Azienda Ospedali Vittorio Emanuele, Ferrarotto e S. Bambino - Catania XXVIII Congresso Regionale di Radiologia Medica della SIRM Società Italiana di Radiologia Medica Atti della Sessione di Fisica Sanitaria “Up-to-date researches in fisica biomedica e sanitaria in Sicilia” Catania, 4 ottobre 2002 a cura di Giovanni Mannino Servizio di Fisica Sanitaria Ospedali Vittorio Emanuele, Ferrarotto e S. Bambino – Catania Giuseppe Vermiglio Dipartimento di Protezionistica Ambientale, Sociale, Sanitaria ed Industriale – Università di Messina Azienda Ospedali Vittorio Emanuele, Ferrarotto e S. Bambino - Catania Società Italiana di Radiologia Medica Università degli Studi di Messina XXVIII Congresso Regionale di Radiologia Medica della SIRM Atti della Sessione di Fisica Sanitaria “Up-to-date researches in fisica biomedica e sanitaria in Sicilia” Catania, 4 ottobre 2002 a cura di Giovanni Mannino Servizio di Fisica Sanitaria - Ospedali Vittorio Emanuele, Ferrarotto e S. Bambino – Catania Giuseppe Vermiglio Dipartimento di Protezionistica Ambientale, Sociale, Sanitaria ed Industriale – Università di Messina 280 Convegno Regionale di Radiologia Medica della S.I.R.M. Catania, 3-6 Ottobre 2002 Sessione di Fisica Sanitaria 4 ottobre 2002 ore 15 Auletta C Monastero dei Benedettini P.zza Dante - Catania Le tecnologie fisiche in diagnostica per immagini -----------------------------Introduzione ai lavori: C. Privitera 1a Sessione Presiede: G. Vermiglio Le prospettive del Fisico Sanitario nell'area Radiologica del terzo millennio. L. Conte Aspetti fisici nella nuova diagnostica ecografica R. Novario L'immagine digitale in senologia V. Rossetti Comunicazioni libere 2 a Sessione Presiede: S. Piraneo La formazione del Fisico Sanitario. Corso di laurea e scuole di specializzazione. S. Lo Nigro Struttura e Organizzazione dei Servizi di Fisica Sanitaria nelle Aziende Sanitarie. D. Di Mariano Vigilanza in radioprotezione N. La Mela Conclusioni G. Mannino 1 Comitato organizzativo A. Grasso G. Mannino S. Piraneo G. Vermiglio Comitato Scientifico M. Brai G. Cuttone C. Greco M. Tripepi Coordinatori del corso Dott. Giovanni Mannino: Servizio di Fisica Sanitaria Osp. Vittorio Emanuele Catania - tel. 095/7435086340/4649303 Dott. Carmelo Privitera: Servizio di Radiologia Osp. Vittorio Emanuele – Catania tel. 095/7435299 Prof.ssa Mariella Brai : Università degli Studi di Palermo. tel. 091/65529602 - 6702602 Prof. Leopoldo Conte : Università degli Studi dell'Insubria di Varese Dott. Giacomo Cuttone: Istituto Nazionale di Fisica Nucleare - Catania tel. 333/2633939 Dott. Domenico Di Mariano : Servizio di Fisica Sanitaria Osp. M. Ascoli Palermo. Dott. Alberto Grasso : Servizio di Fisica Sanitaria Osp. Garibaldi – Catania - tel 333/5323997 Dott. Carmelo Greco: Servizio di Fisica Sanitaria Osp. Vittorio Emanuele Catania - tel. 095/7436449-5086 Dott. Nuccio La Mela: Dipartimento di Prevenzione USL 3 - Catania. Prof. Salvatore Lo Nigro : Università degli studi di Catania. Dott. Giovanni Mannino: Servizio di Fisica Sanitaria Osp. Vittorio Emanuele - Catania Prof. Raffaele Novario : Servizio Di Fisica Sanitaria Osp. Circolo e Fondazione Macchi - Varese 2 Dott. Salvatore Piraneo: Servizio di Fisica Sanitaria Osp. S. Giovanni Di Dio Agrigento - tel 349/2114693 Dott. Carmelo Privitera: Servizio di Radiologia Osp. Vittorio Emanuele Catania Dott. Veronica Rossetti: Servizio di Fisica Sanitaria Osp. S. Giovanni A. S. Torino Prof.ssa Maria Tripepi : Università degli Studi di Messina. Tel. 090/2212664 Prof. Giuseppe Vermiglio: Università degli studi di Messina. Tel. 090/2213031. 3 4 INDICE Premessa pag. 7 Introduzione ai lavori C. Privitera pag. 9 Le prospettive del Fisico Sanitario nell’area Radiologica del terzo millennio L. Conte pag.11 Diagnostica con ultrasuoni: stato e prospettive future R. Novario, G. Vermiglio pag.13 La mammografia digitale V. Rossetti pag.21 La formazione del Fisico Sanitario – Corso di Laurea e Scuole di Specializzazione S. Lo Nigro pag.25 5 Struttura ed organizzazione dei servizi fisica sanitaria nelle aziende sanitarie. D. Di Mariano pag.31 Vigilanza in radioprotezione. N. La Mela pag.37 Chiusura dei lavori. G. Mannino pag.41 COMUNICAZIONI LIBERE Valutazione dello stress lavorativo degli operatori di VDT in ambiente ospedaliero A. Scarmato, M. G. Tripepi, G. Vermiglio pag.45 Esposizione a campi elettromagnetici ELF per una classe di lavoratori: valutazione nei saloni per acconciature. P. Ruggeri, A. Scarmato, E. Ruello pag.57 Diagnosi differenziata mediante teletermografia accoppiata alle NIR. G. Vermiglio, V. Faraone, B. Testagrossa, C. Sansotta, M. G. Tripepi pag.62 Sinergia EFM-TSRM e programma di qualità G. Vermiglio, G. Mannino, M. G. Tripepi, R. Novario, D. Imbrogiano pag.68 Effetti della radiazione a luce blu su organismi eucarioti V. Faraone, M. Milani, M. Zabeo, E. Ruello pag.71 Ringraziamenti pag.79 6 PREMESSA Nei giorni dal 3 al 6 ottobre 2002 si è tenuto a Catania, presso il Monastero dei Benedettini P.zza Dante, il 280 Congresso Regionale SIRMN, nel cui contesto, il giorno 4 ottobre, si è svolta una specifica Sessione dedicata alla Fisica Sanitaria avente come argomento " Le tecnologie fisiche in diagnostica per immagini" coordinata da Giovanni Mannino e da Carmelo Privitera, Primario del Servizio di Radiologia del Presidio Ospedaliero Vittorio Emanuele ed articolata in interventi preordinati e presentazione di posters. Il presente volume degli Atti, predisposto a cura di Giovanni Mannino e Giuseppe Vermiglio e stampato in proprio, riporta i contenuti sia degli interventi orali che delle comunicazioni libere. 7 8 INTRODUZIONE AI LAVORI Carmelo Privitera All’apertura di questo Convegno desidererei ricordare la data dell’8 novembre 1895, quando un fisico tedesco di nome Wilhelm Konrad Ròntgen scopriva i Raggi X. Stamani è il 9 novembre 1995 e, pertanto, inizia il secondo secolo dalla scoperta e una considerazione si impone: l’intuizione di un fisico, paradossalmente, ha aperto prospettive di lavoro non già per i suoi colleghi, ma per decine di migliaia di medici radiologi che in questi 100 anni hanno utilizzato la rivoluzionaria scoperta per lo studio del malato. Grazie ai Raggi X, l’anatomia umana, disciplina che per alcuni secoli si è avvalsa degli studi sul cadavere, diviene anatomia nel vivente. Le indagini radiologiche, dapprima, sono limitate a riprodurre la morfologia più grossolana, (le ossa, i polmoni, il cuore, l’intestino); successivamente, esse divengono via via più dettagliate (la trabecolatura ossea, l’interstizio polmonare, le camere cardiache le areole gastriche, ecc.) per contenere, infine, informazioni funzionali non prevedibili fino a pochi anni fa. Contemporaneamente all’evolversi del potere di risoluzione delle immagini radiologiche tradizionali, si sono venute proponendo tecniche diverse, anch’esse destinate a fornire immagini del corpo umano. Tra queste, la tomografia computerizzata, l’ecografia e la risonanza magnetica. Da questo momento, siamo tra il 1973 ed il 1985, emerge la necessità di integrare tra loro le immagini ottenute con principi fisici e con apparecchi diversi. Una seconda considerazione si impone: solo il cervello umano è in grado di integrare automaticamente tra loro immagini provenienti da più sorgenti. Il computer, per quanto sofisticato, non è in grado di integrare, ad esempio un’immagine analogica quale una radiografia del torace con l’immagine digitale di una TC dello stesso torace; ciò può avvenire solo se la radiografia tradizionale analogica viene convertita, mediante l’uso di uno scanner, in un’immagine digitale. L’integrazione delle immagini radiologiche presuppone, pertanto, la soluzione di numerosi problemi. 1. A livello di acquisizione: è importante la distinzione tra acquisizione diretta (immagini che nascono digitali, come quelle TC, RM, di angiografia ecc.) ed acquisizione indiretta che richiede una digitalizzazione off-line. 9 2. Un importante parametro da valutare nella fase di acquisizione è legato alla matrice che, per le immagini, può richiedere dimensioni di 2K o 4K. Un’elevata matrice di acquisizione si traduce in importanti problemi anche nelle fasi successive. 3. A livello di visualizzazione: elemento fondamentale per l’integrazione delle immagini è l’esistenza di un apparecchio sul quale far confluire tutte le immagini che si vogliono studiare. Tale strumento è chiamato “workstation” e grazie al collegamento con le diverse apparecchiatura è in grado di presentare contemporaneamente immagini riprese con apparecchi diversi, in tempi diversi. La possibilità, più evoluta, di “navigare” tra le immagini in tempi accettabili, più ancora della qualità delle immagini è l’elemento caratterizzante le workstations” 4. A livello di elaborazione le immagini digitali possono essere elaborate e le modalità di “processing” sono molto numerose, anche se il loro impiego tende a ridursi a quelle di uso più comune. Numerose tecniche di “processing” integrano le immagini dello stesso paziente, provenienti da diverse apparecchiature. Un esempio è quello dell’integrazione di dati rilevati con tecniche SPECT (dati funzionali) con dati rilevati mediante esami TC (dati anatomici o morfologici). 5. A livello di archiviazione: carattere comune alle immagini digitali è di risiedere su archivi elettronici. Le modalità di archiviazione dipendono dalle dimensioni della matrice (compressione più o meno spinta), dalla necessità di “retrieval” immediato o differito (archivio on-line, archivio off line), dai requisiti del supporto elettronico (disco ottico, nastro, disco magneto-ottico, ecc.). Uno degli aspetti principali dell’archivio “integrato” è quello di consentire il reperimento di più esami, eseguiti in tempi diversi, con tecniche diverse. Alla base di questa elevata capacità di integrazione stanno i sistemi PACS ed i loro supporti hardware (juke-box). 6. A livello di trasmissione: ogni immagine digitale può essere trasmessa con tutti i dati digitali contenuti nei calcolatori e negli archivi elettronici. Anche questo aspetto di comunicazione riveste importanza e si configura la possibilità che vengano integrate immagini acquisite in luoghi diversi, talora molto distanti l’uno dall’altro. I sistemi PACS sono un esempio di trasmissione dati con il fine di integrarli tra loro; la teleradiologia, d’altra parte, è un altro esempio di tecnologia rivolta non solo alla trasmissione a distanza, ma anche all’integrazione delle informazioni. Da quanto detto si può capire come l’integrazione delle immagini radiologiche rappresenti un esteso capitolo della Diagnostica per Immagini, con la possibilità di trasmettere in maniera veloce ed affidabile enormi quantità di dati. La tecnologia attualmente, è in grado di garantire tutto il desiderabile in tema di immagini integrate. Il limite è posto dal bilancio costo/beneficio, dato che buona parte della tecnologia avanzata ha costi elevati e dato che i benefici clinici reali sono ancora tutti da dimostrare. Come considerazione conclusiva, mi pare opportuno sottolineare il ruolo che il fisico e l’informatico hanno assunto in questo specifico settore. Il successo del progetto di integrazione di immagini dovrà essere assicurato da una sinergica collaborazione tra competenze diverse, mediche e fisico-informatiche. Da questa sinergia potranno nascere benefici non indifferenti per il progresso della radiologia clinica e per una miglior cura del paziente. 10 Le prospettive del Fisico Sanitario nell’area Radiologica del terzo millennio Leopoldo Conte La presenza del fisico nelle strutture sanitarie alla fine degli anni 60 si poteva considerare una presenza che andava al di la della norma e tutto quello che non rientrava nella norma veniva considerato come un fatto straordinario, infatti, i fisici in Italia inseriti a collaborare con i medici e la medicina erano in tutto 5 o 6. Il giovane fisico di quegli anni, che proveniva da un ambiente di ricerca, rispetto ai giovani fisici dei giorni nostri, era solo e impreparato ad entrare nel mondo della medicina, ma nonostante tutto, l’unica cosa favorevole ed interessante era ed è lo spirito di ricercatore del fisico che trovava e trova facili motivi per manifestarsi davanti ad un mondo in piena e continua evoluzione. L’Italia era in grave ritardo rispetto ad altre nazioni dove, da anni e anni, la fisica applicata alla medicina non era soltanto una collaborazione scientifica e professionale ma anche studio e sviluppo di metodiche e strumentazione diagnostica e terapeutica. La nascita del mondo della fisica medica intesa come attività scientifica e di collaborazione era svolta presso l’Istituto Superiore di Sanità dove venivano considerati in modo particolare i problemi collegati all’uso delle radiazioni ionizzanti e non ionizzanti nei settori della prevenzione, diagnosi e terapia in ambito sanitario in generale e medico in particolare. Gli eventi ( associazioni, riforme ospedaliere, normative, convegni, pubblicazioni su riviste scientifiche ) che hanno contribuito all’evoluzione della fisica in medicina a dare una base solida dal punto di vista scientifico, professionale e normativo e che hanno messo in risalto la necessità per il medico di collaborare con il fisico, elencandone i compiti e le responsabilità, sono quelli che dimostrano la crescita e l’incremento sostanziale del numero di fisici negli ospedali la cui presenza è in continua evoluzione. Un passo fondamentale fu la riforma ospedaliera del 1969 che prevede tra i Servizi di Diagnosi e Cura il Servizio di Fisica Sanitaria diretto e composto da laureati in fisica dove vede l’inserimento del fisico nell’ambito sanitario con una figura professionale ed una sua autonomia. Gli anni 60-80 furono anni di lento ma continuo progresso che diedero inizio all’era moderna con l’introduzione di nuove tecnologie radiologiche che hanno fatto fare passi da gigante nella diagnostica radiologica. All’inizio degli anni 70 con l’introduzione della tomografia computerizzata il mondo medico si trovò ad avere a che fare con le immagini digitali e sempre durante questi anni anche la diagnostica con ultrasuoni si conquistò un posto di grande rilevanza nel campo medico, ma i più 11 importanti progressi compiuti dall’imaging biomedico sono rivolti alla risonanza magnetica ed il particolare alle sue applicazioni. Attualmente la presenza dei fisici specialisti nella fisica medica o sanitaria negli ospedali, che può considerarsi soddisfacente, è richiesta soprattutto nei centri di radioterapia, radiodiagnostica e medicina nucleare dove , per legge, viene assegnata al fisico la responsabilità dell’utilizzo in medicina di radiazioni ionizzanti e non ionizzanti compresa la radioprotezione, elaborazione di modelli e analisi di fenomeni biologici legati alla diagnosi e terapia e quindi al paziente. Un altro passo importante fu l’inserimento di cattedre di fisica nelle facoltà di medicina dove vennero chiamati professori che oltre all’insegnamento della fisica agli studenti in medicina o agli specializzandi avessero una stretta collaborazione scientifica con il mondo medico ed una ricerca applicata alla creazione di nuove tecnologie da utilizzare in campo medico. Quindi, fortunatamente, anche nell’ordinamento didattico universitario (MURST 7/05/97) ci furono delle modifiche soprattutto per le scuole di specializzazioni del settore di fisica sanitaria con lo scopo di formare, con due diversi indirizzi, fisici specialisti in fisica sanitaria per attività di fisica medica in campo ospedaliero e fisici specialisti per attività di fisica ambientale. 