SCHEDE PRODOTTI
Miele delle Dolomiti
Territorio interessato alla produzione
I comuni presenti nel territorio della Provincia di Belluno
La storia
Nelle Dolomiti Bellunesi, in un paesaggio per certi tratti ancora incontaminato, immerso nel verde di boschi e
prati fioriti, la produzione di miele acquista delle particolari caratteristiche organolettiche che lo rendono
qualitativamente molto apprezzato.
L'apicoltura è una delle attività più diffuse in tutto il territorio bellunese e in particolar modo entro i confini del
Parco: proprio perché praticata in questo particolare contesto, mantiene tecniche di tipo tradizionale per
ottener un prodotto biologico.
Da oltre un ventennio inoltre, Apidolomiti, l’Associazione apicoltori della Provincia di Belluno, organizza un
convegno dedicato all’apicoltura di montagna.
Descrizione del prodotto
Il miele delle Dolomiti Bellunesi rientra nella lista dei prodotti tradizionali della Regione Veneto. Le piante
presenti nel Parco e nella zona attigua da cui si ricava questo miele sono: rododendro, tarassaco, acacia,
castagno e il millefiori.
Oltre ai mieli più comuni di Acacia, o Millefiori, molti produttori si dedicano a produzioni particolari quali:
Miele di bosco (in realtà è miele di Melata di Abete), Miele di Geranio Selvatico, Miele Millefiori d'Alta
Montagna.
Il miele di bosco viene prodotto dalle nostre api nei mesi di luglio e agosto. È questo il periodo dove
"fioriscono" le conifere. Il colore è molto scuro, quasi nero. Il sapore è leggermente resinoso, meno dolce ma
più aromatico. L´odore è caratteristico, non pungente.
Presso i popoli antichi, il miele di bosco veniva consumato per sopperire ai dolori alle vie respiratorie,
bronchiti e mal di gola. Inoltre è utile ad aiutare la crescita dei bambini. Viene usato anche come calmante, la
sera prima di coricarsi.
Il Millefiori d'Alta Montagna è straordinario: dolce, e dal sapore intenso, ha un aroma caratteristico difficile
da descrivere ma decisamente piacevole.
Il miele di rododendro (nelle foto sopra) è caratterizzati da un colore chiarissimo, odore quasi inesistente e
aroma molto leggero, del tipo fresco, fruttato. Questo tipo di prodotto è però piuttosto raro e i mieli definiti
abitualmente di rododendro presentano un aroma più intenso rispetto a quello descritto, dovuto alla
presenza di altre specie. Sono comuni mieli di rododendro con un aroma floreale/fruttato dovuto al lampone
o con odore pungente dovuto al timo. Si tratta di prodotti che vengono molto apprezzati dal consumatore per
le loro caratteristiche organolettiche, ma soprattutto in quanto raccolti in zone incontaminate di alta
montagna.
Processo di produzione
Nella produzione di miele biologico vengono utilizzate tecniche che consistono prevalentemente nella ricerca
di aree incontaminate, e nel continuo perfezionamento delle tecniche di allevamento delle api, di smielatura
e d'invasettamento.
E' escluso l'uso di antibiotici, sostanze chimiche di sintesi e zucchero.
Quindi il miele biologico non deve subire alcun trattamento che ne possa alterare le caratteristiche naturali.
Per la produzione bellunese del miele viene utilizzata l’arnia di tipo Dadant Blatt, più razionale dei tradizionali
Bugni rustici, a causa dei quali venivano distrutte intere colonie per l’estrazione del prodotto.
Reperibilità
Prodotto in notevoli quantitativi, è facilmente reperibile durante tutto l’anno presso i produttori ed i rivenditori
in tutto il territorio provinciale.
Usi
Appena estratto dall'alveare il miele si presenta come un liquido ambrato, denso, trasparente, dolce e
profumato. Quanto alla sua composizione, è molto ricca. Al punto che, sebbene molte restino ancora
sconosciute, vi sono già state identificate oltre 180 sostanze: oltre all'acqua e agli abbondanti zuccheri
contiene vari sali minerali, sostanze azotate, acidi organici, vitamine, sostanze che agiscono come
catalizzatori ormonali, pigmenti vegetali, enzimi e sostanze volatili (che concorrono a determinare l'aroma).
Le sue proprietà energetiche (100 grammi forniscono circa 370 calorie) sono legate alla presenza di zuccheri
prontamente assimilabili, che rendono il miele adatto ad esempio nelle fatiche prolungate e nelle attività
sportive.
Curiosità
La vita media delle api operaie nate in primavera-estate è di 30-40 giorni e quella delle api nate in autunno è
di 5-6 mesi. La vita media di una regina è di 2-3 anni.
