Appunti di Economia Internazionale Lorenzo Prosperi 1 1. Teoria pura del commercio internazionale Le teorie sul commercio internazionale nascono nel 1700 in opposizione alla teoria mercantilista, la quale si basava sull'importanza di mantenere un saldo della BC>0, e per raggiungere questi obbiettivi era importante imporre dazi commerciali, in modo tale da limitare l'import, e incentivare l'export tramite rimborsi a favore dei mercanti. La teoria mercantilista incentrava la sua analisi sulle riserve auree di un paese, necessarie in quanto l'oro è la merce più versatile e con questa si potevano pagare eserciti mercenari per affrontare situazioni di crisi; mantenendo un BC>0 si assicurava che l'oro non uscisse dal paese anzi veniva accumulato. Fu Smith che nel 1776 con “la Ricchezza delle nazioni” criticò la teoria mercantilista, spiegando che il commercio anziché l'oro è capace di fornire di tutti i beni di cui si ha bisogno, non solo, l'oro poteva essere benissimo sostituito con altre merci come mezzo di pagamento dell'esercito. Smith introdusse la teoria dei vantaggi assoluti, successivamente Ricardo, poi Mill e infine i marginalisti migliorarono questa teoria che si “stabilizzò” agli inizi del novecento. 2. Teoria dei vantaggi assoluti (Smith) Vino Stoffa Portogallo 80 90 G.Bretagna 120 70 HP: Prendiamo in considerazione il commercio tra due paesi (Portogallo, Gran Bretagna), i quali producono vino e stoffa. I prezzi delle merci sono espressi in termini di lavoro contenuto, ovvero il costo di produzione è espresso in termini di unità lavorative (es. ore di lavoro). Viene poi imposto che 1 unità di import = 1 unità di export (ragione di scambio). TH: A parità di “sforzo” aumenta la quantità prodotta dei beni. Il Portogallo ha un vantaggio assoluto nella produzione di vino, mentre la Gran Bretagna ha un vantaggio assoluto nella produzione di stoffa. Proof: Entrambi i paesi possono scegliere tra: a) Autarchia (ovvero produrre ciò di cui neessita esclusivamente al suo interno) b) Commercio internazionale. Prendiamo il caso della G.B. a) Per produrre 1 unità di vino (1v) necessità di 120 gg lavorativi, per produrre 1 di stoffa (1s) necessita di 70 gg. Quindi 1v + 1s = 190 gg. b) Se la G.B. Si specializza nella produzione di stoffa, e quindi azzera la produzione di vino, può scambiare 1s con 1v prodotto dal Portogallo; in questo modo è come se la G.B. avesse impiegato solo 70 gg per la produzione del vino, che invece, se lo avesse prodotto in casa, avrebbe speso 120 gg. 1v + 1s = 140 gg => 190gg- 150gg = risparmio di 40gg ottenibile tramite il commercio internazionale Prendiamo il caso del Portogallo: a) 1v + 1s = 170gg b) Se il Portogallo si specializza nella produzione di vino e azzera quella si stoffa e scambia la qtà desiderata con la Gran Bretagna, è come se avesse, anche per la produzione della stoffa, impiegato 80 gg lavorativi anziché 90. 1v + 1s = 160gg => 170-160 = 10gg risparmio in giorni lavorativi ottenibile tramite il commercio internazionale. # 3. Teoria dei vantaggi comparati (Ricardo) La teoria di Smith afferma che se un paese è più efficiente dell'altro nella produzione del bene 1, e contemporaneamente l'altro paese è più efficiente del primo nella produzione del bene 2, conviene ai 2 paesi specializzarsi nella propria produzione efficiente ed passare al commercio. David Ricardo teorizzò ne “Sui principi dell'economia politica e della tassazione” del 1817, una 2 generalizzazione della Teoria di Smith, che affermava che TH: anche se uno dei due paesi era più efficiente nella produzione di entrambi i beni rispetto all'altro, poteva essere conveniente o stesso il commercio internazionale Vino Stoffa Prezzi relativi Portogallo 80 90 1v = 0,9 s 1s = 1,1v G.Bretagna 120 100 1v = 1,2 s 1s = 0,8v Proof: Il Portogallo è più efficiente nella produzione sia di stoffa che di vino, ovvero ha un vantaggio assoluto nella produzione di entrambi i beni, ma ciò nonostante li conviene lo stesso commerciare con la Gran Bretagna. Inseriamo la colonna dei prezzi relativi. In Portogallo con 80 gg produco 1 vino oppure 0,9 stoffa, con 90 gg produco 1 stoffa e 1,1 vino. In Gran bretagna vale lo stesso discorso. Posso determinare la struttura dei vantaggi comparati. Il prezzo relativo del vino è minore in Portogallo che in GB, ma per la stoffa il discorso si inverte. Diremo che il Portogallo gode di un vantaggio comparato nella produzione di vino, mentre la Gran Bretagna gode di un vantaggio comparato nella produzione di stoffa. Se ciascun paese si specializza secondo vantaggi comparati e non assoluti e usa l'eccesso per comprare le quantità del bene a cui ha rinunciato a produrre, allora tutti e due hanno un aumento di produttività. Portogallo: a) 1v + 1s = 170gg b) 1v + 1s = 80+80 = 160gg => risparmio 10gg Gran Bretagna: a) 1v + 1s = 220gg b) 1v + 1s = 200gg => risparmio di 20gg # N.B. Questa dimostrazione richiede che 1 unità exp = 1 unità import 4. La generalizzazione di Mill John Stuart Mill, riprende il lavoro di Ricardo, senza postulare una ragione di scambio 1v = 1s. Questi dimostra che TH: se la ragione di scambio si trova all'interno di un certo range di valori, esiste comunque un vantaggio comparato, se però la ragione di scambio non si trova all'interno di questo range ( es rag. scambio 1v=1s, come aveva postulato Ricardo), non c'è convenienza a partecipare al commercio internazionale. Proof: Prendiamo in considerazione 2 paesi: Gran Breatgna e Germania, che producono Stoffa e ferro. Esprimiamo i valori all'interno della tabella come le qtà ottenibile di quella merce con una sola unità di lavoro. Ferro Stoffa Prezzi relativi G. Bretagna 10 15 1s = 1,5f 1f = 0,65s Germania 10 20 1s = 2f 1f = 0,5s Se noi adottiamo la ragione di scambio di Ricardo 1s = 1f, risulta chiaro che alla Gran Bretagna non conviene commerciare con la Germania, ma le conviene produrre da se il quantitativo necessario alla produzione in quanto il suo rapporto di scambio interno tra ferro e stoffa è 1s = 1,5f, e quindi otterrebbe un quantitativo inferiore alla produzione interna commerciando con la ragione di scambio postulata. E' chiaro quindi che la Gran Bretagna non accetterà mai una ragione di scambio inferiore al suo prezzo interno. Lo stesso discorso si può applicare alla Germania, se venisse postulata una ragione di scambio 1f = 0,33s, converrebbe a lei produrre al suo interno. La ragione di scambio deve trovarsi all'interno di un range di valori, quello dei prezzi interni dei due paesi. Rappresentiamo nel grafico cartesiano, questo concetto. GB asse x= export (stoffa) asse y= import Imp/ exp= ferro / stoffa=1,5/1=1,5 ferro. Possiamo tracciare una retta con pendenza 3 che rappresenta il luogo dei punti (ragioni di scambio) in cui la GB è indifferente tra produrre e commerciare con la Germania; tutti i punti al di sopra di questa retta rappresentano ragioni di scambio che rendono favorevole il commercio. Notiamo inoltre che la ragione di scambio postulata fig.A GB fig. B Germania Notiamo, nella fig. A che la ragione di scambio postulata da Ricardo, che si trova nel grafico nel punto (1, 1) si trova nell'area viola, area che delimita tutti i punti che rendono conveniente alla GB la produzione interna. Nella fig. B è rappresentato invece il luogo di punti (ragioni di scambio) in cui la Germania è indifferente tra commerciare o produrre al suo interno, e la ragione di scambio postulata da Ricardo si trova nell'area in cui risulta conveniente commerciare. La pendenza della retta si ricava dal rapporto di scambio interno 1s = 2f. Integriamo i due grafici, invertendo gli assi della Germania. L'area nera rappresenta tutte le possibili ragioni di scambio accettabili per entrambi i paesi per iniziare il commercio. # C’è solo un eccezione alla legge del vantaggio assoluto, quando lo svantaggio assoluto di un paese rispetto all’altro è lo stesso per entrambi i beni. Cambiando i valori della tabella in questo modo: Gran Bretagna stoffa 12, ferro 4; Germania stoffa 6, ferro2, notiamo che il rapporto tra 4 stoffGB/stoffGER=2, e il rapporto ferrGB/ferrGER=2, la Germania non gode di alcun vantaggio comparato nella produzione dei beni e quindi lo scambio non è conveniente, in quanto la GB gode di un vantaggio assoluto nella produzione di entrambi i beni. 5. Il vantaggio comparato con la moneta Una spiegazione plausibile dell’inefficienza produttiva della Gb nei confronti del Portogallo può derivare dalla scarsa produttività dei lavoratori inglesi nei confronti di quelli portoghesi. Ma com’è possibile allora che questi scambi avvengano ugualmente? La risposta è che i salari nella GB saranno inferiori ai salari portoghesi in misura tale da rendere il prezzo del tessuto inferiore nella GB e il prezzo del vino inferiore nel Portogallo, una volta che i prezzi dei due beni siano espressi nella valuta di uno qualsiasi dei due paesi. Facciamo un esempio. USA GB USA Prz. 1 q frumento 1$ 2$ Frum q/ora-uomo 6 1 Prz. 1 q tessuto 1,5 $ 1$ Tess q/ora-uomo 2 4 GB Il salario orario negli usa è 6 $, un ora-uomo produce 6 frumento (F) negli Usa, ogni q di frumento vale 1 $ come si vede nella tab a sx. . Un ora-uomo produce 4 tess (T) dunque il prezzo di 1T è 1,5$. Se il salario orario nella GB è 1£ , allora dato che un ora uomo in GB produce 1F, il prezzo di 1Fsarà 1£, e per lo stesso motivo il prezzo di 1T sarà 2£. Ponendo un tasso di cambio 1£=12$ ricaviamo i valori della tabella a sx. Gli Usa godono di un vantaggio comparato nella prod di frumento nei confronti della GB, quest'ultima gode di un vantaggio comparato nella prod di tessuto. Se il tasso di cambio fosse 1$=1£ allora il prezzo del frumento della GB sarebbe esattamente 1$, con tale tasso di cambio gli Usa non possono esportare frumento nella GB dato che vi sono prezzi uguali. Notiamo però che il prezzo di 1T in GB è ora di 0,5$. Un prezzo più basso fa aumentare il volume delle esportazioni della Gran Bretagna, facendo sbilanciare a favore della GB la bilancia commerciale con gli USA (dato che il volume delle import si è fermato, con un conseguente apprezzamento della sterlina nel tasso di cambio con il dollaro, 1$=1£I↑. Se fosse invece il tasso di cambio 1£=3$ vi sarebbe uno sbilanciamento opposto a favore degli USA con un conseguente adeguamento del tasso di cambio. In generale il tasso di cambio tra dollaro e sterlina si stabilizzerà infine al livello che comporta l'equilibrio degli scambi. L'argomentazione secondo cui gli USA dovrebbero proteggere gli alti salari e gli standard di vita dei propri lavoratori dal basso costo del lavoro inglese è in generale falsa. 6. Vantaggio comparato e costi opportunità Il modello ricardiano si basa su certe ipotesi: 1) solo 2 paesi e 2 beni 2) libero scambio 3)perfetta mobilità del lavoro all'interno di ciascun paese e immobilità tra i due paesi 4) costi di produzione costanti 5) assenza di costi di trasporto 6) assenza di mutamenti tecnologici 7) teoria del valore lavoro. L'ipotesi 7 è quella che viene discussa di più, si tratta dell'ipotesi fondamentale della scuola classica. Il valore di una merce è, secondo questa teoria, misurata dalla q.tà di lavoro necessaria per costituirla, ma questa assunzione comporta che vada considerato il lavoro in modo omogeneo, ovvero che non vi siano differenze tra un lavoro e l'altro in termini di produttività e preparazione, e che sia l'unico fattore produttivo o utilizzato nella stessa proporzione in tutte le merci (la c.d. Marxiana composizione organica del capitale che dovrebbe risultare uniforme in ogni settore produttivo una volta postulata l'uniformità dei saggi di profitto). Abbandonando però l'ipotesi del 5 valore-lavoro, che come si vede porta a risultati poco plausibile, rimane in piedi la teoria del vantaggio comparato utilizzando la teoria del costo opportunità. Fu Haberler che nel 1936 riadattò il modello ricardiano attraverso la teoria del costo opportunità, che diceva che il costo di un bene è dato dall'ammontare di un secondo bene cui bisogna rinunciare per rendere disponibili le risorse esattamente sufficienti a produrre un unità addizionale del primo bene. Conseguentemente il paese con minor costo opportunità in un certo bene gode di un vantaggio comparato relativamente a quel bene ( e uno svantaggio comparato in relazione al secondo). Qui il lavoro non è considerato l'unico f.p.. Esempio: Usa per produrre 1F deve liberare 2/3 delle risorse per produrre 1T => 1F=2/3T. Se in GB abbiamo 1F=2T allora il costo opportunità del frumento è minore negli Usa che gode di un vantaggio comparato nella prod. Di frumento, e, conseguentemente la GB godrà di un vantaggio comparato nella produzione di tessuto. Per rappresentare al meglio questo concetto utilizziamo la frontiera delle opportunità produttive o curva di trasformazione. Partiamo da una serie di possibilità produttive di entrambi i paesi, ovvero di possibili combinazioni di produzione tra q.tà diverse di tessuto e frumento. Frumento USA Tessuto USA Frumento GB Tessuto GB A 180 0 60 0 B 150 20 50 20 C 120 40 40 40 D 90 60 30 60 E 60 80 20 80 F 30 100 10 100 G 0 120 0 120 Possiamo notare che in USA per ogni 30F cui essi rinunciano vengono liberate risorse per 20T => 1F=2/3T, che è il costo opportunità di 1F in USA e questo rapporto rimane costante per tutte le possibili combinazioni. In GB il costo opportunità, sempre costante, è 1F=2T. Possiamo così rappresentare la curva di trasformazione tra tessuto e frumento per entrambi i paesi. 6 I costi opportunità costanti compaiono quando: 1) risorse e fattori produttivi sono perfetti sostituti l'uno dell'altro, oppure vengono utilizzati n proporzione fissa nella produzione di entrambi i beni 2) tutte le unità di un dato fattore sono omogenee o hanno la stessa qualità I costi sono costanti nel senso che deve essere ceduta la stessa qtà di un certo bene per produrre ciascuna unità addizionale dell'altro bene. I costi costanti tuttavia non sono realistici. In assenza di commercio internazionale. Un paese può consumare soltanto i beni che produce. Di conseguenza la frontiera delle possibilità produttive rappresenta anche la sua frontiera delle possibilità di consumo. I vantaggi del commercio si possono vedere anche in questa interpretazione grafica. Se non vi fosse commercio gli USA realizzerebbero una combinazione produttiva del tipo D (90F e 60T) e gli UK una combinazione del tipo C (40F e 40T) a seconda dei gusti. Con gli scambi sia USA che UK realizzerebbero la combinazione dove hanno vantaggio comparato (A per USA, G per UK). Se gli USA scambiassero 70F con 70T con la Gran bretagna, essi consumano in definitiva la combinazione produttiva E (110F 70T) mentre la Gran Bretagna la combinazione E' (70F e 50)T. Gli USA dal commercio guadagnano 20F e 10T, la Gran Bretagna 30F e 10T. Il guadagno complessivo della produzione 50F e 20T, viene ripartito in questo modo per via della particolare ragione di scambio 1 a 1. Vedremo nei prossimi capitoli che il sistema tende ad una sola ragione di scambio e quindi ad un unica ripartizione del surplus produttivo derivante dagli scambi. 7 7. L'interpretazione marginalista E' possibile svolgere un'analisi grafica del modello ricardiano del vantaggio comparato. Innanzitutto ipotizziamo che la ragione di scambio sia data da un rapporto tra prezzi monetari. Finora abbiamo visto la ragione di scambio come un rapporto tra quantità di 2 beni, ma vediamo che trattare la ragione di scambio nell'uno o nell'altro modo è equivalente. Prendiamo in considerazione un sistema con 2 paesi (I e II), 2 beni (A e B) e le relative funzioni di domanda e offerta: D AI , D AII , S AI , S AII , D BI , D BII , S BI , S BII . Nel modello del consumatore Nel punto P abbiamo che il saggio marginale di sostituzione del bene A e del bene B è uguale al rapporto tra i loro prezzi P B / P A=−dA/ dB . Infatti, il vincolo di bilancio è R= p A A p B B ne faccio la derivata totale dR=0= p A dA p B dB e cambiando i segni ricaviamo il rapporto visto sopra. Quindi abbiamo dimostrato che è indifferente trattare la questione con prezzi relativi o rapporti tra quantità. Ora occupiamoci separatamente del mercato del bene A, dove sono coinvolti il paese I e II. Rappresentiamo il grafico cartesiano disponendo sull'asse y i valori P B / P A positivi (trascureremo la parte di grafico che va da 0 a – infinito) sull'asse x disporremo i quantitativi del bene A offerto dal paese I a dx, offerto dal paese II a sx. Inseriamo sul grafico di destra le curve di domanda e offerta del bene A del paese I. Notiamo che in tale costruzione teniamo conto solo del bene A e quindi P B è considerato costante in questa costruzione. La pendenza della curva di domanda sarà quindi positiva, infatti se P B / P A cresce, vi sono due motivi, o P B cresce ma ciò non è possibile perchè lo abbiamo supposto costante, o P A decresce. Ma se P A decresce la qtà domandata aumenta, quindi vi è una correlazione positiva tra P B / P A e qtà domandata del bene A. Discorso analogo si può fare per l'offerta del bene A che avrà una pendenza negativa. Per il paese II il discorso è analogo vanno però invertite le curve perchè il secondo quadramte è una rotazione del primo. Raggiungiamo quindi questa rappresentazione cartesiana. 8 Denotiamo con: − − P B / P AR , Ragione di scambio di equilibrio di autarchia nel paese I P B / P AP , Ragione di scambio di equilibrio di autarchia nel paese II Nel paese I per tutti i valori di P B / P A minori della ragione di scambio di autarchia, ovvero quel costo opportunità di un unità di bene A in termini di risorse per produrre B all'interno del paese. Ad una ragione di scambio inferiore di quella di equilibrio vi sarà un eccesso di offerta, (perchè P A cresce allora l'offerta aumenta e la domanda diminuisce). In eccesso d'offerta il paese si rende potenziale esportatore, in quanto ha più risorse di quante realmente ne necessita. Se la Ragione di scambio si trova sopra quella di autarchia saremo in una situazione di eccesso di domanda, e quindi il paese si rende potenziale importatore in quanto necessita di più beni di quanto è offerto all'interno del paese. Lo stesso discorso si può applicare al paese II. Proviamo a prendere in considerazione ragioni di scambio internazionali: P B / P A < P, sia il paese I che il paese II sono potenziali esportatori, ma se non c'è nessuno che − importa il commercio internazionale non è possibile P B / P A >R, sia il paese I che II sono potenziali importatori, ma se non c'è nessuno che esporta il − commercio è impossibile P / P A <R, ci troviamo nel range di valori preso in considerazione da Mill, quindi il − P< B commercio internazionale è possibile, infatti in questo intervallo il paese I è potenziale esportatore e il paese II è potenziale importatore. MA NON SOLO. All'interno di questo range vi è un solo valore (ragione di scambio internazionale) che è un equilibrio stabile. Mill avevo detto che la ragione di scambio deve trovarsi tra i due equilbri di autarchia, affinchè vi sia convenienza nel commercio, ora si dimostra che esiste in questo range un solo valore che “sparecchia il mercato”. Inoltre questo metodo non è legato alla teoria del valore-lavoro. Poniamo che la ragione di scambio sia uguale al punto P, rag scambio di autarchia del paese II, a questo livello II non richiede qtà aggiuntive del bene A ma il paese II è disposto a offrire bene A, si crea un eccesso di offerta nel mercato int. Che porta ad un abbassamento di P A e quindi un innalzamento di P B / P A verso l'interno dell'intervallo di Mill, la tendenza a crescere di P B / P A , Finirà quando l'eccesso di offerta internazionale sarà 0. Discorso analogo per il punto R, dove ci troviamo in eccesso di domanda del bene A, quindi P A tende crescere, quindi P B / P A a scendere fino a che l'eccesso di domanda è =0. 9 8.La legge di Walras Abbiamo preso in considerazione solo il mercato del bene A. Per affermare che esiste un equilibrio anche nel mercato del bene B dovremmo rifare lo studio del paragrafo 7, postulando come dato P A trovato precedentemente. Ciononostante questo non è necessario, se conosciamo la legge di Leon Walras, economista francese, fondatore della Scuola di Losanna, il suo laoro appare nel 1874. HP: Supponiamo di avere n beni e i relativi prezzi, e funzioni di domanda e offerta per ogni bene. TH: Se analizzando il mercato ho trovato il prezzo che mi “svuota il mercato” di n-1 beni => avrò automaticamente trovato il prezzo di equilibrio per l n-esimo bene. Proof: Vale in generale che P 1 D 1−S 1 P 2 D 2−S 2 .... Pn−1 D n−1−S n−1P n D n−S n =0 per ogni pi i=1,2 , ... , n Cioè che la somma di tutti gli eccessi di domanda e offerta è uguale a 0 qualunque sia il vettore di prezzi preso in considerazione, quindi anche in prezzi non di equilibri. Tuttavia se abbiamo trovato per n-1 mercati i relativi prezzi di equilibrio P 1 , P 2 ,... , Pn−1 , abbiamo trovato quei prezzi che, essendo di equilibrio, pareggiano domanda e offerta nel mercato di quel bene => P 1 D 1−S 1 P D 2−S 2....P n−1 D n−1−S n−1=0 , dato che D i −S i=0 per ogni i=1,2,...,n-1. Dunque risulta che, e dato che P n ≠0, perchè si tratta di un bene economico, necessariamente Dn −S n=0 , quindi P n è il prezzo di equilibrio del n-esimo bene. # Tornando all'esempio visto in precedenza noi abbiamo analizzato un mercato, quello del bene A, su due, trovandone il prezzo di equilibrio, quindi, secondo la legge di Walras necessariamente P B è prezzo di equilibrio. Infatti per il paese I: P A D AI P B DBI =P A S AI P B S BI e per II: P A D AII P B D BII = P A S AII P B S BII Sommando membro a membro P A D AI DaII P B D BI D BII =P A S AI S AII P B S BI S BII P A [ D AI D aII − S AI S AII ]P B [ D BI D BII −S BI S BII ]=0 La parte moltiplicata per il prezzo di A è necessariamente = 0 trattandosi di un prezzo di equilibrio, allora l'eccesso di domanda e di offerta del bene B sommano a 0. 9. Le curve di domanda reciproca Utilizziamo ora uno strumento più raffinato che ci permetterà di rappresentare due mercati del bene A e del bene B, con una stessa rappresentazione grafica, e trovare così la ragione di scambio internazionale. Questo strumento è stato probabilmente inventato da Alfred Marshall, ed è la curva di domanda reciproca. 10 Ipotizziamo di avere un punto, Z con le sue coordinate: − zA mi dice qtà minima del bene A che il paese è disposto a cedere per avere una qtà zB di B − zB è la qtà max del bene B che il paese è dsposto a cedere per avere un qtà xA di A Tracciamo ora una semiretta che unisce l'origine con il punto Z: la pendenza di questa semiretta è OZ A /OZ B =dA/ dB , è la ragione di scambio in quel punto. Se noi tracciamo una seconda semiretta che congiunge l'origine con punto Y otteniamo una nuova ragione di scambio data da YA / YB . Andando avanti con la costruzione di punti possiamo definire una curva, che sarà appunto la curva di domanda reciproca. Questa curva ha come dati i gusti, la tecnologia e fattori produttivi, quindi è fissa nel breve periodo, infatti sintetizza in se la funzione di utilità e la funzione di produzione. La concavità di questa curva è data da due fondamentali presupposti marginalisti utilità marginale decrescente produttività marginale decrescente Il primo concetto vuol dire che che ogni qtà addizionale di un certo bene porta un incremento di utilità sempre minore, fino a quando addirittura per acquisire una qtà successiva di un certo bene pretendo addirittura di essere remunerato. La produttività decrescente implica che qtà addizionali di un certo bene costano sempre di più. Nel grafico per ogni dose unitaria addizionale del bene A sono disposto a dare in cambio sempre meno qtà di ben B. Ora riprendendo il sistema a 2 paesi, faremo notare l'analogia del secondo grafico del paragrafo 7 con quello di domanda reciproca. Il punto P rappresenta il punto di equilibrio di autarchia del paese I. Poniamo ora che la ragione di scambio del paese sia OH, è cresciuta. Nel mercato del bene B ciò può essere successo per via di un aumento di PB, generando un eccesso di offerta pari alla qtà HB. Nel mercato del bene A l'aumento della ragione di scambio è dovuto da una diminuizione del prezzo PA, generando un eccesso di domanda del bene A. Il paese si rende così potenziale esportatore del bene B e potenziale esportatore del bene A. A ragioni di scambio più elevate, tipo OL il paese genera eccessi di domanda e offerta più alti (LA, LB). Se la ragione di scambio diminuisce al livello OU nel mercato del bene B esso genera l'eccesso di domanda UB, nel mercato del bene A l'eccesso di offerta UA. Riportiamo questi valori in un secondo grafico. Riportando gli eccessi di domanda/offerta dei due paesi, che sono le conseguenti qtà che sono disposti a importare/esportare, abbiamo costruito la funzione di domanda reciproca del paese I. Questa funzione ci fornisce molte informazioni. La pendenza della semiretta OL o OH rappresenta la ragione di scambio OL e OH vista nel grafico precedente, e a quelle ragioni di scambio ci dice le relative qtà del bene che il paese è disposto a commerciare. La retta tangente alla curva di domanda reciproca nell'origine ha come pendenza la ragione di 11 scambio di autarchia. Facciamo la stessa cosa per il paese II . Riportiamo i valori trovati nel grafico di sopra, ma relativo alle curve di domanda e offerta del paese II, in un altro grafico dove mettiamo sull'asse x , ExpAII sull'asse delle y ImpBII. Abbiamo costruito la curva di domanda reciproca del paese II. Notiamo una cosa importante, in questo caso la pendenza della retta tangente all'origine, o la pendenza di qualsiasi retta intersecante la curva, non è più una ragione di scambio. Infatti abbiamo definito la ragione di scambio P B / P A=−dA/ dB , ma la pendenza della retta del secondo grafico è dB/dA. Tuttavia il problema è facilmente risolvibile invertendo i valori dell'asse delle x e y, e quindi invertendo anche la concavità della curva. E' possibile ora unire ii due grafici in uno solo per trovare la ragione di scambio internazionale che conviene ai due paesi Il punto E è il punto che rappresenta l'equilibrio internazionale negli scambi. Infatti la pendenza della retta OE è uguale alla ragione di scambio internazionale. Le rette tangenti alle curve di domanda reciproca hanno pendenza uguale alla ragione di scambio di autarchia. Inoltre vediamo che abbiamo costruito un sistema per individuare un unico punto di equilibrio internazionale che soddisfa anche le condizioni di John Stuart Mill. Infatti la retta OE è tra le due rette “di autarchia” . Ciò implica che rag scambio autarchia paese I< ragione scambio internaz.