12 DIAGNOSTICA CON ULTRASUONI: STATO ATTUALE E PROSPETTIVE FUTURE Raffaele Novario, Giuseppe Vermiglio° Servizio di Fisica Sanitaria - Azienda Ospedale di Circolo Varese °Dipartimento di Fisica Medica, Università degli Studi di Messina Negli ultimi tre anni, l’evoluzione della tecnologia nel campo dell’imaging sonografico è stata estremamente importante e veloce, con un enorme impatto sulle metodiche impiegate. Oggi l’ecografista ha a disposizione una serie di nuove tecnologie e di nuove metodiche che rendono la sua professione sempre più specialistica e, se vogliamo, difficile. Le linee che hanno guidato gli investimenti delle aziende per lo sviluppo della tecnologia in questo campo sono state molteplici: i beamformer a banda larga, il microfine imaging, l’harmonic imaging, il contrast harmonic imaging, la pulse inversion harmonics, il power contrast harmonic imaging, il tissue doppler imaging, il power motion imaging e l’avvento della gestione digitale delle immagini. Vengono qui di seguito brevemente analizzate queste nuove metodiche. Per chi volesse invece una trattazione completa delle metodiche convenzionali sia bidimensionali che velocimetriche, rimandiamo alla bibliografia del presente lavoro. Beamformer a larga banda o a multifrequenza ? Negli ultimi anni l’evoluzione dei processi di produzione dei microchip ha permesso di avere a disposizione una sempre crescente velocità di calcolo oltre alla possibilità di miniaturizzare sempre di più le schede hardware e di disporre di chip dedicati a svolgere ben precise istruzioni di calcolo (chip dedicati). I sistemi digitali sono quindi entrati di prepotenza nel mercato delle apparecchiature ecografiche che ora si avvalgono di beam former digitali o presentano un processo di formazione, ricezione del fascio e costruzione delle immagini completamente digitale. Il beneficio principale di apparecchiature di questo tipo consiste nell’avere a disposizione informazioni precise e senza degradazioni nel processo di formazione dell’immagine. L’utilizzo di beamformer a banda larga o a multifrequenza presenta vantaggi fondamentali nell’imaging ecografico grazie al fatto di inviare nei tessuti un ampio range di frequenze. Ogni tessuto sottoposto a stimolazione ultrasonora è caratterizzato da una risposta dipendente dalla frequenza di stimolazione: questa caratteristica è una specie di “firma” del tessuto in questione. In pratica la “tissue signature” è data dallo spettro di frequenze del segnale che ritorna come eco dal tessuto. Questa banda di frequenze viene detta Bandwidth. Il vantaggio di adottare un sistema digitale a larga 13 banda (Broadband) consiste proprio nel fatto di avere a disposizione l’intero spettro di frequenze di ritorno dal tessuto irraggiato dagli ultrasuoni. I sistemi a banda stretta, per contro, sono caratterizzati dal fatto che permettono solo la ricezione di una ristretta porzione dello spettro di frequenze del segnale di eco dei tessuti. Ciò può essere di importanza fondamentale se si effettuano analisi anche nel dominio spettrale (seconda armonica di contrasto con mezzi di contrasto della seconda generazione). I sistemi digitali a larga banda, inoltre, sono caratterizzati dalla possibilità di ridefinire i concetti che stanno alla base della formazione delle immagini; ad esempio rendono possibile effettuare correzioni dello steering e della focalizzazione del fascio di ultrasuoni che contiene un ampio spettro di frequenze. Un segnale ultrasonoro ecografico é formato da una serie di impulsi separati, ognuno emesso da un singolo trasduttore della sonda. Un sistema totalmente digitale (con beamformer digitale) permette di effettuare un controllo completo della durata e della frequenza di ogni singolo impulso. Dal punto di vista della qualità dell’immagine, i sistemi a banda larga permettono – almeno teoricamente - di ottenere una miglior risoluzione di contrasto e una miglior risoluzione spaziale assiale. Per ottenere una larghezza di banda la più ampia possibile i sistemi a banda larga utilizzano il beamformer in modo da utilizzare impulsi di breve durata che garantiscono grande risoluzione spaziale oltre ad un sufficiente risoluzione in Doppler. Grazie a sistemi a larga banda sono possibili tecniche di processing del segnale quali: Distributed processing Parallel processing Textural processing che permettono di effettuare un controllo sui singoli impulsi e quindi di ridurre gli artefatti e di utilizzare impulsi di eco molto deboli ma di interesse diagnostico. D’altro canto però, la banda larga ha evidenti svantaggi nel caso della velocimetria Doppler e dell’imaging armonico ed oggi, vista l’importanza sempre crescente di questa seconda metodica soprattutto con i mezzi di contrasto della seconda generazione ed indici meccanici bassi (MI<0,2), stiamo vivendo una nuova inversione di tendenza, a favore di nuovo dei sistemi a banda stretta o strettissima. La nuova disponibilità di sistemi a banda larga ha comunque arricchito il panorama della tecnologia della formazione dell’impulso. Microfine Imaging La qualità di base dell’immagine 2D B-mode è alla base della diagnostica con ultrasuoni. Utilizzando un beamformer ed un processing di tipo digitale riuniti in un unico modulo di elettronica di nome IPU (Image Processing Unit), è possibile ottenere significativi miglioramenti dell’immagine a scala di grigi. Questo tipo di approccio viene chiamato Microfine Imaging. Le caratteristiche del Microfine Imaging possono essere riassunte come segue: - Beamformer digitale a larga banda - Utilizzo di 512 canali digitali - 150 dB di range dinamico - Impulsi brevi a larga banda - Focalizzazione spaziale ultra precisa - Textural processing avanzato 14 Focalizzazione dinamica in ricezione che risincronizza il time delay digitale nel beamformer ogni 32 micron di percorso del segnale Tra i vantaggi del Microfine Imaging si possono citare: - Miglioramento della definizione delle interfacce tra tessuti e della texture dei tessuti stessi - Livelli di risoluzione di contrasto elevatissimi - Eccellente risoluzione spaziale - Uniformità della trama tissutale in funzione della profondità - Harmonic Imaging e Contrast Harmonic imaging La ricerca sul comportamento dei mezzi di contrasto e dei tessuti sottoposti a scansioni con fasci di ultrasuoni ha portato a nuove conoscenze nel campo dell’acustica non lineare. Tale know–how si estrinseca nella nascita e nello sviluppo di tecniche ecografiche note come Harmonic Imaging. L’imaging armonico si basa sul fatto che i tessuti irraggiati con ultrasuoni, così come le microbolle di un mezzo di contrasto ecografico, rispondono in modo non lineare allo stimolo, producendo cioè un segnale di risposta che presenta frequenze multiple di quella di stimolazione. In particolare la frequenza doppia di quella di stimolazione, detta seconda armonica, presenta un’intensità sufficiente – benchè molto più debole della fondamentale – ad essere adeguatamente rivelata. Tale frequenza si presta pertanto alla “costruzione” di immagini ecografiche. L’utilizzo della frequenza seconda armonica proveniente come eco dai tessuti viene sfruttata per produrre immagini bidimensionali a livelli di grigio che a seconda delle ditte produttrici sono state brevettate con nomi diversi: Native Harmonic Imaging Tissue Harmonic Imaging L’utilizzo del segnale di eco in seconda armonica proveniente dalle microbolle di contrasto messe in oscillazione dal fascio di scansione dell’ecografo, ha dato luogo allo svilupparsi di tecniche di imaging note come Contrast harmonic imaging. Benefici clinici del Native/Tissue harmonic Imaging: − Migliore rapporto segnale-rumore in pazienti “difficili” Benefici clinici del contrast harmonic Imaging: − Miglior delineazione del bordo endocardico − In harmonic Doppler: soppressione del segnale proveniente dai tessuti con riduzione degli artefatti da movimento (clutter) − Il mezzo di contrasto raggiunge la regione di interesse (wash-in) in pochi battiti cardiaci, mentre lascia (wash-out) il sistema circolatorio con velocità variabile; l’alta sensibilità dell’imaging armonico permette di incrementare il tempo utile di utilizzo del mezzo di contrasto. Pulse Inversion Harmonics L’imaging contrastografico in seconda armonica si basa sul fatto che le microbolle di contrasto iniettate oscillano in modo non lineare. L’imaging contrastografico in seconda armonica di tipo convenzionale si basa sul fatto di restringere la larghezza di banda in ricezione in modo da tagliare il segnale in frequenza fondamentale e questo fatto pone delle limitazioni alla risoluzione assiale ed alla risoluzione di contrasto. Per eliminare questo problema, particolarmente presente nei sistemi a banda larga e molto più limitato nei sistemi a banda stretta, è stata introdotta una tecnica detta Pulse 15 (o Phase) Inversion harmonics. Tale tecnica consiste nell’inviare un impulso ultrasonoro e nel registrare elettronicamente sia la componente fondamentale sia la componente seconda armonica del segnale di eco, ed in seguito nell’inviare un secondo impulso con fase invertita rispetto al primo; anche di questo vengono memorizzati elettronicamente sia l’eco fondamentale sia l’eco in seconda armonica. Sommando i segnali di eco così ottenuti quello che avviene è una completa reciproca cancellazione degli echi fondamentali mentre gli echi in seconda armonica, non essendo lineari, si sommano e danno luogo ad un segnale non nullo puramente armonico. Questa tecnica permette di ricorrere a fasci a larga banda e quindi dotati di una elevata risoluzione assiale e di contrasto. L’aumentata sensibilità rispetto all’imaging contrastografico in fondamentale permette in alcuni casi di ridurre la quantità di mezzo di contrasto. Benefici clinici della Pulse Inversion: - Migliorata risoluzione spaziale e di contrasto - Miglior sensibilità a parità di Power Output - Miglior qualità dell’immagine in certi tessuti senza utilizzo di mezzi di contrasto. Power Contrast Harmonic Imaging Tra le caratteristiche dei mezzi di contrasto ecografici, non vi è solo quella di vibrare con frequenze armoniche. Le microbolle che costituiscono il mezzo di contrasto, infatti, sono in moto nel sangue e quindi possono essere impiegate anche per aumentare il segnale Doppler. Una tecnologia che sfrutta queste caratteristiche delle microbolle è il Power Contrast Harmonic Imaging. Questa tecnica consiste nel visualizzare in colore l’ampiezza (e non la frequenza, quindi non la velocità ma il flusso) del segnale Doppler dovuto al mezzo di contrasto. Ciò permette di meglio visualizzare in colore grosse masse di fluido in movimento (sangue nelle cavità cardiache) o muscoli permeati da mezzo di contrasto ed in movimento (pareti cardiache) Benefici clinici: - Miglior definizione del bordo ventricolare - È una tecnica immune da aliasing, è possibile pertanto utilizzare bassi valori di PRF e ottenere quindi una elevata sensibilità a flussi molto bassi. Ecografia 3D L’imaging tridimensionale ecografico sembra essere la metodica ideale per ottenere immagini diagnostiche; tuttavia la realizzazione di ecotomografi 3D presenta dei problemi ancora parzialmente irrisolti e può essere affrontata mediante approcci di diverso tipo. L’aspetto comune a tutte le metodiche è comunque la necessità di acquisire diversi slices orientati in modo diverso nello spazio e di ricostruire a partire da esse un intero volume 3D. Per ottenere ciò occorre possedere informazioni sulla posizione relativa ai singoli slices e avere a disposizione un algoritmo di ricostruzione e di visualizzazione 3D. L’approccio alla localizzazione spaziale delle singole slices è stato a tutt’oggi realizzato nei modi seguenti: Sistemi con movimento motorizzato della sonda Sistemi con localizzatori elettromagnetici della posizione della sonda Sistemi che identificano la posizione della sonda con algoritmi di calcolo che confrontano due immagini consecutive 16 Sistemi che non utilizzano informazioni di posizione dello slice (distorsione del volume 3D) La ricostruzione 3D può riguardare poi la superficie di un oggetto segmentato oppure l’intero volume per una ricostruzione multiplanare oppure l’informazione velocimetrica in colore (Angio US 3D). Tissue Doppler Imaging Si tratta di una tecnica di imaging Doppler ideata per ottenere una buona visualizzazione del moto del miocardio. Il TDI (Tissue Doppler Imaging) è sostanzialmente una modalità Color Doppler che permette di visualizare il moto dei tessuti – anziché quello dei globuli rossi del sangue – grazie all’inversione del filtro di parete. Nel segnale Doppler proveniente da un volume campione sottoposto ad insonazione con un fascio di ultrasuoni sono infatti presenti diverse componenti spettrali: segnali a bassa frequenza e ad alta intensità provenienti dal moto peristaltico degli organi corporei o dalle pareti dei vasi, e segnali ad alta frequenza e bassa intensità provenienti dal sangue. Applicando allo spettro di frequenze un filtro passa basso si ottiene il solo segnale proveniente dagli organi (o tessuti) e si taglia quello proveniente dai fluidi corporei, realizzando quella che viene chiamato Tissue Doppler Imaging. Ovviamente occorre ottimizzare parametri quali range dinamico e persistenza per ottimizzare la risoluzione di contrasto per i tessuti. La mappa in colore del TDI fornisce una informazione bidirezionale sulla velocità media di moto dei tessuti all’interno del volume di interesse. Benefici clinici: - Fornisce valutazioni quantitative del moto ventricolare - Facilita la distinzione di pericarditi costrittive e cardiomiopatie restrittive - Aumenta la segmentazione a colori e fornisce stime delle velocità più accurate. Power Motion Imaging In campo ecografico cardiologico una ulteriore innovazione, oltre al già citato TDI, è data dalla metodica Power Motion Imaging. La metodica PMI è un metodo qualitativo basato sullo shift Doppler del segnale ecografico, che utilizza l’ampiezza (Power) dello spettro Doppler, unitamente ad algoritmi proprietari dedicati, al fine di produrre una visualizzazione del moto della parete cardiaca. Si tratta di una metodica del tutto analoga al TDI, basata sull’applicazione di un filtro allo spettro di frequenze Doppler provenienti da un volume di interesse posto sui tessuti e sul sangue. Anche in questo caso applicando allo spettro di frequenze un filtro passa basso si ottiene il solo segnale proveniente dagli organi (o tessuti) e si taglia quello proveniente dai fluidi corporei. La visualizzazione però avviene mediante una mappa in colore (stesso colore) la cui intensità viene modulata a rappresentare l'ampiezza del segnale (e non la frequenza ovvero non la velocità) cioè è rappresentativa del numero di riflettori all’interno del volume campionato. È una metodica Doppler indipendente dall’angolo e scevra da aliasing. Benefici clinici: - Visualizzazione del moto della parete cardiaca - Aumenta la rivelazione transtoracica di lievi variazioni emodinamiche (contrasto spontaneo) - permette di valutare il moto globale della parete cardiaca. 