Una goccia di miele è il risultato della visita di 100 fiori, per un chilo devono visitare da 80.000 a 6.000.000 di
fiori; ciò rappresenta almeno 67.000 viaggi, totalizzando una distanza di 100.000 chilometri.
Un’ape bottinatrice esce dall’alveare 20-25 volte al giorno.
Mais sponcio
Materia prima
Il Mais Sponcio è un'antica varietà di granoturco ad impollinazione libera coltivato fin dall'ottocento nella Val
Belluna, a ridosso del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi, in particolare nei Comuni di Cesiomaggiore, Feltre
e Santa Giustina
Aspetto
Presenta spighe affusolate a tutolo bianco, con semi di colore aranciato vivo dalla inconfondibile forma a
punta, tecnicamente definibile come 'rostro', rivolto verso l'apice della spiga, da cui il nome dialettale
'sponcio', che punge
Sapore
Il colore giallo arancio intenso e la tradizionale macinatura a pietra, ne fanno una varietà ottima per ottenere
la classica polenta di montagna, gialla, densa, soda, forte e profumata e con le caratteristiche pagliuzze
marroni
Curiosità
La Cooperativa Agricola 'La Fiorita' è sorta nel 1997 ed è composta oggi da oltre 140 agricoltori associati,
impegnati nella tutela, promozione e valorizzazione del proprio territorio e delle proprie produzioni agricole.
la società offre al proprio socio un servizio completo di filiera, dalla formazine all'assistenza, dalla
sperimentazione all'utilizzo di macchine ed attrezzi agricoli. Pone come condizione primaria una produzione
sostenibile e compatibile con l'ambiente, nonchè il recupero e la conservazione delle vecchie varietà. Quelli
proposti e tutelati da 'La Fiorita' sono prodotti iscritti nel Registro Nazionale dei Prodotti Agroalimentari
Tradizionali, che hanno ricoperto e ricoprono tutt'ora un ruolo di primaria importanza per il territorio
bellunese. Prodotti dalla storia centenaria, coltivati secondo la tradizione
Selezionato perchè
Il Mais Sponcio e la sua farina per polenta sono inseriti nell'Elenco Nazionale dei prodotti Agroalimentari
Tradizionali e nell'elenco della Regione Veneto tra le varietà a rischio di erosione genetica e meritevole di
valorizzazione. Per tutelare prodotti e produttori, nel gennaio 2008 si è costituito il Consorzio Tutela Mais
Sponcio, che oggi raggruppa circa 20 agricoltori per un totale di circa 13 ettari coltivati. Le produzioni sono
realizzate unicamente nel territorio Bellunese secondo un disciplinare tecnico sostenibile eco-compatibile,
che norma le fasi di coltivazioni in campo, di essiccazione, molitura e confezionamento. In accordo tra i Soci,
quest'ultime fasi sono affidate alla Coop. Agr. La Fiorita di Cesiomaggiore, che ne cura anche la vendita e la
promozione
Formaggio Piave DOP
Materia prima
Latte vaccino prodotto in allevamenti della provincia di Belluno.
Tecnologia di lavorazione
Il formaggio PIAVE viene prodotto secondo le antiche regole dell’arte casearia, oggi raccolte in un
“Disciplinare di produzione”, per aggiunta al latte di un “lattoinnesto” e un “sieroinnesto” specifici, anch’essi
prodotti in loco rispettivamente da latte crudo e da siero di lavorazione contenenti fermenti appartenenti a
ceppi autoctoni, fondamentali per conferire al prodotto le specifiche proprietà organolettiche.
Alla coagulazione per aggiunta di “presame”, segue la cottura della cagliata e formatura negli stampi; quindi
la salatura per immersione in soluzione di acqua e sale.
Infine la stagionatura in magazzini a temperatura e umidità controllate.
stagionatura
Viene commercializzato in tre tipologie principali, oltre ad una “Selezione” ed un “Riserva”:
1) fresco ( stagionatura 20-60 giorni)
2) mezzano (stagionatura 60-180 giorni)
3) vecchio (oltre 180 giorni)
- vecchio “Selezione Oro” (oltre 12 mesi)
- vecchio “Riserva” (oltre 18 mesi).
aspetto del prodotto finito
E’ un formaggio a pasta cotta, duro e stagionato.
Di forma cilindrica, con diametro di 30/34 cm., scalzo (altezza) di 6/10 cm. e 5/7 kg. di peso.
Allo scopo di tutelare i consumatori, il nome del prodotto (piave) è marchiato su tutto lo scalzo in senso
verticale e con il verso della scritta alternato. Viene inoltre personalizzato con una etichetta in carta-seta con
l’indicazione della stagionatura, applicata sul piatto per facilitarne la riconoscibilità al momento dell’acquisto.
