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Francesco Bonsembiante e Marco Paolini
presentano
CON IL FIATO SOSPESO
UN FILM DI
COSTANZA QUATRIGLIO
CON
Alba Rohrwacher – Michele Riondino
Anna Balestrieri – Gaetano Aronica
UNA DISTRIBUZIONE
Proiezione stampa (pubblico – accreditati)
Sabato 31 agosto, ore 10.00 – SALA GRANDE
Proiezione ufficiale
Sabato 31 agosto, ore 17.00 – SALA PERLA
Replica
Mercoledì 4 settembre, ore 17.30 – SALA PASINETTI
UFFICIO STAMPA ISTITUTO LUCE CINECITTÀ
Marlon Pellegrini
T.:+39 o6 72286407 M.: +39 334 9500619
[email protected]
UFFICIO STAMPA FILM VIC Communication
Lucrezia Viti (+39) 348 2565827; [email protected]
Stefano Orsini (+39) 377 6869907; [email protected]
Vera Usai(+39)347 0927133; [email protected]
www.vic-communication.com
MATERIALI STAMPA DISPONIBILI SU www.cinecitta.com
CREDITI
scritto e diretto da
musiche
fotografia
montaggio
scenografia
costumi
parrucchiera
fonico di presa diretta
brani live
montaggio trailer e videoclip
post-produzione video e audio
grafica
Costanza Quatriglio
Paolo Buonvino
Sabrina Varani
Luca Gasparini, Letizia Caudullo
Beatrice Scarpato
Francesca Vecchi, Roberta Vecchi
Daniela Tartari
Gianluca Scarlata
Black Eyed Dog
Andrea Campajola
IN HOUSE
Paolo Sperandeo
una produzione
con la collaborazione di
in associazione con
Jolefilm e Costanza Quatriglio
Ines Vasiljevic
Istituto Luce Cinecittà
una distribuzione
ISTITUTO LUCE CINECITTÀ
Italia 2013
Durata: 35’
INTERPRETI
Alba Rohrwacher
Michele Riondino
Anna Balestrieri
Gaetano Aronica
STELLA
EMANUELE
ANNA
TECNICO DI LABORATORIO
Crediti non contrattuali
SINOSSI
Stella studia Farmacia all'università. Quando è l’ora della tesi viene inserita in un
gruppo di ricerca. Pian piano si rende conto che nei laboratori di chimica qualcosa non
va. L'ambiente è insalubre, qualcuno comincia a star male, i professori parlano di
coincidenze. L’amica Anna, che ha lasciato gli studi per suonare in un gruppo indiepunk, vorrebbe che Stella smettesse di passare intere giornate in laboratorio; Stella, al
contrario, non vuole rinunciare al suo sogno. Dall’incredulità alla perdita di ogni
certezza: la sua storia si intreccia con il diario di un giovane dottorando che ha già
percorso la strada in cui Stella si imbatterà. Ispirato al memoriale – denuncia di
Emanuele, dottorando nel Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di
Catania, morto di tumore al polmone nel dicembre 2003.
NOTE DI REGIA
La genesi del film
Nel dicembre 2008 fui colpita da una notizia in breve che riguardava l’apposizione dei sigilli ai
laboratori di chimica della Facoltà di Farmacia dell’Università di Catania a causa del sospetto
inquinamento ambientale. A questa si aggiungeva il ritrovamento del memoriale di un giovane
dottorando di ricerca dello stesso dipartimento, morto per un tumore al polmone nel 2003,
cinque anni prima del sequestro dei laboratori. In questo diario Emanuele, 29 anni, aveva
denunciato condizioni di lavoro insalubri in locali che egli stesso definiva non idonei alla
ricerca scientifica: cappe aspiratrici non funzionanti; mancanza di aperture e di aerazione in
ambienti dove sostanze chimiche anche cancerogene venivano utilizzate sui banconi,
custodite in frigoriferi arrugginiti o smaltite negli scarichi dei lavandini; esalazioni altamente
tossiche respirate quotidianamente da studenti e ricercatori. La cosa più sconvolgente era
proprio il fatto che subito dopo la notizia del sequestro dei laboratori emergevano altre storie
di ricercatori, tecnici e dottorandi morti o ammalatisi di tumori; alcuni di essi direttamente
riconducibili alle attività dei cosiddetti colletti bianchi. Sembrava una storia degna di
Leonardo Sciascia. Il processo che oggi vede imputati i vertici della Facoltà per inquinamento
ambientale e discarica non autorizzata ha rivelato perizie in cui già nel 2005 si parlava di
contaminazioni da mercurio, zinco, arsenico, piombo, rame, nichel e stagno con percentuali
che superavano i livelli industriali dei petrolchimici.
