OBBLIGHI PROCEDIMENTALI DELL'AMMINISTRAZIONE (*) E RESPONSABILITÀ Dir. amm. 2005, 3, 557 MAURO RENNA SOMMARIO: 1. Che cosa sono gli obblighi e i diritti procedimentali. - 2. I diritti procedimentali convivono con gli interessi legittimi. - 3. Gli obblighi procedimentali convivono con i doveri dell'amministrazione. - 4. La mancata soddisfazione dei diritti procedimentali dà luogo a una responsabilità contrattuale (e non “contattuale”) della pubblica amministrazione. - 5. A chi spetta la giurisdizione sulla responsabilità dell'amministrazione per l'inadempimento degli obblighi procedimentali. - 6. La tutela dei diritti procedimentali è incompatibile con la c.d. pregiudizialità amministrativa. - 7. La tutela dei diritti procedimentali è invece compatibile con la regola (comunque di dubbia legittimità costituzionale) della non annullabilità dei provvedimenti per vizi esclusivamente procedurali o formali. 1. Scopo di questo scritto è quello di formulare alcune brevi riflessioni sul tema della responsabilità della pubblica amministrazione derivante dalla violazione di norme sul procedimento amministrativo. Il presupposto dal quale muovono tali riflessioni è che, sin dall'inizio del procedimento, l'amministrazione abbia una serie di obblighi nei confronti dei soggetti che vi devono partecipare e a questi obblighi corrispondano altrettanti diritti in capo ai medesimi soggetti. Le norme sul procedimento, infatti, in diversi casi impongono all'amministrazione di svolgere determinati adempimenti i quali, oltre ad avere un valore intrinseco alla procedura e servire quindi a fare procedere l'attività amministrativa, hanno anche - e in alcune ipotesi innanzitutto - un essenziale valore estrinseco alla procedura, nel senso che assicurano alle parti del procedimento determinate utilità o beni della vita a prescindere dall'esito sostanziale dell'attività amministrativa. Per fare subito un esempio chiarificatore, si pensi alla comunicazione di avvio del procedimento. Ebbene, non si può certo negare che essa, garantendo la partecipazione al procedimento, serva al buon andamento e all'imparzialità della procedura e pertanto a confezionare una decisione legittima, sotto il profilo sostanziale, adeguata alla fattispecie concreta e alle finalità dell'azione amministrativa. Nemmeno si può negare, tuttavia, che la comunicazione di avvio abbia un fondamentale valore “esterno” al procedimento, per i soggetti direttamente coinvolti dallo svolgimento dell'attività dell'amministrazione: chi sta per essere espropriato di un immobile ha il diritto di essere informato dell'inizio della procedura di esproprio anche qualora l'espropriazione si riveli ineluttabile da un punto di vista sostanziale, al fine di evitare, per esempio, di compiere vani investimenti finanziari o di avviare trattative contrattuali inutili in relazione all'immobile in questione, alla sua compravendita o a possibili attività edilizie o commerciali inerenti allo stesso; analogamente, un imprenditore ha sempre e comunque il diritto di essere informato tempestivamente dell'avvio delle procedure di annullamento o di revoca dei provvedimenti ampliativi che gli consentono di svolgere la propria attività d'impresa. Questi e molti altri esempi valgono a dimostrare empiricamente ciò che una parte della dottrina ha già avuto occasione di porre in evidenza, talora con importanti ricostruzioni dogmatiche, e cioè che nel procedimento amministrativo accanto al potere dell'amministrazione figurano situazioni di obbligo della medesima amministrazione procedente, irriducibili, sul versante delle situazioni soggettive dei privati, alla categoria degli interessi legittimi. Esistono insomma, nella procedura amministrativa, diverse situazioni nelle quali si può correttamente parlare di obblighi procedimentali della pubblica amministrazione (per la giurisprudenza, v. in particolare la nota sentenza della Corte di Cassazione, Sez. I, 10 gennaio 2003, n. 157) e alle quali deve corrispondere il riconoscimento della titolarità, in capo alle parti del procedimento, di diritti soggettivi che allo stesso modo si possono definire procedimentali. Si può così parlare, in relazione alle situazioni di obbligo più significative gravanti sull'amministrazione, del diritto alla comunicazione di avvio del procedimento, del diritto di accedere agli atti della procedura, del diritto di presentare memorie scritte e documenti, del diritto all'indizione delle conferenze di servizi obbligatorie - e in determinate ipotesi pure del diritto di partecipare a tali conferenze - del diritto di ricorrere all'autocertificazione o ad altre semplificazioni procedurali, del diritto alla conclusione del procedimento entro il termine stabilito, del diritto a un provvedimento espresso e motivato (questo catalogo di diritti è stato arricchito dall'art. 6 della recentissima l. 11 febbraio 2005, n. 15, che vi ha inserito il diritto alla «comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza», introducendo l'art. 10-bis nella l. n. 241 del 1990). D'altro canto, per quel che può valere, è la medesima l. n. 241 del 1990 in alcuni casi a denominare rispettivamente “obblighi” e “diritti” le situazioni soggettive predette, in un caso addirittura correlandole tra loro in maniera espressa, dove è previsto che le parti del procedimento hanno «diritto» di presentare memorie scritte e documenti che l'amministrazione ha «l'obbligo» di valutare se pertinenti all'oggetto della procedura (art. 10, comma 1, lett. b)). I diritti procedimentali si identificano dunque con una serie di garanzie formali o di natura processuale (riconducibili ai «livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», ai sensi dell'art. 117, comma 2, lett. m), Cost.) il cui substrato materiale è rappresentato non soltanto dal bene della vita che il soggetto privato confida di mantenere o di ottenere in seguito alla decisione finale dell'amministrazione, ma prima ancora da un'utilità autonoma che è svincolata dalla c.d. spettanza della pretesa sostanziale avanzata dal privato in ordine al contenuto del provvedimento amministrativo. In altre parole, gli interessi protetti dall'ordinamento nel riconoscere ai soggetti privati la titolarità di diritti procedimentali non si risolvono in meri interessi strumentali all'esito sostanziale della procedura, ma hanno in radice un rilievo loro proprio e autonomo, legandosi anche a beni della vita diversi da - seppure connessi a - quelli protetti attraverso la situazione soggettiva dell'interesse legittimo. Si potrebbe quindi asserire, tornando sul versante della pubblica amministrazione e utilizzando le più note categorie civilistiche, che gli obblighi procedimentali da una parte sono “obblighi di mezzi”, con riferimento all'esito conclusivo della procedura, ma dall'altra sono nondimeno “obblighi di risultato”, con riferimento a beni della vita fondamentali come quelli protetti nell'ordinamento da tutti i diritti di informazione, i diritti al contraddittorio, i diritti alla certezza giuridica, i diritti a una ragionevole durata dei processi, e via dicendo. Fatte queste premesse, le osservazioni seguenti sono volte a ricavarne le debite conseguenze in merito ad alcuni rilevanti aspetti, sia sostanziali sia processuali, della responsabilità civile dell'amministrazione per violazione di norme sul procedimento. Si è consapevoli che l'adesione alla teoria prospettata richiederebbe ben altri sforzi argomentativi rispetto alle considerazioni appena esposte, anche perché una parte importante della dottrina continua a contrastarla. Tuttavia, lo scopo di questo contributo è solo quello di mostrare, dopo che si sia sposata la ricostruzione proposta, quali dovrebbero essere le sue coerenti ripercussioni su determinati profili del tema della responsabilità civile della pubblica amministrazione. 