimonie si sono poi focalizzate e
cristallizzate in credenze tribali, e alla fine queste paure e queste fedi si sono
personalizzate in dei. Ma in tutta questa evoluzione religiosa l’elemento morale non è mai
stato totalmente assente. L’impulso del Dio nell’uomo è sempre stato forte. E queste
potenti influenze—una umana e l’altra divina—hanno assicurato la sopravvivenza della
religione attraverso le vicissitudini delle ere, nonostante essa sia stata così spesso
minacciata di estinzione da mille tendenze sovversive ed antagonismi ostili.
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4. LA COMUNIONE SPIRITUALE
La differenza caratteristica tra una riunione sociale ed un’assemblea religiosa è che,
contrariamente a quella secolare, quella religiosa è pervasa da un’atmosfera di comunione.
In questo modo l’associazione umana genera un sentimento di comunità con il divino, e
questo è l’inizio dell’adorazione collettiva. Mangiare un pasto in comune è stato il primo
tipo di comunione sociale, e così le religioni primitive provvidero perché una parte del
sacrificio cerimoniale fosse mangiato dai fedeli. Anche nel Cristianesimo la Cena del
Signore conserva questo tipo di comunione. L’atmosfera della comunione procura un
periodo di tregua ristoratrice e confortante nel conflitto tra l’egoistico ego e lo stimolo
altruistico del Monitore spirituale interiore. Questo è il preludio della vera adorazione—la
pratica della presenza di Dio che si manifesta nell’apparizione della fratellanza umana.
Quando l’uomo primitivo sentiva che la sua comunione con Dio era stata interrotta,
faceva ricorso ad un qualche sacrificio nello sforzo di fare ammenda, di ristabilire una
relazione amichevole. La fame e la sete di rettitudine portano alla scoperta della verità, e
la verità accresce gli ideali, e ciò crea nuovi problemi per i singoli credenti, perché i
nostri ideali tendono a crescere in progressione geometrica, mentre la nostra capacità di
vivere al loro livello aumenta solo in progressione aritmetica.
Il senso di colpa (non la coscienza del peccato) deriva sia dell’interruzione della
comunione spirituale che dall’abbassamento dei propri ideali morali. La liberazione da un
tale difficile frangente può avvenire soltanto mediante la comprensione che i propri ideali
morali più elevati non sono necessariamente sinonimo della volontà di Dio. L’uomo non
può sperare di vivere all’altezza dei suoi ideali più elevati, ma può essere fedele al suo
proposito di trovare Dio e di divenire sempre più simile a lui.
Gesù spazzò via tutti i cerimoniali di sacrificio e di espiazione. Egli distrusse la
base di tutta questa colpevolezza fittizia e di tutto questo sentimento d’isolamento
nell’universo proclamando che l’uomo è figlio di Dio; la relazione creatura-Creatore fu
posta sulla base di figlio-genitore. Dio divenne un Padre amorevole per i suoi figli e figlie
mortali. Tutti i cerimoniali che non sono parte legittima di questa intima relazione di
famiglia sono abrogati per sempre.
Dio il Padre tratta con l’uomo, figlio suo, non sulla base delle sue virtù o dei suoi
meriti reali, ma in riconoscimento delle motivazioni del figlio—del proposito e
dell’intenzione della creatura. La relazione è quella dell’associazione genitore-figlio ed è
animata dall’amore divino.
5. L’ORIGINE DEGLI IDEALI
La mente evoluzionaria primitiva dà origine ad un sentimento di dovere sociale e
di obbligo morale derivato principalmente dalla paura emotiva. Lo stimolo più positivo al
servizio sociale e all’idealismo altruista sono derivati dall’impulso diretto dello spirito
divino che dimora nella mente umana.
Questa idea-ideale di fare del bene agli altri—l’impulso a negare qualcosa al
proprio ego a beneficio del prossimo—è inizialmente molto circoscritta. L’uomo
primitivo considera come suo prossimo solo coloro che sono molto vicini a lui, coloro
che lo trattano amichevolmente; via via che la civiltà religiosa progredisce il concetto di
prossimo si espande per inglobare il clan, la tribù, la nazione. Poi Gesù ampliò la nozione
di prossimo fino ad abbracciare l’intera umanità,
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fino a dire che dovremmo amare i nostri nemici. E c’è qualcosa all’interno di ogni
essere umano normale che gli dice che questo insegnamento è morale—è giusto. Anche
coloro che praticano di meno questo ideale ammettono che è giusto in teoria.