La ricerca
Da quel dicembre 2008 è cominciato il mio personalissimo viaggio all’interno di questa
faccenda. Ho frequentato i laboratori di chimica di altre facoltà allo scopo di decodificare il
diario di Emanuele e cercare di capire la reale portata della storia che avevo deciso di
raccontare. Anni di documentazione, incontri e questionari a ricercatori di alcune università. È
il ritratto di ambienti obsoleti e dello stato di ricattabilità perenne in cui vivono i giovani che
amano la ricerca e non vogliono rinunciare al loro sogno. Il mondo dei paradossi. La storia dei
giovani universitari costretti a studiare e a fare ricerca in laboratori di chimica insalubri e
dannosi è, per me, la metafora di come l’Italia sia, oramai, il Paese che divora i suoi figli. Nella
storia di Stella si consuma il più alto dei tradimenti e noi tutti dobbiamo fare i conti con un
Paese senescente, che ha dato prova di essere del tutto incapace di progettare il proprio
futuro.
Stella è un personaggio inventato, sintesi di diverse vite. Ciò che mi ha colpito della storia
originaria è che l’Università di Catania raccoglie studenti provenienti da un’ampia area,
compresa quella dell’entroterra; anche questo è emblematico di quanto possa essere feroce il
tradimento subìto da chi affida i propri figli all’istituzione università. Nel film, molto
importante è la musica. È stato il mio modo di rendere omaggio alla città che ha ispirato
questa storia, la Catania dalla forte tradizione musicale elettronica, la stessa che per anni è
stata soprannominata “piccola Seattle” a causa delle risonanze americane. È grazie a questa
suggestione che ha preso vita il personaggio di Anna, amica di Stella, musicista indie che ha
rifiutato le logiche dell’università per dedicarsi alla musica. Anna ama la chimica eppure è
capace di dire di no. Svolge una funzione drammaturgica importantissima perché è attraverso
di lei che noi non rimaniamo invischiati in questa storia collosa e inquinante. La musica è quel
linguaggio universale e prezioso da scegliere e custodire. Come la chimica, del resto. Questo
l’ho imparato da chi la chimica l’ama davvero.
La scelta del linguaggio del film è arrivata dopo.
Perché un film di finzione
Ciascun cineasta, nella propria attività, sperimenta in continuazione quel limite oltre il quale
ciò che si vuole raccontare diventa impalpabile, non filmabile. Nel cinema documentario il non
filmabile è quella soglia che divide il discorso pubblico che un testimone ha desiderio e
disponibilità a fare e la propria intimità che ritiene inviolabile, almeno entro una determinata
misura. Nel caso specifico dei fatti raccontati ne Con il fiato sospeso, la percezione di questo
limite fin da subito mi ha spinto a desiderare la messa in scena, la scrittura di una
sceneggiatura e il lavoro con gli attori. Anche quella tra cinema di finzione e cinema
documentario è una soglia, ed è proprio lavorando su questi diversi limiti, che ho concepito il
film. Mi sono chiesta fin da subito quanto volessi rappresentare senza mediazioni il dolore di
un padre e di una madre per la morte di un figlio; quanto la rappresentazione di questo dolore
nel contesto di un film documentario non schiacciasse il senso stesso del racconto rendendolo
ingestibile per lo spettatore, addirittura repulsivo e “falsificante” del senso generale che
necessariamente un film deve contemplare anche quando racconta una micro-storia. Ecco che
lo spaesamento, il dolore, interpretato da una attrice o da un attore, può essere il dolore di
tutti noi, può legittimamente trascendere quella vicenda umana particolare, e diventare
qualcosa di estremamente condivisibile. Ho deciso, quindi, che avrei usato il mezzo più usuale
e riconoscibile del cinema della realtà, l’intervista, e l’avrei messo a disposizione di un film di
finzione. La testimonianza diretta di Stella, interpretata da Alba Rohrwacher, mi ha permesso
di entrare e uscire dai due diversi generi, fornendo allo spettatore, attraverso il linguaggio,
una riflessione non solo sul dolore, ma anche sul cinema. Una contaminazione che mi ha
permesso di portare alle estreme conseguenze un ragionamento nato con L’isola, che in questi
anni ho portato avanti. Anche qui vi è un continuo dialogo tra i dettagli di realtà inseriti in
contesti di finzione e viceversa ed è da questo dialogo che trae linfa una drammaturgia frutto
di una relazione potente con l’ambiente, in cui il punto di vista è imprescindibile quanto la
necessità di raccontare questa storia.
