disponibile qui - Università degli Studi di Messina

Azienda Ospedali Vittorio
Emanuele, Ferrarotto e S.
Bambino - Catania
XXVIII Congresso Regionale di Radiologia Medica della SIRM
Società Italiana di Radiologia Medica
Atti della
Sessione di Fisica Sanitaria
“Up-to-date researches in fisica
biomedica e sanitaria in Sicilia”
Catania, 4 ottobre 2002
a cura di
Giovanni Mannino
Servizio di Fisica Sanitaria
Ospedali Vittorio Emanuele,
Ferrarotto e S. Bambino – Catania
Giuseppe Vermiglio
Dipartimento di Protezionistica Ambientale,
Sociale, Sanitaria ed Industriale – Università di
Messina
Azienda Ospedali Vittorio
Emanuele, Ferrarotto e S.
Bambino - Catania
Società Italiana di
Radiologia
Medica
Università degli
Studi di Messina
XXVIII Congresso Regionale di Radiologia Medica della SIRM
Atti della
Sessione di Fisica Sanitaria
“Up-to-date researches in fisica
biomedica e sanitaria in Sicilia”
Catania, 4 ottobre 2002
a cura di
Giovanni Mannino
Servizio di Fisica Sanitaria - Ospedali Vittorio Emanuele,
Ferrarotto e S. Bambino – Catania
Giuseppe Vermiglio
Dipartimento di Protezionistica Ambientale, Sociale,
Sanitaria ed Industriale – Università di Messina
280 Convegno Regionale di Radiologia Medica della S.I.R.M.
Catania, 3-6 Ottobre 2002
Sessione di Fisica Sanitaria
4 ottobre 2002 ore 15 Auletta C
Monastero dei Benedettini P.zza Dante - Catania
Le tecnologie fisiche in diagnostica per
immagini
-----------------------------Introduzione ai lavori: C. Privitera
1a Sessione
Presiede: G. Vermiglio
Le prospettive del Fisico Sanitario nell'area Radiologica del terzo millennio.
L. Conte
Aspetti fisici nella nuova diagnostica ecografica
R. Novario
L'immagine digitale in senologia
V. Rossetti
Comunicazioni libere
2 a Sessione
Presiede: S. Piraneo
La formazione del Fisico Sanitario. Corso di laurea e scuole di
specializzazione.
S. Lo Nigro
Struttura e Organizzazione dei Servizi di Fisica Sanitaria nelle Aziende
Sanitarie.
D. Di Mariano
Vigilanza in radioprotezione
N. La Mela
Conclusioni
G. Mannino
1
Comitato organizzativo
A. Grasso
G. Mannino
S. Piraneo
G. Vermiglio
Comitato Scientifico
M. Brai
G. Cuttone
C. Greco
M. Tripepi
Coordinatori del corso
Dott. Giovanni Mannino:
Servizio di Fisica Sanitaria Osp. Vittorio
Emanuele Catania - tel. 095/7435086340/4649303
Dott. Carmelo Privitera:
Servizio di Radiologia Osp. Vittorio Emanuele –
Catania tel. 095/7435299
Prof.ssa Mariella Brai :
Università degli Studi di Palermo.
tel. 091/65529602 - 6702602
Prof. Leopoldo Conte :
Università degli Studi dell'Insubria di Varese
Dott. Giacomo Cuttone:
Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - Catania
tel. 333/2633939
Dott. Domenico Di Mariano :
Servizio di Fisica Sanitaria Osp. M. Ascoli Palermo.
Dott. Alberto Grasso :
Servizio di Fisica Sanitaria Osp. Garibaldi –
Catania - tel 333/5323997
Dott. Carmelo Greco:
Servizio di Fisica Sanitaria Osp. Vittorio
Emanuele Catania - tel. 095/7436449-5086
Dott. Nuccio La Mela:
Dipartimento di Prevenzione USL 3 - Catania.
Prof. Salvatore Lo Nigro :
Università degli studi di Catania.
Dott. Giovanni Mannino:
Servizio di Fisica Sanitaria Osp. Vittorio
Emanuele - Catania
Prof. Raffaele Novario :
Servizio Di Fisica Sanitaria Osp. Circolo e
Fondazione Macchi - Varese
2
Dott. Salvatore Piraneo:
Servizio di Fisica Sanitaria Osp. S. Giovanni Di
Dio Agrigento - tel 349/2114693
Dott. Carmelo Privitera:
Servizio di Radiologia Osp. Vittorio Emanuele
Catania
Dott. Veronica Rossetti:
Servizio di Fisica Sanitaria Osp. S. Giovanni A.
S. Torino
Prof.ssa Maria Tripepi :
Università degli Studi di Messina.
Tel. 090/2212664
Prof. Giuseppe Vermiglio:
Università degli studi di Messina.
Tel. 090/2213031.
3
4
INDICE
Premessa
pag. 7
Introduzione ai lavori
C. Privitera
pag. 9
Le prospettive del Fisico Sanitario nell’area Radiologica del terzo millennio
L. Conte
pag.11
Diagnostica con ultrasuoni: stato e prospettive future
R. Novario, G. Vermiglio
pag.13
La mammografia digitale
V. Rossetti
pag.21
La formazione del Fisico Sanitario – Corso di Laurea e Scuole di Specializzazione
S. Lo Nigro
pag.25
5
Struttura ed organizzazione dei servizi fisica sanitaria nelle aziende sanitarie.
D. Di Mariano
pag.31
Vigilanza in radioprotezione.
N. La Mela
pag.37
Chiusura dei lavori.
G. Mannino
pag.41
COMUNICAZIONI LIBERE
Valutazione dello stress lavorativo degli operatori di VDT in ambiente ospedaliero
A. Scarmato, M. G. Tripepi, G. Vermiglio
pag.45
Esposizione a campi elettromagnetici ELF per una classe di lavoratori:
valutazione nei saloni per acconciature.
P. Ruggeri, A. Scarmato, E. Ruello
pag.57
Diagnosi differenziata mediante teletermografia accoppiata alle NIR.
G. Vermiglio, V. Faraone, B. Testagrossa, C. Sansotta, M. G. Tripepi
pag.62
Sinergia EFM-TSRM e programma di qualità
G. Vermiglio, G. Mannino, M. G. Tripepi, R. Novario, D. Imbrogiano
pag.68
Effetti della radiazione a luce blu su organismi eucarioti
V. Faraone, M. Milani, M. Zabeo, E. Ruello
pag.71
Ringraziamenti
pag.79
6
PREMESSA
Nei giorni dal 3 al 6 ottobre 2002 si è tenuto a Catania, presso il Monastero dei
Benedettini P.zza Dante, il 280 Congresso Regionale SIRMN, nel cui contesto, il
giorno 4 ottobre, si è svolta una specifica Sessione dedicata alla Fisica Sanitaria
avente come argomento
" Le tecnologie fisiche in diagnostica per immagini"
coordinata da Giovanni Mannino e da Carmelo Privitera, Primario del Servizio di
Radiologia del Presidio Ospedaliero Vittorio Emanuele ed articolata in interventi
preordinati e presentazione di posters.
Il presente volume degli Atti, predisposto a cura di Giovanni Mannino e Giuseppe
Vermiglio e stampato in proprio, riporta i contenuti sia degli interventi orali che delle
comunicazioni libere.
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8
INTRODUZIONE AI LAVORI
Carmelo Privitera
All’apertura di questo Convegno desidererei ricordare la data dell’8 novembre
1895, quando un fisico tedesco di nome Wilhelm Konrad Ròntgen scopriva i Raggi X.
Stamani è il 9 novembre 1995 e, pertanto, inizia il secondo secolo dalla scoperta e una
considerazione si impone: l’intuizione di un fisico, paradossalmente, ha aperto
prospettive di lavoro non già per i suoi colleghi, ma per decine di migliaia di medici
radiologi che in questi 100 anni hanno utilizzato la rivoluzionaria scoperta per lo
studio del malato.
Grazie ai Raggi X, l’anatomia umana, disciplina che per alcuni secoli si è
avvalsa degli studi sul cadavere, diviene anatomia nel vivente. Le indagini
radiologiche, dapprima, sono limitate a riprodurre la morfologia più grossolana, (le
ossa, i polmoni, il cuore, l’intestino); successivamente, esse divengono via via più
dettagliate (la trabecolatura ossea, l’interstizio polmonare, le camere cardiache le
areole gastriche, ecc.) per contenere, infine, informazioni funzionali non prevedibili
fino a pochi anni fa.
Contemporaneamente all’evolversi del potere di risoluzione delle immagini
radiologiche tradizionali, si sono venute proponendo tecniche diverse, anch’esse
destinate a fornire immagini del corpo umano. Tra queste, la tomografia
computerizzata, l’ecografia e la risonanza magnetica.
Da questo momento, siamo tra il 1973 ed il 1985, emerge la necessità di
integrare tra loro le immagini ottenute con principi fisici e con apparecchi diversi.
Una seconda considerazione si impone: solo il cervello umano è in grado di integrare
automaticamente tra loro immagini provenienti da più sorgenti. Il computer, per
quanto sofisticato, non è in grado di integrare, ad esempio un’immagine analogica
quale una radiografia del torace con l’immagine digitale di una TC dello stesso torace;
ciò può avvenire solo se la radiografia tradizionale analogica viene convertita,
mediante l’uso di uno scanner, in un’immagine digitale.
L’integrazione delle immagini radiologiche presuppone, pertanto, la soluzione
di numerosi problemi.
1. A livello di acquisizione: è importante la distinzione tra acquisizione diretta
(immagini che nascono digitali, come quelle TC, RM, di angiografia ecc.) ed
acquisizione indiretta che richiede una digitalizzazione off-line.
9
2. Un importante parametro da valutare nella fase di acquisizione è legato alla
matrice che, per le immagini, può richiedere dimensioni di 2K o 4K. Un’elevata
matrice di acquisizione si traduce in importanti problemi anche nelle fasi successive.
3. A livello di visualizzazione: elemento fondamentale per l’integrazione delle
immagini è l’esistenza di un apparecchio sul quale far confluire tutte le immagini che
si vogliono studiare. Tale strumento è chiamato “workstation” e grazie al
collegamento con le diverse apparecchiatura è in grado di presentare
contemporaneamente immagini riprese con apparecchi diversi, in tempi diversi. La
possibilità, più evoluta, di “navigare” tra le immagini in tempi accettabili, più ancora
della qualità delle immagini è l’elemento caratterizzante le workstations”
4. A livello di elaborazione le immagini digitali possono essere elaborate e le
modalità di “processing” sono molto numerose, anche se il loro impiego tende a
ridursi a quelle di uso più comune. Numerose tecniche di “processing” integrano le
immagini dello stesso paziente, provenienti da diverse apparecchiature. Un esempio è
quello dell’integrazione di dati rilevati con tecniche SPECT (dati funzionali) con dati
rilevati mediante esami TC (dati anatomici o morfologici).
5. A livello di archiviazione: carattere comune alle immagini digitali è di
risiedere su archivi elettronici. Le modalità di archiviazione dipendono dalle
dimensioni della matrice (compressione più o meno spinta), dalla necessità di
“retrieval” immediato o differito (archivio on-line, archivio off line), dai requisiti del
supporto elettronico (disco ottico, nastro, disco magneto-ottico, ecc.). Uno degli
aspetti principali dell’archivio “integrato” è quello di consentire il reperimento di più
esami, eseguiti in tempi diversi, con tecniche diverse. Alla base di questa elevata
capacità di integrazione stanno i sistemi PACS ed i loro supporti hardware (juke-box).
6. A livello di trasmissione: ogni immagine digitale può essere trasmessa con
tutti i dati digitali contenuti nei calcolatori e negli archivi elettronici. Anche questo
aspetto di comunicazione riveste importanza e si configura la possibilità che vengano
integrate immagini acquisite in luoghi diversi, talora molto distanti l’uno dall’altro. I
sistemi PACS sono un esempio di trasmissione dati con il fine di integrarli tra loro; la
teleradiologia, d’altra parte, è un altro esempio di tecnologia rivolta non solo alla
trasmissione a distanza, ma anche all’integrazione delle informazioni.
Da quanto detto si può capire come l’integrazione delle immagini radiologiche
rappresenti un esteso capitolo della Diagnostica per Immagini, con la possibilità di
trasmettere in maniera veloce ed affidabile enormi quantità di dati. La tecnologia
attualmente, è in grado di garantire tutto il desiderabile in tema di immagini integrate.
Il limite è posto dal bilancio costo/beneficio, dato che buona parte della tecnologia
avanzata ha costi elevati e dato che i benefici clinici reali sono ancora tutti da
dimostrare. Come considerazione conclusiva, mi pare opportuno sottolineare il ruolo
che il fisico e l’informatico hanno assunto in questo specifico settore. Il successo del
progetto di integrazione di immagini dovrà essere assicurato da una sinergica
collaborazione tra competenze diverse, mediche e fisico-informatiche. Da questa
sinergia potranno nascere benefici non indifferenti per il progresso della radiologia
clinica e per una miglior cura del paziente.
10
Le prospettive del Fisico Sanitario nell’area Radiologica del terzo millennio
Leopoldo Conte
La presenza del fisico nelle strutture sanitarie alla fine degli anni 60 si poteva
considerare una presenza che andava al di la della norma e tutto quello che non
rientrava nella norma veniva considerato come un fatto straordinario, infatti, i fisici in
Italia inseriti a collaborare con i medici e la medicina erano in tutto 5 o 6.
Il giovane fisico di quegli anni, che proveniva da un ambiente di ricerca, rispetto ai
giovani fisici dei giorni nostri, era solo e impreparato ad entrare nel mondo della
medicina, ma nonostante tutto, l’unica cosa favorevole ed interessante era ed è lo
spirito di ricercatore del fisico che trovava e trova facili motivi per manifestarsi
davanti ad un mondo in piena e continua evoluzione.
L’Italia era in grave ritardo rispetto ad altre nazioni dove, da anni e anni, la fisica
applicata alla medicina non era soltanto una collaborazione scientifica e professionale
ma anche studio e sviluppo di metodiche e strumentazione diagnostica e terapeutica.
La nascita del mondo della fisica medica intesa come attività scientifica e di
collaborazione era svolta presso l’Istituto Superiore di Sanità dove venivano
considerati in modo particolare i problemi collegati all’uso delle radiazioni ionizzanti
e non ionizzanti nei settori della prevenzione, diagnosi e terapia in ambito sanitario in
generale e medico in particolare.
Gli eventi ( associazioni, riforme ospedaliere, normative, convegni, pubblicazioni su
riviste scientifiche ) che hanno contribuito all’evoluzione della fisica in medicina a
dare una base solida dal punto di vista scientifico, professionale e normativo e che
hanno messo in risalto la necessità per il medico di collaborare con il fisico,
elencandone i compiti e le responsabilità, sono quelli che dimostrano la crescita e
l’incremento sostanziale del numero di fisici negli ospedali la cui presenza è in
continua evoluzione.
Un passo fondamentale fu la riforma ospedaliera del 1969 che prevede tra i Servizi di
Diagnosi e Cura il Servizio di Fisica Sanitaria diretto e composto da laureati in fisica
dove vede l’inserimento del fisico nell’ambito sanitario con una figura professionale
ed una sua autonomia.