Tutti gli uomini riconoscono la moralità di questo impulso umano universale ad
essere disinteressato ed altruista. L’umanista attribuisce l’origine di questo impulso
all’azione naturale della mente materiale; la persona religiosa riconosce più correttamente
che lo slancio veramente disinteressato della mente umana è una risposta alle direttive
spirituali interiori dell’Aggiustatore di Pensiero.
Ma l’interpretazione umana di questi conflitti primitivi tra la volontà egoistica e la
volontà altruistica non è sempre affidabile. Solo una personalità abbastanza bene
unificata può arbitrare le multiformi contese tra i forti desideri dell’io e la coscienza
sociale che sta germogliando. Il nostro io ha diritti pari a quelli del suo prossimo.
Nessuno ha dei diritti esclusivi sull’attenzione e sul servizio dell’individuo. L’incapacità
di risolvere questo problema dà origine al tipo più primitivo di senso di colpa umano.
La felicità umana si raggiunge solo quando il desiderio egoistico dell’io e
l’impulso altruistico dell’io superiore (spirito divino) sono coordinati e riconciliati dalla
volontà unificata della personalità che si integra e che controlla. La mente dell’uomo
evoluzionario è sempre confrontata con il complesso problema di arbitrare le contese tra
l’espansione naturale degli impulsi emotivi e la crescita morale degli impulsi altruistici
fondati sull’intuizione spirituale—sull’autentica riflessione religiosa.
Il tentativo di assicurare un bene uguale a se stessi ed al maggior numero di altri sé
presenta un problema che non può essere sempre risolto in maniera soddisfacente in un
quadro di tempo-spazio. Nel corso di una vita eterna tali antagonismi possono essere
risolti, ma in una breve vita umana essi non trovano soluzione. Gesù si riferiva a questo
paradosso quando disse: “Chiunque salverà la sua vita la perderà, ma chiunque perderà la
sua vita per l’amore del regno la troverà.”
Il perseguimento dell’ideale—la lotta per divenire simili a Dio—è uno sforzo
continuo prima e dopo la morte. La vita dopo la morte non è essenzialmente differente
dall’esistenza mortale. Tutto quello che facciamo di buono in questa vita contribuisce
direttamente all’elevazione della vita futura. La vera religione non favorisce l’indolenza
morale e la pigrizia spirituale incoraggiando la vana speranza di vedersi attribuite tutte le
virtù di un nobile carattere in conseguenza di essere passati attraverso i portali della
morte naturale. La vera religione non sminuisce gli sforzi dell’uomo per progredire
durante il periodo di vita terrena. Ogni conquista umana è un contributo diretto
all’arricchimento dei primi stadi dell’esperienza della sopravvivenza immortale.
È fatale per l’idealismo dell’uomo quando gli s’insegna che tutti i suoi impulsi
altruistici sono semplicemente lo sviluppo del suo istinto gregario naturale. Ma egli è
nobilitato e potentemente stimolato quando apprende che questi impulsi superiori della
sua anima emanano dalle forze spirituali che abitano la sua mente mortale.
L’uomo è elevato sopra se stesso ed oltre se stesso quando comprende pienamente
che vive e lotta in lui qualcosa di eterno e divino. Ed è così che una fede vivente
nell’origine superumana dei nostri ideali convalida la nostra credenza che siamo figli di
Dio e rende reali le nostre convinzioni altruistiche, il nostro sentimento di fratellanza
umana.
Nel suo dominio spirituale l’uomo possiede un libero arbitrio. L’uomo mortale non è né
uno schiavo inerme della sovranità inflessibile di un Dio onnipotente né
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la vittima della fatalità senza speranza di un determinismo cosmico meccanicistico.
L’uomo è veramente l’architetto del proprio destino eterno.
Ma l’uomo non è salvato o nobilitato dalla pressione. La crescita spirituale emana
dall’interno dell’anima in evoluzione. La pressione può deformare la personalità, ma non
stimola mai la crescita. Anche la pressione dell’educazione porta solo un aiuto negativo,
nel senso che può contribuire ad impedire delle esperienze disastrose. La crescita
spirituale è maggiore quando tutte le pressioni esterne sono ridotte al minimo. “Dove c’è
lo spirito del Signore, là c’è libertà.” L’uomo si sviluppa meglio quando le pressioni della
famiglia, della comunità, della Chiesa e dello Stato sono minori. Ma questo non deve
essere interpretato nel senso che non c’è alcun posto in una società progressiva per la
famiglia, le istituzioni sociali, la Chiesa e lo Stato.