17 Gestione delle immagini digitali: Digital Video Streaming In campo medicale la gestione dei dati (immagini) da sempre rappresenta un problema a causa delle dimensioni delle immagini stesse. In ecografia, inoltre, la necessità di salvare non solo singoli frames, ma interi filmati, pone un ulteriore problema riguardo allo spazio necessario all’archiviazione. Per diminuire l’entità di tale problema é possibile introdurre una tecnica (DVS di ATL) di compressione delle immagini in hardware nel percorso sonda – RAM, cioé prima che esse raggiungano la memoria fisica della macchina, mentre le tecniche di compressione di tipo tradizionale si limitano alla compressione delle immagini solo quando queste vengono trasferite dalla RAM all’Hard Disk per l’archiviazione. La compressione avviene in hardware mediante chip dedicati e non grava sull’utilizzo della CPU; il grado di compressione (algoritmo) é inoltre selezionabile dall’utente. Bibliografia 1. Altmeyer S.el-Gammal P, Hoffmann K: Ultrasound in Dermatology. Springer Verlag, Berlin, 1992. 2. Burns PN: The physical principles of Doppler and spectral analysis. J Clin Ultrasound, 15:567, 1987. 3. Foley WD, Erickson SJ: Color Doppler flow imaging. AJR, 156:3, 1991. 4. Goldstein A: Ultrsound devices open new diagnostic avenues. Diagn Imaging, 11:157, 1989. 5. Goldstein A: Broadband transducers improve image quality. Diagn Imaging, 15:89, 1993. 6. Harris RA, Follett DH, Halliwell M e coll: Ultimate limits in ultrasonic imaging resolution. Ultrasound Med Biol, 17:547, 1991. 7. Hendee WR, Ritenour ER: Medical imaging physics. Mosby, St Louis, 1992. 8. Hykes DL, Hedrick WR: Real time ultrasound instrumentation: an update. J Diagn Med Sonog, 6:257, 1990. 9. Hedrick WR, Hyckes DL: Doppler physics and instrumentation: a review. J Diagn Med Sonogr, 4:109, 1988. 10. Kossoff G: Technology of real-time ultrasound. Contrib Gynecol Obstet, 6(2):2, 1979. 11. Kremkau FW: Diagnostic ultrasonics: physical principles and exercises. WB Saunders, Philadelphia, 1988. 12. McDicken WN: Diagnostic ultrasonics: priciples and use of instruments. Churchill Livingstone, Edinburgh, 1991. 13. Merritt CRB: Doppler color flow imaging. J Clin Ultrasound, 15:591, 1987. 14. Mitchell DG: Color Doppler imaging: principles, limitations, artifacts. Radiology, 177:1, 1990. 15. Novario R: Elementi di fisica degli ultrasuoni e apparecchiature. In: Ecografia in Dermatologia. Edizioni Poletto, 1998 16. Powis RL: Color flow imaging: understanding its science and technology. J Diagn Med Sonogr, 4:236, 1988. 17. Rose JL, Goldberg BB: Basic physics in diagnostic ultrasound. John Wiley & Sons, New York, 1979. 18. Smith H, Zagzebski J: Basic Doppler physics. Medical Physics Publishing, Madison, 1991. 19. Taylor KJW, Burns PN, Wells PNT: Clinical application of Doppler ultrasound. Raven Press, New York, 1988. 18 20. Taylor KJW, Wells PNT: Tissue characterization. Ultrasound Med Biol, 15:421, 1989. 21. Taylor KJW, Holland S: Doppler ultrasound: basic principles, instrumentation, and pitfalls. Radiology, 174:297, 1990. 22. Wells PNT: Physical principles of ultrasonic diagnosis. Academic Press, New York, 1969. 23. Wells PNT: Biomedical ultrasonics. Academic Press, New York, 1977. 24. Winsberg F: Real-time scanners: a review. Med Ultrasonography, 3:99, 1979. 25. Woodcock JP: Ultrasonics. Adam Hilger, Bristol, 1979. 26. Zweibel WJ: Color encoded blood flow imaging. Semin Ultrasound CT MR, 9:320, 1988. 27. Zweibel WJ: Color duplex imaging and Doppler spectrum analysis: principle, capabilities, and limitations. Semin Ultrasound CT MR, 11:84, 1990. 19 20 LA MAMMOGRAFIA DIGITALE Veronica Rossetti S.C. Fisica Sanitaria Ospedale S. Giovanni Antica Sede, Torino INTRODUZIONE La mammografia è a tutt’oggi la tecnica d’elezione nella diagnosi precoce del tumore della mammella, patologia che è tra le prime cause di morte delle donne sopra i 40 anni nei Paesi industrializzati. Le principali difficoltà che s’incontrano nell’effettuare un buon esame mammografico sono legate alla necessità di individuare tessuto patologico all’interno dei tessuti mammari, tutti con valori di densità assai vicini, nonché a quella di rivelare la presenza di microcalcificazioni. Inoltre, la mammografia viene spesso eseguita come esame di screening, o comunque su donne asintomatiche, al fine di una diagnosi precoce. Da tutto ciò discende che le immagini mammografiche devono presentare un contrasto molto elevato contemporaneamente ad un’alta risoluzione spaziale, mantenendo bassi i livelli di dose assorbita dall’organo. IL PASSAGGIO AL DIGITALE La larghissima maggioranza dei mammografi oggi installati impiega la tecnica di rivelazione convenzionale, ovvero un accoppiamento schermo-film. Questa metodica, pur avendo una risoluzione spaziale elevata (fino a 20 coppie di linee/mm) ed una buona qualità dell’immagine, presenta alcune limitazioni intrinseche quali, non ultima, il fatto di non poter separare i processi di acquisizione, visualizzazione e registrazione dell’immagine. Fino a pochissimi anni or sono, la tecnologia digitale, ormai ampiamente diffusa in tutto il campo radiologico, non aveva ancora fatto breccia nel mercato mammografico, proprio a causa della bassissima risoluzione spaziale che presentavano tutti i rivelatori; oggi il notevole sforzo di avanzamento tecnologico compiuto dalle case produttrici ha finalmente permesso l’introduzione di macchine digitali anche in campo mammografico. I vantaggi potenziali di questa metodica sono molteplici, primo fra tutti l’indipendenza dei processi di acquisizione, registrazione e visualizzazione. Inoltre, l’immagine digitale presenta un ampio range dinamico ed una risposta lineare senza soglia, nonché la possibilità di essere elaborata anche con tecniche di riconoscimento automatico (sistemi CAD) e di essere archiviata in maniera semplice ed agile. Anche se la risoluzione spaziale dei rivelatori risulta ancora scarsa, tutti gli altri vantaggi ed un ulteriore e inevitabile miglioramento della nuova metodica porteranno alla lenta scomparsa della mammografia tradizionale. I RIVELATORI I rivelatori per mammografia digitale che oggi si trovano in commercio sono basati su tecnologie diverse: 21 • • • • mosaico di CCD accoppiati tramite fibre ottiche ad uno scintillatore CsI(Tl); imaging plate per computed radiography (CR): rivelatori costituiti da fosfori fotostimolabili, simili in qualche modo alle pellicole, ma diversi nella procedura di acquisizione e rivelazione dell’immagine; dopo la fase di lettura l’immagine risulta comunque costituita da pixel; flat panel di Silicio amorfo, in cui uno stato di scintillatore (Cs(Tl)) è accoppiato ad una matrice di fotodiodi al a-Si; data la necessaria presenza dello scintillatore per la conversione del segnale, questo sistema è detto a conversione indiretta; flat panel al Selenio amorfo, che è sostanzialmente una piastra di Selenio amorfo, a cui è applicato un campo elettrico, direttamente connessa all’elettronica di read out. Questo tipo di rivelatore è detto a conversione diretta, poiché il fotone X crea una coppia lacuna –elettrone all’interno del rivelatore e il campo elettrico convoglia direttamente la lacuna sull’elettrodo che forma il pixel. PRINCIPALI CARATTERISTICHE Trattandosi della tecnologia più recente e con maggiori potenzialità, verranno presi in considerazione solamente i rivelatori a flat panel, che sono gli unici veri rivelatori digitali. I principali parametri da valutare in un rivelatore, di qualunque tipo esso sia, sono la risoluzione spaziale, ovvero la capacità di discriminare oggetti di piccole dimensioni, e la efficienza di rivelazione quantica, ovvero la misura del rapporto segnale/rumore trasferito dal sistema in funzione della frequenza spaziale. La risoluzione spaziale per un sistema digitale è limitata dalla dimensione del pixel ed è determinata dal teorema di campionamento di Nyquist (max frequenza misurabile = 1/2a, con a = passo = dimensione pixel), quindi: pixel da 100 µm consentono una risoluzione spaziale massima di 5 lp/mm, mentre pixel da 70 µm ne consentono una di 7.1 lp/mm. Nel caso di un rivelatore convenzionale (accoppiamento schermo/film) questo parametro dipende dalle dimensioni dei granuli dell’emulsione e dalla tipologia dello schermo di rinforzo (fino a 20 lp/mm, come si è detto sopra). La Funzione di Trasferimento di Modulazione (MTF) quantifica la risoluzione spaziale di un sistema in funzione della frequenza spaziale, cioè descrive, per ogni frequenza spaziale, la frazione che ne viene conservata nell’immagine. Al fine di risolvere accuratamente oggetti di piccole dimensioni, ovviamente, è necessario un valore elevato di MTF alle alte frequenze spaziali. L’efficienza di rivelazione quantica - Detective Quantum Efficiency o DQE rappresenta l’efficienza con cui il rivelatore cattura le informazioni derivanti dall’esposizione: essa quantifica il rapporto segnale rumore del sistema, la risoluzione del contrasto e l’efficienza della dose. La DQE dipende quindi dalla quantità di fotoni X assorbiti (dose), dall’ampiezza del profilo del segnale e dal rumore, e varia in funzione della frequenza spaziale. Nei grafici seguenti sono riportate le curve di risposta in funzione della frequenza spaziale di MTF e DQE per l’accoppiamento schermo-pellicola (Kodak, min-R2000), i rivelatori a conversione indiretta (a-Si commercializzati da GE) e quelli a conversione diretta (a-Se commercializzati da Lorad) 22 Le caratteristiche dei rivelatori possono quindi essere riassunte come segue: Pellicole: alte MTF per alte frequenze spaziali, la DQE, viceversa, è molto limitata per le alte frequenze spaziali poiché è alto il rumore dovuto alla granularità. Rivelatori indiretti: la MTF dipende da dimensione del pixel e/o larghezza segnale generato dallo scintillatore; la DQE non è buona ad alte frequenze a causa del blurring dovuto agli scintillatori, ma risulta comunque più alta rispetto all’accoppiamento schermo-film. Rivelatori diretti: la MTF dipendente solo da dimensione del pixel, poiché non esiste lo scintillatore; la DQE risulta migliore rispetto ai sistemi indiretti, anche perché lo spessore del a-Se può essere aumentato senza perdere in risoluzione spaziale. 23 24 La formazione del Fisico Sanitario Corso di Laurea e Suole di Specializzazione Salvatore Lo Nigro CORSO DI LAUREA Nuovo ordinamento Lauree triennali • LAUREA IN FISICA • Dopo il conseguimento è possibile frequentare altri due anni per la Laurea Specialistica (indirizzi previsti sono quelli attualmente esistenti) • LAUREA IN FISICA APPLICATA Sono previsti tre curricula: • Tecnologie fisiche, elettroniche e informatiche (attivato) • Fisica dell’ambiente e del sistema Terra (attivato) • Fisica biomedica (non attivato) La Scuola di specializzazione in Fisica Sanitaria di Catania Organizzazione — Struttura — Attività • Istituita su proposta del Dipart. Fisica solo indirizzo FISICA MEDICA • Interfacoltà (Scienze + Medicina) • Approvata il 26/6/98 — Ha autonomia didattica, organizzativa e finanziaria • Avviata con l’A.A. 1999/2000 • Durata : 4 anni • N° specializzandi : 3 per anno solo per concorso tra laureati in Fisica 25 • Gestione e sede amministrativa: Dipartimento di Fisica ed Astronomia • Funzionamento : Facoltà di Scienze + Medicina + Aziende Ospedaliere + Laboratori Nazionali del Sud • Attività: • n° 200 ore di didattica per anno • tirocinio presso strutture univers. e aziende ospedaliere convenzionate (Policlinico – Garibaldi -. V.E. - Rem) con orario uguale al personale S.S.N. • Titolo : superamento materie del piano di studi + espletamento addestramento + presentazione e discussione tesi originale • Esame finale : commissione formata dal Direttore della Scuola e n° 6 docenti o esperti nominati dal Rettore Difficoltà • Accreditamento ministeriale e borse di studio per i corsisti (come area medica). Attualmente una sola borsa per anno finanziata dall’Università. • Riconoscimento della valenza della scuola per la formazione di specialisti essenziali nelle aziende ospedaliere. • Rapporti con i colleghi della Facoltà di Medicina impegnati nelle loro attività didattiche e clinico-assistenziali. • Mancanza di risorse finanziarie (tranne le tasse pagate dagli iscritti). • Previsioni poco ottimistiche per i tempi e le modalità richieste dal riordino delle scuole di specializzazione di area medica. • Scuola di specializzazione dopo laurea triennale o dopo laurea specialistica?? 