2. Sul piano sostanziale, va in primo luogo osservato che non tutte le regole della procedura amministrativa possono tradursi in obblighi della pubblica amministrazione e in corrispondenti diritti soggettivi delle parti del procedimento. Nell'ipotesi in cui siano violate disposizioni normative procedurali che non costituiscono pretese immediate in capo ai soggetti privati, poiché non proteggono un valore autonomo e distinto da quello dell'efficacia e dell'imparzialità del procedimento amministrativo (si pensi, per esempio, alla mancata richiesta di un parere obbligatorio o alla mancata acquisizione di una prevista valutazione tecnica), dovrebbe dunque “riespandersi”, se così si può dire, la figura dell'interesse legittimo. Più in generale l'interesse legittimo, ai sensi delle previsioni costituzionali, rimane a presidiare tutte quelle situazioni procedimentali e sostanziali in cui l'ordinamento, al cospetto del potere amministrativo, ritiene di dovere accordare protezione a determinati interessi privati, senza tuttavia riconoscere o attribuire diritti soggettivi in relazione agli stessi. Quanto appena evidenziato vale, in effetti, con riguardo tanto alle situazioni procedurali quanto a quelle sostanziali. Relativamente alle seconde, talora l'ordinamento ritiene di accordare protezione a taluni interessi privati mediante il riconoscimento o l'attribuzione di appositi diritti soggettivi, come fa quando forgia fattispecie di attività amministrativa vincolata dal punto di vista sostanziale; talaltra si limita invece a stabilire parametri e regole sostanziali per l'esercizio del potere amministrativo, come fa allorché disegna fattispecie di attività amministrativa discrezionale. Si noti peraltro, tornando alle regole del procedimento, che anche queste possono talora riservare sfere di discrezionalità alla pubblica amministrazione, potendosi parlare in tal caso di una sorta di “discrezionalità istruttoria”, dinnanzi alla quale non possono comunque sussistere situazioni soggettive di diritto in favore delle parti della procedura (si pensi, per esempio, alla decisione istruttoria di indire una conferenza di servizi facoltativa, a quella di richiedere un parere facoltativo, o ancora a quella di attendere un parere obbligatorio oppure di prescinderne, fermo restando ovviamente l'obbligo dell'amministrazione di concludere la procedura entro il termine finale previsto). Si vuole dire, insomma, che la presenza dei diritti procedimentali non può porre nell'ombra la permanente rilevanza, quantomeno residuale, degli interessi legittimi, nemmeno con esclusivo riguardo alle situazioni soggettive del procedimento. Diversamente, la teoria che qui si accoglie potrebbe risultare viziata per eccesso oppure per difetto, qualora si ritenesse, rispettivamente, che a tutte le regole procedurali corrispondano diritti soggettivi - o, meglio, diritti di credito, come in sostanza è stato sostenuto da un'importante dottrina - o, all'opposto, che a quelle cui non corrispondono diritti non corrisponda alcuna situazione soggettiva protetta dall'ordinamento in maniera specifica. I diritti procedimentali quindi convivono con gli interessi legittimi, sia sostanziali sia procedurali, all'interno delle multiformi vicende del procedimento e del provvedimento amministrativo: i primi, infatti, sono connessi ai secondi, senza tuttavia assorbirli né demolirli. 3. In modo speculare a quanto appena affermato, andrebbe pure riconosciuto che in ogni singola vicenda procedurale gli obblighi procedimentali convivono con i doveri che la pubblica amministrazione ha nei confronti dei soggetti dell'ordinamento. Al cospetto degli interessi legittimi sia procedurali sia sostanziali, infatti, sono sempre state riconosciute situazioni soggettive di dovere - o, per meglio dire, di “obbligo generale” - in capo all'amministrazione. È vero che è in atto una tendenza dottrinale a generalizzare il ricorso alla categoria degli obblighi - o, meglio, delle obbligazioni - anche di fronte agli interessi legittimi e a trasporre così questi ultimi nello schema dei rapporti giuridici relativi, tipico dei rapporti civilistici di debito e di credito: ci si riferisce alle tesi che impostano per intero in termini contrattuali (o “contattuali”) il tema della responsabilità dell'amministrazione, alcune delle quali - per vero quelle meno estremistiche - fondano in particolare le proprie ricostruzioni sugli obblighi di correttezza e di buona fede o sui c.d. obblighi di protezione che graverebbero sulla pubblica amministrazione nei riguardi dei soggetti privati entrati in contatto con essa. È altresì vero però che, da un lato, non tutti i vizi di legittimità sostanziali e procedurali dei provvedimenti amministrativi sembrano oggettivamente riconducibili alla violazione di obblighi di buona fede e di correttezza o di obblighi di protezione da parte dell'amministrazione; e che, d'altro lato, dovrebbero comunque rimanere escluse da dette ricostruzioni - pure da quelle più estremistiche - le situazioni soggettive di tutti coloro la cui sfera giuridica possa essere intaccata da un provvedimento amministrativo senza che gli stessi, tuttavia, partecipino al relativo procedimento, cioè entrino direttamente in contatto con la pubblica amministrazione: trattandosi vuoi di soggetti coinvolti soltanto da effetti generali del provvedimento, vuoi di controinteressati difficilmente individuabili, vuoi di una quantità di soggetti tale da impedire la comunicazione personale di avvio del procedimento a ciascuno di essi, vuoi di parti solamente eventuali della procedura che decidano di non intervenirvi. Tornando agli obblighi procedimentali, va inoltre sottolineato che anche con riferimento a questi occorre scindere, in realtà, tra i rapporti dell'amministrazione con i soggetti che partecipano alla procedura e i rapporti della medesima amministrazione procedente con i soggetti che invece non vi partecipano, per qualificare esclusivamente i primi come rapporti giuridici relativi. Un unico adempimento o un'unica prestazione procedimentale può rappresentare quindi, al contempo, il contenuto di un'obbligazione della pubblica amministrazione nei confronti di uno o più soggetti determinati e il contenuto di un obbligo generale della stessa amministrazione nei confronti di una pluralità di soggetti indeterminati. La frammentazione e la diversificazione delle posizioni soggettive collegate alla procedura amministrativa sono