Caratteristiche sensoriali:
Sapore: inizialmente dolce e lattico, in particolare nella tipologia “Fresco”, ma che si riscontra ancora nel
“Mezzano”. Procedendo con la stagionatura, prevale una maggiore sapidità e diventa progressivamente
intenso e corposo, mai piccante, nelle stagionature più avanzate.
Crosta: presente, tenera e chiara nella tipologia “Fresco”, mentre aumenta di spessore e consistenza con
l’avanzare della stagionatura, diventando dura e di una colorazione progressivamente più scura e tendente
all’ocra nella tipologia “Vecchio, Vecchio Selezione Oro e Vecchio Riserva”.
Pasta: è caratterizzata dall’assenza di occhiatura. Si presenta bianca e omogenea, nella tipologia “Fresco”,
mentre nelle stagionature più avanzate assume una colorazione giallo paglierino ed una consistenza più
asciutta, granulosa e friabile, arrivando a presentare una leggera e caratteristica sfogliatura nella tipologia
“Vecchio, Vecchio Selezione Oro e Vecchio Riserva”.
area di produzione
Il formaggio PIAVE viene prodotto in provincia di Belluno, con latte raccolto nella stessa provincia.
Denominazione d’Origine Protetta
Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (CE) del Regolamento n. 443 del 21 maggio 2010 il formaggio
Piave ha ottenuto il riconoscimento D.O.P. - Denominazione d’Origine Protetta.
Curiosità
Il formaggio Piave è conosciuto ed apprezzato anche all’estero, in particolare negli Stati Uniti e Canada. Nel
2003 è stato infatti selezionato dalla prestigiosa rivista statunitense “Saveur” tra i 100 migliori prodotti al
mondo per dell’anno 2002.
Hanno scritto del Piave prestigiosi quotidiani come “NY Times” e “S. Francisco Chronicle”, oltre a riviste
specializzate come “The Retail Gourmet”.
Il Piave è uno dei prodotti di punta nell’assortimento del negozio specializzato Di Palo di Manhattan, un
punto vendita di riferimento per la distribuzione statunitense.
Alla 4^ edizione delle Olimpiadi dei formaggi di montagna, nel mese di ottobre 2005 a Verona, il formaggio
Piave ha vinto il prestigioso premio Buonitalia come miglior formaggio italiano d’esportazione. Un
riconoscimento confermato dal secondo posto ottenuto alla 5^ edizione nel 2007 a Oberstdorf in Germania.
Sempre nel 2007 è stato premiato con medaglia d’oro, migliore tra i formaggi stagionati, ad un concorso
organizzato nell’ambito del PIR Cheese di Mosca, la principale fiera russa per la ristorazione.
Alla 6^ edizione delle Olimpiadi dei formaggi di montagna a Segnelégier in Svizzera il formaggio Piave ha
ottenuto nuovamente la prima posizione tra i migliori formaggi italiani da esportazione, davanti alla Fontina e
al Parmigiano Reggiano.
Nel 2013 il Piave Selezione Oro e il Piave Mezzano hanno ricevuto, nelle rispettive categorie, due medaglie
d’argento al “World Cheese Awards“, il più grande concorso a livello mondiale dedicato ai formaggi, svolto a
Birmingham nell’ambito della fiera BBC Good Food Show.
Speck
Nelle varie pezzature: Intero, Intero s/v, Mezzo s/v, Quarto s/v, Ottavo s/v e busta gr. 100 ATM, viene ricavato
dalla coscia di suino, disossata, rifilata, e mondata dai muscoli e nervetti eccedenti, salata e aromatizzata a
secco per un periodo di ca. 4 settimane a bassa temperatura con ciclo di emissione e aspirazione fumo. Al
termine di questa operazione i carrelli con lo speck vengono trasportati nelle apposite celle di stagionatura
ove stazionano per un periodo variabile dalle 20 alle 22 settimane.
E' un alimento particolarmente nutriente, moderatamente calorico e altamente proteico, sia per la qualità che
per la quantità delle proteine, ricche di aminoacidi essenziali.
Scheda nutrizionale dello speck:
(valori per 100gr. di prodotto)
Calorie
370,00
Parte edibile
100,00%
Proteine
22,20 g.
Grassi
32,70 g.
Acqua
41,70 g.
Ferro
1,20 mg.
Calcio
20,00 mg.
Fosforo
177,00 mg.
Vitamina B1
0,91 mg.
Vitamina B2
0,26 mg.
Vitamina PP
5,00 mg.
Caratteristiche organolettiche:
Colore esterno: marrone
Aspetto interno: rosso con parte in bianco rosato
Odore: affumicato, aromatico, gradevole
Gusto: moderatamente intenso, saporito.
Il fagiolo di lamon
TTERI BOTANICI
Famiglia: Papilionaceae (Leguminosae - Fabaceae )
Sottofamiglia: Papilionateae
Sezione: Phaseoleae
Genere: Phaseolus
Specie: vulgaris
Radice: poco fittonante con ramificazioni poco profonde e radici laterali estese che possono presentare i
tubercoli dei batteri radicicoli (Rhizobium).
