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Capitolo 4. L’Azione dei Fiumi e il Rischio di Piena
Fiumi. Scavano il letto e le spalle con forma a V; nel caso di forti pendenze del letto si ha una prevalente
erosione basale mentre per pendenze deboli di fondo valle-pianura si ha una maggiore erosione laterale. La
dissimmetria della forma a V é frequente nelle valli a meandri (asimmetria alternata a destra e poi sinistra e
cosi di seguito) oppure dove il corso d’acqua subisce la spinta di affluenti da un solo lato. Inoltre anche i
movimenti di inclinazione tettonica possono avere questo effetto. La degradazione differente dei versanti a
causa di diversa esposizione può portare un lato con più materiale di deposito rispetto all’altro.
Una deviazione fluviale provoca variazioni di portata e trasporto solido, accorciamenti dei corsi d’acqua e
cosi via. Ne risentono i vari segmenti della rete idrografica interessati dal fenomeno che entrano in fase di
incisione o di alluvionamento.
Erosione fluviale. Maggior agente di erosione che aumenta con la velocità della corrente.
Sedimenti. Sono trasportati sul fondo i ciottoli e sabbie grosse mentre trasportati in sospensione limi, argille
e sabbie molto fini. La deposizione è dovuta per diminuzione della velocità dell’acqua. Per velocità minime
tra 0,2-0,5 m/sec si ha ancora erosione per depositi consolidati con grani da 0,1-1 mm (sabbie medio-fini).
Per depositi non consolidati la curva di separazione erosione- trasporto, si abbassa (non riportata nella fig.
seguente) coinvolgendo per velocità sui 0,3 m/sec anche i limi
La stima del trasporto solido permette di determinare: i) rischi di cedimenti di argini e ponti; ii) tempo di
insabbiamento di laghi naturali o artificiali; iii) possibili modifiche dei letti fluviali e delta; iv) controllare il
processo di colmatazione dei letti fluviali che impedisce l'alimentazione della falda sotterranea; v) pianificare
le misure di protezione dei filtri per le prese d'acqua.
Nella foto il ponte situato all'apice di un conoide di
deiezione e' stato nel 1996 riempito da ghiaia trasportata dal torrente (Svizzera). L'opera riducendo la
capacita' di trasporto solido, ha nello stesso momento amplificato il processo di sedimentazione.
Un ostacolo, come le pile di un ponte, può avere come conseguenza sia di accelerare il deposito di materiale
grossolano sia di accelerare l’erosione intorno alle pile (ingl. scour) per il materiale fine. La profondità
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massima di erosione al di sotto del livello massimo d’acqua, vale secondo Inglis: Ds = 0,94 (Q/ F )1/ 3 (cm);
Dove Q é la portata in m3/sec del fiume mentre F é il silt factor di Lacey, uguale a
F = 1,76. (D 50) 0,5. Con D50 il diametro in mm, corrispondente al 50% del passante della curva
granulometrica del deposito sedimentario intorno alle pile del ponte.
Alluvium. Sono i sedimenti deposti dal fiume, variabili sia granulometricamente che come spessore.
Piana alluvionale. Si sviluppa in valli e bacini intramontani e viene maggiormente popolata per la facile
agricoltura. Vi si sviluppano anche le maggiori aree a foresta tropicale del mondo (bacini del Rio Amazzoni
e Congo) o le piu estese praterie (Pampas). Nella zona pedemontana-alta pianura si sviluppa un canale
intrecciato, nella media pianura un canale sinuoso, ed infine nella bassa pianura un canale a meandro, ovvero
la piana alluvionale si allarga man mano verso la foce.
Channel fills. Il corso d’acqua nel tempo può deviare e quindi le vecchie canalizzazioni vengono riempite da
materiale fine, comunemente argilla e torba.
Conoidi di deiezione. I conoidi di deiezione (ingl.alluvial fan) sono masse detritiche trasportate dal flusso
dei torrenti di montagna che si depositano a fondo valle a seguito di una brusca diminuzione di pendenza.
I piu' grossi conoidi si sono formati verso la fine dell'ultima glaciazione (12000 anni fa) quando lo
scioglimento dei ghiacciai ha prodotto impetuosi torrenti capaci di trasportare enormi masse detritiche.
Conoide di deiezione a forma di ventaglio su cui si e'
formata la vegetazione e costruito il paese di (a) Marsaglia; (b) torrente Cordarezza; (c) fronte del conoide;
(d) apice del conoide; (e) fiume Trebbia deviato dal fronte del conoide.
Una deviazione fluviale provoca variazioni di portata e trasporto solido, accorciamenti dei corsi d’acqua e
cosi via. Ne risentono i vari segmenti della rete idrografica interessati dal fenomeno che entrano in fase di
incisione o di alluvionamento. Cosi ad esempio nel tardo-glaciale e Olocene il sovra-alluvionamento del
torrente Ardo, affluente di destra del Piave, ha prodotto una intensa sedimentazione detritica che ha prevalso
sui depositi originari del fiume, spostando il Piave a sinistra senza brusca curvatura.
Paleo-alveo del Piave con nuovo alveo epigenetico
ovvero permanenza del fiume sul proprio tracciato anche con differenti terreni di fondo.
Terrazzi alluvionali. Presentano i sedimenti antichi piu in alto rispetto a quelli giovani piu in basso a causa
dell’erosione del fiume che approfondisce l’alveo.
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Depositi lacustri. Sono praticamente simili ai depositi fini fluviali.
Formazione dei meandri. Avviene per migrazione laterale del corso d’acqua, determinato da processi di
sedimentazione ed erosione ai due lati. La forza centrifuga tende a spostare la massa d’acqua verso il lato
concavo dove la velocità della corrente é maggiore ovvero l’erosione é maggiore. Nel lato convesso al
contrario si ha sedimentazione.
Misure contro l’erosione accelerata. L’erosione calanchiva nelle rocce argillose e il gully erosion in quelle
sabbiose-aranacee, non sono sistemabili per cui le costruzioni tendono ad evitarle. L’erosione piu in generale
può innescare frane superficiali nelle zone pedemontane e qui si tende a eseguire: gradonature sia semplici
che con talee, gabbionate, viminate e fascinate, inerbimento a zolle.
Erosione calanchiva a sinistra (erosione diffusa ) e sovrapposizione di conoidi di falda a destra. Un solo
detrito di falda al piede puo essere generato da una incisione profonda nel versante che tende ad arretrare
detta gully erosion (erosione concentrata).
Caratteristiche morfometriche di un bacino idrologico. Un bacino idrologico o idrografico o ancora
imbrifero è una porzione della superficie topografica delimitata da uno spartiacque specifico. Dentro é
presente il fiume principale o asta con i suoi affluenti. I principali parametri geomorfometrici di un bacino
idrologico sono: perimetro (Km); altezza media Hm (m); pendenza media (%); lunghezza asta principale
(Km); lunghezza rete idrica, Ltot (Km); superficie A (Km 2).
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La densita' di drenaggio vale: D = Ltot /A.
Diamo alcuni esempi di densita' di drenaggio:
- Bacino Chiarone D = 2,88 (sviluppato in calcari - marnosi- arenacei del Paleocene)
- Bacino Chie' D = 17,52 (sviluppato in argille Plioceniche).
- Bacino Rio D = 7,7 (sviluppato in argille-marnose-arenacee del Miocene).
- Bacino Valletata D = 7,38 (sviluppato in piroclastiti e terreni palustri del Pleistocene).
Questo parametro e' proporzionale alla acclività dei versanti e alle precipitazioni mentre e' inversamente
proporzionale alla permeabilità' dei terreni. Valori di D = 0 - 4 Km / km 2 sono bassi, mentre tra 4-6 medi ed
infine tra 6-10 alti. Tale parametro e' anche proporzionale all'indice di erosione. Infatti la misura dei processi
erosivi in atto nel bacino viene considerato come trasporto torbido unitario medio annuo Tu (ton/Km 2), che si
valuta con la seguente formula: log Tu = 1,05954 + 2,7987 log D + 0,13985 Δa
Dove Δa rappresenta l'indice di anomalia gerarchica. L'ordine gerarchico dei corsi d'acqua e' definito in
modo che i segmenti del reticolo fluviale sono caratterizzati da numeri. Cosi' i segmenti senza affluenti sono
di 1 ordine; due segmenti di 1 ordine formano uno di 2 ordine; due segmenti di 2 ordine formano uno di 3
ordine e cosi' via.
Un bacino e' perfettamente gerarchizzato quando ogni asta (u) confluisce in un asta di ordine
immediatamente superiore (u + 1). Il rapporto di biforcazione e' pari a Rb = Nu/ Nu+1, e rappresenta il
numero di aste di ordine u che defluiscono direttamente in un'asta di ordine u + 1.
La lunghezza dei canali di ordine u aumenta al crescere di u. Il numero di anomalia gerarchica G corrisponde
al numero minimo di segmenti di primo ordine necessari a rendere il reticolo perfettamente gerarchizzato.
Per confrontare bacini con aree diverse si ricorre alla densità' di anomalia gerarchica: g = G /A.
Bacini con basso g presentano bassa erosione di tipo lineare cioé operata da acque incanalate mentre, valori
elevati (> 30) testimoniano intensi processi erosivi di tipo calanchivo o erosione diffusa. Infine l'indice di
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anomalia gerarchica e' pari a Δa = g /N1, dove N1 e' il numero dei segmenti di primo ordine del reticolo.
Questo parametro e' ancora piu' sensibile ai processi erosivi dato che valori alti sono per bacini con terreni
argillosi senza vegetazione o per zone in cui si e' sviluppata un' intensa attivita' neotettonica.
Ordine gerarchico e anomalie
Esempio: per i bacini citati in precedenza si e' calcolato :
G
g
Δa
Chiarone
4
0,7
0,11
Chie'
389
95,32
0,97
Rio
72
15,25
0,63
Vallelata
19
17,13
0,65
Relativamente al primo: log Tu = 1,05954 + 2,7987 log 2,88 + 0,13985 . 0,11 = 2,39
quindi l'indice di erosione vale: Tu = 250 ton / km2/ anno. Una percentale di Tu consente di determinre la
quantità di insabbiamento di laghi naturali e artificiali.
Mappe del rischio idraulico. Dopo la disastrosa alluvione del 1967 a Firenze, fu indotta la Commisione De
Marchi, congiuntamente dal Ministero dei lavori pubblici e dal Ministero dell’agricoltura e foreste, per lo
studio della sistemazione idraulica e la difesa del suolo. Nel 1970 usci una monumentale relazione definitiva
(900 pagine), ma fu solo con la legge n° 183/1989 sulla difesa del suolo, perché la legislazione italiana
recepisse i concetti fondamentali di quella relazione, adottando il bacino idrografico come ambito territoriale
di riferimento e introducendo strumenti per la gestione delle risorse idriche come i piani di bacino. La legge
definisce bacini nazionali: Isonzo, Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta, Adige, Po, Arno,Tevere, Liri Garigliano,Volturno.