Costanza Quatriglio
BIO-FILMOGRAFIA DELLA REGISTA
Costanza Quatriglio (Palermo, 1973) è autrice del pluripremiato L’ISOLA, presentato al Festival di
Cannes alla Quinzaine des Réalisateurs nel 2003. Tra i suoi film documentari, premiati in diversi
festival in Italia e all’estero e trasmessi per lo più da Rai Tre, ma anche da Tele+, La7 e Sky Cinema,
ricordiamo Racconti per l’isola, presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di
Venezia nel 2003, ècosaimale?, vincitore del premio della giuria al Festival di Torino nel 2000,
L'insonnia di Devi, andato in onda su TELE+, Raìz, miniserie trasmessa da Rai Tre nel 2004, Il
Mondo Addosso, co-prodotto da Rai Tre, presentato alla Festa del Cinema di Roma nel 2006, Il mio
cuore umano, anch’esso coprodotto da Rai Tre, Evento Speciale al Festival Internazionale di
Locarno nel 2009, Breve film d’amore e libertà, presentato al Festival Internazionale del Film di
Roma nel 2010 e Terramatta, Evento Speciale alle Giornate degli Autori durante la Mostra del
Cinema di Venezia 2012, segnalato come Film della Critica 2012 e Nastro d’Argento per il miglior
documentario 2013.
2012 documentario Terramatta; (75’)
2010 spot Solo per parlare - campagna Navigare Sicuri (1’30”)
2010 cortometraggio Breve film d’amore e libertà (14’)
2009 documentario Il mio cuore umano (52’)
2008 cortometraggio per film collettivo All Human Rights for all Art.11 (4’)
2007 spot Affidarsi - campagna Affido Familiare (4’)
2007 documentario Migranti in cammino (35’)
2006 documentario Il mondo addosso (90’)
2005 documentario Metro ore 13 (5’)
2004 documentario Comandare una storia zen (12’)
2004 documentario Raìz parte I, II, III (50’ x 3)
2003 documentario Racconti per l’isola - appunti di lavoro per un film (25’)
2003 film lungometraggio L’isola (103’)
2002 documentario La borsa di Helene (23’)
2001 documentario L’insonnia di Devi - viaggio attraverso le adozioni internazionali (68’)
2000 documentario Il bambino Gioacchino (25’)
2000 documentario Ècosaimale? (60’)
2000 cortometraggio Una sera (9’)
1999 cortometraggio Il giorno che ho ucciso il mio amico soldato (16’)
1998 cortometraggio Anna! (9’)
1997 cortometraggio L’albero (6’)
Note sul film – Alba Rohrwacher
Far parte di questo film è stata un’avventura importante. I pochi giorni di lavorazione sono
stati intensi e anche commoventi. Credo la nostra piccola squadra abbia sposato il progetto
perché ha capito quanto fosse importante INIZIARE a raccontare questa storia. Così il
personaggio di Stella è esistito fin da subito, quasi una portavoce di chi non ha avuto la
possibilità di denunciare. L’idea dell’intervista al personaggio un po' mi spaventava. Così con
Costanza siamo andate piano, lavorando prima su un testo che via via si modificava, poi su
sequenze girate in laboratorio e infine sulla spina dorsale del lavoro che si è rivelata essere
proprio l’intervista. Arrivate a quel famoso scoglio che era per me l’intervista, chiusi in un
pezzettino di Teatro di Posa con una troupe di tre persone più l’attrice (!), ci siamo messi al
lavoro. Costanza mi faceva le domande e io rispondevo seguendo un testo ormai stabilito ma
che spesso cambiava se l’emozione che si creava lo richiedeva. C’era una strana sacralità in
quel piccolo spazio, credo dovuta all’adesione di tutti noi a questa storia dolorosa. E dunque
ogni pensiero, ogni scambio basato su una relazione profonda tra l’intervistatore (Costanza) e
Stella (io), l’ho sentito via via sempre più necessario e sincero.
