Funzionamento e controlli giornalieri Elemento essenziale per il

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Funzionamento e controlli giornalieri
Elemento essenziale per il funzionamento del rivelatore è il gas: le MRPC sono infatti rivelatori a
gas in cui la presenza del campo elettrico e una particolare miscela di gas favoriscono la
ionizzazione primaria, la formazione del segnale e la sua rivelazione: l’aria non è un buon gas da
utlizzare.
La miscela utilizzata è 98 % freon ecologico 2 % di SF6 (esafloruro di Zolfo). Tale miscela è frutto
di molti studi sui rivelatori a gas e garantisce ottime prestazioni.
La presenza del gas implica quindi un sistema di alimentazione delle camere, in particolare esso è
costituito da 2 bombole contenenti ciascuna uno dei due gas alloggiate in un apposito armadio; le
bombole sono collegate ad un riduttore di pressione: il gas nelle bombole è ad alta pressione quindi
nel momento in cui si apre la bombola il gas uscirebbe con una pressione troppo elevata in quanto il
nostro sistema deve lavorate ad 1 bar. Il riduttore di pressione dunque porta la pressione del gas
della bombola alla pressione che noi vogliamo. Una volta aperta la bombola il gas fluisce ed arriva
al riduttore di pressione dove con un’opportuna manopola si può regolare la pressione alla quale il
gas uscirà dal riduttore stesso. Tale pressione che deve essere di circa 1 atm o 1 bar può essere letta
su un opportuno manometro sempre installato dalla ditta che ha fornito il sistema. In alcuni casi
inoltre è presente anche un manometro che permette di legger la pressione di uscita del gas dalle
bombole.
Dai riduttori di pressione (1 per ogni bombola) i gas sono trasportati (tramite tubi di rame) al mixer
(miscelatore): questo strumento è già stato tarato per miscelare i due gas in entrata in modo da
ottenere una miscela che contenga il 98% circa di freon e il 2 % circa di SF6. Il mixer quindi ha due
ingressi ed un’unica uscita che serve a mandare il gas verso le camere tramite un tubo di rame.
Sarà dunque necessario prelevare il gas in uscita (sempre tramite del tubo di rame) e collegarlo alle
MRPC che sono infatti dotate di due connettori per il gas. Quindi il gas dal mixer arriva alla prima
camera (prima scelta per convenzione) dove entra da uno dei connettori. Il gas fluisce all’interno
della camera. Ora l’altro connettore del gas è utilizzato per fare uscire il gas dalla camera stessa e
poi portarlo alla seconda camera. Di nuovo dalla seconda esce ed entra nella terza da cui infine esce
per essere estratto definitivamente. Tale sistema di flussaggio del gas è definito in serie perchè le
camere sono alimentate con il gas una dopo l’altra.
Alla fine della catena è installato un sistema di controllo del funzionamento del circuito del gas: il
gas in uscita dall’ultima camera potrebbe essere mandato direttamente all’esterno ma prima lo
convogliamo in un’ampolla con del liquido, tipicamente olio, in modo che se il gas fluisce vedremo
delle bolle formarsi ad indicare che almeno in prima approssimazione tutto funziona correttamente.
A seconda della quantità di gas immessa nelle camere per ora vedremo le bolle formarsi con
maggiore o minore frequenza.
La Figura 3 riporta schematicamente il circuito di alimentazione del telescopio con il gas. Va
sottolineato che il sistema del gas è un elemento indispensabile del telescopio: i rivelatori sono
rivelatori a gas e il loro funzionamento dipende dalla bontà con cui il sistema del gas funziona.
Bisogna inoltre ricordare che le camere prima di essere installate e messe a flussare vanno testate
per verificare che non vi siano fughe di gas: esse sono dannose per due motivi, innanzi tutto
causano la fuoriuscita di gas e il conseguente spreco di gas, ma possono anche provocare l’ingresso
di aria nella camera eventualità questa che compromette il buon funzionamento del rivelatore.
È fondamentale controllare quotidianamente il corretto funzionamento del sistema del gas
osservando sia il mixer sia l’ampollina: il mixer ha dei display e nessuno di loro deve segnare 0 e
l’ampollina deve mostrare bolle con una certa regolarità. Se uno dei display del mixer segna 0 è
probabile che il gas in una delle bombole sia terminato e quindi la bombola va sostituita.