Il Piano di bacino ha valore di piano territoriale di settore ed é lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico
operativo mediante il quale sono pianificate le norme d’uso per la conservazione del suolo e la regimazione
delle acque sulla base delle caratteristiche fisiche e ambientali del territorio interessato. Tiene conto delle
utilizzazioni del territorio previste dagli strumenti urbanistici comunali e intercomunali, dei vincoli
idrogeologici, le prescrizioni per le opere di sistemazione idraulico-forestali, il consolidamento dei terreni e i
vincoli generali per la conservazione del suolo e alla tutela dell’ambiente, nonché le zone litorali che
sottendono il bacino. Abbiamo già visto nel capitolo I, la redazione delle carte del rischio qui riprendiamo lo
schema per quello idraulico:
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Fenomeni naturali
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
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Analisi di pericolosità
Carta di pericolosità idraulica
Antropizzazione

Valutazione di vulnerabilità idraulica
Analisi del rischio
Carta del rischio idraulico
Il Piano di Bacino, elaborato per stralci funzionali, ai sensi dell’art. 65 del D. Lgs. 152/06, ha valore di piano
sovraordinato di settore: le sue disposizioni, a seguito di approvazione e pubblicazione, “hanno carattere
immediatamente vincolante per le amministrazioni e gli enti pubblici, nonché per i soggetti privati, ove
trattasi di prescrizioni dichiarate di tale efficacia dallo stesso Piano di Bacino”.
A tal proposito, per esempio, per le implicazioni che ne derivano in campo urbanistico, si è operata una
sovrapposizione delle zone a rischio idraulico e delle fasce fluviali di esondazione del Tevere e dell’Aniene
sull’elaborato prescrittivo di Piano Regolatore Generale “Sistemi e Regole”, scala 1:10.000.
In particolare, le aree a monte della diga di Castel Giubileo, sono state distinte dall’Autorità di Bacino
Tevere con tempi di ritorno (Tr) di ordine secolare in:
• zona a rischio idraulico medio R2 " per il quale sono possibili danni minori agli edifici, alle infrastrutture e
al patrimonio ambientale che non pregiudicano l'incolumità del personale, l'agibilità degli edifici e la
funzionalità delle attività economiche” (è necessaria la sua gestione attraverso i piani di protezione civile);
• zona a rischio idraulico elevato R3 “ per il quale sono possibili problemi per l'incolumità delle persone,
danni funzionali agli edifici e alle infrastrutture con conseguente inagibilità degli stessi, la interruzione di
funzionalità delle attività socio-economiche e danni rilevanti al patrimonio ambientale” (per la sua gestione è
necessario realizzare opere di difesa);
• zona a rischio idraulico molto elevato R4 “ per il quale sono possibili la perdita di vite umane e lesioni
gravi alle persone, danni gravi agli edifici, alle infrastrutture e al patrimonio ambientale, la distruzione di
attività socio-economiche” (per la sua gestione è necessario realizzare opere di difesa). Le opere di difesa
strutturali tipiche nel bacino idrologico sono: casse di espansione, scolmatori, dighe collinari.
Analisi delle piene. Una piana fluviale presenta ogni anno una portata massima del fiume. Riportando in
grafico le portate massime annuali in funzione del tempo di ritorno della piena é possibile determinare per
estrapolazione i valori di piena anche per un periodo maggiore di 100 anni. Il periodo di ritorno vale
Tr = N+1/ M, dove N = numero di anni registrazioni e M = numero di piene registrate nel periodo.
Dighe
Ponti su corsi d’acqua maggiori
Ponti su piccoli corsi d’acqua
Difesa corsi d’acqua minori
Fossi strade principali
Bonifiche
Fognature urbane
6
Tr = 100- 500 anni
100 - 150 anni
30-50 anni
20-30 anni
10-30 anni
10-25 anni
5-10 anni
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Cosi se in 20 anni di registrazioni si sono avute solo tre volte le piene massime di 300 m 3/sec, il tempo di
ritorno di ciascuna piena sarà 21/3 = 7, ovvero ogni 7 anni si avrà la probabilità di una piena con 300 m 3/sec.
Si può anche dire semplicemente che considerando un tempo di ritorno di 50 anni, la piena massima ha una
probabilità del 2% che ogni anno avvenga. La piena ordinaria é quella che avviene ogni 2,33 anni. L’alveo
puo essere quello di piena ordinaria, quello di piena straordinaria secolare, mentre la piana alluvionale é
quella in cui avvengono piene plurisecolari. Non sempre si hanno le misure di portata (dedotte con aste
graduate idrometriche o correntometri di velocità), allora più frequentemente si studiano i dati pluviometrici,
prendendo la massima altezza di pioggia (mm) in un dato periodo di tempo (detta intensità) ed in genere
negli studi di opere idrauliche non impegnative, l’intensità di pioggia critica limite é sui 50-100 mm/ora.
Per trasformare gli afflussi delle piogge in deflussi fluviali o si usa il metodo SCN visto pima oppure é
necessaria considerare la durata di pioggia pari al tempo di corrivazione Tc in un certo tempo di ritorno di
piena (che varia in funzione dell’opera idraulica e si può per lunghi periodi di ritorno estrapolare dalla retta
di figura sopra). Il tempo di corrivazione Tc e' il tempo che impiega una particella di pioggia caduta sul
punto piu' a monte, a raggiungere il punto di misura più a valle. Esistono varie formule per Tc. Secondo il
Giandotti (per bacini > 170 km2 o per bacini a forte pendenza) vale l'espressione :
Tc [ore] = 4 (S)0,5 + 1,5 L / 0,8 (Hm)0,5
Kirpich invece, per bacini più piccoli: Tc [ore] = 0,95 L / d 0,385
Dove S = superficie del bacino ovvero l'area della proiezione orizzontale della superficie idrografica (Km 2),
L = lunghezza asta principale del bacino (km); Hm = altezza media del bacino ricavata tramite curva
ipsografica (m), d = dislivello tra lo spartiacque e la sezione terminale (m). La portata massima al colmo per
un bacino imbrifero o per la sezione di interesse, secondo la formula razionale, vale:
Q max = C S hc / 3,6 Tc [m3/sec]
Essendo hc/Tc, l’intensità di pioggia critica in mm/ora, S la superficie di bacino in Km 2 considerato e C il
coefficiente di ruscellamento.
Natura superficiale del bacino
valori di C
Bosco
0,1
Campi coltivati
0,2
Vigneti e terre nude
0,5
Roccioso
0,7
Strada senza asfalto
0,7
Strada con asfalto
0,9
La registrazione della portata Q nel tempo t permette di costruire l’onda di piena che è una curva che
dipende dall’estensione, dalla forma e pendenza del bacino, ed inoltre dal tipo di suolo superficiale
(disposizione dendritica del reticolo fluviale per suoli argillosi impermeabili, o lineare per suoli porosi
sabbiosi). La classica curva di piena a campana e' quella per bacini a forma (shape) tondeggiante dove si
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distingue bene una parte iniziale lineare di accumulo detto ramo di concentrazione, quindi una di colmo ed
infine una di esaurimento o ramo discendente. La conoscenza della forma dell’onda consente anche di
studiare la sua laminazione ovvero come abbassarla e allungarla tramite le casse di espansione e i serbatoi.
Alluvione. Si verifica quando un aumento della portata d'acqua diventa talmente grande che l'alveo di piena
non riesce più' a contenere. La velocità' media dell'acqua e' data dalla formula di Chezy che e' pari a:
v = B (R i) 0,5 ; con R il raggio idraulico (sezione di flusso diviso perimetro bagnato) espresso in metri ed i
la pendenza del letto in metri/metri.
Alveo di magra e piena con
argini (ingl. levees) naturali.
La formula può' utilizzarsi anche per canalizzazioni artificiali ed anche per tubi parzialmente riempiti e
quindi non in pressione, come gli scarichi di drenaggio delle acque meteoriche. La portata si calcola poi
come sezione di flusso per velocità' ovvero Q (Chezy) rappresenta la portata massima smaltibile senza
esondazione dalla sezione di interesse. Qualora: Q (Chezy) < Q max (Razionale), si ha la sezione a rischio di
esondazione.
Interventi per la mitigazione delle piene. Gli argini naturali e artificiali in terra sono le più classiche opere
di difesa per le piene. Su quelli artificiali (a volte con la superficie a contatto con l’acqua rivestita in
calcestruzzo) si fanno passare le strade sopra; nel Mississippi l’argine artificiale é alto 10 m e lungo
1000 km. E' possibile ottenere la riduzione della portata che transita in un canale ricorrendo ad un serbatoio
nel quale viene immagazzinata parte del volume corrispondente al passaggio della piena. Si ottiene cosi un
effetto di laminazione consistente nella riduzione del picco di portata. Il rapporto tra il picco di portata che
transita a valle del serbatoio e quello della portata a monte (punto max dell’onda di piena) é il coefficiente di
laminazione. ll serbatoio puo essere in serie al canale (on stream-reservoir) oppure in parallelo (off-stream
reservoir).
La scelta di una tipologia piuttosto che un’altra e dovuta essenzialmente alla topografia del bacino.
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• I serbatoi in parallelo sono di solito utilizzati in bacini a debole pendenza, piuttosto piatti, in cui attorno alla
rete drenante sono disponibili aree invasabili di dimensioni rilevanti. In questo caso si parla di vasche di
laminazione o casse di espansione, perché in effetti il volume invasabile e ottenuto con grandi aree e piccoli
tiranti d’acqua.
• I serbatoi in serie detti serbatoi di piena come i laghi collinari sono tipici nei bacini a forte pendenza, ove
mediante la costruzione di un'opera di ritenuta sul corso d’acqua (in questo caso si tratta di una diga vera e
propria), si riesce ad ottenere, grazie alla topografia della zona, un grande volume d'invaso con tiranti più
elevati e superficie occupate più piccole.
Gli scolmatori sono meno costosi delle vasche di decantazione e sono in pratica dei canali in parallelo che
partono lateralmente dal corso d’acqua.
Bonifiche. Queste interessano sia le piogge stagnanti che la falda, e si eseguono delle canalizzazioni a scopo
di scolo. Le canalizzazioni sono un sistema di bonifica molto usate nella piana alluvionale e per
dimensionarle bisogna considerare le piogge critiche ovvero le massime con una durata di pioggia
τ = 0,5 - 6 ore, per un tempo di ritorno di almeno 10 anni La pioggia critica si scrive: hc = a τ n
Per le bonifiche italiane il parametro a = 50 - 70 mm / giorno, mentre n = 0,2 - 0,3.