Alba Rohrwacher
IL MISTERO DEL LABORATORIO DEI VELENI
Ricostruzione a cura della redazione di CTzen.it (agosto 2013)
«Con la presente descrivo un caso dannoso e ignobile di smaltimento di rifiuti tossici e
l’utilizzo di sostanze e reattivi chimici potenzialmente tossici e nocivi in un edificio non
idoneo a tale scopo e sprovvisto dei minimi requisiti di sicurezza». Sono le parole scritte tra il
21 e il 27 ottobre 2003 da Emanuele Patanè, dottorando dell’ateneo di Catania, morto di
cancro al polmone poche settimane dopo aver redatto un memoriale denso di accuse su
quanto accadeva nei laboratori del dipartimento di Scienze Farmaceutiche. Grazie alla sua
testimonianza postuma e a un esposto anonimo presentato alla procura etnea, nel novembre
2008 gli inquirenti decidono di mettere i sigilli ai laboratori della facoltà. All'interno dello
stabile si trovano quattro dipartimenti, ma ad interessare gli inquirenti in particolar modo è
proprio quello frequentato dal giovane Patanè che nel suo diario racconta di smaltimento di
liquidi pericolosi senza alcuna misura di sicurezza, cappe di aspirazione mal funzionanti,
odori tossici. E stila un elenco di colleghi, personale amministrativo e docenti vittime di
tumori, ictus e, in un caso, di un aborto spontaneo al sesto mese.
Tra il 2009 e il 2011 si susseguono le indagini per accertare fatti e responsabilità e viene
compiuto l’incidente probatorio ad anni di distanza dal momento della denuncia dal giovane
dottorando. Undici mesi dopo il sequestro, l'intero edificio viene riconsegnato all'università. Il
processo per disastro e discarica non autorizzata nel periodo che va dal 2004 al 2007 parte
con il rinvio a giudizio di direttore amministrativo, dirigente dell'ufficio tecnico e responsabile
del servizio prevenzione e protezione dai rischi dell'ateneo, dell'ex preside della facoltà di
Farmacia e del direttore del dipartimento di Scienze farmaceutiche, oltre ai tre membri della
commissione sicurezza creata proprio per vigilare sulla struttura.
Si scopre che le prime segnalazioni ufficiali su malesseri e strani odori risalgono ai primi mesi
del 2000. Lettere, note, verbali ufficiali nei quali si leggono descrizioni di «vapori
maleodoranti» che rendono «l'aria irrespirabile». I dipendenti, nel corso delle udienze,
descrivono i corridoi del seminterrato avvolti da una strana nebbia, mentre i gradini in
marmo della struttura si presentano corrosi. Quello preso in esame nelle aule giudiziarie è un
periodo confuso per la Facoltà di Farmacia: dal personale giungono continue richieste di
trasferimento, la ditta di pulizie si rifiuta per alcuni giorni di entrare nei locali, un tecnico di
laboratorio è costretto ad un ricovero urgente, alcuni giovani studenti si ammalano per poi
morire, una dipendente si accascia sulla scrivania vittima di un ictus che non le lascerà
scampo. Intanto le aule e i laboratori vengono chiusi a più riprese, anche per intere settimane,
e gli allievi rimangono pressoché all'oscuro di quanto accade attorno a loro. Dopo alcune
analisi rivelatesi infruttuose, i vertici del dipartimento convocano nel 2005 un'azienda
esperta nella bonifica di siti industriali. Ma il piano di messa in sicurezza concordato viene
ridimensionato e l'università esclude i carotaggi all'interno dei laboratori, una misura che
avrebbe consentito di agire con maggiore precisione. In compenso, nel 2006, viene
completamente rifatto l'impianto fognario, un'operazione che non viene comunicata ai tecnici
al lavoro per stabilire la presenza di contaminazione e che muta in maniera irreparabile
quello che dopo pochi anni diventerà ufficialmente il luogo di un presunto illecito.
Una decina di morti, circa 20 i malati, 38 i casi di patologie gravi. Sono queste le stime di uno
dei legali delle parti civili per il secondo processo sul “laboratorio dei veleni”, quello per
omicidio colposo plurimo. Tra le presunte vittime, studenti giovanissimi e lavoratori che non
avevano mai manifestato alcun segno che potesse allarmarli sul proprio stato di salute.
Intanto si attende la conclusione del processo in corso per disastro e gestione di discarica non
autorizzata, giunto ormai alle battute finali. Un processo difficile, sia per la difficoltà
nell'accertare lo stato del sottosuolo in assenza di rilievi effettuati nel periodo preso in esame,
sia per l'atteggiamento di alcuni dei testimoni. Come ha messo più volte in rilievo il pubblico
ministero, da un lato i docenti in pensione e parte del personale tecnico-amministrativo
parlano sotto giuramento di una situazione drammatica, dall’altro i professori ancora in
servizio minimizzano quanto riportato nei documenti messi agli atti.
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