Gli anni 60-80 furono anni di lento ma continuo progresso che diedero inizio all’era
moderna con l’introduzione di nuove tecnologie radiologiche che hanno fatto fare
passi da gigante nella diagnostica radiologica. All’inizio degli anni 70 con
l’introduzione della tomografia computerizzata il mondo medico si trovò ad avere a
che fare con le immagini digitali e sempre durante questi anni anche la diagnostica
con ultrasuoni si conquistò un posto di grande rilevanza nel campo medico, ma i più
11
importanti progressi compiuti dall’imaging biomedico sono rivolti alla risonanza
magnetica ed il particolare alle sue applicazioni.
Attualmente la presenza dei fisici specialisti nella fisica medica o sanitaria negli
ospedali, che può considerarsi soddisfacente, è richiesta soprattutto nei centri di
radioterapia, radiodiagnostica e medicina nucleare dove , per legge, viene assegnata al
fisico la responsabilità dell’utilizzo in medicina di radiazioni ionizzanti e non
ionizzanti compresa la radioprotezione, elaborazione di modelli e analisi di fenomeni
biologici legati alla diagnosi e terapia e quindi al paziente.
Un altro passo importante fu l’inserimento di cattedre di fisica nelle facoltà di
medicina dove vennero chiamati professori che oltre all’insegnamento della fisica agli
studenti in medicina o agli specializzandi avessero una stretta collaborazione
scientifica con il mondo medico ed una ricerca applicata alla creazione di nuove
tecnologie da utilizzare in campo medico.
Quindi, fortunatamente, anche nell’ordinamento didattico universitario (MURST
7/05/97) ci furono delle modifiche soprattutto per le scuole di specializzazioni del
settore di fisica sanitaria con lo scopo di formare, con due diversi indirizzi, fisici
specialisti in fisica sanitaria per attività di fisica medica in campo ospedaliero e fisici
specialisti per attività di fisica ambientale.
12
DIAGNOSTICA CON ULTRASUONI: STATO ATTUALE E PROSPETTIVE FUTURE
Raffaele Novario, Giuseppe Vermiglio°
Servizio di Fisica Sanitaria - Azienda Ospedale di Circolo Varese
°Dipartimento di Fisica Medica, Università degli Studi di Messina
Negli ultimi tre anni, l’evoluzione della tecnologia nel campo dell’imaging
sonografico è stata estremamente importante e veloce, con un enorme impatto sulle
metodiche impiegate.
Oggi l’ecografista ha a disposizione una serie di nuove tecnologie e di nuove
metodiche che rendono la sua professione sempre più specialistica e, se vogliamo,
difficile.
Le linee che hanno guidato gli investimenti delle aziende per lo sviluppo della
tecnologia in questo campo sono state molteplici: i beamformer a banda larga, il
microfine imaging, l’harmonic imaging, il contrast harmonic imaging, la pulse
inversion harmonics, il power contrast harmonic imaging, il tissue doppler imaging, il
power motion imaging e l’avvento della gestione digitale delle immagini.
Vengono qui di seguito brevemente analizzate queste nuove metodiche. Per chi
volesse invece una trattazione completa delle metodiche convenzionali sia
bidimensionali che velocimetriche, rimandiamo alla bibliografia del presente lavoro.
Beamformer a larga banda o a multifrequenza ?
Negli ultimi anni l’evoluzione dei processi di produzione dei microchip ha permesso
di avere a disposizione una sempre crescente velocità di calcolo oltre alla possibilità
di miniaturizzare sempre di più le schede hardware e di disporre di chip dedicati a
svolgere ben precise istruzioni di calcolo (chip dedicati).
I sistemi digitali sono quindi entrati di prepotenza nel mercato delle apparecchiature
ecografiche che ora si avvalgono di beam former digitali o presentano un processo di
formazione, ricezione del fascio e costruzione delle immagini completamente digitale.
Il beneficio principale di apparecchiature di questo tipo consiste nell’avere a
disposizione informazioni precise e senza degradazioni nel processo di formazione
dell’immagine.
L’utilizzo di beamformer a banda larga o a multifrequenza presenta vantaggi
fondamentali nell’imaging ecografico grazie al fatto di inviare nei tessuti un ampio
range di frequenze. Ogni tessuto sottoposto a stimolazione ultrasonora è caratterizzato
da una risposta dipendente dalla frequenza di stimolazione: questa caratteristica è una
specie di “firma” del tessuto in questione. In pratica la “tissue signature” è data dallo
spettro di frequenze del segnale che ritorna come eco dal tessuto. Questa banda di
frequenze viene detta Bandwidth. Il vantaggio di adottare un sistema digitale a larga
13
banda (Broadband) consiste proprio nel fatto di avere a disposizione l’intero spettro di
frequenze di ritorno dal tessuto irraggiato dagli ultrasuoni.
I sistemi a banda stretta, per contro, sono caratterizzati dal fatto che permettono solo
la ricezione di una ristretta porzione dello spettro di frequenze del segnale di eco dei
tessuti.
Ciò può essere di importanza fondamentale se si effettuano analisi anche nel dominio
spettrale (seconda armonica di contrasto con mezzi di contrasto della seconda
generazione).
I sistemi digitali a larga banda, inoltre, sono caratterizzati dalla possibilità di ridefinire
i concetti che stanno alla base della formazione delle immagini; ad esempio rendono
possibile effettuare correzioni dello steering e della focalizzazione del fascio di
ultrasuoni che contiene un ampio spettro di frequenze.
Un segnale ultrasonoro ecografico é formato da una serie di impulsi separati, ognuno
emesso da un singolo trasduttore della sonda. Un sistema totalmente digitale (con
beamformer digitale) permette di effettuare un controllo completo della durata e della
frequenza di ogni singolo impulso.
Dal punto di vista della qualità dell’immagine, i sistemi a banda larga permettono –
almeno teoricamente - di ottenere una miglior risoluzione di contrasto e una miglior
risoluzione spaziale assiale.
Per ottenere una larghezza di banda la più ampia possibile i sistemi a banda larga
utilizzano il beamformer in modo da utilizzare impulsi di breve durata che
garantiscono grande risoluzione spaziale oltre ad un sufficiente risoluzione in
Doppler.
Grazie a sistemi a larga banda sono possibili tecniche di processing del segnale quali:
Distributed processing
Parallel processing
Textural processing
che permettono di effettuare un controllo sui singoli impulsi e quindi di ridurre gli
artefatti e di utilizzare impulsi di eco molto deboli ma di interesse diagnostico.
D’altro canto però, la banda larga ha evidenti svantaggi nel caso della velocimetria
Doppler e dell’imaging armonico ed oggi, vista l’importanza sempre crescente di
questa seconda metodica soprattutto con i mezzi di contrasto della seconda
generazione ed indici meccanici bassi (MI<0,2), stiamo vivendo una nuova inversione
di tendenza, a favore di nuovo dei sistemi a banda stretta o strettissima.
La nuova disponibilità di sistemi a banda larga ha comunque arricchito il panorama
della tecnologia della formazione dell’impulso.
Microfine Imaging
La qualità di base dell’immagine 2D B-mode è alla base della diagnostica con
ultrasuoni. Utilizzando un beamformer ed un processing di tipo digitale riuniti in un
unico modulo di elettronica di nome IPU (Image Processing Unit), è possibile
ottenere significativi miglioramenti dell’immagine a scala di grigi. Questo tipo di
approccio viene chiamato Microfine Imaging.
Le caratteristiche del Microfine Imaging possono essere riassunte come segue:
- Beamformer digitale a larga banda
- Utilizzo di 512 canali digitali
- 150 dB di range dinamico
- Impulsi brevi a larga banda
- Focalizzazione spaziale ultra precisa
- Textural processing avanzato
14
Focalizzazione dinamica in ricezione che risincronizza il time delay digitale nel
beamformer ogni 32 micron di percorso del segnale
Tra i vantaggi del Microfine Imaging si possono citare:
- Miglioramento della definizione delle interfacce tra tessuti e della texture dei
tessuti stessi
- Livelli di risoluzione di contrasto elevatissimi
- Eccellente risoluzione spaziale
- Uniformità della trama tissutale in funzione della profondità
-
Harmonic Imaging e Contrast Harmonic imaging
La ricerca sul comportamento dei mezzi di contrasto e dei tessuti sottoposti a
scansioni con fasci di ultrasuoni ha portato a nuove conoscenze nel campo
dell’acustica non lineare. Tale know–how si estrinseca nella nascita e nello sviluppo
di tecniche ecografiche note come Harmonic Imaging.
L’imaging armonico si basa sul fatto che i tessuti irraggiati con ultrasuoni, così come
le microbolle di un mezzo di contrasto ecografico, rispondono in modo non lineare
allo stimolo, producendo cioè un segnale di risposta che presenta frequenze multiple
di quella di stimolazione.
In particolare la frequenza doppia di quella di stimolazione, detta seconda armonica,
presenta un’intensità sufficiente – benchè molto più debole della fondamentale – ad
essere adeguatamente rivelata. Tale frequenza si presta pertanto alla “costruzione” di
immagini ecografiche.
L’utilizzo della frequenza seconda armonica proveniente come eco dai tessuti viene
sfruttata per produrre immagini bidimensionali a livelli di grigio che a seconda delle
ditte produttrici sono state brevettate con nomi diversi:
Native Harmonic Imaging
Tissue Harmonic Imaging
L’utilizzo del segnale di eco in seconda armonica proveniente dalle microbolle di
contrasto messe in oscillazione dal fascio di scansione dell’ecografo, ha dato luogo
allo svilupparsi di tecniche di imaging note come Contrast harmonic imaging.
Benefici clinici del Native/Tissue harmonic Imaging:
− Migliore rapporto segnale-rumore in pazienti “difficili”
Benefici clinici del contrast harmonic Imaging:
− Miglior delineazione del bordo endocardico
− In harmonic Doppler: soppressione del segnale proveniente dai tessuti con
riduzione degli artefatti da movimento (clutter)
− Il mezzo di contrasto raggiunge la regione di interesse (wash-in) in pochi battiti
cardiaci, mentre lascia (wash-out) il sistema circolatorio con velocità variabile;
l’alta sensibilità dell’imaging armonico permette di incrementare il tempo utile di
utilizzo del mezzo di contrasto.
Pulse Inversion Harmonics
L’imaging contrastografico in seconda armonica si basa sul fatto che le microbolle di
contrasto iniettate oscillano in modo non lineare.
L’imaging contrastografico in seconda armonica di tipo convenzionale si basa sul
fatto di restringere la larghezza di banda in ricezione in modo da tagliare il segnale in
frequenza fondamentale e questo fatto pone delle limitazioni alla risoluzione assiale
ed alla risoluzione di contrasto.
Per eliminare questo problema, particolarmente presente nei sistemi a banda larga e
molto più limitato nei sistemi a banda stretta, è stata introdotta una tecnica detta Pulse
15
(o Phase) Inversion harmonics. Tale tecnica consiste nell’inviare un impulso
ultrasonoro e nel registrare elettronicamente sia la componente fondamentale sia la
componente seconda armonica del segnale di eco, ed in seguito nell’inviare un
secondo impulso con fase invertita rispetto al primo; anche di questo vengono
memorizzati elettronicamente sia l’eco fondamentale sia l’eco in seconda armonica.
Sommando i segnali di eco così ottenuti quello che avviene è una completa reciproca
cancellazione degli echi fondamentali mentre gli echi in seconda armonica, non
essendo lineari, si sommano e danno luogo ad un segnale non nullo puramente
armonico.
Questa tecnica permette di ricorrere a fasci a larga banda e quindi dotati di una elevata
risoluzione assiale e di contrasto. L’aumentata sensibilità rispetto all’imaging
contrastografico in fondamentale permette in alcuni casi di ridurre la quantità di
mezzo di contrasto.
Benefici clinici della Pulse Inversion:
- Migliorata risoluzione spaziale e di contrasto
- Miglior sensibilità a parità di Power Output
- Miglior qualità dell’immagine in certi tessuti senza utilizzo di mezzi di contrasto.
Power Contrast Harmonic Imaging
Tra le caratteristiche dei mezzi di contrasto ecografici, non vi è solo quella di vibrare
con frequenze armoniche. Le microbolle che costituiscono il mezzo di contrasto,
infatti, sono in moto nel sangue e quindi possono essere impiegate anche per
aumentare il segnale Doppler.
Una tecnologia che sfrutta queste caratteristiche delle microbolle è il Power Contrast
Harmonic Imaging. Questa tecnica consiste nel visualizzare in colore l’ampiezza (e
non la frequenza, quindi non la velocità ma il flusso) del segnale Doppler dovuto al
mezzo di contrasto. Ciò permette di meglio visualizzare in colore grosse masse di
fluido in movimento (sangue nelle cavità cardiache) o muscoli permeati da mezzo di
contrasto ed in movimento (pareti cardiache)
Benefici clinici:
- Miglior definizione del bordo ventricolare
- È una tecnica immune da aliasing, è possibile pertanto utilizzare bassi valori di
PRF e ottenere quindi una elevata sensibilità a flussi molto bassi.
Ecografia 3D
L’imaging tridimensionale ecografico sembra essere la metodica ideale per ottenere
immagini diagnostiche; tuttavia la realizzazione di ecotomografi 3D presenta dei
problemi ancora parzialmente irrisolti e può essere affrontata mediante approcci di
diverso tipo.
L’aspetto comune a tutte le metodiche è comunque la necessità di acquisire diversi
slices orientati in modo diverso nello spazio e di ricostruire a partire da esse un intero
volume 3D. Per ottenere ciò occorre possedere informazioni sulla posizione relativa ai
singoli slices e avere a disposizione un algoritmo di ricostruzione e di visualizzazione
3D.
L’approccio alla localizzazione spaziale delle singole slices è stato a tutt’oggi
realizzato nei modi seguenti:
Sistemi con movimento motorizzato della sonda
Sistemi con localizzatori elettromagnetici della posizione della sonda
Sistemi che identificano la posizione della sonda con algoritmi di calcolo che
confrontano due immagini consecutive
16
Sistemi che non utilizzano informazioni di posizione dello slice (distorsione del
volume 3D)
La ricostruzione 3D può riguardare poi la superficie di un oggetto segmentato oppure
l’intero volume per una ricostruzione multiplanare oppure l’informazione
velocimetrica in colore (Angio US 3D).
Tissue Doppler Imaging
Si tratta di una tecnica di imaging Doppler ideata per ottenere una buona
visualizzazione del moto del miocardio.
Il TDI (Tissue Doppler Imaging) è sostanzialmente una modalità Color Doppler che
permette di visualizare il moto dei tessuti – anziché quello dei globuli rossi del sangue
– grazie all’inversione del filtro di parete.
Nel segnale Doppler proveniente da un volume campione sottoposto ad insonazione
con un fascio di ultrasuoni sono infatti presenti diverse componenti spettrali: segnali a
bassa frequenza e ad alta intensità provenienti dal moto peristaltico degli organi
corporei o dalle pareti dei vasi, e segnali ad alta frequenza e bassa intensità
provenienti dal sangue. Applicando allo spettro di frequenze un filtro passa basso si
ottiene il solo segnale proveniente dagli organi (o tessuti) e si taglia quello
proveniente dai fluidi corporei, realizzando quella che viene chiamato Tissue Doppler
Imaging. Ovviamente occorre ottimizzare parametri quali range dinamico e
persistenza per ottimizzare la risoluzione di contrasto per i tessuti.
La mappa in colore del TDI fornisce una informazione bidirezionale sulla velocità
media di moto dei tessuti all’interno del volume di interesse.