Quando un membro di un gruppo sociale religioso si è conformato alle esigenze di
tale gruppo, dovrebbe essere incoraggiato a godere della libertà religiosa nella piena
espressione della sua interpretazione personale delle verità della credenza religiosa e dei
fatti dell’esperienza religiosa. La sicurezza di un gruppo religioso dipende dalla sua unità
spirituale, non dalla sua uniformità teologica. I membri di un gruppo religioso dovrebbero
poter godere della libertà di pensare liberamente senza dover diventare dei “liberi
pensatori”. C’è una grande speranza per ogni Chiesa che adora il Dio vivente, che
convalida la fratellanza dell’uomo e che osa rimuovere dai suoi membri ogni pressione
dogmatica.
6. LA COORDINAZIONE FILOSOFICA
La teologia è lo studio delle azioni e delle reazioni dello spirito umano; essa non
può mai diventare una scienza perché deve sempre essere più o meno combinata con la
psicologia nella sua espressione personale e con la filosofia nella sua descrizione
sistematica. La teologia è sempre lo studio della vostra religione; lo studio di un’altra
religione è psicologia.
Quando l’uomo si accosta allo studio e all’osservazione del suo universo
dall’esterno dà origine alle varie scienze fisiche, quando si accosta alla ricerca di se
stesso e dell’universo dall’interno dà origine alla teologia e alla metafisica. La sua
successiva arte della filosofia si sviluppa nello sforzo di armonizzare le numerose
discrepanze che sono destinate ad apparire inizialmente tra le scoperte e gli insegnamenti
di questi due modi diametralmente opposti di accostarsi all’universo di cose e di esseri.
La religione s’interessa del punto di vista spirituale, della coscienza dell’interiorità
dell’esperienza umana. La natura spirituale dell’uomo gli offre l’opportunità di rivolgere
l’universo dall’esterno verso l’interno. È dunque vero che, vista esclusivamente
dall’interno dell’esperienza della personalità, tutta la creazione sembra essere di natura
spirituale.
Quando l’uomo esamina analiticamente l’universo per mezzo delle facoltà
materiali dei suoi sensi fisici e della percezione mentale associata, il cosmo appare essere
meccanico e di energia materiale. Questa tecnica di studio della realtà consiste nel
rivolgere l’universo dall’interno verso l’esterno.
Un concetto filosofico logico e coerente dell’universo non può essere costruito sui
postulati del materialismo o dello spiritualismo, perché entrambi questi sistemi di
pensiero, quando sono applicati universalmente, costringono a vedere il cosmo in
maniera distorta, avendo il primo un contatto con un universo rivolto dall’interno verso
l’esterno, il secondo riconoscendo la natura di un universo rivolto dall’esterno verso
l’interno. Né la scienza né la religione, in se stesse e da se stesse, da sole, possono allora
mai sperare di acquisire una comprensione
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adeguata delle verità e delle relazioni universali senza la guida della filosofia umana e
l’illuminazione della rivelazione divina.
Lo spirito interiore dell’uomo deve sempre dipendere, per la sua espressione e la
propria realizzazione, dal meccanismo e dalla tecnica della mente. Allo stesso modo
l’esperienza umana esterna della realtà materiale deve essere basata sulla coscienza
mentale della personalità che fa esperienza. Perciò le esperienze umane spirituali e
materiali, interiori ed esteriori, sono sempre correlate con la funzione mentale e
condizionate, quanto alla loro realizzazione cosciente, dall’attività della mente. L’uomo
fa l’esperienza della materia nella sua mente; fa l’esperienza della realtà spirituale nella
sua anima, ma diviene cosciente di questa esperienza nella sua mente. L’intelletto è
l’armonizzatore, il condizionatore e qualificatore sempre presente della somma totale
dell’esperienza umana. Sia le cose-energie che i valori spirituali sono colorati dalla loro
interpretazione fatta per mezzo dei procedimenti mentali della coscienza.