Il sistema di alimentazione di alta tensione (le camere lavorano a tensioni totali applicate di circa 18
kV) è costituito da alimentatori di bassa tensione che forniscono tensioni continue in uscita
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comprese tra 0 e 5 V. Le tensioni in uscita sono portate a scatole contenenti convertitori DC/DC che
forniscono, se alimentati in ingresso con una tensione continua tra 0 e 5 V, in uscita alte tensioni
comprese tra 0 e 10 kV. Ogni MRPC è dotata di 2 connettori di alta tensione ai quali vanno
connesse 2 scatoline con i convertitori DC/DC. Ciò significa che possiamo alimentare la camera
fino a 20 kV. Bisogna infine notare che i convertitori utilizzati su una camera sono 1 positivo ed
uno negativo, infatti uno serve per alimentare l’anodo (elettrodo a potenziale maggiore) ed uno il
catodo (elettrodo a potenziale minore), la differenza di tensione totale è data dalla differenza delle
due tensioni quindi nel caso entrambe le scatole con i convertitori stiano erogando il massimo di
alta tensione possibile si ha:
ΔVTOT = VANODO – VCATODO = +10 –(-10) = + 20 kV
Per la messa in funzione dei rivelatori è dunque necessario avere 2x3 scatole di convertitori, in
particolare 3 blu e 3 rosse: le rosse sono per l’anodo e le blu per il catodo. Oltre a ciò è necessario
avere un numero di canali di alimentazione di bassa tensione pari a 6 (0.5 A ciascuno) tanti quanti
sono i convertitori. Infine, ovviamente, il materiale per connettere i canali di alimentazione ai
convertitori cioè cavo elettrico e connettori (tipo “banana”).
Una volta completate le connessioni tra alimentatori e convertitori si può iniziare ad alimentare le
MRPC cioè si può fornire tensione ai convertitori e quindi agli elettrodi della camera. Le tensioni
vanno variate gradualmente senza effettuare bruschi salti di tensione che potrebbero danneggiare
l’apparato.
Per aiutare il controllo sulle alte tensioni le scatole contenenti i convertitori sono dotate di due
uscite di tipo LEMO, un connettore molto usato negli apparati sperimentali in fisica. Questi
connettori hanno ciascuno una propria funzione:
1) un connettore è utilizzato per misurare tramite un multimetro la corrente assorbita dal rivelatore;
questa grandezza indica la bontà del funzionamento del rivelatore: un rivelatore ideale dovrebbe
assorbire 0 A di corrente, ma nella realtà le MRPC a tensioni di lavoro assorbono qualche
microAmpere.
2) il secondo connettore serve per misurare, sempre per mezzo di un multimetro, le tensioni in
uscita dal convertitore quindi ci permette di misurare la tensione a cui si trova il nostro rivelatore.
Questi due parametri vanno controllati quotidianamente, la corrente deve rimanere bassa e stabile e
la tensione deve rimanere all’ultimo valore impostato.
I convertitori sono stati testati prima di essere portati nelle scuole: in pratica sono stati portati
gradualmente al massimo della tensione in ingresso (5 V) e quindi alla massima tensione in uscita
cioè circa 10000 V controllando che non ci siano segnali di malfunzionamento.
Con passi graduali quindi si procede ad alzare la tensione di alimentazione delle camere, cambiando
la tensione dopo qualche ora per dar modo al rivelatore di assestarsi ogni volta alla tensione che si
vuole.
Ma vediamo in dettaglio quale tensione dobbiamo impostare per far sì che le MRPC lavorino
correttamente, scopriamo dunque qual è la tensione di lavoro delle MRPC.
Idealmente vorremmo che la tensione di lavoro sia quella per cui la camera ha la migliore efficienza
e la maggior stabilità: vogliamo cioè che il rivelatore riesca a rivelare il passaggio di tutte le
particelle che lo attraversano quindi parlando in termini percentuali la sua efficienza deve essere il
più vicino possibile al 100% (100 particelle attraversano il rivelatore e 100 particelle sono rivelate
dal rivelatore stesso). In più dato che lavoriamo a tensioni elevate e con strumenti sofisticati come i
convertitori DC/DC vogliamo che se per una qualunque ragione la tensione erogata dal convertitore
cambia di una piccola quantità l’efficienza non cambi in maniera troppo marcata.