Quindi il valore massimo risulta: hc = 70 * 6 0,3 = 119 mm/giorno. Il Ventura per reti di bonifica pone:
τ = Tc = 0,127 A0,5 i 0,5 (ore), con A area del bacino in km2 ed i la pendenza media della rete di drenaggio
in m/m. Mentre per Turazza: Tc = 26, 04 A0,5 (ore)
Sempre secondo il Turazza, il coefficiente udometrico viene definito:
u = 0,1157 Cd Cp hc / 2 Tc [litri /sec. ha]
Utilizzando un coefficiente di piena Cp = 2, si trova la portata di colmo come:
Q max = u A = 0,1157 Cd hc A / Tc [litri / sec]
In cui l’area del bacino A è in ettari; il coefficiente di deflusso C d é pari a 0,56 per le bonifiche secondo il
Pasini. Quindi si passa al dimensionamento dei canali utilizzando la formula del Chezy:
A canali = (Q max /V Chezy), tenendo conto della massima velocita ammissibile in funzione della natura del
letto dei canali a forma trapezia. Per sabbia fine: v max = 0,4 ÷ 0,5 m/s, argilla compatta :v max = 0,5 ÷ 0,7
m/sec, ghiaia grossa: vmax = 0,7 ÷ 0,9 m/sec, rocce dure: v max = 2 ÷ 4 m/sec.
Facciamo alcune considerazioni: qui abbiamo usato il coefficiente di deflusso Cd = Q /P, ovvero Q tiene
conto del deflusso sotterraneo e superficiale, mentre prima con il coefficiente di ruscellamento C si é
considerato solo il deflusso superficiale; inoltre il deflusso sotterraneo si rileva dopo un certo tempo (si veda
tratto di esaurimento della curva di piena) per cui le intensità di pioggia da considerare qui sono quelle a più
lunga durata ed é per questo che si fa riferimento sui 200 mm / giorno, come valore limite. Infatti si possono
avere 600 mm tra 1 e 5 giorni. Ovvero 600 mm/g é un evento raro (ma è quello che ha portato alle alluvioni
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catastrofiche degli ultimi anni nella piana del Magra), 600/2 = 300 mm/g poco frequente, 600 /3 = 200 m/g
mediamente frequente e cosi via.
Le bonifiche per colmata si eseguono sfruttando le torbide delle piene per ricoprire zone stagnanti; sono state
eseguite in Toscana per ottenere terreni agricoli. Tale metodo però necessita di decenni.
Le acque superficiali. Si dividono in: acque ruscellanti (possono essere selvagge quando scorrono libere su
versanti o incanalate quando seguono vie preferenziali), ferme (esercitano una spinta idrostatica sul fondo e
pareti), torbide e limpide (il trasporto solido influisce sullo scorrimento dell’acqua dato che le acque torbide
hanno un peso ed una viscosità maggiore che determina una maggiore energia in pendenza). Nel moto delle
correnti a superfici libere ovvero come fiumi e canali é importante la scabrezza del fondo: gli attriti del fondo
rallentano il deflusso ma possono anche creare turbolenze che si ripercuotono anche a valle. Altri fenomeni
che bisogna considerare quando si studia il moto di un torrente/fiume sono:
- diversa velocità tra superficie e vicino al fondo (minore al fondo per attrito);
- emulsione di aria in correnti ripide (schiuma) che aumenta il volume di acqua;
- forza centrifuga della corrente in curva che innalza il pelo libero e porta ad erodere la sponda esterna e a
depositare sedimento sulla sponda interna;
- le turbolenze che si propagano verso valle ma che in correnti lenti possono risalire il fiume;
- la botta e contro-botta sulle due sponde: un ostacolo presso la sponda destra devia la corrente che va ad
erodere la sponda sinistra e rimbalzando torna ad erodere la destra più a valle;
- il rigurgito dovuto ad un ostacolo sommerso che innalza l’acqua nel suo moto e si produce un onda di
rimbalzo che risale il corso del fiume.
I torrenti. Possono essere: di scavo (tendono ad erodere il proprio letto minando la stabilita delle sponde e
dei versanti acclivi a lato), di trasporto (hanno un trasporto superiore all’erosione del letto e tendono a
riempirsi). La concentrazione dei solidi sospesi CCS (grammi /litro) e' in relazione con la portata Q (m 3/sec)
dei torrenti dei bacini montani. Esistono anche formule per il trasporto sul fondo che dipende dalla tensione
tangenziale di trascinamento e dalla pendenza del letto, nonché dal diametro max del materiale trasportato.
La portata massima per bacini montani: Q ≈ 0,091 hc (A) 0,5 (m3/sec).
Con A bacino idrologico considerato in Km2 e hc la massima altezza di pioggia critica (mm)
La torbidità dell'acqua (diminuzione della sua
trasparenza per il carico in sospensione limoso-argilloso ma anche planctonico) viene misurata tramite un
turbidimetro nefelometrico. La sonda di misurazione e' tarata per mezzo di un campione standard e misura
l' intensita' di un raggio luminoso diffuso attraverso un campione di acqua del fiume.
Si può anche per bacini montani definire il valore critico come : h c = a Tc n
In questo caso esistono altre formule per il tempo di corrivazione, come : Tc = 0,09 (A) 0,5 (giorni).
Sempre con A in km2. Per bacini montani conviene sempre, però, verificare tali formule con i dati disponibili
di bacini analoghi (forma e dimensioni).
Briglie. I torrenti di trasporto creano problemi quando il detrito occlude i ponti, strettoie in centri abitati,
confluenze con i fiumi recipienti o quando si hanno piene distruttive. Si interviene con la costruzione di
briglie di contenimento chiuse o aperte che trattengono il detrito, fino al loro riempimento; quelle aperte in
periodi di magra si svuotano in parte da sole, mentre quelle chiuse si utilizzano per ricavare inerti da
costruzione. In zone aperte di sbocco, in un ampia valle si possono eseguire delle piazze di deposito
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(labirinto di Graz, camera di Venetz) ovvero ampie zone con dispositivi che rallentano la corrente, favorendo
la deposizione del detrito. Qualora la briglia presenta una finestra (come nella foto di seguito) l'acqua non
tracima e si realizza il seguente stramazzo dove il calcolo della portata d'acqua si calcola come:
Q = (2/3) μ L √2g ( h2 – h1 )
Con g = gravita' = 9,81 m/sec 2 ; mu è un coefficiente numerico inferiore ad 1.
Nel caso non c’é l’apertura di fondo l'acqua tracima con un battente h e larghezza L (nella foto precedente la
gaveta presenta una diversa larghezza tra base e testa del battente) abbiamo il seguente stramazzo:
Portata tipica di uno stramazzo con gaveta alta h.
I torrenti di scavo vengono stabilizzati con briglie di consolidamento o rendendo inerodibile il fondo con
cunettoni. Le briglie di consolidamento non sono mai isolate ma formano un sistema a gradinata.
Si costruiscono partendo da valle.
Un torrente di scavo lasciato in balia di se stesso tende a raggiungere la sua pendenza di compensazione tg ic
che e' un profilo di equilibrio che il torrente raggiunge dopo molto tempo in seguito a erosioni e successivi
franamenti. La sistemazione tramite briglie di consolidamento viene fatta in modo che: h = H - (ic) L
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Dove h e' l'altezza delle briglie (e non della gaveta ovvero una parte come prima), H il dislivello totale ed L
la lunghezza del tronco considerato. Per ricavare l’angolo di inclinazione di compensazione ic si puo'
scrivere: tg ic = 0,093 d / R
Con d il diametro in metri dei ciottoli di dimensioni maggiori ed R il raggio idraulico (m). Portando alla
pendenza di compensazione ic le parallele a tetto e letto delle briglie si stabilisce il numero delle briglie. Si
verifica in seguito che le distanze non siano meno di 60 m per avere una buona efficienza. In alternativa alle
briglie si possono usare le soglie che sono meno alte e piu incassate nell’alveo. Sporgendo poco, stabilizzano
l’alveo sfruttando proprio i processi di erosione.
La pendenza di compensazione è anche in questo caso minore della pendenza iniziale, ma il profilo di
compensazione risulta al di sotto del profilo primitivo mentre nelle briglie risulta al di sopra del profilo
primitivo dopo l’ interrimento a monte. In genere alla diminuzione di pendenza e velocità corrisponde un
allargamento dell’alveo: quindi le briglie e le soglie vanno progettate dove non vi é erosione di sponda e
inoltre vanno ben fondate. L’altezza della gaveta h di una briglia a gravita' deve essere compatibile con il
perimetro bagnato nella formula del Chezy dopo l' interrimento a monte.
I tipi strutturali delle briglie sono di vario tipo: muratura ordinaria o conglomerato cementizio (sia a gravita'
che ad arco per vallecole strette in roccia compatta), gabbioni di pietrame o terra (su terreni argillosi) ed
infine in cemento armato prefabbricato (a mensola, a contrafforti o con finestre che funzionano durante le
piene come luci sotto battente). Le briglie con finestre trattengono il materiale grossolano e lasciano passare
quello fino (cosa utile per i ripascimenti dei litorali) mentre quelle aperte a graticcio agiscono esclusivamente
sul materiale galleggiante (molto pericoloso a valle perché' in condizione di piena ostruisce le luci dei ponti).
Anche il materiale di sponda dei torrenti si trova in condizioni di stabilita' precaria e necessita di rivestimenti
(scogliere, gabbioni con materasso reno, palizzate di legno, muri in pietrame e malta o calcestruzzo) o di
interventi tramite pennelli contro l' erosione spondale.
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Capitolo 5. Climatologia applicata
Clima. Insieme dei fenomeni metereologici di una regione in almeno 30 anni.
Fattori climatici. Sono fattori cosmici (come movimenti di rivoluzione e rotazione della Terra, eccentricita
dell’orbita, incidenza raggi solari) e geografici (latitudine, longitudine, altitudine distriubuzione terre e mari
caratteristiche topografiche locali).
Spettro visibile. Il sole che presenta T esterna = 6000 °K emette radiazioni in un ampio spettro con
lunghezze d’onda molto variabili ovvero dal molto basse (raggi gamma) fino a quelle lunghe (radio).
L’occhio umano percepisce solo quelle in un certo intervallo (spettro visibile da 400 a 700 nanometri ovvero
da ultravioletto a infrarosso) che sono quelle maggiormente assorbite dai pigmenti fotosintetici delle piante
(picchi di assorbimento della clorofilla 420 e 665).
Fotoperiodismo. Fenomeno mediante il quale le piante rispondono alla durata relativa delle ore di luce e di
buio nell’arco del giorno.Il fitocromo é un pigmento che assorbe radiazioni infrarosse diurna e notturna
trasformandosi reversibilmente nelle due forme P 660 (si forma di notte) e P770 (si forma di giorno e la sua
quantita determina l’induzione a fiore della pianta). Si hanno:
- piante brevidiurne: fioriscono in giorni corti (notti lunghe) con scarsa produzione P770 come soia, tabacco,
patata, crisantemo;
- piante longidiurne: fioriscono con giorni lunghi (notti brevi) con abbondante P770 come frumento,
barbabietola, spinacio;
- piante neutrodiurne: la fioritura non dipende dalle ore di giorno o notte come il mais.