26 TABELLA A - ATTIVITÀ DIDATTICA FORMALE E SEMINARIALE I anno FISICA MEDICA E SANITARIA 50 ore FISICA NUCLEARE 50 ore BIOMATERIALI 25 ore BIOLOGIA E BOCHIMICA 25 ore ANATOMIA UMANA 25 ore FISIOLOGIA UMANA 25 ore ______________ Totale 200 ore RADIOATTIVITÀ’ 30 ore FISICA DEGLI ACCELERATORI 30 ore MISURE NUCLEARI I 40 ore TECNICHE FISICHE PER DIAGNOSTICA BIOMEDICA 50 ore ELETTRONICA 30 ore PATOLOGIA GENERALE 20 ore II anno ______________ Totale 200 ore MISURE NUCLEARI II 40 ore INFORMATICA 40 ore RADIOTERAPIA 30 ore RADIOPROTEZIONE 40 ore RADIOLOGIA E DIAGNOSTICA PER IMMAGINI 50 ore III anno ______________ Totale 200 ore ONCOLOGIA MEDICA 50 ore RADIOTERAPIA ONCOLOGICA 50 ore RADIOBIOLOGIA MEDICA 50 ore MEDICINA NUCLEARE 50 ore IV anno ______________ Totale 27 200 ore 28 29 30 Struttura ed organizzazione dei servizi fisica sanitaria nelle aziende sanitarie. Domenico Di Mariano TIPOLOGIA DELLE PRESTAZIONI EROGATE DALL’AZIENDA SANITARIA - ATTIVITA’ CON RADIAZIONI IONIZZANTI - ATTIVITA’ CON RADIAZIONI NON IONIZZANTI ATTIVITA’ CON RADIAZIONI IONIZZANTI - PRATICHE DI RADIODIAGNOSTICA - PRATICHE DI MEDICINA NUCLEARE - PRATICHE DI RADIOTERAPIA ATTIVITA’ CON RADIAZIONI NON IONIZZANTI - RISONANZA MAGNETICA - ECOGRAFIA - LITOTRISIA - LASERTERAPIA ATTIVITA’ ISTITUZIONALI - ATTIVITA’ DI FISICA MEDICA AI SENSI DEL DECRETO LEGISLATIVO 26 MAGGIO 2000 N. 187 - AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE - RICERCA 31 ATTIVITA’ NON ISTITUZIONALI MA NORMALMENTE ASSICURATE - SORVEGLIANZA FISICA AI SENSI DEL DECRETO LEGISLATIVO N. 24 1/00 - PRESTAZIONI DI FISICA MEDICA NELL’IMPIEGO MEDICO DI RADIAZIONI NON IONIZZANTI - SICUREZZA DELLE APPARECCHIATURE DI RNM - FORMULAZIONE DI CAPITOLATI E CONSULENZE PER GARE DI APPALTO DI APPARECCHIATURE DI DIAGNOSTICA PER IMMAGINI E DI RADIOTERAPIA - INFORMATICA SANITARIA - DIDATTICA TIPOLOGIA DELL’ UNITA’ OPERATIVA - STRUTTURA COMPLESSA QUANDO NELL’AZIENDA SANITARIA VENGONO EFFETTUATE ALMENO DUE PRATICHE - STRUTTURA SEMPLICE QUANDO NELL’AZIENDA SANITARIA VIENE EFFETTUATA UNA SOLA PRATICA MAI FISICO SANITARIO DI REPARTO INDIVIDUAZIONE DELLE UNITA’ LAVORATIVE DOCUMENTO AIFM (ADOTTA LE INDICAZIONI FORNITE DA DOCUMENTI DELL’EFOMP, DELL’ESTRO E DEL RAPPORTO ISTISAN 02/2 LIMITATAMENTE ALLA PRATICA DI RADIOTERAPIA) DIAGNOSTICA ECOGRAFIA) PER IMMAGINI (RADIODIAGNOSTICA, -1 FISICO/40 APPARECCHIATURE DI RADIODIAGNOSTICA -0.5 FISICO/APPARECCHIATURA RMN -0.5 FISICO/40 APPARECCHIATURE ECOGRAFICHE MEDICINA NUCLEARE -0.5 FISICO/UNITA’ SPECT -1 FISICO/UNITA’ PET 32 RMN, -1 FISICO/200 TRATTAMENTI/ANNO RADIOTERAPIA IPOTESI: - UN SISTEMA DI STUDIO E SIMULAZIONE ED UN SISTEMA PER LA PIANIFICAZIONE DEI PIANI DI TRATTAMENTO (TPS) OGNI DUE APPARECCHIATURE PER RADIOTERAPIA -400 PIANI DI CURA/ANNO/APPARECCHIATURA CON FASCI ESTERNI -100 PIANI DI CURA/ANNO/APPARECCHIATURA PER BRACHITERAPIA -1-1.5 FISICO/ACCELERATORE (1.5 NEL CASO IN CUI SI EFFETTUINO DI ROUTINE TECNICHE SPECIALI DI TRATTAMENTO: TRATTAMENTI STEREOTASSICI, TBI, IORT, TECNICHE CONFORMAZIONALI) -0.7 FISICO/UNITA’ COBALTOTERAPIA -0.45 FISICO/UNITA’ BRACHITERAPIA SORVEGLIANZA FISICA DELLA PROTEZIONE -1 FISICO ESPERTO QUALIFICATO/ RADIODIAGNOSTICA E RADIOTERAPIA 80 APPARECCHIATURE DI - PERSONALE TECNICO: ALMENO IN NUMERO PARI ALLE UNITA’ DI FISICI SANITARI -.PERSONALE AMMINISTRATIVO: ALMENO UNA UNITA’ PER FUNZIONI DI SEGRETERIA INSERIMENTO DIPARTIMENTALE DELL’ UNITA’ OPERATIVA - DIPARTIMENTO SERVIZI - DIPARTIMENTO DI DIAGNOSTICA PER IMMAGINI - DIPARTIMENTO ONCOLOGICO - ALTRO (DIPARTIMENTO TECNOLOGIE BIOMEDICHE CON INGEGNERIA CLINICA) 33 VALUTAZIONE ECONOMICA DEVE ESSERE EFFETTUATA CON RIFERIMENTO A TARIFFARI REGIONALI O A TARIFFARI NAZIONALI IN OGNI CASO SI RITIENE NECESSARIO PREDISPORRE UN DOCUMENTO REGIONALE SULLA VALUTAZIONE ECONOMICA DELLE ATTIVITA’ ESPLETATE DAI SERVIZI DI FISICA SANITARIA ED INVIARNE COPIA COME SEZIONE REGIONALE AIFM ALL’ASSESSORATO REGIONALE ALLA SANITA’ ED ALLE DIREZIONI GENERALI DELLE AZIENDE SANITARIE ASSESSORATO REGIONALE DELLA SANITA’ DECRETO 17 GIUGNO 2002 DIRETTIVE PER L’ACCREDITAMENTO ISTITUZIONALE DELLE STRUTTURE SANITARIE NELLA REGIONE SICILIANA REQUISITI ORGANIZZATIVI, DELLE ATTIVITA’ SANITARIE E PER L’ACCREDITAMENTO: ALLEGATO 1 DEL DECRETO ASSESSORIALE DEL 17 GIUGNO 2002 - RADIOLOGIA DIAGNOSTICA: ATTIVAZIONE DI UN SISTEMA DI CONTROLLO DI QUALITA’; IL CONTROLLO DI QUALITA’ DEVE ESSERE DOCUMENTATO 34 - MEDICINA NUCLEARE: NELLE STRUTTURE CON “APPARECCHIATURE COMPLESSE” DEVE ESSERE DISPONIBILE IL FISICO SANITARIO ATTIVAZIONE DI UN SISTEMA DI CONTROLLO DI QUALITA’; E’ DISPONIBILE DOCUMENTAZIONE IN CUI E’ DICHIARATA LA METODOLOGIA, LA FREQUENZA, LA RESPONSABILITA’DEL CONTROLLO DI QUALITA’ DELLE RISORSE (STRUMENTI, RADIOFARMACI, RADIODIAGNOSTICI, RISORSE UMANE) DEI RISULTATI (INTRA ED INTERLABORATORI), DEI PROCESSI. I RISULTATI SONO CONSERVATI IN APPOSITO REGISTRO RADIOTERAPIA: - INDIPENDENTEMENTE DAL NUMERO DEI PAZIENTI TRATTABILI DEVE ESSERE DISPONIBILE IL FISICO SANITARIO - ATTIVAZIONE DI UN SISTEMA DI CONTROLLI DI QUALITA’ OCCORRE EFFETTUARE DELLE RIFLESSIONI SUGLI EFFETTI CHE IL DECRETO ASSESSORIALE DEL 17 GIUGNO 2002 PUO’ PRODURRE SU QUANTO APPRESSO RIPORTATO: - NUMERO DI SERVIZI DI FISICA SANITARIA DA PROGRAMMARE PER LA REGIONE SICILIANA - TIPOLOGIA DEI SERVIZI DI FISICA SANITARIA E DETERMINAZIONE DELLE UNITA’ LAVORATIVE - BACINO DI UTENZA DEI SERVIZI DI FISICA SANITARIA DELLE AZIENDE SANITARIE 35 36 VIGILANZA IN RADIOPROTEZIONE Nuccio La Mela DECRETO LEGISLATIVO 6 maggio 2000. n. 187. Attuazione della direttiva 97/43/EURATOM in materia di protezione sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse ad esposizioni mediche. RESPONSABILI h) esercente: il soggetto che, secondo il tipo e l’organizzazione dell’impresa, ha la responsabilità dell’impresa stessa ovvero dell’unità produttiva, intesa come stabilimento o struttura finalizzata alla produzione di beni o servizi, dotata di autonomia finanziaria e tecnico-funzionale; (ART. 2 punto1 lett. h) b) responsabile di impianto radiologico: il medico specialista in radiodiagnostica, radioterapia o medicina nucleare individuato da1l’esercente Il responsabile di impianto radiologico può essere lo stesso esercente qualora questo sia abilitato a svolgere direttamente l’indagine clinica; (ART. 2 punto 2 lett. b) f) specialista: il medico chirurgo o l’odontoiatra che ha titolo per assumere la responsabilità clinica per le esposizioni mediche individuali ai sensi dell’ articolo 7, commi 3 e 4; (ART.2 punto 2 lett. f) r) prescrivente: il medico chirurgo o l’odontoiatra, iscritti nei rispettivi albi; (ART. 2 punto1 lett. r) Art. 13. Ispezione 1. La vigilanza sull’applicazione del presente decreto spetta in via esclusiva agli organi del Servizio sanitario nazionale competenti per territorio. 37 ESERCENTE 1) Deve nominare il responsabile dell’ impianto (art. 5 co 5). 2) Deve garantire allo specialista che per le pratiche a) radioterapiche : si avvalga di un esperto in fisica medica b) medico nucleari in vivo : sia disponibile un esperto in fisica medica. (art. 6 punto 3). 3) E’ tenuto a verificare che siano utilizzate apparecchiature radiologiche, tecniche ed apparecchi ausiliari adeguate per le esposizioni mediche che riguardano: a) bambini b) programmi di screening c) procedure comportanti alti dosi ( radiologia interventistica, radioterapia. ( art. 9 co 1). 4) Osservare le raccomandazioni e le indicazioni comunitari che riguardano i programmi di assicurazione della qualità e i criteri di accettabilità delle attrezzature. (art 9 co 6). 5) Provvede affinché le indagini ed i trattamenti con radiazioni ionizzanti vengono registrati singolarmente anche in forma sintetica (art. 12 co 1). 6) Deve assicurarsi, dove si svolgono indagini o trattamenti con radiazioni ionizzanti, che vengono esposti avvisi atti a segnalare il potenziale pericolo per 1’ embrione , il feto o per il lattante nel caso di somministrazioni di radiofarmaci (art. 10 co 5). RESPONSABILE IMPIANTO RADIOLOGICO 1) Deve garantire che lo specialista per le pratiche a) radioterapiche: si avvalga di un esperto in fisica medica b) medico nucleari in vivo : sia disponibile un esperto in fisica medica. (art. 6 punto 3). 2) Deve provvedere, tramite un esperto in fisica medica, a realizzare: a) programmi di garanzia della qualità b) prove di accettazione per apparecchiature dell’ entrata in uso o per interventi di manutenzione rilevanti esprimendo giudizio di idoneità all’ uso clinico.( art. 8 punto 2). 3) Vietare l’ esecuzione di esami in fluoroscopia senza intensificazione di immagine o tecniche analogiche non giustificate ( art. 8 punto 6). 4) Limitare solo per esigenze diagnostiche o terapeutiche l’ esecuzione di esami in fluoroscopia senza dispositivo per il controllo del rateo di dose (art. 8 punto 7). 5) Provvede affinché un esperto in fisica medica esegua periodiche valutazioni dosimetriche, necessarie per adottare misure correttive e comportamentali con le finalità diagnostiche (art. 9 punto 3). 6) Nell’ attività radioterapica, predispone, avvalendosi di un esperto in fisica medica, le procedure per la valutazione delle dosi somministrate ai pazienti (art. 9 punto 4). 38 7) Osservare le raccomandazioni e le indicazioni comunitari che riguardano i programmi di assicurazione della qualità e i criteri di accettabilità delle attrezzature (art 9 co 6). 8) Adotta tutte le misure ragionevolmente adottabili, tenendo conto dei fattori economici e sociali, per ridurre la probabilità e l’ entità di dosi accidentali o non intenzionali ai pazienti nel caso di pratiche radiologiche (art. 11 co 1). 9) Provvede affinché le indagini ed i trattamenti con radiazioni ionizzanti vengono registrati singolarmente anche in forma sintetica (art. 12 co 1). SPECIALISTA 1) E’ responsabile della scrupolosa applicazione del principio di giustificazione ........ (art. 3). 2) E’ responsabile dell’ applicazione principio di ottimizzazione……………….(art. 4). 3) E’ obbligato , per le esposizioni di persone a scopo di ricerca scientifica clinica, di acquisire il consenso scritto delle persone medesime, previa informazione sui rischi connessi con l’ esposizione alle radiazioni ionizzanti (art. 5 co 6). 4) E’ tenuto a verificare che siano utilizzate apparecchiature radiologiche, tecniche ed apparecchi ausiliari adeguate per le esposizioni mediche che riguardano: a) bambini b) programmi di screening c) procedure comportanti alti dosi ( radiologia interventistica, radioterapia. ( art. 9 co 1). 5) Deve , al momento dell’ indagine diagnostica, effettuare una accurata anamnesi, allo scopo di sapere se la donna è in stato di gravidanza, e si informa nel caso di somministrazione di radiofarmaci se la donna allatta al seno (art 10 Co 1). 6) Considèra la dose che deriverà all’ utero a seguito della prestazione diagnostica o terapeutica. Se la dose è superiore a 1 mSv pone particolare attenzione alla giustificazione , alla necessità o all’ urgenza. Nel caso affermativo , deve porre particolare attenzione al processo di ottimizzazione riguardante madre e nascituro (art. 10 co 2). 7) Per le donne che allattano al seno, particolare attenzione è rivolta alla giustificazione e alla ottimizzazione sia per la madre che per il figlio. (art. 10 co 3). PRESCRIVENTE 1) Deve evitare esposizioni non necessarie ,.............. , avvalendosi di informazioni diagnostiche precedenti attinenti alla prevista esposizione (art 3 co 5). 2) Deve , al momento dell’ indagine diagnostica, effettuare una accurata anamnesi, allo scopo di sapere se la donna è in stato di gravidanza, e si informa nel caso di somministrazione di radiofarmaci se la donna allatta al seno (art 10 co 1). 39 ESTINZIONE DEL REATO E DELLA PENA 162 bis. Oblazione nelle contravvenzioni punite con pene alternative. — Nelle contravvenzioni per le quali la legge stabilisce la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, il contravventore può essere ammesso a pagare, prima dell’apertura del dibattimento, ovvero prima del decreto dì condanna, una somma corrispondente alla metà del massimo della ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento. Con la domanda di oblazione il contravventore deve depositare la somma corrispondente alla metà del massimo della ammenda. OMISSIS Il pagamento delle somme indicate nella prima parte del presente articolo estingue il reato. 40 CHIUSURA DEI LAVORI Giovanni Mannino A conclusione degli interventi previsti nel calendario dei lavori, il Dr. Giovanni Mannino, in qualità di Presidente del Comitato organizzatore locale della Sessione di Fisica Sanitaria, esprime sentiti ringraziamenti innanzitutto al Dr. Privitera, che ha consentito la realizzazione della Sessione stessa, alla sezione siciliana della SIRMN, che ha previsto la presenza di un così folto e qualificato gruppo di fisici, a tutti i partecipanti che hanno contribuito alla realizzazione tanto della sessione orale che di quella a poster, nonché a tutti gli intervenuti ai quali da appuntamento al prossimo incontro 41 42 COMUNICAZIONI LIBERE 43 44 Valutazione dello stress lavorativo degli operatori di VDT in ambiente ospedaliero Assunta Scarmato, Maria Giulia Tripepi, Giuseppe Vermiglio Dipartimento di Protezionistica Ambientale, Sanitaria, Sociale ed Industriale – Facoltà di Medicina e Chirurgia – Università degli Studi di Messina Riassunto Considerato che il VDT è ormai entrato a far parte di ogni postazione di lavoro in tutti settori delle attività sanitarie, gli AA hanno ritenuto proficuo condurre una ricerca conoscitiva in ambiente ospedaliero per verificare se i lavoratori addetti all’uso professionale e continuativo dei VDT si siano o meno adeguati alle raccomandazioni di sicurezza stabilite dalle relative leggi e norme. È stata pertanto preparata una scheda cognitiva riguardante l’impegno, le abitudini, il posto e l’ambiente di lavoro, il tipo di monitor e stampante, che si conclude con il giudizio personale finale sulle condizioni lavorative, della quale si è fatto uso per condurre una ricognizione mirata all’interno di cliniche e servizi del Policlinico Universitario. Per valutare, inoltre, la possibile influenza delle modalità d’uso in relazione alla tipologia lavorativa, è stato effettuato un confronto tra addetti operanti in campo medico (clinico e chirurgico) e non (amministrativo). È così emerso che la maggior parte dei lavoratori cui è stato sottoposto il questionario predisposto, opera al VDT da parecchi anni, ogni giorno, da un minimo di 2 ore ad un massimo di 4, senza usufruire di pause programmate. L’ambiente di lavoro, che può ospitare da 2 a 4 persone o più, è ritenuto generalmente confortevole dal punto di vista microclimatico, ma non della qualità dell’aria né della rumorosità, attribuita comunque alla presenza di più persone, giacché le lamentele manifestate non sono riferite esclusivamente al tipo di stampante, anche se per lo più rumorosa, ma in maggior misura a vocio, telefoni ed altro. Il posto di lavoro, invece, è stato ritenuto sufficientemente accettabile, mentre gli operatori amministrativi valutano insufficiente lo spazio a disposizione, probabilmente perché costretti a condividere la stanza con più persone e impegnati al VDT per un tempo maggiore. Il giudizio conclusivo, espresso dagli interessati, risulta infine soddisfacente per il medico, mentre l’amministrativo si dichiara per lo più scontento e stressato. L’analisi dei dati raccolti, comunque, mette in evidenza lo scarso interesse attualmente dedicato in larga misura dagli intervistati alla problematica della sicurezza d’uso, e porta a constatare, come peraltro previsto dalle vigenti disposizioni, che l’operatore più esposto a rischi è quello che utilizza un VDT in maniera continuativa, con un 45 notevole impegno giornaliero, che dovrebbe invero farsi maggiormente parte attiva per l’attuazione delle norme di tutela già esistenti. Introduzione Le workstations dotate di unità videoterminale (di seguito VDT) sono ormai entrate a far parte integrante della maggior parte delle postazioni di lavoro in quasi tutti i settori lavorativi. La sua grande diffusione e le molte ore di utilizzo obbligano quindi a porre grande attenzione agli aspetti inerenti la sicurezza correlata al suo impiego. D’altronde il DLgs 626/94, e poi le successive modifiche ed integrazioni, con cui si recepiscono otto Direttive Comunitarie e si persegue il miglioramento della sicurezza e della salute sul posto di lavoro, che ne costituisce il punto cardine, stabilisce nel Titolo VI e nell’allegato VII le prescrizioni minime per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori che utilizzano attrezzature munite di videoterminali, prevedendo la valutazione del rischio come elemento indispensabile e fondamentale per il raggiungimento di tale obiettivo. In forza delle sue disposizioni, anche il lavoratore, informato e formato ( Titolo VI art.56) deve partecipare con responsabilità sia all’organizzazione che alla programmazione di tutti gli interventi mirati al miglioramento delle condizioni lavorative e risulta quindi coinvolto in prima persona in quelle che sono le attività di prevenzione e sicurezza. Alla luce di quanto sopra gli AA per verificare se i lavoratori addetti all’uso professionale e continuativo dei VDT si fossero adeguati alle raccomandazioni di sicurezza prescritte dalla succitata legislazione, hanno ritenuto conducente sottoporre agli interessati un questionario appositamente predisposto, con l’intento di acquisire informazioni sulle condizioni lavorative anche in riferimento alle finalità d’uso. Materiali e Metodi Alla luce delle prescrizioni minime di legge, è stato ritenuto importante acquisire informazioni su: • anamnesi personale dei lavoratori; • caratteristiche dell’ambiente di lavoro; • tipologia del posto di lavoro; • specifiche su monitor e stampante; • entità dello spazio di lavoro; • giudizio personale sulle condizioni lavorative. Con queste finalità gli AA hanno predisposto ed utilizzato il questionario di seguito illustrato, che è stato consegnato per la compilazione e successiva restituzione ai lavoratori delle strutture scelte come campione. 