Francesco Bonsembiante e Marco Paolini presentano CON IL FIATO SOSPESO UN FILM DI COSTANZA QUATRIGLIO CON Alba Rohrwacher – Anna Balestrieri Michele Riondino – Gaetano Aronica UNA DISTRIBUZIONE UFFICIO STAMPA ISTITUTO LUCE CINECITTÀ UFFICIO STAMPA FILM VIC Communication Marlon Pellegrini Lucrezia Viti (+39) 348 2565827; lucrezia@vic-­‐communication.com T.:+39 o6 72286407 M.: +39 334 9500619 Stefano Orsini (+39) 377 6869907; stefano@vic-­‐communication.com [email protected] Vera Usai(+39)347 0927133; vera@vic-­‐communication.com www.vic-­‐communication.com MATERIALI STAMPA DISPONIBILI SU www.cinecitta.com CREDITI scritto e diretto da Costanza Quatriglio musiche Paolo Buonvino fotografia Sabrina Varani montaggio Luca Gasparini, Letizia Caudullo scenografia Beatrice Scarpato costumi Francesca Vecchi, Roberta Vecchi parrucchiera Daniela Tartari fonico di presa diretta Gianluca Scarlata brani live Black Eyed Dog post-­‐produzione video e audio IN HOUSE grafica Paolo Sperandeo una produzione Jolefilm e Costanza Quatriglio con la collaborazione di Ines Vasiljevic in associazione con Istituto Luce Cinecittà una distribuzione ISTITUTO LUCE CINECITTÀ Italia 2013 Durata: 35’ INTERPRETI Alba Rohrwacher STELLA Anna Balestrieri ANNA Michele Riondino EMANUELE Gaetano Aronica TECNICO DI LABORATORIO Crediti non contrattuali SINOSSI Stella studia Farmacia all'università. Quando è l’ora della tesi viene inserita in un gruppo di ricerca. Pian piano si rende conto che nei laboratori di chimica qualcosa non va. L'ambiente è insalubre, qualcuno comincia a star male, i professori parlano di coincidenze. L’amica Anna, che ha lasciato gli studi per suonare in un gruppo indie-­‐ punk, vorrebbe che Stella smettesse di passare intere giornate in laboratorio; Stella, al contrario, non vuole rinunciare al suo sogno. Dall’incredulità alla perdita di ogni certezza: la sua storia si intreccia con il diario di un giovane dottorando che ha già percorso la strada in cui Stella si imbatterà. Ispirato al memoriale – denuncia di Emanuele, dottorando nel Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Catania, morto di tumore al polmone nel dicembre 2003. NOTE DI REGIA La genesi del film Nel dicembre 2008 fui colpita da una notizia in breve che riguardava l’apposizione dei sigilli ai laboratori di chimica della Facoltà di Farmacia dell’Università di Catania a causa del sospetto inquinamento ambientale. A questa si aggiungeva il ritrovamento del memoriale di un giovane dottorando di ricerca dello stesso dipartimento, morto per un tumore al polmone nel 2003, cinque anni prima del sequestro dei laboratori. In questo diario Emanuele, 29 anni, aveva denunciato condizioni di lavoro insalubri in locali che egli stesso definiva non idonei alla ricerca scientifica: cappe aspiratrici non funzionanti; mancanza di aperture e di aerazione in ambienti dove sostanze chimiche anche cancerogene venivano utilizzate sui banconi, custodite in frigoriferi arrugginiti o smaltite negli scarichi dei lavandini; esalazioni altamente tossiche respirate quotidianamente da studenti e ricercatori. La cosa più sconvolgente era proprio il fatto che subito dopo la notizia del sequestro dei laboratori emergevano altre storie di ricercatori, tecnici e dottorandi morti o ammalatisi di tumori; alcuni di essi direttamente riconducibili alle attività dei cosiddetti colletti bianchi. Sembrava una storia degna di Leonardo Sciascia. Il processo che oggi vede imputati i vertici della Facoltà per inquinamento ambientale e discarica non autorizzata ha rivelato perizie in cui già nel 2005 si parlava di contaminazioni da mercurio, zinco, arsenico, piombo, rame, nichel e stagno con percentuali che superavano i livelli industriali dei petrolchimici. La ricerca Da quel dicembre 2008 è cominciato il mio personalissimo viaggio all’interno di questa faccenda. Ho frequentato i laboratori di chimica di altre facoltà allo scopo di decodificare il diario di Emanuele e cercare di capire la reale portata della storia che avevo deciso di raccontare. Anni di documentazione, incontri e questionari a ricercatori di alcune