<ragione scambio autarchia paese II Facciamo vedere ora che l'equilibrio E è anche stabile. 12 Poniamo che la ragione di scambio si sposti ad un livello più basso di quello di equilibrio, relativo alla semiretta rossa. Vengono individuati così due punti, il punto F sulla curva di domanda reciproca del paese I, e il punto L sulla curva di domanda reciproca del paese II. A questa ragione di scambio sono cambiate le quantità che i due paesi sono disposti a scambiare Paese I Paese II Quantità Eccesso dom/off Tendenza prezzo Exp OFB Imp OLB OLB>OFB Eccesso dom di B PB ↑ Imp OFA Exp OLA OLA>OFA Eccesso off di A PA↓ Nel grafico abbiamo il paese I importa il bene A ed esporta il bene B, bene per cui ha il vantaggio comparato, viceversa il paese II. Tuttavia la nuova ragione di scambio porta a spostare qtà diverse (vedi tabella). Per il bene B, il paese I esposta la quantità OFB, offerta del bene B, mentre il paese II importa la qtà OLB domanda del bene B, ma l'offerta del bene B è minore della domanda del bene B, conseguentemente il prezzo di B salirà. L'opposto avviene per il bene A. E' così che per via della tendenza del numeratore a crescere e del denominatore a decrescere che la ragione di scambio P B / P A ↑, e quindi anche la pendenza della retta rossa. Questa dinamica si arresterà esattamente nel punto E di eq. Internazionale, dove domanda e offerta dei due beni si eguagliano. Analogamente si può vedere se la ragione di scambio è più alta di quella di equilibrio, questa tenderà ad aggiustarsi a quella di equilibrio. Quindi E è stabile. In generale vale che, se le curve di domanda reciproca dei due paesi sono monotoniche crescenti o decrescenti, l'equilibrio è stabile . Esistono anche equilibri instabili come il caso degli equilibri multipli (pg 138 libro di testo). 10. Il vantaggio dei paesi piccoli Vediamo brevemente, che le dimensioni dell'economia di un paese influiscono nel raggiungimento dell'equilibrio, e che conseguentemente se un paese è piccolo riesce ad avere condizioni vantaggiose. Riferiamoci all'analisi dell'eq. Parziale relativo al bene generico X, dove c'è un paese di grosse dimensioni che esporta tale bene, e un paese di piccole dimensioni che lo importa . L'intercetta della curva d'offerta con l'asse y rappresenta la ragione di scambio di autarchia del paese grande. Inseriamo anche la curva di domanda di un paese grande. Un paese più grande chiederà quantità maggiori di un dato bene rispetto al paese piccolo, conseguentemente la sua curva di domanda sarà più in alto. 13 Notiamo che il paese di minori dimensioni, a cui corrisponde la curva di domanda più in basso, importerebbe dal paese grande il bene X ad una ragione di scambio molto vicina a quella di autarchia del paese grande, mentre il paese importatore più grande scambia a condizioni più svantaggiose. Il paese piccolo, per vie delle sue scarse dimensioni riesce ad accaparrarsi la quasi totalità dei vantaggi del commercio internazionale. 11. Il teorema di Hecksher-Hohlin E' un'evoluzione del modello ricardiano, che lega strettamente la struttura dei vantaggi comparati e la dotazione iniziale di fattori produttivi. Si basa su delle ipotesi semplificatrici, ma è illuminante su problematiche molto attuali, tipo la diminuzione dei salari e l'aumento delle diseguaglianze. Il teorema, o più precisamente un suo corollario spiega la tendenza dei salari a decrescere in una situazione di libero scambio, anche se non entrano nuovi lavoratori nel paese. Questo spiega le moderne corse protezionistiche (vedi primarie democratiche USA), che porterebbero all'arrestarsi della discesa dei salari. Vediamo le ipotesi di questo teorema. HP: 2 paesi, 2 beni 1) libero commercio 2) fattori produttivi immobili da un paese all'altro 3) stessi gusti 4) stessa tecnologia 5) Paese I ha un'abbondanza relativa di f.p. Lavoro (es.Cina), paese II ha abbondanza relativa del f.p. Capitale (es. Europa) L/ K I L / K II => K / L I K / LII 6) Bene X ad alta intensità del lavoro (es. industria alberghiera), bene Y ad alta intensità di capitale (es. industria automobilistica) X=fI(Ḻ, K)=fII(Ḻ, K) Y=gI(L, Ḵ)=gII(L, Ḵ) 7) Rendimenti di scala costanti 8) Non inversione dell'intensità fattoriale, il prodotto x sarà sempre un fattore ad altra intensità di lavoro, e il prodotto y un fattore ad alta intensità di capitale TH: Un paese che si specializza nella produzione del prodotto ad alta intensità del fattore produttivo relativamente abbondante e lo esporta, e importa i prodotti ad alta intensità del fattore produttivo relativamente scarso, aumenta il proprio benessere. Prima di dimostrare il teorema è necessario richiamare alcuni concetti microeconomici sul lato della produzione e sul lato del consumo. Le decisioni produttive, sono scelte di diverse combinazioni produttive, come si è visto nel capitolo 6 produrre più frumento comporta che si produrrà meno tessuto, perchè si spostano le risorse dalla produzione di tessuto a quella del frumento. Il luogo di punti dei vari mix produttivi è nota come la frontiera delle opportunità produttive 14 Data la retta con pendenza uguale al rapporto dei prezzi dei due beni Px/Py ricaviamo il punto A, punto di tangenza tra la retta e la frontiera. In questo punto abbiamo che Px/Py=|dy/dx|= Saggio marginale di trasformazione dal bene X a Y=CMx/CMy= rapporto tra i costi marginali dei due beni Il punto D è un punto di inefficienza in quanto da lì ho altre risorse da impiegare. Poniamo che il rapporto tra i prezzi vari, ad esempio, cresce Px. Sul grafico abbiamo una retta con pendenza diversa (rossa). Ora però il punto A non è efficiente, in quanto in A Px/Py>TMTXY. Allora conviene modificare la propria combinazione produttiva fino a che Px /Py =TMTXY, e ciò avviene nel punto F, punto di tangenza tra la nuova retta e la frontiera. Per quanto riguarda, la funzione del consumo, nel punto 3) abbiamo ipotizzato che i gusti nei due paesi siano gli stessi. Questa nei giorni della moderna globalizzazione, non è un ipotesi del tutto forzata; vengono venduti in tutte le parti del modo le stesse tipologie di prodotti, e conseguentemente anche i gusti si stanno uniformando. Da un punto di vista teorico però, secondo i principi paretiani, non sarebbe possibile confrontare le utilità di due individui diversi, in quanto le utilità non sono misurabili. D'altronde se non sono confrontabili le utilità di due individui diversi non sarebbe possibile nemmeno rappresentare l'utilità dei due individui con un unica funzione. Noi abbiamo comunque bisogno di tale rappresentazione, e quindi utilizzeremo le curve di benessere sociale di Bergson-Samuelson. Ipotizziamo di aver diverse curve di Bergson-Samuelson W1, W2, ... e una retta di bilancio con pendenza uguale al rapporto Px/Py. Il punto di consumo efficiente sarà il punto C, dove c'è la tangenza tra la curva W3 e la retta di bilancio. In quel punto vale che Px/Py= Saggio marginale sociale di sostituzione=Utilità marginale sociale x/utilità marginale sociale y. Nel punto E invece vale che Px/Py>TMSS, è un punto inefficiente, dunque mi muovo lungo la 15 retta di bilancio salendo lungo le curve di indifferenza sociale fino al punto C. Proof: Avendo introdotto questi nuovi concetti possiamo dare una dimostrazione grafica del teorema del Hecksher-Ohlin. Per i due paesi avremo un unica funzione di benessere sociale, secondo l'ipotesi 3), e due diverse curve di trasformazione. Il paese I avendo abbondanza relativa del fattore produttivo lavoro, riuscirà a produrre un quantitativo superiore del bene X=fI(Ḻ, K) ad alta intensità di lavoro, che del bene y che è ad alta intensità di capitale. Viceversa la curva di trasformazione del paese II ha quella forma perchè ha abbondanza relativa di capitale e quindi produrrà di più del bene y che del bene x. Notiamo che le due ragioni di scambio di autarchia, ovvero le pendenze delle rette che passano per i punti A e B tangenti alla curva di benessere sociale, sono diverse tra loro, vale infatti che P x / P y A' P x / P y A Il punto A nel grafico, relativo al paese I, rappresenta una situazione di autarchia. In questo punto vale che P x / P y AI =TMT xy=TMSS xy , ovvero nel punto A vi è tangenza tra curva di trasformazione e curva di benessere sociale, è quindi un punto di efficienza nella produzione e nel consumo, e questo avviene alla ragione di scambio = pendenza della retta tangente alle due curve. Prendiamo ora in considerazione il paese I. II I 16 Il paese I in autarchia si trova nel punto A. Cosa succede se ci si apre al libero commercio con il paese II? Nel paese I il prezzo relativo del bene x è più basso che nel paese II, necessariamente si formeranno dei flussi di arbitraggio dal paese II al paese I per comprare il bene x, ma così aumenta la domanda del bene x e necessariamente Px↑. Ma allora anche Px/Py↑, e la retta nel grafico si inclina verso il basso. Ora però il punto A non è più un punto efficiente, infatti: P x / P y AI TMT xy=TMSS xy . Conseguentemente ci si sposterà lungo la frontiera produttiva fino a che non troveremo la tangenza fra retta del prezzo e curva di trasformazione, nel punto B. Notiamo che per passare dal punto A al punto B è stato necessario dismettere risorse dalla produzione del bene y per renderla disponibile per la produzione di x. Per il paese II avviene una cosa analoga, il paese I sarà interessato ad acquistare il bene y nel paese II dove il prezzo è relativamente più basso, conseguentemente aumenterà la domanda di y e quindi Py↑, ma conseguentemente Px/Py↓, allora ci si sposterà nel punto B' nuovo punto di tangenza con la curva di trasformazione. Notiamo che con l'apertura al libero commercio, entrambi i paesi si sono specializzati nella produzione del bene ad alta intensità del fattore produttivo relativamente abbondante. Il processo di aggiustamento del rapporto Px/Py si fermerà esattamente quando le due ragioni di scambio di autarchia, dove quindi non ci sarà più possibilità di fare arbitraggi perchè i prezzi relativi sono uguali ( nel grafico la ragione di scambio internazionale si identifica nella retta tangente ad entrambe le curve di trasformazione). I due paesi ora hanno a disposizione tutte le combinazioni produttive della retta combinando produzione e scambio. Quindi hanno la possibilità di salire lungo le curve di indifferenza sociale spostandosi lungo la retta. I due paesi si fermeranno nel punto C dove la retta è tangente alla curva di benessere sociale più alta di quella di partenza. Abbiamo dimostrato che tramite il libero commercio se i paesi si specializzano nel bene ad alta intensità del f.p. relativamente abbondante, sotto le ipotesi sopra dette, aumenta il loro benessere. # 12. Il pareggiamento dei prezzi dei fattori produttivi Un'importante corollario del teorema di Heckscher-Hohlin, è il pareggiamento dei prezzi dei fattori produttivi. Esso parte dalle ipotesi del teorema sopra studiato: rendimenti di scala costanti, libero commercio, stessa tecnologia ecc..e asserisce l'unicità del rapporto tra prezzi relativi delle merci e prezzi relativi dei fattori produttivi. Se L/ K I L / K II => w /r I w / r II dove w= salario, r= saggio retribuzione del capitale. Allo stesso tempo vale che K / L I K / LII => r /wII r / w I . Questo appare logico, se nel primo paese abbiamo abbondanza relativo del fp lavoro rispetto al secondo paese, il salario del primo paese sarà relativamente più basso di quello del secondo paese, dato che l'offerta è minore. Discorso analogo si fa per il paese II dove il fp capitale è abbondante. Hp: ipotesi del teorema di Hecksher-Hohlin Th: Il libero commercio anche senza trasferimento di f.p., riduce le diseguaglianze nella remunerazione dei fattori produttivi. 17 Proof: Riprendiamo ora l'ultimo grafico del paragrafo 11 che descrive la situazione del paese I. Nel grafico di sinistra abbiamo inserito i punti di equilibrio di autarchia dei due paesi. In corrispondenza del punto A del paese I abbiamo una retta tangente alla curva di trasformazione, la cui pendenza è uguale alla ragione di scambio di autarchia. Notiamo che questa pendenza è inferiore di quella della retta passante per il punto A' tangente alla curva di trasformazione del paese II. Il paese I è anche il paese con abbondanza relativa di lavoro e quindi dalle ipotesi il suo w/r è più basso di quello del paese II. autarchia il paese I si trova nel punto, quando inizia il libero commercio, i flussi di arbitraggio commerciale fanno si che il prezzo del bene x aumenti in seguito all'accresciuta domanda, fino a che non ci si sposta al punto B Prima il paese I produceva OAx ora il paese I produce OBx e consumava OAy consuma OBy Ma OBx>OAx, quindi aumenta molto la domanda di lavoro, perchè x è un bene ad alta intensità di lavoro, e aumenta di poco la domanda di capitale. Inoltre OAy>OBy quindi vengono liberate grosse riserve di capitale e poco lavoro, perchè il bene y è ad alta intensità del fp capitale. In sintesi ora il paese I necessita di molto lavoro perchè la quantità liberatasi dalla dismissione di risorse dalla produzione del bene y, non è sufficiente, inoltre ha abbondanza di capitale. Allora nel punto B abbiamo ECCESSO DI DOMANDA DI LAVORO, ECCESSO DI OFFERTA CAPITALE, conseguentemente la remunerazione dei fattori produttivi si adeguerà, ovvero nel paese I il salario tenderà ad aumentare, e il saggio di remunerazione a diminuire. Lo stesso discorso si può fare per il paese II. L'apertura del commercio porta ad uno spostamento nella produzione dal punto A' al punto B', ma nel paese II ora succede che OA'y<OB'y e OA'x>OB'x . E' necessario quindi di molto capitale e poco lavoro, tuttavia dalla dismissione di risorse dalla produzione del bene x otteniamo molto lavoro e poco capitale=> ECCESSO DI DOMANDA DI CAPITALE E ECCESSO DI OFFERTA DI LAVORO, con conseguente adeguamento delle remunerazioni, ovvero il salario diminuisce e la remunerazione del capitale aumenta. Come si vede dal grafico di questo paragrafo vi è una doppia tendenza (Px/Py)AI e (w/r)AI ↑, (Px/Py)A'II e (w/r)A'II ↓. Tale dinamica si arresta quando siamo in equilibrio internazionale con un unico rapporto (Px/Py), e conseguentemente un unico rapporto w/r. # Questo corollario è molto importante perchè spiega il tendenziale abbassamento dei salari nel mondo occidentale. L'Europa che ha abbondanza di capitale, iniziando il commercio internazionale con la Cina, con alta abbondanza di lavoro, ha anche innescato il meccanismo del pareggiamento dei fattori produttivi. I salari tendono ad abbassarsi non solo per l'arrivo di nuova manodopera dall'estero ma anche per normali meccanismi del commercio internazionale. Questa dinamica si attiva solo in presenza di libero commerci e di specializzazione nella produzione di beni ad alta intensità dl fp relativamente abbondante. Per questo motivo in assenza di libero commercio questa dinamica non ci sarebbe. E' per questo che Barack Obama, e Hillary Clinton, intendono inserire nel loro programma di governo, l'abolizione del NAFTA, accordo sul libero commercio tra Messico e Canada. L'intenzione è contrastare il fenomeno dell'outsourcing e quindi evitare che i posti di lavoro “scappino” dagli stati uniti. Il problema della crescente diseguaglianza che si verifica non solo nei paesi in via di sviluppo ma anche nei paesi più sviluppati è stato affrontato nel 2007 in un rapporto della Banca Mondiale. Il problema è nella definizione di forza lavoro qualificata. Il 18 punto chiave è che da noi il lavoro non qualificato viene considerato nei paesi in via di sviluppo lavoro qualificato. Con il fenomeno dell'outsourcing, le imprese vanno a cercare il lavoro non qualificato nei paesi in via di sviluppo, meno costoso, così nei paesi industrializzati la forza lavoro on qualificata non viene occupata, cresce la disoccupazione e quindi la disuguaglianza. Nei paesi in via di sviluppo aumenta il divario tra chi è forza lavoro qualificata e chi non lo è, in quanto i primi vengono assunti. Il punto chiave è che da noi il lavoro non qualificato viene considerato nei paesi in via di sviluppo lavoro qualificato. 13. Gli effetti distorsivi di un dazio: il paese piccolo Studieremo ora in un analisi di equilibrio parziale gli effetti dell'introduzione di un dazio. Il dazio è una tassa applicata alla frontiera doganale. La frontiera doganale è diversa dalla frontiera politica (es. area Euro). Nel momento in cui vengono portate le merci alla frontiera, viene richiesto all'importatore di pagare alla dogana una percentuale del prezzo della merce. In questo modo la merce sarà venduta all'interno del paese al prezzo internazionale, più la una percentuale di tale prezzo. Se p1 è il prezzo interno, e pi è il prezzo internazionale, e d è il dazio (se è del 5% del prezzo internazionale, il valore numerico di di sarà 0.05), => p 1= pid pi = p 1d . In un analisi di equilibrio parziale l'introduzione del dazio ha un effetto prezzo sulla domanda e l'offerta. Poniamo che il paese in questione si trovi inizialmente nel libero scambio, nel punto G. Viene prodotta la quantità Oq1 del bene in questione e ne viene consumata la quantità Oq2, con Oq2>Oq1, vi è quindi un eccesso di domanda del bene, che viene colmato con l'importazione. Il prezzo pi, è un prezzo di equilibrio; non conviene ai produttori offrire di più altrimenti avrebbero Costo marginale>ricavo marginale e quindi produrrebbero in perdita. Viene poi introdotto un dazio pari a d sul prezzo della merce. Il paese in questione lo consideriamo piccolo, quindi l'introduzione di questa restrizione al commercio, non ha effetto sul prezzo internazionale. Conseguentemente il prezzo del bene all'interno del paese sarà pi (1+d). Dal lato della domanda avremo quindi una contrazione della quantità domandata per via della relazione inversa che essa ha con il prezzo. Dal lato dell'offerta abbiamo 2 prezzi, quello iniziale, che non colpisce i produttori interni, e il prezzo degli importatori più alto. Al produttore nazionale però 19 conviene aumentare la produzione fino al punto G1 , allineando così il prezzo iniziale con quello di importazione. Conseguentemente, il prezzo interno sale fino al prezzo degli importatori. Vi è chiaramente anche una contrazione della quantità importata, infatti prima si produceva Oq1 ora si produce Oq4, con Oq4>Oq1, vi è anche una contrazione del consumo, Oq3<Oq2, ma questo decremento della quantità importata non danneggia più di tanto gli importatori dato che il paese in questione è piccolo. Notiamo che l'effetto di un dazio è quello di un aumento artificiale del prezzo, che va completamente a vantaggio dei produttori, il cui costo viene sostenuto dai consumatori. L'introduzione di un dazio ha lo stesso effetto di un imposta sul consumo. Dal grafico possiamo misurare quanto è costato al consumatore l'introduzione del dazio. Il prelievo sarà pari alla differenza tra prezzo finale e prezzo iniziale, pi (1+d)-pi ×quantità domandata al prezzo pi (1+d), che nel grafico si identifica con l'area tratteggiata. Notiamo quindi che aiutando il settore interno ( che è il settore con svantaggio comparato), abbiamo un effetto redistributivo, vengono infatti prelevate delle risorse ai consumatori a vantaggio dei produttori. Possiamo analizzare l'introduzione del dazio utilizzando concetti di economia del benessere, introdotti da Pigou (allievo di Marshall). E' necessario definire cos'è il benessere; il benessere non è facilmente misurabile ma chiaramente una buona valutazione di questo si può avere in termini monetari. Introduciamo 2 concetti. Questo grafico rappresenta la curva di domanda del consumatore, esso ci fornisce informazioni relative alle sue intenzioni di acquisto. Il consumatore è disposto a pagare la quantità Oq4 al prezzo p4 , la quantità Oq3 al prezzo p3 e cosi via... Questa è nota come la Scheda delle preferenze rivelate . Quindi per avere la quantità del bene Oq4 il consumatore è disposto a pagare p4, tuttavia per le quantità del bene inferiori a quella Oq4 il consumatore è disposto a pagare di più, basandosi sul concetto di utilità marginale decrescente. L'altezza della curva corrisponde infatti al prezzo massimo che i consumatori sarebbero disposti a pagare per ogni unità di bene piuttosto che rinunciare ad essa. La differenza tra quanto i consumatori sarebbero disposti a pagare per ogni unità di bene (somma indicata dall'altezza della D in quel punto) e quanto effettivamente essi pagano per quella unità è chiamata Rendita (o Surplus) del consumatore. Graficamente si identifica nella area sottostante la curva al di sopra del prezzo vigente (cioè il triangolo rosso). Se il prezzo del bene aumenta al livello p3 la rendita del consumatore evidentemente diminuisce della grandezza pari all'area del trapezio blu. Analogamente possiamo dare una definizione monetaria di benessere anche per il produttore. Chiaramente il profitto deriva dalla differenza ricavi meno costi, che dipendono dalla qtà e dal prezzo. Prendiamo una curva di offerta, non tenendo conto di eventuali costi fissi, che non cambierebbero comunque il risultato. 20 Al prezzo P il produttore vende la qtà q1 del bene, realizzando un ricavo complessivo pari all'area del rettangolo OPHq1 , mentre i costi totali che sostiene sono pari all'area del trapezio OVHq1, il profitto sarà quindi uguale alla differenza delle due aree, ovvero il triangolo VPH, che definiamo Rendita (o surplus) del produttore . Se il prezzo del bene in questione aumenta fino al prezzo p1 aumenterà conseguentemente sia i ricavi totali che i costi totali aumentano, ma aumenta anche la rendita del consumatore che graficamente si identifica con l'area del triangolo VP1H1. In seguito all'aumento del prezzo del prodotto la rendita del produttore aumenta di una quantità pari al trapezio PHH1P1. Integriamo il nostro grafico con questi due nuovi concetti. A seguito dell'introduzione del dazio, il prezzo interno del bene sale al livello pi(1+d), dove d è il dazio, come percentuale del valore sulla merce. Conseguentemente abbiamo una riduzione del la rendita dei consumatori pari all'area del trapezio Pi -Pi(1+d)-H-H1 (rossa) ciononostante bisogna tenere conto dell'aumento della rendita del produttore conseguente all'introduzione del dazio che si può misurare graficamente guardando la curva d'offerta, l'aumento di benessere dei produttori è quindi pari all'area del trapezio Pi -Pi(1+d)-G-G1 (blu). Prima di dire che il benessere della società è diminuito in seguito all'introduzione del dazio bisogna tenere conto delle entrate doganali aggiuntive che risultano dall'introduzione del dazio. Presupponendo che lo stato utilizzi questi soldi in maniera efficiente a beneficio della società, tramite investimento in infrastrutture, o altro, 21 possiamo concepire le entrate doganali come un aumento del benessere della società. Le entrate doganali si misurano come il dazio unitario (d) per la quantità importata (q4q3), sono quindi pari all'area del rettangolo G1-G'1-H'1-H1 (nero). Sommando queste quantità in senso algebrico risulta che la società ha una perdita netta di benessere pari all'area dei due triangoli G-G1-G'1 e H-H1-H'1. Questa risulta essere il costo sociale del dazio, quindi nel caso del paese piccolo non è conveniente introdurre un dazio. Il motivo per cui di fatto vengono, anche nei paesi piccoli imposti, sembra ricondursi alla pressione di certe lobby di produttori sulla politica del paese. Il costo sociale del dazio è composto di due parti: la componente produttiva, pari all'area del triangolo G-G1-G'1, sorge perchè nel paese in questione, in presenza del dazio, alcune risorse nazionali vengono trasferite dalla produzione più efficiente del bene che viene esportato ( perchè per il vantaggio comparato si esporta i beni la cui produzione è più efficiente) alla meno efficiente produzione del bene in questione, che dovrebbe essere importato, tale costo risulta dalla violazione della legge del vantaggio comparato; la componente del consumo, pari all'area del triangolo H-H1H'1 sorge perchè il dazio incrementa artificialmente il prezzo del bene in questione relativamente al prezzo del bene esportato distorcendo la struttura del consumo nel paese. 