46 ANAMNESI LAVORATIVA Sig./Dott.Prof.___________________________________________________________ Istituto/Cattedra/U.O._____________________________________________________ Sede___________________________________________________________________ Da quanti tempo lavora al VDT (in anni) <1 1.5 6.10 >10 Quanti giorni alla settimana? ________ Con quale impegno orario? fino a 2 ore al giorno da 3 a 4 ore al giorno più di 4 ore al giorno Con pause programmate non programmate senza pause Per l’immissione dei dati utilizza: prevalentemente la tastiera prevalentemente il mouse entrambi in eguale misura Giudica stressante il suo lavoro? no poco molto a volte ASPETTI AMBIENTALI DEL SUO UFFICIO Con quante persone divide la stanza? da solo con 2-4 persone con 5-9 persone con più di 10 persone Piano sotterraneo rialzato o piano terra altri piani 47 Presenza di aria condizionata no sempre si, solo in estate Temperatura nella stagione calda: confortevole troppo caldo troppo freddo Temperatura nella stagione fredda: confortevole troppo caldo troppo freddo Presenza di correnti d’aria: no sempre presenti occasionalmente È soddisfatto della qualità dell’aria? Se no, perché? troppo secca odori sgradevoli mancanza di ricambi d’aria polveri in sospensione fumo di tabacco no no no no no no si si si si si Illuminazione (naturale ed artificiale insieme) sempre confortevole no scarsa in alcune ore no scarsa tutto il giorno no eccessiva in alcune ore no eccessiva tutto il giorno no Rumore: tollerabile fastidioso fastidioso ma proveniente da uffici vicini fastidioso proveniente dall’esterno si si si si si si no no no no si si si si Il rumore fastidioso nel suo ufficio deriva da : stampante telefoni vociare dei colleghi impianto di condizionamento altre macchine (fax,fotocopiatrici etc.) POSTO DI LAVORO AL VDT Posizione del video rispetto all’operatore: in posizione primaria di fronte all’operatore in posizione angolata a destra dell’operatore in posizione angolata a sinistra dell’operatore Posizione del monitor rispetto alle finestre: 48 nessuna finestra 1 o 2 finestre al lato destro dell’operatore 1 o 2 finestre a sinistra dell’operatore 1 o 2 finestre alle spalle dell’operatore 1 o 2 finestre di fronte all’operatore 2 finestre una di fianco e una di fronte all’operatore 2 finestre una di fianco e una di spalle dell’operatore 2 finestre una di fronte e una alle spalle dell’operatore 2 finestre una sul fianco destro una sul fianco sinistro dell’operatore altro (specificare)______________________________________________________________ La finestra più vicina alla sua postazione VDT: non ha tende ne altre schermature è schermata con tende a strisce verticali è schermata con tende a pannello o tende tradizionali è schermata con veneziana Le altre finestre: non ci sono altre finestre non ha/hanno tende ne altre schermature è/sono schermate con tende a strisce verticali è/sono schermate con tende a pannello o tende tradizionali è/sono schermate con veneziane Le luci artificiali: non sono schermate sono schermate con griglie o lamelle sono schermate con vetro o plexiglas sono a luce diretta MONITOR La distanza del monitor dai suoi occhi è: minore di 50 cm compresa tra 50 e 70 cm maggiore di 70 cm Il monitor è dotato di possibilità di regolazione: no di luminosità di contrasto luminosità e contrasto Il monitor è dotato di filtro o schermo antiriflesso: no si Regolabilità del monitor: il monitor non è regolabile è regolabile solo in altezza è regolabile solo in rotazione è regolabile solo in inclinazione è regolabile in rotazione ed inclinazione è regolabile in inclinazione, rotazione ed altezza 49 La superficie del piano su cui è appoggiato il monitor è: in vetro o cristallo altro materiale Il colore della superficie del piano su cui è appoggiato il monitor è: bianco lucido scuro lucido chiaro opaco scuro opaco Le pareti sono di colore: bianco puro scuro chiaro non bianco Riflessi sulla superficie dello schermo: mai occasionalmente sempre presenti SPAZIO DI LAVORO Come giudica lo spazio di lavoro a disposizione sulla superficie di lavoro: sufficiente insufficiente STAMPANTE Se c’è una stampante vicino al suo posto di lavoro di che tipo è: non sono presenti stampanti ad aghi o altro tipo (rumorosa) a laser (silenziosa) altro tipo (specificare) ________________________________________________________ GIUDIZIO PERSONALE Come ritiene le condizioni lavorative: non soddisfacenti (specificarne il motivo) _________________________________________ mediocri (specificarne il motivo) ________________________________________________ buone ottime Se sussistono problemi inerenti le condizioni lavorative specificare quali: ___________________________________________________________________________ ___________________________________________________________________________ Le 104 schede restituite, debitamente compilate, risultano ripartite, ai fini della presente indagine, in tre categorie scelte come campione, nella seguente misura: amministrativi (n.60), chirurghi (n.17), clinici (n.27). 50 Risultati e Discussione La maggior parte dei lavoratori coinvolti in questa ricerca opera al VDT da più anni, per 5 o anche 6 giorni a settimana, per 2 ore al giorno (medici) o per più di 4 ore (amministrativi), senza pause programmate, utilizza tastiera e mouse e giudica il lavoro a volte stressante; divide la stanza con altre 2÷4 persone o anche più, usufruisce di aria condizionata solo d’estate, ma ritiene confortevole la temperatura sia nella stagione estiva che in quella invernale. Lamenta, però, occasionali correnti d’aria, non è soddisfatta della qualità dell’aria e non ritiene per lo più confortevole l’illuminazione. I chirurghi in particolare giudicano tollerabile il rumore, mentre gli altri lo ritengono fastidioso a causa, però, di stampanti, telefoni, vocio, condizionatori e/o altre macchine presenti. Generalmente il video è posizionato di fronte all’operatore, con 1 o 2 finestre a destra o a sinistra, schermate con pannelli verticali o veneziane; le luci artificiali sono schermate con vetro o plexiglas; lo spazio di lavoro è giudicato sufficiente dagli operatori medici, mentre gli amministrativi, probabilmente a causa della diversa tipologia di lavoro e dell’ambiente più affollato, si ripartiscono, in misura pressappoco uguale, tra sufficiente (48,3%) ed insufficiente (51,7%). La maggior parte degli utilizzatori lavora ad una distanza di 50÷70 cm dal monitor, che può regolare in luminosità, contrasto, rotazione e inclinazione, non usa filtri antiriflesso e lamenta riflessi solo occasionalmente. Il piano d’appoggio è sempre di materiale diverso da vetro o cristallo, di colore bianco opaco e le pareti della stanza sono di colore chiaro, ma non bianco. Il giudizio finale espresso dai lavoratori sulle condizioni lavorative (Tab.I) evidenzia una maggiore soddisfazione da parte del medico, meglio ancora se chirurgo, mentre risultano più soggetti a stress gli amministrativi (Tab.II). Insoddisfacenti Mediocri Buone Ottime Non risponde Amministrativi % 34.4 26.2 29.5 6.6 3.3 Clinici % 5.9 17.6 64.7 11.8 --- Chirurghi % 3.7 11.1 85.2 ----- Tab. I Giudizio personale degli operatori sulle condizioni lavorative. No Poco o a volte Molto Amministrativi % 14.7 57.4 27.9 Clinici % 47.0 47.0 5.9 Chirurghi % 17.8 60.7 21.4 Tab. II Giudizio di stress lavorativo degli operatori. Alla luce dei dati sopra riportati, per poter inoltre valutare meglio l’influenza della tipologia lavorativa sulle modalità d’uso, è stato fatto un raffronto tra gli operatori in 51 campo amministrativo e quelli in campo medico che, tra l’altro, non sembrano avere abitudini diverse tra di loro. L’esito di tale raffronto è riportato nelle Tabb.III e IV. Conclusioni Dai risultati ottenuti emerge che poco o nulla è stato fatto per minimizzare i molteplici fattori di rischio, di seguito specificati, che condizionano il benessere del lavoratore impegnato al VDT: affaticamento visivo (lacrimazione, fastidio alla luce, bruciore agli occhi, mal di testa); disturbi muscolo-scheletrici(dolori lombari ed articolari, tensione al collo, rigidità muscolare); condizioni microclimatiche inadeguate (aria secca, temperatura del locale troppo calda o troppo fredda, correnti d’aria, mancanza di ricambi d’aria); stress ( sonnolenza, ansia, stanchezza, irritabilità, poca concentrazione); igiene ambientale insufficiente (locali piccoli, non aerati, sovraffollati, umidi, con presenza di fumo di tabacco ed odori sgradevoli); i cui effetti, ovviamente, risultano più importanti laddove il lavoro è svolto prevalentemente, se non quasi esclusivamente, al VDT, come si evince dal confronto delle figg. 1 e 2. Ciò porta a fare concludere che il suo corretto utilizzo è purtroppo ancora lasciato alla discrezione degli utilizzatori e dei datori di lavoro e molto deve ancora essere fatto affinché diventi un obbligo ben definito come stabilito dal DLgs 626/94 e successive modifiche ed integrazioni. 52 Insoddisfacenti Mediocri Buone Ottime Non risponde Amministrativi % 34.4 27.9 29.5 6.6 1.6 Medici % 4.5 13.6 77.3 4.5 --- Tab. III Giudizio personale degli operatori sulle condizioni lavorative. No Poco o a volte Molto Amministrativi % 14.7 57.4 27.9 Medici % 28.9 55.6 15.5 Tab. IV Giudizio di stress lavorativo degli operatori. 90 80 70 60 insoddisfacenti 50 m ediocri 40 buone ottim e 30 20 10 i ed ic M Am m in is tr a t iv i 0 Fig. n.1- giudizio sulle condizioni lavorative 53 90 80 70 60 molto 50 poco o a volte 40 no 30 20 10 i M ed ic Am m in is t ra tiv i 0 Fig. n.2 - giudizio di stress 54 Bibliografia • P.Repossi, L. Arrico, E Vingolo- Ergonomia dei videoterminali : realtà e falsi timori. 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Vermiglio - Elementi di Fisica Ambientale – Monduzzi Ed. 1992 • N.Magnavita – Il posto di lavoro al terminale video- Ambiente e sicurezza sul lavoro 4/5 pg.21 1992 • N.Magnavita – Disturbi cutanei nel lavoro al computer. - Ambiente e sicurezza sul lavoro 11/12 1992 • G.Freddi, P.Del Bufalo – Decreto Legislativo 626/94 la promozione della salute nei luoghi di lavoro ALS - 1995 • Fogli d’informazione ISPESL - Linee guida per la valutazione del rischio Allegato al n. 3/95 • R.Guariniello – Videoterminali salute e sicurezza EPC 1997 • P. Giordano - ABC della sicurezza negli uffici - EPC libri 1998 • R. Pennarola, R. Scarselli, V.Buongiorno, G. Iannuzzi – Apparato visivo e lavoro con particolare riferimento alle attività con uso di videoterminali – Fogli d’informazione ISPESL 1998 • G. Zani, G. Gollini – Videoterminale e Salute: L’adeguamento al D.Lgs 626/94 dBA Modena 1998 • R.Livrieri, M.G.Tripepi, A.Scarmato – La sicurezza nell’utilizzo dei VDT: Anamnesi Lavorativa - dBA Modena 1998 • R.Livrieri, M.G.Tripepi, L.Denaro, M.G.Sagone – Linee guida per un corretto utilizzo dei VDT - dBA Modena 1998 • Tempi e pause di lavoro al videoterminale: Legislazione e Linee guida – Fogli d’informazione ISPESL 4/1999 • A.D’Alessandro, M.R. Ciano, M. Bagattini, G. Guidetti, A. Morone, G. Fiorellino – Indagine Ambientale e Studio della funzione degli addetti a VDT – Difesa Sociale n.3 pg.61 2001 • Linee guida per il corretto utilizzo dei videoterminali – Università degli Studi di Pavia Divisione Igiene e Sicurezza VDT 03 2001 versione n.3 del 16/02/2001 • Edoardo Mascaretti -Appunti sul lavoro al videoterminale• Decreto Legislativo 626 del 19/09/94 – Titolo VI “Uso delle attrezzature munite di videoterminale • Allegato VII al Decreto Legislativo 626/94 “ Prescrizioni minine” • Decreto Legislativo 242 del 19/03/1996 • Legge 29/12/2000 n.422 • Circolare 25/01/2001 n.16 Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale • Circolare 20/04/2001 n.5 Presidenza del Consiglio dei Ministri Dip.della Funzione Pubblica • UNI 10380 – Illuminotecnica – Illuminazione di interni con luce artificiale Maggio 1994 • UNI EN 481 –Atmosfera nell’ambiente di lavoro… Ottobre 1994 55 • • • • UNI EN 29241-1 – Requisiti ergonomici per il lavoro d’ufficio con videoterminali UNI EN 29241-2 – Guida ai requisiti dei compiti UNI EN 29241-3 – Requisiti delle unità video UNI 7367 – Mobili per ufficio- Posto di lavoro 56 ESPOSIZIONE A CAMPI ELETTROMAGNETICI ELF PER UNA CLASSE DI LAVORATORI: VALUTAZIONE NEI SALONI PER ACCONCIATURE Pietro Ruggeri, Assunta Scarmato, Elisa Ruello Dipartimento di Protezionistica Ambientale, Sanitaria Sociale e Industriale Facoltà di Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Messina RIASSUNTO L'indagine illustrata nel presente lavoro è stata condotta in alcuni saloni di parrucchiere della città di Messina allo scopo di valutare l'entità dei campi elettromagnetici generati da asciugacapelli, caschi ed altri apparecchi in essi utilizzati. Le misure sono state effettuate nelle condizioni di normale svolgimento dell'attività lavorativa con la presenza di personale e clienti al fine di valutare l'esposizione professionale ai campi ELF e di generalizzarla e collocarla nel contesto di un locale tipo. I valori misurati sono stati raffrontati con i limiti imposti dalla normativa in vigore che, allo stato attuale delle conoscenze, hanno un valore prettamente cautelativo. INTRODUZIONE Il problema dell'esposizione umana ai campi elettromagnetici è stato negli ultimi anni ampiamente dibattuto negli ambienti di ricerca. In termini divulgativi la questione risuona tuttora nella vita di tutti i giorni e