La procedura per la misura della tensione di lavoro o curva di lavoro delle MRPC si basa
sull’utilizzo di altri rivelatori usati come riferimento. In particolare sono usati dei rivelatori a
scintillazione che hanno un principio di funzionamento diverso da quello dei rivelatori a
ionizzazione come le MRPC (forse si può anche parlare degli scintillatori). Si prendono quindi due
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rivelatori a scintillazione di tipo plastico, quindi assemblabili in diverse forme, e si dispongono
sopra e sotto un rivelatore MRPC. Una particella che attraversa entrambi gli scintillatori, date ovvie
considerazioni geometriche, deve aver attraversato anche la MRPC. Dato che la capacità di
rivelazione della MRPC dipende dalla tensione a cui la camera si trova per misurare la curva di
lavoro si procede a misurare, (tramite opportuni contatori) il numero di particelle che hanno rivelato
i due scintillatori (particelle che attraversano la MRPC) e il numero di particelle rivelate anche dalla
MRPC al variare della tensione applicata e si fa il rapporto tra i due valori.
Si ottiene una curva che tipicamente (cioè se tutto funziona correttamente) ha una rapida salita cioè
aumenta l’efficienza all’aumentare della tensione applicata fino ad un valore massimo che
tipicamente è dell’ordine del 95% che rimane poi costante. Le MRPC raggiungono di solito il
massimo di efficienza intorno ai 17.5 kV e lo mantengono poi fino ai 20 kV che è la massima
tensione applicabile con i convertitori DC/DC. Si ha quindi una regione di stabilità dell’efficienza
per cui a piccole variazioni di tensione non corrispondono grandi variazioni di efficienza: la
tensione di lavoro è scelta ponendosi al centro di tale regione di stabilità, tipicamente tra i 18 e i 19
kV di tensione applicata.
La misura della curva di lavoro delle MRPC è stata effettuata in laboratorio e prima
dell’installazione nelle scuole per avere la sicurezza del corretto funzionamento dei rivelatori prima
della loro installazione finale.
Il controllo giornaliero delle tensioni applicate alle MRPC e delle correnti assorbite permette di aver
un buon monitoraggio del corretto funzionamento del rivelatore.
(CONTEGGI come buon indicatore del buon funzionamento????)
Passiamo ora a descrivere la parte di raccolta e immagazzinamento dati. Il passaggio di particelle
cariche all’interno del rivelatore genera dei segnali elettrici che sono trasportati dalle strip presenti
in ciascuna camera. Le strip (strisce di rame) corrono lungo la direzione del lato più lungo della
camera (che d’ora in avanti chiameremo lato y) e sono lette da entrambi i lati corti della camera
(lato x) attraverso opportune schede dette di Front End o FEA cards. Le schede hanno lo scopo di
raccogliere i segnali, deciderne la bontà, in gergo discriminarli, e nel caso generare un segnale
standard (detto LVDS Low Voltage Differential Signal) che è trasmesso poi all’elettronica di
acquisizione dati. In realtà la scheda permette anche di fornire altre informazioni; in particolare la
scheda è in grado di stabilire se una qualunque delle strip di una camera ha avuto un segnale (è cioè
in grado di fare l’OR delle strip), e nel caso può generare un segnale LVDS che stabilisca che c’è
stata almeno una strip con segnale. Tale segnale di OR proveniente da ciascuna FEA di ciascuna
camera (un totale quindi di 6 segnali di OR) è mandato tramite opportuni cavi ad una scheda di
elettronica alloggiata in un CRATE VME. Il CRATE VME è una parte fondamentale del sistema di
acquisizione infatti in esso sono alloggiate tutte le schede di elettronica che servono per acquisire i
dati e trasmetterli al computer: rappresenta quindi un sistema standard di alimentazione di schede di
elettronica, che hanno bisogno di tensione per funzionare, ma anche di un sistema di lettura delle
schede stesse comandato dal computer tramite un opportuno mediatore cioè il BRIDGE che infatti è
connesso tramite lo standard USB al computer.
Tornando ai segnali di OR essi dunque arrivano ad una scheda alloggiata nel crate VME. La scheda
ha il compito di controllare prima che ci siano due segnali di OR ad entrambe le estremità di una
camera, in gergo fa l’AND dei due lati di una camera, e poi controlla se tale AND è presente in tutte
e tre le camere: in tal caso abbiamo quello che si chiama trigger cioè presumibilmente un evento
buono per il telescopio cioè una particella che ha attraversato tutte e tre le camere.