14. Segue. Il paese grande Come abbiamo visto dall'analisi sopra effettuata non risulta conveniente per il paese piccolo, in termini di benessere sociale, introdurre dei dazi sul commercio. Come vedremo ora, invece, l'introduzione di un dazio di un paese grande, ha effetti positivi sul benessere della società, risulta quindi conveniente introdurlo. L'evidenza empirica mostra infatti USA, Europa, Cina e India, applicano dazi su molti mercati, i paesi piccoli non applicano mai dazi da soli possono fare però delle unioni doganali. Se infatti un paese, la cui economia è importante a livello internazionale (es. Usa Europa Cina) applica un dazio su un prodotto, influenza la domanda internazionale di quel bene, in particolare diminuisce, a tal punto da far diminuire il prezzo internazionale in maniera considerevole. Introducendo il dazio la ragione di scambio internazionale diminuisce, in quanto la domanda internazionale del paese grande di quel dato bene diminuisce (si è visto sopra che introducendo il dazio le importazione diminuiscono). A seguito di questa considerevole diminuzione della domanda il prezzo internazionale di quel bene scende al livello p'<p. Qual'è il prezzo interno di quel bene? Sarà uguale al nuovo prezzo internazionale più il dazio applicato al nuovo prezzo, p'(1+d). Mettiamo conto che p'(1+d)>p. Abbiamo avuto quindi un rialzo del prezzo interno, che ha degli effetti sul benessere della società. L'area del trapezio P-P'(1+d)-H1-H (rossa) rappresenta la perdita di rendita del consumatore, è quindi una diminuzione del benessere della società. L'area del trapezio P-P'(1+d)-G1-G (blu) rappresenta l'incremento di rendita del produttore. Vediamo ora le entrate doganali. Esse sono pari al dazio unitario per le importazioni totali, sono quindi pari all'area del rettangolo G1-H1 -G'1-H'1, (nera). Vediamo che l'entità di quest'area è maggiore rispetto a quella che risultava fuori 22 dall'analisi dell'introduzione del dazio nel paese grande. Osservando il rettangolo G1-H1-G''1-H''1, non tenendo conto della riduzione del prezzo internazionale, potremo dire analogamente al caso precedente che l'introduzione del dazio causa una riduzione del benessere della società. Ma in questo caso bisogna tenere conto anche del rettangolo G''1-H''1-G'1-H'1, uguale al dazio relativo alla riduzione del prezzo unitario per importazioni. Questa componente positiva se sufficientemente grande ( più è importante la domanda di quel bene del paese grande nel mercato internazionale, più il prezzo cala a seguito dell'introduzione del dazio, e quindi più grande diventa l'area del rettangolo) compensa la perdita di benessere netta uguale all'area dei triangoli. N.B. Anche l'introduzione di un dazio da parte di un paese piccolo, fa calare la domanda internazionale del bene e quindi fa scendere il prezzo internazionale del bene, ma in misura molto minore, e quindi l'area del rettangolo in questione non sarebbe sufficiente a compensare la perdita netta di benessere. In conclusione il paese grande trae vantaggi dall'introduzione del dazio. Ciò che però può succedere a seguito dell'introduzione di un dazio, è che, gli altri paesi danneggiati da ciò, inizino una guerra commerciale, imponendo a loro volta dazi su altri beni provocando un tracollo generale del commercio tra paesi. E' quello che è successo nel 1930 a seguito dell'introduzione delle tariffe Smooth Hawley da parte del governo statunitense, che ha avuto l'effetto di prolungare gli effetti della crisi del 29 iniziando così gli anni della depressione. A questo proposito, al fine di evitare le guerre commerciali, con Bretton-Woods venne istituito il GATT, che divenne successivamente il WTO. 15. Effetti di equilibrio parziale di politiche di contingentamento L'imposizione di dazi sul commercio è comunque concesso tramite richiesta al WTO, nel caso che un paese utilizzino delle politiche di commercio non concorrenziali. Ciò che invece è assolutamente vietato è applicare politiche di contingentamento, si tratta di politiche che vietano completamente le importazioni, a parte per chi possiede dei permessi (licenze) a commerciare. Queste licenze vengono solitamente vendute tramite delle aste. Poniamo di trovarci all'inizio in una situazione di libero commercio, dove al prezzo p viene scambiata la qtà q1 q2 del bene in questione. Viene inserita poi una politica di contingentamento, ovvero la quantità massima del bene che può essere importata è GY. Dato che GY<GH vi eccesso di domanda di quel bene, conseguentemente il prezzo sale al livello p', ovvero fino a che la domanda del bene non è uguale esattamente alla quantità importabile, ovvero GY=G1H1. Se ora le licenze ad importare venissero concesse gratuitamente, o comunque in maniera arbitraria in base a favori politici, sarebbe chiara la perdita netta di benessere della società,pari all'area del trapezio G-G1-H1-H. Mettiamo però conto che le licenze vengano vendute in maniera efficiente. Il prezzo della licenza che verrebbe fuori alla fine di un asta, sarebbe al margine pari alla differenza dei prezzi con l'introduzione del dazio, sostanzialmente il prezzo d'asta risulterebbe quasi uguale ai ricavi che si avrebbe dal commercio. Le entrate dello stato sarebbero più o meno pari all'area del rettangolo G1-H1-G'1-H'1. Il risultato è quindi analogo a quello dell'introduzione del dazio nel paese piccolo. 23 16. Politiche di contingentamento in caso di domanda anelastica Come si è visto ne paragrafo precedente, non esistono differenze tra una politica di contingentamento e l'introduzione di un dazio in un paese piccolo. Tuttavia, sopraggiunge una differenza importante nel caso in cui la domanda sia anelastica, in questo caso infatti una politica di contingentamento è molto più restrittiva e distorsiva dell'introduzione di un dazio, per questo il WTO non ne permette l'introduzione in nessun caso. I casi di domanda anelastica corrispondono a situazioni in cui il consumatore per effetto del marketing, si “affeziona” ad un determinato prodotto, quindi anche se il prezzo di questo bene sale il consumatore è disposto a spendere lo stesso quel prezzo anziché ridurre il consumo di quel bene. Da un punto di vista grafico succede che la curva di domanda si sposta verso l'alto, ad un livello tale che l'innalzamento del prezzo non ha influito sulla quantità domandata. Vediamo cosa succede nel caso del dazio. E' chiaro che questi beni, non sono beni di consumo generici come il pane, ma sono beni che sono legati ad un brand. Nel caso del libero commercio vediamo che la produzione interna è assestata al livello Oq1, mentre il consumo è pari alla quantità Oq2. A seguito dell'introduzione del dazio il prezzo interno aumenta, ma i consumatori fedeli al marchio, anziché ridurre il consumo di quel bene lo mantengono stabile. La curva di domanda quindi si sposta al livello D' più elevato, dove i consumatori hanno mantenuto il loro consumo pari a Oq2.. Ciò che è successo è quindi che si è avuta una riduzione delle importazioni minore del caso della domanda elastica, e la produzione interna è aumentata- Vediamo che nel caso della politica di contingentamento il risultato è ben diverso. Poniamo che venga deciso un limite massimo alla quantità di esportazioni pari a GY. Dato che la quantità domandata di quel bene nel paese è pari a GH>GY vi è un eccesso di domanda nel paese che fa innalzare il prezzo al prezzo p' se la domanda fosse elastica. In caso di domanda anelastica però i consumatori, non riducono la quantità domandata; per via di un affezionamento al brand sono disposti a pagare anche il prezzo p' pur di non ridurre il loro consumo. Quindi p' non è un prezzo di equilibrio, in quanto c'è ancora eccesso di domanda pari a H1L. Il prezzo salirà ancora fino al prezzo p''' in cui i consumatori “cedono” e riducono il loro consumo, fino a che la 24 quantità domandata (QL1) non è pari alla produzione interna (QG2) più la quantità di licenze concesse (GY). Vediamo quindi che nel caso della politica di contingentamento l'effetto sul mercato è molto più distorsivo del dazio se siamo in presenza di domanda anelastica, infatti il prezzo interno del bene si alza a livelli ben più alti rispetto a quelli del dazio, e i produttori interni sono molto più avvantaggiati rispetto al caso del dazio, infatti possono produrre la quantità QG2 anziché NG1 ad un prezzo superiore. I produttori infatti preferiscono sempre una politica di contingentamento all'introduzione del dazio, chi invece è chiaramente danneggiato sono i consumatori. 17. Volontary export restraints Le politiche di contingentamento, dette di quote alle importazioni, sono assolutamente vietate dal WTO, non sono però vietati quegli accordi tra stati che prevedono per l'esportatore una restrizione volontaria delle quantità esportate. Una cosa del genere si è verificata tra Giappone e Stati Uniti nel mercato delle automobili all'inizio degli anni '80. Quegli anni vedevano un dollaro molto forte a livello internazionale, che rendevano assolutamente fuori mercato le automobili statunitensi; le case automobilistiche avevano già accusato una perdita di 4 miliardi di $ e 300000 lavoratori erano stati licenziati. Per evitare un peggioramento della situazione, gli Stati uniti negoziarono un accordo con il Giappone, affinchè questi limitassero le proprie esportazioni di automobili, meno costose e tecnologicamente avanzate. Il risultato fu molto vantaggioso per le case produttrici americane e per quelle giapponesi che videro aumentare i loro profitti; chi perse molto furono chiaramente i consumatori americani che persero circa 15,7 miliardi di $. Vediamo di analizzare gli effetti di una riduzione spontanea delle esportazioni in un analisi di equilibrio parziale. Il paese esportatore decide in base ad un accordo di limitare le esportazioni alla qtà GY. L'effetto sul prezzo è analogo a quello di una politica di contingentamento: il prezzo sale fnchè la quantità domandata non raggiunge la produzione interna più la quantità di esportazioni GY. Gli effetti in termini di benessere sono però più duri rispetto una politica di contingentamento in quanto il rettangolo G1-H1-H'1-G'1, che nel caso de contingentamento rappresentava le entrate dello stato in seguito alla vendita delle licenze, in questo caso rappresenta l'incremento del profitto derivante dall'accordo del paese esportatore. Abbiamo quindi che la perdita netta in termini di benessere è ben più ampia, pari al trapezio GG1-H1-H. E' quindi una politica molto dannosa per il paese importatore, come abbiamo visto nel caso degli USA, è quindi una politica di breve termine. 18. Sussidio alle esportazioni I sussidi alle esportazioni sono i più difficili da eliminare nonché da individuare, per via delle variegate forme che questi assumono: possono infatti essere dei premi che lo stato garantisce al produttore per ogni quantità di bene esportato, oppure un credito agevolato ai paesi esteri con il vincolo di commerciare con questi, questo è infatti il caso del debito contratto dai paesi in via di sviluppo, su cui negli anni del Giubileo c'è stata una importante campagna per l'abolizione di tale debito. Secondo gli accordi internazionali i sussidi alle esportazioni sono vietati, ma il problema è individuarli. Nel 1999 l'Organizzazione Mondiale del Commercio ha stabilito ad esempio che la 25 defiscalizzazione è un sussidio alle esportazioni e quindi ha intimato gli USA di abolirli, altrimenti sarebbero stati costretti a pagare sanzioni per 4 miliardi di $. Prima di iniziare a studiare l'effetto di questa restrizione al libero commercio, è utile sottolineare che sussidiando il settore che esporta i propri beni, aiutiamo un settore con vantaggio comparato. Nella nostra analisi di equilibrio parziale assumiamo che il sussidio prenda la forma di un premio pagato dall'autorità governativa per ogni quantità di prodotto esportata (premio che può assumere la forma della defiscalizzazione). L'impresa a seguito dell'intervento governativo, riceve alla vendita il prezzo internazionale più il sussidio. All'impresa conviene aumentare la propria produzione anche se aumentandola i costi marginali superano i ricavi marginali, ma questo costo è compensato dal sussidio, quindi G1G'1 è una perdita compensata dal sussidio. Consideriamo ora il punto H'. L'impresa sul mercato interno percepisce OM, cioè il prezzo internazionale, perchè sulle vendite all'interno non è sussidiata, quindi per quantità Oq1 riceve p. Tuttavia nel mercato internazionale riceve il prezzo p1>p, quindi all'impresa conviene, per una banale operazione di arbitraggio, spostare la propria offerta interna al mercato internazionale dove ricevono di più. In questo modo riducono l'offerta interna di H H'1, questo porta ad un situazione di eccesso di domanda nel mercato interno che provoca un aumento del prezzo interno. Lo spostamento dell'offerta si interrompe quando il prezzo interno sarà uguale al prezzo internazionale più il sussidio, e per l'impresa sarà indifferente produrre per l'interno o per il mercato internazionale. L'effetto di un sussidio alle esportazione è quello di creare artificialmente un eccesso di domanda interno. Vediamo gli effetti in termini di benessere. L'area del trapezio M-N-G-G1 rappresenta l'incremento di rendita del produttore, l'area del trapezio M-N-H-H1 rappresenta la perdita di rendita del consumatore. Bisogna però tenere conto del fatto che lo Stato paga un sussidio, e questo rappresenta una riduzione di benessere per la società. La perdita di benessere sarà pari al sussidio unitario per la quantità esportata, quindi sarà pari all'area del rettangolo H1-G1-G'1-H'1. Dalla somma algebrica di queste quantità risulta che la perdita netta della società in termini di benessere è pari all'area dei triangoli H1-H-H'1 e G-G1.G'1. E' da notare che gli effetti di un sussidio non provocano delle distorsioni dal lato della domanda come nel caso della politica di contingentamento ciononostante il costo in termini sociali esiste. Il caso osservato è un sussidio che è riferito esclusivamente alla produzione destinata all'esportazione; lo stato paga un premio per ogni quantità di prodotto esportata. Vediamo ora il caso in cui il sussidio sia generalizzato a tutta la produzione, ovvero lo stato paga un premio per ogni quantità di prodotto, a prescindere che questo sia venduto all'estero o all'interno. Graficamente un sussidio generalizzato alla 26 produzione porta un abbassamento della curva di offerta, è infatti possibile allo stesso prezzo produrre una quantità maggiore del bene in questione. Non abbiamo quindi effetti prezzi dal lato della domanda ma un aumento della produzione di q2q3, ciò chiaramente riduce le importazioni. L'effetto in termini di benessere è un incremento della rendita del produttore pari all'area del trapezio M-N-G-G1, ciononostante bisogna tenere conto della spesa dello stato nel sussidio che è pari al sussidio unitario per la qtà prodotta, ovvero pari all'area del parallelogramma M-N-G'1-G1 . Il costo netto in termini sociali è quindi pari all'area del triangolo G-G'1-G1. Il motivo di ciò è che stiamo sussidiando un settore in svantaggio comparato. Spesso succede che un paese, sapendo che l'altro paese sussidia le proprie esportazioni, applichi un dazio compensativo. Questo è pratica comune negli USA che hanno 57 dazi compensativi in vigore, ma anche in Europa (18). 19. Politica agricola comune europea L'Europa storicamente è sempre stato un paese importatore di prodotti agricoli, attuando questa politica è diventata esportatrice. Questo ha portato degli enormi sprechi, che sono pesati sulle tasche dei consumatori, ma ultimamente tale politica ci ha portato dei grossi vantaggi, ne riparleremo a fine paragrafo. Il motivo di tale politica può essere fatta risalire da una forte pressione delle lobby agricolo che in Europa sono molto forti. Tale politica parte dall'intenzione di voler assicurare alla categoria degli agricoltori un reddito pari a quello delle altre categorie sociali, questo è reso possibile manipolando l'effettiva offerta del mercato in questo modo: Poniamo che il prezzo internazionale dia ali livello p, a tale prezzo l'Europa sarebbe un importatore netto di prodotti agricoli. Poniamo che invece in Europa il prezzo di tali prodotti in seguito alla politica agricola comune sia p', a tale prezzo l'Europa diventa esportatore di prodotti agricoli. Ma a tale prezzo vi sarebbe eccesso d'offerta e quindi calerebbe il prezzo riportandoli al valore internazionale, allora l'unione europea per evitare la caduta del prezzo acquista dagli agricoltori stessi l'eccesso di offerta al prezzo p', mantenendo stabile il prezzo. Il prezzo p' è garantito perchè l'eccesso d'offerta viene ritirato dal mercato dai governi. Tale eccesso d'offerta viene poi rivenduto nel mercato internazionale al prezzo p. Possiamo analizzare questo meccanismo in termini di costi sociali. Vediamo che l'area del trapezio M-N-G1G rappresenta l'incremento di rendita del produttore, mentre il trapezio M-N-H1-H rappresenta la perdita di benessere del consumatore. Questa politica ha poi un costo, in quanto l'Europa acquista al prezzo artificiale l'eccesso d'offerta e lo rivende al prezzo internazionale. La spesa di tale operazione è pari alla differenza dei prezzi per l'eccesso d'offerta, ovvero l'area del rettangolo H1G1-G'1-H'1. Si vede chiaramente che la perdita netta di benessere per la società è enorme. Tale politica non si è attuata da un momento all'altro ma si è instaurata nel corso degli anni, ciononostante, essendo l'europa un paese di grande dimensioni, questa politica ha portato ad una caduta dei prezzi internazionali, che ha aggravato il costo di tale politica. Ultimamente questa politica è stata messa in discussione dai paesi membri (es Agenda 2000 Gran bretagna). Infatti tale politica viene solitamente finanziata dall'IVA che i consumatori pagano, e i 27 sussidi vanno in maggior parte ai paesi che hanno una grossa produzione di prodotti agricoli (quali la Francia che riceve un quarto dei sussidi) e la Gran bretagna, che non ha una grossa produzione agricola, si oppone a finanziare la produzione francese. I costi di tale politica sono enormi, inoltre investire così tanto in un settore a basso valore aggiunto trascurando eventuali investimenti in settori tecnologici ad alto valore aggiunto è criticabile; per questo motivo l'Europa è indietro tecnologicamente rispetto al Giappone e agli USA. Ciononostante tale politica ha portato anche dei vantaggi non indifferenti. Il primo è senza dubbio quello di aver evitato lo svuotamento delle campagne come invece sta succedendo in altri paesi quali la Cina. Il secondo è relativo alla crescita dei prezzi dei prodotti agricoli nell'ultimo periodo derivante dalla crescita dei paesi quali Cina e India e l'utilizzo di tali prodotti per la produzione di etanolo come combustibile. Tale politica ci ha reso autonomi a crisi di questo tipo, e quindi stiamo soffrendo di meno la crisi per questo motivo. Inoltre come si può vedere chiaramente dal grafico, se il prezzo internazionale aumenta, diminuisce la perdita dei consumatori e diminuisce la spesa europea nell'attuare tale politica in quanto lo spread tra i prezzi diminuisce. E' probabile che questa tendenza continui, dati i ritmi di crescita dei paesi orientali, e forse l'utilità di questa politica potrà essere rimessa in discussione. 20. Effetti dell'introduzione di un dazio in un analisi di equilibrio generale Tramite lo strumento della domanda reciproca proviamo a vedere quali sono gli effetti dell'introduzione di un dazio da parte di un paese grande. GII rappresenta la curva di domanda offerta per il paese II in assenza di dazi. Ogni punto della curva ci dice quanto è disposto un paese a scambiare un tot di quel bene in cambio di un unità dell'altro. Mettiamo ora che il paese II introduca un dazio percentuale sulle importazioni del bene B, in questa rappresentazione immaginiamo che alla dogana il paese debba lasciare un certo quantitativo del bene A. Poniamo ad esempio di trovarci nel punto E, in assenza di dazi si scambierebbe OEB contro OEA, tuttavia in presenza del dazio la quantità EE' del bene A il paese I deve lasciarlo alla dogana, quindi il produttore del bene A del paese I sarà disposto a scambiare solo la quantità OE'A del bene A in cambio di OEB. Possiamo replicare il ragionamento anche per il punto F, dove viene obbligato il produttore del bene A paese I, a lasciare la quantità FF' del bene A alla dogana e quindi sarà disposto a scambiare solo la quantità OF'A contro la quantità OFB. Possiamo ripetere questo ragionamento per tutti i punti della curva ottenendo una nuova curva di domanda offerta, la G'II in presenza dei dazi. N.B. Se il dazio fosse stato una quota fissa e non una percentuale della quantità importata, avremmo avuto che a curva di domanda offerta sarebbe traslata semplicemente più in basso. Vediamo quali sono gli effetti sulla ragione di scambio internazionale. Abbiamo visto che a seguito dell'introduzione del dazio la la curva di domanda offerta del paese II si è abbassata. Vediamo sopra che la ragione di scambio uguale alla retta di pendenza OE non è più di equilibrio. Infatti ora l'intercetta tra la nuova curva di domanda reciproca del paese II e la ragione di scambio è il punto F, tale punto ci indica le intenzione di commercio del paese II, in particolare intende ora 28 esportare la quantità OFA<OEA in cambio della quantità OFB<OEB. Abbiamo innanzitutto una riduzione dell'offerta del bene A, quindi si crea un eccesso di domanda che fa alzare PA. Per il bene B abbiamo visto, nell'analisi di equilibrio parziale, che la quantità domandata all'interno del paese si riduce perchè il prezzo interno di B è aumentato, conseguentemente a livello internazionale avremo un eccesso d'offerta che porta alla riduzione di PB, possiamo quindi dire che la ragione di scambio internazionale di riduce fino al livello pari alla pendenza della retta OL, dove gli eccessi di domanda e offerta sono esauriti => P B / P A ↓. L è il nuovo equilibrio internazionale, infatti abbiamo Imp AI=OLA=Exp AII e Imp BII=OLB=Exp BI. Sono avvenute due cose 1) Si è ridotta la ragione di scambio internazionale infatti OEA/OEB>OFA>OFB. Notiamo inoltre che le condizioni del paese I sono peggiorate in quanto per la stessa quantità OEB ricevono la qtà OFA<OEA come si può vedere nel grafico accanto 2) Il volume del commercio internazionale si è ridotto a seguito della riduzione della domanda del bene B e della riduzione d'offerta del bene A E' importante notare anche la ragione di scambio interna del paese II pari alla pendenza della retta OL' (arancione). Notiamo che OL'A/OL'B>OEA/OEB>OLA/OLB ovvero che la vecchia ragione di scambio internazionale si trova tra la nuova ragione di scambio int. e la ragione di scambio interna; si può chiaramente vedere che la nuova ragione di scambio ha favorito il paese II. Il dazio corrisponde a LL', ma come si è visto nell'analisi di equilibrio parziale il dazio non viene pagato 29 interamente dai consumatori del paese II ma anche dai produttori del paese I per via della riduzione del prezzo di B, in particolare la quota L'Z viene pagata dai consumatori del paese II sotto forma di prezzo maggiorato, e ZL viene pagato dai produttori di I. Vediamo chiaramente che più è ripida o meno elastica, la curva di domanda del paese I tanto più le ragioni di scambio peggiorano a svantaggio del paese I arricchendo il paese I, infatti in tal caso aumenterebbe la quota ZL del dazio che viene pagata dai produttori di I. Dato che l'imposizione di un dazio da parte di un paese grande ha un effetto depressivo sui commerci con gli altri paesi non è escluso che i paesi danneggiati operino in maniera ritorsiva applicando a loro volta altri dazi. All'inizio siamo nella situazione di libero commercio con ragione dio scambio pari a OE. L'imposizione del dazio del paese II fa spostare la ragione di scambio a sfavore del paese I ed è pari alla pendenza della retta OF. In maniera ritorsiva il paese II risponde con dazio sulle esportazioni del bene A, arrivando alla ragione di scambio pari alla pendenza della retta OH, e così via fino ad arrivare alla ragione di scambio OQ, ma niente ci impedisce di andare avanti. Ciò che si può notare facilmente è che mentre la ragione di scambio è variata di poco, i volumi di scambio sono più che dimezzati; è collassato il commercio internazionale con una fortissima perdita di benessere. Storicamente ciò è avvenuto in seguito all'introduzione delle tariffe Smooth Hawley sopra citate. In quegli anni gli scambi erano abbastanza rari che venivano fatti in clearing infatti mancando un mercato internazionale, si doveva ad ogni scambio contrattare i prezzi, le quantità e le modalità. Per evitare tali guerre commerciali nel '48 venne istituito il GATT. 30 21. Analisi di equilibrio generale dell'introduzione di un dazio da parte di un paese piccolo Un paese piccolo è un paese, il cui potere d'acquisto non è influente nell'economia mondiale, e che per questo motivo non riuscirebbe a modificare significativamente la ragione di scambio. Nell'analisi di seguito sull'introduzione del dazio prenderemo in considerazione anziché solo il mercato del bene protetto anche il mercato del bene non protetto, per questo parliamo di analisi di equilibrio generale. Riprendendo i concetti di frontiera produttiva e di funzione di benessere sociale BergsonSamuelson, individuiamo due punti del grafico che ci rappresentano le quantità consumate e prodotte dei relativi beni in una situazione di libero scambio. Individuiamo la retta rossa come la ragione di scambio internazionale(PB/PA), in cui il paese produce la qtà OHA e OHB mentre consuma la quantità OCA e OCB, il paese deve quindi esportare il bene B per il quale è in eccesso di domanda e esportare il bene A per il quale è in eccesso di offerta. H è quindi un punto di efficienza nella produzione (s.m.trasf.AB=PB/PA) e C un punto di efficienza del consumo (s.m.sost.soc.=PB/PA). Poniamo che ora il paese imponga un dazio ad valorem sulle importazioni del bene A. P'A=PA(1+d). La ragione di scambio interna quindi si distacca dalla ragione di scambio internazionale in particolare PB/PA > PB/P'A . Ma a questa particolare ragione di scambio ai produttori interni non conviene rimanere nel punto H, perchè in H avremo che S.m.Trasf.AB=C.marg.B/C.marg.A> PB/P'A. Alle imprese risulta conveniente aumentare la produzione di A, (quindi il costo marginale di A aumenta) e ridurre la produzione di B (quindi il costo marginale di B diminuisce). Ci fermeremo nel punto G dove c'è esatta tangenza tra la curva di trasformazione e la ragione di scambio interna PB/P'A.. Il dazio ha reso artificialmente conveniente alle imprese riallocare le proprie risorse a favore del settore con svantaggio comparato. Dal lato del consumo cosa succede? Il paese consumerà le quantità di A e B che si è prodotto da solo nei limiti di quanto ne possiede, ma per il resto si affida al mercato internazionale dove vige la ragione di scambio PB/PA. Quindi trovandosi in G si muoverà lungo la ragione di scambio internazionale che passa da quel punto (la parallela alla retta rossa, possiamo immaginarlo come un vincolo di bilancio). Tuttavia la condizione di efficienza nel consumo dice che si consuma nel punto 31 in cui il S.M. Sost. Sociale= PB/P'A alla ragione di scambo interna. Quindi il paese “percorrerà” la parallela della ragione si scambio internazionale fino a che non incontrerà una curva di Bergson Samuelson che in quel punto ha tangenza pari alla ragione di scambio interna PB/P'A. Tale punto nel grafico è individuato in E. Notiamo che nel punto E la parallela alla ragione di scambio non è tangente alla Bergson-Samuelson ma secante. Riepiloghiamo brevemente Prima del dazio Dopo il dazio Produzione HA < GA HB > GB Consumo CA > EA CB < EB Conseguentemente le importazioni di A sono calate, prima erano CAHA ora sono EAGA, questo perchè si produce all'interno di più e se ne domanda di meno. Dall'altro lato le esportazioni di B sono calate anch'esse, prima si esportava CBHB ora EBGB. Il volume del commercio internazionale si è in sostanza ridotto. Il benessere si è anch'esso ridotto, infatti il punto E si trova in una curva di Bergson-Samuelson più bassa rispetto a quella del punto C. Inoltre anche il reddito si riduce, per verificare ciò basta notare che se si decidesse si impiegare tutti gli f.p. per avere A, alla vecchia ragione di scambio avremmo ottenuto di più. Questo è il risultato di aver violato la legge dei vantaggi comparati. 