i mezzi di comunicazione di massa se ne occupano spesso in termini allarmistici evidenziando di volta in volta quegli aspetti legati alle mode del momento. Tutto ciò ha comunque messo in moto i meccanismi di sicurezza e prevenzione legati alle normative e linee guida dettate dai principali enti di ricerca internazionali sulla base dei numerosi studi condotti e, di conseguenza, neanche gli organi governativi hanno più potuto trascurare il problema e hanno emanato norme legislative per ridurre l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici soprattutto a scopo cautelativo. Dal punto di vista degli effetti dell'interazione del campo e.m. con i tessuti biologici oltre all'intensità del campo occorre tenere conto della sua frequenza e, inoltre, distinguere tra l'effetto biologico che può verificarsi e l'eventuale effetto sanitario [1]. Quest'ultimo è cioè il danno alla salute che si verificherebbe quando l'organismo non è in grado di compensare le eventuali modifiche prodotte nei propri tessuti dall'interazione con il campo e.m. Allo stato attuale delle conoscenze solo i campi ELF, nel 1998, sono stati classificati dal NIEHS (National Institute of Environmental Health Sciences) come un "possibile cancerogeno per l'uomo" cioè la più bassa fra le categorie di rischio dopo "cancerogeno per l'uomo" e "probabilmente cancerogeno 57 per l'uomo", a seguito soprattutto degli studi che collegavano l'aumentata incidenza della leucemia infantile all'esposizione residenziale dovuta alla vicinanza con le linee elettriche. Nel giugno 2001 anche la IARC (International Agency for Research on Cancer) ha confermato tale classificazione da intendersi come limitata evidenza di un aumento del rischio di leucemie infantili per esposizioni superiori a 0,4 µT, escludendo invece tale rischio per i bambini esposti a valori di campo magnetico inferiori e l'associazione con l'insorgenza di tumori del cervello o di altri tumori solidi [2]. Riguardo ad altri eventuali effetti collegati ad altro tipo di patologie la comunità scientifica internazionale, tuttora attivamente impegnata, non si è ancora pronunciata. Tuttavia, come si evince dalle tabelle reperibili in letteratura che riportano i valori del campo magnetico generato da apparecchiature elettriche di frequente uso comune, ogni individuo è esposto a intensità che superano di alcuni ordini di grandezza il naturale campo geomagnetico di tipo statico. Ma se ognuno di noi, opportunamente sensibilizzato, può limitare l'uso di tali apparecchiature o elettrodomestici o evitare l'esposizione tenendosi a "distanza di sicurezza", chi li utilizza per motivi di lavoro non può adottare tali accorgimenti e quindi diventa un "individuo professionalmente esposto". Numerose sono tali classi di lavoratori esposti soprattutto ai campi elettromagnetici a 50 Hz (frequenza che ricade negli ELF = Extremely Low Frequency), fra queste in particolare i parrucchieri che utilizzano un apparecchio che è stimato generare un campo e.m. tra i più intensi: l'asciugacapelli [3]. Il rischio potrebbe essere ancora più elevato se si considera il fatto che non si può stabilire una distanza di sicurezza dato che questo apparecchio deve essere tenuto in mano e circa all'altezza del tronco, a poca distanza da esso e, per di più, per lunghi periodi di tempo. L'esistenza di numerosi altri fattori di rischio in un ambiente adibito a salone per taglio e acconciatura dei capelli quali: shock elettrici, ustioni, vapori generati da tinture e lacche, ferite da taglio, temperature e umidità elevate, mette in secondo piano il fattore legato all'esposizione a un invisibile campo elettromagnetico e ai suoi potenziali effetti a lungo termine dato che quelli estemporanei possono essere confusi con quelli generati dalle altre cause [4]. MATERIALI E METODI L'indagine è stata condotta in alcuni esercizi di parrucchiere della città di Messina che presentavano stessa tipologia di locali e simile disposizione suppellettili: sostanzialmente una stanza la cui superficie varia da 20 a 30 m2 in cui sono sistemati 2 o 3 posti per il lavaggio dei capelli e quindi una serie di 4 o 5 posti per taglio, tintura, asciugatura e acconciatura attorno ai quali trovano posto i caschi asciugacapelli, le lampade ad infrarossi o si muove il lavorante con l'asciugacapelli manuale. Tali apparecchi hanno una potenza abbastanza elevata che può arrivare anche ai 1600 W e la maggior parte delle volte vengono utilizzati a pieno regime. Spesso la zona attesa clienti è di poco discosta dalla zona di lavoro, accanto alla cassa per la riscossione delle tariffe, alle volte separata solo da una leggera struttura mobile tipo paravento. Nella maggior parte dei casi era in funzione un condizionatore o un climatizzatore. Campi elettromagnetici Le rilevazioni dei campi elettromagnetici sono state eseguite con il sistema di misura PMM 8051 Costruzioni Elettroniche dotato di una serie di sonde in grado di coprire un vasto intervallo di frequenza di radiazioni elettromagnetiche. Nel caso in oggetto è stata utilizzata la sonda denominata BA07 per la misura della componente elettrica del campo nell'intervallo di frequenza 10 Hz - 10 kHz con un 58 fondo scala di 12000 V/m, sensibilità 100 V/m e risoluzione 50 V/m. Con tale sistema è possibile misurare valori medi, valori di picco e valori istantanei del campo elettrico. Poiché i valori medi sono risultati soggetti, in qualche caso, a notevoli fluttuazioni, si è preferito riportare i valori di picco, che comunque risultano più cautelativi ai fini della valutazione della rilevanza sanitaria dell'esposizione. Per quanto riguarda le misure effettuate vicino agli apparecchi queste sono state eseguite posizionando la sonda in modo da rilevare il più fedelmente possibile il campo al quale è esposto il lavoratore, anche se, come è noto, la presenza fisica di un individuo crea una certa perturbazione nell’andamento del campo. Inoltre data la disposizione delle poltrone per i clienti negli ambienti visitati e la presenza di più lavoranti, si verifica la possibilità dell'uso contemporaneo di più apparecchiature per cui le misure sono state eseguite nelle condizioni più cautelative cioè con gli altri apparecchi funzionanti per tenere conto dell'esposizione complessiva. Fattori microclimatici Utilizzando un termoigrometro Hanna Instruments HI9161C sono stati rilevati i valori di temperatura e di umidità relativa parametri dei quali si riportano i valori mediati tra i valori minimi e quelli massimi misurati. RISULTATI In un locale del tipo individuato e schematizzato sono state riscontrate condizioni microclimatiche simili caratterizzate da temperature comprese tra 26 °C e 29 °C con una umidità relativa compresa tra il 40% e il 60 % Per quanto riguarda i valori di campo elettrico, a fronte di un valore di fondo rilevato relativamente lontano dagli apparecchi elettrici di 0,10-0,15 kV/m, si sono misurati i valori di picco con gli apparecchi in funzione. La media dei risultati è riportata nella tabella seguente. Zona di misura Vicino ai caschi per asciugatura Dentro i caschi Vicino agli asciugacapelli (Phon) Media Valori Minimi (kV/m) 0,50 ± 0,05 0,95 ± 0,05 1,35 ± 0,05 59 Media Valori Massimi (kV/m) 0,60 ± 0,05 1,10 ± 0,05 1,60 ± 0,05 CONCLUSIONI Dalle misure effettuate si sono ricavate delle indicazioni quantitative sull'entità dei campi elettromagnetici ELF cui possono essere esposti i lavoratori che utilizzano apparecchi elettrici del tipo di quelli in uso nei saloni per l'acconciatura dei capelli. Non sono state trovate differenze significative tra i valori misurati rispetto ad un solo apparecchio e quelli misurati con più apparecchi funzionanti contemporaneamente. Infatti il campo elettrico decresce abbastanza rapidamente con il quadrato della distanza quindi basta qualche decimetro in più di distanziamento per rilevare valori più bassi; nel caso del phon ciò che è più rilevante è il fatto che viene tenuto in mano e ne viene quindi variata sempre la posizione. Se raffrontati con i campi elettrici naturali che si riscontrano per frequenze corrispondenti a quelle della rete elettrica nazionale e che hanno un'intensità di circa di 0,1 mV/m [5] i valori misurati sono sicuramente molto elevati. Allo stato attuale non esistono valori limite per l'intensità di campo e.m. a frequenza di rete imposti dalla legislazione per i lavoratori, mentre sono ancora in vigore i valori del D.P.C.M. del 23 Aprile 1992 riguardanti gli ambienti abitativi e l'ambiente esterno per la popolazione in generale. Tali limiti sono: Area o ambiente in cui l'individuo Campo Elettrico Induzione della popolazione trascorre: (kV/m) Magnetica (mT) Parte significativa della giornata 5 0,1 Poche ore della giornata 10 1 Come si può notare i valori ricavati rientrano comunque in pieno nel limiti imposti per la popolazione che, comunque, sono sempre più cautelativi di quelli per i lavoratori. Anche dal confronto con i limiti imposti dall'ICNIRP che, per le esposizioni lavorative nell'intervallo di frequenza tra 0,025 kHz e 0,82 kHz, prevede un valore di intensità di campo magnetico dato da 500/f , cioè ancora di 10.000 V/m, si nota che non esiste, nelle condizioni verificate, un superamento dei limiti per i lavoratori [6]. Comunque, un'esposizione a campi relativamente intensi si può avere anche in ambiente domestico dove sono numerose le fonti di potenziale inquinamento elettromagnetico. Come riportato nella tabella dei risultati, inoltre, il campo che si crea all’interno del casco è più elevato di quello misurato all’esterno ne segue che i clienti sono sicuramente esposti a valori di campo più intensi di quelli a cui è esposto il lavoratore che, d’altro canto, è esposto per periodi di tempo più lunghi e ogni giorno di lavoro. Per completare l'indagine potrebbe, alle volte, essere necessario conoscere anche i valori del campo magnetico che a differenza di quello elettrico non può essere schermato da materiali che si trovano comunemente in ambienti di vita e lavoro. BIBLIOGRAFIA OMS Promemoria n. 182 "Campi elettromagnetici e salute pubblica. Proprietà fisiche ed effetti sui sistemi biologici" C. Minoia, M. Grandolfo, P. Comba, P. Rossi, F. Oleari Campi elettromagnetici: un rischio per la salute? Le Scienze n. 398, Ottobre 2001, Pagg. 96-104 F. Gobba, L. Roccatto 60 Gli effetti sulla salute dei campi elettromagnetici a frequenza estremamente bassa (ELF): dati sperimentali ed epidemiologici sull'uomo. "dBA dal Rumore ai Rischi Fisici: valutazione, prevenzione e bonifica negli ambienti di lavoro" Atti del Convegno di Modena 17-19 Settembre 1998; (pagg. 861-888). D. Andreuccetti, M. Poli, P. Zanichelli Elementi di fisica delle onde elettromagnetiche e nozioni di base sugli indicatori di rischio. "dBA dal Rumore ai Rischi Fisici: valutazione, prevenzione e bonifica negli ambienti di lavoro" Atti del Convegno di Modena 17-19 Settembre 1998; (pagg. 641-680). A. Polichetti Esposizione professionale a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici: valutazione e prevenzione del rischio. "dBA dal Rumore ai Rischi Fisici: valutazione, prevenzione e bonifica negli ambienti di lavoro" Atti del Convegno di Modena 17-19 Settembre 1998; (pagg. 903-916). ICNIRP (International Commission on Non-Ionizing Radiation) Guidelines for limiting exposure to time-varying electric, magnetic and electromagnetic fields (up to 300 GHz) Health Physics 74:494-522; 1998. 61 Diagnosi differenziata mediante teletermografia accoppiata alle NIR Giuseppe Vermiglio, Venera Faraone, Barbara Testagrossa, Carlo Sansotta, Maria Giulia Tripepi Dipartimento di Protezionistica Ambientale, Sanitaria, Sociale ed Industriale – Facoltà di Medicina e Chirurgia – Università degli Studi di Messina Ricerca condotta con il contributo dell’Assessorato ai Beni Culturali, Ambientali e della Pubblica Istruzione della Regione Sicilia Introduzione È unanimemente riconosciuto che la maggior parte delle neoplasie, se diagnosticate in fase preclinica, sono suscettibili di una terapia più mirata ed, all’uopo, di interventi più conservativi; pertanto i più recenti approcci diagnostici tendono ad utilizzare metodiche in grado di favorire una precoce diagnosi in fase preclinica al fine di instaurare quanto prima una eventuale, mirata terapia, con particolare attenzione a metodiche di tipo non invasivo. Tra queste, la teletermografia, in particolare, si può dimostrare adatta per la sua assoluta innocuità, il basso costo di gestione, la compliance del paziente e la ripetitività dell’esame, non presentando affatto quel fattore di rischio che grava su altri tipi di indagine quale, ad esempio, la radiografia. Attualmente, però, la diagnostica strumentale teletermografica (TT) costituisce ancora un esame da associare all’esame clinico, all’ecotomografia e/o all’esame radiologico, in quanto limitata da un’elevata percentuale di falsi positivi (30%) e di falsi negativi (10-40%). Nell’intento di potenziare la risposta diagnostica dell’indagine TT, alcuni degli Autori, partendo dai risultati di interessanti ricerche spettrofotometriche, condotte con l’impiego di sorgenti a microonde, su tessuti mammari patologici e non, che hanno permesso di evidenziare l’esistenza di un assorbimento e.m. selettivo da parte dei due diversi tessuti, hanno in un primo tempo elaborato un protocollo per rilevare con la TT eventuali incrementi di temperatura dei tessuti mammari neoplastici, una volta che questi vengono irradiati con onde e.m. di frequenze pari a quelle per le quali tali tessuti hanno evidenziato un assorbimento selettivo, determinato mediante analisi spettrofotometrica delle proprietà ottiche delle cellule mammarie neoplastiche e, sulla scorta dei risultati ottenuti, hanno quindi inteso estendere il campo di applicazione anche alle problematiche diagnostiche di natura dermatologica, con il primario obiettivo di pervenire ad una migliore discriminazione nell’ambito delle patologie cutanee neoplastiche e non, partendo prioritariamente dallo studio delle specifiche proprietà ottiche di reperti tessutali. Si è, dunque, proceduto alla esecuzione di misurazioni spettrofotometriche di assorbimento ottico di campioni in vitro di tessuti patologici e non, ottenuti da reperti chirurgici attraverso opportuna metodica, allo scopo di individuare comportamenti ottici eventualmente differenziati per le diverse patologie. Ciò al fine di individuare, successivamente, la possibilità di evidenziare, tramite TT, gli incrementi di temperatura indotti in vivo a seguito di stimolazione con radiazioni e.m. centrate sui picchi di assorbimento precedentemente individuati in 62 vitro e, conseguenzialmente, di poter formulare una promettente procedura di interesse diagnostico. Materiali e Metodi Campioni esaminati: 7 basaliomi (neoplasia maligna), 9 fibromi e 6 granulomi (neoplasia benigna), 5 tessuti cicatriziali, 6 tessuti infiammatori nonché 6 campioni ottenuti da tessuti cutanei in condizioni non patologiche (normali) che hanno costituito il gruppo di controllo. Procedura seguita: tutti i campioni, separati dalla parte lipidica e con le stesse adeguate dimensioni al fine di eliminare il contributo di segnale riassorbito e riemesso dal fondo del campione stesso, sono stati istologicamente verificati in relazione alla patologia. Prima della raccolta dei campioni, la cute è stata pulita con etanolo al 70% ed anestetizzata con una soluzione di lidocaina al 2% senza adrenalina. I reperti tissutali sia normali che patologici, conservati a -20° C, sono stati sottoposti, dopo scongelamento a temperatura ambiente, ad un procedimento di omogeneizzazione con saccarosio 0,25 M, in rapporto 1:10 peso/volume. Successivamente si è proceduto ad effettuare una serie di ultracentrifugazioni differenziate (rotore 50Ti, r max 80.8) per separare la frazione nucleare grezza (1000 gravità), la frazione mitocondriale grezza (18.000 gravità) e la frazione microsomiale (34.000 gravità) per ottenere, infine, la frazione solubile cellulare (citosol) che è stata quella sottoposta ad analisi spettrofotometrica nel range compreso tra I.R ed U.V. (190-1100 nm) con uno Spettrofotometro Ocean Optics, la cui uscita grafica ha fornito le informazioni quantitative relative alla assorbanza ed alla lunghezza d’onda degli spettri di assorbimento dei singoli campioni patologici e dei controlli. Risultati e Discussione Dall’analisi degli spettri di assorbimento relativi ai singoli campioni non si sono rilevate bande di assorbimento selettive di importante intensità, mentre si sono individuati picchi attribuibili a componenti proteiche e alle componenti α, β e γ dell’emoglobina (figg. 1-7). Fig. 1 – Spettro di assorbimento ottico di Fig. 2 – Spettro di assorbimento ottico di tessuto campione di sangue intero normale. normale. 