Bilancio radiativo. La superficie si riscalda assorbendo la radiazione solare ma si raffredda emettendo
infrarosso IR* secondo la legge di Stefan-Boltzman: IR* = c DT 4
Con T temperatura assoluta in K ° mentre: c = 0,8 - 0,9 e D = 5,67. 10 - 8 Watt/m2
L’infrarosso ricevuto invece vale: IR = 5,31 T 6 Watt/m2
Con T temperatura all’ombra con cielo sereno in K°. La differenza IR-IR* risulta negativa perche il suolo é
piu caldo dell’aria. La radiazione al suolo, detta netta, vale: Rn = (Q + q) (1- r) + (IR - IR*)
La radiazione diretta Q, quella indiretta q e l’albedo r (la percentuale di luce riflessa) possono misurarsi e si é
visto che: Q + q = 0,52 Qex = 0,52 * 263 = 136,76 Kcal / cm 2 ovvero 374,7 cal /cm2/ giorno.
(Q + q) (1- r) = 0,47 Qex = 0,47 * 263 = 123,6 Kcal/cm 2
ovvero 338,6 cal/cm2 /giorno
La differenza tra i due valori sta nel fatto che la radiazione nell’attraversamento dell’atmosfera viene
modificata dalla riflessione delle nubi e dall’assorbimento delle gocce d’acqua e pulviscolo.
Il valore di Qex usato é l’energia media ricevuta (in genere 320 Kcal all’equatore e 135 Kcal ai poli) in un
anno su un 1 cm2, al limite dell’atmosfera con il raggio solare perfettamente perpendicolare (zenit).
Qex viene anche chiamata radiazione extraterrestre.
Effetto serra. La radiazione IR* ha una lunghezza d’onda piu lunga di IR solare e per questo i gas come il
vapor acqueo e CO2, sono in grado di mantenerla all’interno dell’atmosfera surriscaldandola.
Temperatura del terreno. Dipende sia da Q + q, che dalle caratteristiche del terreno (colore, copertura
vegetale, inclinazione, esposizione versante, contenuto idrico, conduttivita termica, profondita nel terreno
dell’escursione termica).
Atmosfera. L'atmosfera è costituita dal 78% di Azoto (N), 21% ossigeno (O) e 2% gas vari. La pressione
atmosferica è il peso di una colonna d'aria su un'unità di superficie. La pressione normale o standard misurata
a livello del mare a 45° di latitudine e O°C è pari ad una colonna di mercurio alta 760 mm ovvero ad 1
atmosfera o ancora 1013 millibar. Si ha un'alta pressione quando è maggiore di 1013 mb e bassa pressione
quando è inferiore di 1013 mb. Il vento è lo spostamento di masse d'aria in senso orizzontale da una zona di
alta pressione ad una di bassa pressione.
Si divide in:
troposfera: regione a contatto col suolo sede delle idrometeore (nubi e precipitazioni) e di una grande
turbolenza d’aria. Al di sopra di 2-3 km la temperatura si abbassa di 0,65°C ogni 100 m;
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– tropopausa: sta al di sopra della troposfera ovvero inizia in media sui 10 km e qui hanno sede le correnti a
getto (8-13 km) zone di vento a fortissima velocità (160 km/h);
– stratosfera: rimane tra la tropopausa e 50 km, qui che si ha la concentrazione di ozono;
– ionosfera: al di sopra dei 50 km, si ha la dissociazione delle molecole di ossigeno e di idrogeno
(ionizzazione = un elettrone é strappato dall’atomo).
Contenuto idrico dell’atmosfera. Si definisce in vari modi:
- umidita assoluta dell’aria: quantita di vapor acqueo in gr. in 1 m 3 di aria
- umidita saturazione: limite oltre il quale viene la condensazione del vapor acqueo;
- pressione di vapore: contributo della pressione di vapore alla pressione totale della miscela di gas;
- umidita relativa: rapporto tra pressione vapore attuale e pressione vapore di saturazione.
Pioggia. Si forma a causa di cali termici con gocce di diametro 0,5-5 mm che cadono con velocità di 2 a 9
m/sec. La pioggia caduta in mm riferita su una superficie assume la forma di volume, per cui l’altezza di
pioggia puo essere 1mm = 10 m3/ha = 10000 litri/ettaro d’acqua. La pioggia inoltre può avere una:
- distribuzione stagionale: quantità di pioggia caduta nelle singole stagioni, utile per individuare periodi di
carenza ed eccesso;
- frequenza : numero complessivo di giorni piovosi in un dato tempo (decade, mese, anno);
- intensità : quantità caduta nell’unità di tempo (mm/ora);
- durata : intervallo di tempo durante il quale si verifica il fenomeno;
- probabilità: viene stabilita sullo studio delle frequenze nell’ambito di una serie di annate.
Pioggia utile. Ai fini agronomici e idrogeologici è piu importante la pioggia utile cioè quella pioggia di
entità superiore ad un minimo, al di sotto della quale la pioggia é considerata del tutto inutile e questo valore
é preso in genere pari a 5 mm. L’espressione della pioggia utile si scrive: Pu = P – (E + T); dove alla
piovosità bisogna togliere l’evaporazione E del suolo e la traspirazione delle piante T. Il rapporto T/E varia
con il clima, suolo, coltura, ecc. In genere E + T , risulta il 20% della pioggia caduta per colline senza
vegetazione ovvero il 70 % in zone molto boschive.
Misura della pioggia. Lo strumento piu utilizzato é il pluviografo,ossia un imbuto che capta l’acqua
precipitata e la raccoglie in un recipiente dove viene misurato il volume di pioggia che diviso la sezione
dell’imbuto fornisce l’altezza di pioggia in mm. Misurando il peso tramite un sistema galleggiante dotato di
punta scrivente, possiamo eseguire una registrazione continua che ci da il diagramma orario della
precipitazione. Il giorno é piovoso se cade 1 mm dalle 9 di un giorno alle 9 del giorno dopo.
Afflusso al bacino. Al fine di valutare l’acqua piovana che cade in un bacino idrografico si possono
utilizzare vari metodi. Il primo é quello della misura puntuale ovvero di tracciare delle isoiete che collegano i
punti con stessa intensita di pioggia. Il secondo é quello dei topoieti ovvero ad ogni punto P del bacino
assegniamo una altezza di precipitazione pari alla misura del pluviometro (o quello piu vicino). Quindi con il
metodo di Thiessen, usando una carta topografica, si collegano le stazioni pluviometriche adiacenti con
segmenti. Dal punto mediano di ogni segmento si innalza la perpendicolare, in modo che le varie
perpendicolari determino dei poligoni, all’interno dei quali si trovano le singole stazioni.Viene calcolata la
superficie di ogni poligono a cui si attribuisce l’altezza di pioggia per quella data stazione. Le superfici sono
espresse in rapporto all’area del bacino A che presenta una: P = (A 1/A) P1 + (A2 /A) P2 +....(An/A) Pn
Evapotraspirazione. L’evapotraspirazione potenziale ETP é un valore di riferimento che tiene conto del
decorso nel tempo (giorno, decade, mese, anno) per una certa estensione di un terreno coperto da una
vegetazione fitta, bassa, omogenea, in piena attività di sviluppo che ombreggi completamente il suolo e si
ricava con formule. Tale situazione nella realtà é rappresentata da un prato di festuca arundinacea mantenuto
in buone condizioni idriche e sfalciato tra 10-15 cm in altezza. Più in generale si parla di evapotraspirazione
reale ETR che dipende dalla radiazione solare, umidità relativa, vento, tenore in acqua del terreno, fattori
pedologici (tessitura e colore del suolo) e può essere misurata direttamente attraverso un bilancio idrico con
l’ausilio di un lisimetro a pesata (vasca interrata e coltivata con festuca arundinacea posta su un sistema
automatico di pesatura) oppure stimata direttamente attraverso un evaporimetro. Questo é una vasca standard
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della quale vengono misurate giornalmente e compensate le perdite d’acqua. Quanto evaporato viene poi
moltiplicato per fattori climatici: 0,7- 0,8 climi umidi, 0,65 - 0,75 climi semiaridi,0,55 - 0,65 climi aridi.
Ci sono numerose formule dirette (FAO) per ETP, qui però riportiamo quelle del Turc:
ETP = P/ [0,9 + (P2 / L2 )] 0,5
[mm/anno]
con L = 300 + 0,5 Tm + 0,05 Tm3
Dove P e Tm sono la precipitazione e temperatura media annuale (valori medi di diversi anni); mentre più
frequentemente in agronomia si usano i valori mensili di un dato anno, e si usa la seguente:
ETP = 0.4 (Tm /Tm +15 ) (IG + 50)
[mm /mese]
IG = Im [0,18 + (0,62 n / N)].
Valori di Im a Luglio
Lat
Im
Lat
Im
50
938
16
910
42
954
12
890
34
957
6
849
28
945
0
804
Con Tm temperatura media mensile, IG radiazione solare del mese su una superficie orizzontale in
cal/cm2 giorno, con n/N rapporto tra le ore di insolazione effettive mese e quelle totali possibili ed infine
Im e’ la radiazione massima (tabellata in funzione latitudine e mese).
Esempio: 50° latitudine nord a luglio : Im = 938 calorie / cm 2 giorno.
Consideriamo il mese di Luglio con un rapporto di insolazione (ovvero con un numero di ore di sole
osservate divise quelle teoricamente possibili) pari a: n / N = 0,6.
Per una temperatura media del mese Tm = 15°C, abbiamo: IG = 938 (0,18 + 0,62. 0,6) = 517,7
quindi ETP (luglio) = 0,4 (15/30) 517 = 103 mm.
Possiamo affermare 1 kcal = 4186,8 Joule, quindi 1 kcal/cm2 = 0,041868 MJ / m2
Il calore latente di evaporazione dell’acqua vale 2,45 MJ/kg a 20°C e di conseguenza
1 mm evaporato = 2,45 MJ/m2. In definitiva 11 MJ/m2 = 4,48 mm/giorno (media sui 45° di latitudine
ovvero per l’Italia) e tale valore diminuisce ai poli e aumenta man mano avvicinandosi all’equatore.
Valori della Radiazione solare al limite dell’atmosfera variabile con la latitudine
Lat
Kcal
Lat
Kcal
90-80
135
50-40
240
80-70
145
40-30
270
70-60
170
30-20
295
60-50
200
20-10
310
Per cui semplicemente 200 kcal sono pari a 3,41 mm /giorno e quindi: 31gg * 3,41 =105 mm (contro i 103
calcolati con la formula di Turc).
Classificazione dei climi. Si utilizzano degli Indici climatici, definiti dal rapporto tra elementi climatici
come quello di Lang pari alla Precipitazione media annua diviso la temperatura media annua P/T (mm/°C)
che definiscono il clima da arido a umido e quindi l’indispensabilita o meno di una irrigazione colturale in
una data regione.