22. Storia della politica commerciale 22.1 Trade Agreements Act del 1934 Nel corso dei primi anni 30 gli export degli USA e il commercio in genere subì un drastico calo per due motivi i) Grande depressione 1929 ii) approvazione dello Smooth-Hawley Act (1930), che provoco un innalzamento del dazio medio sulle importazioni negli Usa al 59%. Tale atto venne introdotto inizialmente per aiutare il settore agricolo americano, ma vennero imposti anche tariffe sui manufatti d'importazione, l'obbiettivo era la riduzione delle importazioni e lo stimolo dell'occupazione nazionale (politica beggar-thy-neighbor), ma prima dell'approvazione molti paesi protestavano affermando che l'introduzione li avrebbe seriamente danneggiati e in caso di approvazione avrebbero applicato misure ritorsive. Nonostante la disapprovazione nazionale ed una petizione contraria di oltre 1000 economisti il presidente Hoover promulgò la legge. Il risultato fu catastrofico, 60 paesi misero in atto provvedimenti ritorsivi, e vi fu un calo drastico del commercio mondiale che aggravò e diffuse la depressione a livello mondiale. La nuova amministrazione Roosevelt approvò nel 1934 il Trade Agreements Act, le principali caratteristiche erano: 1. trasferimento della formulazione della politica commerciale al presidente, potere tolto al congresso. Il presidente poteva negoziare con gli altri paesi reciproche riduzioni tariffarie di circa il 50% delle aliquote fissate nello Smooth-Hawley Act. 2. Si basava sul principio della nazione più favorita, che estendeva a tutti i partner commerciali qualsiasi reciproca riduzione tariffaria negoziata dagli Usa con uno di essi. Era un principio di non discriminazione. 3. Era fondato sul commercio bilaterale Il Trade Agreement Act venne rinnovato 11 volte fino a che nel 1962 non venne sostituito con il Trade Expansion Act. 22.2 L'accordo generale sui dazi e sul commercio (GATT) Il General Agreements on Tariffs and Trade (1947) era un organizzazione internazionale creata nel 1947 con sede a Ginevra diretta a promulgare il libero scambio tramite negoziati commerciali multinazionali. Il GATT si fonda su tre principi: 32 1. Non dicriminazione. Questa norma si riferisce all'accettazione incondizionata del principio della nazione più favorita (le uniche eccezioni erano le unioni doganali) 2. Eliminazione delle barrire commerciali non tariffarie.(esempio quote). Le uniche eccezioni erano i prodotti agricoli e i paesi con problemi di bilancia dei pagamenti. 3. Consultazione tra paesi per risolvere controversie commerciali all'interno del GATT. Vi aderirono entro il 1993 123 paesi coprendo circa il 90% del commercio mondiale. Tra il 1947 e il 1962 i dazi furono ridotti del 35% in cinque diversi negoziati. Fino al 1962 i negoziati venivano fatti separatamente per ogni singolo prodotto dato che gli Usa ad ogni periodico rinnovo del trade agreements act inseriva emendamenti protezionistici. Tali emendamenti erano: 1) Clausole del punto di pericolo che impedivano al Presidente degli Usa di negoziare qualsiasi riduzione tariffaria che avrebbe potuto compromettere seriamente un industria nazionale. 2) Clausola di recesso permetteva ad ogni industria che lamentava danni provenienti dalle importazioni di rivolgersi alla Commissione per il commercio internazionale, la quale esortava il Presidente a revocare ogni riduzione tariffaria precedentemente negoziata 3) Clausola di sicurezza nazionale impediva riduzioni tariffarie se compromettevano industrie importanti per la difesa nazionale 22.3 Trade expansion Act del 1962 e il Kennedy round Il Trade Expansion Act (1962) fu varato in sostituzione del Trade Agreements Act per rispondere alla costituzione del mercato comune europeo. Le caratteristiche peculiari erano 1. Possibilità per il Presidente di negoziare riduzioni tariffarie generalizzate fino al 50% del livello raggiunto nel 1962 (si negoziava non più per singolo prodotto) 2. Principio di assistenza alla ristrutturazione, per i lavoratori e le imprese danneggiati dalla riduzione dei dazi. Seguendo i dettami del Trade Expansion Act, gli USA avviarono sotto il patrocinio del GATT negoziati commerciali multilaterali ad ampio raggio, noti come il Kennedy Round (1967), il risultato fu un accordo nel ridurre le aliquote tariffarie medie sui prodotti industriali del 35% rispetto al livello del 1962; nel 1972 e i dazi sui prodotti industriali nei paesi industrializzati erano inferiori al 10%. 22.4 Il Trade Reform Act e il Tokyo Round Il Trade Expansion act fu sostituito dal Trade Reform Act (1974) che autorizzava il Presidente a: 1) negoziare riduzioni tariffarie fino al 60% e rimuovere dazi esistenti se minori del 5% 2) negoziare riduzioni di barriere commerciali non tariffarie 3) vi fu una riduzione dei criteri di assegnazione dell'assistenza alla ristrutturazione. Gli USA parteciparono ai negoziati multilaterali in tema di dazi noti come Tokyo Round che si conclusero nel 1979. Il risultato fu una riduzione dei dazi del 31% negli USA, 27% Unione Europea, 28% Giappone. Venne istituito un codice di condotta a cui i paesi membri si dovevano attenere nell'applicazione di barriere commerciali non tariffarie, tale codice includeva: un accordo per le commesse pubbliche, uniformità nell'applicazione dei dazi nei casi di compensazione e di antidumping, un sistema generalizzato di preferenze per le esportazioni di manufatti, semilavorati e altri prodotti specifichi provenienti dai paesi in via di sviluppo. Venne misurato il risultato approssimativamente in 1,7 miliardi di dollari annui e 8 miliardi di dollari in termini dinamici. 33 22.5 Trade Acts del 1984 e del 1988 Seguì il Trade and Tariff Act (1984) che conteneva tre disposizioni 1. Autorizzava il Presidente a negoziare accordi internazionali per la protezione dei diritti sulla proprietà intellettuale e ridurre barriere commerciali sui servizi ad alta tecnologia 2. Estendeva il sistema generalizzato di preferenze che garantiva l'accesso privilegiato alle esportazione dei paesi in via di sviluppo verso gli USA 3. Concedeva l'autorizzazione ad effettuare negoziati che successivamente portarono ad un accordo di libero scambio con Israele L'Omnibus Trade and Competitivness Act (1988) includeva la clausola super 301 che 1) incaricava il Rappresentante speciale per il commercio degli USA di individuare i principali paesi che continuavano a mantenere consistenti barriere commerciali 2) stabiliva un rigoroso programma di negoziati diretti all'eliminazione di tali barriere 3) prevedeva un comportamento di tipo ritorsivo per frenare le importazioni di questi paesi qualora i negoziati non avessero avuto esito positivo I paesi individuati furono Giappone Brasile e India, in base a tale clausola si sarebbero applicati dazi del 100% su alcune loro importazioni verso gli USA se i negoziati non fossero andati a buon fine. 22.5 L'Uruguay Round Nel 1986 iniziò il più ambizioso round di contrattazioni l'Uruguay Round (1993) che si concluse nel 1983. Vi parteciparono 123 stati. La conclusione di tali round venne ritardata di tre anni per via dei disaccordi tra USA e UE sulla riduzione dei sussidi all'agricoltura. Entrò in vigore il 1 luglio 1995. I contenuti erano i seguenti: 1) Dazi I dazi sui prodotti industriali devono essere ridotti da una media del 4,7% al 3% e la quota dei beni esenti da dazio sarebbero doveva aumentare dal 22% al 45%. 2) Quote I paesi devono sostituire le quote sulle importazioni di prodotti agricoli, tessili e abbigliamento con dazi meno restrittivi entrao la fine del 1999 per i prodotti agricoli ed entro la fine del 2004 per i prodotti tessili e l'abbigliamento 3) Antidumping più rigide e rapide misure di risoluzione delle dispute risultanti dalle leggi antidumping, ma non vieta l'adozione delle stesse 4) Sussidi Il volume delle esportazioni di prodotti agricoli sussidiati deve essere ridotto del 21% entro un periodo di 6 anni 5) Salvaguardia Ai paesi è concesso di aumentare temporaneamente i dazi, o di introdurre altre restrizioni, sui flussi di importazioni che possono compromettere severamente un industria nazionale, l'accordo proibisce ai paesi di imporre specifici standard sanitari o di sicurezza, fatta eccezione di quelli basati su evidenza scientifica (tale provvedimento era rivolto a risolvere la controversia tra UE e USA riguardo le proibizioni della prima ad esportare bovini con ormoni per la crescita) 6) Proprietà intellettuale L'accordo prevede 20 anni di protezione sui brevetti, marchi commerciali e diritti d'autore 7) Servizi Gli USA hanno fallito nell'assicurare alle loro banche e società finanziarie l'accesso ai mercati giapponese, coreano, e di altri paesi in via di sviluppo, e non sono riusciti a convincere l'UE ad allentare le restrizioni sulle trasmissioni di film e programmi TV americani in Europa. 8) Provvedimenti per l'industria USA e UE hanno concordato nel continuare le trattative dirette a limitare i sussidi del governo alla produzione di aerei civili (Boeing vs Airbus),allo sviluppo della telefonia a lunga distanza, alla limitazione dei sussidi europei all'industria dell'acciaio 34 9) Misure relative all'investimento commerciale L'accordo prevede l'eliminazione dell'obbligo per gli investitori esteri di acquisire le forniture sul mercato interno o di esportare in misura pari a quanto essi importano 10) World Trade Organization (WTO) Viene sostituito il segretariato del GATT con la World Trade Organization a Ginevra con autorità non solo in tema di commercio di prodotti industriali, ma anche in materia di prodotti agricoli e servizi. Le dispute in materia di commercio vengono risolti con il voto di 2/3 o ¾ dei paesi anziché all'unanimità come prevedeva il GATT (che rendeva in possibile promuovere azioni ritorsive contro un paese membro). Si calcola che l'incremento in termini di benessere mondiale portato dai provvedimenti dell'Uruguay Round è di 73 miliardi di dollari entro il 2005 (di cui 58,3 destinati ai paesi sviluppati e 19,2 ai paesi in via di sviluppo). Nello stesso periodo vennero negoziati altri accordi. Nel 1999 l'UE ha raggiunto un accordo di libero scambio con il Messico che prevede la rimozione di tutti i dazi del commercio bilaterale entro il 2007. Nel dicembre 2001 la Cina fu ammessa nel WTO come 144° membro, e a partire dal 2006 il numero degli aderenti al WTO ha raggiunto quota 150. Nell'agosto del 2002 il congresso degli USA ha riconosciuto al Presidente l'autorità di promozione del commercio che gli consentirà di negoziare vasti accordi commerciali e obbligava il Presidente a tenere in considerazione nei suoi negoziati la protezione dell'ambiente, i diritti del lavoro, ecc. 22.6 Il Doha Round e i problemi rimasti irrisolti in tema di commercio Molte questioni sono rimaste irrisolte dall'Uruguay Round. Elenchiamone alcune: 1) Le gravi dispute commerciali tra USA e UE, ad esempio i tagli fiscali concessi alle società statunitensi sui redditi provenienti dalle esportazioni, i sussidi che gli europei forniscono ad Airbus, il bando dell'UE diretto all'importazione di bovini americani cresciuti con gli ormoni. Nel 2005 inoltre USA e UE impongono restrizioni alle esportazioni di tessile cinese 2) I sussidi e i dazi sui prodotti agricoli restano molto alti 3) Vi è una tendenza alla divisione del mondo in tre blocchi commerciali: il NAFTA (North American Free Trade Association), l'Unione Europea e il blocco asiatico (molto meno definito). 4) La richiesta di definire standard lavorativi e ambientali avanzata da alcuni paesi sviluppati. Lo scopo è quello di assicurare una convergenza nelle condizioni lavorative tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, evitando una forma di dumping sociale da parte di questi ultimi (i paesi in via di sviluppo spesso negano ai propri lavoratori i diritti fondamentali e condizioni salariali e lavorative accettabili) Nella conferenza a Seattle del WTO nel 1999 fu fatto un tentativo di lanciare un Millennium Rounddi negoziazioni. Il tentativo fallì perchè: 1. i paesi in via di sviluppo si opponevano con decisione all'inserimento del problema degli standard lavorativi e ambientali nell'agenda del nuovo round 2. UE e Giappone si opponevano al desiderio americano di mettere in discussione i sussidi all'agricoltura 3. Gli USA erano contrari a mettere in discussione le politiche di investimento e di concorrenza che interessavano l'Unione Europea Tutto ciò avveniva nel corso di dimostrazioni organizzate dal movimento antiglobalizzazione. Venne lanciato così il Doha Round (novembre 2001), l'agenda dei negoziati includeva 1) L'ulteriore liberalizzazione della produzione e del commercio nell'agricoltura nei prodotti industriali e nei servizi 2) L'ulteriore restringimento dei regolamenti sulle misure antidumping e di protezione, e sulle politiche di concorrenza e di investimento I paesi in via di sviluppo furono riluttanti a fare concessioni poiché ritenevano che l'Uruguay Round 35 non fosse riuscito a mantenere gran parte delle promesse che aveva loro rivolto, e per questa ragione insistevano affinchè il Doha Round fosse un development round. Nel 2006 vi fu un ulteriore incontro che fallì a causa delle divergenze tra paesi in via di sviluppo e paesi sviluppati riguardo i sussidi sull'agricoltura. Oggi sembra del tutto improbabile che il Doha Round si concluda con successo. 36 ECONOMIA INTERNAZIONALE MONETARIA 1. Mercato dei cambi, tassi di cambio a pronti Il mercato dei cambi è l'esempio perfetto di mercato efficiente, che risponde a tutte le condizioni dell'equilibrio generale. Tale caratteristica la assume in quanto è il mercato più grande al mondo; ogni giorno vengono infatti fatte 1500 milioni di dollari di transazioni. E' un mercato informale dove tutto si basa sulle telefonate, chiunque può operare in questo mercato. Inoltre è un mercato di baratto, vengono infatti scambiate valute, ma ciononostante è superato il problema della doppia coincidenza dei desideri, che si riscontra nei mercati di baratto, questo vuol dire che se io sono un venditore di scarpe e intendo avere vestiti, se lo faccio con il baratto, devo andare a trovare l'insieme dei venditori di vestiti, e in questo insieme il sottoinsieme dei venditori di vestiti che è interessato a comprare scarpe, con la moneta mi basta cercare l'insieme dei venditori di vestiti. Tale problema nel mercato dei ca,bi è superato perchè è talmente grande che trovi sempre la controparte ai tuoi scambi. E' un mercato a info perfetta in quanto ogni prezzo incorpora le informazioni su di esso. I tassi di cambio diretti sono il prezzo del mercato dei cambi, ma vi sono due convenzioni diverse per indicarli − − Incerto per certo ej,i t numero di unità della valuta nazionale i da versare per comprare una unità della valuta estera j al tempo t. Questo tasso di cambio è spot, ovvero a pronti, cioè la consegna deve avvenire entro e non oltre 2 giorni lavorativi. Quando questo prezzo aumenta la valuta nazionale si svaluta. Certo per incerto ei,j t numero di unità della valuta estera j che devo versare per comprare una unità della valuta nazionale i al tempo t. Anche questo è un prezzo a pronti. Se questo prezzo aumenta, la valuta nazionale si apprezza. Dalla seconda guerra mondiale in poi, il dollaro era divenuta la valuta di riferimento a livello mondiale, in quanto erano gli USA che usciti dalla guerra quasi senza danni, che avevano più risorse da prestare ai paesi martoriati dalla guerra. Dato che la valuta di riferimento era il dollaro, le quotazioni avvenivano tutte secondo la notazione incerto per certo a livello mondiale, cioè quante unità della valuta nazionale si dovevano versare per avere 1$. In tutto il mondo si utilizzava la quotazione incerto per certo nei confronti del dollaro, tranne a New yorkche si utilizzava il certo per incerto. Questo perchè il dollaro aveva preso la funzione dell'oro. Fu a Bretton Woods che si decise il Gold exchange standard basato su rapporti di scambio fissi tutti agganciati al dollaro, il quale a sua volta era agganciato all'oro. Nel 1999 venne poi deciso al momento della creazione dell'euro che anch'esso dovesse essere quotato certo per incerto per dare un messaggio di prestigio della nascente valuta. Ora contina ad essere quotato quasi tutto in dollari, ma il decrescente peso dell'economia americana a livello mondiale e le recenti svalutazioni del $, stanno portando molti paesi a cambiare la composizione dei propri panieri valutari. Ora però si sta creando un po' di confusione, perchè la convenzione degli ultimi 50 anni sta svanendo e molti erano oramai abituati ad utilizzare questo sistema, i modelli teorici sul mercato dei cambi sono ancora tutti quotati incerto per certo. Ciononostante si possono utilizzare indifferentemente entrambe le notazioni perchè se ne conosco una posso ricavare quell'altra per via del principio del Arbitraggio a due piazze In generale vale che ej,i t = 1/ei,j t Se conosco un tasso certo per incerto posso conoscere l'incerto per certo facendo l'inverso del primo (e viceversa). 37 Vediamo perchè facendo l'esempio di Londra e Francoforte, piazze in cui vengono quotati in diversa notazione il tasso di cambio € £. LONDRA e€,£ =0.4 FRANCOFORTE e£,€=3 Attualmente vale che e€,£>1/e£,€. Si crea un margine di arbitraggio, ovvero posso fare un operazione a zero rischi che mi porta un guadagno. Posso cambiare 1000000 £ a Francoforte in €, ottenendo 3000000 €, poi li ricambio a Londra in sterline e ottengo 3000000*0.4=1200000£, guadagnando il 20% senza aver rischiato nulla. Scoperto il margine di arbitraggio, molti operatori fanno la stessa cosa, si crea così un eccesso di domanda di domanda di € a Londra e quindi il tasso di cambio e€,£ =0.4 cala. Contemporaneamente a Francoforte si crea un eccesso di domanda di sterline che fa alzare e£,€=3. Questi aggiustamenti si fermeranno quando e€,£=1/e£,€ Questi sono tassi di cambio diretti, ma esistono anche dei tassi di cambio indiretti ej,m t*em,i t=ej,i t tasso di cambio tra valuta estera e valuta nazionale ovvero unità di valuta nazionale per avere una unità di valuta estera passando da un'altra valuta intermedia L'uguaglianza di sopra deve sempre verificarsi altrimenti sarebbe possibile fare profitti di arbitraggio secondo il principio del Arbitraggio a tre piazze Ipotizziamo che nell'uguaglianza di sopra valga il >, ciò vuol dire che il prezzo indiretto della valuta j è maggiore del prezzo diretto. Quindi sarebbe facile fare un operazione senza rischi che mi porta ad acquistare la valuta j al prezzo diretto e venderlo al prezzo indiretto ottenendo un profitto risk free dall'operazione che però attirerebbe altri operatori. Ciò farebbe alzare il tasso di cambio diretto della valuta j per via del formarsi dell'eccesso di domanda, e farebbe scendere il tasso indiretto per via di un eccesso di offerta. Tale processo si arresterebbe quando i tassi di cambio diretto e indiretto non si sono allineati. Tutto questo avviene minimizzando i costi di transazione, che nel mercato dei cabi sono bassissimi Si possono fare arbitraggi a più di tre piazze, ma in ogni caso deve valere questo principio: ej,i t= ej,m t*em,k t*ek,n t*en,i t Il fatto che valgano questi principi riduce drasticamente il numero dei tassi di cambio che vanno presi in considerazione, infatti se avessimo n paesi, con ognuno una valuta, dovremmo tenere in considerazione n*(n-1) tassi di cambio. 1 e 21 e31 e 41 e51 .. e j1 e n1 e 12 1 e 32 e 42 e 52 .. e j2 e n2 e 13 .. .. .. .. e 23 .. .. .. .. 1 .. .. .. .. e 43 1 .. .. .. e 53 e54 1 .. .. .. .. .. .. .. e j3 e j4 e j5 e j6 1 e n3 en4 e n5 e n6 e n7 e 1n e 2n e 3n e 4n e 5n .. e jn 1 1 e 21 e31 e 41 e51 .. e j1 e n1 0 1 e 32 e 42 e 52 .. e j2 e n2 0 0 0 0 0 0 .. .. .. .. 1 0 .. .. .. e 43 1 0 .. .. e 53 e54 1 0 .. .. .. .. .. .. e j3 e j4 e j5 e j6 1 e n3 en4 e n5 e n6 e n7 0 0 0 0 0 .. 0 1 1 e21 e31 e 41 ... e j1 e m1 e n1 In questa matrice n*n sono rappresentati tutti i tassi di cambio nel mercato. Chiaramente i termini sulla diagonale sono i tassi di cambio della valuta i in termini della valuta i che è logicamente 1, per questo motivo i tassi di cambio nel mercato sono n*(n-1), perchè non si tiene conto degli n 1 sulla diagonale. Per via dell'arbitraggio a due piazze possiamo escludere metà di questi tassi di cambio, in quanto se conosco ej,i t conosco ei,j t dato che ej,i t = 1/eij t . Quindi necessito conoscere solo n*(n-1)/2 tassi di cambio, ovvero la matrice triangolare a destra, detta anche cross rates. In teoria se vale l'arbitraggio a tre piazze mi basta conoscere solo 1 colonna. Una colonna della matrice ci dice quante unità della valuta nazionale ci vogliono per avere una unità della valuta j. Dato che vale ej,1 = ej,m*em,1 conoscendo ej,1, em,1 posso ricavare ej,m. 38 2. Tassi di cambio a termine Il tasso di cambio a termine è uno strumento finanziario per coprirsi dal rischio delle fluttuazioni del tasso di cambio. Un esempio può essere illuminante: un importatore europeo di petrolio, desidera acquistare un carico di petrolio, per cui prima di ricevere la merce dovrà versare un anticipo in dollari, mentre la restante parte dovrà pagarla al momento dell'arrivo del carico di petrolio sempre in dollari. Il petrolio dato che viene trasportato via mare arriva 2 mesi dopo il versamento dell'anticipo, periodo in cui il tasso di cambio può oscillare, e quindi il valore del carico può diminuire. Per coprirsi dal rischio di cambio, l'importatore al momento della stipulazione del contratto, si rivolge nel comparto a termine dei cambi comprando a termine la restante parte del pagamento. L'importatore si impegna oggi a comprare fra 60 giorni una determinata qtà di dollari ad un determinato tasso di cambio, senza alcun impegno finanziario preliminare. − Incerto per certo eFj,i t prezzo di una unità di valuta estera in termine di valuta nazionale decisa all'istante t che si effettuerà tra F giorni. Di solito F sono 30, 90 o 120 giorni. Questo tasso di cambio riflette le aspettative del mercato alla scadenza del contratto. La differenza tra il tasso di cambio a pronti e il tasso di cambio a termine prende il nome di: SCONTO A TERMINE (d) se eFj,i t- ej,i t>0 in tal caso il mercato prevede una svalutazione della valuta nazionale entro F giorni, a termine dovremmo versare più unità di i per avere 1 di j. PREMIO A TERMINE (p) se eFj,i t- ej,i t <0 il mercato prevede un apprezzamento della valuta nazionale da qui a F giorni, a termine dovremo versare meno unità di i per avere 1 di j. - Certo per incerto eFi,j t prezzo di una unità di valuta nazionale in termine di valuta estera decisa all'istante t che si effettuerà tra F giorni. In certo per incerto si ha sconto a termine quando vale eFj,i t- ej,i t<0, si ha premio a termine quando vale invece eFj,i t- ej,i t>0 . 3. Principio della parità coperta d'interesse (Covered Interest Parity Condition) Vediamo ora che il tasso di cambio a pronti e il tasso di cambio a termine sono legati da operazioni di arbitarggio. Prima bisogna introdurre nell'analisi altri due elementi - iit tasso d'interesse risk free nazionale - ijt tasso d'interesse risk free estero Solitamente questi tassi d'interesse sono espressi in base annua, quindi se vogliamo utilizzarli in operazioni di arbitraggio con tassi di cambio a termine che al massimo si concludono dopo 120 giorni, dovremmo portarli in base mensile semplicemente in questo modo it = (1+ rt)1/12 -1 dove it è il tasso di interesse su base mensile, mentre rt è il tasso di interesse in base annua. Ma potremo semplificare i calcoli utilizzando questa equivalenza it ≈ rt/12 che per i sufficiente piccolo approssima bene l'equivalenza in serie geometrica Facciamo ora un esempio. Un importatore di petrolio necessita fra 90 giorni di un ammontare di X milioni di dollari per pagare un carico di petrolio che gli arriverà a quella scadenza. Utilizzando il comparto a termine spende tra 90 giorni in valuta nazionale X*e90j,i t valuta nazionale tra 90 giorni Potrei però attraverso vai strumenti finanziari costruire una replica di questo contratto derivato, il tasso di cambio a termine, passando per il mercato monetario. Potrei infatti acquistare oggi a pronti una quantità di dollari pari a X/(1+ ijt), in modo tale da investirli in un titolo risk free estero in modo tale da avere alla scadenza (X/(1+ ijt)) (1+ijt) = X. Quindi per effettuare l'operazione necessito di 39 (X/(1+ ijt))*ej,i t valuta nazionale oggi, e lo ottengo passando per il mercato dei cambi a pronti. Cionostante i due contratti non sono equivalenti perchè nel primo contratto l'importatore versa fra 90 giorni X*e90j,i t di valuta nazionale, mentre nel secondo contratto necessita di (X/(1+ ijt))*ej,i t subito, nel primo caso avrei potuto usufruire della valuta nazionale per tutti i 90 giorni prima della scadenza nel secondo caso mi privo subito di questa cifra e quindi rinuncio ad altri impieghi alternativi di questa valuta nazionale. Devo quindi tenere conto per vedere il costo del contratto artificiale anche del costo opportunità che deriva ad esempio da rinunciare a investire quella quantità di valuta nazionale in un titolo italiano remunerato al tasso iit risk free. Il costo del contratto replicato è quindi [(X/(1+ ijt))*ej,i t ]*(1+ iit) L'importatore deciderà se passare dal comparto artificiale anziché dal comparto a termine se il costo del contratto artificiale è più basso del costo del contratto a termine ovvero se [(X/(1+ ijt))*ej,i t ]*(1+ iit) < X*e90j,i t Viceversa se vale il > , l'importatore passerà dal comparto a termine. Ciononostante se si verifica che è più conveniente passare dal mercato artificiale si creerebbe uno squilibrio nel mercato dei cambi per via dell'accresciuta domanda di valuta estera per effettuare l'investimento in titoli esteri e questo provocherebbe un deprezzamento della valuta nazionale e quindi un innalzamento del tasso di cambio a pronti ej,i t ↑ che farebbe ristabilire l'uguaglianza tra i costi dei due contratti. L'incontrario avverrebbe se risultasse più conveniente passare dal comparto a termine, si creerebbe un eccesso di domanda di valuta estera a termine che porterebbe all'innalzamento di e90j,i t. Se vale l'uguaglianza possiamo fare delle semplificazioni. [(X/(1+ ijt))*ej,i t ]*(1+ iit) = X*e90j,i t [ej,i t/(1+ ijt)]*(1+ iit) = eFj,i t → PARITA' COPERTA DI'INTERESSE i ) t j (1+ i /(1+it ) = e F / j,i t ↓ ej,i t Questa relazione è molto importante perchè lega tra loro il mercato dei cambi e il mercato monetario. E' necessario scrivere questa relazione in base logaritmica. -sj,i t = log(ej,i t) - fj,i t = log(eFj,i t) - log(1+iit) ≈ iit log(eFj,i t/ ej,i t) = log [(1+ ii t) / (1+ij t)] - log(1+ijt) ≈ ijt log(eFj,i t) - log(ej,i t) =log(1+ii t) – log(1+ijt) PARITA' COPERTA D'INTERESSE fj,i t – sj,i t ≈ iit - ijt in termini logaritmici Tale espressione la possiamo scrivere anche in termini certo per incerto e risulterebbe 1+ itj/1+iti = eFi,j t / ei,j t fi,j t – si,j t ≈ itj – iti 4. Operazioni di swap E' un operazione incrociata che si effettua tramite la contemporanea stipulazione di un tasso di cambio a pronti “in un senso” e di un tasso di cambio a termine “nell'altro senso”. Tali operazioni generano margini di arbitraggio, e sono infatti concluse da operatori professionali detti arbitraggisti. Diamo ora una esemplificazione di un operazione swap utilizzando la convenzione del tasso di cambio incerto per certo L'operatore ha a disposizione una somma di valuta nazionale i pari ad Y. Si possono prospettare due impieghi alternativi per questa disponibilità, 40 1) investire Y nel mercato monetario nazionale al tasso d'interesse trimestrale iti, ottenendo un montante pari a Y * (1+ iti) 2) investire nel mercato estero, una liquidità pari a Y/ej,i t al tasso di interesse trimestrale itj, coprendosi tuttavia dal rischio di cambio attraverso una contemporanea stipulazione di un contratto a termine che prevede di cambiare Y/ej,i t fra 30 giorni in valuta nazionale al tasso di cambio stabilito al momento della stipulazione del contratto. Il montante dell'operazione è [ Y/ej,i t * (1+itj)] * eFj,i t Ipotizziamo ora che il montante della seconda operazione sia maggiore del montante della prima, e quindi risulta più conveniente ricorrere al comparto a termine. Tale operazione risulterebbe più conveniente anche se l'arbitraggista non avesse a disposizione Y di valuta nazionale, e dovesse prenderli in prestito al tasso d'interesse iti, sostenendo un costo totale per il finanziamento pari a Y*(1+ iti), otterrebbe un margine di arbitraggio pari a [ Y/ej,i t * (1+itj)] * eFj,i t- Y * (1+ iti) > 0 Margine d'arbitraggio dall'operazione In presenza di questo margine, per via del meccanismo competitivo, ci saranno degli aggiustamenti nei vari mercati coinvolti: nel mercato monetario ci sarà un eccesso di domanda di moneta nazionale che farà alzare il tasso d'interesse iti ed un eccesso di offerta di moneta estera che farà abbassare il tasso d'interesse itj, nel mercato dei cambi vi sarà un eccesso di domanda di valuta estera a pronti ed un eccesso di domanda di valuta nazionale a termine, che farà abbassare eFj,i t e farà alzare ej,i t . Per effetto di tali movimenti il margine di arbitraggio si azzera. Possiamo semplificare la forma della disequazione vista sopra [ Y/ej,i t * (1+itj)] * eFj,i t = Y * (1+ iti) → (1+itj) * eFj,i t = ej,i t * (1+ iti) ↓ eFj,i t= [(1+iti) / (1+itj)] * ej,i t Se vale il maggiore (>) si formeranno flussi di domanda di valuta estera a pronti e contemporanei flussi di offerta di valuta estera a termine, altrimenti, se vale il minore (<) si formeranno flussi di offerta di valuta estera a pronti e contemporanei flussi di domanda di valuta estera a termine. Tali flussi che coinvolgono mercato dei cambi e mercato monetario faranno si che valga l'uguaglianza nell'equazione di sopra. Un operazione di swap può essere fatta anche utilizzando moneta estera. Se l'operatore ha a disposizione una somma X di valuta estera, questi lo può alternativamente investire nel mercato monetario estero ottenendo X(1+itj), oppure cambiarla in valuta nazionale, investirlo nel mercato monetario interno e stipulare contemporaneamente un contratto a termine di vendita della aluta nazionale, ottenendo così [(Xej,i t)(1+iti)]1/eFj,i t . Allo stesso modo visto sopra si raggiunge l'equazione inquadrettata. Se tale condizione non è soddisfatta si formeranno margini d'arbitraggio che però provocheranno aggiustamenti negli altri mercati. 