università. È il ritratto di ambienti obsoleti e dello stato di ricattabilità perenne in cui vivono i giovani che amano la ricerca e non vogliono rinunciare al loro sogno. Il mondo dei paradossi. La storia dei giovani universitari costretti a studiare e a fare ricerca in laboratori di chimica insalubri e dannosi è, per me, la metafora di come l’Italia sia, oramai, il Paese che divora i suoi figli. Nella storia di Stella si consuma il più alto dei tradimenti e noi tutti dobbiamo fare i conti con un Paese senescente, che ha dato prova di essere del tutto incapace di progettare il proprio futuro. Stella è un personaggio inventato, sintesi di diverse vite. Ciò che mi ha colpito della storia originaria è che l’Università di Catania raccoglie studenti provenienti da un’ampia area, compresa quella dell’entroterra; anche questo è emblematico di quanto possa essere feroce il tradimento subìto da chi affida i propri figli all’istituzione università. Nel film, molto importante è la musica. È stato il mio modo di rendere omaggio alla città che ha ispirato questa storia, la Catania dalla forte tradizione musicale elettronica, la stessa che per anni è stata soprannominata “piccola Seattle” a causa delle risonanze americane. È grazie a questa suggestione che ha preso vita il personaggio di Anna, amica di Stella, musicista indie che ha rifiutato le logiche dell’università per dedicarsi alla musica. Anna ama la chimica eppure è capace di dire di no. Svolge una funzione drammaturgica importantissima perché è attraverso di lei che noi non rimaniamo invischiati in questa storia collosa e inquinante. La musica è quel linguaggio universale e prezioso da scegliere e custodire. Come la chimica, del resto. Questo l’ho imparato da chi la chimica l’ama davvero. La scelta del linguaggio del film è arrivata dopo. Perché un film di finzione Ciascun cineasta, nella propria attività, sperimenta in continuazione quel limite oltre il quale ciò che si vuole raccontare diventa impalpabile, non filmabile. Nel cinema documentario il non filmabile è quella soglia che divide il discorso pubblico che un testimone ha desiderio e disponibilità a fare e la propria intimità che ritiene inviolabile, almeno entro una determinata misura. Nel caso specifico dei fatti raccontati ne Con il fiato sospeso, la percezione di questo limite fin da subito mi ha spinto a desiderare la messa in scena, la scrittura di una sceneggiatura e il lavoro con gli attori. Anche quella tra cinema di finzione e cinema documentario è una soglia, ed è proprio lavorando su questi diversi limiti, che ho concepito il film. Mi sono chiesta fin da subito quanto volessi rappresentare senza mediazioni il dolore di un padre e di una madre per la morte di un figlio; quanto la rappresentazione di questo dolore nel contesto di un film documentario non schiacciasse il senso stesso del racconto rendendolo ingestibile per lo spettatore, addirittura repulsivo e “falsificante” del senso generale che necessariamente un film deve contemplare anche quando racconta una micro-­‐storia. Ecco che lo spaesamento, il dolore, interpretato da una attrice o da un attore, può essere il dolore di tutti noi, può legittimamente trascendere quella vicenda umana particolare, e diventare qualcosa di estremamente condivisibile. Ho deciso, quindi, che avrei usato il mezzo più usuale e riconoscibile del cinema della realtà, l’intervista, e l’avrei messo a disposizione di un film di finzione. La testimonianza diretta di Stella, interpretata da Alba Rohrwacher, mi ha permesso di entrare e uscire dai due diversi generi, fornendo allo spettatore, attraverso il linguaggio, una riflessione non solo sul dolore, ma anche sul cinema. Una contaminazione che mi ha permesso di portare alle estreme conseguenze un ragionamento nato con L’isola, che in questi anni ho portato avanti. Anche qui vi è un continuo dialogo tra i dettagli di realtà inseriti in contesti di finzione e viceversa ed è da questo dialogo che trae linfa una drammaturgia frutto di una relazione potente con l’ambiente, in cui il punto di vista è imprescindibile quanto la necessità