Fusto: cilindrico volubile sinistrorso di notevole sviluppo. In zona esiste anche una tipologia, poco diffusa,
determinata a fusto eretto (Spagnolet nano).
Foglie: alterne composte trifogliate, le due laterali simmetriche, lanceolate, la centrale in genere più grande
delle altre, romboidale più o meno appuntita.
Fiore: riunito in infiorescenze a racemo che nascono all’ascella delle foglie, calice gamosepalo verde, corolla
di cinque petali di colore lilla più o meno carico, fecondazione autogama in quanto il polline matura a fiori
ancora chiusi determinandone una alta, ma non stretta (98 – 99 %) autofecondazione (cleistogamia).
Frutto: baccello con due valve con dentro semi in numero variabile da 3 a 6, da dritto a leggermente curvo
con varie e più o meno vivaci striature di colore rosso.
Seme: a germinazione epigea, formato da due cotiledoni che evidenziano il punto di attacco alle valve
chiamato ilo. Striature di colore rosso ad intensità e distribuzione variabile.
Cultivar: Spagnolet, Spagnol, Calonega, Canalino
Spagnolet: baccelli di circa 12 cm con striature rosso intenso.
Contengono da tre a cinque semi rotondeggianti del peso medio di 0,78 gr con striature rosso carminio su
fondo beige, buccia fine e tenera. Fiori rosa tenue - i primi inseriti a 30 – 35 cm dal suolo.
Spagnol: baccelli di circa 13 cm con striature rosso vinose.
Contengono normalmente quattro semi ovoidali del peso medio di 0,85 gr con tipiche striature rosso
carminio scuro su fondo beige, buccia mediamente
fina e tenera. Fiori rosa vinato - i primi inseriti a 35 - 40 cm dal suolo.
CARATTERISTICHE DEL PRODOTTO
Valori nutrizionali del fagiolo di Lamon (valori medi per le cultivar Spagnol, Spagnolet e Calonega)
Per 100 gr Per 100 gr di prodotto secco di prodotto fresco Valore energetico Kcal 278 104
Acqua g. 10,3 62,1
Proteine g. 24,5 8,4
Lipidi g. 2,0 0,6
Glucidi disp. g. 47,7 19,3
Fibra g. 13,3 8,6
Sodio mg. 3 2
Potassio mg. 1.478 650
Ferro mg. 9 3
Calcio mg. 102 44
Fosforo mg. 464 180
Niacina - vit. PP mg. 2,1 1
Tiamina - vit. B1 mg. 0,55 0,24
Riboflavina - vit. B2 mg. 0,12 0,1
Vitamina A mg. - 18
Vitamina C mg. - 10
Calonega: baccelli di circa 14 cm con striature rosso carico.
Contengono da tre a cinque semi reniformi, schiacciati del peso medio di 0,95 gr con striature rosso inglese
su fondo beige, buccia mediamente fina e tenera.
Fiori rosa pallido - i primi inseriti a 70 - 80 cm dal suolo.
Canalino: baccelli di circa 15 cm con striature rosso vivo.
Contengono 5 - 7 semi del peso di 0,90 gr con striature ambra bruciata, tendenti al nero su fondo beige
chiaro, con buccia spessa e tenace. Fiori rosa vinato carico – i primi inseriti a 30 - 35 cm dal suolo.
CLIMA
Pianta macroterma: a +1 ÷ +2° C la pianta muore, la temperatura minima del terreno per la germinazione è
di 12° C, ma per avere una buona emergenza e sviluppo della plantula la temperatura deve superare i 15°C.
La temperatura ottimale durante la fase vegetativa va da 20 a 26°C con ridotte escursioni termiche
giornaliere. Per l’allegagione, che si realizza prevalentemente durante le ore notturne, risultano ottimali 19 23°C; temperature più basse, ma anche più alte, causano cascola dei fiori, riducono la percentuale di
baccelli allegati e il numero di semi per baccello. La pianta richiede una moderata ma costante disponibilità
idrica.
TERRENO
Il fagiolo di Lamon ha dimostrato di dare i migliori risultati in terreni di medio impasto, profondi, non compatti,
anche in presenza di scheletro frequente con facilità di sgrondo delle acque in eccesso e con le seguenti
caratteristiche:
Reazione (pH): 5,5 - 6,8
Salinità (mS/cm): < 1,2
Sostanza organica (%): 2 - 3
Rapporto C/N: 9 - 12
C.S.C. (meq/100gr): 10 - 15
Calcare attivo (%) < 5
Basso contenuto di alluminio, boro, cloro e manganese
Discreta presenza di rame, molibdeno e zinco.