Se così è la scheda di trigger genera un segnale detto appunto di trigger che autorizza la catena di
acquisizione ad immagazzinare i dati e trasferirli al computer. Ma cosa è trasferito al computer?
Dalle schede FEA non arriva solo il segnale di OR ma tramite un opportuno cavo chiamato
Amphenol si connette la scheda FEA ad un TDC, un modulo alloggiato nel CRATE VME, che ha il
compito di misurare i tempi di arrivo dei segnali. In particolare tale cavo permette di registrare la
strip che ha dato segnale e di misurare il tempo di arrivo del segnale rispetto al segnale di trigger.
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Tali dati sono trasmessi al computer ed immagazzinati in file dati che sono poi analizzati
utilizzando opportuni programmi di decodifica.
La comunicazione tra l’elettronica e il computer è gestita tramite un programma chiamato
programma di acquisizione dati: tramite il software si gestisce l’elettronica e il suo funzionamento e
si impartiscono i comandi necessari affinché i vari moduli alloggiati nel CRATE acquisiscano i dati
ritenuti interessanti, che cioè appartengono ad un TRIGGER, e li inviino al computer dove vengono
immagazzinati.
Altri programmi poi si occupano di leggere e tradurre tali dati in maniera tale da fornire sia
strumenti semplici e rapidi per controllare il corretto funzionamento dell’apparato e di permettere di
ricostruire ciò che è accaduto: nel caso un muone sia passato nel telescopio vogliamo infatti
ricostruire il maggior numero di informazioni possibili. Dai 3 punti di passaggio delle camere
possiamo ricostruire la traiettoria del muone, e dai dati forniti dal GPS possiamo associare a tale
muone anche un tempo universale che in una successiva indagine (analisi) può essere messo in
relazione con i muoni rivelati in altri telescopi.
Ma vediamo innanzi tutto quali possono essere strumenti semplici per monitorare il corretto
funzionamento del rivelatore.
Anche se il sistema del gas e il sistema di alimentazione delle camere sono funzionanti vi possono
essere altre cause che inpediscono il funzionamento ottimale del telescopio. Infatti la prima fase
della raccolta dati è in pratica gestita dalle schede di lettura (FEAs) che sono schede elettroniche
con vari componenti. Se uno di essi non funziona correttamente tutta l’acquisizione ne risente.
Uno strumento molto potente è dato da quello che in gergo viene chiamato istogramma di HitMap:
innanzi tutto un istogramma è un grafico in 2 dimensioni (x-y) che rappresenta dei conteggi;
tipicamente lungo l’asse x sono riportati i possibili risultati di una determinata prova e lungo l’asse
y il numero di volte che un risultato è stato ottenuto. Nel nostro caso poniamo lungo l’asse delle x il
numero della strip che è stata colpita e lungo l’asse y quante volte quella certa strip ha dato un
segnale: sapendo quale è il sistema di trigger con il quale si stanno acquisendo i dati sperimentali,
osservando una HitMap si può dare una prima valutazione del funzionamento della camera. Se ad
esempio si notano negli istogrammi colonne la cui altezza è pari a zero ciò potrebbe indicare un
problema connesso alla strip o alla scheda.
Inoltre sono stati sviluppati opportuni programmi che consentono di analizzare più dettagliatamente
i dati: lo scopo del rivelatore è quello di rivelare e ricostruire la traiettoria dei muoni che
attraversano il telescopio; è stato quindi sviluppato un pacchetto software che consente, partendo
dai dati immagazzinati, di ricostruire in un opportuno sistema di riferimento il punto di passaggio
del muone nelle MRPC del telescopio ed anche la traiettoria. Tale pacchetto è corredato di quello
che in gergo è detto event-display: cioè la visualizzazione dell’evento.
Il quotidiano monitoraggio del telescopio, che sarà affidato agli studenti e insegnanti delle scuole
ospitanti il rivelatore, dopo un opportuno periodo di preparazione insieme a personale tecnico e
ricercatore, è uno degli aspetti fondamentali del progetto. I telescopi, infatti, dovranno funzionare
giorno e notte ed i dati provenienti da ciascun telescopio in Italia saranno di primaria importanza
per la ricerca di eventi in coincidenza temporale tra siti distanti tra loro.
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