tali, in verità, che un unico adempimento procedimentale può costituire l'oggetto di situazioni soggettive differenti persino all'interno del medesimo procedimento, in capo ai diversi soggetti che vi partecipano; ciò sembra confermato dalla stessa l. n. 241 del 1990, la quale, in merito alla comunicazione di inizio della procedura, stabilisce che «l'omissione di taluna delle comunicazioni prescritte può essere fatta valere solo dal soggetto nel cui interesse la comunicazione è prevista» (art. 8, comma 4). L'utilizzo delle categorie degli obblighi e dei diritti procedimentali, in sintesi, per ciò che qui rileva, non sembra determinare né un'elevazione al piano dei rapporti giuridici relativi di tutte le situazioni che coinvolgono adempimenti o prestazioni procedurali né, al contrario, l'irrilevanza giuridica delle situazioni che non sia possibile ricondurre a detto piano, sempre ai fini della responsabilità civile della pubblica amministrazione. Nella procedura amministrativa esistono insomma specifici diritti procedimentali che vanno affermati con forza e ai quali occorre riservare le forme di tutela proprie dei diritti soggettivi relativi. Tolti questi, però, e fatta salva la possibilità di utilizzare gli obblighi di correttezza e di buona fede e gli obblighi di protezione dell'amministrazione a ulteriore vantaggio degli amministrati, non sembra potersi negare che le altre situazioni soggettive procedimentali possano e debbano essere ancora tutelate e risarcite nella loro veste di interessi legittimi, secondo i dettami della sentenza n. 500 del 1999 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione. 4. Se quanto sostenuto sinora in ordine alle posizioni soggettive nella procedura amministrativa appare condivisibile, se ne possono ora ricavare alcune fondamentali implicazioni, innanzitutto in merito alla natura della responsabilità dell'amministrazione per la lesione o, meglio, la mancata soddisfazione dei diritti procedimentali. Venendo subito al punto, non sembra potersi revocare in dubbio che la responsabilità della pubblica amministrazione per l'inadempimento di un'obbligazione procedimentale nei confronti di una o più parti del procedimento debba essere di carattere contrattuale (conseguendone l'applicazione della nota regola, sancita dall'art. 1218 c.c., per cui «il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile»). Tale conclusione appare altresì confermata dalla disposizione collocata originariamente nell'art. 20, comma 5, lett. h), e in seguito nell'art. 17, comma 1, lett. f), della l. n. 59 del 1997 (v. l'art. 7, comma 1, lett. m), della l. n. 127 del 1997), che ha delegato il Governo a prevedere «forme di indennizzo automatico e forfettario a favore dei soggetti richiedenti il provvedimento», «per i casi di mancato rispetto del termine del procedimento, di mancata o ritardata adozione del provvedimento, di ritardato o incompleto assolvimento degli obblighi e delle prestazioni da parte della pubblica amministrazione». Questa disposizione infatti, sebbene sia rimasta inattuata, sembra avere concepito la previsione a carico dell'amministrazione di una sorta di penale denominata impropriamente “indennizzo” - finalizzata, secondo un meccanismo tipico della responsabilità contrattuale (v. gli artt. 1382 ss. c.c.), a sanzionare attraverso una prestazione risarcitoria determinata forfettariamente il mancato, ritardato o inesatto adempimento degli obblighi procedimentali nei confronti dei partecipanti alla procedura amministrativa. Va precisato, tuttavia, che la stessa violazione procedurale che dà luogo a responsabilità contrattuale dell'amministrazione nei riguardi di una parte del procedimento, può invece dare luogo a una responsabilità di natura extracontrattuale della medesima amministrazione nei riguardi di un soggetto estraneo alla procedura, comunque titolare di un interesse protetto dall'ordinamento. Non c'è nulla di strano, in base al diritto civile, nel fatto che un unico comportamento - o un'unica omissione - possa dare luogo contemporaneamente a differenti tipi di responsabilità nei confronti di diversi soggetti. Gli è che, come si è già osservato, l'ordinamento rende alcuni adempimenti procedimentali oggetto di obblighi specifici dell'amministrazione solamente a favore di determinati soggetti; e la pubblica amministrazione è vincolata in maniera specifica soltanto a costoro dalle obbligazioni legali aventi ad oggetto determinate prestazioni procedurali (per la giurisprudenza, v. ancora la sentenza n. 157 del 2003 della Corte di Cassazione che, inquadrando gli obblighi procedimentali nello schema contrattuale e qualificandoli come «vere e proprie prestazioni da adempiere», ha richiamato espressamente l'art. 1174 c.c.). Ciò che si è appena asserito consente poi di formulare un'ulteriore considerazione, concernente la possibilità di applicare alle violazioni delle norme sul procedimento le tesi contrattualiste, sopra ricordate, fondate sugli obblighi di buona fede e di correttezza o sugli obblighi di protezione. Ebbene, queste tesi devono essere apprezzate, poiché permettono - sia pure non certo totalmente, come si è detto - di condurre nell'alveo del regime delle obbligazioni e conseguentemente della responsabilità contrattuale il regime giuridico dei rapporti procedimentali e sostanziali correnti in generale tra la pubblica amministrazione e le parti del procedimento amministrativo. Tali ricostruzioni hanno indiscutibilmente il merito di valorizzare appieno il fatto che, nello svolgimento della procedura, tra l'amministrazione procedente e i soggetti coinvolti dall'azione amministrativa non insorgono rapporti occasionali o casuali, ma sussistono relazioni coscienti e durevoli, caratterizzate da una reciprocità consapevole di situazioni attive e passive. Le tesi in questione, però, non dovrebbero essere invocate al cospetto di obblighi procedurali determinati e specifici sanciti dall'ordinamento, perché in questi casi la loro applicazione rischia paradossalmente di indebolire, anziché aumentare o comunque migliorare, la tutela dei diritti procedimentali degli amministrati. In particolare, davanti all'inadempimento di obbligazioni procedimentali cristallizzate dalla legge, non si dovrebbe scomodare la teoria civilistica, pur suggestiva e per alcuni aspetti convincente, della c.d. responsabilità da contatto o “contattuale”. Detta teoria, che peraltro non è disdegnata dalla giurisprudenza amministrativa (v., per tutte, l'importante sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, 6 agosto 2001, n. 4239), si fonda infatti sui menzionati obblighi di protezione, i quali sono denominati in modo efficace anche “obblighi senza prestazione”, a significare appunto che si tratta di obblighi aventi un contenuto generico e non aventi ad oggetto una prestazione determinata e specifica: si tratta in breve di obblighi, gravanti su soggetti “forti”, di “proteggere” soggetti “deboli”, una volta entrati “in contatto” con questi, senza alcuna previa identificazione delle prestazioni concretamente oggetto di tali obblighi. Applicata ai rapporti tra amministrazione procedente e