5. Principio della parità scoperta d'interesse (Uncovered Interest Parity condition) Gli speculatori sono operatori professionali che fanno transazioni basandosi sulle proprie aspettative. Uno speculatore quindi interviene quando pensa che i prezzi quotati non sono rappresentativi della reale situazione del mercato e quindi è disposto a rischiare. Vediamo come intervengono gli speculatori nel mercato dei cambi. Innanzitutto definiamo E(ej,i t+30 | Qt) Valore atteso del tasso di cambio a pronti fra 30 giorni 41 Ipotizziamo inoltre che gli operatori abbiano memoria. Vediamo ora un operazione di swap svolta da uno speculatore, questi ha a disposizione una quantità di valuta nazionale pari a Y che può essere investita alternativamente nel mercato monetario interno oppure può essere cambiata in valuta estera a pronti e investito nel mercato monetario estero. Nel secondo caso però lo speculatore differentemente dall'arbitraggista non stipula un contratto di cambio a termine in valuta estera, in quanto pensa che il tesso di cambio a termine non rappresenti il tasso di cambio che si concretizzerà fra 30 giorni, così lo speculatore decide di non coprirsi dal rischio di cambio perchè pensa che a termine lo cambierà al tasso di cambio da lui atteso ovvero E(ej,i t+30 | Qt). Il montante della prima operazione sarà quindi Y(1+iti), mentre il montante (atteso) della seconda operazione è [(Y/ej,i t )(1+itj) ]E(ej,i t+30 | Qt) Se lo speculatore pensa che il tasso di cambio a pronti fra 30 giorni sarà più alto del tasso di cambio a termine di ora cambierà fra 30 giorni. Se la quantità necessaria Y per svolgere l'operazione non ce l'ha, allora può decidere di prenderla a prestito al tasso d'interesse iti. Il guadagno da tale operazione è pari a [(Y/ej,i t )(1+itj) ]E(ej,i t+30 | Qt) – Y(1+iti) >0 Tuttavia se vale l'uguaglianza lo speculatore è indifferente tra fare l'una o l'altra operazione. Quando nel mercato si verifica tale condizione, si verifica il principio della parità scoperta d'interesse. [(Y/ej,i t )(1+itj) ]E(ej,i t+30 | Qt) – Y(1+iti) = 0 ↓ E(ej,i t+30 | Qt) / ej,i t = (1+iti) / (1+itj) Principio della parità scoperta d'interesse Tale condizione non è osservabile, si possono però fare studi econometrici per capire qual'è i valore atteso del tasso di cambio a pronti fra 30 giorni. E' necessario esprimere tale condizioni in termini logaritmici, ricordando che -sj,i t = log(ej,i t) - sj,i t +30= log(ej,i t+30) - log(1+iit) ≈ iit - log(1+ijt) ≈ ijt Possiamo scrivere questa condizione anche in modo certo per incerto E(sj,i t+30 | Qt) – sj,i t = iti - itj E(ei,j t+30 | Qt) / ei,j t = (1+itj) / (1+iti) 6. Simultanea verifica di entrambi i principi Vediamo cosa succede se si valgono contemporaneamente il principio della parità coperta d'interesse e il principio della parità scoperta d'interesse. E(ej,i t+30 | Qt) / ej,i t = (1+iti) / (1+itj) ↓ (1+ iti)/(1+itj) = eFj,i t/ ej,i t E(ej,i t+30 | Qt) = eFj,i t certo per incerto E(ei,j t+30 | Qt) = eFi,j t In questo caso il tasso di cambio a termine è uno stimatore efficiente e non distorto del tasso di cambio a pronti alla scadenza del contratto a termine (es. 30 giorni) Tale condizione è spesso verificata nei mercati. Affinchè il tasso di cambio a termine sia uno stimatore non distorto del tasso di cambio a pronti alla scadenza devono verificarsi certe ipotesi. 42 Se ej,i t+30= E(ej,i t+30 | Qt) + ut+30 allora seve succedere che 1. E(ut+30 | Qt) = 0 , ovvero la media condizionata degli errori, date le informazioni del soggetto deve essere 0 2. E(ut+30, ut+30-j | Qt)=0 con j<30, ovvero la correlazione tra gli errori deve essere 0 In generale, quindi, non mi aspetto che il tasso di cambio a termine predica sempre correttamente il tasso di cambio a pronti alla scadenza, ma che in media ciò avvenga. Possiamo scrivere tale condizione in termini logaritmici: E(sj,i t+30 | Qt) = fj,i t Questo principio è violato in presenza di un premio per il rischio, questo vuol dire che gli speculatori non sono neutrali verso il rischio. Non è in tal caso indifferente per uno speculatore investire all'estero o all'interno, e quindi desidera qualcosa di più per il rischio che sostiene nell'investimento all'estero, ρt. [(Y/ej,i t )(1+itj) ] [E(ej,i t+30 | Qt) + ρt] – Y(1+iti) = 0 → [E(ej,i t+30 | Qt) + ρt] / ej,i t = (1+iti) / (1+itj) e se vale anche il principio della parità coperta d'interesse E(ej,i t+30 | Qt) + ρt = eFj,i t In presenza di un premio per il rischio il tasso di cambio a termine è uno stimatore distorto del tasso di cambio a pronti tra 30 giorni. Per verificare se il tasso di cambio a termine è uno stimatore non distorto vi sono 2 tecniche econometriche. La prima è stimare una regressione di questo tipo st+1 = α + β ft + ut+1 con -sj,i t+1 = log(ej,i t+1) - fj,i t = log(eFj,i t) Testando l'ipotesi nulla che α(stimato)=0, β(stimato)=1, sotto le assunzioni sulla distorsione dello stimatore del tasso di cambio a pronti alla scadenza, si verifica che E(ej,i t+30 | Qt) = eFj,i t. Se α è diverso da zero questo può essere interpretato come un premio per il rischio. Un modo alternativo per verificare la stessa cosa è stimare un'altra regressione st+1 – st = α + β (ft – st) + ut+1 Questa regressione può essere stimata con il metodo dei minimi quadrati ordinari, a differenza di quella sopra, e anche in questo caso è necessario testare che α(stimato)=0, β(stimato)=1. I due metodi non conducono ad una risposta univoca: il primo non rifiuta l'ipotesi nulla, il secondo si. Per questo vi è ampio dibattito sull'efficienza del mercato dei cambi, in quanto se la condizione qui discussa non è verificata, allora non è verificata una condizione necessaria per l'efficienza di tale mercato. 7. Il grafico di Scitovsky Il tasso di cambio a termine, si è visto, dipende dall'operare di due tipi di operatori professionali che sono presenti sul mercato: gli speculatori e gli arbitraggisti. Vediamo come congiuntamente, le aspettative degli speculatori e la presenza d margini di arbitraggio influiscono sull'andamento del tasso di cambio a termine. SPECULATORI 43 Lo speculatore raffronta le proprie aspettative con il tasso di cambio a termine, e se divergono eFj,i t compie determinate operazioni. Quando è verificata la parità scoperta d'interesse allora lo speculatore è indifferente tra comprare a termine valuta estera o speculare, nel grafico possiamo individuare tale punto in A. Poniamo ad esempio che E(ej,i t+30 | Qt) > eFj,i t, che corrisponde nel grafico al punto C; in tale situazione lo speculatore pensa che il tasso di cambio a termine è sopravvalutato, cioè prevede una svalutazione della valuta nazionale non incorporata nel tasso di cambio a termine. Lo speculatore può decidere quindi di comprare oggi valuta estera a termine (domanda valuta estera a termine), per rivenderla a pronti alla scadenza del contratto, in tal modo compra valuta estera ad un prezzo più basso di quanto la pagherebbe fra 30 giorni, secondo le sue aspettative. Se alla scadenza le aspettative dello speculatore sono confermate (E(ej,i t+30 | Qt) = ej,i t+30, questi ha un profitto pari a eFj,i t/ ej,i t+30. All'aumentare dello spread fra aspettativa e tasso di cambio a termine lo speculatore domanderà più valuta estera a termine (punto D del grafico). Se invece avviene che E(ej,i t+30 | Qt) < eFj,i t, lo speculatore pensa che il tasso di cambio a termine non incorpori un futuro apprezzamento della valuta nazionale e quindi in questo momento la valuta estera è sopravvalutata. Allo speculatore converrà quindi vendere a termine ora la valuta estera (offre valuta estera a termine), che costa di più e ricomprarla alla scadenza del contratto quando costerà di meno. Identifichiamo in questo modo la curva di domanda offerta degli speculatori (SS). Questa non è necessariamente una retta, anzi è probabilmente una curva monotona crescente come quella del grafico, per via della presenza di avversione al rischio crescente. ARBITRAGGISTI Gli arbitraggisti intervengono nel mercato quando nasce un margine di arbitraggio, questo non si verifica se è soddisfatto il principio della parità coperta d'interesse (punto P), cioè se eFj,i t= [(1+iti) / (1+itj)] * ej,i t. Qualora si verificasse il > (punto Q), come abbiamo visto nel capitolo 3 avverrebbe che aumenterebbe l'offerta di valuta estera a termine, viceversa accadrebbe se valesse il <, in tal caso gli arbitraggisti domanderebbero più valuta estera a termine. Tali scostamenti dal punto P tuttavia sì è visto che sono temporanei perchè la presenza di margini di arbitraggio attirerebbe altri operatori e quindi per il meccanismo concorrenziale il margine di profitto si ridurrebbe a zero. eFj,i t eFj,i t Vediamo ora come l'operare di arbitraggisti e speculatori assieme nello stesso mercato possano fare allontanare per un periodo di tempo consistente il valore di eFj,i t da [(1+iti) / (1+itj)] * ej,i t. 44 eFj,i t Come si può vedere dal grafico il valore atteso del tasso di cambio a pronti non è per forza pari a [(1+iti) / (1+itj)] * ej,i t che è la condizione di parità coperta d'interesse. Poniamo ora di trovarci dove vale il principio della parità coperta d'interesse dove l'arbitraggista in assenza di margini di arbitraggio non compie nessuna operazione. Tuttavia lo speculatore pensa che il tasso dii cambio a pronti alla scadenza sarà più alto del tasso di cambio a termine di oggi, pensa quindi che la valuta nazionale sia sopravvalutata. Conseguentemente la valuta estera è sottovalutata; lo speculatore trova quindi convenienza a domandare valuta estera a termine per rivenderla a pronti alla scadenza del contratto quando costerà di più. Sul comparto a termine si riverserà quindi la domanda di valuta estera a termine (OS') che farà alzare eFj,i t (punto II). Al nuovo livello del tasso di cambio relativo al punto II, parte della domanda di valuta estera degli speculatori (ora OS'') viene compensata dall'offerta di valuta estera da parte degli arbitraggisti (OA''), causata dal fatto che è violato il principio della parità coperta dei tassi d'interesse. Dato che OS''>OA'' vi è eccesso di domanda e quindi eFj,i t continua a salire, fino a che la domanda di valuta estera da parte degli speculatori è compensata dall'offerta di valuta estera da parte degli arbitraggisti OS'''=OA''' (punto III). Il punto III è un punto di equilibrio dove in maniera persistente è violato il principio della parità coperta d'interesse eFj,i t > [(1+iti) / (1+itj)] * ej,i t Quando c'è la convinzione generale nel mercato che la valuta nazionale a termine sia sopravvalutata, siamo in una situazione di attacco speculativo, in tale situazione gli operatori sul mercato scommettono in una futura caduta del tasso di cambio a pronti non incorporata nel tasso di cambio a termine. Una situazione simile si è verificata all'Italia nel 1992. Nel luglio 1992 la Bundesbank portò il tasso di sconto dall’8% all’8,75%, provocando attacchi speculativi sulla sterlina, sulla lira e sul franco. La speculazione internazionale di fatto scommetteva sulla scarsa volontà dei paesi sotto attacco di adeguarsi al livello dei tassi deciso dalla Bundesbank: il conseguente differenziale nei tassi avrebbe provocato una rivalutazione del marco (e delle monete dei paesi che avessero seguito la politica delle autorità monetarie tedesche) rispetto a quelle dei paesi dove i tassi fossero rimasti bassi, e di conseguenza una rottura delle parità fissate nel 1987. La sterlina e la lira furono svalutate e uscirono dallo SME nel settembre 1992. Se nell'equazione di sopra valesse il <, vi sarebbe la convinzione generale che la valuta nazionale è sottovalutata, in termini grafici, la curva SS si troverebbe sotto la curva AA. 45 8. Principio della parità del potere d'acquisto (PPA) Tale principio venne elaborato dall'economista svedese Gustav Cassel, allo scopo di stimare i tassi di cambio di equilibrio ai quali i vari paesi sarebbero potuti tornare al Gold standard. Tale teoria afferma che il tasso di cambio di equilibri tra due valute è uguale al rapporto tra i livelli dei prezzi dei due paesi (esprimiamo tale condizione anche in termine logaritmici) ej,i t = Pit / Pjt Principio della parità del potere d'acquisto Pit è il livello dei prezzi nazionali e Pjt quello estero sj,i t = ρit – ρjt sj,i t =log(ej,i t) e ρit – ρjt=log(Pit/Pjt) Tale condizione è verificata quando vale la legge del prezzo unico cioè un dato prodotto dovrebbe avere lo stesso prezzo in entrambi i paesi (cosi che il potere d'acquisto delle due valute sia pari) una volta che i due prezzi sono stati espressi nella stessa valuta. Chiaramente tale ipotesi non è verificata qualora siano presenti dazi o tariffe, ma vi un altro ostacolo alla verifica di tale legge, non tutti i prodotti sono oggetto di commercio internazionale, prodotti di questo tipo sono i servizi o le attività pubbliche. E' il cosiddetto problema di Balassa-Samuelson, che porta distorsioni alla legge del prezzo unico. L'indice del livello dei prezzi nazionali è Pit = α PitVE + (1-α) PitNVE Pjt = β PjtVE + (1-β) PjtNVE dove α<1 è la percentuale di prodotti nazionali non oggetto di commercio internazionale e β<1 è la percentuale di prodotti esteri oggetto di commercio internazionale PjtVE, PitVE sono rispettivamente i prezzi dei prodotti esteri e nazionali oggetto di commercio internazionale, PjtNVE, PitNVE sono i prezzi dei prodotti esteri e nazionali non oggetto di commercio internazionale. La legge del prezzo unico funziona per i beni oggetto di commercio internazionale, PjtVE ej,i t = PitVE, ma non funziona per i prodotti non oggetto del commercio internazionale dove la convergenza all'equilibrio dovrebbe passare attraverso il mercato del lavoro riadeguando i salari, in modo tale che la legge del prezzo unico sia soddisfatta anche per queste categorie dei prodotti (i salari del settore pubblico sono influenzati dai salari del settore privato), ma l'aggiustamento tramite il mercato del lavoro è molto lento e questo fa si che nel breve termine non può essere soddisfatta il principio della parità del potere d'acquisto. Nel lungo termine questo però si verifica, e grazie alle liberalizzazioni che si sono verificate negli ultimi periodi α e β stanno tendendo a 1. Inoltre se vale la legge del prezzo unico il saldo della bilancia dei pagamenti è uguale a zero. 9. Il tasso di cambio reale Possiamo costruire un indicatore di competitività molto importante per la politica economica, il tasso di cambio reale, che esprimiamo anche in termini logaritmici Rj,i t = ej,i t Pjt/Pit Tasso di cambio reale dj,i t = sj,i t - (ρit – ρjt) Tasso di cambio reale in termini logaritmici dove dj,i t=log(Rj,i t). Tale risultato si raggiunge da log[ej,i t/(Pit/Pjt)] Vediamo come mai il tasso di cambio reale è un indice di competitività del paese. All'aumentare della competitività del paese Rj,i t aumenta. Infatti per aumentare la competività: − ej,i t deve salire, ma se il tasso di cambio sale allora Rj,i t sale (svalutazione) 46 Pit deve scendere, se diminuiscono i prezzi interni Rj,i t sale (i prezzi nazionale sono meno cari) − Pjt deve salire, ma allora Rj,i t sale (i prezzi dei prodotti esteri sono più cari) E' chiaro che nel caso in cui ej,i t scenda o Pit salga o Pjt scenda, il paese perde competititvità, infatti, in tali casi, Rj,i t scende. Vediamo cosa succede se vale il principio della parità del potere d'acquisto ovvero Se ej,it =Pit/Pjt allora Rj,i t= ej,i t * (Pjt/Pit)= ej,i t* (1/ej,i t) = 1. − Quindi se vale il principio della parità del potere d'acquisto il tasso di cambio reale è pari a 1. Possiamo fare vedere quanto vale il tasso di cambio reale in termini logaritmici se vale PPA Se vale PPA allora sj,i t = ρit – ρjt, ma allora djt = 0. Il principio della parità del potere d'acquisto può essere anche espresso in termini relativi. Δsj,i t = Δρit – Δρjt Δdj,i t = Δsj,i t - (Δρit – Δρjt) La prima equazione ci dice che il tasso di variazione del tasso di cambio deve essere uguale al differenziale tra tasso d'inflazione nazionale ed estero, mentre la seconda equazione ci dice che la competitività (il tasso di cambio reale) aumenta tra un periodo e l'altro se il tasso di variazione del tasso di cambio nominale è maggiore del differenziale fra i due tassi di inflazione, viceversa se diminuisce la competitività. Tali condizioni possono essere scritte in termini certo per incerto. ei,j t = Pjt / Pit certo per incerto si,j t = ρjt – ρit Ri,j t = ei,j t Pit/Pjt di,j t = si,j t - (ρjt – ρit) Principio della parità del potere d'acquisto Tasso di cambio reale certo per incerto Il tasso di cambio reale è utile per capire che per aumentare la competitività di un paese si può intervenire sui prezzi, o svalutare la propria valuta. La strada per abbassare i prezzi dei prodotti risulta però essere non facile, in quanto è necessario fare o ingenti investimenti per aumentare la produttività, o abbassare i salari, entrando così in conflitto con i sindacati. E' chiaro che in molti casi è stata presa la strada più semplice, ovvero svalutare la propria valuta, che non porta nessun impegno ingente. L'Italia dalla caduta del sistema di Bretton Woods si è comportata così, svalutando la lira, così il differenziale negativo di prezzi interni che l'Italia aveva nei confronti della Germania era più che compensato da una svalutazione tra lira e marco. Ad esempio, poniamo che l'inflazione italiana in quegli anni fosse del 12%, e quella tedesca del 3%, ma che contemporaneamente l'Italia svalutasse la lira del 10%., il tasso di cambio reale Δdj,i t = Δsj,i t - (Δρit – Δρjt) → 1% = 10% - (12% - 3%) Quando però l'Italia è entrata nell'euro, quindi in un sistema di cambi fissi, non ha più potuto usufruire della svalutazione nei confronti del marco per aumentare la propria competitività in quanto la valuta è comune (Δsj,i t =0). La crisi che l'Italia sta subendo è uno shock da rivalutazione iniziato dal momento dell'entrata nell'euro. 10. Il tasso d'interesse reale E' possibile esprimere l'interrelazione tra differenziali dei tassi d'interesse e tassi di cambio in termini reali. Prima però dobbiamo introdurre il tasso d'interesse reale ideato da Irving Fisher (“Theory of interest” 1982). Δρi t+1 = ρi t+1 - ρi t Tasso di inflazione nazionale Δρj t+1 = ρj t+1 - ρj t Tasso di inflazione estera E(Δρi t+1 | Qt) Tasso d'inflazione atteso al tempo t nazionale 47 E(Δρj t+1 | Qt) Tasso d'inflazione atteso al tempo t estero rit = iit – E(Δρi t+1 | Qt) Tasso d'interesse reale nazionale rjt = ijt – E(Δρj t+1 | Qt) Tasso d'interesse reale estero Il tasso d'interesse reale non è osservabile, in quanto le aspettative d'inflazione non sono osservabili. Le aspettative d'inflazione devono essere controllate perchè dal tasso d'interesse reale dipendono gli investimenti. Possiamo ora esprimere il Principio della parità scoperta in termini reali. Prima riprendiamo il principio della parità scoperta d'interesse in termini logaritmici E(sj,i t+1 | Qt) – sj,i t ≈ iti – itj E(Δsj,i t+1 | Qt) ≈ iti – itj, può essere scritto in questo modo dato che E(Δsj,i t+1 | Qt) = E((sj,i t+1- sj,i t) | Qt) = E(sj,i t+1 | Qt) - E(sj,i t | Qt). Ma il valore atteso del tasso di inflazione di oggi, è il tasso d'inflazione di oggi cioè E(sj,i t | Qt) = sj,i t. Al principio della parità scoperta d'interesse sottraggo ad entrambi i membri il differenziale di inflazione attesa nazionale ed estero, [E(Δρi t+1 | Qt) - E(Δρj t+1 | Qt)] E(Δsj,i t+1 | Qt) - [E(Δρi t+1 | Qt) - E(Δρj t+1 | Qt)] ≈ iti – itj - [E(Δρi t+1 | Qt) - E(Δρj t+1 | Qt)] Analizziamo il primo membro dell'equazione. Noi sappiamo che al tempo t dj,i t = sj,i t - (ρit – ρjt) al tempo t+1 dj,i t+1 = sj,i t+1 - (ρit+1 – ρjt+1) sottraggo le due equazioni e ottengo Δdj,i t+1 = dj,i t+1 - dj,i t = sj,i t+1 - (ρit+1 – ρjt+1) - [ sj,i t - (ρit – ρjt) ] = sj,i t+1 - sj,i t - ρit+1 - ρit - ρjt+1 - ρjt Δdj,i t+1 = Δsj,i t+1 - ( Δρi t+1 - Δρj t+1) applico l'operatore valore atteso E(Δdj,i t+1 | Qt) = E(Δsj,i t+1 | Qt) - E( Δρi t+1 | Qt) - E(Δρj t+1 | Qt) L'equazione sopra ci dice quanto vale il tasso di variazione atteso del tasso di cambio reale. Analizziamo il secondo membro iti – itj - [E(Δρi t+1 | Qt) - E(Δρj t+1 | Qt)] = iti – itj - E(Δρi t+1 | Qt) + E(Δρj t+1 | Qt) = = [iti - E(Δρi t+1 | Qt)] – [itj - E(Δρj t+1 | Qt)] = rit – rjt Il secondo membro è quindi pari al differenziale tra il tasso di cambio reale nazionale ed estero. Riunendo i due membri otteniamo E(dj,i t+1 | Qt) = rit – rjt Principio della parità scoperta in termini reali Il valore atteso del tasso di cambio reale è uguale allo spread tra tasso d'interesse reale nazionale e estero. Se rit > rjt allora E(Δdj,i t+1 | Qt) >0, ciò vuol dire che il paese è in crescita da un punto di vista competitivo. Questa relazione mi serve per capire se il paese attira o meno capitali dall'estero. 