Benefici clinici:
- Fornisce valutazioni quantitative del moto ventricolare
- Facilita la distinzione di pericarditi costrittive e cardiomiopatie restrittive
- Aumenta la segmentazione a colori e fornisce stime delle velocità più accurate.
Power Motion Imaging
In campo ecografico cardiologico una ulteriore innovazione, oltre al già citato TDI, è
data dalla metodica Power Motion Imaging.
La metodica PMI è un metodo qualitativo basato sullo shift Doppler del segnale
ecografico, che utilizza l’ampiezza (Power) dello spettro Doppler, unitamente ad
algoritmi proprietari dedicati, al fine di produrre una visualizzazione del moto della
parete cardiaca.
Si tratta di una metodica del tutto analoga al TDI, basata sull’applicazione di un filtro
allo spettro di frequenze Doppler provenienti da un volume di interesse posto sui
tessuti e sul sangue. Anche in questo caso applicando allo spettro di frequenze un
filtro passa basso si ottiene il solo segnale proveniente dagli organi (o tessuti) e si
taglia quello proveniente dai fluidi corporei.
La visualizzazione però avviene mediante una mappa in colore (stesso colore) la cui
intensità viene modulata a rappresentare l'ampiezza del segnale (e non la frequenza
ovvero non la velocità) cioè è rappresentativa del numero di riflettori all’interno del
volume campionato. È una metodica Doppler indipendente dall’angolo e scevra da
aliasing.
Benefici clinici:
- Visualizzazione del moto della parete cardiaca
- Aumenta la rivelazione transtoracica di lievi variazioni emodinamiche (contrasto
spontaneo)
- permette di valutare il moto globale della parete cardiaca.
17
Gestione delle immagini digitali: Digital Video Streaming
In campo medicale la gestione dei dati (immagini) da sempre rappresenta un problema
a causa delle dimensioni delle immagini stesse.
In ecografia, inoltre, la necessità di salvare non solo singoli frames, ma interi filmati,
pone un ulteriore problema riguardo allo spazio necessario all’archiviazione.
Per diminuire l’entità di tale problema é possibile introdurre una tecnica (DVS di
ATL) di compressione delle immagini in hardware nel percorso sonda – RAM, cioé
prima che esse raggiungano la memoria fisica della macchina, mentre le tecniche di
compressione di tipo tradizionale si limitano alla compressione delle immagini solo
quando queste vengono trasferite dalla RAM all’Hard Disk per l’archiviazione. La
compressione avviene in hardware mediante chip dedicati e non grava sull’utilizzo
della CPU; il grado di compressione (algoritmo) é inoltre selezionabile dall’utente.
Bibliografia
1. Altmeyer S.el-Gammal P, Hoffmann K: Ultrasound in Dermatology. Springer
Verlag, Berlin, 1992.
2. Burns PN: The physical principles of Doppler and spectral analysis. J Clin
Ultrasound, 15:567, 1987.
3. Foley WD, Erickson SJ: Color Doppler flow imaging. AJR, 156:3, 1991.
4. Goldstein A: Ultrsound devices open new diagnostic avenues. Diagn Imaging,
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5. Goldstein A: Broadband transducers improve image quality. Diagn Imaging,
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6. Harris RA, Follett DH, Halliwell M e coll: Ultimate limits in ultrasonic imaging
resolution. Ultrasound Med Biol, 17:547, 1991.
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18
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27. Zweibel WJ: Color duplex imaging and Doppler spectrum analysis: principle,
capabilities, and limitations. Semin Ultrasound CT MR, 11:84, 1990.
19
20
LA MAMMOGRAFIA DIGITALE
Veronica Rossetti
S.C. Fisica Sanitaria Ospedale S. Giovanni Antica Sede, Torino
INTRODUZIONE
La mammografia è a tutt’oggi la tecnica d’elezione nella diagnosi precoce del
tumore della mammella, patologia che è tra le prime cause di morte delle donne sopra
i 40 anni nei Paesi industrializzati.
Le principali difficoltà che s’incontrano nell’effettuare un buon esame
mammografico sono legate alla necessità di individuare tessuto patologico all’interno
dei tessuti mammari, tutti con valori di densità assai vicini, nonché a quella di rivelare
la presenza di microcalcificazioni. Inoltre, la mammografia viene spesso eseguita
come esame di screening, o comunque su donne asintomatiche, al fine di una diagnosi
precoce. Da tutto ciò discende che le immagini mammografiche devono presentare un
contrasto molto elevato contemporaneamente ad un’alta risoluzione spaziale,
mantenendo bassi i livelli di dose assorbita dall’organo.
IL PASSAGGIO AL DIGITALE
La larghissima maggioranza dei mammografi oggi installati impiega la tecnica di
rivelazione convenzionale, ovvero un accoppiamento schermo-film. Questa metodica,
pur avendo una risoluzione spaziale elevata (fino a 20 coppie di linee/mm) ed una
buona qualità dell’immagine, presenta alcune limitazioni intrinseche quali, non
ultima, il fatto di non poter separare i processi di acquisizione, visualizzazione e
registrazione dell’immagine.
Fino a pochissimi anni or sono, la tecnologia digitale, ormai ampiamente diffusa
in tutto il campo radiologico, non aveva ancora fatto breccia nel mercato
mammografico, proprio a causa della bassissima risoluzione spaziale che
presentavano tutti i rivelatori; oggi il notevole sforzo di avanzamento tecnologico
compiuto dalle case produttrici ha finalmente permesso l’introduzione di macchine
digitali anche in campo mammografico.
I vantaggi potenziali di questa metodica sono molteplici, primo fra tutti
l’indipendenza dei processi di acquisizione, registrazione e visualizzazione. Inoltre,
l’immagine digitale presenta un ampio range dinamico ed una risposta lineare senza
soglia, nonché la possibilità di essere elaborata anche con tecniche di riconoscimento
automatico (sistemi CAD) e di essere archiviata in maniera semplice ed agile. Anche
se la risoluzione spaziale dei rivelatori risulta ancora scarsa, tutti gli altri vantaggi ed
un ulteriore e inevitabile miglioramento della nuova metodica porteranno alla lenta
scomparsa della mammografia tradizionale.
I RIVELATORI
I rivelatori per mammografia digitale che oggi si trovano in commercio sono basati
su tecnologie diverse:
21
•
•
•
•
mosaico di CCD accoppiati tramite fibre ottiche ad uno scintillatore CsI(Tl);
imaging plate per computed radiography (CR): rivelatori costituiti da fosfori
fotostimolabili, simili in qualche modo alle pellicole, ma diversi nella procedura
di acquisizione e rivelazione dell’immagine; dopo la fase di lettura l’immagine
risulta comunque costituita da pixel;
flat panel di Silicio amorfo, in cui uno stato di scintillatore (Cs(Tl)) è
accoppiato ad una matrice di fotodiodi al a-Si; data la necessaria presenza dello
scintillatore per la conversione del segnale, questo sistema è detto a conversione
indiretta;
flat panel al Selenio amorfo, che è sostanzialmente una piastra di Selenio
amorfo, a cui è applicato un campo elettrico, direttamente connessa
all’elettronica di read out. Questo tipo di rivelatore è detto a conversione diretta,
poiché il fotone X crea una coppia lacuna –elettrone all’interno del rivelatore e il
campo elettrico convoglia direttamente la lacuna sull’elettrodo che forma il
pixel.
PRINCIPALI CARATTERISTICHE
Trattandosi della tecnologia più recente e con maggiori potenzialità, verranno
presi in considerazione solamente i rivelatori a flat panel, che sono gli unici veri
rivelatori digitali.
I principali parametri da valutare in un rivelatore, di qualunque tipo esso sia, sono la
risoluzione spaziale, ovvero la capacità di discriminare oggetti di piccole dimensioni,
e la efficienza di rivelazione quantica, ovvero la misura del rapporto segnale/rumore
trasferito dal sistema in funzione della frequenza spaziale.
La risoluzione spaziale per un sistema digitale è limitata dalla dimensione del
pixel ed è determinata dal teorema di campionamento di Nyquist (max frequenza
misurabile = 1/2a, con a = passo = dimensione pixel), quindi: pixel da 100 µm
consentono una risoluzione spaziale massima di 5 lp/mm, mentre pixel da 70 µm ne
consentono una di 7.1 lp/mm.
Nel caso di un rivelatore convenzionale (accoppiamento schermo/film) questo
parametro dipende dalle dimensioni dei granuli dell’emulsione e dalla tipologia dello
schermo di rinforzo (fino a 20 lp/mm, come si è detto sopra).
La Funzione di Trasferimento di Modulazione (MTF) quantifica la risoluzione
spaziale di un sistema in funzione della frequenza spaziale, cioè descrive, per ogni
frequenza spaziale, la frazione che ne viene conservata nell’immagine. Al fine di
risolvere accuratamente oggetti di piccole dimensioni, ovviamente, è necessario un
valore elevato di MTF alle alte frequenze spaziali.
L’efficienza di rivelazione quantica - Detective Quantum Efficiency o DQE rappresenta l’efficienza con cui il rivelatore cattura le informazioni derivanti
dall’esposizione: essa quantifica il rapporto segnale rumore del sistema, la risoluzione
del contrasto e l’efficienza della dose. La DQE dipende quindi dalla quantità di fotoni
X assorbiti (dose), dall’ampiezza del profilo del segnale e dal rumore, e varia in
funzione della frequenza spaziale.
Nei grafici seguenti sono riportate le curve di risposta in funzione della frequenza
spaziale di MTF e DQE per l’accoppiamento schermo-pellicola (Kodak, min-R2000),
i rivelatori a conversione indiretta (a-Si commercializzati da GE) e quelli a
conversione diretta (a-Se commercializzati da Lorad)
22
Le caratteristiche dei rivelatori possono quindi essere riassunte come segue:
Pellicole: alte MTF per alte frequenze spaziali, la DQE, viceversa, è molto limitata
per le alte frequenze spaziali poiché è alto il rumore dovuto alla granularità.
Rivelatori indiretti: la MTF dipende da dimensione del pixel e/o larghezza segnale
generato dallo scintillatore; la DQE non è buona ad alte frequenze a causa del blurring
dovuto agli scintillatori, ma risulta comunque più alta rispetto all’accoppiamento
schermo-film.
Rivelatori diretti: la MTF dipendente solo da dimensione del pixel, poiché non esiste
lo scintillatore; la DQE risulta migliore rispetto ai sistemi indiretti, anche perché lo
spessore del a-Se può essere aumentato senza perdere in risoluzione spaziale.
23
24
La formazione del Fisico Sanitario
Corso di Laurea e Suole di Specializzazione
Salvatore Lo Nigro
CORSO DI LAUREA
Nuovo ordinamento
Lauree triennali
• LAUREA IN FISICA
•
Dopo il conseguimento è possibile frequentare altri due anni per la Laurea
Specialistica (indirizzi previsti sono quelli attualmente esistenti)
• LAUREA IN FISICA APPLICATA
Sono previsti tre curricula:
• Tecnologie fisiche, elettroniche e informatiche (attivato)
•
Fisica dell’ambiente e del sistema Terra (attivato)
•
Fisica biomedica (non attivato)
La Scuola di specializzazione
in Fisica Sanitaria di Catania
Organizzazione — Struttura — Attività
• Istituita su proposta del Dipart. Fisica solo indirizzo FISICA MEDICA
• Interfacoltà (Scienze + Medicina)
• Approvata il 26/6/98 — Ha autonomia didattica, organizzativa e finanziaria
• Avviata con l’A.A. 1999/2000
• Durata : 4 anni
• N° specializzandi : 3 per anno solo per concorso tra laureati in Fisica
25
• Gestione e sede amministrativa:
Dipartimento di Fisica ed Astronomia
• Funzionamento : Facoltà di Scienze + Medicina + Aziende Ospedaliere + Laboratori
Nazionali del Sud
• Attività:
• n° 200 ore di didattica per anno
• tirocinio presso strutture univers. e aziende ospedaliere convenzionate (Policlinico
– Garibaldi -. V.E. - Rem) con orario uguale al personale S.S.N.
• Titolo : superamento materie del piano di studi + espletamento addestramento +
presentazione e discussione tesi originale
• Esame finale : commissione formata dal Direttore della Scuola e n° 6 docenti o
esperti nominati dal Rettore
Difficoltà
• Accreditamento ministeriale e borse di studio per i corsisti (come area medica).
Attualmente una sola borsa per anno finanziata dall’Università.
• Riconoscimento della valenza della scuola per la formazione di specialisti essenziali
nelle aziende ospedaliere.
• Rapporti con i colleghi della Facoltà di Medicina impegnati nelle loro attività
didattiche e clinico-assistenziali.
• Mancanza di risorse finanziarie (tranne le tasse pagate dagli iscritti).
• Previsioni poco ottimistiche per i tempi e le modalità richieste dal riordino delle
scuole di specializzazione di area medica.
• Scuola di specializzazione dopo laurea triennale o dopo laurea specialistica??