amministrati, la teoria si traduce nel generico obbligo per l'amministrazione di proteggere, secondo i canoni della buona fede e della correttezza, la sfera giuridica dei privati entrati in contatto con essa in una vicenda procedurale. Questa ricostruzione è dunque utile per fondare la responsabilità contrattuale dell'amministrazione di fronte alla violazione di norme sul procedimento che non identificano specifiche prestazioni amministrative per renderle oggetto di appositi diritti procedurali. Dove invece l'ordinamento riconosce o attribuisce a determinati soggetti uno specifico diritto procedimentale, identificando la prestazione amministrativa oggetto del corrispondente obbligo, appare fortemente riduttivo fare riferimento a un generico obbligo di protezione senza prestazione per fondare la responsabilità contrattuale dell'amministrazione inadempiente. Laddove insomma esista una prestazione procedurale ben individuata dedotta dalla legge all'interno di un rapporto obbligatorio tra amministrazione e parti del procedimento, è in relazione all'inadempimento di tale prestazione che potrà e dovrà essere affermata la responsabilità contrattuale della pubblica amministrazione per i danni causati dal medesimo inadempimento ai soggetti privati venuti in contatto con essa. Tanto più che rispetto alla responsabilità contrattuale ordinaria la responsabilità “contattuale” ha un regime probatorio un po' meno favorevole per i soggetti danneggiati e, soprattutto, implica una diminuzione quantitativa dei danni risarcibili. 5. Dopo avere dedicato attenzione agli aspetti sostanziali riguardanti le posizioni soggettive procedurali, viene il momento di riservare qualche osservazione ai profili processuali del tema della responsabilità civile dell'amministrazione per l'inadempimento degli obblighi procedimentali, a cominciare dalla questione attinente alla giurisdizione sulle relative controversie. In primo luogo, non dovrebbe sussistere alcun problema nel riconoscere che spetti al giudice amministrativo la conoscenza delle controversie inerenti alle pretese procedimentali insorgenti nelle materie di sua giurisdizione esclusiva. In particolare, non dovrebbe rappresentare un ostacolo a quanto testé affermato ciò che ha statuito la sentenza della Corte cost. n. 204 del 2004 in relazione alle materie di competenza esclusiva contemplate dal d.lgs. n. 80 del 1998 e dalla l. n. 205 del 2000. Con questa sentenza, in breve, per quel che qui rileva, la Corte ha ancorato la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sui diritti soggettivi all'esistenza, nella fattispecie dedotta in giudizio, di una vicenda di esercizio del potere da parte della pubblica amministrazione. Si tratta quindi di una statuizione che sembra attagliarsi perfettamente alle controversie che qui ci stanno occupando. Si è spiegato sopra, infatti, che gli obblighi procedimentali e i corrispondenti diritti soggettivi convivono con l'esercizio del potere amministrativo e con gli interessi legittimi. Le pretese procedurali, precisamente, vengono in gioco proprio in quanto si sta svolgendo un potere dell'amministrazione, attraverso un procedimento amministrativo. Si può dunque concludere nel senso che il giudice amministrativo, nelle materie di sua giurisdizione esclusiva, ha competenza a conoscere anche delle domande di risarcimento dei danni causati ai soggetti privati dall'inadempimento di obblighi procedimentali. Fuori dall'ambito delle materie di competenza esclusiva, al contrario, riespandendosi il criterio di riparto della giurisdizione fondato sulla distinzione delle posizioni soggettive, non pare che al giudice amministrativo sia data la possibilità di conoscere della responsabilità civile della pubblica amministrazione per inadempimento di obblighi procedurali. Così, il soggetto privato che lamenti un danno economico causato dal rilascio in ritardo di un provvedimento ampliativo della propria sfera giuridica, oppure causato esclusivamente dalla non conoscenza dello svolgimento di un procedimento, imputabile all'inadempimento nei suoi confronti dell'obbligo della comunicazione di avvio della procedura - o dall'ignoranza di determinate informazioni imputabile alla violazione di altri obblighi procedurali - dovrà proporre al giudice ordinario l'azione risarcitoria per la mancata soddisfazione del proprio diritto procedimentale nelle materie in cui non sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. È inoltre opportuno sottolineare, a scanso di equivoci, che in quest'ultimo caso non si verificherà né tecnicamente né di fatto una sostituzione dell'azione di annullamento del provvedimento, di competenza del giudice amministrativo, con l'azione risarcitoria del diritto procedimentale, di competenza del giudice ordinario, ossia una rievocazione dello spettro del criterio del petitum ai fini del riparto della giurisdizione. Dette azioni - anche peraltro quando proponibili dinnanzi a un unico giudice, come nelle ipotesi di giurisdizione esclusiva - sono azioni fondate su situazioni soggettive e presupposti sostanziali diversi, connessi ma autonomi: perciò, esse non hanno tra loro alcuna relazione logica di fungibilità e conducono a conseguenze ed effetti giuridici tra loro differenti. 6. Trattandosi di azioni reciprocamente autonome, in quanto imperniate su differenti presupposti sostanziali, l'azione di annullamento del provvedimento amministrativo e le azioni di risarcimento, sia dei diritti procedimentali sia degli interessi legittimi, non dovrebbero nemmeno essere legate tra loro da alcun vincolo di pregiudizialità (né, all'estremo opposto, da alcun vincolo di alternatività), da un punto di vista logico prima ancora che giuridico. Andrebbe quindi assunta, in generale, una posizione molto critica nei riguardi della tesi della c.d. pregiudizialità amministrativa, fatta propria dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (Ad. plen., 26 marzo 2003, n. 4), ma smentita dalla Corte di Cassazione a partire dalla sentenza n. 500 del 1999 per arrivare sino alle pronunce più recenti (Sez. un., 24 settembre 2004, n. 19200; Sez. un., ord. 26 maggio 2004, n. 10180). Si tratta, con ogni evidenza, di una tesi di matrice giurisprudenziale giustificata più da ragioni ideologiche e di politica giudiziaria che da valide argomentazioni giuridiche. Si deve qui rinunciare a una confutazione argomentata della fondatezza di questa tesi, che non risulta difficile da compiere e che comunque è stata ormai svolta ampiamente in alcune pregevoli ricostruzioni dottrinali. Non si deve però rinunciare, già in questa sede, a mostrare come detta tesi appaia ancora meno fondata, segnatamente, se applicata ai rapporti tra l'annullamento del provvedimento amministrativo e il risarcimento dei danni causati dall'inadempimento di un obbligo procedimentale; e ciò, sia ben chiaro, con riferimento tanto alle controversie risarcitorie devolute alla competenza esclusiva del giudice amministrativo quanto a tutte le altre. In diversi casi, infatti, il soggetto privato direttamente leso dalla violazione di un obbligo procedurale da parte dell'amministrazione procedente