Prendendo invece le precipitazioni annuali P (afflussi) la evapotraspirazione ETP ed il deflusso totale Q si
puo scrivere: Q/P = 1- (ETP/P) con Q/P detto coefficiente di deflusso legato al rapporto ETP/P:
ETP/P < 0,35 (mm/mm) tundra;
0,35< ETP/P < 1,1 intermedio con vegetazione
1,1 < ETP/P < 2,3 steppa
2,3 < ETP/P < 3,4 semiarido
ETP/P > 3,4 arido
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Irrigazione. Quando ETP > P si ha un deficit pluviometrico con ETR < ETP ed in tal caso il deficit
ETP – ETR detto agricolo e’ la quantita da fornire con l’irrigazione. I lisimetri misurano ETR valutando la
pioggia caduta più la variazione ΔV della riserva d’acqua del suolo contenuto nello strumento.
Ambienti della Terra. In funzione della latitudine si hanno delle grandi fasce climatiche: le zone dei climi
freddi circondano i poli, a latitudini inferiori si trovano le fasce temperate ed infine intorno all’equatore la
fascia dei climi caldi. A influenzare la formazione di tali fasce intervengono oltre alla latitudine anche
l’altitudine, il mare la circolazione atmosferica. Il clima polare é caratterizzato da una copertura glaciale
continua che forma le calotte dove si trova la tundra e la vegetazione é molto scarsa; scendendo si trova la
foresta boreale (taiga) caratterizzata da conifere (alberi aghifogli come pini, abeti, larici, cipressi, sequoie).
La regione fredda settentrionale è occupata dal Mar Glaciale Artico nel quale si protendono le frange più
settentrionali di Europa, Asia e America. Oltre il Circolo Polare Artico si estende la Groenlandia (con una
superficie che è 7 volte l’Italia). La regione fredda meridionale è occupata da terra, dal continente Antartico
che è più grande dell’Europa. Anche la terra è ghiacciata e forma la cosiddetta inlandsis. I mari che
ricoprono il continente si ricoprono di uno strato di ghiaccio continuo, che si chiama banchisa. Nelle zone
comprese tra il Circolo Polare Artico e il Tropico del Cancro e tra il Circolo Polare Antartico e il Tropico del
Capricorno, rispettivamente nell’Emisfero Boreale e nell’Emisfero Australe, abbiamo le regioni temperate.
Questo clima, caratterizzato da una stagione calda, una stagione fredda e due stagioni di transizione, riguarda
gran parte dell’America settentrionale, quasi tutta l’Europa e gran parte dell’Asia, nell’Emisfero Boreale.
Nell’Emisfero australe riguarda spazi limitati dell’America Meridionale, dell’Africa e dell’Oceania. Come
vegetazione troviamo: la foresta di latifoglie (alberi con foglia larga come quercia, platano, faggio, tiglio); la
prateria (vedi le pampas argentina); le regioni mediterranee con inverni miti e lunghe estati aride. Nelle
regioni mediterranee vi è la Macchia mediterranea caratterizzata da ulivo, vite, fico, castagno e quercia da
sughero. Le regioni tropicali, comprese nella fascia climatica calda, occupano una zona che circonda
l’Equatore e si amplia verso nord in direzione del Tropico del Cancro e verso sud in direzione del Tropico
del Capricorno. Le regioni tropicali si trovano in Africa, nell’America centro-meridionale, nell’Asia del sud
e nella parte settentrionale dell’Oceania. Alle basse latitudini troviamo gli ambienti delle regioni caldo aride:
il deserto; la steppa calda dove è in atto il processo di desertificazione e la savana.
. Il deserto: è una
zona arida nella quale le precipitazioni sono molto scarse. I deserti caldi sono quelli caratterizzati da una
forte escursione termica diurna (il giorno 50° all’ombra e la notte pochi gradi sopra lo 0). I deserti freddi
sono caratterizzati da una forte escursione termica annua; ad esempio, nel deserto dei Gobi in inverno la
temperatura scende a – 30°C, d’estate sale a 40°C. In Africa abbiamo: il deserto del Sahara (il più grande del
mondo) che si estende per buona parte dell’Africa settentrionale; il deserto costiero del Namib sul territorio
della Namibia; il deserto del Kalahari, che occupa il territorio del Botswana. In Asia abbiamo i deserti
dell’Arabia e dell’Iran e quelli freddi: Takla Makan in Cina e dei Gobi in Cina - Mongolia. In America
troviamo i deserti della California, dell’Arizona e del Messico e il deserto costiero di Atacama nel Cile. In
Australia abbiamo il Gran Deserto Sabbioso e il Gran Deserto Vittoria. I deserti possono essere di tre tipi: il
deserto roccioso (hammada) formato da rocce resistenti all’erosione eolica; il vento leviga le rocce e le
trasforma in un tavolato liscio e nudo dal quale possono emergere massi; il deserto pietroso (serir) dove le
rocce si sono frantumate in grandi ciottoli; il deserto sabbioso (erg) dove il vento ha disgregato le rocce in
particelle sempre più piccole fino a ridurle a granelli di sabbia. Nei deserti l’acqua è totalmente assente in
superficie ma è presente nel sottosuolo. Là dove si riesce ad estrarla e incanalarla con pozzi, si formano delle
aree verdi dette oasi dove vive una popolazione stabile che pratica l’agricoltura. La foresta equatoriale è
compresa tra i due Tropici, dove le temperature sono molto elevate e dove la pioggia è abbondante.
Si chiama foresta equatoriale perché si estende intorno all’equatore, o pluviale, perché non esisterebbe senza
la pioggia. Essa si estende in Africa lungo il fiume Congo-Zaire, in India e nel sud-est asiatico, nell’America
meridionale, dove occupa tutto il bacino del Rio delle Amazzoni, e in Oceania, lungo le coste settentrionali
dell’Australia. Il suolo che nutre la foresta non è molto profondo; al di sotto di esso si estendono ampi strati
di laterite che neanche le radici più dure penetrano. Le radici, infatti, camminano orizzontalmente, anche per
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decine di metri formando un piedistallo capace di reggere anche gli alberi più alti. E’ tuttavia un suolo che
regge bene la foresta perché non è mai inaridito dal sole né dilavato dalla pioggia: le chiome degli alberi non
lasciano penetrare il Sole e spezzano il battere violento dei temporali, così l’acqua scende verso il suolo e
l’ombra ne evita l’evaporazione. Qui vi si trovano gli alberi più alti fino a 80 metri e man mano quelli più
bassi fino alle felci e alle erbe che compongono il sottobosco. Si trovano in particolare le liane, grandi corde
legnose che aderiscono ai tronchi e ai rami degli alberi. Da tempo è iniziato lo sfruttamento di alcune specie
di alberi che danno legno pregiato, come il mogano, l’ebano e il palissandro per i mobili. Anche la foresta
quindi si ridimensiona.
Applicazioni della climatologia. La causa di tutti i moti interni dell’atmosfera é l’ineguale riscaldamento
della superficie terrestre ad opera della radiazione solare: le zone equatoriali sono sottoposte ad un
riscaldamento piu intenso e prolungato di quelle polari. In ragione di cio l’atmosfera é interessata da una
complessa circolazione che tende a trasferire calore dalle basse latititudini verso i poli. Alle medie e basse
latitudini la circolazione é caratterizzata da cicloni e anticicloni migranti. Chiamiamo ciclone il nucleo di
bassa pressione attorno al quale due masse d’aria tendono a ruotare in senso antiorario (emisfero nord).
Quindi i venti in un ciclone dell’emisfero nord mostrano un andamento a spirale in senso antiorario, mentre
in un anticiclone un andamento a spirale in senso orario. Gran parte del tempo instabile e nuvoloso é
associata a cicloni mobili. Il raffreddamento ciclonico avviene grazie alle differenze di pressione esistenti in
atmosfera a cui si associa una circolazione in senso antiorario per effetto della accelerazione di Coriolis.
L’aria calda e piu leggera ha minor quantita di moto e minore spinta e quindi tende a scivolare sopra l’aria
fredda, tendendo a condensare al contatto. Lungo i “fronti caldi” avremo precipitazioni estese di lunga durata
e bassa intensita con nuvole basse. Per i “fronti freddi” invece avremo superfici di contatto piu estesi in
verticale che nel piano, e daranno origine a piogge piu intense perche provengono da nuvole piu alte.
Uragano. Uno dei piu potenti e distruttivi tipi di perturbazioni cicloniche é il ciclone tropicale definito
uragano o tifone. La perturbazione si svolge sugli oceani a latitutudini tra 8 e 15° ma non vicino all’equatore,
dove la forza di Coriolis é debole. Le elevate temperature superficiali delle masse di acque a queste
latititudini sono essenziali per l’origine del riscaldamento delle masse d’aria e predispone la formazione della
perturbazione. Questa puo avere un diametro di 150-500 km (l’occhio centrale presenta un diametro di 20-50
km) e la velocita del vento essere tra 120-200 km/h mentre la pressione atmosferica scende al centro a 965
millibar. Oltre al forte vento, la perturbazione spostandosi crea un innalzamento del livello del mare che
vicino alle coste si trasforma in onde di burrasca.
Tornado. Risulta la piu piccola perturbazione ma anche la piu violenta. Risulta tipica americana, sebbene si
verifichi anche in australia e occasionalmente in altri luoghi; questo é un piccolo ciclone ma intenso dato che
l’aria si muove vorticosamente ad enormi velocita. Si presenta di colore scuro ad imbuto e puo avere un
diametro massimo da 100 a 500 m con la pressione al centro che scende a valori di 250 millibar. Si
verificano come porzioni di potenti cumulonembi nella linea di groppo che precede un fronte freddo. Quando
dell’aria polare marittima solleva aria calda e umida tropicale su un fronte freddo le condizioni possono
essere favorevoli per i tornado. Le trombe marine sono simili ma si formano solo in mare sotto un
cumulonembo. La previsione avviene tramite analisi metereologica d servizi nazionali ( National Weather
Service-USA).
Maremoto. Questo fenomeno detto anche tsunami (dal giapponese tsu = porto; nami = onda), é un anomalo
moto ondoso del mare generato per lo piu da un terremoto sottomarino. Quello recente del 2004 nell’oceano
indiano é stato causato dal secondo (160 km da Sumatra) terremoto piu forte nella storia della sismologia da
quando si misurano i terremoti con i sismografi ed ha anche innescato le oscillazioni libere per la Terra
(l’intero pianeta risuona e vibra come una campana colpita da una mazza). In genere si tende a studiare
segnalatori della variazione del livello in oceano aperto per avere il tempo necessario di evacuazione per le
popolazioni lungo le coste.