26
TABELLA A - ATTIVITÀ DIDATTICA FORMALE E SEMINARIALE
I anno
FISICA MEDICA E SANITARIA
50
ore
FISICA NUCLEARE
50
ore
BIOMATERIALI
25
ore
BIOLOGIA E BOCHIMICA
25
ore
ANATOMIA UMANA
25
ore
FISIOLOGIA UMANA
25
ore
______________
Totale
200
ore
RADIOATTIVITÀ’
30
ore
FISICA DEGLI ACCELERATORI
30
ore
MISURE NUCLEARI I
40
ore
TECNICHE FISICHE PER DIAGNOSTICA BIOMEDICA
50
ore
ELETTRONICA
30
ore
PATOLOGIA GENERALE
20
ore
II anno
______________
Totale
200
ore
MISURE NUCLEARI II
40
ore
INFORMATICA
40
ore
RADIOTERAPIA
30
ore
RADIOPROTEZIONE
40
ore
RADIOLOGIA E DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
50
ore
III anno
______________
Totale
200
ore
ONCOLOGIA MEDICA
50
ore
RADIOTERAPIA ONCOLOGICA
50
ore
RADIOBIOLOGIA MEDICA
50
ore
MEDICINA NUCLEARE
50
ore
IV anno
______________
Totale
27
200
ore
28
29
30
Struttura ed organizzazione dei servizi fisica sanitaria nelle aziende sanitarie. Domenico Di Mariano
TIPOLOGIA DELLE PRESTAZIONI EROGATE DALL’AZIENDA SANITARIA
- ATTIVITA’ CON RADIAZIONI IONIZZANTI
- ATTIVITA’ CON RADIAZIONI NON IONIZZANTI
ATTIVITA’ CON RADIAZIONI IONIZZANTI
- PRATICHE DI RADIODIAGNOSTICA
- PRATICHE DI MEDICINA NUCLEARE
- PRATICHE DI RADIOTERAPIA
ATTIVITA’ CON RADIAZIONI NON IONIZZANTI
- RISONANZA MAGNETICA
- ECOGRAFIA
- LITOTRISIA
- LASERTERAPIA
ATTIVITA’ ISTITUZIONALI
- ATTIVITA’ DI FISICA MEDICA AI SENSI DEL DECRETO LEGISLATIVO
26 MAGGIO 2000 N. 187
- AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE
- RICERCA
31
ATTIVITA’ NON ISTITUZIONALI MA NORMALMENTE ASSICURATE
- SORVEGLIANZA FISICA AI SENSI DEL DECRETO LEGISLATIVO N. 24
1/00
- PRESTAZIONI DI FISICA MEDICA NELL’IMPIEGO MEDICO DI
RADIAZIONI NON IONIZZANTI
- SICUREZZA DELLE APPARECCHIATURE DI RNM
- FORMULAZIONE DI CAPITOLATI E CONSULENZE PER GARE DI
APPALTO
DI APPARECCHIATURE DI DIAGNOSTICA PER IMMAGINI E DI
RADIOTERAPIA
- INFORMATICA SANITARIA
- DIDATTICA
TIPOLOGIA DELL’ UNITA’ OPERATIVA
- STRUTTURA COMPLESSA QUANDO NELL’AZIENDA SANITARIA
VENGONO EFFETTUATE ALMENO DUE PRATICHE
- STRUTTURA SEMPLICE QUANDO NELL’AZIENDA SANITARIA VIENE
EFFETTUATA UNA SOLA PRATICA
MAI FISICO SANITARIO DI REPARTO
INDIVIDUAZIONE DELLE UNITA’ LAVORATIVE
DOCUMENTO AIFM (ADOTTA LE INDICAZIONI FORNITE DA
DOCUMENTI
DELL’EFOMP, DELL’ESTRO E DEL RAPPORTO ISTISAN 02/2
LIMITATAMENTE ALLA PRATICA DI RADIOTERAPIA)
DIAGNOSTICA
ECOGRAFIA)
PER
IMMAGINI
(RADIODIAGNOSTICA,
-1 FISICO/40 APPARECCHIATURE DI RADIODIAGNOSTICA
-0.5 FISICO/APPARECCHIATURA RMN
-0.5 FISICO/40 APPARECCHIATURE ECOGRAFICHE
MEDICINA NUCLEARE
-0.5 FISICO/UNITA’ SPECT
-1 FISICO/UNITA’ PET
32
RMN,
-1 FISICO/200 TRATTAMENTI/ANNO
RADIOTERAPIA
IPOTESI:
- UN SISTEMA DI STUDIO E SIMULAZIONE ED UN SISTEMA PER LA
PIANIFICAZIONE DEI PIANI DI TRATTAMENTO (TPS) OGNI DUE
APPARECCHIATURE PER RADIOTERAPIA
-400 PIANI DI CURA/ANNO/APPARECCHIATURA CON FASCI ESTERNI
-100 PIANI DI CURA/ANNO/APPARECCHIATURA PER BRACHITERAPIA
-1-1.5 FISICO/ACCELERATORE (1.5 NEL CASO IN CUI SI EFFETTUINO DI
ROUTINE TECNICHE SPECIALI DI TRATTAMENTO: TRATTAMENTI
STEREOTASSICI, TBI, IORT, TECNICHE CONFORMAZIONALI)
-0.7 FISICO/UNITA’ COBALTOTERAPIA
-0.45 FISICO/UNITA’ BRACHITERAPIA
SORVEGLIANZA FISICA DELLA PROTEZIONE
-1 FISICO ESPERTO QUALIFICATO/
RADIODIAGNOSTICA E RADIOTERAPIA
80
APPARECCHIATURE
DI
- PERSONALE TECNICO: ALMENO IN NUMERO PARI ALLE UNITA’ DI
FISICI SANITARI
-.PERSONALE AMMINISTRATIVO: ALMENO UNA UNITA’ PER FUNZIONI
DI SEGRETERIA
INSERIMENTO DIPARTIMENTALE DELL’ UNITA’ OPERATIVA
- DIPARTIMENTO SERVIZI
- DIPARTIMENTO DI DIAGNOSTICA PER IMMAGINI
- DIPARTIMENTO ONCOLOGICO
- ALTRO (DIPARTIMENTO TECNOLOGIE BIOMEDICHE CON INGEGNERIA
CLINICA)
33
VALUTAZIONE ECONOMICA
DEVE ESSERE EFFETTUATA CON RIFERIMENTO A TARIFFARI
REGIONALI O A
TARIFFARI NAZIONALI IN OGNI CASO SI RITIENE NECESSARIO
PREDISPORRE UN
DOCUMENTO REGIONALE SULLA VALUTAZIONE ECONOMICA DELLE
ATTIVITA’
ESPLETATE DAI SERVIZI DI FISICA SANITARIA ED INVIARNE COPIA
COME SEZIONE
REGIONALE AIFM ALL’ASSESSORATO REGIONALE ALLA SANITA’ ED
ALLE
DIREZIONI GENERALI DELLE AZIENDE SANITARIE
ASSESSORATO REGIONALE DELLA SANITA’
DECRETO 17 GIUGNO 2002
DIRETTIVE PER L’ACCREDITAMENTO ISTITUZIONALE DELLE
STRUTTURE
SANITARIE NELLA REGIONE SICILIANA
REQUISITI ORGANIZZATIVI, DELLE ATTIVITA’ SANITARIE E PER
L’ACCREDITAMENTO: ALLEGATO 1 DEL DECRETO ASSESSORIALE DEL
17 GIUGNO 2002
- RADIOLOGIA DIAGNOSTICA:
ATTIVAZIONE DI UN SISTEMA DI CONTROLLO DI QUALITA’; IL
CONTROLLO DI
QUALITA’ DEVE ESSERE DOCUMENTATO
34
- MEDICINA NUCLEARE:
NELLE STRUTTURE CON “APPARECCHIATURE COMPLESSE” DEVE
ESSERE
DISPONIBILE IL FISICO SANITARIO
ATTIVAZIONE DI UN SISTEMA DI CONTROLLO DI QUALITA’; E’
DISPONIBILE
DOCUMENTAZIONE IN CUI E’ DICHIARATA LA METODOLOGIA, LA
FREQUENZA, LA
RESPONSABILITA’DEL CONTROLLO DI QUALITA’ DELLE RISORSE
(STRUMENTI,
RADIOFARMACI, RADIODIAGNOSTICI, RISORSE UMANE) DEI RISULTATI
(INTRA ED
INTERLABORATORI), DEI PROCESSI. I RISULTATI SONO CONSERVATI IN
APPOSITO REGISTRO
RADIOTERAPIA:
- INDIPENDENTEMENTE DAL NUMERO DEI PAZIENTI TRATTABILI DEVE
ESSERE
DISPONIBILE IL FISICO SANITARIO
- ATTIVAZIONE DI UN SISTEMA DI CONTROLLI DI QUALITA’
OCCORRE EFFETTUARE DELLE RIFLESSIONI SUGLI EFFETTI CHE IL
DECRETO
ASSESSORIALE DEL 17 GIUGNO 2002 PUO’ PRODURRE SU QUANTO
APPRESSO
RIPORTATO:
- NUMERO DI SERVIZI DI FISICA SANITARIA DA PROGRAMMARE PER LA
REGIONE
SICILIANA
- TIPOLOGIA DEI SERVIZI DI FISICA SANITARIA E DETERMINAZIONE
DELLE UNITA’
LAVORATIVE
- BACINO DI UTENZA DEI SERVIZI DI FISICA SANITARIA DELLE
AZIENDE
SANITARIE
35
36
VIGILANZA IN RADIOPROTEZIONE
Nuccio La Mela
DECRETO LEGISLATIVO 6 maggio 2000. n. 187.
Attuazione della direttiva 97/43/EURATOM in materia di protezione sanitaria delle
persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse ad esposizioni mediche.
RESPONSABILI
h) esercente: il soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione dell’impresa, ha la
responsabilità dell’impresa stessa ovvero dell’unità produttiva, intesa come
stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o servizi, dotata di
autonomia finanziaria e tecnico-funzionale;
(ART. 2 punto1 lett. h)
b) responsabile di impianto radiologico: il medico specialista in radiodiagnostica,
radioterapia o medicina nucleare individuato da1l’esercente Il responsabile di
impianto radiologico può essere lo stesso esercente qualora questo sia abilitato a
svolgere direttamente l’indagine clinica;
(ART. 2 punto 2 lett. b)
f) specialista: il medico chirurgo o l’odontoiatra che ha titolo per assumere la
responsabilità clinica per le esposizioni mediche individuali ai sensi dell’ articolo 7,
commi 3 e 4;
(ART.2 punto 2 lett. f)
r) prescrivente: il medico chirurgo o l’odontoiatra, iscritti nei rispettivi albi;
(ART. 2 punto1 lett. r)
Art. 13.
Ispezione
1. La vigilanza sull’applicazione del presente decreto spetta in via esclusiva agli
organi del Servizio sanitario nazionale competenti per territorio.
37
ESERCENTE
1) Deve nominare il responsabile dell’ impianto (art. 5 co 5).
2) Deve garantire allo specialista che per le pratiche
a) radioterapiche : si avvalga di un esperto in fisica medica
b) medico nucleari in vivo : sia disponibile un esperto in fisica medica. (art. 6 punto
3).
3) E’ tenuto a verificare che siano utilizzate apparecchiature radiologiche, tecniche ed
apparecchi ausiliari adeguate per le esposizioni mediche che riguardano:
a) bambini
b) programmi di screening
c) procedure comportanti alti dosi ( radiologia interventistica, radioterapia. ( art. 9 co
1).
4) Osservare le raccomandazioni e le indicazioni comunitari che riguardano i
programmi di assicurazione della qualità e i criteri di accettabilità delle attrezzature.
(art 9 co 6).
5) Provvede affinché le indagini ed i trattamenti con radiazioni ionizzanti vengono
registrati singolarmente anche in forma sintetica (art. 12 co 1).
6) Deve assicurarsi, dove si svolgono indagini o trattamenti con radiazioni ionizzanti,
che vengono esposti avvisi atti a segnalare il potenziale pericolo per 1’ embrione , il
feto o per il lattante nel caso di somministrazioni di radiofarmaci (art. 10 co 5).
RESPONSABILE IMPIANTO RADIOLOGICO
1) Deve garantire che lo specialista per le pratiche
a) radioterapiche: si avvalga di un esperto in fisica medica
b) medico nucleari in vivo : sia disponibile un esperto in fisica medica. (art. 6 punto
3).
2) Deve provvedere, tramite un esperto in fisica medica, a realizzare:
a) programmi di garanzia della qualità
b) prove di accettazione per apparecchiature dell’ entrata in uso o per interventi di
manutenzione rilevanti esprimendo giudizio di idoneità all’ uso clinico.( art. 8 punto
2).
3) Vietare l’ esecuzione di esami in fluoroscopia senza intensificazione di immagine o
tecniche analogiche non giustificate ( art. 8 punto 6).
4) Limitare solo per esigenze diagnostiche o terapeutiche l’ esecuzione di esami in
fluoroscopia senza dispositivo per il controllo del rateo di dose (art. 8 punto 7).
5) Provvede affinché un esperto in fisica medica esegua periodiche valutazioni
dosimetriche, necessarie per adottare misure correttive e comportamentali con le
finalità diagnostiche (art. 9 punto 3).
6) Nell’ attività radioterapica, predispone, avvalendosi di un esperto in fisica medica,
le procedure per la valutazione delle dosi somministrate ai pazienti (art. 9 punto 4).
38
7) Osservare le raccomandazioni e le indicazioni comunitari che riguardano i
programmi di assicurazione della qualità e i criteri di accettabilità delle attrezzature
(art 9 co 6).
8) Adotta tutte le misure ragionevolmente adottabili, tenendo conto dei fattori
economici e sociali, per ridurre la probabilità e l’ entità di dosi accidentali o non
intenzionali ai pazienti nel caso di pratiche radiologiche (art. 11 co 1).
9) Provvede affinché le indagini ed i trattamenti con radiazioni ionizzanti vengono
registrati singolarmente anche in forma sintetica (art. 12 co 1).
SPECIALISTA
1) E’ responsabile della scrupolosa applicazione del principio di giustificazione ........
(art. 3).
2) E’ responsabile dell’ applicazione principio di ottimizzazione……………….(art.
4).
3) E’ obbligato , per le esposizioni di persone a scopo di ricerca scientifica clinica, di
acquisire il consenso scritto delle persone medesime, previa informazione sui rischi
connessi con l’ esposizione alle radiazioni ionizzanti (art. 5 co 6).
4) E’ tenuto a verificare che siano utilizzate apparecchiature radiologiche, tecniche ed
apparecchi ausiliari adeguate per le esposizioni mediche che riguardano:
a) bambini
b) programmi di screening
c) procedure comportanti alti dosi ( radiologia interventistica, radioterapia. ( art. 9 co
1).
5) Deve , al momento dell’ indagine diagnostica, effettuare una accurata anamnesi,
allo scopo di sapere se la donna è in stato di gravidanza, e si informa nel caso di
somministrazione di radiofarmaci se la donna allatta al seno (art 10 Co 1).
6) Considèra la dose che deriverà all’ utero a seguito della prestazione diagnostica o
terapeutica. Se la dose è superiore a 1 mSv pone particolare attenzione alla
giustificazione , alla necessità o all’ urgenza. Nel caso affermativo , deve porre
particolare attenzione al processo di ottimizzazione riguardante madre e nascituro (art.
10 co 2).
7) Per le donne che allattano al seno, particolare attenzione è rivolta alla
giustificazione e alla ottimizzazione sia per la madre che per il figlio. (art. 10 co 3).
PRESCRIVENTE
1) Deve evitare esposizioni non necessarie ,.............. , avvalendosi di informazioni
diagnostiche precedenti attinenti alla prevista esposizione (art 3 co 5).
2) Deve , al momento dell’ indagine diagnostica, effettuare una accurata anamnesi,
allo scopo di sapere se la donna è in stato di gravidanza, e si informa nel caso di
somministrazione di radiofarmaci se la donna allatta al seno (art 10 co 1).
39
ESTINZIONE DEL REATO E DELLA PENA
162 bis. Oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative. — Nelle
contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la pena alternativa dell’arresto o
dell’ammenda, il contravventore può essere ammesso a pagare, prima dell’apertura
del dibattimento, ovvero prima del decreto dì condanna, una somma corrispondente
alla metà del massimo della ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione
commessa, oltre le spese del procedimento.
Con la domanda di oblazione il contravventore deve depositare la somma
corrispondente alla metà del massimo della ammenda.
OMISSIS
Il pagamento delle somme indicate nella prima parte del presente articolo estingue il
reato.
40
CHIUSURA DEI LAVORI
Giovanni Mannino
A conclusione degli interventi previsti nel calendario dei lavori, il Dr. Giovanni
Mannino, in qualità di Presidente del Comitato organizzatore locale della Sessione di
Fisica Sanitaria, esprime sentiti ringraziamenti innanzitutto al Dr. Privitera, che ha
consentito la realizzazione della Sessione stessa, alla sezione siciliana della SIRMN,
che ha previsto la presenza di un così folto e qualificato gruppo di fisici, a tutti i
partecipanti che hanno contribuito alla realizzazione tanto della sessione orale che di
quella a poster, nonché a tutti gli intervenuti ai quali da appuntamento al prossimo
incontro
41
42
COMUNICAZIONI LIBERE
43
44
Valutazione dello stress lavorativo degli operatori di VDT in ambiente ospedaliero
Assunta Scarmato, Maria Giulia Tripepi, Giuseppe Vermiglio
Dipartimento di Protezionistica Ambientale, Sanitaria, Sociale ed Industriale – Facoltà
di Medicina e Chirurgia – Università degli Studi di Messina
Riassunto
Considerato che il VDT è ormai entrato a far parte di ogni postazione di lavoro in tutti
settori delle attività sanitarie, gli AA hanno ritenuto proficuo condurre una ricerca
conoscitiva in ambiente ospedaliero per verificare se i lavoratori addetti all’uso
professionale e continuativo dei VDT si siano o meno adeguati alle raccomandazioni
di sicurezza stabilite dalle relative leggi e norme. È stata pertanto preparata una
scheda cognitiva riguardante l’impegno, le abitudini, il posto e l’ambiente di lavoro, il
tipo di monitor e stampante, che si conclude con il giudizio personale finale sulle
condizioni lavorative, della quale si è fatto uso per condurre una ricognizione mirata
all’interno di cliniche e servizi del Policlinico Universitario.