63 Fig. 3 – Spettro di assorbimento ottico di tessuto Fig. 4 – Spettro di assorbimento ottico di tessuto infiammatorio. cicatriziale. Fig. 5 – Spettro di assorbimento ottico di tessuto granulomatoso. Fig. 6 – Spettro di assorbimento ottico di tessuto fibromatoso. Fig. 7 – Spettro di assorbimento ottico di tessuto di basalioma. Un aspetto molto interessante è però costituito dall’andamento del rapporto fra le intensità dei picchi γ e β emoglobinici, il quale può essere messo in relazione con la variazione della concentrazione dell’emoglobina nei campioni. Infatti, il rapporto γ/β decresce con l’aumentare della concentrazione dell’emoglobina: conseguentemente, 64 tale rapporto deve essere più basso nei campioni caratterizzati da una maggiore vascolarizzazione (tabella 1). Rapporto γ/β (valori medi) 8.38 10.02 8.48 2.85 3.64 2.51 Tipologia del tessuto Normale Infiammatorio Cicatriziale Granuloma Fibroma Basalioma Tab. 1 – Rapporto tra le ampiezze dei picchi γ e β emoglobinici (valori medi) relativi all’analisi degli spettri d’assorbimento di campioni di tessuto normali e patologici La notevole differenza tra i rapporti γ/β tipici dei tessuti normali o caratterizzati da patologie non neoplastiche e quelli relativi a tessuti affetti da patologie neoplastiche può anche essere sfruttata a fini diagnostici in vivo, associando alla rivelazione mediante TT del calore emesso, la stimolazione selettiva dei tessuti cutanei sospetti e di quelli sani mediante radiazione e.m. alle lunghezze d’onda di 410 nm (γ) e 540 nm (β) (fig. 8). Fig.8 - Schema dell’allestimento strumentale relativo al protocollo proposto: sorgente di radiazione e.m., Teletermografo (TT) Infatti, dopo aver effettuato una prima registrazione teletermografica della zona di tessuto sospetta e di una sana controlaterale, si può procedere alla stimolazione alterna 65 in vivo, tramite sorgente di radiazioni e.m. delle due zone in questione con gli stessi parametri di irraggiamento alle lunghezze d’onda γ e β sopra determinate, registrando di seguito i conseguenti incrementi di temperatura. Si otterranno, così, due rapporti, (∆Tγ/∆Tβ)sano e (∆Tγ/∆Tβ)sospetto: qualora i due valori saranno confrontabili, ciò significherà assenza di formazioni neoplastiche, mentre, al contrario, un valore di (∆T γ/∆Tβ)sospetto notevolmente più basso di quello di (∆Tγ/∆Tβ)sano sarà indice di patologia neoplastica. Ancora, il confronto tra rapporti di tali grandezze relative al tessuto sano e al tessuto sospetto dello stesso individuo, permette di eliminare gli aspetti inerenti la specificità dell’individuo stesso. Gli incrementi di temperatura causati da stimolazione e.m. possono, infine, essere teoricamente valutati, in base al tipo di irraggiamento effettuato, mediante metodi di calcolo Monte Carlo che forniscono l’incremento di temperatura atteso in funzione dei parametri precedentemente indicati e consentirebbero un confronto con i risultati sperimentali ottenuti. Conclusioni È stato verificato che a causa della incrementata vascolarizzazione dei tessuti affetti da neoplasie, le proprietà ottiche di tali tessuti presentano delle differenze spettrofotometriche che possono essere sfruttate per pervenire alla loro discriminazione da quelli non neoplastici, non soltanto per via spettrofotometrica. Infatti, utilizzando i risultati dell’indagine degli spettri dei tessuti neoplastici, dai quali risulta che il rapporto delle intensità dei picchi corrispondenti alle componenti γ e β dell’emoglobina si presenta notevolmente inferiore rispetto al tessuto normale, gli AA hanno predisposto il protocollo di una procedura di diagnosi strumentale non invasiva, finalizzata all’individuazione precoce di neoplasie cutanee, attraverso un potenziamento del metodo teletermografico. In tal modo e sulla scorta di quanto sopra illustrato, la procedura così messa a punto si presenta come un valido ausilio ai fini di una diagnosi quanto più corretta e precoce ma, soprattutto, rigorosamente non invasiva. Bibliografia 1. Ippolito F, Di Carlo A. La teletermografia nella diagnosi del melanoma cutaneo. G Ital Dermatol Venereol 1991; 126: 327-35. 2. Vermiglio G., Amato A., Tripepi M.G.: Proprietà ottiche del sangue: lo spettro di assorbimento. Rivista di Biologia Normale e Patologica.1980; 6: 147-164. 3. Vermiglio G., Tamà S., Sansotta C. et al. Possibilità di accoppiamento della stimolazione elettromagnetica alla termografia nella diagnostica senologica. Giornale Italiano di Senologia 1990; 3: 83-88. 4. Webb SJ., Booth AD. Microwave absorption by normal and tumor cells. Science 1971; 174: 72-74 5. Bottiroli G., Brancato R., Chiesa F. et al.: Impiego dei laser in medicina. Fisica Sanitaria 1997; 1/97: 287-317. 6. Manfredotti C., Zanini A., Fizzotti F., et al. The photoacoustic spectroscopy (PAS) as a non-invasive tool for the analysis of biological samples. Physica Medica, 1997; 13(2): 61-6. 6. Grasso F., Musumeci F., Triglia A. et al. Spontaneous and photoinduced photon emission from normal end tumor human tissues. Fisica Medica 1993; 9(1) : 143- 149. 7. Vietri F, Girolami M, Bertagni A et al. Un nuovo fotosensibilizzatore porfirinoide per la terapia fotodinamica topica dei tumori cutanei. Laser & Technology 1997; 7(1-2) : 45-54. 8. Torres JH, Motamedi M, Pearce JA et al. 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Bambino, Catania - *** Ospedale di Circolo, Varese Introduzione Come è noto dal primo gennaio del 2001, in attuazione della direttiva 97/43 EURATOM, è entrato in vigore il D.Lgs. 187 del 26/05/2000, in materia di protezione sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse ad esposizioni mediche; questo D.Lgs. rappresenta una vera rivoluzione rispetto alle precedenti disposizioni di legge: esso, infatti, pone l’accento sul programma di garanzia della qualità e non solo sul controllo di qualità delle apparecchiature radiologiche che, pur essendo importante, risulta da solo insufficiente a raggiungere gli obiettivi di un programma di assicurazione di qualità. Alla luce di quanto stabilito dal succitato D.Lgs., il responsabile dell’impianto radiologico deve provvedere (art. 8, comma 2, lett.a), avvalendosi dell’esperto in fisica medica, a che siano intrapresi adeguati programmi di garanzia della qualità (Q.A.), ossia tutte le azioni programmate e sistematiche intese ad accertare con adeguata affidabilità che un impianto, un sistema, un componente o un procedimento funzionerà in maniera soddisfacente conformemente agli standard stabiliti. In questo contesto, il controllo della qualità, che adesso può essere svolto (art. 7 comma 6) anche dal tecnico sanitario di radiologia medica, rappresenta solo un aspetto del programma di garanzia della qualità e consiste in un una serie di operazioni (programmazione, coordinamento, attuazione) intese a mantenere o a migliorare la qualità, esso comprende il monitoraggio, la valutazione e il mantenimento ai livelli richiesti di tutte le caratteristiche operative delle attrezzature che possono essere definite, misurate e controllate. Materiali e metodi In applicazione di quanto sopra, nel raggiungimento degli obiettivi, tre risultano le figure professionali coinvolte in maniera determinante nell’attuazione del programma di garanzia della qualità, ciascuna con ruoli diversi ma complementari e fortemente sinergici: il responsabile dell’impianto radiologico (RIR), l’esperto in fisica medica (EFM) e il tecnico sanitario di radiologia medica (TSRM); è implicito che il risultato sarà tanto più ottimale quanto maggiormente integrata sarà la collaborazione delle figure professionali coinvolte nelle prove fondamentali di cui parla il D.Lgs., costituite da: 68 Prove di accettazione, da effettuare prima dell’entrata in uso delle attrezzature radiologiche; • Prove di funzionamento, tendenti a verificare le caratteristiche di funzionamento minime delle apparecchiature radiologiche e da effettuarsi a intervalli regolari e dopo ogni intervento rilevante di manutenzione. • Controllo di qualità (C.di Q.) Per quanto riguarda la loro attuazione dal punto di vista pratico, però, nel D.Lgs. 187/00 vengono invero date delle indicazioni precise solo per quanto riguarda i parametri importanti ai fini delle verifiche che devono appurare l’esistenza delle caratteristiche di funzionamento minime delle apparecchiature radiologiche, mentre nulla viene detto a proposito del tipo, modalità e periodicità del controllo di qualità. Pertanto, in considerazione dell’attuale carenza di precise indicazioni legislative in merito, venute meno con l’abrogazione dei DD. MM. del 1997 (art. 15 D.Lgs. 187/2000), che analiticamente normavano lo svolgimento dei suddetti controlli, che di fatto sono stati deregulati affidando la stesura dei protocolli di esecuzione delle prove al Responsabile delle stesse, risulta evidente la necessità di graduare, in maniera quanto più possibile oggettiva, i parametri importanti da sottoporre ai monitoraggi di Quality Assurance, nella stesura dei protocolli da seguire, per valutare il progressivo decadimento delle apparecchiature in relazione al relativo fattore d’uso, con riferimento soprattutto alla frequenza con cui condurre i rilevamenti medesimi. In tale ottica, due sono i momenti importanti cui gli autori ritengono possa farsi ricorso per definire detto percorso: • I risultati dei monitoraggi condotti a tutt’oggi dagli AA sulle apparecchiature radiologiche sottoposte a controllo; • I risultati del continuo monitoraggio che delle apparecchiature è di fatto affidato ed eseguito dal TSRM, il quale (ex DM 26 settembre 1994, n. 746) è responsabile degli atti di sua competenza, in particolare controllando il corretto funzionamento delle apparecchiature a lui affidate, provvedendo alla eliminazione di inconvenienti di modesta entità e attuando programmi di verifica e controllo a garanzia della qualità secondo indicatori e standard predefiniti. • Risultati e discussione Per quanto riguarda i primi, gli AA hanno già preso in esame i risultati relativi a tre anni di controlli di qualità su apparecchiature di radiodiagnostica eseguiti a seguito dell’entrata in vigore dei decreti applicativi dell’art. 113 del D.Lgs. 230/95, dai quali, come riportato in fig. 1, emerge che: I controlli relativi al tubo radiogeno (macchia focale e SEV) e quelli radioprotezionistici (intensità della radiazione di fuga) hanno raramente fornito esito fuori tolleranza; • I parametri poco più critici sono risultati quelli relativi alle caratteristiche del generatore; • I parametri che mostrano maggiore variabilità risultano essere quelli geometrici e quelli relativi alla qualità dell’immagine. • Tutte le apparecchiature controllate hanno conseguito un giudizio sostanzialmente positivo sulla qualità tecnica della prestazione diagnostica ed un giudizio di accettabilità da parte dei medici responsabili. Per standardizzare poi l’apporto da parte del TSRM si è invece pensato di istituzionalizzare il contributo fornito dallo stesso nella collaborazione l’EFM, mediante la predisposizione di un modello informativo operativo che lo stesso deve, • 69 con frequenza trimestrale compilare e consegnare al RIR per la necessaria concertazione con l’EFM. Conclusioni Considerato che, in conseguenza dell’introduzione dei controlli di qualità come obbligo di legge, lo stato di funzionamento delle apparecchiature è destinato mediamente a migliorare, è intenzione degli AA pervenire alla definizione di uno schema tipo di programma di Q.A. che tenga conto dell’opportunità di definizione di programmi di manutenzione tecnica adeguatamente personalizzati per ogni apparecchiatura, con protocolli operativi anch’essi differenziati, che possono avere anche delle ricadute sull’organizzazione del reparto e la gestione del personale, senza per questo perdere di vista la corretta funzionalità dell’apparecchiatura che viene di continuo monitorata con l’aiuto del TSRM tramite il questionario predisposto. Il fisico, il tecnico ed il radiologo dovranno pertanto collaborare ciascuno per le proprie competenze per realizzare l’obiettivo di qualità, dal momento che attivare un sistema di assicurazione della qualità in una struttura radiologica include tutti gli aspetti che concorrono alla produzione delle immagini diagnostiche e alla successiva formulazione della diagnosi: è ovvio che, se il film è ben esposto e ben sviluppato, sarà più facile il lavoro di interpretazione da parte del radiologo. Lo schema tipo di Q.A. che gli AA sono impegnati ad elaborare dovrà quindi tener conto di: • aspetti fisici di competenza dell’esperto in fisica medica, comprendenti le modalità di espletamento dei controlli di qualità, la verifica dei livelli diagnostici di riferimento e la valutazione delle dosi; • aspetti medico-fisici di competenza congiunta, quali la gestione del programma di Q.A. e l’ identificazione dei protocolli per l’espletamento dei vari controlli; • aspetti tecnici di competenza prevalente del TSRM, quale l’effettuazione diretta di alcuni parametri del c. di q. Bibliografia [Decreto Legislativo 26 maggio 