si può trovare non soltanto nella condizione di preferire il risarcimento dei danni o, meglio, di accontentarsi del risarcimento dei danni rispetto all'annullamento del provvedimento illegittimo, ma persino nell'impossibilità di ottenere l'annullamento ovvero in una situazione di totale carenza di interesse all'annullamento del provvedimento finale emanato dall'amministrazione. Si considerino in particolare gli esempi già fatti in precedenza, cioè quello di un provvedimento ablativo - o di un provvedimento di annullamento o di revoca di un atto di assenso - adottato senza comunicazione d'avvio del procedimento al suo destinatario, ma reiterabile e avente un contenuto sostanziale ineccepibile, e quello del provvedimento ampliativo rilasciato fuori termine. In quest'ultimo caso, a ben vedere, il problema della pregiudizialità dell'annullamento del provvedimento rispetto al risarcimento dei danni patiti dal destinatario dell'atto si rivela addirittura un falso problema, perché non sussiste alcuna possibilità, né teorica né concreta, che un atto ampliativo sia annullabile dal giudice amministrativo su richiesta del suo destinatario (se non altro per carenza di interesse a ricorrere in capo al ricorrente). L'ipotesi del c.d. danno da ritardo è quella, in realtà, che più di ogni altra appare dimostrare come la tutela dei diritti soggettivi procedimentali sia incompatibile con la regola della pregiudizialità amministrativa, dimostrando infatti molto chiaramente che la tutela risarcitoria nei confronti degli inadempimenti degli obblighi procedurali è una tutela concettualmente e giuridicamente autonoma e separata da quella di tipo demolitorio offerta dall'annullamento dell'atto amministrativo. Più in generale, quantomeno in tutte le ipotesi in cui risulti evidente l'impossibilità o l'inutilità dell'annullamento del provvedimento, alla stessa maniera dovrebbe risultare evidente anche ai giudici amministrativi più scettici che la tutela delle pretese procedurali risponde a una logica totalmente differente da quella dell'azione di impugnazione dell'atto e che, pertanto, la prima deve essere tenuta svincolata dalla seconda. In queste ipotesi, peraltro, non esiste nemmeno la possibilità che i giudici siano indotti in confusione (aiutati grottescamente in ciò da norme a dir poco confusionarie, come il noto art. 14, comma 2, del d.lgs. n. 190 del 2002) da un certo modo di intendere, nel processo amministrativo, la previsione del risarcimento del danno attraverso la reintegrazione in forma specifica: ossia dall'idea (in parte apprezzabile sul piano ideologico ma di dubbia fondatezza sul piano del diritto positivo) che l'azione risarcitoria per la reintegrazione in forma specifica nel giudizio amministrativo possa tradursi concretamente in un'azione demolitoria del provvedimento illegittimo o, nelle controversie riguardanti i dinieghi, le mancate emanazioni di atti ampliativi o le gare d'appalto, finanche in una vera e propria azione di adempimento legata alla c.d. spettanza del provvedimento finale. Sembra in effetti - e in ciò si intravvede senza dubbio un paradosso della giurisprudenza amministrativa - che una delle ragioni per affermare la regola della pregiudizialità possa consistere nel timore che diversamente sarebbe possibile per i soggetti privati eludere il breve termine di decadenza previsto per la proposizione delle azioni impugnatorie proponendo, nei lunghi termini di prescrizione dei diritti, azioni risarcitorie equivalenti nella sostanza ad azioni demolitorie, non precedute però da tempestive azioni di impugnazione. Si vede quindi che la giurisprudenza amministrativa, in questa maniera, è costretta a togliere al soggetto privato con una mano ciò che con l'altra mano pretenderebbe di dargli: i giudici, segnatamente quelli di primo grado, tentano impropriamente di trasformare l'azione risarcitoria in un'azione costitutiva o di adempimento, ma poi sono costretti ad imporre al soggetto privato di esercitarla tempestivamente insieme all'azione di annullamento. La tutela risarcitoria dei diritti procedimentali, invece, come si è provato a spiegare, di per sé non ha nulla a che fare con la tutela diretta alla demolizione di un provvedimento ablativo o all'emanazione di un provvedimento ampliativo, ed è per questo che essa si mostra in radice incompatibile con qualsiasi forma di pregiudizialità amministrativa. 7. La tutela risarcitoria delle pretese procedurali, infine, non appare affatto smentita, ma risulta semmai ulteriormente valorizzata, dalla disposizione - pur di dubbia legittimità costituzionale - introdotta dalla recentissima l. n. 15 del 2005, che ha recato modifiche e integrazioni alla l. n. 241 del 1990, per cui «non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento o sulla forma degli atti qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato» e «il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato» (art. 21-octies, comma 2, legge n. 241 del 1990, inserito dall'art. 14 della l. n. 15 del 2005). La disposizione - che peraltro non tiene conto dell'elementare distinzione sostanziale che, segnatamente in materia di atti ablatori, andrebbe operata tra atti amministrativi reiterabili e atti invece non più ripetibili dopo la scadenza di un termine prestabilito - è una disposizione di natura processuale (o, meglio, una disposizione «in tema di giustizia amministrativa», per dirla con l'art. 19 della l. n. 15 del 2005, che ha sostituito l'art. 29 della l. n. 241 del 1990); e pertanto, nonostante si collochi nella scia di un orientamento giurisprudenziale (invero piuttosto paternalistico nei confronti dell'amministrazione) attento a salvaguardare i risultati sostanzialmente corretti dell'attività amministrativa, essa sembra porsi in contrasto con l'art. 113, comma 2, della Costituzione, in base al quale la tutela giurisdizionale contro gli atti della pubblica amministrazione «non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti». In un giudizio a struttura impugnatoria, non ancora attrezzato per verificare compiutamente la correttezza sostanziale dei provvedimenti, l'irrilevanza della violazione di una norma sul procedimento amministrativo si traduce infatti in una limitazione di tutela che peraltro, quantomeno riguardo agli adempimenti previsti dalla legge quali garanzie per le parti del procedimento, sembra rispondere a un'idea malintesa di informalità dell'azione amministrativa. I formalismi, in realtà, andrebbero combattuti a monte, semplificando e riducendo agli adempimenti essenziali le forme procedurali stabilite dalle norme, anziché a valle, declassando la categoria di invalidità della violazione di legge finanche al cospetto di regole, come quella della comunicazione di avvio della procedura, che certamente non hanno soltanto un valore strumentale all'esito sostanziale del procedimento. Ai sensi della nuova disposizione, ad ogni modo, non appare venire meno l'illegittimità dei provvedimenti affetti da vizi esclusivamente procedurali o formali, sembrando venire meno solamente la loro annullabilità in giudizio (in tal senso, la non annullabilità non dovrebbe essere confusa