Corso di Economia Finanziaria Il Chicago Plan Dott.ssa Moschetti Arianna A.A. 2012-13 La crisi finanziaria scoppiata nel 2007-08 e i recenti scandali che hanno coinvolto alcune grandi banche internazionali hanno messo in luce alcune rilevanti criticità del settore bancario e finanziario. Il modello di banca universale Introdotto in Europa alla fine degli anni ’80 del secolo scorso, permette la combinazione del business bancario commerciale (raccolta di depositi e erogazione di prestiti) con le attività di investment banking e altre attività finanziarie non bancarie (in primis quelle assicurative), consentendo vantaggi in termini di efficienza, economie di scala e di diversificazione. Le criticità del modello di banca universale • • • • • uso eccessivo della leva finanziaria; investimenti rischiosi sul mercato dei capitali; eccesso di finanziarizzazione; diffuso ricorso ad attività complesse e poco trasparenti; gigantismo delle più importanti banche universali e connesso ric del too big to fail (azzardo morale). segue… Investimenti rischiosi vengono finanziati con fonti di finanziamento a breve termine. Tale strategia consente rendimenti molto elevati finché i mercati guadagnano, ma produce ingenti perdite quando i mercati crollano, con gravi ripercussioni sul sistema finanziario nel suo complesso. Inoltre….. C’è un’incontrollata creazione di moneta bancaria. Il circolante emesso dalla Banca Centrale è poca cosa rispetto ai mezzi di pagamento creati dalle banche, che arrivano al 9497% della moneta in circolazione. Come avviene tale processo? Grazie alla riserva frazionaria. L’attività bancaria consente alle famiglie di mantenere la loro ricchezza in forma liquida e quindi spendibile in qualsiasi momento. Poiché è del tutto improbabile che tutti i clienti ritirino contemporaneamente i loro depositi, le banche detengono solo una parte dei fondi sotto forma di riserva e utilizzano la restante per erogare prestiti. L’insieme di questi finanziamenti consente di attivare nuovi depositi e conseguentemente nuovi prestiti, secondo il meccanismo della moltiplicazione dei depositi. segue… La moneta bancaria, cioè il totale dei depositi, è data da: 1 D= BM rl + ro + cc dove BM=Base monetaria, rl = coefficiente di riserva libera, ro = coefficiente di riserva obbligatoria, cc = circolante nelle mani del pubblico segue…. Ora occorre tener presente che gli obiettivi di liquidità e redditività delle banche sono in contrasto tra loro: quanto più un’attività è liquida tanto meno è redditizia e viceversa. Quando l’obiettivo di redditività ha la meglio, si avrà un eccesso nell’esposizione finanziaria dell’istituto bancario. Il gigantismo delle banche e l’azzardo morale La questione è la seguente: le banche universali, sfruttando le possibilità di ampliamento della loro sfera d’azione sui mercati, tramite un intenso processo di acquisizioni e fusioni, diventano giganti. Da qui scatta il too big to fail e, quindi, l’aiuto dello Stato. Le banche troppo grandi diventano, in tempi di crisi, ‘‘buchi’’ troppo grandi per gli stati. aesi Rapporto tra attivi bancari e PIL Rapporto % (media ‘92- ’08) Debito/PIL 2012 ussemburgo 19,8 6,9 21,3 alta 8,0 67,9 72,3 ipro 7,8 58,5 89,7 landa 5,3 51,2 117,6 aesi Bassi 5,2 61,1 68,8 pagna 4,3 53,4 86,1 ustria 3,8 64,3 74,6 ortogallo 3,7 58,7 119,1 elgio 3,3 109,9 99,9 rancia 3,0 58,3 90 recia 2,6 100 176,7 ermania 2,2 59,4 81,7 alia 1,9 110,4 126,5 ovenia 1,9 35 54 I policy maker e i regolatori hanno messo in campo numerose iniziative per contrastare tali effetti: • rafforzamento dei requisiti di capitale e liquidità (Basilea III); • nuovo approccio alla regolamentazione e alla vigilanza focalizzato sul rischio sistemico; • creazione di nuovi organismi di vigilanza a tutela della macrostabilità finanziaria; • …… Tra le varie soluzioni proposte vi è quella di ‘‘rieditare’’ il cosiddetto Chicago Plan Il Chicago Plan Proposto da H. Simons e da I. Fisher (1936). Analizzando la Grande Crisi del 1929, ne individuavano la causa nella commistione tra banca di investimento e banca commerciale, che aveva reso le strutture finanziarie dei gruppi bancari fragili e instabili. segue … Il Chicago Plan prevedeva la separazione strutturale tra le attività di banca commerciale e di banca d’investimento, al fine di gestire i conflitti di interesse e prevenire l’eccessiva assunzione di rischi da parte delle banche. L’idea di fondo era quella di TOGLIERE AI BANCHIERI PRIVATI IL “POTERE DIVINO” DI CREARE DENARO (DEBITO) “DAL NULLA”. segue… Negli Usa la proposta del Chicago Plan venne inizialmente recepita con il GLASS-STEAGALL ACT, con il quale si isolavano le due attività di banca commerciale e banca d’investimento. Negli anni ‘90 del secolo scorso la separazione tra le due attività bancarie venne abolita. Successivamente, con la Riforma Dodd-Frank del 2010 si è pensato di reintrodurre parzialmente la vecchia legge Glass–Steagall Act, tramite la “regola Volcker” che proibirebbe quasi completamente alle grandi banche di deposito l’attività speculativa con mezzi propri Niente transazioni in Borsa, niente investimenti in derivati, niente partecipazioni in hedge fund al di sopra del 3%. The Chicago Plan Revisited Due economisti del FMI, J. Benes e M. Kumhof, hanno proposto, nel 2012, di ritornare al Chicago Plan. Le proposte: • passare da un sistema bancario a riserva frazionaria a uno a riserva totale; • separare in modo netto quantità