48 12. La bilancia dei pagamenti La bilancia dei pagamenti è lo strumento per vedere l'andamento dei conti del paese nei confronti dell'estero a disposizione delle autorità monetarie. E' un prospetto sintetico in cui vengono registrate in linea di principio, tutte le transazioni effettuate fra i residenti di un paese e i residenti di tutti gli altri paesi in un dato arco temporale. L'equilibrio nel lungo termine è garantito dal pareggio della bilancia delle partite correnti, per questo è oggetto di attenzione del governo. Il Saldo delle partite correnti (BPC) è composto da altri tre saldi: - Saldo commerciale è uguale alla differenza tra il valore delle esportazioni di merci e il valore delle importazioni di merci - Saldo commerciale servizi differenza tra il valore delle esportazioni di servizi e il valore delle importazioni di servizi. - Trasferimenti unilaterali, sono trasferimenti effettuati dal governo o dal privato che non prevedono una contropartita. Un esempio di trasferimento unilaterale da parte dei privati sono le rimesse degli immigrati, un esempio invece di trasferimenti unilaterali da parte del governo sono i versamenti nei confronti dei paesi in via di sviluppo. L'equilibrio di questo saldo garantisce la competitività del paese nel resto del mondo, se BPC>0, il paese è competitivo. La bilancia dei pagamenti è però composto da un altro saldo importantissimo, il Saldo dei movimenti di capitale (BK). Questo saldo registra la variazione nelle attività estere del paese e delle attività nazionali detenute da soggetti stranieri. Da quando è sono stati liberalizzati i movimenti di capitale internazionali, BK è diventato il saldo più importante della bilancia dei pagamenti. Il Saldo della bilancia dei pagamenti di base di base (BPb) è quindi uguale a BPb = BPC + BK Tuttavia certe transazioni non vengono registrate, o vengono registrate con errori, quindi per fare quadrare i conti si aggiunge un ulteriore saldo Errori ed omissioni (E&O). Quindi abbiamo ora il SALDO DELLA BILANCIA DEI PAGAMENTI GLOBALE (BP) BP = BPC + BK + E&O Affinché il tasso di cambio sia in equilibrio è necessario che che la bilancia dei pagamenti sia in equilibrio, cioè che il suo saldo sia uguale a zero. Questo è chiaramente possibile se il saldo delle partite correnti è negativo ed a compensare vi è un saldo dei movimenti di capitale positivo. Questa è la situazione attuale degli Stati Uniti nei confronti della Cina con cui hanno un saldo commerciale negativo che viene compensato da un aumento delle attività americane in mano cinese, ovvero il disavanzo commerciale nei confronti della cina si tramuta in un aumento del credito di quest'ultima nei confronti degli stati uniti. Per questo motivo non è desiderabile avere un saldo delle partite correnti costantemente negativo in quanto aumenta l'instabilità finanziaria. Le transazioni che movimentavano BK erano classificati, prima del 1 gennaio 1999, secondo 3 criteri: 1) natura dell'operazione 1.a) Saldo investimenti diretti (es. passivo acquisto ditta all'estero) 1.b) Investimenti finanziari (azioni, obbligazioni) 1.c) Credito commerciale (prestito all'estero affinchè compri i prodotti nazionali) 2) natura dell'operatore 2.a) movimenti di capitale (tutti gli operatori tranne le banche o il settore pubblico) 2.b) Banca d'Italia e Ufficio Italiano Cambi, ovvero variazione delle riserve ufficiali 2.c) Aziende di credito (banche) 49 3) durata dell'operazione (vengono registrate solo operazioni con durata minore di un anno) L'oro veniva registrato tra le Riserve ufficiali, se la compravendita era effettuata dallo stato, altrimenti nel saldo merci se coinvolgeva privati. Dal 1 gennaio del 1999 con l'introduzione del V manuale del Fondo Monetario Internazionale la suddivisione della Bilancia dei Pagamenti è cambiata per venire incontro all'apertura dei mercati finanziari. Nell'area euro vengono fatte due bilance dei pagamenti: una relativa ai paesi dell'area euro, e una relativa ai rapporti con i paesi non dell'area euro. La suddivisione è la seguente: 1) SALDO CORRENTE - Saldo merci e servizi - Trasferimenti unilaterali 2) SALDO CONTO CAPITALE - Saldo merci e servizi per attività produttive (macchinari, attività commerciali copyrights) - trasferimenti unilaterali per attività produttive 3) SALDO FINANZIARIO movimenti internazionale di breve, medio, lungo termine 3.1 Investimenti diretti (partecipazioni che danno diritti di proprietà, investimenti reali) 3.2 Investimenti finanziari (obbligazioni pubbliche o private, depositi bancari, azioni senza diritti di proprietà) 3.3 Derivati (copertura, speculazione) 3.4 Altri investimenti (prestiti pubblici e privati, credito commerciale, investimenti bancari a breve termine registrati) 3.5 Riserve ufficiali Vi è poi il conto errori ed omissioni, che serve a far quadrare i conti qualora vi siano errori di registrazione. Dato che il saldo della bilancia dei pagamenti dovrebbe essere sempre uguale a zero, allora le autorità monetarie intervengono con variazioni delle riserve ufficiali. Se BP=0 possiamo anche indicare con Δ Riserve ufficiali = BP (escluso le riserve) l'intervento dell'autorità monetaria. A seguito vi è una descrizione più dettagliata della composizione della bilancia dei pagamenti dal manuale del fondo monetario internazionale. Balance of Payments: Standard Components Credit Debit 1. Current Account A. Goods and services a. Goods 1. General merchandise 2. Goods for processing 3. Repairs on goods 4. Goods procured in ports by carriers 5. Nonmonetary gold 5.1 Held as a store of value 5.2 Other 1. A. b. Services 1. Transportation 1.1 Sea transport 1.1.1 Passenger 1.1.2 Freight 1.1.3 Other 1.2 Air transport 1.2.1 Passenger 1.2.2 Freight 1.2.3 Other 1.3 Other transport 1.3.1 Passenger 1.3.2 Freight 1.3.3 Other 1. A. b. 2. Travel 2.1 Business 2.2 Personal* 1. A. b. 3. Communications services 1. A. b. 4. Construction services 1. A. b. 5. Insurance services** 1. A. b. 6. Financial services 1. A. b. 7. Computer and information services 1. A. b. 8. Royalties and license fees 1. A. b. 9. Other business services 9.1 Merchanting and other trade-related services 9.2 Operational leasing services 9.3 Miscellaneous business, professional, and technical services* 1. A. b. 10. Personal, cultural, and recreational services 10.1 Audiovisual and related services 10.2 Other personal, cultural, and recreational services 1. A. b. 11. Government services n.i.e. 1. B. Income 1. A. b. 1. Compensation of employees 1. A. b. 2. Investment income 2.1 Direct investment 2.1.1 Income on equity 2.1.1.1 Dividends and distributed branch profits*** 1. A. b. 2. 2.1 2.1.1 2.1.1.2 Reinvested earnings and undistributed branch profits*** 1. A. b. 2. 2.1 2.1.2 Income on debt (interest) 1. A. b. 2. 2.2 Portfolio investment 2.2.1 Income on equity (dividends) 2.2.2 Income on debt (interest) 2.2.2.1 Bonds and notes 2.2.2.2 Money market instruments and financial derivatives 1. A. b. 2. 2.3 Other investment 1. C. Current transfers 1. A. b. 1. General government 1. A. b. 2. Other sectors 2.1 Workers’ remittances 2.2 Other transfers 2. Capital and Financial Account 1. A. Capital account 1. A. b. 1. Capital transfers 1.1 General government 1.1.1 Debt forgiveness 1.1.2 Other 1. A. b. 2. 1.2 Other sectors 1.2.1 Migrants’ transfers 1.2.2 Debt forgiveness 1.2.3 Other 1. A. b. 2. Acquisition/disposal of nonproduced, 50 nonfinancial assets 1. B. Financial account 1. A. b. 1. Direct investment 1.1 Abroad 1.1.1 Equity capital 1.1.1.1 Claims on affiliated enterprises 1.1.1.2 Liabilities to affiliated enterprises 1. A. b. 2. 2.3 1.1.2 Reinvested earnings 1.1.3 Other capital 3.1.2.1.2 Short-term 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.1.2.2 General government 3.1.2.2.1 Long-term 3.1.2.2.2 Short-term 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.1.2.3 Banks 3.1.2.3.1 Long-term 3.1.2.3.2 Short -term 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.1.2.4 Other sectors 3.1.2.4.1 Long-term 3.1.2.4.2 Short-term ***If distributed branch profits are not identified, 1. A. b. 2. 1.2 3.1.3 Currency and deposits all branch profits are considered to be distributed. 3.1.3.1 Monetary authorities 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 1.1.3.1 Claims on affiliated 3.1.3.2 General government enterprises 3.1.3.3 Banks 1.1.3.2 Liabilities to affiliated enterprises 3.1.3.4 Other sectors 1. A. b. 2. 1.2 In reporting economy 1. A. b. 2. 1.2 3.1.4 Other assets 1.2.1 Equity capital 3.1.4.1 Monetary authorities 1.2.1.1 Claims on direct investors 3.1.4.1.1 Long-term 1.2.1.2 Liabilities to direct investors 3.1.4.1.2 Short-term 1. A. b. 2. 1.2 1.2.2 Reinvested earnings 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.1.4.2 General government 1.2.3 Other capital 3.1.4.2.1 Long-term 1.2.3.1 Claims on direct investors 3.1.4.2.2 Short-term 1.2.3.2 Liabilities to direct investors 1. A. b. 2. Portfolio investment 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.1.4.3 Banks 2.1 Assets 3.1.4.3.1 Long-term 2.1.1 Equity securities 3.1.4.3.2 Short-term 2.1.1.1 Monetary authorities 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.1.4.4 Other sectors 2.1.1.2 General government 3.1.4.4.1 Long-term 2.1.1.3 Banks 3.1.4.4.2 Short-term 2.1.1.4 Other sectors 1. A. b. 2. 3.2 Liabilities 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 Debt securities 3.2.1 Trade credits 2.1.2.1 Bonds and notes 3.2.1.1 General government 2.1.2.1.1 Monetary authorities 3.2.1.1.1 Long-term 2.1.2.1.2 General government 3.2.1.1.2 Short-term 2.1.2.1.3 Banks 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.2.1.2 Other sectors 2.1.2.1.4 Other sectors 3.2.1.2.1 Long-term 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 2.1.2.2 Money market 3.2.1.2.2 Short-term instruments 1. A. b. 2. 3.2 3.2.2 Loans 2.1.2.2.1 Monetary authorities 3.2.2.1 Monetary authorities 2.1.2.2.2 General government 3.2.2.1.1 Use of Fund credit 2.1.2.2.3 Banks and loans from the Fund 2.1.2.2.4 Other sectors 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.2.1.2 3.2.2.1.2 Other long1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 2.1.2.3 Financial derivatives term 2.1.2.3.1 Monetary authorities 3.2.2.1.3 Short-term 2.1.2.3.2 General government 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.2.2.2 General government 2.1.2.3.3 Banks 3.2.2.2.1 Long-term 2.1.2.3.4 Other sectors 3.2.2.2.2 Short-term 1. A. b. 2. 2.2 Liabilities 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.2.2.3 Banks 2.2.1 Equity securities 3.2.2.3.1 Long-term 2.2.1.1 Banks 3.2.2.3.2 Short-term 2.2.1.2 Other sectors 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.2.2.4 Other sectors 1. A. b. 2. 1.2 2.2.2 Debt securities 3.2.2.4.1 Long-term 2.2.2.1 Bonds and notes 3.2.2.4.2 Short-term 2.2.2.1.1 Monetary authorities 1. A. b. 2. 3.2 3.2.3 Currency and deposits 2.2.2.1.2 General government 3.2.3.1 Monetary authorities 2.2.2.1.3 Banks 3.2.3.2 Banks 2.2.2.1.4 Other sectors 1. A. b. 2. 3.2 3.2.4 Other liabilities 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 2.2.2.2 Money market 3.2.4.1 Monetary authorities instruments 3.2.4.1.1 Long-term 2.2.2.2.1 Monetary authorities 3.2.4.1.2 Short-term 2.2.2.2.2 General government 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.2.4.2 General government 2.2.2.2.3 Banks 3.2.4.2.1 Long-term 2.2.2.2.4 Other sectors 3.2.4.2.2 Short-term 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 2.2.2.3 Financial derivatives 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.2.4.3 Banks 2.2.2.3.1 Banks 3.2.4.3.1 Long-term 2.2.2.3.2 Other sectors 3.2.4.3.2 Short-term 1. A. b. 3. Other investment 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.2.4.4 Other sectors 3.1 Assets 3.2.4.4.1 Long-term 3.1.1 Trade credits 3.2.4.4.2 Short-term 3.1.1.1 General government 3.1.1.1.1 Long-term 1. A. b. 4. Reserve assets 3.1.1.1.2 Short-term 4.1 Monetary gold 1. A. b. 2. 1.2 2.1.2 3.1.1.2 Other sectors 4.2 Special drawing rights 3.1.1.2.1 Long-term 4.3 Reserve position in the Fund 3.1.1.2.2 Short-term 4.4 Foreign exchange 1. A. b. 2. 1.2 3.1.2 Loans 4.4.1 Currency and deposits 3.1.2.1 Monetary authorities 4.4.1.1 With monetary authorities 3.1.2.1.1 Long-term 4.4.1.2 With banks 1. A. b. 4. 4.5 4.4.2 Securities 4.4.2.1 Equities 4.4.2.2 Bonds and notes 4.4.2.3 Money market instruments and financial derivatives 1. A. b. 4. 4.5 Other claims Selected Supplementary Information 1. Liabilities constituting foreign authorities’ reserves 1.1 Bonds and other securities 1.1.1 Monetary authorities 1.1.2 General government 1.1.3 Banks 1.1.4 Other sectors 1. 1.2 Deposits 1.2.1 Monetary authorities 1.2.2 Banks 1. 1.3 Other liabilities 1.3.1 Monetary authorities 1.3.2 General government 1.3.3 Banks 1.3.4 Other sectors 2. Exceptional financing transactions 2.1 Transfers 2.1.1 Debt forgiveness 2.1.2 Other intergovernmental grants 2.1.3 Grants received from Fund subsidy accounts 1. 2.2 Direct investment 2.2.1 Investment associated with debt reduction 2.2.2 Other 1. 2.3 Portfolio investment: borrowing by authorities or by other sectors on behalf of authorities— liabilities* 1. 2.4 Other investment—liabilities* 2.4.1 Drawings on new loans by authorities or by other sectors on behalf of authorities 1. 2.2 2.4.2 Rescheduling of existing debt 2.4.3 Accumulation of arrears 2.4.3.1 Principal on short-term debt 2.4.3.2 Principal on long-term debt 2.4.3.3 Original interest 2.4.3.4 Penalty interest 1. 2.2 2.4.4 Repayments of arrears 2.4.4.1 Principal 2.4.4.2 Interest 1. 2.2 2.4.5 Rescheduling of arrears 2.4.5.1 Principal 2.4.5.2 Interest 1. 2.2 2.4.6 Cancellation of arrears 2.4.6.1 Principal 2.4.6.2 Interest 49 *Specify sector involved and standard component in which the item is included. 3. Other transactions 3.1 Portfolio investment income 3.1.1 Monetary authorities 3.1.2 General government 3.1.3 Banks 3.1.4 Other sectors 3. 3.2 Other (than direct investment) income 3.2.1 Monetary authorities 3.2.2 General government 3.2.3 Banks 3.2.4 Other sectors 3. 3.3 Other investment (liabilities) 3.3.1 Drawings on long-term trade credits 3.3.2 Repayments of long-term trade credits 3.3.3 Drawings on long-term loans 3.3.4 Repayments of long-term loans 4. Services sub-items 4.1 Travel (personal) 4.1.1 Health-related 4.1.2 Education-related 4.1.3 Other 3. 4.2 Miscellaneous business, professional, and 51 technical services 4.2.1 Legal, accounting, management consulting, and public relations 4.2.2 Advertising, market research, and public opinion polling 4.2.3 Research and development 4.2.4 Architectural, engineering, and other technical services 4.2.5 Agricultural, mining, and on-site processing 4. Other 13. Le elasticità critiche Le elasticità critiche sono elasticità importanti per determinare la stabilità del mercato dei cambi. Tali condizioni sono dette condizioni di Marshall-Lerner. Ipotizziamo di trovarci in cambi fissi e prezzi internazionali fermi. Bt = Saldo bilancia delle partite correnti in valuta nazionale al tempo t Xt = Quantità esportate Mt = Quantità importate P = livello dei prezzi nazionale PM = Prezzo in valuta estera delle importazioni VEt = Valore delle esportazioni in v. n. VINt = Valore delle importazioni in valuta nazionale E VI t = Valore delle importazioni in v.e. Il valore del saldo delle partite correnti ad una certa data è pari al valore delle esportazioni meno il valore delle importazioni Bt = VEt - VINt = VEt - ej,i tVIEt = PXt – ej,i t PMMt Definiamo poi l'elasticità della domanda di esportazioni e di importazioni dX = (δXt/Xt) / (δej,i t/ej,i t) = (ej,it/Xt)(δXt/δej,i t) dM = -(δMt/Mt) / (δej,i t/ej,i t) = -(ej,it/Mt)(δMt/δej,i t) Le elasticità critiche sono il valore minimo che le elasticità devono assumere affinchè il sistema si riequilibri da solo, cioè affinchè δBt / δej,i t >0. Ciò che voglio quindi è: quando il tasso di cambio si apprezza deve peggiorare il saldo della bilancia dei pagamenti, e quando il tasso di cambio si svaluta deve migliorare il saldo della bilancia dei pagamenti. Proviamo ora a vedere cosa succede a deprezzare il cambio al saldo delle partite correnti Bt =PXt – ej,i t PMMt deprezzo il cambio (δej,i t >0) δBt / δej,i t = δVEt /δej,i t - δ VINt/δej,i t + All'aumentare del tasso di cambio, risulta più conveniente all'estero importare prodotti nazionali, quindi Xt sale, quindi Vet sale. Per quanto riguarda come cambia VINt = ej,i t PMMt, il discorso è complesso, in quanto ej,it sale, PM abbiamo supposto che rimanesse costante, Mt tuttavia scende in quanto risulta meno conveniente importare dall'estero. L'effetto di un deprezzamento del cambio sulla bilancia delle partite correnti non è sicuro finchè non scopriamo qual'è l'effetto preponderante di tale deprezzamento su VINt. Possiamo trovare però le condizioni (di Marshall Lerner appunto) che ci dicono quando δVEt /δej,i t >δ VINt/δej,i t cioè δVEt >δ VINt. Condizioni di Marshall Lerner TH: δBt / δej,i t >0 se Proof: Vediamo intanto che dX = (δXt/Xt) / (δej,i t/ej,i t) → (Vet/VItN)dX + dM >1 δXt/Xt = dX(δej,i t/ej,i t) Possiamo esprimere VEt =PXt in termini di tasso di variazione ovvero δVEt =δPXt=PδXt e quindi δVEt/VEt =PδXt/PXt= δXt/Xt. Dato che δXt/Xt = dX(δej,i t/ej,i t) allora 52 δVEt = VEt dX(δej,i t/ej,i t) Vadiamo la variazione di VItN δ VINt= δej,i t PMMt = ej,i tδPMMt = PM [(ej,i t+δej,i t )(Mt+δMt) -ej,i tMt] = = PM [ej,i t Mt+δej,i t Mt +ej,i t δMt+δMt δej,i t -ej,i tMt] = PM ( ej,i t δMt + δej,i t Mt) dato che δMt δej,i t ≈ 0 Ora moltiplico e divido per ej,i t δ VINt = PM ej,i t [( ej,i t δMt + δej,i t Mt) / ej,i t] = = PM ej,i t ( δMt + δej,i t Mt / ej,i t) moltiplico e divido per Mt δ VINt = PM ej,i t Mt [(δMt/Mt) + (δej,i t / ej,i t)] moltiplico e divido per δej,i t/ej,i t δ VINt = PM ej,i t Mt [[(δMt/Mt) + (δej,i t / ej,i t)] / δej,i t/ej,i t] δej,i t/ej,i t Dato che dM = -(δMt/Mt) / (δej,i t/ej,i t) e che PM ej,i t Mt = VINt δ VINt = VINt (1 - dM) δej,i t/ej,i t Allora per avere δVEt > δVINt è necessario che VEt dX(δej,i t/ej,i t) > VINt (1 - dM) δej,i t/ej,i t VEt dX + dMVINt > VINt → → VEt dX > VINt (1 - dM) = VINt - dMVINt VEt / VINt dX + dMVINt /VINt > VINt / VINt ↓ (VEt/VItN)dX + dM >1 # Se valgono le condizioni di marshall lerner relative alle elasticità allora ad un aumento del tasso di cambio nominale (apprezzamento) la bilancia delle partite correnti peggiora e viceversa. 14. Il modello Mundell-Fleming in cambi fissi Il modello di Mundell Fleming è un modello di equilibrio economico che prende in considerazione tre mercati: il mercato dei beni (rappresentato dalla curva IS), il mercato della moneta (rappresentato dalla curva LM), e il mercato estero (ovvero la bilancia dei pagamenti) IS: Y = C(Y) + I(i) + G (Y=reddito; C=consumi, I=investimenti, G=spesa pubblica) LM: Ms = Md = L(Y,i) (Ms=offerta di moneta, Md=domanda di moneta,) BP: B(Y,i) + K(i) = 0 (B=bilancia delle partite correnti, K= movimenti di capitale) IS Sono interessato a conoscere le pendenze di tali curve. Ne faccio il differenziale totale. dY = dYCY + diIi → dY - dYCY = diIi → dY (1-CY) = diIi ↓ (di/dY)IS = (1-CY) / Ii <0 Un aumento del tasso d'interesse ha un effetto negativo sul reddito del sistema, ciò è dovuto dal fatto che all'aumentare del tasso d'interesse gli investimenti diminuiscono, perchè aumenta il costo per le imprese a finanziarsi, inoltre la propensione marginale al consumo è positiva ma minore di uno, quindi dY/di<0. 53 LM faccio il differenziale totale LydY + Lidi = 0 → (di/dY)LM = - LY/Li>0 La pendenza in questo caso è positiva in quanto la domanda di moneta aumenta all'aumentare del reddito, perchè è necessaria maggiore liquidità per le transazioni, mentre la domanda di moneta diminuisce all'aumentare del tasso d'interesse perchè risulta essere più costoso rimanere liquidi. BP faccio il differenziale totale BydY + Bidi + kidi = 0 → (Bi + ki)di = -BydY ↓ (di/dY)BP = -BY / (Bi + ki) > 0 Il saldo delle partite correnti peggiora all'aumentare del reddito perchè aumentano le importazioni allora BY<0, inoltre Bi e ki>0. Il modello di Mundell-Fleming è stato uno strumento di politica economica molto utilizzato negli anni '70. La rappresentazione data finora è chiaramente semplificata, ma concettualmente il ragionamento di statica comparata è lo stesso. Poniamo infatti che il governo voglia raggiungere un determinato livello di Pil, Y°, tramite manovre di politica economica. Tale obbiettivo può essere raggiunto tramite una politica fiscale espansiva. Inizialmente il sistema si trova nel punto A, punto di equilibrio di tutti e tre i mercati. Un aumento della spesa pubblica, o una riduzione delle tasse ha l'effetto di aumentare la domanda di beni nel sistema, e quindi la curva IS si sposta verso destra (IS'). Ora A non è più il punto di equilibrio di tutti e tre mercati, il nuovo punto di incontro tra IS' e LM è il punto B, dove vi è in simultanea equilibrio sul mercato monetario e dei beni, tuttavia tale punto non è un punto i equilibrio della bilancia dei pagamenti. E' necessario quindi una manovra di politica monetaria restrittiva, che riduca la liquidità in circolo nel sistema portando ad uno spostamento della curva LM verso destra (LM'), raggiungendo così il punto C, punto di equilibrio di tutti e tre i mercati, raggiungendo così il reddito desiderato Y°. Il modello di Mundell Fleming suggerisce un “mix di politica economica”, che si basa su una forte politica fiscale espansiva, e una forte politica monetaria restrittiva. E' necessario che la politica fiscale espansiva conduca inizialmente ad un surriscaldamento dell'economia (punto B), in cui il reddito raggiunto è superiore a quello desiderato. Tale mix era molto apprezzato dai governi, e quindi molto utilizzato, in quanto la politica fiscale espansiva era fatta dal governo, manovra che avendo portato più occupazione, più ricchezza, avrebbe favorito il governo in sede elettorale; i tecnocrati della Banca d'Italia, applicando la politica monetaria restrittiva, si assumevano la “parte del cattivo”. Il problema di questo modello è che trascura gli stocks di debito pubblico, per attuare tale manovra è stato necessario fare ampio uso della spesa pubblica con l'effetto di portare il debito pubblico a livelli eccessivi. In Italia il debito pubblico italiano era a quota 37% agli inizi degli anni 80, negli anni 90 era già a quota 90%, per raggiungere la sua quota massima del 120% nel 1994. 15. Triade dell'impossibilità di Mundell 54 Fu Mundell che negli anni '60 ideò questa tesi riguardante l'impossibilità per un paese che si verifichino queste tre condizioni in simultanea. 1. Liberi movimenti di capitali 2. Politica monetaria autonoma 3. Tassi di cambio fissi E' possibile che si verifichino in contemporanea solo due di queste condizioni. Nel sistema di Bretton Woods erano verificate la prima e la terza condizione, non c'erano liberi movimenti di capitale. Dimostriamo che se vi sono liberi movimenti di capitali, e tassi di cambio fissi non è possibile avere politica monetaria autonoma. Vediamo cosa vuol dire in termini di pendenze avere liberi movimenti di capitale (di/dY)BP = -BY / (Bi + ki) Qualora vi siano liberi movimenti di capitale, ki è molto elevato, cioè se un paese alza i suoi tassi d'interesse, se i movimenti di capitali sono liberi vi saranno spostamenti di capitali verso i fondi nazionali ora più redditizi. Quindi se ki→∞ allora (di/dY)BP →0, quindi la retta della BP è 0. Poniamo che l'autorità monetaria decida di fare una manovra di politica monetaria espansiva, ciò ha come effetto, quello di spostare verso destra la LM (LM') raggiungendo un punto di equilibrio con il mercato dei beni nel punto B. Nel punto B tuttavia il tasso di interesse è più basso che nel punto A, quindi molti capitali si spostano all'estero in ricerca di investimenti più redditizi, riducendo così la liquidità nel sistema fino a che non si raggiunge il punto A. La politica monetaria espansiva è risultata del tutto inefficace, in quanto il sistema ha reagito con uno spostamento di capitale all'estero. Quando nel 1971 crollò il sistema di Bretton Woods in Europa molti paesi come il Benelux e la Francia agganciarono la propria valuta al marco. L'idea della creazione della Banca Centrale Europea che nacque nel 1999, è il risultato della constatazione che la politica economica gestita a livello europeo ha dei vantaggi. I vantaggi di un sistema a cambi fissi sono di tipo redistributivo per quanto riguarda le entrate doganali. Scegliendo un sistema a cambi fissi la politica monetaria deve essere decisa a livello centralizzato e ciò viene fatto dalla Bce, che ha il permesso di intervenire in politica monetaria per salvaguardare il potere d'acquisto. 16. Il modello di Mundell-Fleming in cambi flessibili Riprendiamo il principio della parità scoperta d'interesse [E(ej,i t | Qt) – ej,i t] / ej,i t ≈ iti – itj L'obbiettivo è scoprire la relazione tre tasso d'interesse nazionale e tasso di cambio incerto per certo. E' ovvio che se iti↑ allora necessariamente affinchè sia soddisfatto il principio della parità scoperta d'interesse, ad aspettative ferme, il tasso di cambio nominale deve scendere, ovvero ci deve essere un apprezzamento. Viceversa se il tasso di interesse scende affinchè non sia violato il principio della parità scoperta d'interesse il tasso di cambio nominale sale. 55 VI E' RELAZIONE INVERSA TRA TASSO D'INTERESSE NAZIONALE E TASSO DI CAMBIO INCERTO PER CERTO. Necessariamente se la pendenza della IS è negativa nel grafico (Y,i) allora sarà positiva nel grafico (Y, ej,i t). Infatti poniamo che ci sia un aumento del reddito da YA a YC. In tal caso ci troviamo in eccesso di offerta nel mercato dei beni, affinchè vi sia di nuovo equilibrio nel mercato dei beni sarà necessaria una svalutazione del tasso di cambio a pronti, ovvero ej,i t↑. La svalutazione, se valgono le condizioni di Marshall Lerner, porta ad un aumento della bilancia delle partite correnti, che ha come effetto di compensare l'eccesso di offerta provocato dall'aumento del reddito. Stesso discorso si può applicare alla LM. La LM avrà pendenza negativa nel grafico (Y,ej,i t) ej,i t ej,i t YA YC Poniamo vi sia una svalutazione e che si raggiunga così il punto F. Se vi è una svalutazione i prezzi dei prodotti esteri crescono (pass-through), conseguentemente il livello dei prezzi si alza, causando una riduzione della moneta reale all'interno del sistema, ovvero abbiamo che M/P↓. Nel punto F vi è eccesso di domanda di moneta che per ridurre è necessario ridurre il reddito (dato che la domanda di moneta di pende direttamente dal reddito). Ad una svalutazione segue quindi una riduzione del reddito, per rimanere in equilibrio nel mercato monetario. Vediamo ora le varie manovre di politica economica in un regime di tassi di cambio flessibili Politica fiscale espansiva ej,i t Il governo applica una misura di politica fiscale espansiva, aumentando la spesa pubblica tramite emissione di titoli. Qual'è l'effetto sul cambio? Il tasso di cambio si apprezza. Questo è la risultante di due spinte diverse: una dal lato del reddito, che essendo aumentato, aumentano le importazioni, e quindi il saldo della partite correnti diminuisce, diminuendo così la domanda di valuta nazionale; dall'altro lato l'emissione di titoli pubblici ha avuto l'effetto di alzare il tasso d'interesse nazionale, attirando così capitali dall'estero, e ciò ha fatto aumentare la domanda di valuta nazionale. Qual'è la forza predominante? In un paese sviluppato e con liberi movimenti di capitale, l'afflusso di capitale dall'estero più che compensa l'effetto negativo sulle importazioni. E' logico pensare che ΔBP = ΔBPC + ΔBK > 0 Se accompagno ad una politica fiscale espansiva, una politica monetaria espansiva 56 (graficamente la LM si sposta verso destra), non vi è coinvolgimento del mercato dei titoli, in quanto l'aumento di spesa pubblica è finanziato dall'emissione di moneta. Tuttavia è una manovra molto pericolosa perchè c'è forte rischio di inflazione. Se accompagno ad una politica fiscale espansiva una politica monetaria restrittiva, l'effetto sul cambio è amplificato, dato che una riduzione della liquidità (LM si sposta verso sinistra) nel sistema comporta un ulteriore aumento del tasso di interesse nazionale che attira sempre più investitori dall'estero. Questo può succedere quando la Banca Centrale risponde a delle politiche fiscali che possono portare inflazione. Politica monetaria espansiva ej,i t L'effetto di un aumento della liquidità all'interno del sistema è chiaramente quello della svalutazione del tasso di cambio. Questa è la risultante di due forse congiunte di egual segno, derivante dall'abbassamento del tasso d'interesse causato dall'eccesso di moneta: da un lato tassi d'interesse più bassi inducono gli investitori esteri a cercare investimenti più redditizie altrove, e ciò si traduce in un deflusso di capitali dall'estero, che riduce la domanda di valuta, dall'altro lato l'abbassamento del tasso d'interesse, fa abbassare il costo di finanziamento di progetti di investimento, se gli investimenti salgono allora il pil sale, ciò a sua volta ha un effetto negativo sulle importazioni. L'effetto sul saldo della bilancia dei pagamenti di una politica monetaria espansiva è quindi negativo. ΔBP = ΔBPC + ΔBK < 0 17. L'effetto assorbimento Nei modelli finora presentati, si è sempre supposto che vi fosse capacità produttiva inutilizzata, cioè che non ci trovassimo in piena occupazione e che quindi, nel momento in cui si accrescevano componenti della domanda aggregata, questi si traducevano in un aumento nel reddito, o della produzione del sistema, in quanto per soddisfare l'accresciuta domanda si sfruttavano le risorse utilizzate. Alexander (1952), affrontò il caso in cui, il sistema si trova già gia in piena occupazione, e quindi non è possibile aumentare la produzione per rispondere ad una crescita della domanda aggregata. Poniamo che Y* sia il reddito di piena occupazione. Vediamo prima il caso con risorse inutilizzate, visto finora. Y<Y* Y=D D = C+I (+G) + (X-M) valgono le condizioni di ML (VEt/VItN)dX + dM >1 Se il paese in questione per migliorare il disavanzo delle partite correnti, decide di svalutare, Δej,i t>0, se valgono le condizioni di Marshall Lerner, il saldo delle partite correnti migliora, Δ(X-M)>0, questo aumento della domanda aggregata ha l'effetto di aumentare il reddito del sistema se vi sono risorse produttive inutilizzate. C+I (+G) + Δ(X-M) = ΔY>0 Se però ci troviamo già in piena occupazione, Y=Y* svalutando abbiamo una crescita della componente estera della domanda aggregata, che però non si può tradurre in un aumento della produzione, e quindi vi saranno forti pressioni inflazionistiche ΔP>0. Quindi l'aumento della competitività provocato dalla svalutazione, viene compensato da un 57 aumento dei prezzi interni, e così il tasso di cambio reale risulta invariato. Rj,i t = ej,i t Ptj / Pti se Δej,i t>0 e ΔPti >0 allora ΔRj,i t = 0 Alexander partì dall'identità C+I + (X-M) = Y Y= A+B → indicando con A = (C+I) l'assorbimento interno, e B=(X-M) il saldo commerciale, Y-B = A Ottiene che la produzione interna o il reddito del sistema meno l'assorbimento è pari al saldo commerciale. Affinchè il saldo commerciale (B) migliori a seguito di un deprezzamento o di una svalutazione, è necessario che Y aumenti e/o A diminuisca. Se però la posizione iniziale del paese è di pieno impiego, Y=Y*, la produzione Y non potrà aumentare, e quindi sarà necessario che l'assorbimento interno diminuisca. Sono previsti dei meccanismi automatici di aggiustamento del sistema che fanno si che l'assorbimento interno si riduca da se (vedi pag.212 del volume II), ma dato che non è certa l'entità e la velocità di tali aggiustamenti, è meglio accompagnare alla svalutazione del tasso di cambio una manovra di politica fiscale restrittiva o politica monetaria restrittiva, in modo da ridurre l'assorbimento interno. Se Y=Y* e Δej,i t>0, affinchè Δ(X-M)>0, allora Δ(C+I)<0 Tale pratica viene utilizzata spesso dai paesi emergenti per migliorare il saldo delle partite correnti. 