con la mera irregolarità degli atti amministrativi). Ancora meno dunque la disposizione in esame è in grado di trasformare in omissioni o condotte lecite gli inadempimenti degli obblighi procedimentali perpetrati dall'amministrazione procedente a danno delle parti della procedura; e ciò, si badi, non solo in relazione alla responsabilità civile della pubblica amministrazione, ma pure con riferimento alla responsabilità civile, amministrativa, nonché penale dei suoi funzionari (per fare un esempio, si pensi al reato di omissione di atti d'ufficio). Se si è ragionato correttamente, allora, nel caso di un provvedimento viziato esclusivamente a causa della violazione di un obbligo procedimentale, qualora sia palese o sia dimostrato in giudizio che il contenuto dispositivo del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, il soggetto privato leso nel suo diritto procedurale non può ottenere l'annullamento del provvedimento medesimo ai sensi della nuova disposizione, ma tuttavia deve essere posto nella condizione di ottenere il risarcimento dei danni patiti in conseguenza di detta violazione. La tutela dei diritti procedimentali è quindi compatibile con la regola della non annullabilità dei provvedimenti per vizi esclusivamente procedurali o formali. L'autonomia dell'azione risarcitoria per gli inadempimenti degli obblighi procedimentali rispetto all'azione di annullamento del provvedimento amministrativo, a ben vedere, esce persino rafforzata dalla disposizione legislativa di nuovo conio, così come più in generale esce rafforzata dalla nuova legge l'autonomia di tutte le azioni risarcitorie esperibili contro la pubblica amministrazione (anche di quelle finalizzate a ottenere il risarcimento dei danni c.d. da perdita di chance) rispetto alle azioni di impugnazione dei provvedimenti, a conferma altresì dell'infondatezza sia logica che giuridica della regola della pregiudizialità amministrativa. La possibilità di un risarcimento autonomo dei danni causati dai comportamenti illeciti e dai provvedimenti illegittimi dell'amministrazione, una volta venuta meno la possibilità dell'annullamento dei provvedimenti viziati per ragioni esclusivamente procedurali e formali, sembra rappresentare, in verità, l'unico argomento sui cui fare leva per salvare, se ci si riuscirà (il che comunque sembra improbabile e non appare auspicabile), la disposizione appena entrata in vigore dalle censure di illegittimità costituzionale - almeno da quelle per contrasto con l'art. 24, comma 1, l'art. 28 e l'art. 113, comma 1, Cost. - alle quali essa verrà inevitabilmente sottoposta. Potrebbe dunque risultare significativo, in tal senso, che la nuova legge si sia premurata di apporre all'art. 10 della l. n. 241 del 1990 la rubrica «Diritti dei partecipanti al procedimento» (art. 21, comma 1, lett. l), l. n. 15 del 2005). NOTA BIBLIOGRAFICA La prima ricostruzione dottrinale del procedimento amministrativo come «un insieme di diritti-obblighi reciproci del cittadino e dell'amministrazione» elaborata in relazione agli schemi normativi formulati dalla Commissione presieduta da Mario Nigro, che hanno originato la l. n. 241 del 1990 - si deve a G. PASTORI, La disciplina generale del procedimento amministrativo. Considerazioni introduttive, in AA.VV., La disciplina generale del procedimento amministrativo, Atti del XXXII Convegno di studi di scienza dell'amministrazione svoltosi a Varenna il 18-20 settembre 1986, Milano, Giuffrè, 1989. Tra i numerosi saggi dello stesso Autore sulla procedura amministrativa e sulla sua concezione, v. altresì in precedenzaIl procedimento amministrativo tra vincoli formali e regole sostanziali, in AA.VV., Diritto amministrativo e giustizia amministrativa nel bilancio di un decennio di giurisprudenza, a cura di U. Allegretti-A. Orsi Battaglini-D. Sorace, Rimini, Maggioli, 1987, vol. II, nonché successivamente: Interesse pubblico e interessi privati fra procedimento, accordo e autoamministrazione, in AA.VV., Scritti in onore di Pietro Virga, Milano, Giuffrè, 1994, vol. II; Le trasformazioni del procedimento amministrativo, in Dir. e soc., n. 4/1996; Considerazioni conclusive, in AA.VV., La legge n. 241/1990: fu vera gloria? Una riflessione critica a dieci anni dall'entrata in vigore, a cura di G. Arena-C. Marzuoli-E. Rozo Acuña, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2001; Dalla legge n. 241 alle proposte di nuove norme generali sull'attività amministrativa, in Amministrare, n. 3/2002. Tra le prime monografie nelle quali è stata sostenuta la natura di diritti soggettivi di determinate situazioni giuridiche riconosciute agli amministrati dalla l. n. 241 del 1990, si segnalano M. CLARICH, Termine del procedimento e potere amministrativo, Torino, Giappichelli, 1995, F. FIGORILLI, Il contraddittorio nel procedimento amministrativo, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1996, A. PUBUSA, Diritti dei cittadini e pubblica amministrazione, Torino, Giappichelli, 1996, e A. ZITO, Le pretese partecipative del privato nel procedimento amministrativo, Milano, Giuffrè, 1996. Per la tesi dell'esistenza nella procedura amministrativa di specifici obblighi procedimentali gravanti sull'amministrazione, fronteggiati da corrispondenti diritti soggettivi delle parti del procedimento, si vedano ora, limitando le citazioni ai contributi monografici più recenti e rinviando a questi per le ulteriori indicazioni bibliografiche, L. FERRARA, Dal giudizio di ottemperanza al processo di esecuzione. La dissoluzione del concetto di interesse legittimo nel nuovo assetto della giurisdizione amministrativa, Milano, Giuffrè, 2003 - ove è proposta la ricostruzione più estremistica della responsabilità dell'amministrazione come responsabilità contrattuale - e G.D. COMPORTI, Torto e contratto nella responsabilità civile delle pubbliche amministrazioni, Torino, Giappichelli, 2003. Contra, si veda principalmente lo studio di M. OCCHIENA, Situazioni giuridiche soggettive e procedimento amministrativo, Milano, Giuffrè, 2002, al quale si aggiunga, tra i lavori più recenti, il contributo di F. FRACCHIA, Risarcimento del danno causato da attività provvedimentale dell'amministrazione: la Cassazione effettua un'ulteriore (ultima?) puntualizzazione, nota a Cass. civ., Sez. I, 10 gennaio 2003, n. 157, in Foro it., n. 1/2003. Una posizione interpretativa particolare è quella assunta da E. FOLLIERI, il quale, traendo spunto dalla disposizione dell'art. 17, comma 1, lett. f), della l. n. 59 del 1997, non ha esitato a considerare le situazioni soggettive procedimentali come situazioni giuridiche autonome rispetto al contenuto sostanziale del provvedimento (Lo stato dell'arte della tutela risarcitoria degli interessi legittimi. Possibili profili ricostruttivi, in Dir. proc. amm., n. 2/1998; La tutela risarcitoria degli interessi legittimi. Profili ricostruttivi, con riferimento al d. l.vo 31 marzo 1998 n. 80, in E. PICOZZA-G. PALMA-E. FOLLIERI, Le situazioni giuridiche soggettive nel diritto amministrativo, Padova, Cedam, 1999; La pianificazione territoriale e le situazioni giuridiche soggettive, in AA.VV., Il piano territoriale