Noce feltrina
Il noce è una pianta di origini antichissime, proveniente dalle regioni dell’ Asia sud- sudoccidentale, dove
cresce spontanea. Diffusasi anche nelle zone temperate di Europa e Stati Uniti è apprezzata sia per la
produzione del frutto, molto usato in cucina, che per quella di legname pregiato.
La noce è tradizionalmente simbolo di fortuna ed i romani, durante le cerimonie nuziali, erano soliti lanciarle
sugli sposi come oggi si usa fare col riso. Nella zona del feltrino la produzione di noci ha sempre rivestito un
ruolo secondario nell’economia domestica, ma mai trascurabile, legata soprattutto alle peculiarità del
prodotto locale che lo rendono apprezzato e rinomato. Tradizionalmente era abitudine degli agricoltori di
queste zone mettere a dimora una pianta di noce vicino a casa, in genere nei pressi della concimaia, molto
ricca di sostanza organica. Un’altra antica usanza tipica delle famiglie contadine del bellunese, ancora viva
fino a 20-30 anni fa, era di piantare un noce per ogni femmina che nasceva come buon auspicio e simbolo di
fecondità.
Il noce è una pianta lenta nello sviluppo, longevo, vive fino a 100 anni e può raggiungere i 30 metri di
altezza. La pianta si adatta bene ai terreni di collina tipici del castagno, da 600 a 800 metri di altitudine, per
questo ha trovato nel territorio feltrino luoghi adatti al suo sviluppo. La coltura di quest’albero non richiede
particolari interventi dell’uomo, essendo sufficienti solo potature semplici per l’eliminazione di rami secchi o
malandati. La raccolta si effettua mediante bacchiatura e raccattatura manuali. I frutti raccolti sono privati del
mallo che li riveste, selezionati, lavati e asciugati e infine conservati in ambienti asciutti e ventilati prima di
essere commercializzati.
Questa varietà di noce presenta forma sub-ellittica (ovoidale), con base arrotondata ed apice appuntito, con
margine delle suture quasi nullo. Il peso medio varia dai 6 ai 10 grammi; il guscio è chiaro, di spessore più
sottile (1-2 mm) rispetto alle medie riscontrabili per altre varietà. La “noce del feltrino” ha la caratteristica
della “premicità” ovvero che si può schiacciare con le sole dita, è poco rugosa, più liscia di altre varietà e
presenta una resa allo sgusciato del 56% (su ogni 10 g. circa 5,6 sono commestibili) con un gheriglio che si
stacca facilmente dal guscio
Mela prussiana
1. Categoria
Prodotti vegetali allo stato naturale o trasformati;
2. Nome del prodotto, compresi sinonimi e termini dialettali
Pòm Prussian (mela prussiana)
3. Territorio interessato alla produzione (specificare i singoli Comuni)
L’area di diffusione e maggiore sviluppo di coltivazione del Pòm Prussian è l’intero territorio del Comune di
Sovramonte e in particolare l’area all’estremità sud dell’altopiano sovramontino che coincide con la frazione
di Faller.
Da questa iniziale area di diffusione, la coltivazione si è estesa in tutto il territorio della Provincia di Belluno e
così come previsto dallo specifico “Disciplinare di produzione del Pòm Prussian”, questa varietà di melo e
rinvenibile e coltivabile in tutti i 69 Comuni bellunesi.
Sempre nel disciplinare sopra menzionato è stata opportunamente limitata al solo territorio del Comune di
Sovramonte, l’area in cui avviene la riproduzione e produzione di marze e piante innestate.
Nella frazione di Faller di Sovramonte ha sede il neo-nato Consorzio di Tutela del Pòm Prussian.
4. Descrizione sintetica del prodotto (indicando le materie prime impiegate)
Il Pòm Prussian, indicato anche con il nome di Mela Prussiana, appartiene al Genere Malus e alla Specie M.
Communis. Si tratta di una specifica varietà, provvista di originali e ben determinati caratteri botanici che
sono stati recentemente caratterizzati attraverso uno studio botanico-agronomico e etnobotanico, proposto
dal Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi e realizzato dall’Istituto Professionale di Stato per l’Agricoltura e
l’Ambiente “A. Della Lucia” di Feltre.
In sintesi il Pòm Prussian, presenta le seguenti caratteristiche botaniche e vegetative: Descrizione della
pianta: la pianta di carattere vigoroso, in habitus naturale presenta una chioma espansa e raggiunge altezze
di 5-6 metri. L’apparato radicale è moderatamente superficiale, rami e branche generalmente a sezione
rotonda e corteccia a maturità con evidente sfaldamento a placche e fessurazioni verticali. Le foglie sono
semplici, penninervie, ovate, mucronate, a margine seghettato-carenato. La pagina superiore della foglia è di
colore verde scuro brillante e glabra, la pagina inferiore è di colore verde opaco e lievemente pubescente. I
fiori, riuniti in corimbi, sono composti da 5 sepali verde chiaro e 5 petali bianchi venati di rosa e dal profumo
forte e gradevole.