18. Effetto j (iota) Abbiamo visto che Bt Bt =PXt – ej,i t PMMt Sotto le condizioni di Marshall Lerner, una svalutazione del cambio nominale porta un miglioramento del saldo delle partite correnti. Bisogna tuttavia tenere conto delle velocità di aggiustamento dei singoli mercati. Il mercato reale è infatti lento nell'aggiustamento, è quindi logico pensare che l'effetto elasticità delle esportazioni e delle importazioni rispetto a ej,i t interverrà dopo un certo lasso di tempo. Al momento della svalutazione l'unico effetto riscontrabile sul saldo delle partite correnti è quello diretto del tasso di cambio nominale che moltiplica le importazioni, e siccome Δej,i t>0 allora necessariamente Δ(ej,i t PMMt) >0 e così abbiamo che inizialmente, prima che intervenga l'effetto elasticità, il saldo delle partite correnti diminuisce svalutando il cambio nominale. Chiaramente avviene l'incontrario se il cambio si apprezza. 19. Classificazione efficace dei mercati Mundell, riprendendo l'approccio strumenti obbiettivi, propone una classificazione degli strumenti di politica economica più adatti a ottenere certi obbiettivi. In questo esemplificazione, adottiamo due obbiettivi: l'equilibrio interno (IB, ovvero piena occupazione e stabilità dei prezzi), e l'equilibrio esterno (EB, equilibrio della bilancia dei pagamenti); e due strumenti: la politica monetaria e la politica fiscale. 58 Nell'impostazione fornita da Mundell l'operatore di politica economica deve utilizzare lo strumento per l'obbiettivo efficace trascurando l'effetto sul secondo obbiettivo, solo così si mette in moto un sistema di convergenza all'equilibrio interno ed estero. Vediamolo graficamente. Si ipotizzano cambi fissi e mercato dei capitali libero. Costruiamo il luogo delle varie combinazioni delle politiche fiscali e monetarie che conducono all'equilibrio interno (IB), ovvero piena occupazione e stabilità dei prezzi. Tale luogo ha inclinazione positiva in quanto una politica fiscale espansiva deve essere accompagnata da una politica monetaria restrittiva per garantire l'equilibrio interno. Poniamo di trovarci nel punto A, e che venga fatta una politica fiscale espansiva (aumento spesa pubblica o riduzione delle tasse), si verifica un aumento del disavanzo della pubblica amministrazione, ma viene stimolata la domanda aggregata, tuttavia trovandoci già in piena occupazione questo genera inflazione da domanda. Ciò può essere eliminato da una politica monetaria restrittiva, che alzando i tassi d'interesse produce una contrazione degli investimenti, che riduce la domanda aggregata, fino a tornare lungo la IB, in equilibrio del mercato interno. Una politica monetaria restrittiva eccessiva, può avere come effetto quello di contrarre gli investimenti oltre il limite desiderato e provocare così disoccupazione .La retta EB descrive le varie combinazioni di politica monetaria e fiscale che conducono all'equilibrio esterno (equilibrio bilancia dei pagamenti). Partendo da B, una politica fiscale espansiva stimola il reddito e determina un peggioramento della bilancia commerciale perchè stimola le importazioni. Affinchè si rimanga in equilibrio tale politica deve essere accompagnata da una politica monetaria restrittiva, che faccia crescere il tasso d'interesse, in questo modo vengono attirati capitali dall'estero, compensando la diminuzione del saldo della bilancia dei pagamenti dovuto dal peggioramento del saldo commerciale, raggiungendo così l'equilibrio esterno. Il punto di equilibrio interno ed esterno è chiaramente il punto d'incontro della retta EB e la retta IB. Anche la retta EB è inclinata positivamente, ma perchè la curva EB risulta più piatta della curva IB? Ciò si verifica sempre quando vi sono movimenti internazionali di capitali sensibili ai differenziali dei tassi d'interesse tra i paesi. La politica fiscale espansiva accresce il reddito e fa aumentare la domanda di moneta per transazioni, se le autorità monetarie aumentano l'offerta di moneta in misura sufficiente a soddisfare questa domanda aggiuntiva, il tasso d'interesse rimarrà invariato. La politica monetaria invece opera facendo variare la quantità di moneta e il tasso d'interesse. La variazione del tasso d'interesse influenza non solamente il livello degli investimenti e del reddito bensì anche i movimenti internazionali di capitali. Quindi risulta chiaro che la politica monetaria risulta uno strumento più efficace per il raggiungimento dell'equilibrio estero perchè 59 coinvolge sia il livello degli investimenti, sia i movimenti di capitali. In base alla classificazione efficace dei mercati LA POLITICA MONETARIA DOVREBBE ESSERE FINALIZZATA AL RAGGIUNGIMENTO DELL'EQUILIBRIO ESTERNO E LA POLITICA FISCALE AL RAGGIUNGIMENTO DELL'EQUILIBRIO INTERNO. Se il paese facesse l'opposto si allontanerebbe via via dall'equilibrio. Vediamolo Poniamo di partire dal punto C, se si utilizzasse la politica fiscale per raggiungere l'equilibrio estero si raggiungerebbe il punto B. A quel punto però si farebbe una politica monetaria restrittiva che ci garantisce l'equilibrio interno, raggiungendo il punto A e così via. Facendo l'opposto delle prescrizioni di Mundell ci si allontana sempre di più dal punto Z, di equilibrio interno ed estero simultaneo. Graficamente si può osservare invece che applicando la politica monetaria per l'estero e la politica fiscale per l'interno si raggiunge il punto Z. Quanto più i movimenti di capitali sono sensibili ai differenziali dei tassi d'interesse, più la EB risulta piatta, altrimenti la retta EB avrebbe la medesima inclinazione della IB e quindi utilizzare separatamente politica fiscale e monetaria non sarebbe di alcuna utilità. In tal caso l'economia non potrebbe raggiungere simultaneamente l'equilibrio interno ed esterno senza modificare il cambio nominale. 20. Approccio monetario alla bilancia dei pagamenti: cambi fissi Tale approccio venne ideato dalla Scuola di Chicago negli anni '60 da due economisti: Robert Mundell e Harry Johnson. In tale approccio, viene seguita la teoria monetarista, e spiega il fenomeno della bilancia dei pagamenti come un fenomeno essenzialmente monetario. Vediamo questo approccio in un sistema di cambi fissi. Definiamo offerta e domanda di moneta. Offerta di moneta MS = m (F+K) F= base monetaria di natura interna K= base monetaria di natura estera m= moltiplicatore monetario F è il credito interno creato dalle autorità monetarie del paese o le altre attività interne che sostengono l'offerta di moneta del paese. K sono le riserve internazionali del paese che aumentano o diminuiscono attraverso rispettivamente avanzi o deficit della bilancia dei pagamenti. In un sistema bancario con coefficiente di riserva inferiore a 1, ogni nuovo dollaro appartenente a F o k depositato in una banca ordinaria produce un incremento nell'offerta di moneta del paese multiplo del dollaro iniziale, tale fattore di moltiplicazione è m. Tale fattore di moltiplicazione è 1/riserva obbligatoria. 60 Per esempio un nuovo deposito di 1 $ in una banca commerciale consente alla banca di prestare con rapporto di riserva obbligatorio uguale al 20%, 0,80 $, che verranno utilizzati dal debitore per effettuare un pagamento che verrà depositato in un altra banca del sistema. Questa banca presterà l'80% di questa somma (0,64 $), e così via. Il deposito iniziale di 1$ diventa 5 $ in forma di deposito a vista ( 5 $ si ottengono moltiplicando 1$ per m=1/20%). Vediamo com'è determinata la domanda di moneta. k = rapporto desiderato tra saldi nominali di moneta e reddito nominale del paese Domanda di moneta Md= kPY P= livello interno dei prezzi Y= reddito reale (di piena occupazione) Tale definizione di domanda di moneta e ripresa dalla teoria quantitativa della moneta. Innanzitutto si assume che il livello di reddito è allineato a quello di piena occupazione. K è il rapporto desiderato tra saldi nominali di moneta e reddito nominale del paese, è anche uguale a 1/V, dove V è la velocità di circolazione della moneta (numero di passaggi compiuti da un dollaro nel corso di un anno). K varia nel lungo periodo, con la generale finanziarizzazione del sistema, la velocità di circolazione della moneta è aumentata e quindi k è diminuito, ma noi lo supponiamo costante. Md è quindi una funzione stabile e positiva del livello interno dei prezzi e del reddito reale del paese. Infatti se noi Md = kPY → Md / P =kY ma π=1/P Md M 1/P1 M1 M2 → Md π = kY Il tasso d'inflazione, π è il potere di scambio della moneta, ovvero quanto di un certo bene posso acquistare con un unità di valuta. Se aumenta P, la valuta perde potere d'acquisto. L'equazione vista sopra porta ad una relazione funzionale tra Md e 1/P che è l'iperbole equilatera. Ogni punto appartente a questa relazione funzionale gode della proprietà che il prodotto delle sue coordinate è uguale per tutti i punti dell'iperbole equilatera. Tale forma funzionale in termini economici ci dice che, dato k e Y di piena occupazione, la moneta reale è costante. Questa è una relazione di lungo periodo che ci dice che gli operatori economici desiderano avere sempre la stessa quantità di moneta reale. Nel grafico vediamo che l'area rossa e l'area blu sono le quantità di moneta reale desiderata, queste aree sono uguali La domanda di moneta dipende inversamente anche dal tasso d'interesse, ora però ignoriamone l'influenza. Proviamo ora a fare una politica monetaria espansiva in una economia chiusa (quindi nell'offerta di moneta non consideriamo K). Un aumento dell'offerta di moneta, fa si che nel sistema vi sia una riserva di cassa effettiva maggiore di quella desiderata (nel punto 2 l'area rossa è la riserva di cassa effettiva, 61 l'area blu è la riserva di cassa desiderata). Con più moneta in circolazione, si inizia a spendere di più, tuttavia siccome i fattori produttivi sono già pienamente utilizzati devo essere disposto a spendere di più. Infatti se nel sistema c'è più moneta, si spende di più ma succede anche che ognuno incassa di più, quindi ognuno si trova con una eccesso di liquidità rispetto a quella desiderata. Per risolvere il circolo vizioso è necessario un innalzamento dei prezzi fino a tornare al punto 3. Nel punto 3 abbiamo la stessa quantità di moneta reale desiderata del punto 1. E' necessario stare attenti all'offerta reale di moneta altrimenti si generano meccanismi inflattivi. Poniamo il caso che l'offerta di moneta si riduca, in tal caso la riserva di cassa desiderata è maggiore di quella effettiva, affinchè ognuno riesca ad avere la quantità di moneta reale desiderata è necessario che il prezzo si abbassi. Finora abbiamo considerato il caso di un economia chiusa, allarghiamo il modello al caso di un economia aperta partendo dalla situazione di equilibrio tra domanda e offerta di moneta e contemporaneo equilibrio della bilancia dei pagamenti. Poniamo che vi sia ora una politica monetaria espansiva, (ovvero F aumenta), si genera così una dinamica inflattiva nel paese, questa fa abbassare il tasso di cambio reale Rj,i t = ej,i t Ptj / Pti cioè vi è una perdita di competitività. Se valgono le condizioni di Marshall-Lerner questo provoca un disavanzo della bilancia dei pagamenti ciò provoca un deflusso delle riserve (F scende). Si riduce nuovamente l'offerta di moneta ma questo non è provocato da un processo inflattivo, bensì per una riduzione dell'offerta di moneta provocato dal disavanzo della bilancia dei pagamenti. E' facile far vedere che se c'è una politica monetaria restrittiva, questo provoca una riduzione del livello dei prezzi nazionali che fa aumentare la competitività del paese. Ciò causa un aumento delle partite correnti e quindi un afflusso di riserve che ci riporta all'equilibrio. In questo approccio quindi UN AVANZO DI BILANCIA DE PAGAMENTI E' LA CONSEGUENZA DI UN ECCESSO DI DOMANDA DI MONETA NON SODDISFATTO DA UN INCREMENTO DELLA COMPONENTE INTERNA DELLA BASE MONETARIA DEL PAESE, MENTRE UN DISAVANZO DELLA BILANCIA DEI PAGAMENTI E' IL RISULTATO DI UN ECCESSO DI OFFERTA DI MONETA NON ELIMINATO DALLE AUTORITA' MONETARIE, MA CORRETTO DA UN DEFLUSSO DI RISERVE, In un sistema di cambi fissi nel lungo periodo il paese non controlla la propria offerta di moneta. Finora non abbiamo tenuto conto del saldo dei movimenti dei capitali, che durante il sistema di Bretton Woods non era molto importante perchè non vi erano liberi movimenti di capitali, quindi mandare in equilibrio la bilancia dei pagamenti voleva dire essenzialmente mandare a zero il saldo delle partite correnti. Oggigiorno il saldo dei movimenti di capitale è la componente principale della bilancia dei pagamenti. Se nell'analisi appena conclusa includiamo il saldo dei movimenti di capitale, abbiamo che in caso di politica monetaria espansiva (F↑), aumentando l'offerta di moneta si riduce il tasso d'interesse nazionale provocando uno spostamento di capitali verso l'estero riducendo la quantità di moneta nel sistema (K↓). La liquidità immessa nel sistema si è quindi trasferita interamente all'estero. 21. L'approccio monetario alla bilancia dei pagamenti: cambi flessibili In un sistema a cambi flessibili, i disequilibri di bilancia dei pagamenti sono corretti da variazioni automatiche dei tassi di cambio senza alcun flusso internazionale di moneta o di riserva, in tale sistema il paese controlla la propria offerta di moneta. Per esempio, un disavanzo della bilancia dei pagamenti derivante da un eccesso di domanda di moneta porta automaticamente all'apprezzamento della valuta nazionale, e ciò fa si che i prezzi interni e quindi la domanda di moneta crescano in misura sufficiente ad assorbire l'offerta di moneta in eccesso e ad eliminare automaticamente il disavanzo di bilancia dei pagamenti. Invece un avanzo della bilancia dei pagamenti derivante da un eccesso di domanda di moneta porta 62 automaticamente all'apprezzamento della valuta nazionale, e ciò fa si che i prezzi interni diminuiscano eliminando così la domanda in eccesso e l'avanzo della bilancia dei pagamenti. Mentre in cambi fissi in disequilibrio della bilancia dei pagamenti deriva da un flusso internazionale di moneta o di riserva, in un sistema di cambi flessibili un disequilibrio della bilancia dei pagamenti viene automaticamente corretto da una variazione automatica del tasso di cambio, senza alcun flusso internazionale di moneta e riserve, quindi il paese conserva il controllo sull'offerta di moneta. Vediamo che il rapporto di cambio effettivo di una valuta in termini di altre valute è determinato dal tasso di crescita dell'offerta di moneta e del reddito reale del paese confrontato con il tasso di crescita dell'offerta di moneta e del reddito reale degli altri paesi. Supponiamo innanzitutto che i mercati siano concorrenziali e non vi siano dazi, costi di trasporto o altri impedimenti al libero scambio, allora in tali condizioni vale la legge del prezzo unico. ej,i t = P / P* Riprendiamo la funzione di domanda nominale di moneta del paese e dell'estero Md = kPY Md* = k*P*Y* suppongo che vi sia equilibrio tra domanda e offerta di moneta in entrambi i paesiMd* = Ms* divido le due equazioni tra di loro Md = Ms Ms / Ms* = kPY / k*P*Y* divido entrambi i membri dell'equazione per P*/P e Ms* / Ms ej,i t = P / P* = Msk*Y*/Ms*kY Se quindi a parità delle altre condizioni (crescita reale dell'economia del resto del mondo uguale a zero, e anche crescita di domanda e offerta di moneta nel resto del mondo pari a zero) un aumento della crescita dell'offerta di moneta interno in eccesso rispetto alla crescita del reddito e della domanda di moneta del paese determina la crescita dei prezzi e del tasso di cambio della valuta. Secondo l'approccio monetario, quindi, un deprezzamento della valuta dipende da una crescita eccessiva dell'offerta di moneta mentre un apprezzamento della valuta deriva da una inadeguata crescita monetaria interna. Il paese che si troverò a fronteggiare una forte pressione inflazionistica rispetto agli altri paesi vedrà il proprio cambio crescere. Con il cambio flessibile il resto del mondo è protetto in qualche misura dagli eccessi monetari degli altri paesi. Bisogna tuttavia notare che tale approccio è legato ai seguenti aspetti. In primo luogo esso dipende dalla legge del prezzo unico, in secondo luogo l'equazione finale non include i tassi d'interesse, in terzo luogo il tasso di cambio si aggiusta senza modificare i flussi delle riserve. 22. I vantaggi dei cambi flessibili Non vi è un'opinione comune su quale sia il sistema di cambi migliore, gli economisti tendono a confrontare le gravi ed evidenti insufficienze del sistema dei cambi al momento prevalente con le caratteristiche idealizzate del sistema ad esso alternativo. Ogni sistema ha dei vantaggi, vediamo quelli dei cambi flessibili. 1- In un regime di cambi flessibili innanzitutto per correggere una posizione di disequilibrio della bilancia dei pagamenti del paese è sufficiente una semplice svalutazione del tasso di cambio. Il pareggio della bilancia dei pagamenti può essere raggiunto anche in cambi fissi, ma devono adeguarsi i prezzi interni, e questo è possibile se tutti i prezzi sono flessibili. Correggere un solo prezzo anziché tutti è più semplice e inoltre i prezzi interni non sono perfettamente flessibili soprattutto verso il basso, e quindi si verificherebbe per lungo tempo il disequilibrio interno. 2- Un sistema di cambi flessibili produce un aggiustamento graduale e continuo degli squilibri della bilancia dei pagamenti, e ciò ha l'effetto di stabilizzare la speculazione. 3- I tassi di cambio flessibili riflettono perfettamente la struttura dei vantaggi comparati, 63 mentre i valori fissati in cambi fissi spesso non corrispondono ai veri valori di equilibrio. Un tasso di cambio fissato troppo in alto può portare il paese ad esportare un bene per cui è in svantaggio comparato. Ciò interferisce con l'efficiente allocazione delle risorse mondiali e riduce i vantaggi nella produzione e nello scambio derivanti dal commercio internazionale. 4- Un regime di tassi di cambio flessibili comporta che un paese non debba preoccuparsi del proprio equilibrio esterno e possa liberamente utilizzare tutti gli strumenti di politica economica a propria disposizione per raggiungere l'equilibrio interno. Vi è più autonomia nelle manovre di politica economica per il raggiungimento dell'equilibrio interno. Si è visto nella classificazione efficiente dei mercato che in cambi fissi, la politica fiscale dee essere utilizzata per l'equilibrio interno e la politica monetaria per quello estero, se ci fossero cambi flessibili, potremmo combinare alla politica fiscale una manovra di politica monetaria in modo da raggiungere gli obbiettivi interni in maniera più efficiente. 5- Con cambi flessibili è che potenziano l'efficacia della politica monetaria per attuare una politica antinflazionistica, ad esempio una politica antinflazionistica che migliori il saldo della bilancia commerciale avrà l'effetto di apprezzare il tasso di cambio, e questo mitiga la pressione inflazionistica. 6- Data la relazione inversa tra disoccupazione e inflazione, con cambi flessibili è possibile raggiungere il proprio trade-off ottimale tra inflazione e disoccupazione. Con cambi fissi e diversi livelli di prezzo in ogni paese si hanno pressioni sulla bilancia dei pagamenti che rendono difficoltoso per ogni paese raggiungere il proprio trade-off ottimale. 7- In regime di cambi flessibili si risparmia il costo degli interventi pubblici nell'economia. 23. I vantaggi dei cambi fissi I sostenitori dei cambi fissi affermano che un regime di cambi fissi consente di evitare le ampie fluttuazioni giornaliere dei tassi di cambio che verosimilmente si verificano in un sistema di cambi flessibili. Questa instabilità ostacola la specializzazione della produzione e frena il flusso del commercio e degli investimenti internazionali. Dato poi che le curve di domanda e offerta di valuta estera sono anelastiche (quindi quasi verticali) tali fluttuazioni sarebbero anche molto ampie, queste forti oscillazioni finirebbero per interferire con il processo di specializzazione della produzione. Secondo i sostenitori dei cambi flessibili tuttavia, gli ampi e improvvisi riallineamenti delle parità valutarie necessarie in cambi fissi, portano ad effetti più dannosi e distruttive per il regolare flusso del commercio. I sostenitori dei cambi fissi sostengono che il sistema di cambi flessibili soffra di speculazione destabilizzante, gli operatori in questi casi acquistano valuta estera quando la valuta nazionale si deprezza e viceversa, portando così ad amplificare l'andamento del ciclo economico. Gli economisti dei cambi flessibili sostengono tuttavia che la speculazione destabilizzante è meno probabile che si verifichi quando i tassi di cambio si aggiustano in continuo piuttosto che nel caso in cui questo riallineamento viene impedito fino a che un riallineamento più ampio e improvviso non può essere evitato. Questo era possibile nel sistema di Bretton Woods, che consentiva variazioni dei tassi di cambio in caso di uno “squilibrio fondamentale”. Nel caso del gold standard tuttavia, i cambi rimanevano fissi in ogni caso, e il riallineamento delle partite correnti doveva essere raggiunto in altri modi anche se più drastici. L'evidenza empirica sembra suggerirci tuttavia che la speculazione stabilizzante a colpito indifferentemente sia periodi con cambi fissi (Bretton Woods) che periodi con cambi flessibili (tra la I e la II guerra mondiale). 24. La disciplina di prezzo I tassi di cambio fissi impongono una disciplina di prezzo sull'economia che non si avrebbe invece in tassi flessibili. In cambi fissi, un paese con un più elevato tasso di inflazione rispetto al resto del mondo tende ad avere disavanzi persistenti della bilancia dei pagamenti e una conseguente 64 perdita di riserve. Dato che i disavanzi e la perdita di riserve sono fenomeni che non possono andare avanti all'infinito, il paese dovrà necessariamente portare sotto controllo il proprio tasso d'inflazione. Con cambi flessibili questa disciplina non è necessaria poiché gli squilibri della bilancia dei pagamenti vengono corretti con variazioni del tasso di cambio (vedi cap 9). I tassi di cambio flessibili tendono ad essere più inflazionistici di quelli fissi. I cambi flessibili sono più capaci ad isolare l'economia dagli shock esterni, invece i cambi fissi sono più adatti per affrontare shock interni. In generale si può affermare che i tassi flessibili sono più efficienti e offrono all'economia maggiore flessibilità nel perseguimento delle proprie politiche di stabilizzazione, in oltre consentono di gestire al meglio la politica monetaria, sono però più inflazionistici e tendenti ad alte variazioni del tasso di cambio. 25. Aree valutarie ottime La teoria delle aree valutarie ottime è stata introdotta da Mundell e McKinnon nelgi anni 70. Un area valutaria ottima consiste in un gruppo di paesi le cui valute sono legate l'una all'altra tramite un sistema d tassi di cambio permanentemente fissi e che rispondono ad una serie di condizioni che fanno del paese un area valutaria ottima. I vantaggi sono la creazione di un mercato interno, per via della riduzione dell'incertezza dei cambi flessibili, e vi sarà una maggiore stabilità di prezzi. Lo svantaggio più grande è l'impossibilità di perseguire ciascuno la propria politica di stabilizzazione e di stimolo della crescita consona alle preferenze del paese stesso. La costituzione di un area valutaria ottima risulta più vantaggiosa se ricorrono queste condizioni: 1) ampia mobilità delle risorse all'interno dei paesi membri 2) grande omogeneità strutturale tra questi 3) ampia disponibilità a uno stretto coordinamento delle politiche fiscali, monetarie e delle altre politiche. 