Per valutare, inoltre, la possibile influenza delle modalità d’uso in relazione alla
tipologia lavorativa, è stato effettuato un confronto tra addetti operanti in campo
medico (clinico e chirurgico) e non (amministrativo).
È così emerso che la maggior parte dei lavoratori cui è stato sottoposto il questionario
predisposto, opera al VDT da parecchi anni, ogni giorno, da un minimo di 2 ore ad un
massimo di 4, senza usufruire di pause programmate. L’ambiente di lavoro, che può
ospitare da 2 a 4 persone o più, è ritenuto generalmente confortevole dal punto di vista
microclimatico, ma non della qualità dell’aria né della rumorosità, attribuita
comunque alla presenza di più persone, giacché le lamentele manifestate non sono
riferite esclusivamente al tipo di stampante, anche se per lo più rumorosa, ma in
maggior misura a vocio, telefoni ed altro.
Il posto di lavoro, invece, è stato ritenuto sufficientemente accettabile, mentre gli
operatori amministrativi valutano insufficiente lo spazio a disposizione,
probabilmente perché costretti a condividere la stanza con più persone e impegnati al
VDT per un tempo maggiore.
Il giudizio conclusivo, espresso dagli interessati, risulta infine soddisfacente per il
medico, mentre l’amministrativo si dichiara per lo più scontento e stressato.
L’analisi dei dati raccolti, comunque, mette in evidenza lo scarso interesse attualmente
dedicato in larga misura dagli intervistati alla problematica della sicurezza d’uso, e
porta a constatare, come peraltro previsto dalle vigenti disposizioni, che l’operatore
più esposto a rischi è quello che utilizza un VDT in maniera continuativa, con un
45
notevole impegno giornaliero, che dovrebbe invero farsi maggiormente parte attiva
per l’attuazione delle norme di tutela già esistenti.
Introduzione
Le workstations dotate di unità videoterminale (di seguito VDT) sono ormai entrate a
far parte integrante della maggior parte delle postazioni di lavoro in quasi tutti i settori
lavorativi. La sua grande diffusione e le molte ore di utilizzo obbligano quindi a porre
grande attenzione agli aspetti inerenti la sicurezza correlata al suo impiego.
D’altronde il DLgs 626/94, e poi le successive modifiche ed integrazioni, con cui si
recepiscono otto Direttive Comunitarie e si persegue il miglioramento della sicurezza
e della salute sul posto di lavoro, che ne costituisce il punto cardine, stabilisce nel
Titolo VI e nell’allegato VII le prescrizioni minime per la tutela della salute e della
sicurezza dei lavoratori che utilizzano attrezzature munite di videoterminali,
prevedendo la valutazione del rischio come elemento indispensabile e fondamentale
per il raggiungimento di tale obiettivo. In forza delle sue disposizioni, anche il
lavoratore, informato e formato ( Titolo VI art.56) deve partecipare con responsabilità
sia all’organizzazione che alla programmazione di tutti gli interventi mirati al
miglioramento delle condizioni lavorative e risulta quindi coinvolto in prima persona
in quelle che sono le attività di prevenzione e sicurezza.
Alla luce di quanto sopra gli AA per verificare se i lavoratori addetti all’uso
professionale e continuativo dei VDT si fossero adeguati alle raccomandazioni di
sicurezza prescritte dalla succitata legislazione, hanno ritenuto conducente sottoporre
agli interessati un questionario appositamente predisposto, con l’intento di acquisire
informazioni sulle condizioni lavorative anche in riferimento alle finalità d’uso.
Materiali e Metodi
Alla luce delle prescrizioni minime di legge, è stato ritenuto importante acquisire
informazioni su:
•
anamnesi personale dei lavoratori;
•
caratteristiche dell’ambiente di lavoro;
•
tipologia del posto di lavoro;
•
specifiche su monitor e stampante;
•
entità dello spazio di lavoro;
•
giudizio personale sulle condizioni lavorative.
Con queste finalità gli AA hanno predisposto ed utilizzato il questionario di seguito
illustrato, che è stato consegnato per la compilazione e successiva restituzione ai
lavoratori delle strutture scelte come campione.
46
ANAMNESI LAVORATIVA
Sig./Dott.Prof.___________________________________________________________
Istituto/Cattedra/U.O._____________________________________________________
Sede___________________________________________________________________
Da quanti tempo lavora al VDT (in anni)
<1
1.5
6.10
>10
Quanti giorni alla settimana? ________
Con quale impegno orario?
fino a 2 ore al giorno
da 3 a 4 ore al giorno
più di 4 ore al giorno
Con pause
programmate
non programmate
senza pause
Per l’immissione dei dati utilizza:
prevalentemente la tastiera
prevalentemente il mouse
entrambi in eguale misura
Giudica stressante il suo lavoro?
no
poco
molto
a volte
ASPETTI AMBIENTALI DEL SUO UFFICIO
Con quante persone divide la stanza?
da solo
con 2-4 persone
con 5-9 persone
con più di 10 persone
Piano
sotterraneo
rialzato o piano terra
altri piani
47
Presenza di aria condizionata
no
sempre
si, solo in estate
Temperatura nella stagione calda:
confortevole
troppo caldo
troppo freddo
Temperatura nella stagione fredda:
confortevole
troppo caldo
troppo freddo
Presenza di correnti d’aria:
no
sempre presenti
occasionalmente
È soddisfatto della qualità dell’aria?
Se no, perché?
troppo secca
odori sgradevoli
mancanza di ricambi d’aria
polveri in sospensione
fumo di tabacco
no
no
no
no
no
no
si
si
si
si
si
Illuminazione (naturale ed artificiale insieme)
sempre confortevole
no
scarsa in alcune ore
no
scarsa tutto il giorno
no
eccessiva in alcune ore
no
eccessiva tutto il giorno
no
Rumore:
tollerabile
fastidioso
fastidioso ma proveniente da uffici vicini
fastidioso proveniente dall’esterno
si
si
si
si
si
si
no
no
no
no
si
si
si
si
Il rumore fastidioso nel suo ufficio deriva da :
stampante
telefoni
vociare dei colleghi
impianto di condizionamento
altre macchine (fax,fotocopiatrici etc.)
POSTO DI LAVORO AL VDT
Posizione del video rispetto all’operatore:
in posizione primaria di fronte all’operatore
in posizione angolata a destra dell’operatore
in posizione angolata a sinistra dell’operatore
Posizione del monitor rispetto alle finestre:
48
nessuna finestra
1 o 2 finestre al lato destro dell’operatore
1 o 2 finestre a sinistra dell’operatore
1 o 2 finestre alle spalle dell’operatore
1 o 2 finestre di fronte all’operatore
2 finestre una di fianco e una di fronte all’operatore
2 finestre una di fianco e una di spalle dell’operatore
2 finestre una di fronte e una alle spalle dell’operatore
2 finestre una sul fianco destro una sul fianco sinistro dell’operatore
altro
(specificare)______________________________________________________________
La finestra più vicina alla sua postazione VDT:
non ha tende ne altre schermature
è schermata con tende a strisce verticali
è schermata con tende a pannello o tende tradizionali
è schermata con veneziana
Le altre finestre:
non ci sono altre finestre
non ha/hanno tende ne altre schermature
è/sono schermate con tende a strisce verticali
è/sono schermate con tende a pannello o tende tradizionali
è/sono schermate con veneziane
Le luci artificiali:
non sono schermate
sono schermate con griglie o lamelle
sono schermate con vetro o plexiglas
sono a luce diretta
MONITOR
La distanza del monitor dai suoi occhi è:
minore di 50 cm
compresa tra 50 e 70 cm
maggiore di 70 cm
Il monitor è dotato di possibilità di regolazione:
no
di luminosità
di contrasto
luminosità e contrasto
Il monitor è dotato di filtro o schermo antiriflesso:
no
si
Regolabilità del monitor:
il monitor non è regolabile
è regolabile solo in altezza
è regolabile solo in rotazione
è regolabile solo in inclinazione
è regolabile in rotazione ed inclinazione
è regolabile in inclinazione, rotazione ed altezza
49
La superficie del piano su cui è appoggiato il monitor è:
in vetro o cristallo
altro materiale
Il colore della superficie del piano su cui è appoggiato il monitor è:
bianco lucido
scuro lucido
chiaro opaco
scuro opaco
Le pareti sono di colore:
bianco puro
scuro
chiaro non bianco
Riflessi sulla superficie dello schermo:
mai
occasionalmente
sempre presenti
SPAZIO DI LAVORO
Come giudica lo spazio di lavoro a disposizione sulla superficie di lavoro:
sufficiente
insufficiente
STAMPANTE
Se c’è una stampante vicino al suo posto di lavoro di che tipo è:
non sono presenti stampanti
ad aghi o altro tipo (rumorosa)
a laser (silenziosa)
altro tipo (specificare) ________________________________________________________
GIUDIZIO PERSONALE
Come ritiene le condizioni lavorative:
non soddisfacenti (specificarne il motivo) _________________________________________
mediocri (specificarne il motivo) ________________________________________________
buone
ottime
Se sussistono problemi inerenti le condizioni lavorative specificare quali:
___________________________________________________________________________
___________________________________________________________________________
Le 104 schede restituite, debitamente compilate, risultano ripartite, ai fini della
presente indagine, in tre categorie scelte come campione, nella seguente misura:
amministrativi (n.60), chirurghi (n.17), clinici (n.27).
50
Risultati e Discussione
La maggior parte dei lavoratori coinvolti in questa ricerca opera al VDT da più anni,
per 5 o anche 6 giorni a settimana, per 2 ore al giorno (medici) o per più di 4 ore
(amministrativi), senza pause programmate, utilizza tastiera e mouse e giudica il
lavoro a volte stressante; divide la stanza con altre 2÷4 persone o anche più,
usufruisce di aria condizionata solo d’estate, ma ritiene confortevole la temperatura
sia nella stagione estiva che in quella invernale. Lamenta, però, occasionali correnti
d’aria, non è soddisfatta della qualità dell’aria e non ritiene per lo più confortevole
l’illuminazione.
I chirurghi in particolare giudicano tollerabile il rumore, mentre gli altri lo ritengono
fastidioso a causa, però, di stampanti, telefoni, vocio, condizionatori e/o altre
macchine presenti.
Generalmente il video è posizionato di fronte all’operatore, con 1 o 2 finestre a destra
o a sinistra, schermate con pannelli verticali o veneziane; le luci artificiali sono
schermate con vetro o plexiglas; lo spazio di lavoro è giudicato sufficiente dagli
operatori medici, mentre gli amministrativi, probabilmente a causa della diversa
tipologia di lavoro e dell’ambiente più affollato, si ripartiscono, in misura
pressappoco uguale, tra sufficiente (48,3%) ed insufficiente (51,7%).
La maggior parte degli utilizzatori lavora ad una distanza di 50÷70 cm dal monitor,
che può regolare in luminosità, contrasto, rotazione e inclinazione, non usa filtri
antiriflesso e lamenta riflessi solo occasionalmente. Il piano d’appoggio è sempre di
materiale diverso da vetro o cristallo, di colore bianco opaco e le pareti della stanza
sono di colore chiaro, ma non bianco.
Il giudizio finale espresso dai lavoratori sulle condizioni lavorative (Tab.I) evidenzia
una maggiore soddisfazione da parte del medico, meglio ancora se chirurgo, mentre
risultano più soggetti a stress gli amministrativi (Tab.II).
Insoddisfacenti
Mediocri
Buone
Ottime
Non risponde
Amministrativi
%
34.4
26.2
29.5
6.6
3.3
Clinici
%
5.9
17.6
64.7
11.8
---
Chirurghi
%
3.7
11.1
85.2
-----
Tab. I Giudizio personale degli operatori sulle condizioni lavorative.
No
Poco o a volte
Molto
Amministrativi
%
14.7
57.4
27.9
Clinici
%
47.0
47.0
5.9
Chirurghi
%
17.8
60.7
21.4
Tab. II Giudizio di stress lavorativo degli operatori.
Alla luce dei dati sopra riportati, per poter inoltre valutare meglio l’influenza della
tipologia lavorativa sulle modalità d’uso, è stato fatto un raffronto tra gli operatori in
51
campo amministrativo e quelli in campo medico che, tra l’altro, non sembrano avere
abitudini diverse tra di loro. L’esito di tale raffronto è riportato nelle Tabb.III e IV.
Conclusioni
Dai risultati ottenuti emerge che poco o nulla è stato fatto per minimizzare i molteplici
fattori di rischio, di seguito specificati, che condizionano il benessere del lavoratore
impegnato al VDT:
affaticamento visivo (lacrimazione, fastidio alla luce, bruciore agli occhi, mal di
testa);
disturbi muscolo-scheletrici(dolori lombari ed articolari, tensione al collo,
rigidità muscolare);
condizioni microclimatiche inadeguate (aria secca, temperatura del locale troppo
calda o troppo fredda, correnti d’aria, mancanza di ricambi d’aria);
stress ( sonnolenza, ansia, stanchezza, irritabilità, poca concentrazione);
igiene ambientale insufficiente (locali piccoli, non aerati, sovraffollati, umidi,
con presenza di fumo di tabacco ed odori sgradevoli);
i cui effetti, ovviamente, risultano più importanti laddove il lavoro è svolto
prevalentemente, se non quasi esclusivamente, al VDT, come si evince dal confronto
delle figg. 1 e 2. Ciò porta a fare concludere che il suo corretto utilizzo è purtroppo
ancora lasciato alla discrezione degli utilizzatori e dei datori di lavoro e molto deve
ancora essere fatto affinché diventi un obbligo ben definito come stabilito dal DLgs
626/94 e successive modifiche ed integrazioni.
52
Insoddisfacenti
Mediocri
Buone
Ottime
Non risponde
Amministrativi
%
34.4
27.9
29.5
6.6
1.6
Medici
%
4.5
13.6
77.3
4.5
---
Tab. III Giudizio personale degli operatori sulle condizioni lavorative.
No
Poco o a volte
Molto
Amministrativi
%
14.7
57.4
27.9
Medici
%
28.9
55.6
15.5
Tab. IV Giudizio di stress lavorativo degli operatori.
90
80
70
60
insoddisfacenti
50
m ediocri
40
buone
ottim e
30
20
10
i
ed
ic
M
Am
m
in
is
tr a
t iv
i
0
Fig. n.1- giudizio sulle condizioni lavorative
53
90
80
70
60
molto
50
poco o a volte
40
no
30
20
10
i
M
ed
ic
Am
m
in
is
t ra
tiv
i
0
Fig. n.2 - giudizio di stress
54
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55
•
•
•
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UNI EN 29241-1 – Requisiti ergonomici per il lavoro d’ufficio con videoterminali
UNI EN 29241-2 – Guida ai requisiti dei compiti
UNI EN 29241-3 – Requisiti delle unità video
UNI 7367 – Mobili per ufficio- Posto di lavoro
56
ESPOSIZIONE A CAMPI ELETTROMAGNETICI ELF PER UNA CLASSE DI LAVORATORI: VALUTAZIONE NEI SALONI PER ACCONCIATURE
Pietro Ruggeri, Assunta Scarmato, Elisa Ruello
Dipartimento di Protezionistica Ambientale, Sanitaria Sociale e Industriale
Facoltà di Medicina e Chirurgia
Università degli Studi di Messina
RIASSUNTO
L'indagine illustrata nel presente lavoro è stata condotta in alcuni saloni di
parrucchiere della città di Messina allo scopo di valutare l'entità dei campi
elettromagnetici generati da asciugacapelli, caschi ed altri apparecchi in essi utilizzati.