Alluvioni. Il primo ingrediente e’ l’umidità, vi deve cioè essere una copiosa presenza di acqua nell’aria nella
forma di vapore, un gas perfettamente invisibile. Poi deve accadere qualcosa che provochi un raffreddamento
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consistente nei primi tre o quattro chilometri di atmosfera, dando luogo alla condensazione del vapor d’acqua
ed alla formazione delle gocce o dei cristalli di ghiaccio che, successivamente, dopo una fase di
accrescimento, formeranno la pioggia. Il meccanismo di raffreddamento e’ quasi sempre costituito dalle
correnti ascendenti: quando l’aria sale si espande e si raffredda. I grandi sistemi di moto delle medie
latitudini, la convezione (cioè un sollevamento determinato da uno squilibrio lungo la verticale - aria meno
densa nei bassi strati, più densa in quota) e gli effetti dell’orografia, sono altrettante cause che generano
correnti verticali. In certi casi piove relativamente poco ed in altri moltissimo. Ciò e’ dovuto al fatto che
l’acqua nell’atmosfera ha un comportamento che si potrebbe definire esplosivo: solo nel momento in cui si
raggiunge la saturazione per un notevole spessore, in presenza di stratificazione instabile (il concorso di
queste due condizioni in zone ampie e’ per fortuna raro), viene improvvisamente rilasciata una grande
quantità di energia che alimenta fenomeni di estrema intensità. La possibilità di prevedere fenomeni di
questo tipo dipende prima di tutto dalle dimensioni del bacino idrografico che si considera; nel caso di un
fiume come il Po, l’onda di piena determinata dall’afflusso delle piogge sulla corona di montagne che orlano
la Valle Padana, si propaga molto lentamente (la velocità media è di circa 1 m/s). Se si dispone di misure
idrometriche (livello dell’altezza dell’acqua trasforrmata in portata) aggiornate in tempo reale lungo il fiume,
si intuisce facilmente che una previsione a breve termine è realizzabile. Nel caso di fiumi medi (Arno,
Tevere) la reazione del corso d’acqua alle precipitazioni è più rapida (12 - 24 ore). Per tentare una previsione
utile occorre poter disporre sia di misure idrometriche che di telepluviografi (misuratori di pioggia) posti
preferibilmente in prossimità degli spartiacque. Per bacini piccoli, il fiume reagisce alle piogge in modo
praticamente istantaneo: ci si può basare, in questo caso, solo su una previsione meteorologica a brevissimo
termine (nowcasting, questo e’ il termine inglese ormai universalmente usato) che si appoggi a dati di radar
meteorologico e di satelliti, nonchè a modelli meteorologici ad alta risoluzione.
Il terreno agrario. Il terreno é composto da 3 fasi: aria, solido e acqua.
- Parte solida:componenti minerali non modificati (sabbie quarzose) o parzialmente modificati
(argille derivate da feldaspati) o profondamente modificati (ossidi e idrossidi metallici), sostanza organica
(microflora e microfauna ) e humus (sostanza organica piu matura come proteine amminoacidi, carboidrati,
alcoli, grassi e vitamine, ovvero costituito per lo piu da azoto e carbonio).
- Parte liquida: acqua (di pioggia per lo più) circolante nei pori.
- Parte gassosa : aria tellurica piu ricca in CO 2 e piu povera di O2 di quella atmosferica.
Porosità. Corrisponde al volume degli spazi vuoti tra i grani solidi in rapporto a 1 m 3 di terra.
n = (Gs – Ya / Gs ) 100
La densità assoluta o reale Gs di una terra é il peso specifico dei grani minerali (sabbia = 2,65 ton /m 3) e
viene determinata con picnometro, mentre quella apparente Ya é il peso di 1 m 3 di terra essicata (sabbia =
1,42 ton/m3). Sostituendo il valore massimo per sabbia: n = 46 %.
Il volume di aria non dovrebbe scendere sotto 15-20% per assicurare l’ossigeno alla flora e fauna.
Si distingue una microporosità o porosità capillare ovvero pori di dimensioni inferiori ai 10 micron in grado
di trattenere l’acqua come le argille, e macropori non in grado di trattenere l’acqua ma di facilitarne lo
sgrondo come avviene nei terreni sabbiosi. L’equilibrio ideale del terreno si ha per una porosita costituita da
60% di micropori e 40% di macropori.
Tessitura. I terreni possono essere classificati in base alla tessitura, cioè al contenuto percentuale di
particelle di diametro diverso. Ogni componente del suolo assume nomi diversi a seconda delle sue
dimensioni; per esempio, secondo la Società Internazionale della Scienza del Suolo le particelle venivano
classificate come scheletro (diametro maggiore di 2 mm), sabbia (diametro compreso tra 2 e 0,02 mm), limo
(diametro compreso tra 0,02 e 0,002 mm), argilla (diametro minore di 0,002 mm).
La composizione del suolo viene determinata (analisi granulometrica) facendo attraversare un campione di
terra seccata attraverso una serie di setacci. Composizioni diverse in scheletro, sabbia, limo e ed argilla
conferiscono al suolo proprietà fisiche, meccaniche ed agronomiche diverse. Tramite un diagramma
triangolare é possibile considerare tutte le possibili classi tessiturali dei terreni.
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Colture su terreni sabbiosi manifestano carenza idriche e sono poveri di elementi nutritivi (macroelementi
come N, P, K , Ca, Mg e oligoelementi come Zn, Cu, Fe) mentre sono facilmente lavorabili. I terreni
argillosi sono ricchi in elementi nutritivi (K = potassio), ma sono difficilmente lavorabili a causa della
coesione tra le particelle.
Struttura. Disposizione spaziale reciproca dei grani: struttura a particelle singole, a particelle incoerenti
(sabbie), a particelle compatte (argille), concrezionata (crostoni), grumosa (con humus come cemento).
Tutte le attività umane agricole come: concimazioni, arature, ecc. influiscono sulla struttura.
Ciclo dell’azoto. L’azoto dall’atmosfera al terreno passa per fissazione tramite batteri riduttori che
trasformano N2 in ammonio NH4, quindi avviene la nitrificazione a causa di altri batteri con formazione di
NO2, e poi la denitrificazione con la riduzione di NO 2 e ritorno in atmosfera di N2. In tale ciclo le piante
fissano N e con la putrefazione del residuo organico si riforma NH 4 che rientra in circolo come prima. Per
migliorare la crescita dei raccolti i coltivatori fanno uso di fertilizzanti contenenti azoto. L’uso eccessivo di
fertilizzanti nei terreni unitamente ad un mancato assorbimento delle piante provoca un impatto ambientale.
Infatti i nitrati dilavati dalle acque di pioggia, raggiungono i fiumi e le zone costiere dove si formano
numerose alghe e piante (fitoplancton). In tal caso il contenuto di ossigeno si riduce drasticamente in seguito
alla decomposizione delle piante morte e ciò può comportare l’estinzione di altre forme di vita presenti
nell’habitat acquatico. Questo fenomeno é detto: eutrofizzazione.
Attualmente con la agricoltura biologica si tende ad utilizzare concimi naturali (sostanza organica, resti di
piante, residui di taglio, frutta, sovesci di leguminose, ecc.).
Reazione del terreno. Esprime il grado di acidita neutralita o alcalinita.
Terreni alcalini con PH = 8, come i terreni calcarei sono costosi da correggere e si necessita di acido
solforico e zolfo. I suoli invece alcalino-sodici (alterazione di silicati) si correggono con gesso.
Erosione del terreno. L’erodibilità del suolo varia con la tessitura, capacita di infiltrazione. dell’acqua,
contenuto in sostanza organica e composizione chimica.
Capacita di infiltrazione mm/ora
<5
bassa
5-20 piuttosto bassa
20-60 media
60-120 piuttosto alta
> 120 alta
I metodi agronomici per diminuire l’erosione e aumentare la capacita di infiltrazione e le rese consistono
nella rotazione delle colture.(avvicendamento colturale). Nella prima meta del settecento si stabili la
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rotazione di Narfolk quadriennale: l° anno la rapa, 2° anno l’orzo, 3° anno il trifoglio pratense, 4° anno il
frumento. Un’altra operazione é la concimazione verde o pamacciatura ovvero si lasciano i residui della
coltivazione per apportare sostanza organica ed aumentare la capacita di infiltrazione.
Con il termine sistemazioni idraulico-agrarie s’intende la regimazione della acque in eccesso nei terreni
agrari per evitare ristagni, e si interviene con apertura di fossi e scoline di adeguata pendenza, bonifiche su
vasti territori e drenaggi in sotterraneo. I terrazzamenti sono usati fin dall’antichità ma oggi si usano meno
perché costosi. Le semplici trincee drenanti poste a spina di pesce per captare acque di ruscellamento sono
ancora oggi usate.
I metodi meccanici per stabilizzare i terreni contro l’erosione sono numerosi ed il piu usato é la sistemazioni
a giropoggio (aratura nel senso delle curve di livello), evitando le perdite di suolo che si hanno con le
sistemazioni a ritocchino (direzione aratura nel senso della massima pendenza, come avviene per i vigneti).
La previsione dell’erosione si puo valutare con la formula di Fournier: K = p2 / P
Dove p é la precipitazione media mensile piu elevata mentre P precipitazione media annua.
Esempio: p = 106 mm e P = 1108 mm; l’indice di capacita erosiva vale K = 146 2 /1108 = 10 mm.
Moltiplicando per 14 si trova l’erosione come ton /ettaro ovvero 140 ton /ettaro/anno.
Un metodo piu completo ma complesso é l’equazione di Wischmeier-Smith: A = RKLSCP
Questa é definita l’equazione universale della perdita di suolo ed é usata in Europa per prevedere l’erosione
idrometeorica.
A = quantità media di suolo erosa per unita di superficie (tonnellate/ettaro/anno);
R = fattore di pioggia; K = fattore di erodibilità del suolo, L = fattore di lunghezza del versante, S = fattore di
pendenza del versante, C = fattore di copertura vegetale, P = fattore di protezione tramite tecniche
sistematorie. Poiché i fattori R (pioggia), K (pedologia), S (topografia) sono stabili mentre L può essere
modificato con la sistemazione a terrazzi o gradoni del pendio, si può quindi scrivere : CP = T / RKLS
Dove T é il valore di A ammessa per una certa area definita tolleranza; in genere la FAO adotta un valore di
tolleranza compreso tra 2,47 e 12,35 ton/ettaro/anno (0,18 - 0,88 mm /anno). Si é visto che per valori
superiori a 0,88 mm/anno si hanno costi elevati per la manutenzione delle opere di sistemazione idraulica,
quali le fosse scoperte, i serbatoi artificiali e gli altri manufatti che catturano i sedimenti. In genere per valori
di perdita di suolo maggiori di 0,25 mm/anno, i terreni sono degradati mentre per valori al massimo di 0,05
mm ben difesi.
