martin voigt, la «teoria gender» è tutta colpa della

MARTIN VOIGT, LA «TEORIA GENDER» È TUTTA COLPA DELLA VECCHIA
IDEOLOGIA FEMMINISTA
di Luca Steinmann
Amicizia, teoria gender, accettazione sociale, sessualità, identità, famiglia,
internet. Concetti, questi, che in un primo momento possono sembrare
estranei, ma che sono invece le parole chiave di uno studio recentemente
uscito in Germania e pubblicato in un libro edito da Springer Verlag.
Intitolato "Maedchen im Netz" ("Femmine in rete") e scritto da Martin Voigt,
tale libro è stato pubblicato lo scorso gennaio ed ha come obiettivo quello
di dimostrare come l'utilizzo di internet e soprattutto i social network sia
per molti funzionale a creare una identità fittizia e parallela a quella reale
per cercare un'accettazione sociale che nella vita reale è sempre più
difficile da raggiungere.
Partendo dall'analisi dell'utilizzo dei forum e dei social da parte degli
adolescenti l'opera tenta di mostrare come nelle foto condivise,
nell'esibizionismo sfrenato dei selfie e negli ammiccamenti a sfondo
sessuale vi sia la ricerca di una identità e di un affetto difficile da trovare, dovuto al carattere estemamente fluido e spaesante del mercato del
lavoro e della famiglia nella società occidentale.
Recensito da quasi tutti i pricipali media tedeschi, Femmine in rete ha generato numerose critiche, soprattutto provenienti dalla comunità LGBT
e dal mondo femminista. L'autore riteine di avere infatti individuato delle caratteristiche innate e diverse nella natura maschile e femminile,
cosa che non si concilia con l'uguaglianza totale dei sessi sostenuta da alcune componenti del femminismo. Secondo l'autore si tratta però di
critiche smenitibili. Martin Voigt, 31 anni, ricercatore presso l'Università di Monaco e redattore presso diversi giornali e riviste tedesche,
collabora con diversi progetti scientifici ed è consulente della Polizia Federale Tedesca per quanto riguarda diversi progetti di prevenzione.
Molte critiche, secondo Voigt, non sarebbero supportate da argomentazioni valide, ma da da un forte retaggio ideologico.
Dottor Voigt, cosa l'ha portata a pubblicare questo studio?
Tutto è iniziato modo spontaneo. Era il 2007 ed ero uno studente di lingue all’università di Monaco. Seguendo un corso intitolato “Lo sviluppo
della lingua ai tempi di internet” mi sono reso conto che tutto il materiale che ci veniva fornito era datato di almeno 10 anni e che nessun
professore aveva mai studiato come la lingua tedesca stesse cambiando tra gli adolescenti. Per scoprirlo ho iniziato ad andare su internet e a
frequentare le chat pubbliche. Al tempo non c’erano ancora i social network che conosciamo oggi, come facebook e twitter, ma dei forum in cui
la gente scriveva e parlava a vicenda senza conoscerci. Notai subito che a utilizzare queste piattaforme erano quasi sempre lo stesso tipo di
persone che esprimevano lo stesso tipo di sentimenti: ragazzine dai 12 ai 16 anni che rappresentavano forti emozioni in maniera
standardizzata. Tutte scrivevano nello stesso modo, comunicavano con le stesse abbreviazioni delle parole, condividevano lo stesso tipo di
fotografie. Foto provocanti, foto in cui si abbracciano o si baciano a vicenda corredate di commenti che dicono quanto ci si ami a vicenda. Tutte
utilizzavano il web per crearsi una propria identità telematica da condividere con gli altri. Ciò mi ha fatto notare come ci fosse un legame forte
tra la ricerca di identità, il web e le mutazioni linguistiche in atto, per questo ho iniziato ad occuparmi intensamente di questo tema che è stato
poi l’oggetto del mio dottorato ed è diventato il contenuto dei miei libri.
Lei parla dell’appariscenza sul web come un fenomeno tipicamente femminile e giovanile. Eppure oggi, aprendo qualsiasi
social, è evidente come questa sia una cosa trasversale, che interessa tutti i sessi e tutte le età.
E’ vero. Ci sono alcuni elementi condivisi da tutti, altri sono invece fortemente legati all’età e al sesso. In adolescenza, per esempio, i numeri
mostrano come sui social gli uomini si espongano meno e meno spesso. Tutte le principali ricerche sociologiche sono d’accordo nell’affermare
che quelle tra uomini sono amicizie “spalla a spalla”, cioè in cui si cercano meno conferme e con meno continuità. Le ragazze mostrano invece
il bisogno di continue conferme e di manifestazioni delle proprie amicizie, ripetendosi a vicenda quanto si vogliano bene e quanto si sia
importanti a vicenda. Quando non c’era internet i comportamenti più tipici erano quelli di scriversi bigliettini e di fare delle foto insieme nelle
cabine telefoniche delle metropolitane. Il web ha a spettacolarizzato le manifestazioni di affetto femminile che un tempo avvenivano in forma
privata. Le foto provocanti che vengono postate sui social non hanno solo la funzione di suscitare l’interesse dei maschi, sono invece anche e
soprattutto un messaggio all’interno del mondo femminile.