Descrizione del frutto: il frutto presenta pezzature medio-elevate (280-450 grammi e calibro 60 mm) di forma
tronco-conica appiattita, con cavità calicina medio profonda. Il peduncolo è particolarmente corto e la cavità
calicina è discretamente profonda. Il colore di fondo della buccia è giallo-verde, con elevata entità di
sovracolore rosso anche esteso. La buccia che presenta lenticelle, appare liscia al tatto e lo spessore è
importante. La polpa è di colore bianco chiaro, di buona consistenza e tendenzialmente fondente, a
maturazione zuccherina, aromatica. Il sapore nel complesso è eccellente, molto apprezzato dai consumatori
in quanto si contrappone ai sapori uniformati e appianati delle cultivar moderne.
Aspetti vegetativi e biologici: la ripresa vegetativa della mela Prussiana avviene nella prima decade di aprile,
la fioritura si evidenzia nella prima decade di maggio a circa un mese da quella prevista per le mele del
gruppo Golden. La maturazione dei frutti ha inizio verso l’ultima decade di settembre e l’epoca di consumo
ha inizio dalla prima decade di ottobre. E’ una pianta molto rustica e resistente alla basse temperature,
sensibile però alla ticchiolatura, carpocapsa e punteruolo. La produttività è molto variabile in funzione della
forma di allevamento utilizzata e per piante a sviluppo libero si stimano produzioni di 120- 200 kg per pianta.
Ulteriori e dettagliate informazioni botaniche, agronomiche e etnobotaniche sono reperibili nel progetto
Progetto Leader Plus: “Biodiversità coltivata: dalla catalogazione alla conservazione”, realizzato dal Parco
Nazionale delle Dolomiti Bellunesi nell’anno 2005.
La mela prussiana è stata inoltre catalogata da Slow-Food, Legambiente e Federparchi e segnalata nell’
“Atlante dei prodotti tipici dei parchi italiani”.
5. Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura
La coltivazione del Pòm Prussian ha conservato un legame forte con la tradizione ed è intimamente legata
alla forte naturalità dell’ambiente. Le tecniche di coltivazioni, da sempre praticate, sono a basso impatto
ambientale e coincidenti con i metodi propri dell’agricoltura integrata e dell’agricoltura biologica. Lo stesso
“Disciplinare di produzione del Pòm Prussian” prevede il divieto assoluto di erbicidi e cascolanti di sintesi
chimica, interventi di fertilizzazioni mirati e limitati, una difesa fitosanitaria basata su programmi integrati e
con l’utilizzo di soli prodotti di classe tossicologica “non classificato”. Per quanto riguarda la riproduzione,
essa viene affidata a vivai specializzati presenti anche in loco, che ripropongono la varietà Pòm Prussian,
innestata in M9 o M106 e M26.
La coltivazione del Pòm Prussian avviene, come da tradizione, in grandi piante sparse in prati arborati.
Numerose ed evidenti sono ancora oggi le vecchie piante di Pòm Prussian, rinvenibili in particolare a
Sovramonte e in numerose altre aree della Provincia di Belluno.
Nell’ultimo ventennio sono stati proposti efficaci sistemi di coltivazione semi-specializzati, previsti nel
“Disciplinare di produzione del Pòm Prussian”, con densità massima di 4000 piante/ettaro, con filari semplici
e con interfilari non inferiori a 3 metri e distanze sulla fila non inferiori a 2 metri.
6. Indicare materiali ed attrezzature specifiche utilizzati per la preparazione e il condizionamento del
prodotto
Le mele prussiane sono raccolte a maturazione completa e successivamente non subiscono altre
manipolazioni e condizionamenti, se non quelli della conservazione tradizionale.
7. Descrizione dei locali di lavorazione, conservazione e stagionatura
La conservazione a lungo termine avviene, come da tradizione, in luoghi idonei e rappresentati solitamente
da cantine e locali opportunamente freschi e ventilati, oppure anche in fienili ove i frutti vengono coperti con
fieno e con bucce dei baccelli di fagiolo. Il “Disciplinare di produzione del Pòm Prussian” prevede l’utilizzo di
celle frigorifere e in futuro anche in strutture di conservazione con atmosfera controllata. I frutti sono di
norma commercializzati dalla metà del mese di settembre e fino, e non oltre, il 20 maggio. La tradizione non
ha mai proposto particolari forme di confezionamento o imballaggio. Ora il Disciplinare prevede specifiche
tipologie di imballaggi e specifiche modalità nella selezione dei frutti che presentano in genere calibro
comunque superiore a 60 mm.