La vostra difficoltà per giungere ad una coordinazione più armoniosa tra la scienza
e la religione è dovuta alla vostra completa ignoranza del dominio intermedio del mondo
morontiale di cose e di esseri. L’universo locale consiste di tre gradi, o stadi, di
manifestazione della realtà: la materia, la morontia e lo spirito. La prospettiva di
approccio morontiale appiana tutte le divergenze tra le scoperte delle scienze fisiche ed il
funzionamento dello spirito della religione. La ragione è la tecnica di comprensione delle
scienze; la fede è la tecnica di discernimento della religione; la mota è la tecnica del
livello morontiale. La mota è una sensibilità alla realtà supermateriale che inizia a
compensare una crescita incompleta, avendo per sua sostanza la conoscenza-ragione e per
sua essenza la fede-visione. La mota è una riconciliazione superfilosofica della
percezione divergente della realtà che non è raggiungibile dalle personalità materiali; essa
è fondata, in parte, sull’esperienza di essere sopravvissuti alla vita materiale nella carne.
Ma molti mortali hanno riconosciuto che era desiderabile possedere un metodo per
conciliare l’interrelazione tra i domini assai separati della scienza e della religione; e la
metafisica è il risultato del vano tentativo dell’uomo di superare questo abisso ben
conosciuto. Ma la metafisica umana ha portato più confusione che illuminazione. La
metafisica rappresenta lo sforzo bene intenzionato ma futile dell’uomo di compensare
l’assenza della mota morontiale.
La metafisica si è rivelata un fallimento; quanto alla mota, non può essere percepita
dall’uomo. La rivelazione è la sola tecnica che può compensare l’assenza della sensibilità
alla verità che apporta la mota in un mondo materiale. La rivelazione chiarisce in modo
autorevole la confusione della metafisica sviluppata dalla ragione su un pianeta
evoluzionario.
La scienza è il tentativo dell’uomo di studiare il suo ambiente fisico, il mondo
dell’energia-materia; la religione è l’esperienza dell’uomo con il cosmo dei valori
spirituali; la filosofia è stata sviluppata dallo sforzo mentale dell’uomo per organizzare e
mettere in correlazione le scoperte di questi concetti molto separati in qualcosa di simile
ad un atteggiamento ragionevole ed unificato verso il cosmo. La filosofia, chiarificata
dalla rivelazione, funziona in modo accettabile in assenza della mota ed in presenza del
crollo e del fallimento del surrogato umano della ragione alla mota—la metafisica.
L’uomo primitivo non faceva distinzione tra il livello dell’energia ed il livello dello
spirito. Furono gli uomini della razza viola ed i loro successori Anditi che tentarono per
primi di separare il fattore matematico da quello volitivo. L’uomo civilizzato ha sempre
più seguito le orme dei Greci primitivi e dei Sumeri che distinguevano tra l’animato e
l’inanimato. E via via che la civiltà progredisce, la filosofia dovrà superare il crescente
divario tra il concetto dello spirito ed il
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concetto dell’energia. Ma nel tempo dello spazio queste divergenze sono unificate nel
Supremo.
La scienza deve sempre appoggiarsi sulla ragione, benché l’immaginazione e
l’ipotesi siano utili per estendere i suoi confini. La religione dipende eternamente dalla
fede, sebbene la ragione sia un’influenza stabilizzante e di utile servizio. Ci sono sempre
state e vi saranno sempre delle interpretazioni erronee dei fenomeni del mondo naturale e
di quello spirituale, falsamente chiamati scienze e religioni.
Partendo dalla sua comprensione incompleta della scienza, dalla sua debole presa
sulla religione e dai suoi tentativi abortiti in metafisica, l’uomo ha tentato di costruire le
sue formulazioni filosofiche. E l’uomo moderno costruirebbe davvero una filosofia valida
ed attraente di se stesso e del suo universo se non fosse interrotta la sua importantissima
ed indispensabile connessione metafisica tra i mondi della materia e dello spirito, con
l’incapacità della metafisica di superare l’abisso morontiale tra il fisico e lo spirituale.
L’uomo mortale manca del concetto di mente e di materiale morontiali, e la rivelazione è
la sola tecnica per sopperire a questa deficienza di dati concettuali di cui l’uomo ha così
pressante necessità per costruire una filosofia logica dell’universo e per giungere ad una
comprensione soddisfacente del suo posto certo e stabile in questo universo.
La rivelazione è la sola speranza dell’uomo evoluzionario per colmare l’abisso
morontiale. La fede e la ragione, senza l’aiuto della mota, non possono concepire e
costruire un universo logico. Senza la visione della mota l’uomo mortale non può
discernere la bontà, l’amore e la verità nei fenomeni del mondo materiale.