Quali sono invece le manifestazioni condivise trasversalmente da tutti i sessi e tutte le età?
Ciò che accomuna maschi e femmine come ragazzini e adulti è l’utilizzo del web per costruirsi una finta identità. E’ evidente come vi sia la
costante e trasversale ricerca di qualcosa in cui identificarsi, a cui appartenere , che mostri a se stessi di essere amati e accettati. Il web sta
per molti avendo la funzione di colmare un vuoto sociale ed interiore. E’ sbagliato colpevolizzare internet e i social in maniera univoca.
Facebook è soltanto un palco, una manifestazione della volontà di apparire. Non ne è l’origine, che va invece ricercata all’interno della società
moderna.
L’origine di queste manifestazioni è dunque, secondo Lei, una società basata sull’apparenza, cosa che un tempo non era. Quali
sono le origini di questi cambiamenti?
La principale origine di tutto ciò è la mutazione della famiglia. Che, a sua volta, è dovuta al cambiamento del mercato del lavoro. Un tempo la
famiglia rappresentava un momento centrale nel percorso di socializzazione e di definizione dell’identità di un bambino in fase di crescita. Il
bambino passava tanto tempo all’interno del nucleo famigliare, cosa che creava un rapporto intenso con i genitori. Questo non significava che
la famiglia fosse ricetta assoluta di stabilità emotiva e felicità, ciò dipende da caso in caso. Significava però che i bambini crescevano in un
contesto meno competitivo. Gli studi mostrano che all’interno della dimensione famigliare il bambino si senta di potersi comportare per come è
veramente, perché non sente di dover dimostrare nulla per essere accettato, aspettandosi invece di essere amato e protetto a prescindere.
Oggi il mercato ha cambiato la famiglia. Il valore massimo è quello della competitività, cioè dell’ottenimento della miglior prestazione con il
minor costo. Gli stipendi sono così diventati più bassi e nel 90per cento dei casi entrambi i genitori devono lavorare per sbancare il lunario, non
avendo dunque tempo per dedicarsi ai figli. I quali vengono spesso affidati alle scuole e ai doposcuola per tutto il giorno e vivono tutta la
propria quotidianità al di fuori della famiglia, in una società di coetanei nella quale essere accettati non è scontato e per questo è a sua volta
molto più competitiva. Il processo di definizione identitaria di un bambino è così plasmato dal confronto con i coetanei e dal desiderio di essere
accettato. Questo fenomeno è descritto molto bene nel libro“Il signore delle mosche”, un romanzo fondato su veri studi sociologici che mostra
quali dinamiche competitive si instaurino un società composte solo da bambini. In un mercato in cui il valore più alto è la competitività, essa è
diventata anche ciò che plasma gli uomini fin dalla prima infanzia. L’uso dei social ha estremizzato tutto ciò. Ogni foto, ogni post, ogni
commento è un messaggio, una richiesta di accettazione sociale che si misura in base ai “mi piace” che riceve. Le persone valgono tanto
quando è cliccata la propria finta identità telematica.
Il suo libro come alcuni i suoi articoli apparsi sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung e che spiegano i contenuti che ha appena
espresso hanno generato profonde critiche e taglienti accuse. Come se lo spiega?
Le critiche provengono soprattutto dal mondo LGBT e dagli esponenti politici che lo sostengono. Ciò che mi è stato rinfacciato è di avere
descritto e portato documentazioni scientifiche su come, per alcuni aspetti, le femmine siano profondamente diverse dai maschi. Ho portato
esempi a proposito descrivendo chiarissimi stereotipi adolescenziali maschili e femminili e ho scritto che ciò si manifesti anche nell’utilizzo dei
social. Questa evidenza della diversità è in forte contrasto con la teoria gender, che sostiene invece che tra uomo e donna non vi sia alcun tipo
di differenza e che essi possano essere totalmente intercambiabili.