di coordinamento provinciale e le pianificazioni di settore, a cura di G. Caia, Rimini, Maggioli, 2001), anche se solo recentemente sembra essere giunto a riconoscerne la natura di veri e propri diritti soggettivi, sia pure con una certa prudenza (Responsabilità della pubblica amministrazione e interesse procedimentale, in AA.VV., Il danno risarcibile, a cura di G. Vettori, Padova, Cedam, 2004, vol. II; La tutela risarcitoria degli interessi meramente procedimentali e il riparto di giurisdizione, conseguente alla pregiudizialità dell'azione di annullamento affermata dal Consiglio di Stato, in AA.VV., La responsabilità civile della pubblica amministrazione, a cura di E. Follieri, Milano, Giuffrè, 2004). Per le tesi fondate sulla logica della “spettanza” della pretesa sostanziale del soggetto privato in ordine al contenuto del provvedimento amministrativo, sia pure con differenti ricostruzioni relative alla natura della responsabilità dell'amministrazione, v. specialmente F. TRIMARCHI BANFI, Tutela specifica e tutela risarcitoria degli interessi legittimi, Torino, Giappichelli, 2000, ID., L'ingiustizia del danno da lesione di interessi legittimi, in Dir. proc. amm., n. 3/2001, G. FALCON, Il giudice amministrativo tra giurisdizione di legittimità e giurisdizione di spettanza, in AA.VV., La tutela dell'interesse al provvedimento, Quaderno n. 29 del Dipartimento di Scienze Giuridiche, Trento, Università degli Studi di Trento, 2001, D. VAIANO, Pretesa di provvedimento e processo amministrativo, Milano, Giuffrè, 2002, e ID., Quando arrivò non piacque: il danno da “lesione di interessi pretensivi” e la rete di contenimento giurisprudenziale, in Dir. amm., n. 2/2004. Per un diverso inquadramento generale delle responsabilità nel procedimento amministrativo, v. in ultimo P. LAZZARA, Procedimento e semplificazione. Il riparto dei compiti istruttori tra principio inquisitorio ed autoresponsabilità privata, Roma, Philos, 2005: l'analisi condotta in questo studio è diretta a considerare l'effettivo atteggiarsi dell'onere della prova nei procedimenti amministrativi, con specifico riferimento a quelli ad istanza di parte, al fine di ricostruire differenti regimi di responsabilità per le violazioni delle regole procedurali. Per la ricostruzione tradizionale delle posizioni soggettive degli amministrati nei confronti dell'attività amministrativa e per la concezione “classica” dell'interesse legittimo, sia pure con approdi sensibilmente diversi riguardo alle tesi sulla sua risarcibilità, si vedano, tra i contributi più recenti degli Autori considerati appresso, da una parte A. ROMANO, Sulla pretesa risarcibilità degli interessi legittimi: se sono risarcibili, sono diritti soggettivi, in Dir. amm., n. 1/1998, e ID., Sono risarcibili; ma perché devono essere interessi legittimi?, in Foro it., n. 11/1999, e dall'altra F.G. SCOCA, Per un'amministrazione responsabile, in Giur. cost., n. 6/1999, e ID., Risarcibilità e interesse legittimo, in Dir. pubbl., n. 1/2000. Sulla risarcibilità degli interessi legittimi, v. ora il volume di A. ZITO, Il danno da illegittimo esercizio della funzione amministrativa. Riflessioni sulla tutela dell'interesse legittimo, Napoli, Editoriale Scientifica, 2003, cui si rinvia anche per le ulteriori indicazioni bibliografiche. Per la tesi dell'esistenza, dinnanzi all'esercizio del potere e nello svolgimento della procedura amministrativa, di una gamma eterogenea e complessa di posizioni giuridiche di interesse legittimo e di diritto soggettivo conviventi in capo ai destinatari dei provvedimenti e alle altre parti del procedimento, v. principalmente gli scritti di A. ROMANO TASSONE, tra i quali si segnalano: I problemi di un problema. Spunti in tema di risarcibilità degli interessi legittimi, in Dir. amm., n. 1/1997; voce Situazioni giuridiche soggettive (diritto amministrativo), in Enc. dir., Agg. II, Milano, Giuffrè, 1998; voce Risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi, in Enc. dir., Agg. VI, Milano, Giuffrè, 2002; La responsabilità della p.a. tra provvedimento e comportamento (a proposito di un libro recente), in Dir. amm., n. 2/2004. Per le tesi contrattualiste che appaiono fondare le proprie ricostruzioni della responsabilità dell'amministrazione esclusivamente sull'esistenza, in capo alla stessa, di generici obblighi di protezione o correttezza e di buona fede, si vedano tra i contributi più recenti M. PROTTO, La responsabilità della p.a. per lesioni di interessi legittimi come responsabilità da “contatto” amministrativo, in Resp. civ. e prev., n. 1/2001, ID., La natura della responsabilità della p.a. per lesione di interessi legittimi, in AA.VV., Trasformazioni dell'amministrazione e nuova giurisdizione, a cura di M. Andreis, Milano, Giuffrè, 2004, G.M. RACCA, La responsabilità della pubblica amministrazione e il risarcimento del danno, Parte Prima del volume collettaneo Responsabilità della pubblica amministrazione e risarcimento del danno innanzi al giudice amministrativo, Milano, Giuffrè, 2003, ID., Comportamento scorretto, atto legittimo e responsabilità della pubblica amministrazione, in Urb. e app., n. 8/2003, M.C. CAVALLARO, Potere amministrativo e responsabilità civile, Torino, Giappichelli, 2004, nonché tra i civilisti C. CASTRONOVO, Osservazioni a margine della giurisprudenza nuova in materia di responsabilità civile della pubblica amministrazione, in Jus, n. 1/2004. Più in generale, sulla buona fede nel diritto pubblico e nel diritto amministrativo, oltre al volume di F. MERUSI, Buona fede e affidamento nel diritto pubblico, Milano, Giuffrè, 2001, v. la monografia di F. MANGANARO, Principio di buona fede e attività delle amministrazioni pubbliche, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1995. Per un tentativo organico di composizione delle tesi tradizionali sulle posizioni soggettive degli amministrati con le moderne ricostruzioni contrattualiste della responsabilità dell'amministrazione, si veda ora il recente studio monografico di F. VOLPE, Norme di relazione, norme d'azione e sistema italiano di giustizia amministrativa, Padova, Cedam, 2004. Sull'estensione della giurisdizione amministrativa al risarcimento del danno, v. la trattazione generale di A. POLICE, Il ricorso di piena giurisdizione davanti al giudice amministrativo, vol. II, Contributo alla teoria dell'azione nella giurisdizione esclusiva, Padova, Cedam, 2001, cui si rinvia anche per le ulteriori indicazioni bibliografiche. Sulla sentenza n. 204 del 2004 della Corte costituzionale, tra i numerosi commenti già pubblicati nelle riviste giuridiche, si segnalano: V. CERULLI IRELLI, Giurisdizione esclusiva e azione risarcitoria nella sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 6 luglio 2004 (osservazioni a primissima lettura), in Dir. proc. amm., n. 3/2004; R. VILLATA, Leggendo la sentenza n. 204 della Corte costituzionale, ibidem; B. SASSANI, Costituzione e giurisdizione esclusiva: impressioni a caldo su una sentenza storica, in GiustAmm.it (http://www.giustamm.it), n. 7/2004; G. STANCANELLI, La giurisdizione esclusiva nella sentenza della Corte Costituzionale n. 204/2004 (Riflessioni “a caldo”), ibidem; F. SAITTA, Tanto tuonò che piovve: riflessioni (d'agosto) sulla giurisdizione esclusiva ridimensionata dalla sentenza costituzionale n. 204 del 2004, in LexItalia.it (http://www.lexitalia.it), n. 7-8/2004; M. CLARICH, La “tribunalizzazione” del giudice amministrativo evitata, in Giorn. dir. amm., n. 9/2004; A. POLICE, La giurisdizione del giudice amministrativo è piena, ma non è più esclusiva, ibidem; B.G. MATTARELLA, Il lessico amministrativo della Consulta e il rilievo costituzionale dell'attività amministrativa, ibidem; F. SATTA, La giustizia amministrativa tra ieri, oggi e domani: la sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004, in Foro amm.