Quando la filosofia dell’uomo propende fortemente verso il mondo della materia,
essa diventa razionalistica o naturalistica. Quando la filosofia propende particolarmente
verso il livello spirituale, diventa idealistica od anche mistica. Quando la filosofia è così
sfortunata da appoggiarsi sulla metafisica, diventa infallibilmente scettica, confusa. In
passato la maggior parte della conoscenza e delle valutazioni intellettuali dell’uomo è
caduta in una di queste tre deformazioni della percezione. La filosofia non osa formulare
le sue interpretazioni della realtà nel modo lineare della logica; essa non deve mai
smettere di tener conto della simmetria ellittica della realtà e della curvatura essenziale di
tutti i concetti di relazione.
La filosofia più elevata che l’uomo mortale può raggiungere deve essere
logicamente basata sulla ragione della scienza, sulla fede della religione e sul
discernimento della verità fornita dalla rivelazione. Grazie a questa unione l’uomo può
compensare un po’ la sua incapacità di sviluppare una metafisica adeguata e la sua
inettitudine a comprendere la mota della morontia.
7. LA SCIENZA E LA RELIGIONE
La scienza è sostenuta dalla ragione, la religione dalla fede. La fede, benché non
sia fondata sulla ragione, è ragionevole; benché indipendente dalla logica, è tuttavia
stimolata da una sana logica. La fede non può essere nutrita nemmeno da una filosofia
ideale; in verità essa è, con la scienza, la sorgente stessa di questa filosofia. La fede, il
discernimento religioso umano, può essere insegnata con certezza solo per mezzo della
rivelazione, può essere elevata con certezza solo dall’esperienza personale dei mortali
con la presenza dell’Aggiustatore spirituale del Dio che è spirito.
La vera salvezza è la tecnica dell’evoluzione divina della mente mortale
dall’identificazione con la materia, passando per i regni di collegamento morontiale,
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fino allo status universale superiore di correlazione spirituale. E come nell’evoluzione
terrena l’istinto intuitivo materiale precede l’apparizione della conoscenza ragionata, così
nel programma divino dell’evoluzione celeste la manifestazione del discernimento
spirituale intuitivo presagisce l’apparizione successiva della ragione e dell’esperienza
morontiale e spirituale, il fatto di trasmutare i potenziali dell’uomo temporale in quelli
attuali e divini dell’uomo eterno, un finalitario del Paradiso.
Ma via via che un ascendente avanza verso l’interno e verso il Paradiso per fare
l’esperienza di Dio, avanzerà parimenti verso l’esterno e verso lo spazio per comprendere
in termini di energia il cosmo materiale. La progressione della scienza non è limitata alla
vita terrena dell’uomo; la sua esperienza dell’ascensione nell’universo e nel
superuniverso sarà in larga parte lo studio della trasmutazione dell’energia e della
metamorfosi della materia. Dio è spirito, ma la Deità è unità, e l’unità della Deità non
solo comprende i valori spirituali del Padre Universale e del Figlio Eterno, ma ha anche
cognizione dei fatti dell’energia del Controllore Universale e dell’Isola del Paradiso,
mentre queste due fasi della realtà universale sono perfettamente correlate nelle relazioni
mentali dell’Attore Congiunto ed unificate sul livello finito nella Deità emergente
dell’Essere Supremo.
L’unione dell’atteggiamento scientifico e del discernimento religioso per mezzo
della filosofia esperienziale fa parte della lunga esperienza umana dell’ascensione al
Paradiso. Le approssimazioni della matematica e le certezze del discernimento
richiederanno sempre la funzione armonizzante della logica mentale su tutti i livelli
dell’esperienza inferiori al compimento massimo del Supremo.
Ma la logica non potrà mai riuscire ad armonizzare le scoperte della scienza e gli
approfondimenti della religione a meno che gli aspetti scientifico e religioso di una
personalità non siano dominati dalla verità, sinceramente desiderosi di seguire la verità
dovunque essa li conduca e indipendentemente dalle conclusioni cui possa giungere.
La logica è la tecnica della filosofia, il suo metodo d’espressione. Nel dominio
della vera scienza la ragione è sempre sensibile alla logica autentica; nel dominio della
vera religione la fede è sempre logica da un punto di vista interiore, anche se tale fede
può sembrare completamente priva di fondamento dal punto di vista indagatore
dell’approccio scientifico. Dall’esterno, guardando verso l’interno, l’universo può
sembrare materiale; dall’interno, guardando verso l’esterno, lo stesso universo sembra
essere interamente spirituale. La ragione è originata dalla consapevolezza materiale, la
fede proviene dalla consapevolezza spirituale, ma con la mediazione di una filosofia
rafforzata dalla rivelazione la logica può confermare sia il punto di vista interno che
quello esterno, dando così luogo alla stabilizzazione sia della scienza che della religione.