Colture erbacee. Le differenti combinazioni delle colture nello spazio e nel tempo, associate alle
rispettive tecniche colturali, costituiscono i sistemi colturali. Nello spazio si può avere una monocoltura,
quando una sola specie, o una sola varietà di una data specie, è presente in una unità aziendale o campo, o
una consociazione (che può essere temporanea o permanente) quando più specie o più varietà sono presenti
contemporaneamente in un campo. Nel tempo, si può avere una monosuccessione, quando la sequenza
colturale comprende la stessa specie precedentemente coltivata, o una rotazione o avvicendamento, quando si
ha la sequenza colturale di più specie. In generale, si tende ad alternare colture miglioratrici (che aumentano
la fertilità del terreno) e colture depauperanti (che tendono invece a diminuire la fertilità rispetto a quella
presente al momento del loro impianto). In particolare, leguminose azotofissatrici dovrebbero essere
alternate a graminacee che utilizzano molto azoto. Lo stato fisico del suolo e gli aspetti biologici (legati alla
presenza di infestanti, insetti e microrganismi patogeni) sono altri fattori da tenere in considerazione nel
definire un ordinamento colturale. Rotazione o avvicendamento tendono ad essere usati come
sinonimi, anche se la prima dovrebbe indicare una sequenza colturale di più specie in un ordine fisso, e il
secondo una sequenza colturale senza un ordine fisso. Le colture erbacee possono essere raggruppate sulla
base di diversi sistemi di classificazione proposti:
- a seconda della famiglia botanica di appartenenza ;
- a seconda della parte della pianta utilizzata (semi, foglie, radici);
- a seconda della prevalente destinazione d’uso (piante alimentari, piante foraggere, piante saccarifere,
piante oleoproteaginose, piante da fibra, piante aromatiche).
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Sulla base di quest’ultimo sistema di classificazione, le specie sono suddivise in:
- cereali (microtermi: frumento tenero, frumento duro, farro, orzo, segale, triticale, avena; macrotermi: mais,
sorgo, riso);
- leguminose da granella (soia, pisello, fava, lupino);
- piante da tubero (patata);
- piante saccarifere (barbabietola da zuccchero);
- piante oleaginose (arachide, girasole, cotone, lino);
- piante da bio-energia (sorgo, triticale, girasole);
- foraggere (erbai, prati avvicendati, prati permanenti e pascoli).
I cereali possono essere distinti in ‘microtermi’ e ‘macrotermi’ sulla base delle loro esigenze termiche.
I primi vengono coltivati in Italia principalmente con ciclo autunno-vernino, mentre i secondi sono coltivati
solamente nel periodo primaverile - estivo. Si ricorda che frumento, riso e mais costituiscono il 50% del
fabbisogno alimentare mondiale.
Il frumento tenero si coltiva prevalentemente nel Nord Italia per ottenere farine animali o pane, il frumento
duro si coltiva prevalentemente nel Sud e nel Centro Italia per ottenere prevalentemente pasta alimentare.
Della pianta si utilizza il frutto (la cariosside) e la paglia. La temperatura per la germinazione deve essere
almeno di 2-3°C e massima di 37°C. La temperatura ottimale per lo sviluppo è di 20-25°C. Il frumento ha
bisogno di 500 – 800 mm di acqua per l'intero ciclo produttivo e per avere una produzione di circa 70 q/ha di
granella. Nella nostra zona il frumento non viene quasi mai irrigato se non in condizioni particolari di siccità.
Le esigenze pedologiche (cioè del terreno) sono poche per questa coltura, infatti si adatta bene a quasi tutti i
tipi di terreno, soffre i ristagni idrici e l'elevato tasso di salinità. In terreni con tale tasso elevato sarebbe più
opportuno coltivare l'orzo. Il pH ottimale è compreso tra 6,5 e 7,8.
Il frutto del riso è una cariosside, con le seguenti caratteristiche: umidità 14%, inazotati 79%, proteine 6%
ceneri 0,5%, cellulosa 0,3%, grassi 0,2%. Oltre alla cariosside vi sono anche dei sottoprodotti che sono:
lolla (usato come combustibile o isolante o imballaggi), pula (usata come mangimi zootecnici o industria
farmaceutica), il germe (utilizzato come olio o come pannello per il bestiame) e la paglia (per ottenere
cellulosa e carta o come lettiera per il bestiame). Il riso non gradisce sbalzi termici soprattutto nelle fasi
iniziali, è una coltura primaverile-estiva, quasi sempre sommersa. Bisogna utilizzare acqua non fredda
perché ha un'azione termoregolatrice, inoltre non deve essere acqua ferma perché altrimenti le radici non
vengono ossigenate. E' una pianta che ha bisogno di un elevato coefficiente idrico, tollera poco i terreni
torbosi per fermentazioni nocive (sottrazione di ossigeno). Poco adatti anche i terreni sabbiosi per eccessivo
consumo di acqua. Il mais è una specie macroterma, la germinazione deve avvenire con temperature
superiori agli 8°C. La temperatura media giornaliera ideale è di 22-26°C e lo zero di vegetazione è di 10°C.
Temperature troppo alte, superiore ai 32°C sono da considerarsi poco idonee per elevate produzioni. Il mais
è una pianta eliofila, richiede elevata intensità luminosa. I mais ibridi hanno foglie erette per ricevere
maggior quantità di luce. Richiede molta acqua, circa 600 mm per ettaro, e necessita nella nostra zona di
irrigazione. Presenta adattabilità, preferisce terreni profondi, fertili ben dotati di sostanza organica e tessitura
media. Nei terreni argillosi teme i ristagni idrici. Il mais è abbastanza sensibile alla salinità del suolo.
La vegetazione. La vegetazione é l’insieme delle piante che ricoprono un dato territorio considerate nel
modo in cui si associano tra loro e non va confusa con il termine di flora che é l’elenco delle specie vegetali.
Un’ associazione vegetale o fitocenosi é : una comunità di piante, avente una precisa composizione floristica,
selezionata dall’ambiente, capace di autoregolarsi e riprodursi, basata su un equilibrio interno fra le
componenti e su un equilibrio esterno con l’ambiente (clima, morfologia, suolo, ecc.).
Le componenti che formano le comunità: interagiscono reciprocamente e sono in concorrenza tra loro (luce,
acqua, nutrienti, ecc.). La vegetazione é dunque caratterizzata dalla:
- composizione floristica : elenco specie in essa presente, in ordine di importanza;
- composizione ecologica: il tipo di habitat che richiede e che contribuisce a creare;
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- struttura: modo di disporsi nello spazio orizzontale e verticale; di solito le associazioni vegetali hanno una
struttura planare formate da più strati e si hanno uno strato arboreo (come la foresta pluviale) uno arbustivo
e uno erbaceo (alte o basse erbe). A questi si associa uno strato muscinale (muschi e licheni) ed anche la
lettiera ed il suolo.
L’acqua é l’agente erosivo principale dei versanti. Localmente sono importanti anche: erosione eolica o
deflazione (coste sabbiose), erosione glaciale o esarazione (alta montagna), frantumazione termoclastica
(massima in zone periglaciali). L’azione erosiva é contrasta dalla vegetazione:
- attenuazione della pioggia battente mediante le chiome che riducono l’energia;
- riduzione delle acque selvagge ruscellanti che trovano ostacoli e le particelle di suolo vengono adese alle
radici o incastrate fra esse;
- la formazione di mucillagini e altre sostanze organiche favoriscono l’adesione delle particelle inorganiche
del suolo.
Il bosco e’ un ecosistema caratterizzato dalla presenza di specie forestali (alberi), che interagiscono con
l’ambiente e con le altre componenti biotiche.
Secondo il decreto legislativo 227/2001 il bosco sono dei terreni coperti da vegetazione forestale arborea di
origine naturale o artificiale, in qualsiasi stadio di sviluppo, con estensione non inferiore a 2.000 m²,
larghezza media non inferiore a 20 m, copertura forestale non inferiore al 20%.
Sono esclusi: i giardini pubblici e privati, le alberature stradali, i castagneti da frutto in attualità di coltura, gli
impianti di frutticoltura e d'arboricoltura da legno.
Sono inclusi: i castagneti, le sugherete, la macchia mediterranea.
Vincolo idrogeologico (R.D. 3267/1923)
Decreto di orientamento settore forestale (D. Lgs 227/2001)
Tutela paesaggistica (D. Lgs 42/2004)
Tutela ambientale (D. Lgs 152/2006)
Natura 2000 (D.P.R. 357/1997)
Leggi regionali
Nei confronti della pioggia il bosco ha un’ azione regimante che si esplica in due modi:
- favorisce l’infiltrazione e quindi la capacita di campo (acqua disponibile per le piante);
- rallenta il deflusso superficiale e quindi la torrenzialità delle acque.
Solo in un caso il bosco può aggravare i dissesti idrogeologici: quando la frana é profonda e quindi il bosco
con il suo peso sovraccarica il versante. In tempi odierni il rimboschimento dei versanti montani puo avere
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un altro effetto indesiderato a valle: la riduzione dell’apporto solido dei fiumi che puo innescare l’erosione
delle coste.
Sin dall’antichità erano stati riconosciuti alla foresta utilità di diversa natura, riconducibili essenzialmente a
tre funzioni:
- la funzione produttiva (legname da opera, da industria, legna da ardere e da carbone; resine, frutti, funghi,
foglie, ecc.);
- la funzione protettiva e tutelare il suolo dalle installazioni o più generalmente degli interessi creati
dall’uomo, attraverso l’azione regimante delle acque, la difesa dall’erosione, dalle frane, dalle valanghe, dal
vento ecc.;
- la funzione turistico-ricreativa e di salvaguardia dell’ambiente naturale, esplicata dal bosco in forme e con
gradi diversi di intensità secondo i suoi caratteri, la sua estensione e distribuzione.
Le specie arboree si dividono in due gruppi: alberi a foglie persistenti (sempreverdi come le conifere) e
alberi a foglie decidue (caducifoglie o che cadono ogni anno come le latifoglie). Tutte sono spermatofite
“dotate di semi” e sono suddivise in angiosperme “con semi rinchiusi nell’ovaio” e gimnosperme “piante a
seme nudo”. A loro volta le angiosperme sono divise in monocotiledoni e dicotiledoni in base alla differenza
nella struttura del seme. Le specie arboree sono le piu alte fra le specie vegetali, si differenziano dalle piante
a portamento arbustivo per avere un unico fusto principale, e da quelle a portamento erbaceo per il fusto
quasi interamente da tessuto legnoso. Nella sezione trasversale del fusto si distinguono: epidermide, cilindro
corticale e cilindro centrale. Il fusto si accresce diametralmente annualmente grazie a due tessuti: il cambio
cibro-legnoso posto nel cilindro centrale e il cambio subero-follodermico posto nel cilindro corticale.
Le piante forestali quindi possono dividersi in :
Conifere che portano i coni ovvero le pigne : abete, araucaria, cedro, cipresso, douglasia, ginepro, ginkgo,
larice, pino, sequoia.
Latifoglie non resinose a foglie larghe : acero, agrifoglio, ailanto, betulla, biancospino, carpino, castagno,
cerro, eucalipto, frassino, leccio, nocciolo, noce, olmo, ontano, pioppo, platano, quercia, robinia, rovere,
salice, sughera, sambuco.