Le misure sono state effettuate nelle condizioni di normale svolgimento dell'attività
lavorativa con la presenza di personale e clienti al fine di valutare l'esposizione
professionale ai campi ELF e di generalizzarla e collocarla nel contesto di un locale
tipo.
I valori misurati sono stati raffrontati con i limiti imposti dalla normativa in vigore
che, allo stato attuale delle conoscenze, hanno un valore prettamente cautelativo.
INTRODUZIONE
Il problema dell'esposizione umana ai campi elettromagnetici è stato negli ultimi anni
ampiamente dibattuto negli ambienti di ricerca. In termini divulgativi la questione
risuona tuttora nella vita di tutti i giorni e i mezzi di comunicazione di massa se ne
occupano spesso in termini allarmistici evidenziando di volta in volta quegli aspetti
legati alle mode del momento.
Tutto ciò ha comunque messo in moto i meccanismi di sicurezza e prevenzione legati
alle normative e linee guida dettate dai principali enti di ricerca internazionali sulla
base dei numerosi studi condotti e, di conseguenza, neanche gli organi governativi
hanno più potuto trascurare il problema e hanno emanato norme legislative per ridurre
l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici soprattutto a scopo
cautelativo.
Dal punto di vista degli effetti dell'interazione del campo e.m. con i tessuti biologici
oltre all'intensità del campo occorre tenere conto della sua frequenza e, inoltre,
distinguere tra l'effetto biologico che può verificarsi e l'eventuale effetto sanitario [1].
Quest'ultimo è cioè il danno alla salute che si verificherebbe quando l'organismo non
è in grado di compensare le eventuali modifiche prodotte nei propri tessuti
dall'interazione con il campo e.m. Allo stato attuale delle conoscenze solo i campi
ELF, nel 1998, sono stati classificati dal NIEHS (National Institute of Environmental
Health Sciences) come un "possibile cancerogeno per l'uomo" cioè la più bassa fra le
categorie di rischio dopo "cancerogeno per l'uomo" e "probabilmente cancerogeno
57
per l'uomo", a seguito soprattutto degli studi che collegavano l'aumentata incidenza
della leucemia infantile all'esposizione residenziale dovuta alla vicinanza con le linee
elettriche. Nel giugno 2001 anche la IARC (International Agency for Research on
Cancer) ha confermato tale classificazione da intendersi come limitata evidenza di un
aumento del rischio di leucemie infantili per esposizioni superiori a 0,4 µT,
escludendo invece tale rischio per i bambini esposti a valori di campo magnetico
inferiori e l'associazione con l'insorgenza di tumori del cervello o di altri tumori solidi
[2].
Riguardo ad altri eventuali effetti collegati ad altro tipo di patologie la comunità
scientifica internazionale, tuttora attivamente impegnata, non si è ancora pronunciata.
Tuttavia, come si evince dalle tabelle reperibili in letteratura che riportano i valori del
campo magnetico generato da apparecchiature elettriche di frequente uso comune,
ogni individuo è esposto a intensità che superano di alcuni ordini di grandezza il
naturale campo geomagnetico di tipo statico. Ma se ognuno di noi, opportunamente
sensibilizzato, può limitare l'uso di tali apparecchiature o elettrodomestici o evitare
l'esposizione tenendosi a "distanza di sicurezza", chi li utilizza per motivi di lavoro
non può adottare tali accorgimenti e quindi diventa un "individuo professionalmente
esposto". Numerose sono tali classi di lavoratori esposti soprattutto ai campi
elettromagnetici a 50 Hz (frequenza che ricade negli ELF = Extremely Low
Frequency), fra queste in particolare i parrucchieri che utilizzano un apparecchio che
è stimato generare un campo e.m. tra i più intensi: l'asciugacapelli [3]. Il rischio
potrebbe essere ancora più elevato se si considera il fatto che non si può stabilire una
distanza di sicurezza dato che questo apparecchio deve essere tenuto in mano e circa
all'altezza del tronco, a poca distanza da esso e, per di più, per lunghi periodi di
tempo. L'esistenza di numerosi altri fattori di rischio in un ambiente adibito a salone
per taglio e acconciatura dei capelli quali: shock elettrici, ustioni, vapori generati da
tinture e lacche, ferite da taglio, temperature e umidità elevate, mette in secondo piano
il fattore legato all'esposizione a un invisibile campo elettromagnetico e ai suoi
potenziali effetti a lungo termine dato che quelli estemporanei possono essere confusi
con quelli generati dalle altre cause [4].
MATERIALI E METODI
L'indagine è stata condotta in alcuni esercizi di parrucchiere della città di Messina che
presentavano stessa tipologia di locali e simile disposizione suppellettili:
sostanzialmente una stanza la cui superficie varia da 20 a 30 m2 in cui sono sistemati
2 o 3 posti per il lavaggio dei capelli e quindi una serie di 4 o 5 posti per taglio,
tintura, asciugatura e acconciatura attorno ai quali trovano posto i caschi
asciugacapelli, le lampade ad infrarossi o si muove il lavorante con l'asciugacapelli
manuale. Tali apparecchi hanno una potenza abbastanza elevata che può arrivare
anche ai 1600 W e la maggior parte delle volte vengono utilizzati a pieno regime.
Spesso la zona attesa clienti è di poco discosta dalla zona di lavoro, accanto alla cassa
per la riscossione delle tariffe, alle volte separata solo da una leggera struttura mobile
tipo paravento. Nella maggior parte dei casi era in funzione un condizionatore o un
climatizzatore.
Campi elettromagnetici
Le rilevazioni dei campi elettromagnetici sono state eseguite con il sistema di misura
PMM 8051 Costruzioni Elettroniche dotato di una serie di sonde in grado di coprire
un vasto intervallo di frequenza di radiazioni elettromagnetiche.
Nel caso in oggetto è stata utilizzata la sonda denominata BA07 per la misura della
componente elettrica del campo nell'intervallo di frequenza 10 Hz - 10 kHz con un
58
fondo scala di 12000 V/m, sensibilità 100 V/m e risoluzione 50 V/m. Con tale sistema
è possibile misurare valori medi, valori di picco e valori istantanei del campo
elettrico. Poiché i valori medi sono risultati soggetti, in qualche caso, a notevoli
fluttuazioni, si è preferito riportare i valori di picco, che comunque risultano più
cautelativi ai fini della valutazione della rilevanza sanitaria dell'esposizione. Per
quanto riguarda le misure effettuate vicino agli apparecchi queste sono state eseguite
posizionando la sonda in modo da rilevare il più fedelmente possibile il campo al
quale è esposto il lavoratore, anche se, come è noto, la presenza fisica di un individuo
crea una certa perturbazione nell’andamento del campo. Inoltre data la disposizione
delle poltrone per i clienti negli ambienti visitati e la presenza di più lavoranti, si
verifica la possibilità dell'uso contemporaneo di più apparecchiature per cui le misure
sono state eseguite nelle condizioni più cautelative cioè con gli altri apparecchi
funzionanti per tenere conto dell'esposizione complessiva.
Fattori microclimatici
Utilizzando un termoigrometro Hanna Instruments HI9161C sono stati rilevati i valori
di temperatura e di umidità relativa parametri dei quali si riportano i valori mediati tra
i valori minimi e quelli massimi misurati.
RISULTATI
In un locale del tipo individuato e schematizzato sono state riscontrate condizioni
microclimatiche simili caratterizzate da temperature comprese tra 26 °C e 29 °C con
una umidità relativa compresa tra il 40% e il 60 %
Per quanto riguarda i valori di campo elettrico, a fronte di un valore di fondo rilevato
relativamente lontano dagli apparecchi elettrici di 0,10-0,15 kV/m, si sono misurati i
valori di picco con gli apparecchi in funzione. La media dei risultati è riportata nella
tabella seguente.
Zona di misura
Vicino ai caschi per asciugatura
Dentro i caschi
Vicino
agli
asciugacapelli
(Phon)
Media Valori Minimi
(kV/m)
0,50 ± 0,05
0,95 ± 0,05
1,35 ± 0,05
59
Media Valori Massimi
(kV/m)
0,60 ± 0,05
1,10 ± 0,05
1,60 ± 0,05
CONCLUSIONI
Dalle misure effettuate si sono ricavate delle indicazioni quantitative sull'entità dei
campi elettromagnetici ELF cui possono essere esposti i lavoratori che utilizzano
apparecchi elettrici del tipo di quelli in uso nei saloni per l'acconciatura dei capelli.
Non sono state trovate differenze significative tra i valori misurati rispetto ad un solo
apparecchio e quelli misurati con più apparecchi funzionanti contemporaneamente.
Infatti il campo elettrico decresce abbastanza rapidamente con il quadrato della
distanza quindi basta qualche decimetro in più di distanziamento per rilevare valori
più bassi; nel caso del phon ciò che è più rilevante è il fatto che viene tenuto in mano
e ne viene quindi variata sempre la posizione.
Se raffrontati con i campi elettrici naturali che si riscontrano per frequenze
corrispondenti a quelle della rete elettrica nazionale e che hanno un'intensità di circa
di 0,1 mV/m [5] i valori misurati sono sicuramente molto elevati.
Allo stato attuale non esistono valori limite per l'intensità di campo e.m. a frequenza
di rete imposti dalla legislazione per i lavoratori, mentre sono ancora in vigore i valori
del D.P.C.M. del 23 Aprile 1992 riguardanti gli ambienti abitativi e l'ambiente esterno
per la popolazione in generale. Tali limiti sono:
Area o ambiente in cui l'individuo
Campo Elettrico
Induzione
della popolazione trascorre:
(kV/m)
Magnetica
(mT)
Parte significativa della giornata
5
0,1
Poche ore della giornata
10
1
Come si può notare i valori ricavati rientrano comunque in pieno nel limiti imposti per
la popolazione che, comunque, sono sempre più cautelativi di quelli per i lavoratori.
Anche dal confronto con i limiti imposti dall'ICNIRP che, per le esposizioni
lavorative nell'intervallo di frequenza tra 0,025 kHz e 0,82 kHz, prevede un valore di
intensità di campo magnetico dato da 500/f , cioè ancora di 10.000 V/m, si nota che
non esiste, nelle condizioni verificate, un superamento dei limiti per i lavoratori [6].
Comunque, un'esposizione a campi relativamente intensi si può avere anche in
ambiente domestico dove sono numerose le fonti di potenziale inquinamento
elettromagnetico. Come riportato nella tabella dei risultati, inoltre, il campo che si
crea all’interno del casco è più elevato di quello misurato all’esterno ne segue che i
clienti sono sicuramente esposti a valori di campo più intensi di quelli a cui è esposto
il lavoratore che, d’altro canto, è esposto per periodi di tempo più lunghi e ogni giorno
di lavoro.
Per completare l'indagine potrebbe, alle volte, essere necessario conoscere anche i
valori del campo magnetico che a differenza di quello elettrico non può essere
schermato da materiali che si trovano comunemente in ambienti di vita e lavoro.
BIBLIOGRAFIA
OMS Promemoria n. 182
"Campi elettromagnetici e salute pubblica. Proprietà fisiche ed effetti sui sistemi
biologici"
C. Minoia, M. Grandolfo, P. Comba, P. Rossi, F. Oleari
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D. Andreuccetti, M. Poli, P. Zanichelli
Elementi di fisica delle onde elettromagnetiche e nozioni di base sugli indicatori di
rischio.
"dBA dal Rumore ai Rischi Fisici: valutazione, prevenzione e bonifica negli ambienti
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Atti del Convegno di Modena 17-19 Settembre 1998; (pagg. 641-680).
A. Polichetti
Esposizione professionale a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici:
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"dBA dal Rumore ai Rischi Fisici: valutazione, prevenzione e bonifica negli ambienti
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Atti del Convegno di Modena 17-19 Settembre 1998; (pagg. 903-916).
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Health Physics 74:494-522; 1998.
61
Diagnosi differenziata mediante teletermografia accoppiata alle NIR
Giuseppe Vermiglio, Venera Faraone, Barbara Testagrossa,
Carlo Sansotta, Maria Giulia Tripepi
Dipartimento di Protezionistica Ambientale, Sanitaria, Sociale ed Industriale – Facoltà
di Medicina e Chirurgia – Università degli Studi di Messina
Ricerca condotta con il contributo dell’Assessorato ai Beni Culturali, Ambientali e della Pubblica
Istruzione della Regione Sicilia
Introduzione
È unanimemente riconosciuto che la maggior parte delle neoplasie, se diagnosticate in
fase preclinica, sono suscettibili di una terapia più mirata ed, all’uopo, di interventi
più conservativi; pertanto i più recenti approcci diagnostici tendono ad utilizzare
metodiche in grado di favorire una precoce diagnosi in fase preclinica al fine di
instaurare quanto prima una eventuale, mirata terapia, con particolare attenzione a
metodiche di tipo non invasivo. Tra queste, la teletermografia, in particolare, si può
dimostrare adatta per la sua assoluta innocuità, il basso costo di gestione, la
compliance del paziente e la ripetitività dell’esame, non presentando affatto quel
fattore di rischio che grava su altri tipi di indagine quale, ad esempio, la radiografia.
Attualmente, però, la diagnostica strumentale teletermografica (TT) costituisce ancora
un esame da associare all’esame clinico, all’ecotomografia e/o all’esame radiologico,
in quanto limitata da un’elevata percentuale di falsi positivi (30%) e di falsi negativi
(10-40%).
Nell’intento di potenziare la risposta diagnostica dell’indagine TT, alcuni degli Autori,
partendo dai risultati di interessanti ricerche spettrofotometriche, condotte con
l’impiego di sorgenti a microonde, su tessuti mammari patologici e non, che hanno
permesso di evidenziare l’esistenza di un assorbimento e.m. selettivo da parte dei due
diversi tessuti, hanno in un primo tempo elaborato un protocollo per rilevare con la
TT eventuali incrementi di temperatura dei tessuti mammari neoplastici, una volta che
questi vengono irradiati con onde e.m. di frequenze pari a quelle per le quali tali
tessuti hanno evidenziato un assorbimento selettivo, determinato mediante analisi
spettrofotometrica delle proprietà ottiche delle cellule mammarie neoplastiche e, sulla
scorta dei risultati ottenuti, hanno quindi inteso estendere il campo di applicazione
anche alle problematiche diagnostiche di natura dermatologica, con il primario
obiettivo di pervenire ad una migliore discriminazione nell’ambito delle patologie
cutanee neoplastiche e non, partendo prioritariamente dallo studio delle specifiche
proprietà ottiche di reperti tessutali. Si è, dunque, proceduto alla esecuzione di
misurazioni spettrofotometriche di assorbimento ottico di campioni in vitro di tessuti
patologici e non, ottenuti da reperti chirurgici attraverso opportuna metodica, allo
scopo di individuare comportamenti ottici eventualmente differenziati per le diverse
patologie. Ciò al fine di individuare, successivamente, la possibilità di evidenziare,
tramite TT, gli incrementi di temperatura indotti in vivo a seguito di stimolazione con
radiazioni e.m. centrate sui picchi di assorbimento precedentemente individuati in
62
vitro e, conseguenzialmente, di poter formulare una promettente procedura di
interesse diagnostico.