di denaro e quantità di credito, creazione di moneta e crediti: i depositi dovranno essere garantiti da una riserva liquida di uguale ammontare, così che gli istituti di credito non possano più “creare moneta dal nulla”; •per essere in grado di fare prestiti, le banche devono procurarsi all’esterno i loro fondi. Inoltre…. • le banche centrali avrebbero il pieno controllo sulla disponibilità di denaro, per cui la gestione dell’inflazione sarebbe più semplice; • di fatto la banca centrale verrebbe nazionalizzata. Lo Stato non sarebbe più debitore delle banche, ma diventerebbe un creditore (con conseguente cancellazione del 100% del debito pubblico), in grado di acquistare anche il debito privato Bilancio delle banche durante l’implementazione del Chicago Plan Bilancio dello Stato durante l’implementazione del Chicago Plan segue… Così facendo si ritiene che possano essere risolti alcuni dei principali problemi del sistema finanziario: • incontrollata creazione di moneta da parte delle banche; • disallineamento temporale tra fonti (a breve) e impieghi (a medio-lungo termine); • corsa agli sportelli (bank run); • elevato debito pubblico e privato; • prociclicità del sistema finanziario. segue… Benes e Kumhof hanno simulato in un modello l’implementazione delle proposte del Chicago Plan per l’economia Usa, trovando i seguenti risultati: •aumento del Pil del 10%; •inflazione vicina allo zero senza rischi di deflazione; •riduzione dei cicli economici e della concentrazione di ricchezza; •assenza di rischi di ‘‘bank run’’; •diminuzione del debito pubblico e privato. ‘‘Il Chicago Plan non si concretizzò per la fortissima resistenza del settore bancario. Oggi cosa accadrebbe?’’. Le critiche al ‘‘Chicago Plan Revisited’’ La principale critica proviene dal mondo bancario, che già accusa le norme di Basilea III di aver soffocato i prestiti al settore privato a causa dell’aumento dei coefficienti di riserva. Contraendosi i prestiti, diminuirebbero i profitti bancari e si creerebbe deflazione. segue … Siamo sicuri che il problema della crisi sia esclusivamente monetario, come suggerito dai teorici di Chicago? Un approfondimento: LA CHICAGO SCHOOL E LE SCUOLE DI PENSIERO NEGLI USA G.Garofalo-P.Fetoni, The Chicago School after the Crisis of the New Millenium, “Quality and Quantity”, vol. 47, 2013 La Chicago School Con questa definizione si indica un gruppo di ricercatori e docenti dell’Università di Chicago che dagli anni 50 del secolo scorso portarono alla ribalta nuove teorie economiche: “La Scuola di Chicago porta le responsabilità dell’idea che i mercati sono auto-regolati e il ruolo migliore per il governo è di non fare nulla ” (J. Stiglitz). segue … Con Friedman, Lucas, Coase, la scuola di Chicago si contrappone alla teoria economica di John Maynard Keynes. Sebbene le posizioni da essi assunte siano eterogenee, i capisaldi del loro pensiero sono: a)fiducia nel funzionamento del meccanismo dei prezzi; b)desiderabilità di forme di mercato di perfetta concorrenza, che determinano l’allocazione efficiente delle risorse; c)non intervento dello Stato nella sfera economica. segue … Di conseguenza si sostiene: •la capacità delle economie di occupare interamente le risorse produttive; •il legame proporzionale e diretto tra quantità di moneta e livello dei prezzi (Friedman); • l’importanza del ruolo svolto dal risparmio come fattore di accumulazione. segue … Da un punto di vista metodologico, si privilegia lo strumento statistico anziché quello teorico-analitico; compito essenziale dello studioso sarebbe quello di verificare se determinate relazioni economiche trovino rispondenza nel reale funzionamento dei sistemi economici. Una breve cronologia della Chicago School • Prima fase 1920-1945: la Scuola inizia a distinguersi per la sua particolare posizione a favore del laissez-faire. Tra gli studiosi ricordiamo Knight, Viner, Simons; • Seconda fase 1960-1970: la Scuola raggiunge grande notorietà, con dure critiche all’impostazione keynesiana. Tra gli studiosi ricordiamo Friedman e Stigler; • Terza fase 1970- oggi: è contraddistinto dallo sviluppo del monetarismo e soprattutto della Nuova Macroeconomia Classica. Tra gli esponenti ricordiamo Lucas e Fama. • I tre pilastri di quella che è stata definita come Chicago ortodossia sono: •Rational expectations hypothesis; •Efficient-market hypothesis; •Law and Economics. Una contrapposizione di scuole economiche negli Usa La crisi finanziaria ha posto in una nuova luce il dibattito tra interventisti e neoliberisti: •Saltwater economists [keynesiani, nelle università sulla costa]: critici verso l’efficienza del mercato e fiducia nella politica economica come motore della crescita; •Freshwater economists [neoliberisti, nelle università della regione dei grandi laghi]: assoluta fiducia nel mercato e scetticismo nell’efficacia delle politiche fiscali. segue … Questi approcci offrono differenti visioni per quanto riguarda l’intervento pubblico in campo economico: •da un lato, l’impossibilità di mantenere sempre una economia in piena occupazione incentiva l’intervento dello Stato, soprattutto in tempi di recessione, con politiche fiscali e monetarie anticicliche, •dall’altra, la totale inefficacia di un intervento pubblico, anche nei periodi di recessione; l’azione del policy maker non solo è neutrale rispetto alle grandezze reali, ma può influenzare negativamente il comportamento degli agenti economici.