Il governo del bosco è il modo con cui un bosco viene rinnovato (allevamento) e dipende dal tipo di
propagazione delle piante; può essere:
1. a fustaia: riguarda tutti gli alberi di alto fusto. Le piante sono costituite da un unico tronco, che viene
lasciato crescere liberamente fino al momento dell’utilizzazione; dopo l’abbattimento la fustaia si rinnova
per via naturale, allevando le piantine nate dalla disseminazione spontanea, oppure artificialmente con una
nuova piantagione;
2. a ceduo: riguarda esclusivamente le latifoglie degli strati bassi; quando le piante hanno raggiunto un certo
sviluppo vengono tagliate periodicamente e il bosco si rinnova mediante l’emissione di polloni in
corrispondenza dei tagli fatti; la rinnovazione avviene quindi per gemma fino ad esaurimento del ceduo,
dopo di che si procede al reimpianto per via artificiale;
3. a ceduo composto: quando insieme alle piante allevate a ceduo si lasciano crescere anche piante d’alto
fusto in numero di qualche centinaio per ettaro. Se il numero di piante d’alto fusto è invece limitato a
qualche decina per ettaro, con la sola funzione di ottenere la ricostituzione naturale del bosco mediante
disseminazione spontanea, si parla di "ceduo matricinato" e matricine sono dette le piante d’alto fusto che
servono per la disseminazione (devono produrre semi per la rinnovazione gamica del bosco) dato che solo
con la rinnovazione agamica per polloni da ceppaie il bosco può diventare improduttivo e debole.
Può avvenire anche una conversione dei boschi o cambiamento della forma di governo facendo passare un
bosco da ceduo a fustaia o viceversa.
Alla forma di governo si collega il suo trattamento, ovverosia la modalità eseguita nel taglio o
abbattimento. Per poter ottenere una giusta densità e un buon accrescimento volumetrico delle piante si
effettuano diradamenti a intervalli periodici, una volta terminato l’accrescimento in altezza. Con questa
operazione si devono eliminare anche gli alberi ammalati, deperiti o malformati. Dai diradamenti precoci si
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ottiene legna da ardere, da quelli tardivi tronchetti ed eventualmente tavolame. Per stimare la produzione
legnosa fornita da un bosco è necessario conoscere le principali utilizzazioni forestali e i parametri di
valutazione della quantità di prodotto ottenibile.
La dendrometria (dendron = albero, metron = misura) studia l’accrescimento delle piante e i procedimenti
per determinare il volume degli alberi in piedi o abbattuti e la massa legnosa di un intero bosco (cubatura).
Se le piante sono abbattute, l’età si determina contando gli anelli annuali nella sezione del taglio avendo
l’avvertenza di aggiungere gli anni che la pianta ha presumibilmente impiegato per arrivare all’altezza a cui é
stata tagliata. Nel conteggio vanno trascurati gli anelli che non compiono l’intero giro (anelli falsi o doppi).
Nella pratica, si usano formule semplicissime fra le quali ricordiamo: V = Sm H (Huber formula),
dove: Sm = area della sezione presa a metà lunghezza ed H = lunghezza totale del tronco.
Questa formula ed altre vengono utilizzate per la cubatura dei tronchi non squadrati (tondame).
La cubatura del travame e di altri assortimenti mercantili (tavolame, dogame, traversine ferroviarie) si rende
necessaria nella commercializzazione del legname già lavorato e raramente riguarda la stima dei boschi,
poiché il selvicoltore normalmente vende il tondame.
Comuni operazioni di selvicoltura. Prima di tutto bisogna eseguire una rete di viabilità forestale:
- strade forestali: percorribili a mezzo di ruote di articolati, motrici, ecc.;
- vie di esbosco: piste lungo cui avviene il trascinamento o il trasporto di legname
- esbosco: risulta il trasporto del legname dalle aree di taglio alle strade principali o a punti di raccolta
e può avvenire per via terrestre (strascico, rotolamento sul pendio, a dorso di mulo, con mezzi
meccanici) o per fluitazione ( lungo torrenti o fiumi o tramite zattere guidate).
Pianificazione forestale. Divide i boschi in produttivi, ovvero quelli soggetti a periodici tagli ogni 18 anni, e
in protettivi, usati per i rimboschimenti o mantenuti a protezione del suolo, frane e valanghe.
Rischio di incendio. I danni immediati sono:
- distruzione copertura vegetale;
- uccisione della fauna in particolare, anfibi, mammiferi, invertebrati, uova e cuccioli;
- estinzione locale di specie vegetali e animali;
- alterazione chimico-fisica del suolo (cottura, laterizzazione);
Danni a lungo termine:
- alterazione permanente copertura vegetale;
- erosione del suolo;
- aumento del trasporto solido dei fiumi, alluvioni a valle;
- frane o rotolamento di massi.
Inoltre vanno considerati danni economico-sociali immediati:
- costi delle operazioni antincendio;
- evacuazione delle aree;
- distruzione di beni mobili e immobili;
- perdita vite umane.
Danni economico-sociali a lungo termine:
- costo ricostruzione e rimboschimento;
- cambiamento paesaggio, e richiamo turistico ;
- perdita beni non sostituibili.
La macchia mediterranea é uno stadio metastabile, della successione naturale della vegetazione il cui stadio
climax é la lecceta nelle sue varie facies (composizioni floristiche secondo le condizioni edafico-climatiche
locali). Mestabile significa che é uno stadio secondariamente stabile: teoricamente é una fase transitoria, che
pero resta stabile per lunghissimi periodi. Sulle colline Livornesi é stato studiato il processo di rigenerazione
dopo il devastante incendio del 1990. La copertura originaria era quella di macchia alta con leccio, viburno,
corbezzolo, erica, e impianti artificiali di pino d’Aleppo e marittimo. Lo studio ha messo in evidenza che :
- la ricrescita non é uniforme (il leccio é lento, corbezzolo e arice veloci);
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- rilascio della necromassa in piedi o al suolo (nel caso in piedi si favorisce l’infiltrazione anziché lo
scorrimento superficiale e si attirano i rampicanti infestanti verso l’alto).
Fissando l’attenzione sulle condizioni meteorologiche e’ necessario distinguere tra storia meteorologica
precedente del sito in considerazione , che influisce sul contenuto di umidità del combustibile vivo e morto, e
le condizioni meteorologiche presenti che hanno un impatto sulla propagazione delle fiamme, sul contenuto
di umidità del combustibile morto e sulla alimentazione di ossigeno.
Viene nel seguito descritta una procedura messa a punto in Italia (Palmieri, 1995) con la quale si può
determinare il rischio di incendi. L’effetto della storia meteorologica precedente del sito in considerazione
viene calcolata mediante la equazione che segue:
AR= k * (EPT/ P)1 + k 2 * (EPT / P) 2 + k 3 * (EPT / P) 3 + k 4 * (EPT / P) 4
Nella quale AR e’ un parametro che rappresenta l’aridità, E/P è il rapporto tra evapo-traspirazione e
precipitazione (media di dieci giorni), k e’ un appropriato coefficiente di calibrazione che permette di
attenuare l’influenza del clima man mano che ci si allontana nel tempo, gli indici 1,2,3,4 indicano intervalli
di tempo adiacenti di dieci giorni che coprono un periodo complessivo di 40 giorni andando indietro nel
tempo a partire dalla data in cui la stima del rischio e’ richiesta.
Rimboschimento. I rimboschimenti possono avere diverse finalità, anche concomitanti tra loro:
- 1.finalità protettive: consolidamento dei terreni degradati, riforestazione di terreni incendiati o deforestati
da tempeste di vento, frane, ecc.;
- 2. finalità produttive: produzione di legna, sotto-piantagioni per accelerare la rinnovazione del bosco;
- 3. finalità naturalistiche: arricchimento della composizione floristica.
Un terreno spoglio é spesso : soggetto a movimenti gravitativi, impoverito di nutrienti per eccesso del
dilavamento ed erosione dell’orizzonte O e A del suolo, arido per esposizione al soleggiamento e vento.
Incendi, smottamenti, eccesso di pascoli, possono impoverire e degradare i suoli. In alta montagna l’attività
sciistica comporta spesso impatti ambientali:
- la neve artificiale é molto più compatta di quella naturale e le temperature al suolo scendono sotto zero;
- la neve artificiale ha più acqua e al disgelo si hanno più soliflussi.
Nelle zone montane servono per consolidare versanti spesso scarpate stradale. Il rimboschimento é sempre
associato a opere di riduzione dei movimenti gravitativi di suolo, detriti, neve come: sistemazioni a gradoni
con muretti, palificate in legno, viminate, barriere paravalanghe, ecc. Tra le piante arboree per il
rimboschimento si preferisce usare le conifere (abete, pino) perché sono di facile propagazione da seme in
vivaio. Le latifoglie (faggio, acero, quercia, frassino, ecc.) sono pure usate, ma di solito mai da sole e su non
grandi estensioni. Nelle zone collinari i terreni argillosi, sono coperti da boschi misti di roverella, carpino,
acero campestre, rovere e leccio nelle aree piu calde. Con l’agricoltura, il disboscamento e il pascolo
eccessivo oggi molti terreni argillosi soffrono di una erosione accentuata (calanchi) e di un impoverimento
generalizzato. Nel recupero di questi suoli si deve ripartire dalla base della serie vegetazionale:
- canalizzazioni di cresta, apporto di detrito vegetale a lenta decomposizione (paglia);
- inerbimenti con specie pioniere (leguminose, graminacee);
- cespugliamenti con ginestre, rosa canina, prugnolo ovvero piante resistenti alla siccità;
- in casi più favorevoli si possono usare le latifoglie come l’olmo e l’acero campestre.
Lungo le coste sabbiose si hanno rimboschimenti storici mantenuti e allargati a pino domestico, sfruttato per
i pinoli, il legno e la resina, e pino marittimo in posizione più avanzata verso il mare perché più resistente al
salmastro. Le fasce protettive litoranee sulle dune sabbiose si trova il ginepro coccolone e le sclerofille
sempreverdi resistenti all'areosol. Per le sistemazioni a giardino sul lungomare si usa spesso il pitosforo.
Sulle coste rocciose é spesso usato il pino d’Aleppo, il fico d’india e localmente l’alianto, ma per le
sistemazioni di terreni spesso viene vietato l’uso del fico d’india che ha una diffusione eccessiva a scapito
della manutenzione della biodiversità. Comuni nelle aree bonificate sono i frangiventi di eucalipto.
Classificazione tecnica del legno massiccio. Dal legno tondo o tondame si ricava il legno massiccio e la sua
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qualità dipende dal taglio. Se il taglio interessa il cuore del tronco si possono avere facilmente fessurazioni
per ritiro e rigonfiamento mentre se il taglio interessa la zona esterna il rischio di fessurazione é basso.
L’umidità del legno massiccio non deve superare 18 -20%. Il legno strutturale ha delle classi di resistenza in
base alla resistenza a flessione e quella di più largo impiego é la C24 ovvero 24 N/mm 2 di resistenza a
flessione. In base alle dimensioni invece si hanno: listello, tavola, tavolone, squadrato.
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