8. Indicare gli elementi che comprovino che le metodiche siano state praticate in maniera omogenea
e secondo regole tradizionali per un periodo non inferiore ai 25 anni.
Di recente è stata effettuata una ricerca nel territorio sovramontino, e in particolare nella località di Faller, per
ritrovare le origine storiche di questo prezioso frutto attraverso ricerche bibliografiche ed interviste agli
anziani del paese.
La tradizione orale è concorde nell’indicare in un gruppo di minatori, costretti ad abbandonare la Prussia in
una tarda primavera di fine Ottocento o dei primi del Novecento, gli artefici dell’introduzione della mela
prussiana a Faller1:. Infatti nel rientro i minatori portarono le marze di alcune piante da frutto, Marino
Giazzon, Faller. Storia di una comunità, Feltre (BL) 1986, p. 173: “Tra i frutti ebbero grande fortuna le
mele, alcune delle quali sono di origine straniera, portate dagli emigranti, come le mele prussiane”
Probabilmente attratti e dalle dimensioni e dal colore di quelle varietà forestiere, che si affiancarono a quelle
già presenti nella zona d’origine.
Da un racconto-testimonianza del Signor Moretton Baldassare, nato a Faller il 10-7-1915 e tutt’ora residente,
si evidenzia che il pioniere Dal Zot Giovanni detto ‘Camillo’ nato intorno al 1870, dopo aver trascorso alcuni
anni nelle miniere di ferro e carbone negli stati dell’ex ‘Prussia’, ritornò nel 1896 con alcune marze (le
calmelle) di una particolare mela, di pezzatura grossa e che presentava a maturazione un colore giallo
intenso e un rosso carminio, e che lui chiamò ‘pom prusian’. Aveva infatti pensato che detta pianta,
provenendo da paesi che presentavano una temperatura molto simile a quella dell’altopiano in cui era nato,
sicuramente avrebbe attecchito anche nel suo paese. Poiché era il primo tentativo di impianto, per sicurezza
l’esperimento fu iniziato sulle alture più basse di Faller, attorno ai 500 metri, nella località ‘nTerna’ dove
aveva una stalla di sua proprietà. Tutt’ora vi sono conservate alcune antiche piante.
La testimonianza del Signor Slongo Michele nato il 14-1-11 riporta che ,subito dopo l’avventura lavorativa di
Dal Zot Giovanni, molti giovani nati attorno al 1870, seguirono il suo esempio ed emigrarono in quelle
località, con la speranza di sfamare le proprie famiglie. Vennero smistati su diverse miniere: alcuni gruppi
furono indirizzati alle miniere per l’estrazione del ferro, altri su quelle di carbone. Qualcuno vi portò la moglie
e lì nacquero anche i figli, ma con l’inasprirsi della politica locale, a regime totalitario, alla vigilia della prima
guerra mondiale, furono rimpatriati, portando ciascuno una marza nella valigia di cartone.
Vanno ricordati i ceppi delle famiglie che emigrarono: i Dal Zot, i Trento, gli Slongo e i Moretto. La mela si
propagò da Faller su tutto l’altipiano sovramontino per tutto il secolo scorso. Ogni emigrante pensò bene di
impiantare le ormai famose piante di mela prussiana nel proprio podere.
La diffusione della pianta fu sollecitata anche dalle esperienze culinarie delle donne sulle fornèle: seguendo
ricette dei vicini Primiero e Tirolo, accanto al famoso strudel, inventarono un dolce tipico, la pinza dela nona,
con un impasto di farina gialla e bianca, mele prussiane, fichi, uva secca e polpa di zucca. Al pari di altri
prodotti montani (i marroni della zona di Seren del Grappa ed i fagioli di Lamon) nel periodo tra le due guerre
mondiali del secolo scorso, le mele prussiane divennero un prodotto di scambio con il quale procurarsi la
farina di mais e di frumento dalle terre del fondo valle e della pianura veneta, giungendo anche ad avere un
discreto mercato con l’area padovana per la produzione di alcol denaturato.
Lungo la vecchia strada che dall’altopiano di Sovramonte porta nella piana di Fonzaso, sovente si
incontravano donne con gerle sulla schiena che andavano e venivano con le merci di scambio. Secondo il
racconto di Slongo Michele, quando qualche volta il raccolto andava male, a causa delle nebbie che
perduravano fino a tarda primavera, allora si diceva: “Ecco è passato il mercante dei pom” ovvero che si
prospettava una stagione ‘magra’. Tuttavia, quando la produzione era buona, le mele che non venivano
vendute, erano deposte perlopiù nei fienili, coperte dalla paglia e da baccelli secchi di fagiolo (le tegarole). A
questo punto la conservazione poteva arrivare anche alla fine della primavera, fino a giugno.