Alcuni considerano l’annullamento delle differenze come una tappa del progresso, come il superamento di un medioevo
culturale a favore della modernità…
Queste persone descrivono l’annullamento delle differenze come un percorso naturale. La scienza come la sociologia mostrano invece
chiaramente come vi siano delle innate differenze biologiche ed emotive tra uomo e donna. L’annullamento delle differenze è in realtà un
processo culturale figlio non della natura ma di determinate decisioni politiche. A teorizzarle sono stati nel secondo dopoguerra i filosofi neomarxisti della Scuola di Francoforte, gli stessi che hanno dato l’input alla rivoluzione culturale del 68, che è stata il più grande momento di
affermazione politica di tali teorie. Il movimento del 68 puntava alla rivoluzione culturale tramite l’abolizione delle disuguaglianze sessuali col
fine di raggiungere un’equiparazione sociale e politica tra uomo e donna. La lotta alla disuguaglianza e l’annullamento delle differenze tra gli
esser umani è il primo scopo dell’ideologia marxista. La scuola di Francoforte ha semplicemente applicato tale concetto alla dimensione
sessuale e ha generato una grande rivoluzione sociale tramite la liberalizzazione umana dei comportamenti sessuali. Il 68 è stato, in questi
termini, una vera rivoluzione perché ha introdotto una nuova cultura, per la quale la libertà degli individui corrisponde alla propria libertà
sessuale. Essa ha distrutto i paradigmi culturali che c’erano precedentemente e che erano basato su concetti come la fedeltà e l’onore che oggi
sono diventati totalmente tabù.
Anche se la cosiddetta teoria gender è figlia di un preciso percorso politico e ideologico secondo alcuni l’annullamento delle
differenze porterà a un miglioramento della qualità della vita degli individui, soprattutto delle donne…
Se la libertà di una persona si misura in base alla propria libertà sessuale allora essa è direttamente proporzionale all’assenza della famiglia
fondata su vincoli di amore e fedeltà, gli stessi che garantiscono stabilità e sicurezza ai bambini. La libertà intesa come assenza di famiglia
genera profonda instabilità, insicurezza e disorientamento nei bambini, che sono gli uomini e le donne di domani. Le personalità dei bambini
sono plasmate dai rapporti con e tra i genitori, se questi sono fluidi, instabili o conflittuali il bambino è disorientato e spinto a cercare
all’esterno del nucleo famigliare ciò che non trova. I comportamenti sui social ne sono spesso la manifestazione, sono la ricerca di attenzione e
la volontà di dimostrare di essere accettati e di avere trovato l’amore. L’individualismo totale, la concezione della libertà solo come libertà
sessuale e l’emancipazione individuale stanno portando alla distruzione della famiglia intesa come garante di stabilità e sicurezza per gli
uomini e le donne di domani. Dobbiamo aspettarci dunque intere generazioni composte da individui totalmente disorientati, alienati, insicuri e
instabili emotivamente.
Lei indica nell’emancipazione, anche femminile, una delle principali cause della distruzione della famiglia e della stabilità ad
essa connessa. Ed è per questo stato accusato di essere un complottista. Come risponde?
Rispondo con i fatti, che mostrano come la distruzione della famiglia stia avvenendo concretamente tramite l’adozione di determinate misure
politiche ed economiche, a prescindere da qualsiasi ipotetico complotto. In Germania questo è evidente in tutti gli schieramenti politici che
formano il governo. Le presunte politiche a tutela della famiglia consistono nell’incentivare la donna a lavorare a tempo pieno e a detassare gli
asili nido e i doposcuola. Questo è esattamente ciò che genera l’allontanamento delle persone che compongono il nucleo famigliare.
Per vivere, però, le persone hanno bisogno di lavorare. Il più delle volte è inevitabile che entrambi i genitori abbiano
un’occupazione lavorativa a tempo pieno. Ne va della sopravvivenza.
E’ vero. Il mercato è cambiato, offre stipendi più bassi e chiede a tutti gli individui di lavorare al 100per cento. In nome del mercato e della
competitività sta venendo abolito ciò che garantiva equilibrio, stabilità e orientamento. La dedizione di tutto il proprio tempo al lavoro e non
agli affetti e ai figli viene visto come la miglior forma di emancipazione, che è la battaglia numero uno del femminismo. In questi termini
possiamo tranquillamente dire che neomarxismo e liberalismo abbiano trovato la propria sintesi nel femminismo e della teoria gender, che
lotta per l’uguaglianza totale in nome della soddisfazione delle richieste del mercato. In Germania durante le manifestazioni della sinistra di
ispirazione marxista viene spesso gridato lo slogan “no family, no border, no nation”. Sono concetti estremamente liberali che vengono fatti
propri dai marxisti, mostrando la sovrapposizione delle due ideologie. In nome di un estremismo individualistico utopico.
Perché utopico?
Perché non corrisponde alla natura del uomo. Che è innata e non muta, anche se cambia la società. L’uomo non è un mero animale che vive
solo di cibo e istinti sessuali. Tutti noi abbiamo una vocazione sociale, cerchiamo rapporti non solo sessuali ma anche e soprattutto di fedeltà.
Non puntiamo solo a riprodurci, ma a dare ai figli la stabilità che permetta loro di crescere serenamente.
Cosa si aspetta per il futuro?
Il fallimento della società fondata su questi paradigmi. Quello in corso è un progetto, anche economico, a breve termine. Finirà per creare non
una società ma un insieme di individui emancipati, concorrenziali e infelici. Per fare grandi progetti sarebbe necessario cambiare totalmente
rotta. Investedno sulla stabilità e sulla crescita felice delle nuove generazioni.
da «il Giornale»