-C.d.S., n. 7-8/2004; C.E. GALLO, La giurisdizione esclusiva ridisegnata dalla Corte costituzionale alla prova dei fatti, ibidem; G. ROSSI, Il “vecchio” interesse legittimo ringrazia la Corte costituzionale, in Serv. pubbl. e app., n. 3/2004; M.A. SANDULLI, Un passo avanti e uno indietro: il giudice amministrativo è giudice pieno, ma non può giudicare dei diritti, in Riv. giur. edil., n. 4/2004; L. TORCHIA, Biblioteche al macero e biblioteche risorte: il diritto amministrativo nella sentenza n. 204/2004 della Corte costituzionale, in La giustizia amministrativa (www.giustizia-amministrativa.it), ottobre 2004; A. ANGELETTI, A proposito della sentenza della Corte Costituzionale sulla giurisdizione esclusiva, in Resp. civ. e prev., n. 4-5/2004; A. TRAVI, La giurisdizione esclusiva prevista dagli artt. 33 e 34 d. leg. 31 marzo 1998 n. 80, dopo la sentenza della Corte costituzionale 6 luglio 2004 n. 204, in Foro it., n. 10/2004; F. FRACCHIA, La parabola del potere di disporre il risarcimento: dalla giurisdizione “esclusiva” alla giuridisdizione del giudice amministrativo, ibidem; ID., La giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo: un istituto che ha esaurito le sue potenzialità?, in Serv. pubbl. e app., n. 4/2004. Per la confutazione della tesi della “pregiudizialità amministrativa”, oltre al citato studio monografico di F. VOLPE - del quale vedasi pure Una falsa soluzione al problema del pregiudiziale annullamento dell'atto amministrativo illegittimo nelle azioni risarcitorie per lesione di interesse legittimo, in Corr. giur., n. 3/2004 - e alla maggior parte dei contributi nei quali è proposta una ricostruzione in termini contrattuali della responsabilità dell'amministrazione, v. tra i contributi più recenti: A. ROMANO TASSONE, Giudice amministrativo e risarcimento del danno, già in Giust.it (http://www.giust.it), n. 3/2001, ora in LexItalia.it (http://www.lexitalia.it); ID., Sul problema della “pregiudiziale amministrativa”, in AA.VV., La tutela dell'interesse al provvedimento, cit.; G. CORSO, Se il risarcimento del danno da lesione dell'interesse legittimo debba essere preceduto dall'annullamento dell'atto amministrativo, in Riv. giur. quadr. pubbl. serv., n. 1/2001; R. CARANTA, Il ritorno dell'irresponsabilità, in Urb. e app., n. 6/2001; L. TORCHIA, Giustizia amministrativa e risarcimento del danno fra regole di diritto processuale e principi di diritto sostanziale, in Giorn. dir. amm., n. 6/2003; A. TRAVI, Questioni attuali di responsabilità dell'amministrazione: giurisdizione, risarcimento dei danni, pregiudizialità, in Resp. civ. e prev., n. 3/2003; ID., Pregiudizialità dell'annullamento e risarcimento per lesione di interessi legittimi, in Foro it., n. 7-8/2003; G. GRUNER, Considerazioni intorno alla così detta “pregiudiziale amministrativa”, in Serv. pubbl. e app., n. 3/2003; F.G. SCOCA, Novità in tema di tutela dell'interesse legittimo, in GiustAmm.it (http://www.giustamm.it), n. 3/2004. Sul rapporto tra l'azione risarcitoria e l'azione di annullamento nel processo amministrativo, v. ora il recente volume di F.F. TUCCARI, Annullamento dell'atto e processo amministrativo risarcitorio, Napoli, Jovene, 2004, cui si rinvia anche per le ulteriori indicazioni bibliografiche. Sull'azione risarcitoria per la reintegrazione in forma specifica nel giudizio amministrativo e sull'uso discutibile fattone sinora dai giudici di primo grado, si vedano specialmente i seguenti scritti di A. TRAVI: Tutela risarcitoria e giudice amministrativo, in Dir. amm., n. 1/2001; La reintegrazione in forma specifica nel processo amministrativo fra azione di adempimento e azione risarcitoria, in Dir. proc. amm., n. 1/2003; Processo amministrativo e azioni di risarcimento del danno: il risarcimento in forma specifica, in Dir. proc. amm., n. 4/2003. Per l'acceso dibattito vivo ormai da tempo sul tema dei vizi procedurali o formali degli atti amministrativi, si vedano, limitando le indicazioni ad alcuni dei contributi più recenti: G. CORSO, Diritti soggettivi e atti amministrativi nel contenzioso con le autorità indipendenti, in Foro amm.-T.A.R., n. 4/2002; G. PASTORI, Dalla legge n. 241 alle proposte di nuove norme generali sull'attività amministrativa, cit.; D. SORACE, La «legificazione» delle norme generali sull'azione amministrativa, in Amministrare, n. 3/2002; F. FRACCHIA, Vizi formali, semplificazione procedimentale, silenzio-assenso e irregolarità, in Dir. econ., n. 3-4/2002; G. MORBIDELLI, Invalidità e irregolarità, in ASSOCIAZIONE ITALIANA DEI PROFESSORI DI DIRITTO AMMINISTRATIVO, Annuario 2002, Milano, Giuffrè, 2003; A. ROMANO TASSONE, Osservazioni su invalidità e irregolarità degli atti amministrativi, ibidem; F. TRIMARCHI BANFI, Illegittimità e annullabilità del provvedimento amministrativo, in Dir. proc. amm., n. 2/2003; D.-U. GALETTA, Le norme di disciplina dei c.d. «vizi formali» del provvedimento contenute nel d.d.l. n. AS-1281, di modifica della legge n. 241 del 1990: spunti critici, in Foro amm.-T.A.R., n. 5/2003; ID., Violazione di norme sul procedimento amministrativo e annullabilità del provvedimento, Milano, Giuffrè, 2003; F. LUCIANI, Il vizio formale nella teoria dell'invalidità amministrativa, Torino, Giappichelli, 2003; R. FERRARA, Il procedimento amministrativo visto dal «terzo», in Dir. proc. amm., n. 4/2003; A. POLICE, L'illegittimità dei provvedimenti amministrativi alla luce della distinzione tra vizi c.d. formali e vizi sostanziali, in Dir. amm., n. 4/2003; V. CERULLI IRELLI, Vizi formali, procedimento e processo amministrativo, in Cons. Stato, n. 11/2003; ID., Note critiche in materia di vizi formali degli atti amministrativi, in Dir. pubbl., n. 1/2004; ID., Relazione conclusiva, in AA.VV., Dal procedimento amministrativo all'azione amministrativa, a cura di S. Civitarese Matteucci e G. Gardini, Bologna, Bononia University Press, 2004; G. GARDINI, La nuova disciplina dei vizi dell'atto amministrativo, ibidem; F.G. SCOCA, Novità in tema di tutela dell'interesse legittimo, cit.; AA.VV., Vizi formali, procedimento e processo amministrativo, a cura di V. Parisio, Milano, Giuffrè, 2004; M.A. SANDULLI, La comunicazione di avvio del procedimento tra forma e sostanza, in Foro amm.T.A.R., n. 5/2004. (*) Il presente contributo è destinato a un volume collettaneo sulla responsabilità civile della pubblica amministrazione che sarà edito da Giuffrè con il titolo Verso un'amministrazione responsabile.