Materiali e Metodi
Campioni esaminati: 7 basaliomi (neoplasia maligna), 9 fibromi e 6 granulomi
(neoplasia benigna), 5 tessuti cicatriziali, 6 tessuti infiammatori nonché 6 campioni
ottenuti da tessuti cutanei in condizioni non patologiche (normali) che hanno
costituito il gruppo di controllo.
Procedura seguita: tutti i campioni, separati dalla parte lipidica e con le stesse
adeguate dimensioni al fine di eliminare il contributo di segnale riassorbito e riemesso
dal fondo del campione stesso, sono stati istologicamente verificati in relazione alla
patologia. Prima della raccolta dei campioni, la cute è stata pulita con etanolo al 70%
ed anestetizzata con una soluzione di lidocaina al 2% senza adrenalina. I reperti
tissutali sia normali che patologici, conservati a -20° C, sono stati sottoposti, dopo
scongelamento a temperatura ambiente, ad un procedimento di omogeneizzazione con
saccarosio 0,25 M, in rapporto 1:10 peso/volume. Successivamente si è proceduto ad
effettuare una serie di ultracentrifugazioni differenziate (rotore 50Ti, r max 80.8) per
separare la frazione nucleare grezza (1000 gravità), la frazione mitocondriale grezza
(18.000 gravità) e la frazione microsomiale (34.000 gravità) per ottenere, infine, la
frazione solubile cellulare (citosol) che è stata quella sottoposta ad analisi
spettrofotometrica nel range compreso tra I.R ed U.V. (190-1100 nm) con uno
Spettrofotometro Ocean Optics, la cui uscita grafica ha fornito le informazioni
quantitative relative alla assorbanza ed alla lunghezza d’onda degli spettri di
assorbimento dei singoli campioni patologici e dei controlli.
Risultati e Discussione
Dall’analisi degli spettri di assorbimento relativi ai singoli campioni non si sono
rilevate bande di assorbimento selettive di importante intensità, mentre si sono
individuati picchi attribuibili a componenti proteiche e alle componenti α, β e γ
dell’emoglobina (figg. 1-7).
Fig. 1 – Spettro di assorbimento ottico di Fig. 2 – Spettro di assorbimento ottico di tessuto
campione di sangue intero normale.
normale.
63
Fig. 3 – Spettro di assorbimento ottico di tessuto Fig. 4 – Spettro di assorbimento ottico di tessuto
infiammatorio.
cicatriziale.
Fig. 5 – Spettro di assorbimento ottico di tessuto
granulomatoso.
Fig. 6 – Spettro di assorbimento ottico di tessuto
fibromatoso.
Fig. 7 – Spettro di assorbimento ottico di tessuto di basalioma.
Un aspetto molto interessante è però costituito dall’andamento del rapporto fra le
intensità dei picchi γ e β emoglobinici, il quale può essere messo in relazione con la
variazione della concentrazione dell’emoglobina nei campioni. Infatti, il rapporto γ/β
decresce con l’aumentare della concentrazione dell’emoglobina: conseguentemente,
64
tale rapporto deve essere più basso nei campioni caratterizzati da una maggiore
vascolarizzazione (tabella 1).
Rapporto γ/β
(valori medi)
8.38
10.02
8.48
2.85
3.64
2.51
Tipologia del
tessuto
Normale
Infiammatorio
Cicatriziale
Granuloma
Fibroma
Basalioma
Tab. 1 – Rapporto tra le ampiezze dei picchi γ e β emoglobinici (valori medi) relativi all’analisi degli
spettri d’assorbimento di campioni di tessuto normali e patologici
La notevole differenza tra i rapporti γ/β tipici dei tessuti normali o caratterizzati da
patologie non neoplastiche e quelli relativi a tessuti affetti da patologie neoplastiche
può anche essere sfruttata a fini diagnostici in vivo, associando alla rivelazione
mediante TT del calore emesso, la stimolazione selettiva dei tessuti cutanei sospetti e
di quelli sani mediante radiazione e.m. alle lunghezze d’onda di 410 nm (γ) e 540 nm
(β) (fig. 8).
Fig.8 - Schema dell’allestimento strumentale relativo al protocollo proposto: sorgente di radiazione
e.m., Teletermografo (TT)
Infatti, dopo aver effettuato una prima registrazione teletermografica della zona di
tessuto sospetta e di una sana controlaterale, si può procedere alla stimolazione alterna
65
in vivo, tramite sorgente di radiazioni e.m. delle due zone in questione con gli stessi
parametri di irraggiamento alle lunghezze d’onda γ e β sopra determinate, registrando
di seguito i conseguenti incrementi di temperatura. Si otterranno, così, due rapporti,
(∆Tγ/∆Tβ)sano e (∆Tγ/∆Tβ)sospetto: qualora i due valori saranno confrontabili, ciò
significherà assenza di formazioni neoplastiche, mentre, al contrario, un valore di (∆T
γ/∆Tβ)sospetto notevolmente più basso di quello di (∆Tγ/∆Tβ)sano sarà indice di patologia
neoplastica. Ancora, il confronto tra rapporti di tali grandezze relative al tessuto sano
e al tessuto sospetto dello stesso individuo, permette di eliminare gli aspetti inerenti la
specificità dell’individuo stesso. Gli incrementi di temperatura causati da stimolazione
e.m. possono, infine, essere teoricamente valutati, in base al tipo di irraggiamento
effettuato, mediante metodi di calcolo Monte Carlo che forniscono l’incremento di
temperatura atteso in funzione dei parametri precedentemente indicati e
consentirebbero un confronto con i risultati sperimentali ottenuti.
Conclusioni
È stato verificato che a causa della incrementata vascolarizzazione dei tessuti affetti
da neoplasie, le proprietà ottiche di tali tessuti presentano delle differenze
spettrofotometriche che possono essere sfruttate per pervenire alla loro
discriminazione da quelli non neoplastici, non soltanto per via spettrofotometrica.
Infatti, utilizzando i risultati dell’indagine degli spettri dei tessuti neoplastici, dai quali
risulta che il rapporto delle intensità dei picchi corrispondenti alle componenti γ e β
dell’emoglobina si presenta notevolmente inferiore rispetto al tessuto normale, gli AA
hanno predisposto il protocollo di una procedura di diagnosi strumentale non invasiva,
finalizzata all’individuazione precoce di neoplasie cutanee, attraverso un
potenziamento del metodo teletermografico.
In tal modo e sulla scorta di quanto sopra illustrato, la procedura così messa a punto si
presenta come un valido ausilio ai fini di una diagnosi quanto più corretta e precoce
ma, soprattutto, rigorosamente non invasiva.
Bibliografia
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Venereol 1991; 126: 327-35.
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11. CEI. Apparecchi laser: sicurezza dalle radiazioni, classificazione dei materiali, prescrizioni e
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Ringraziamenti
Si ringrazia il CECUM dell’Università di Messina per il supporto fornito
67
Sinergia EFM – TSRM e Programma di Qualità
Giuseppe Vermiglio*, Giovanni Mannino**, Maria Giulia Tripepi*,
Raffaele Novario***, Delia Imbrogiano*
*Dipartimento di Protezionistica Ambientale Sanitaria Sociale ed Industriale, Facoltà
di medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Messina - **Ospedale V. Emanuele,
Ferrarotto, S. Bambino, Catania - *** Ospedale di Circolo, Varese
Introduzione
Come è noto dal primo gennaio del 2001, in attuazione della direttiva 97/43
EURATOM, è entrato in vigore il D.Lgs. 187 del 26/05/2000, in materia di protezione
sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse ad
esposizioni mediche; questo D.Lgs. rappresenta una vera rivoluzione rispetto alle
precedenti disposizioni di legge: esso, infatti, pone l’accento sul programma di
garanzia della qualità e non solo sul controllo di qualità delle apparecchiature
radiologiche che, pur essendo importante, risulta da solo insufficiente a raggiungere
gli obiettivi di un programma di assicurazione di qualità. Alla luce di quanto stabilito
dal succitato D.Lgs., il responsabile dell’impianto radiologico deve provvedere (art. 8,
comma 2, lett.a), avvalendosi dell’esperto in fisica medica, a che siano intrapresi
adeguati programmi di garanzia della qualità (Q.A.), ossia tutte le azioni
programmate e sistematiche intese ad accertare con adeguata affidabilità che un
impianto, un sistema, un componente o un procedimento funzionerà in maniera
soddisfacente conformemente agli standard stabiliti. In questo contesto, il controllo
della qualità, che adesso può essere svolto (art. 7 comma 6) anche dal tecnico
sanitario di radiologia medica, rappresenta solo un aspetto del programma di garanzia
della qualità e consiste in un una serie di operazioni (programmazione,
coordinamento, attuazione) intese a mantenere o a migliorare la qualità, esso
comprende il monitoraggio, la valutazione e il mantenimento ai livelli richiesti di
tutte le caratteristiche operative delle attrezzature che possono essere definite,
misurate e controllate.
Materiali e metodi
In applicazione di quanto sopra, nel raggiungimento degli obiettivi, tre risultano le
figure professionali coinvolte in maniera determinante nell’attuazione del programma
di garanzia della qualità, ciascuna con ruoli diversi ma complementari e fortemente
sinergici: il responsabile dell’impianto radiologico (RIR), l’esperto in fisica medica
(EFM) e il tecnico sanitario di radiologia medica (TSRM); è implicito che il risultato
sarà tanto più ottimale quanto maggiormente integrata sarà la collaborazione delle
figure professionali coinvolte nelle prove fondamentali di cui parla il D.Lgs.,
costituite da:
68
Prove di accettazione, da effettuare prima dell’entrata in uso delle attrezzature
radiologiche;
•
Prove di funzionamento, tendenti a verificare le caratteristiche di
funzionamento minime delle apparecchiature radiologiche e da effettuarsi a
intervalli regolari e dopo ogni intervento rilevante di manutenzione.
•
Controllo di qualità (C.di Q.)
Per quanto riguarda la loro attuazione dal punto di vista pratico, però, nel D.Lgs.
187/00 vengono invero date delle indicazioni precise solo per quanto riguarda i
parametri importanti ai fini delle verifiche che devono appurare l’esistenza delle
caratteristiche di funzionamento minime delle apparecchiature radiologiche, mentre
nulla viene detto a proposito del tipo, modalità e periodicità del controllo di qualità.
Pertanto, in considerazione dell’attuale carenza di precise indicazioni legislative in
merito, venute meno con l’abrogazione dei DD. MM. del 1997 (art. 15 D.Lgs.
187/2000), che analiticamente normavano lo svolgimento dei suddetti controlli, che di
fatto sono stati deregulati affidando la stesura dei protocolli di esecuzione delle prove
al Responsabile delle stesse, risulta evidente la necessità di graduare, in maniera
quanto più possibile oggettiva, i parametri importanti da sottoporre ai monitoraggi di
Quality Assurance, nella stesura dei protocolli da seguire, per valutare il progressivo
decadimento delle apparecchiature in relazione al relativo fattore d’uso, con
riferimento soprattutto alla frequenza con cui condurre i rilevamenti medesimi.
In tale ottica, due sono i momenti importanti cui gli autori ritengono possa farsi
ricorso per definire detto percorso:
•
I risultati dei monitoraggi condotti a tutt’oggi dagli AA sulle apparecchiature
radiologiche sottoposte a controllo;
•
I risultati del continuo monitoraggio che delle apparecchiature è di fatto
affidato ed eseguito dal TSRM, il quale (ex DM 26 settembre 1994, n. 746) è
responsabile degli atti di sua competenza, in particolare controllando il
corretto funzionamento delle apparecchiature a lui affidate, provvedendo alla
eliminazione di inconvenienti di modesta entità e attuando programmi di
verifica e controllo a garanzia della qualità secondo indicatori e standard
predefiniti.
•
Risultati e discussione
Per quanto riguarda i primi, gli AA hanno già preso in esame i risultati relativi a tre
anni di controlli di qualità su apparecchiature di radiodiagnostica eseguiti a seguito
dell’entrata in vigore dei decreti applicativi dell’art. 113 del D.Lgs. 230/95, dai quali,
come riportato in fig. 1, emerge che:
I controlli relativi al tubo radiogeno (macchia focale e SEV) e quelli
radioprotezionistici (intensità della radiazione di fuga) hanno raramente
fornito esito fuori tolleranza;
•
I parametri poco più critici sono risultati quelli relativi alle caratteristiche del
generatore;
•
I parametri che mostrano maggiore variabilità risultano essere quelli
geometrici e quelli relativi alla qualità dell’immagine.
•
Tutte le apparecchiature controllate hanno conseguito un giudizio
sostanzialmente positivo sulla qualità tecnica della prestazione diagnostica ed
un giudizio di accettabilità da parte dei medici responsabili.
Per standardizzare poi l’apporto da parte del TSRM si è invece pensato di
istituzionalizzare il contributo fornito dallo stesso nella collaborazione l’EFM,
mediante la predisposizione di un modello informativo operativo che lo stesso deve,
•
69
con frequenza trimestrale compilare e consegnare al RIR per la necessaria
concertazione con l’EFM.
Conclusioni
Considerato che, in conseguenza dell’introduzione dei controlli di qualità come
obbligo di legge, lo stato di funzionamento delle apparecchiature è destinato
mediamente a migliorare, è intenzione degli AA pervenire alla definizione di uno
schema tipo di programma di Q.A. che tenga conto dell’opportunità di definizione di
programmi di manutenzione tecnica adeguatamente personalizzati per ogni
apparecchiatura, con protocolli operativi anch’essi differenziati, che possono avere
anche delle ricadute sull’organizzazione del reparto e la gestione del personale, senza
per questo perdere di vista la corretta funzionalità dell’apparecchiatura che viene di
continuo monitorata con l’aiuto del TSRM tramite il questionario predisposto.
Il fisico, il tecnico ed il radiologo dovranno pertanto collaborare ciascuno per le
proprie competenze per realizzare l’obiettivo di qualità, dal momento che attivare un
sistema di assicurazione della qualità in una struttura radiologica include tutti gli
aspetti che concorrono alla produzione delle immagini diagnostiche e alla successiva
formulazione della diagnosi: è ovvio che, se il film è ben esposto e ben sviluppato,
sarà più facile il lavoro di interpretazione da parte del radiologo.
Lo schema tipo di Q.A. che gli AA sono impegnati ad elaborare dovrà quindi tener
conto di:
•
aspetti fisici di competenza dell’esperto in fisica medica, comprendenti le
modalità di espletamento dei controlli di qualità, la verifica dei livelli
diagnostici di riferimento e la valutazione delle dosi;
•
aspetti medico-fisici di competenza congiunta, quali la gestione del
programma di Q.A. e l’ identificazione dei protocolli per l’espletamento dei
vari controlli;
•
aspetti tecnici di competenza prevalente del TSRM, quale l’effettuazione
diretta di alcuni parametri del c. di q.
Bibliografia
[Decreto Legislativo 26 maggio 2000, n. 187] “Attuazione della direttiva
97/43/EURATOM in materia di protezione sanitaria delle persone contro i pericoli
delle radiazioni ionizzanti connesse ad esposizioni mediche”.