In tal modo, mediante il contatto comune con la logica della filosofia, la scienza e la
religione possono tollerarsi sempre di più l’una con l’altra, divenire sempre meno
scettiche.
Quello di cui la scienza e la religione hanno bisogno nel corso del loro sviluppo è
un’autocritica più approfondita e più intrepida, una maggiore coscienza
dell’incompletezza del loro status evoluzionario. Gli insegnanti della scienza e della
religione sono spesso troppo sicuri di sé e dogmatici. La scienza e la religione possono
solo fare l’autocritica dei loro fatti. Quando esse si allontanano dallo stadio dei fatti, la
ragione abdica oppure degenera rapidamente in un accordo di falsa logica.
La verità—una comprensione delle relazioni cosmiche, dei fatti universali e dei
valori spirituali—si può raggiungere meglio grazie al ministero dello Spirito della Verità
e si può analizzare meglio per mezzo della rivelazione. Ma la rivelazione non origina né
una scienza né una religione; la sua funzione è di coordinare la scienza e la religione con
la verità della realtà. In assenza della rivelazione o
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non riuscendo ad accettarla od a comprenderla, l’uomo mortale è sempre ricorso al suo
futile tentativo della metafisica, essendo questa il solo sostituto umano alla rivelazione
della verità o alla mota della personalità morontiale.
La scienza del mondo materiale consente all’uomo di controllare, ed in una certa
misura di dominare, il suo ambiente fisico. La religione dell’esperienza spirituale è la
sorgente dell’impulso fraterno che consente agli uomini di vivere insieme nelle
complessità della civiltà di un’era scientifica. La metafisica, ma più certamente la
rivelazione, offrono un terreno comune d’incontro alle scoperte della scienza e della
religione e rendono possibile il tentativo umano di collegare logicamente questi domini di
pensiero separati ma interdipendenti in una filosofia ben equilibrata di stabilità scientifica
e di certezza religiosa.
Nello stato mortale niente può essere provato in modo assoluto; la scienza e la
religione sono entrambe fondate su delle ipotesi. Sul livello morontiale i postulati della
scienza e della religione sono suscettibili di essere parzialmente provati dalla logica della
mota. Sul livello spirituale di status massimo la necessità di una prova finita svanisce
gradualmente di fronte all’esperienza effettiva della realtà e con la realtà; ma anche allora
c’è molto oltre il finito che resta non provato.
Tutte le divisioni del pensiero umano sono basate su certe ipotesi che, sebbene non
provate, sono accettate dalla sensibilità alla realtà costitutiva della dotazione mentale
dell’uomo. La scienza inizia la sua vantata carriera di ragionamento presumendo la realtà
di tre cose: la materia, il movimento e la vita. La religione inizia con l’ipotesi della
validità di tre cose: la mente, lo spirito e l’universo—l’Essere Supremo.
La scienza diventa il dominio di pensiero della matematica, dell’energia e della
materia del tempo nello spazio. La religione pretende di occuparsi non solo dello spirito
finito e temporale, ma anche dello spirito dell’eternità e della supremazia. Soltanto
mediante una lunga esperienza nella mota questi due estremi della percezione
dell’universo possono essere portati a fornire interpretazioni analoghe delle origini, delle
funzioni, delle relazioni, delle realtà e dei destini. La massima armonizzazione della
divergenza tra l’energia e lo spirito risiede nella messa in circuito dei Sette Spiriti
Maestri; la sua prima unificazione nella Deità del Supremo, la sua unità della finalità
nell’infinità della Prima Sorgente e Centro, l’IO SONO.
La ragione è l’atto di riconoscere le conclusioni della coscienza riguardo
all’esperienza nel mondo fisico dell’energia e della materia e con esso. La fede è l’atto di
riconoscere la validità della coscienza spirituale—qualcosa che non richiede altra prova
mortale. La logica è la progressione sintetica di ricerca della verità dell’unione della fede
e della ragione ed è basata sulle facoltà mentali costitutive degli esseri mortali, il
riconoscimento innato delle cose, dei significati e dei valori.
C’è una prova effettiva della realtà spirituale nella presenza dell’Aggiustatore di
Pensiero; tuttavia la validità di questa presenza non è dimostrabile al mondo esterno, ma
solo a colui che fa l’esperienza del Dio interiore. La coscienza di avere un Aggiustatore è
basata sulla ricezione intellettuale della verità, sulla percezione supermentale della bontà
e sull’impulso della personalità ad amare.