2000, n. 187] “Attuazione della direttiva 97/43/EURATOM in materia di protezione sanitaria delle persone contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti connesse ad esposizioni mediche”. [LEG97] “Determinazione del tipo, modalità e periodicità del controllo di qualità da parte del fisico specialista o dell’esperto qualificato delle apparecchiature radiologiche e di medicina nucleare, ai sensi dell’art. 113, comma 2, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230”, D.M. del 14/02/1997, Gazz. Uff. n. 58 del 11/03/97, Serie Generale, Roma. [LEG297] “Modificazioni al decreto ministeriale 14 febbraio 1997 concernente la determinazione dei criteri minimi di accettabilità delle apparecchiature radiologiche ad uso medico ed odontoiatrico nonché quelle di medicina nucleare”, D.M. del 29/12/1997, Gazz. Uff. n. 78 del 03/04/98, Serie generale, Roma . Ringraziamenti Si ringrazia il CECUM dell’Università di Messina per il supporto fornito 70 EFFETTI DELLA RADIAZIONE A LUCE BLU SU ORGANISMI EUCARIOTI Venera Faraone(*), Marziale Milani(°), M. Zabeo(°), Elisa Ruello(*) Dipartimento di Protezionistica Ambientale, Sanitaria, Sociale e Industriale, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Messina - (°) Dipartimento di Scienze dei Materiali, Facoltà di Scienze, Università degli Studi di Milano, Bicocca, Milano (*) RIASSUNTO Gli Autori hanno voluto effettuare una sperimentazione su colture di Saccharomyces Cerevisiae, organismo eucariota, al fine di evidenziare eventuali possibili variazioni nell'attività metabolica fermentativa di tale lievito a seguito di esposizione a radiazione ottica, nel range compreso tra i 400 e i 500 nm. Si è adottato, a tal fine, un metodo di controllo indiretto consistente nel monitoraggio computerizzato della produzione di CO2 quale indicatore biologico del metabolismo del lievito. Dal confronto delle curve ottenute dai campioni irradiati e dai campioni controllo si è pervenuti ad una possibile interpretazione degli effetti imputabili alla dose somministrata. INTRODUZIONE Le sorgenti di radiazione ottica, quali l'ultravioletto, il visibile e l'infrarosso hanno trovato, e tuttora trovano, un ampio spazio nel campo delle applicazioni industriali, sanitarie, ambientali, di ricerca e, non ultime, di cosmesi con uno sviluppo ed una diffusione sempre maggiori. Proprio per tali motivazioni è, ormai, evidente l'estrema importanza che riveste la conoscenza, da parte di tutti coloro che operano in presenza di tali radiazioni ottiche, dei rischi connessi con l'esposizione biologica alle radiazioni non ionizzanti, al fine di ridurre il rischio di danno biologico. Tale rischio si configura, quindi, anche nel caso dell'esposizione alla radiazione non coerente caratterizzata da uno spettro di emissione concentrato principalmente nel range tra i 400 ed i 500 nm denominato "Blue light". In ambito odontoiatrico tale luce viene utilizzata per la polimerizzazione e l'indurimento dei composito dentali mentre, in quello medico, per il trattamento fototerapico dell'ittero neonatale dove la fotoossidazione della molecola di bilirubina, in seguito ad interazione con l'energia del fotone relativo alla suddetta banda spettrale, induce la formazione di composti solubili. Alla base del danno biologico che, in queste condizioni di esposizione, si può verificare a livello cutaneo e oculare, in particolare retinico, vi è la possibilità che l'energia dei fotoni sia sufficiente per innescare meccanismi di interazione biofisica di tipo fototermico o fotochimico in dipendenza dalla regione spettrale e della durata dell'esposizione: le reazioni fototermiche sono caratterizzate dalla conversione di 71 energia ottica in energia termica con un conseguente aumento di temperatura nel tessuto biologico, mentre le reazioni fotochimiche utilizzano l'energia fotonica per riarrangiare conformazionalmente o strutturalmente una molecola. Il danno cutaneo, in questa regione spettrale, si verifica solo a seguito di un innalzamento della temperatura oltre i 45 °C, mentre, a livello oculare retinico, il danno per meccanismi fotochimici predomina per tempi di esposizione che superino i 10 secondi; al di sotto di tale limite il danno è principalmente di tipo fototermico a seguito di un incremento di temperatura nell'epitelio pigmentato retinico (1). Permanendo tali rischi, nell'ambiente di lavoro si configura la definizione per gli operatori del settore di "professionalmente esposti". In relazione a quanto sopra esposto si è inteso valutare sperimentalmente i possibili effetti derivanti dall'esposizione a luce blu mediante uno studio sulle eventuali variazioni nell'attività metabolica glicolitica e sulla produzione di CO2 in un ceppo di lievito non patogeno quale il Saccharomyces Cerevisiae Hansen. Questo particolare ceppo di lievito viene utilizzato da tempo come " laboratorio ideale " in quanto caratterizzato dall'essere strettamente collegato agli organismi più alti nella scala evolutiva dal momento che esso è costituito da cellule eucariote relativamente semplici e unicellulari, con membrana nucleare, organuli citoplasmatici come mitocondri e recettori (2). Dal momento che il glucosio non supera con facilità la barriera lipidica della membrana, il primo punto del suo catabolismo è il suo trasporto, all'interno della cellula, mediante una permeasi, controllato dall'attività degli enzimi fosforilanti il glucosio. I ceppi di Saccharomyces C. scelgono nella via metabolica della glicolisi, preferenzialmente, la fermentazione, anche in condizioni di aerobiosi e gli enzimi per la glicolisi rappresentano circa il 50% delle proteine totali cellulari. Ambedue le vie metaboliche della glicolisi, sia essa aerobia che anaerobia, portano, seppure in differente percentuale, alla produzione di anidride carbonica, mentre la sola via anaerobia è responsabile della produzione di etanolo che, rimanendo in sospensione, non influenza il valore della pressione di CO2 .(3) Il monitoraggio di quest'ultima, appare, pertanto, come un metodo indiretto, non invasivo, per seguire, a livello di cellula eucariota, le attività metaboliche, evidenziare i meccanismi di controllo e di feedback biochimici e le loro eventuali variazioni in relazione a perturbazioni esterne quali possono essere le radiazioni elettromagnetiche. MATERIALI E METODI Preparazione dei campioni biologici Sono stati utilizzati 2 ml di una sospensione di ceppi di Saccharomyces Cerevisiae (Aboca) allo 0,2% in acqua deionizzata disposti in monostrato in capsule Petri. Le cellule di Saccharomyces sono state, poi, risospese in una soluzione di alfa Dglucosio al 2% ed utilizzate per il test metabolico, dopo irraggiamento. I campioni controllo hanno seguito lo stesso procedimento di preparazione, ma non sono stati irradiati e sono stati tenuti al buio per lo stesso tempo durante il quale si è proceduto all'irraggiamento degli altri campioni. Test metabolico ed acquisizione dati Sia i campioni controllo che quelli trattati sono stati posti all'interno di appositi tubi a chiusura fornita di sensori (Miteco AM 5305DV; Motorola MPX2010GP K962) per la pressione di CO2 prodotta dall'attività metabolica di fermentazione ed immersi in un bagno termostatato a 33 oC, al buio. 72 La variazione di pressione della CO2 all'interno dei tubi induceva uno stress di tipo meccanico su una membrana di silicone che costituiva il sensore, stress successivamente trasdotto in una variazione di resistenza proporzionale alla pressione stessa. Ogni sensore era alimentato da una batteria esterna che dava una uscita costante di 10 V. Qualunque variazione indotta, infine, espressa in mV, veniva acquisita da un sistema analogico/digitale connesso con un computer che elaborava i differenti parametri ottenendo delle curve di CO2 che riportano l'andamento della differenza di potenziale in funzione del tempo quale quella standard indicata in Fig.1. Fig.1 L'acquisizione dati da parte del computer era effettuata ogni 60 s per un tempo di 100 ore Apparecchiatura e condizioni per l'irraggiamento La lampada utilizzata per la sperimentazione era una Fotolight Krugg Lamp (75 watt) con uno spettro di emissione compreso tra i 380 ed i 500 nm. La componente Ultravioletta della radiazione, per quanto limitata, veniva assorbita da un involucro in plastica acrilica di cui è dotato la lampada stessa. I campioni venivano posti a 55 cm dalla sorgente, in capsula Petri aperta ed in condizioni di buio per tempi riepettivamente di 20, 40 e 120 secondi. 73 Disponendo di 7 campioni irradiati per 20 s, 7 per 40 s, 8 per 120 s, contro 8 campioni controllo è stato possibile calcolare i valori medi di ciascun gruppo per verificarne la significatività dal punto di vista statistico. RISULTATI Le curve della pressione di CO2 nei campioni trattati hanno mostrato, rispetto alla curva standard, un andamento simile (Fig.2), tranne che nell'intorno del massimo della curva (Fig.3) che riporta i dati rilevati dopo circa 10 ore dall'inizio della registrazione dei dati. In essa, l'irraggiamento per 120 secondi dimostra un effetto inibente a differenza del trattamento per tempi più brevi che, invece, mostra un aumento pressorio significativo ripetto ai controlli. Fig.2 74 Fig.3 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI Interpretazione della curva standard di pressione di CO2 Intervallo 0-5 h: la coltura sfrutta lo zucchero fornito come fonte di carbonio e di energia attraverso la fermentazione che, producendo etanolo e CO2, induce un incremento nei valori pressori registrati. Intervallo 5-15 h: la fermentazione può essere soggetta ad una lieve diminuzione causata, tra l'altro, dalla presenza di una minore concentrazione di glucosio, con preferenziale respirazione ossidativa; inoltre, l'anidride carbonica prodotta si ridiscioglie in soluzione formando con l'acqua acido carbonico e, non essendo adeguatamente bilanciata da quella prodotta dal metabolismo fermentativo, fa registrare una diminuzione evidente della pressione di CO2 all'interno dei porta campioni. Intervallo 15-30 h: la respirazione ossidativa continua ad essere preponderante ed ingravescente data la progressiva diminuzione del glucosio in soluzione e l'effetto inibente dell'etanolo, con 75 conseguente ulteriore diminuzione della pressione di CO2 all'interno del portacampione. Intervallo 30-50 h: l'etanolo viene utilizzato come fonte di carbonio e di energia per via ossidativa, sfruttando il glicogeno accumulato nel corso della fase precedente, con concentrazione di glucosio ormai tendente a zero. Intervallo 50-80 h: il completo consumo di etanolo costringe le cellule ad utilizzare le proprie scorte di glicogeno attuando sia la fermentazione che la respirazione ossidativa. I valori di pressione della CO2 tendono alla norma (4). Come ben acqusito, esistono molecole partcolari dette cromofori, presenti nelle strutture specializzate come i recettori, che mostrano un assorbimento marcato nel visibile e sono in grado di trasferire l'energia relativa a tale radiazione ai siti fondamentali delle vie metaboliche e funzionali, con induzione di effetti secondari a seconda dei siti stessi e delle dosi. In queste interazioni di tipo fotochimico il canale fotochimico è attivato quando l'energia del fotone vie assorbita tutta o in parte e viene utilizzata per un riarrangiamento conformazionale o strutturale della molecola, come ad esempio avviene nella reazione cis-trans della bilirubina nel trattamento dell'ittero neonatale con la „ blu light“. Molti studi hanno anche dimostrato, di recente, che la radiazione ottica nella banda del vicino visibile (400-500 nm) è in grado di produrre alterazioni genetiche in cellule animali ed umane, dello stesso tipo di quelle che fino ad ora si riteneva possibili solo per la radiazione U.V. (4) Vari tipi di danno sono stati, infatti, osservati nella banda suddetta ed in particolare con la riga dei 405 nm come danni cromatidici, mutazioni ed alterazioni a livello degli interlegami del DNA. D'altra parte, un'ampia letteratura riporta che con lunghezze d'onda dell'ordine dei 400 e 458 nm, vi è un'attivazione dei sistemi enzimatici con un aumento della sintesi di DNA, come risultato di una variazione dell'attività cellulare conseguente all'assorbimento della radiazione da parte di specifici cromofori (4). Poichè negli esperimenti da noi condotti dopo esposizione a radiazione tra i 400 ed i 500 nm la pressione generata dalla CO2 nell'intervallo di tempo che va dalle 5 alle 15 ore risulta essere più bassa per esposizioni per tempi maggiori, si potrebbe ipotizzare una più marcata inibizione degli enzimi preposti alla fermentazione rispetto alla situazione dei campioni esposti per un tempo minore. Per questi ultimi, per i quali la pressione di CO2 nel suddetto intervallo di tempo risulta essere maggiore, si potrebbe ritenere che venga, invece, stimolato un meccanismo di attivazione enzimatica che porti le cellule ad un maggiore consumo di glucosio, attraverso la via fermentativa. Se da una lato, quindi, sembrerebbe non esserci una correlazione lineare tra il tempo di irraggiamento e l'andamento del massimo della curva, trattandosi di eposizione a lunghezze d'onda uguali, la differente risposta di attivazione o inibizione potrebbe essere correlata alla dose assorbita . D'altra parte, pur essendo le barre di errore statisticamente significative, non si potrebbe escludere un diverso comportamento con un numero più ampio di campioni irraggiati rispetto al presente piuttosto esiguo. In relazione a quanto sopra esposto, gli Autori, seppure tenendo conto del non ampio numero di campioni irradiati, ritengono che l'utilizzo della cellula di lievito Saccharomices Cerevisiae possa evidenziare, attraverso l'utilizzo come indice 76 biologico delle variazioni nella sua attività metabolica, gli effetti della radiazione ottica sui sistemi fotochimici cellulari. Pertanto, gli Autori si propongono di proseguire la sperimentazione non soltanto aumentando il numero di campioni, ai fini di una maggiore significatività statistica, ma anche somministrando dosi più elevate di radiazione a luce blu, aumentando progressivamente i tempi di esposizione, situazione, quest'ultima rappresentativa di condizioni non necessariamente esclusivamente sperimentali. 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Bambino di Catania • Nycomed • Ordine dei Medici di Catania • Comune di Catania • Philips • Di.Tek • Presidenza Regione Siciliana • Esaote • Presifarm • General Electric • Provincia Regionale Siciliana • General Medical Merate • Schering • Gilardoni • Serinn • Guerbet • Taiken • Hologic • Toshiba • Kodak • Università degli Studi di Catania • Medrad 79 80 Il presente volume di Atti è stato redatto in proprio dal Dipartimento di Protezionistica Ambientale, Sanitaria, Sociale ed Industriale dell'Università degli Studi di Messina Staff di Redazione: Prof. Carlo Sansotta, Dr.ssa Assunta Scarmato 81