[LEG97] “Determinazione del tipo, modalità e periodicità del controllo di qualità da
parte del fisico specialista o dell’esperto qualificato delle apparecchiature
radiologiche e di medicina nucleare, ai sensi dell’art. 113, comma 2, del decreto
legislativo 17 marzo 1995, n. 230”, D.M. del 14/02/1997, Gazz. Uff. n. 58 del
11/03/97, Serie Generale, Roma.
[LEG297] “Modificazioni al decreto ministeriale 14 febbraio 1997 concernente la
determinazione dei criteri minimi di accettabilità delle apparecchiature radiologiche
ad uso medico ed odontoiatrico nonché quelle di medicina nucleare”, D.M. del
29/12/1997, Gazz. Uff. n. 78 del 03/04/98, Serie generale, Roma .
Ringraziamenti
Si ringrazia il CECUM dell’Università di Messina per il supporto fornito
70
EFFETTI DELLA RADIAZIONE A LUCE BLU SU ORGANISMI EUCARIOTI
Venera Faraone(*), Marziale Milani(°), M. Zabeo(°), Elisa Ruello(*)
Dipartimento di Protezionistica Ambientale, Sanitaria, Sociale e Industriale, Facoltà
di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Messina - (°) Dipartimento di
Scienze dei Materiali, Facoltà di Scienze, Università degli Studi di Milano, Bicocca,
Milano
(*)
RIASSUNTO
Gli Autori hanno voluto effettuare una sperimentazione su colture di Saccharomyces
Cerevisiae, organismo eucariota, al fine di evidenziare eventuali possibili variazioni
nell'attività metabolica fermentativa di tale lievito a seguito di esposizione a
radiazione ottica, nel range compreso tra i 400 e i 500 nm. Si è adottato, a tal fine, un
metodo di controllo indiretto consistente nel monitoraggio computerizzato della
produzione di CO2 quale indicatore biologico del metabolismo del lievito. Dal
confronto delle curve ottenute dai campioni irradiati e dai campioni controllo si è
pervenuti ad una possibile interpretazione degli effetti imputabili alla dose
somministrata.
INTRODUZIONE
Le sorgenti di radiazione ottica, quali l'ultravioletto, il visibile e l'infrarosso hanno
trovato, e tuttora trovano, un ampio spazio nel campo delle applicazioni industriali,
sanitarie, ambientali, di ricerca e, non ultime, di cosmesi con uno sviluppo ed una
diffusione sempre maggiori.
Proprio per tali motivazioni è, ormai, evidente l'estrema importanza che riveste la
conoscenza, da parte di tutti coloro che operano in presenza di tali radiazioni ottiche,
dei rischi connessi con l'esposizione biologica alle radiazioni non ionizzanti, al fine di
ridurre il rischio di danno biologico.
Tale rischio si configura, quindi, anche nel caso dell'esposizione alla radiazione non
coerente caratterizzata da uno spettro di emissione concentrato principalmente nel
range tra i 400 ed i 500 nm denominato "Blue light".
In ambito odontoiatrico tale luce viene utilizzata per la polimerizzazione e
l'indurimento dei composito dentali mentre, in quello medico, per il trattamento
fototerapico dell'ittero neonatale dove la fotoossidazione della molecola di bilirubina,
in seguito ad interazione con l'energia del fotone relativo alla suddetta banda spettrale,
induce la formazione di composti solubili.
Alla base del danno biologico che, in queste condizioni di esposizione, si può
verificare a livello cutaneo e oculare, in particolare retinico, vi è la possibilità che
l'energia dei fotoni sia sufficiente per innescare meccanismi di interazione biofisica di
tipo fototermico o fotochimico in dipendenza dalla regione spettrale e della durata
dell'esposizione: le reazioni fototermiche sono caratterizzate dalla conversione di
71
energia ottica in energia termica con un conseguente aumento di temperatura nel
tessuto biologico, mentre le reazioni fotochimiche utilizzano l'energia fotonica per
riarrangiare conformazionalmente o strutturalmente una molecola.
Il danno cutaneo, in questa regione spettrale, si verifica solo a seguito di un
innalzamento della temperatura oltre i 45 °C, mentre, a livello oculare retinico, il
danno per meccanismi fotochimici predomina per tempi di esposizione che superino i
10 secondi; al di sotto di tale limite il danno è principalmente di tipo fototermico a
seguito di un incremento di temperatura nell'epitelio pigmentato retinico (1).
Permanendo tali rischi, nell'ambiente di lavoro si configura la definizione per gli
operatori del settore di "professionalmente esposti".
In relazione a quanto sopra esposto si è inteso valutare sperimentalmente i possibili
effetti derivanti dall'esposizione a luce blu mediante uno studio sulle eventuali
variazioni nell'attività metabolica glicolitica e sulla produzione di CO2 in un ceppo di
lievito non patogeno quale il Saccharomyces Cerevisiae Hansen.
Questo particolare ceppo di lievito viene utilizzato da tempo come " laboratorio ideale
" in quanto caratterizzato dall'essere strettamente collegato agli organismi più alti
nella scala evolutiva dal momento che esso è costituito da cellule eucariote
relativamente semplici e unicellulari, con membrana nucleare, organuli citoplasmatici
come mitocondri e recettori (2).
Dal momento che il glucosio non supera con facilità la barriera lipidica della
membrana, il primo punto del suo catabolismo è il suo trasporto, all'interno della
cellula, mediante una permeasi, controllato dall'attività degli enzimi fosforilanti il
glucosio.
I ceppi di Saccharomyces C. scelgono nella via metabolica della glicolisi,
preferenzialmente, la fermentazione, anche in condizioni di aerobiosi e gli enzimi per
la glicolisi rappresentano circa il 50% delle proteine totali cellulari.
Ambedue le vie metaboliche della glicolisi, sia essa aerobia che anaerobia, portano,
seppure in differente percentuale, alla produzione di anidride carbonica, mentre la sola
via anaerobia è responsabile della produzione di etanolo che, rimanendo in
sospensione, non influenza il valore della pressione di CO2 .(3)
Il monitoraggio di quest'ultima, appare, pertanto, come un metodo indiretto, non
invasivo, per seguire, a livello di cellula eucariota, le attività metaboliche, evidenziare
i meccanismi di controllo e di feedback biochimici e le loro eventuali variazioni in
relazione a perturbazioni esterne quali possono essere le radiazioni elettromagnetiche.
MATERIALI E METODI
Preparazione dei campioni biologici
Sono stati utilizzati 2 ml di una sospensione di ceppi di Saccharomyces Cerevisiae
(Aboca) allo 0,2% in acqua deionizzata disposti in monostrato in capsule Petri.
Le cellule di Saccharomyces sono state, poi, risospese in una soluzione di alfa Dglucosio al 2% ed utilizzate per il test metabolico, dopo irraggiamento.
I campioni controllo hanno seguito lo stesso procedimento di preparazione, ma non
sono stati irradiati e sono stati tenuti al buio per lo stesso tempo durante il quale si è
proceduto all'irraggiamento degli altri campioni.
Test metabolico ed acquisizione dati
Sia i campioni controllo che quelli trattati sono stati posti all'interno di appositi tubi a
chiusura fornita di sensori (Miteco AM 5305DV; Motorola MPX2010GP K962) per la
pressione di CO2 prodotta dall'attività metabolica di fermentazione ed immersi in un
bagno termostatato a 33 oC, al buio.
72
La variazione di pressione della CO2 all'interno dei tubi induceva uno stress di tipo
meccanico su una membrana di silicone che costituiva il sensore, stress
successivamente trasdotto in una variazione di resistenza proporzionale alla pressione
stessa. Ogni sensore era alimentato da una batteria esterna che dava una uscita
costante di 10 V. Qualunque variazione indotta, infine, espressa in mV, veniva
acquisita da un sistema analogico/digitale connesso con un computer che elaborava i
differenti parametri ottenendo delle curve di CO2 che riportano l'andamento della
differenza di potenziale in funzione del tempo quale quella standard indicata in Fig.1.
Fig.1
L'acquisizione dati da parte del computer era effettuata ogni 60 s per un tempo di 100
ore
Apparecchiatura e condizioni per l'irraggiamento
La lampada utilizzata per la sperimentazione era una Fotolight Krugg Lamp (75 watt)
con uno spettro di emissione compreso tra i 380 ed i 500 nm.
La componente Ultravioletta della radiazione, per quanto limitata, veniva assorbita da
un involucro in plastica acrilica di cui è dotato la lampada stessa.
I campioni venivano posti a 55 cm dalla sorgente, in capsula Petri aperta ed in
condizioni di buio per tempi riepettivamente di 20, 40 e 120 secondi.
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Disponendo di 7 campioni irradiati per 20 s, 7 per 40 s, 8 per 120 s, contro 8 campioni
controllo è stato possibile calcolare i valori medi di ciascun gruppo per verificarne la
significatività dal punto di vista statistico.
RISULTATI
Le curve della pressione di CO2 nei campioni trattati hanno mostrato, rispetto alla
curva standard, un andamento simile (Fig.2), tranne che nell'intorno del massimo
della curva (Fig.3) che riporta i dati rilevati dopo circa 10 ore dall'inizio della
registrazione dei dati. In essa, l'irraggiamento per 120 secondi dimostra un effetto
inibente a differenza del trattamento per tempi più brevi che, invece, mostra un
aumento pressorio significativo ripetto ai controlli.
Fig.2
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Fig.3
DISCUSSIONE E CONCLUSIONI
Interpretazione della curva standard di pressione di CO2
Intervallo 0-5 h:
la coltura sfrutta lo zucchero fornito come fonte di carbonio e di energia attraverso la
fermentazione che, producendo etanolo e CO2, induce un incremento nei valori
pressori registrati.
Intervallo 5-15 h:
la fermentazione può essere soggetta ad una lieve diminuzione causata, tra l'altro,
dalla presenza di una minore concentrazione di glucosio, con preferenziale
respirazione ossidativa; inoltre, l'anidride carbonica prodotta si ridiscioglie in
soluzione formando con l'acqua acido carbonico e, non essendo adeguatamente
bilanciata da quella prodotta dal metabolismo fermentativo, fa registrare una
diminuzione evidente della pressione di CO2 all'interno dei porta campioni.
Intervallo 15-30 h:
la respirazione ossidativa continua ad essere preponderante ed ingravescente data la
progressiva diminuzione del glucosio in soluzione e l'effetto inibente dell'etanolo, con
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conseguente ulteriore diminuzione della pressione di CO2
all'interno del
portacampione.
Intervallo 30-50 h:
l'etanolo viene utilizzato come fonte di carbonio e di energia per via ossidativa,
sfruttando il glicogeno accumulato nel corso della fase precedente, con
concentrazione di glucosio ormai tendente a zero.
Intervallo 50-80 h:
il completo consumo di etanolo costringe le cellule ad utilizzare le proprie scorte di
glicogeno attuando sia la fermentazione che la respirazione ossidativa. I valori di
pressione della CO2 tendono alla norma (4).
Come ben acqusito, esistono molecole partcolari dette cromofori, presenti nelle
strutture specializzate come i recettori, che mostrano un assorbimento marcato nel
visibile e sono in grado di trasferire l'energia relativa a tale radiazione ai siti
fondamentali delle vie metaboliche e funzionali, con induzione di effetti secondari a
seconda dei siti stessi e delle dosi.
In queste interazioni di tipo fotochimico il canale fotochimico è attivato quando
l'energia del fotone vie assorbita tutta o in parte e viene utilizzata per un
riarrangiamento conformazionale o strutturale della molecola, come ad esempio
avviene nella reazione cis-trans della bilirubina nel trattamento dell'ittero neonatale
con la „ blu light“.
Molti studi hanno anche dimostrato, di recente, che la radiazione ottica nella banda
del vicino visibile (400-500 nm) è in grado di produrre alterazioni genetiche in cellule
animali ed umane, dello stesso tipo di quelle che fino ad ora si riteneva possibili solo
per la radiazione U.V. (4)
Vari tipi di danno sono stati, infatti, osservati nella banda suddetta ed in particolare
con la riga dei 405 nm come danni cromatidici, mutazioni ed alterazioni a livello degli
interlegami del DNA.
D'altra parte, un'ampia letteratura riporta che con lunghezze d'onda dell'ordine dei 400
e 458 nm, vi è un'attivazione dei sistemi enzimatici con un aumento della sintesi di
DNA,
come risultato di una variazione dell'attività cellulare conseguente
all'assorbimento della radiazione da parte di specifici cromofori (4).
Poichè negli esperimenti da noi condotti dopo esposizione a radiazione tra i 400 ed i
500 nm la pressione generata dalla CO2 nell'intervallo di tempo che va dalle 5 alle 15
ore risulta essere più bassa per esposizioni per tempi maggiori, si potrebbe ipotizzare
una più marcata inibizione degli enzimi preposti alla fermentazione rispetto alla
situazione dei campioni esposti per un tempo minore.
Per questi ultimi, per i quali la pressione di CO2 nel suddetto intervallo di tempo
risulta essere maggiore, si potrebbe ritenere che venga, invece, stimolato un
meccanismo di attivazione enzimatica che porti le cellule ad un maggiore consumo di
glucosio, attraverso la via fermentativa.
Se da una lato, quindi, sembrerebbe non esserci una correlazione lineare tra il tempo
di irraggiamento e l'andamento del massimo della curva, trattandosi di eposizione a
lunghezze d'onda uguali, la differente risposta di attivazione o inibizione potrebbe
essere correlata alla dose assorbita .
D'altra parte, pur essendo le barre di errore statisticamente significative, non si
potrebbe escludere un diverso comportamento con un numero più ampio di campioni
irraggiati rispetto al presente piuttosto esiguo.
In relazione a quanto sopra esposto, gli Autori, seppure tenendo conto del non ampio
numero di campioni irradiati, ritengono che l'utilizzo della cellula di lievito
Saccharomices Cerevisiae possa evidenziare, attraverso l'utilizzo come indice
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biologico delle variazioni nella sua attività metabolica, gli effetti della radiazione
ottica sui sistemi fotochimici cellulari.
Pertanto, gli Autori si propongono di proseguire la sperimentazione non soltanto
aumentando il numero di campioni, ai fini di una maggiore significatività statistica,
ma anche somministrando dosi più elevate di radiazione a luce blu, aumentando
progressivamente i tempi di esposizione, situazione, quest'ultima rappresentativa di
condizioni non necessariamente esclusivamente sperimentali.
BIBLIOGRAFIA
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Wavelengths betwee 180 nm and 1.000 micrometri. Health Phisics, vol 71 (5),
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danni biologici e cautele d'uso. In: Radiazioni non ionizzanti. pp. 100-130,
Pitagora Ed. Bologna, 1993
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RINGRAZIAMENTI
Si ringraziano vivamente:
•
Acuson — Siemens
•
Merck Sharp
•
Azienda Ospedali Vittorio Emanuele,
Ferrarotto e S. Bambino di Catania
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Nycomed
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Presidenza Regione Siciliana
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Esaote
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Presifarm
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Provincia Regionale Siciliana
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Schering
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Gilardoni
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Serinn
•
Guerbet
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Taiken
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Hologic
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Toshiba
•
Kodak
•
Università degli Studi di Catania
•
Medrad
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Il presente volume di Atti è stato redatto in proprio dal
Dipartimento di Protezionistica Ambientale, Sanitaria, Sociale ed Industriale
dell'Università degli Studi di Messina
Staff di Redazione: Prof. Carlo Sansotta, Dr.ssa Assunta Scarmato
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