di raccontare questa storia. Costanza Quatriglio BIO-­‐FILMOGRAFIA DELLA REGISTA Costanza Quatriglio (Palermo, 1973) è autrice del pluripremiato L’ISOLA, presentato al Festival di Cannes alla Quinzaine des Réalisateurs nel 2003. Tra i suoi film documentari, premiati in diversi festival in Italia e all’estero e trasmessi per lo più da Rai Tre, ma anche da Tele+, La7 e Sky Cinema, ricordiamo Racconti per l’isola, presentato alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia nel 2003, ècosaimale?, vincitore del premio della giuria al Festival di Torino nel 2000, L'insonnia di Devi, andato in onda su TELE+, Raìz, miniserie trasmessa da Rai Tre nel 2004, Il Mondo Addosso, co-­‐prodotto da Rai Tre, presentato alla Festa del Cinema di Roma nel 2006, Il mio cuore umano, anch’esso coprodotto da Rai Tre, Evento Speciale al Festival Internazionale di Locarno nel 2009, Breve film d’amore e libertà, presentato al Festival Internazionale del Film di Roma nel 2010 e Terramatta, Evento Speciale alle Giornate degli Autori durante la Mostra del Cinema di Venezia 2012, segnalato come Film della Critica 2012 e Nastro d’Argento per il miglior documentario 2013. 2012 documentario Terramatta; (75’) 2010 spot Solo per parlare -­‐ campagna Navigare Sicuri (1’30”) 2010 cortometraggio Breve film d’amore e libertà (14’) 2009 documentario Il mio cuore umano (52’) 2008 cortometraggio per film collettivo All Human Rights for all Art.11 (4’) 2007 spot Affidarsi -­‐ campagna Affido Familiare (4’) 2007 documentario Migranti in cammino (35’) 2006 documentario Il mondo addosso (90’) 2005 documentario Metro ore 13 (5’) 2004 documentario Comandare una storia zen (12’) 2004 documentario Raìz parte I, II, III (50’ x 3) 2003 documentario Racconti per l’isola -­‐ appunti di lavoro per un film (25’) 2003 film lungometraggio L’isola (103’) 2002 documentario La borsa di Helene (23’) 2001 documentario L’insonnia di Devi -­‐ viaggio attraverso le adozioni internazionali (68’) 2000 documentario Il bambino Gioacchino (25’) 2000 documentario Ècosaimale? (60’) 2000 cortometraggio Una sera (9’) 1999 cortometraggio Il giorno che ho ucciso il mio amico soldato (16’) 1998 cortometraggio Anna! (9’) 1997 cortometraggio L’albero (6’) Note sul film – Alba Rohrwacher Far parte di questo film è stata un’avventura importante. I pochi giorni di lavorazione sono stati intensi e anche commoventi. Credo la nostra piccola squadra abbia sposato il progetto perché ha capito quanto fosse importante INIZIARE a raccontare questa storia. Così il personaggio di Stella è esistito fin da subito, quasi una portavoce di chi non ha avuto la possibilità di denunciare. L’idea dell’intervista al personaggio un po' mi spaventava. Così con Costanza siamo andate piano, lavorando prima su un testo che via via si modificava, poi su sequenze girate in laboratorio e infine sulla spina dorsale del lavoro che si è rivelata essere proprio l’intervista. Arrivate a quel famoso scoglio che era per me l’intervista, chiusi in un pezzettino di Teatro di Posa con una troupe di tre persone più l’attrice (!), ci siamo messi al lavoro. Costanza mi faceva le domande e io rispondevo seguendo un testo ormai stabilito ma che spesso cambiava se l’emozione che si creava lo richiedeva. C’era una strana sacralità in quel piccolo spazio, credo dovuta all’adesione di tutti noi a questa storia dolorosa. E dunque ogni pensiero, ogni scambio basato su una relazione profonda tra l’intervistatore (Costanza) e Stella (io), l’ho sentito via via sempre più necessario e sincero. Alba Rohrwacher IL MISTERO DEL LABORATORIO DEI VELENI Ricostruzione a cura della redazione di CTzen.it (agosto 2013) «Con la presente descrivo un caso dannoso e ignobile di smaltimento di rifiuti tossici e l’utilizzo di sostanze e reattivi chimici potenzialmente tossici e nocivi in un edificio non idoneo a tale scopo e sprovvisto dei minimi requisiti di sicurezza». Sono le parole scritte tra il 21 e il 27 ottobre 2003 da Emanuele Patanè, dottorando dell’ateneo di Catania, morto di cancro al polmone poche settimane dopo aver redatto un memoriale denso di accuse