La scienza scopre il mondo materiale, la religione lo valuta e la filosofia tenta
d’interpretare i suoi significati coordinando il punto di vista materiale scientifico con il
concetto spirituale religioso. Ma la storia è un regno in cui la scienza e la religione non
potranno mai essere pienamente d’accordo.
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8. LA FILOSOFIA E LA RELIGIONE
Benché la scienza e la filosofia possano entrambe ammettere la probabilità di Dio
per mezzo della loro ragione e della loro logica, solo l’esperienza religiosa personale di
un uomo guidato dallo spirito può affermare la certezza di una tale Deità suprema e
personale. Mediante la tecnica di una tale incarnazione della verità vivente l’ipotesi
filosofica della probabilità di Dio diviene una realtà religiosa.
La confusione sull’esperienza della certezza di Dio risulta dalle interpretazioni e
dalle relazioni dissimili di questa esperienza da parte dei singoli individui e delle
differenti razze di uomini. L’esperienza di Dio può essere interamente valida, ma il
discorso su Dio, essendo intellettuale e filosofico, è divergente e spesse volte fallace in
modo sconcertante.
Un uomo buono e nobile può essere perfettamente innamorato di sua moglie, ma
totalmente incapace di passare in maniera soddisfacente un esame scritto sulla psicologia
dell’amore coniugale. Un altro uomo, che ama poco o per nulla la sua sposa, può passare
un tale esame in modo molto accettabile. L’imperfezione della visione di colui che ama
riguardo alla vera natura dell’oggetto amato non invalida in alcun modo la realtà o la
sincerità del suo amore.
Se voi credete veramente in Dio—se lo conoscete e lo amate per mezzo della
fede—non permettete che la realtà di una tale esperienza venga in qualche modo sminuita
o screditata dalle insinuazioni dubbiose della scienza, dai cavilli della logica, dai postulati
della filosofia o dalle abili suggestioni di anime bene intenzionate che vorrebbero creare
una religione senza Dio.
La certezza della persona religiosa che conosce Dio non dovrebbe essere turbata
dall’incertezza del materialista che dubita; piuttosto l’incertezza del non credente
dovrebbe essere potentemente sfidata dalla fede profonda e dalla certezza incrollabile del
credente esperienziale.
La filosofia, per rendere il massimo servizio alla scienza e alla religione, dovrebbe
evitare i due estremi del materialismo e del panteismo. Solo una filosofia che riconosce la
realtà della personalità—la permanenza in presenza del cambiamento—può avere un
valore morale per l’uomo, può servire da collegamento tra le teorie della scienza
materiale e quelle della religione spirituale. La rivelazione è una compensazione delle
carenze della filosofia in
evoluzione.
9. L’ESSENZA DELLA RELIGIONE
La teologia si occupa del contenuto intellettuale della religione, la metafisica (la
rivelazione) s’interessa dei suoi aspetti filosofici. L’esperienza religiosa è il contenuto
spirituale della religione. Nonostante le fantasie mitologiche e le illusioni psicologiche
del contenuto intellettuale della religione, nonostante le ipotesi errate della metafisica e le
tecniche di autoillusione, nonostante le distorsioni politiche ed i pervertimenti
socioeconomici del contenuto filosofico della religione, l’esperienza spirituale della
religione personale rimane autentica e valida.
La religione ha a che fare con il sentire, l’agire ed il vivere, non solamente con il
pensare. Il pensare è più strettamente collegato alla vita materiale e dovrebbe essere
principalmente, ma non completamente, dominato dalla ragione e dai fatti della scienza e,
nelle sue estensioni non materiali verso i regni dello spirito, dalla verità.
Indipendentemente da quanto illusoria ed erronea sia la
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propria teologia, la propria religione può essere del tutto autentica ed eternamente vera.
Il Buddismo, nella sua forma originale, è una delle migliori religioni senza Dio che
siano apparse in tutta la storia evoluzionaria di Urantia, benché questa fede non sia
rimasta senza Dio nel corso del suo sviluppo. Una religione senza fede è una
contraddizione; senza Dio è un’incongruenza filosofica e un’assurdità intellettuale.
L’origine magica e mitologica della religione naturale non invalida la realtà e la
verità delle religioni successive di rivelazione ed il perfetto vangelo salvifico della
religione di Gesù. La vita e gli insegnamenti di Gesù hanno definitivamente spogliato la
religione delle superstizioni della magia, delle illusioni della mitologia e della schiavitù
del dogmatismo tradizionale. Ma questa magia e questa mitologia primitive hanno
preparato molto efficacemente la via ad una religione successiva e superiore ammettendo
l’esistenza e la realtà dei valori e degli esseri supermateriali.