La pianta di questa varietà si è diffusa dunque in tutto il territorio sovramontino, caratterizzando in particolare
il paesaggio di Faller; tutt’ora è possibile vedere le piante più antiche nelle località di Faller: nella Vandelle, a
nTerna, a Noaia, a Col Maor a Fudere e nelle Cesure.
La coltura della mela prussiana, mantenuta per inerzia tradizionale nell’ultimo quarto del Novecento, è stata
ripresa su nuove basi nell’ultimo decennio. Agricoltori e appassionati, in particolare della frazione di Faller, si
sono impegnati nel recupero della tradizione, tanto da realizzare un vivaio a coltivazione biologica ed una
piccola azienda per la produzione di derivati delle mela come confetture, succhi, gelati, sidro e aceto.
La valorizzazione, riproposta in particolare nell’ultimo decennio, ha trovato un’efficace strumento
nell’organizzazione di una specifica fiera denominata “ Fiera della Mela Prussiana” che si tiene nella quarta
domenica di ottobre ed ha anche ricevuto impulso da un recente gemellaggio con Panevéžys, un centro
della Lituania, zona di forte produzione di varietà di mele prussiane. Nei primi mesi del 2006 è inoltre nato
ufficialmente lo specifico Consorzio di Tutela Pòm Prussian.
Prosecco di Valdobbiadene
SCHEDA TECNICA
Denominazione: Prosecco di Valdobbiadene frizzante
Classificazione: Denominazione di Origine Controllata (DOC)
Origine del nome Sur lie: sul lievito, per la fermentazione in bottiglia e conservazione sui lieviti
Tipologia: Frizzante
Uve: Prosecco
Zone di prevalente
provenienza delle uve: Colli dei Comuni di Valdobbiadene-Vidor-Farra di Soligo
Altezza media dei vigneti: 180 – 300 m. slm
Tipo di terreno eterogeneo, presenti in gran numero colline di origine morenica.
Suolo argilloso spesso calcareo, magro, asciutto e poco profondo soprattutto alle altitudini maggiori.
Giacitura ed esposizione Colline spesso con forti pendenze sistemate a girappoggio con esposizione
prevalente a Sud.
Clima: Temperato con inverni freddi ed estati calde ma non afose. Precipitazioni medie: 1250 mm con
massimi a giugno e novembre e minimi a gennaio ed agosto.
Radiazione solare aprile-ottobre: 92745 cal/cm2
Sistemi di allevamento Guyot, Cappuccina,
Densità d’impianto 2500 -3500 piante per ha
Resa Massimo 120 q.li /ha
Epoca di vendemmia: 20 settembre – 10 ottobre
Vinificazione: Pressatura soffice con presse pneumatiche, decantazione statica del mosto, fermentazione a
temperatura controllata (18-20°C) con lieviti selezionati. Affinamento e sosta sulla feccia nobile in acciaio per
tre mesi.
Presa di spuma Metodo tradizionale in uso nelle colline trevigiane da molte generazioni.
A primavera, rifermentazione in bottiglia, in locale buio alla temperatura di 16-17°C.
Al termine della fermentazione i lieviti rimangono sul fondo
Durata della fermentazione e dell’affinamento in bottiglia: circa 2 mesi.
Dati analitici medi: Alcool 11% vol.
Zuccheri assenti
Acidità totale 6 g/l
pH 3.25
Pressione 2.30 -2.50 bar
Bassissimo tenore in SO2 totale: 50-60 mg/l. SO2 libera: assente
Caratteristiche organolettiche: Aspetto: Colore giallo paglierino. Leggero perlage fine e persistente.
Profumo: Diverso a seconda del momento. Da note fresche e fruttate tipiche del prosecco che si avvertono
al termine della fermentazione, unite al caratteristico “crosta di pane”, si passa via via nel tempo a note
sempre più complesse derivate dal contatto con il lievito.
Sapore: Come per il profumo si avvertono all’inizio gentili sapori fruttati uniti a delicati sentori di lievito. In
seguito maggiore complessità. Gusto asciutto e piacevolmente amarognolo.
Abbinamenti gastronomici: Si apprezza molto in estate come bevanda per la sua freschezza e leggerezza.
Si accompagna a piatti di pesce, risotti con funghi o verdure.
Servizio Raffreddare poco prima dell’ uso a 8-10° C. Versare con delicatezza in caraffa evitando scosse per
eliminare la leggera velatura finale.
Tipo di bicchiere consigliato: Calice. Meglio evitare la flûte che, pur permettendo un’ottima visione del
perlage, non lascia
sviluppare e cogliere al meglio i profumi.
Conservazione: Bottiglie in piedi in luogo fresco e buio. Evitare lunghe soste in frigorifero.
Epoca di consumo: Il miglior periodo per il consumo va da luglio a dicembre dell’anno successivo alla
vendemmia.