su quanto accadeva nei laboratori del dipartimento di Scienze Farmaceutiche. Grazie alla sua testimonianza postuma e a un esposto anonimo presentato alla procura etnea, nel novembre 2008 gli inquirenti decidono di mettere i sigilli ai laboratori della facoltà. All'interno dello stabile si trovano quattro dipartimenti, ma ad interessare gli inquirenti in particolar modo è proprio quello frequentato dal giovane Patanè che nel suo diario racconta di smaltimento di liquidi pericolosi senza alcuna misura di sicurezza, cappe di aspirazione mal funzionanti, odori tossici. E stila un elenco di colleghi, personale amministrativo e docenti vittime di tumori, ictus e, in un caso, di un aborto spontaneo al sesto mese. Tra il 2009 e il 2011 si susseguono le indagini per accertare fatti e responsabilità e viene compiuto l’incidente probatorio ad anni di distanza dal momento della denuncia dal giovane dottorando. Undici mesi dopo il sequestro, l'intero edificio viene riconsegnato all'università. Il processo per disastro e discarica non autorizzata nel periodo che va dal 2004 al 2007 parte con il rinvio a giudizio di direttore amministrativo, dirigente dell'ufficio tecnico e responsabile del servizio prevenzione e protezione dai rischi dell'ateneo, dell'ex preside della facoltà di Farmacia e del direttore del dipartimento di Scienze farmaceutiche, oltre ai tre membri della commissione sicurezza creata proprio per vigilare sulla struttura. Si scopre che le prime segnalazioni ufficiali su malesseri e strani odori risalgono ai primi mesi del 2000. Lettere, note, verbali ufficiali nei quali si leggono descrizioni di «vapori maleodoranti» che rendono «l'aria irrespirabile». I dipendenti, nel corso delle udienze, descrivono i corridoi del seminterrato avvolti da una strana nebbia, mentre i gradini in marmo della struttura si presentano corrosi. Quello preso in esame nelle aule giudiziarie è un periodo confuso per la Facoltà di Farmacia: dal personale giungono continue richieste di trasferimento, la ditta di pulizie si rifiuta per alcuni giorni di entrare nei locali, un tecnico di laboratorio è costretto ad un ricovero urgente, alcuni giovani studenti si ammalano per poi morire, una dipendente si accascia sulla scrivania vittima di un ictus che non le lascerà scampo. Intanto le aule e i laboratori vengono chiusi a più riprese, anche per intere settimane, e gli allievi rimangono pressoché all'oscuro di quanto accade attorno a loro. Dopo alcune analisi rivelatesi infruttuose, i vertici del dipartimento convocano nel 2005 un'azienda esperta nella bonifica di siti industriali. Ma il piano di messa in sicurezza concordato viene ridimensionato e l'università esclude i carotaggi all'interno dei laboratori, una misura che avrebbe consentito di agire con maggiore precisione. In compenso, nel 2006, viene completamente rifatto l'impianto fognario, un'operazione che non viene comunicata ai tecnici al lavoro per stabilire la presenza di contaminazione e che muta in maniera irreparabile quello che dopo pochi anni diventerà ufficialmente il luogo di un presunto illecito. Una decina di morti, circa 20 i malati, 38 i casi di patologie gravi. Sono queste le stime di uno dei legali delle parti civili per il secondo processo sul “laboratorio dei veleni”, quello per omicidio colposo plurimo. Tra le presunte vittime, studenti giovanissimi e lavoratori che non avevano mai manifestato alcun segno che potesse allarmarli sul proprio stato di salute. Intanto si attende la conclusione del processo in corso per disastro e gestione di discarica non autorizzata, giunto ormai alle battute finali. Un processo difficile, sia per la difficoltà nell'accertare lo stato del sottosuolo in assenza di rilievi effettuati nel periodo preso in esame, sia per l'atteggiamento di alcuni dei testimoni. Come ha messo più volte in rilievo il pubblico ministero, da un lato i docenti in pensione e parte del personale tecnico-­‐amministrativo parlano sotto giuramento di una situazione drammatica, dall’altro i professori ancora in servizio minimizzano quanto riportato nei documenti messi agli atti.