Sebbene l’esperienza religiosa sia un fenomeno soggettivo puramente spirituale,
tale esperienza ingloba un atteggiamento di fede positiva e vivente verso i regni più
elevati della realtà oggettiva universale. L’ideale della filosofia religiosa è una fedefiducia capace di portare l’uomo a dipendere senza riserve dall’amore assoluto del Padre
infinito dell’universo degli universi. Questa esperienza religiosa autentica trascende di
gran lunga l’oggettivazione filosofica del desiderio idealistico; essa considera
effettivamente la salvezza come acquisita e si preoccupa unicamente d’imparare a fare la
volontà del Padre del Paradiso. I segni distintivi di una tale religione sono: la fede in una
Deità suprema, la speranza di una sopravvivenza eterna e l’amore, specialmente per il
prossimo.
Quando la teologia domina la religione, la religione muore; diventa una dottrina
invece che una vita. La missione della teologia è semplicemente quella di facilitare
l’autocoscienza dell’esperienza spirituale personale. La teologia costituisce lo sforzo
religioso per definire, chiarire, esporre e giustificare le richieste esperienziali della
religione che, in ultima analisi, possono essere convalidate solo da una fede vivente.
Nella filosofia superiore dell’universo la saggezza, come la ragione, si alleano alla fede.
La ragione, la saggezza e la fede sono le realizzazioni più elevate dell’uomo. La ragione
introduce l’uomo nel mondo dei fatti, delle cose; la saggezza lo introduce in un mondo di
verità, di relazioni; la fede lo inizia ad un mondo di divinità, di esperienza spirituale.
La fede porta molto volentieri la ragione quanto più lontano possibile, e poi
prosegue il suo cammino con la saggezza fino al completo limite filosofico; poi osa
lanciarsi nel viaggio illimitato ed interminabile nell’universo in sola compagnia della
verità.
La scienza (la conoscenza) è fondata sull’ipotesi inerente (lo spirito aiutante) che la
ragione è valida, che l’universo può essere compreso. La filosofia (la comprensione
coordinata) è fondata sull’ipotesi inerente (lo spirito della saggezza) che la saggezza è
valida, che l’universo materiale può essere coordinato con quello spirituale. La religione
(la verità dell’esperienza spirituale personale) è basata sull’ipotesi inerente
(l’Aggiustatore di Pensiero) che la fede è valida, che Dio può essere conosciuto e
raggiunto.
La piena realizzazione della realtà della vita umana consiste in una progressiva
propensione a credere in queste ipotesi della ragione, della saggezza e della fede. Una tale
vita è motivata dalla verità e dominata dall’amore; e questi sono gli ideali della realtà
cosmica oggettiva la cui esistenza non può essere dimostrata materialmente.
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Quando la ragione riconosce il vero ed il falso mostra saggezza; quando la
saggezza sceglie tra il vero ed il falso, tra la verità e l’errore, dimostra una guida
spirituale. In questo modo le funzioni della mente, dell’anima e dello spirito sono sempre
strettamente collegate e funzionalmente interassociate. La ragione si occupa della
conoscenza oggettiva; la saggezza si occupa della filosofia e della rivelazione; la fede si
occupa dell’esperienza spirituale vivente. Per mezzo della verità l’uomo raggiunge la
bellezza e per mezzo dell’amore spirituale si eleva alla bontà.
La fede porta a conoscere Dio e non semplicemente ad un sentimento mistico della
presenza divina. La fede non deve essere eccessivamente influenzata dalle sue
conseguenze emotive. La vera religione è un’esperienza di credenza e di conoscenza, così
come una soddisfazione dei sentimenti.
C’è una realtà nell’esperienza religiosa che è proporzionale al suo contenuto
spirituale e questa realtà trascende la ragione, la scienza, la filosofia, la saggezza e tutti
gli altri compimenti umani. Le convinzioni di una tale esperienza sono inoppugnabili; la
logica della vita religiosa è incontrovertibile; la certezza di questa conoscenza è
superumana; le soddisfazioni sono splendidamente divine, il coraggio è indomabile, le
devozioni sono assolute, le fedeltà supreme ed i destini sono finali—eterni, ultimi ed
universali.
[Presentato da un Melchizedek di Nebadon.]
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