25.1 Il Sistema Monetario Europeo (1979-1998) Nel marzo del 1979 l'UE annunciò la costituzione del Sistema Monetario Europeo quale passo verso una maggiore integrazione monetaria tra i paesi membri. Gli aspetti principali erano: 1. Creazione dell' Unità Monetaria Europea (ECU) era la media ponderata delle valute dei paesi membri 2. Le fluttuazioni massime delle valute dei paesi membri dovevano rimanere all'interno di una banda di oscillazione di +/-2,25%. Dal 1993 la banda venne allargata a +/-15% a seguito dell'uscita di Italia e Gran Bretagna dallo SME per gli attacchi speculativi 3. Si costituì il Fondo Europeo di Cooperazione Monetaria (FECOM), forniva ai paesi membri assistenza dei breve e medio termine nelle gestione della bilancia dei pagamenti. Se la valuta del paese raggiungeva il 75% dell'ampiezza consentita (soglia di divergenza), il paese doveva iniziare ad attuare misure correttive, superata la soglia l'onere di intervenire spettava al paese con la valuta più debole e il paese con la valuta più forte. Da marzo 1979 vi sono stati 11 riallineamenti nello SME. In generale paesi ad alta inflazione come Francia ed Italia avevano periodicamente bisogno che le proprie valute venissero svalutate rispetto all'ECU allo scopo di mantenere la propria competitività nei confronti di un paese a bassa inflazione come la Germania. La debolezza dello Sme era questa: mantenere un sistema di cambi fissi senza integrare politiche fiscali e monetarie. Grazie alla Germania Francia e Italia tra il 1979 e il 1984 hanno goduto di un contenimento dell'inflazione a spese tuttavia di una maggiore disoccupazione. 25.2 La transizione all'unione monetaria 65 Nel giugno del 1989 un comitato presieduto dal Presidente della Commissione Europea raccomandò una transizione verso l'unione monetaria in tre fasi: 1. luglio 1990 convergenza risultati economici e convergenza politica economica 2. dicembre 1991 Maastricht si richiedeva la creazione dell'Istituto Monetario Europeo precursore della BCE 3. entro il 1999 adozione moneta unica e istituzione della banca centrale europea Il trattato di Maastricht (1991) stabiliva numerose condizioni necessarie perchè un apese potesse accedere all'unione monetaria: 1) il tasso medio d'inflazione non doveva eccedere più di 1,5 punti percentuali il tasso medio dei tra paesi della Comunità col tasso d'inflazione più basso 2) il disavanzo di bilancio non poteva superare il 3% del PIL 3) Il debito pubblico complessivo non doveva essere più elevato del 60% del PIL 4) i tassi d'interesse a lungo termine non dovevano eccedere di più di due punti percentuali il tasso medio dei tre paesi con il minor tasso d'inflazione 5) il tasso di cambio non doveva svalutarsi più del 2,25 % della media SME. Tali parametri vennero rispettati entro il 1991 solo da Francia e Lussemburgo. Nel 1997 venne negoziato il Patto di stabilità e crescita per restringere ulteriormente il vincolo fiscale nel rispetto del quale avrebbero dovuto operare i paesi partecipanti all'unione monetaria: il disavanzo doveva essere inferiore del 3% , per permettere ai paesi di operare politiche fiscali espansive in caso di crisi. 25.3 La creazione dell'euro e la Banca Centrale Europea All'inizio del 1999 il sistema monetario europeo è diventato l'Unione Monetaria Europea con l'introduzione dell'euro e l'adozione di una politica monetaria comune tramite la BCE. I paesi aderenti erano 11 (Austria, Belgio, Germania, Finlandia, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Spagna, Portogallo e Olanda). Gran Bretagna, Svezia e Danimarca hanno scelto di non partecipare, tuttavia per evitare l'eccessiva volatilità e i possibili scostamenti delle valute di tali paesi nei confronti dell'euro, è stato istituito il Meccanismo di cambio II (ERMII) simile a quello dello SME con una fascia di fluttuazione del 15% rispetto alla parità. Il valore dell'euro è stato stabilito una volta per tutte nell'ottobre del 1998. La moneta unica ha iniziato la sua quotazione dal 1 gennaio del 1999, ma l'emissione di banconote e moneta metallica è iniziata nel 2002. Nel 1998 venne istituita la Banca Centrale Europea quale braccio operativo della politica monetaria del Sistema Europeo di Banche Centrali (SEBC), una struttura federale delle banche centrali nazionali. Le decisioni della BCE vengono prese da un Consiglio Direttivo, formato da un comitato esecutivo di 6 membri incluso il Presidente più i governatori delle banche centrali nazionali. Il Trattato di Maastricht ha assegnato alla BCE il compito di perseguire la stabilità dei prezzi e l'ha resa del tutto indipendente dalle influenze politiche. Il Parlamento Europeo non ha possibilità di influire sulle sue decisioni; l'unico modo sarebbe emendare il trattato di Maastricht (differentemente da quanto avviene negli Usa che il Congresso può approvare leggi che riducono l'indipendenza della FED). 25.4 Costi e benefici dell'euro I benefici dei paesi partecipanti sono molteplici: 1) eliminazione della conversione delle valute tra paesi (risparmio di 30 miliardi di $ all'anno) 2) eliminazione della volatilità dei tassi di cambio 3) integrazione economica e finanziaria più rapida 66 4) 5) 6) 7) 8) possibilità per la BCE di praticare una politica monetaria maggiormente espansiva maggiore disciplina economica per i paesi (Italia e Grecia hanno dimostrato di non averla) signoraggio derivante dall'uso dell'euro come moneta internazionale minori costi di indebitamento sui mercati finanziari internazionali accresciuta importanza politica ed economica per l'Unione Europea sullo scenario internazionale Il problema più serio è il caso di uno o più paesi vengano a trovarsi in recessione, o siano colpiti da qualche altro shock. I singoli paesi non possono utilizzare il tasso di cambio o la poltitca monetaria per superare il problema e anche il ricorso alla politica fiscale è limitato. In tale situazione il problema si risolve con il tempo; come negli USA, se una regione attraversa una recessione, parte della forza lavoro si sposta verso altre regioni e così la regione interessata godrà di redistribuzioni fiscali. In Europa tuttavia la mobilità del lavoro è molto inferiore rispetto a quella statunitense e altrettanto può dirsi della redistribuzione fiscale. L'integrazione può risolvere questo problema. 26. Sistemi di ancoraggio della valuta e la dollarizzazione I sistemi di ancoraggio della valuta (CBA) costituiscono la forma più estrema di fissazione del tasso di cambio. Un paese che attua tale sistema fissa rigidamente ilo tasso di cambio della propria divisa a una valuta estera, ai Diritti speciali di prelievo o a un paniere composito di valute. Richiedono (similmente al gold standard) una copertura totale 100% in riserve internazionali della valuta nazionale in questione. Il paese interessato rinuncia al controllo sull'offerta della propria moneta e della politica monetaria. L'offerta di valuta nazionale aumenta o diminuisce solo in corrispondenza rispettivamente di: surplus bilancia dei pagamenti e di immissione riserve internazionali o un deficit della bilancia dei pagamenti e un deflusso di riserve internazionali. Gli effetti sono un tendenziale allineamento di tasso d'interesse e disoccupazione a quello del paese estero. Tale sistema viene attuato da un paese in forte crisi finanziaria, affinchè funzioni tale sistema è necessario: un positivo funzionamento del sistema bancario, e una politica fiscale prudente. Il paese, tramite la CBA acquista credibilità, ma la banca centrale del paese 1)non conduce più la politica monetaria, 2) non può agire come prestatore di ultima istanza, 3) perde il signoraggio dovuto all'emissione di valuta propria. La dollarizzazione è invece l'adozione della divisa monetaria di un altro paese. I costi e i benefici della dollarizzazione sono simili a quelli della CBA ma più accentuati. I principali vantaggi sono 1) eliminazione costi di cambio 2) tasso di inflazione simile a quello degli Stati unii come conseguenza dell'arbitraggio sui beni e il suo tasso d'interesse tende a scendere a quello del livello americano 3) vengono evitate le crisi legate la cambio. Chi utilizza i dollari come valuta nazionale sono piccole economie aperte che hanno come principale partner commerciale gli Stati Uniti, quali i paesi dell'America Latina. 27. Bande di oscillazione, parità aggiustabili, parità striscianti La maggior parte dei sistemi di cambio fissi permettono in genere che il tasso di cambio fluttui all'interno di limiti ristretti, chiaramente definiti, stabilendo una banda di oscillazione. Ad esempio nel sistema di Bretton Woods il cambio poteva oscillare al di sopra e al di sotto della parità fissata. Il tasso di cambio effettivo è quindi determinato dalle forze di domanda e offerta ma all'interno delle bande di oscillazione; le fluttuazioni al di sopra di questa, in un sistema di cambi fissi non ancorato all'oro e al suo costo di trasporto come nel gold standard, vengono contrastate da interventi pubblici nei mercati valutari. Stabilendo una banda di oscillazione le autorità governative non sono obbligate ad intervenire continuamente. Un regime di cambio a parità aggiustabili richiede che venga definita una parità e una banda di oscillazione, con la condizione aggiuntiva che la parità potrà essere modificata per 67 correggere un disavanzo o un avanzo della bilancia dei pagamenti. Il sistema di Bretton Woods nasce all'inizio come un sistema a parità aggiustabili, era infatti previsto che la parità potesse essere modificata di fronte a un disequilibrio fondamentale. Tuttavia tale sistema se regolato in maniera troppo precisa sarebbe oggetto di speculazione destabilizzante. Il regime di cambio a parità striscianti è stato ideato per evitare lo svantaggio di relativamente grossi aggiustamenti nelle parità e della possibile speculazione stabilizzante. In questo sistema, le variazioni delle parità sono di entità ridotta e precedentemente stabilita, ovvero a intervalli frequenti e chiaramente definiti finchè non viene raggiunto il tasso di cambio di equilibrio. Il paese può evitare la speculazione destabilizzante tramite un adeguamento dei tassi d'interesse annullando ogni tipo di profitto (interferendo però nella politica monetaria. E' un sistema adatto ai paesi in via di sviluppo che subiscono shock reali e differenti tassi d'inflazione. 28. Fluttuazioni controllate I cambi anche senza speculazione destabilizzante fluttuerebbero lo stesso per le fluttuazioni dei fattori reali, le speculazioni amplificano ciò. Abbiamo già detto che ampie fluttuazioni portano insicurezza nel mercato e questo danneggerebbe il commercio. In un regime a fluttuazioni controllate le autorità monetarie intervengono sul mercato dei cambi per smorzare queste fluttuazioni di breve periodo senza tuttavia tentare di alterare il livello di equilibrio di lungo periodo del tasso di cambio. L'economia così beneficia dei vantaggi dei cambi fissi pur mantenendo cambi flessibili. Le manovre da compiere consistono nel vendere riserve valutarie per sopperire a parte dell'eccesso di domanda di valuta estera e di assorbire parte di ogni eccesso di offerta a breve termine di valuta estera prevalente sul mercato. Quanto maggiori sono le riserve internazionali, tanto più ampia è la stabilizzazione del cambio che esse riescono a ottenere. Può succedere che certe volte i paesi siano tentati a svalutare il tasso di cambio per stimolare il tasso di cambio (come ha fatto la Cina nel 2005 con gli USA), si parla in questi casi di fluttuazione sporca Oggigiorno, i sistemi intermedi di cambi visti sopra sono considerati meno attrattivi dei cambi fissi e flessibili puri, in quanto più suscettibili a causare speculazioni destabilizzanti e quindi risultare insostenibili. 68 29. Il sistema monetario internazionale Un sistema monetario internazionale consiste nell'insieme di regole, abitudini, strumenti, strutture e organismi che intervengono nell'esecuzione dei pagamenti internazionale. Possono essere classificati a seconda di quale sistema di cambi viene utilizzato e il tipo di attività utilizzata come riserva internazionale. Un sistema monetario internazionale viene giudicato in base a 3 criteri: 1) il criterio dell'aggiustamento. Si riferisce al processo in virtù della qual vengono corretti gli squilibri della bilancia dei pagamenti 2) il criterio della liquidità. Consiste nell'ammontare delle attività internazionali di riserva disponibili per compensare temporanei squilibri della bilancia dei pagamenti 3) il criterio della fiducia. Fa riferimento al grado di convinzione che il meccanismo di aggiustamento funzioni in modo adeguato. Vediamo ora l'evoluzione del sistema monetario internazionale. 29.1 Il gold standard (1880-1914) Durante il gold standard ciascun paese definiva il contenuto aureo della propria valuta e rimaneva passivamente disponibile a vendere o comprare qualunque ammontare di oro per quel prezzo. Poiché il contenuto aureo di una unità di ciascuna valuta era fisso, anche i tassi di cambio erano fissi. Il livello fisso di cambio era definito parità aurea. Il tasso di cambio poteva variare al di sopra o al di sotto della parità aurea nei limiti del costo d trasporto di una unità di oro equivalente ad una unità della valuta estera delle due piazze valutarie. Se la valuta tendeva a deprezzarsi oltre il punto dell'oro, questa tendenza veniva arrestata con una fuoriuscita dell'oro dal paese che determinava un apprezzamento del tasso di cambio. Se la valuta estera era più costosa dell'oro e del suo costo di trasporto sarebbe stato più conveniente pagare in oro. Viceversa se il cambio si deprezzava. Questi deflussi di oro rappresentavano i disavanzi della bilancia dei pagamenti; vi era un sistema di aggiustamento automatico chiamato da Hume price-specie-flow. Lo stock di moneta di ogni paese consisteva nella quantità di risorse auree e nella moneta cartacea convertibile in oro. Quindi un paese con un disavanzo nella bilancia dei pagamenti ha una riduzione dell'offerta di moneta e viceversa nei paesi in avanzo. Per tale ragione i prezzi interni diminuiscono nei paesi in disavanzo mentre aumentano i paesi in avanzo (teoria quantitativa della moneta). Di conseguenza il saldo della bilancia dei pagamenti del paese in disavanzo migliora e viceversa per il paese in avanzo. Questo era il meccanismo di aggiustamento, che se non avveniva tramite movimenti di oro, avveniva con i movimenti di capitale: esempio, se il Regno Unito aveva un disavanzo, l'offerta di moneta si riduceva e ciò provocava un aumento dei tassi d'interesse interni e questo attraeva un afflusso di capitali a breve che copriva il disavanzo. Il sistema di aggiustamento funzionava e la fiducia non poteva mancare, dato che la sterlina era la valuta internazionale importante e Londra il centro finanziario internazionale. 29.2 Il periodo tra le due guerre Con lo scoppio della prima guerra mondiale, il gold standard ebbe termine. Tra il 1919 e il 1924 i cambi fluttuarono ampiamente fino a che nel 1925 il Regno Unito ripristinò la convertibilità della sterlina in oro al prezzo prebellico. Il sistema era di gold exchange standard, nel senso sia l'oro 69 che le valute convertibili in oro (sterlina ma anche dollaro e franco francese) erano impiegate come riserve internazionali. Il Regno Unito, tuttavia, aveva perso parte della sua competitività e l'adozione della parità prebellica si tradusse in una grande sopravvalutazione della sterlina (vd legge prezzo unico), ciò portò a un disavanzo della bilancia dei pagamenti, che però il regno unito tento di frenare, il che portò ad una deflazione ( per via della riduzione della liquidità). Contemporaneamente la Francia approvò nel 1928 una legge che imponeva che il pareggiamento dei propri avanzi di bilancia dei pagamenti dovesse avvenire anzichè in sterline o in altre valute. Questo provocò un forte drenaggio di risorse auree verso Parigi. Quando nel 1931 la Francia tentò di convertire in oro le le riserve di sterline accumulate, il Regno Unito fu costretto a sospendere la convertibilità della sterlina in oro e a svalutare la sterlina e il gold exchange standard finì. Le cause del crollo sono inoltre: 1) mancanza di un adeguato meccanismo di aggiustamento, sterilizzazione degli effetti del disavanzo 2) presenza destabilizzante di enorme flussi di capitale tra Londra e Parigi e New York 3) L'inizio della Grande Depressione E' probabile che qualsiasi sistema di cambi sarebbe crollato in tale periodo, dovute anche a interventi di politica economica sbagliati come le Smooth Hawley Tariff. 29.3 Il sistema di Bretton Woods Nel 1944 i rappresentanti di USA, Regno Unito e altri 42 paesi, si incontrarono in una conferenza a Bretton Woods nel New Hampshire, per decidere l'assetto del sistema monetario internazionale dopo la guerra. Venne istituito il Fondo Monetario Internazionale allo scopo di 1. vigilare sull'osservanza da parte dei paesi membri un insieme di regola di condotta in tema di commercio e finanza internazionale 2. fornire facilitazioni creditizie ai paesi in temporanea difficoltà con la bilancia dei pagamenti Dopo l'adesione al fondo a ciascun paese veniva assegnata una quota a seconda della sua importanza economica e del volume del proprio flusso di commercio internazionale. Sulla base di questa quota veniva determinato il suo potere di voto e la sua capacità di prendere a prestito. Con l'adesione al FMI, un paese era tenuto a pagare il 25% della propria quota al fondo in oro e il resto in valuta nazionale. Prendendo a prestito il paese riceveva valute convertibili approvate dal fondo e in cambio era tenuto a versare un deposito di un ammontare equivalente in valuta nazionale. Il limite massimo di prestito era il 25% della quota all'anno o il 125% in 5 anni. Il paese poteva prendere a prestito il 25% della propria quota in modo automatico, era chiamata gold tranche (quota aurea) , per ulteriori prestiti, le cosiddette credit tranches (quote di credito) il paese pagava tassi d'interesse crescenti. I rimborsi dovevano avvenire entro 3 o 5 anni, e consistevano nel riacquisto della propria valuta dal fondo in cambio di valute approvate dal fondo. La quota aurea di un paese meno l'eventuale ammontare prestiti ricevuti è chiamata Posizione netta presso l'FMI. Il sistema di Bretton Woods era un gold exchange standard. Gli Stati Uniti erano tenuti a mantenere il prezzo in dollari di un oncia di oro al valore fisso di 35 $ e dovevano rendersi disponibili a cambiare per quel prezzo dollari in oro senza restrizioni o limitazioni. Gli altri paesi dovevano fissare il valore delle valute in termini di dollari e intervenire nel mercato dei cambi affichè il tasso di cambio non si allontanasse dalla parità più dell'1%. In particolare per impedire il deprezzamento della propria valuta in misura superiore all'1% rispetto alla parità il paese doveva attingere alle proprie riserve in dollari e utilizzarle per acquistare la propria valuta. Per impedire invece un apprezzamento superiore all'1% rispetto alla parità il paese doveva acquistare dollari. 70 Solo nel caso di squilibri fondamentali un paese era autorizzato, dopo l'approvazione del fondo a variare il valore della parità del cambio. Era fatto divieto ai paesi di imporre ulteriori restrizioni commerciali (altrimenti la convertibilità valutaria non avrebbe avuto grande significato) e quelli esistenti dovevano essere rimossi con il GATT. Restrizioni alla mobilità internazionale dei capitali erano consentite onde permettere ai paesi di difendere le proprie valute da ingenti e destabilizzanti flussi di moneta speculativa . 29.4 Il funzionamento del sistema I paesi erano riluttanti a modificare la propria parità anche in caso di squilibri fondamentali, la svalutazione era considerato segno di debolezza, mentre i paesi in disavanzo si opponevano alla rivalutazione preferendo così accrescere le proprie riserve di capitali. Questo atteggiamento fu critico per la fine del sistema. L'effetto di tale atteggiamento era chiaramente una riduzione della flessibilità del sistema e dell'aggiustamento, ciò rendeva il sistema vulnerabile alla speculazione destabilizzante. Per far fronte a questo si potevano imporre restrizioni ai movimenti di capitali. Nel corso di quegli anni fino alla caduta di Bretton Woods vi fu una serie di interventi volti a migliorare il funzionamento del sistema. A partire dagli anni 60, i paesi membri del FMI, presero a negoziare gli accordi di standby che consentono nell'autorizzazione anticipata da parte del FMI per prestiti futuri a un paese membro. Le banche centrali nazionali iniziarono a negoziare gli accordi di riporto o swap, coi quali i paesi si scambiano reciprocamente le proprie valute per intervenire sul mercato dei cambi e combattere i flussi di capitali destabilizzanti. L''innovazione più significativa fu del periodo di Bretton Woods fu la creazione dei Diritti speciali di prelievo (DSP) per accrescere le riserve internazionali di oro , valute estere e posizioni di riserva presso FMI. Non hanno nessuna copertura in oro ne in altra valuta, ma rappresentano pure e semplici riserve internazionali create dal FMI (paper gold). Veniva utilizzato esclusivamente dalle banche centrali per sanare i disequilibri della bilancia dei pagamenti. Sull'ammontare in eccesso o in difetto di DSP detenuti da un paese oltre la quota veniva applicato un tasso d'interesse, questo creava pressione sia sui paesi in avanzo che in disavanzo a correggere gli squilibri. Venne creato nel 1961 ilo cosiddetto pool dell'oro per evitare che il prezzo dell'oro salisse sopra i 35$ per oncia, interventi volti ad evitare che le riserve in oro degli USA non si riducessero. 29.5 Il crollo del sistema di Bretton Woods Tra il 1945 e il 1949 gli USA registrarono immensi avanzi della bilancia dei pagamenti dovuti all'attuazione del Piano Marshall. Con la ripresa dell'Europa negli anni 50 si tramutò in disavanzo, erano tuttavia fino al 1957 molto contenuti, anche se permettevano a Giappone e Europa di arricchirsi di riserve di dollari. Gli USA saldavano i disavanzi principalmente in dollari. I paesi erano disposti ad accettarli per 3 motivi: 1) gli USA erano pronti a convertirli in oro 2) i dollari erano una moneta internazionale 3) i depositi in dollari fruttavano un interesse, i depositi in oro no. A partire dal 1958 i disavanzi della bilancia americana aumentavano sensibilmente per via dell'aumento dei capitali in uscita (ΔBK<0, per via degli investimenti in Europa) e un aumento dell'inflazione per via della creazione di moneta necessaria per i finanziamenti alla guerra in Vietnam (ΔBC<0 dovuto ad una riduzione della competitività), si è visto a pg 57 che se si aumenta la liquidità nel sistema questa si trasferisce all'estero, gli Usa finaziavano i loro disavanzi essenzialmente in dollari e quindi arricchiva le riserve internazionali di dollari estere. Inoltre le riserve auree statunitense diminuirono da 25 miliardi di $ nel 1949 a 11 miliardi di $ nel 1970. Gli USA ritenevano di non poter correggere il disavanzo tramite una svalutazione. Si tentò il twist dei tassi di tenere alti i tassi a breve termine per incoraggiare i movimenti di capitali, e bassi quelli allungo termine per incoraggiare la crescita ma non funzionò. Per scoraggiare la diminuzione delle riserve auree, e quindi la conversione in ora vennero creati i Roosa Bonds, buoni del tesoro a medio termine denominati in $ con un tasso di cambio garantito, ma le riserva auree continuavano a ridursi fino a che le riserve statunitensi all'estero nel 1970 superarono di 4 volte le riserve 71 statunitensi in oro. Era necessario un riallineamento della parità, e vi erano aspettative prevalenti sui mercati che gli USA avrebbero prima o poi svalutato il dollaro, che portarono a fortissimi e destabilizzanti flussi di capitali in uscita dal dollaro. Il 15 agosto del 1971 il presidente Nixon fu obbligato a sospendere la convertibilità in oro del dollaro. Il sistema di Bretton Woods era finito. E' difficile stabilire se i benefici del signoraggio, cioè i benefici ricevuti da un paese dall'emissione di moneta quando la sua moneta viene utilizzata come moneta internazionale, abbiano compensato lo svantaggio di non poter mai svalutare il dollaro. Nel dicembre del 1971, i rappresentanti del Gruppo di Dieci (i 10 paesi industrializzati più importanti) si incontrarono a Washington presso la Smithsonian Institution dove ebbero luogo gli Smithsonian Agreement. Venne deciso di aumentare il prezzo dell'oro da 35$ a 38$ per oncia che portò ad una svalutazione del dollaro del 9%, venne allargata la banda di fluttuazione dal 1% al 2,25%. poiché il dollaro non era più convertibile il sistema era diventato un dollar standard. Tuttavia un immenso disavanzo americano nel 1972 portò ad una ulteriore svalutazione del dollaro del 10% nel febbraio del 1973 anticipata dall'ondata speculativa contro il dollaro. Nel marzo del 1972 i sei paesi membri del Mercato comune europeo decisero di lasciar fluttuare le proprie valute nei confronti del dollaro con una banda di oscillazione del 2,25% (il cosiddetto serpente europeo). Quando nel marzo del 1973 la speculazione contro il dollaro si riaccese, le autorità monetarie dei principali paesi industrializzati decisero di lasciare che le proprie valute fluttuassero in modo autonomo oppure in modo congiunto (come in Europa). Le cause di fondo della caduta del sistema vanno ricercati in problemi di liquidità, cioè dell'ammontare delle riserve internazionali disponibili in relazione al proprio bisogno, e nella caduta della fiducia nel dollaro dovuti ai continui disavanzi della bilancia commerciale, la fiducia, la liquidità e l'aggiustamento sono infatti i criteri che ci consentono di giudicare un sistema monetario internazionale. 29.6 Il sistema attuale A partire dal marzo 1973 il mondo ha avuto un sistema di tassi di cambio a fluttuazione controllata, con l'obbiettivo di smussare le fluttuazioni di breve periodo dei tassi di cambio senza porsi l'obbiettivo di alterare le tendenze di lungo periodo. Tale sistema non è frutto di una scelta deliberata, ma conseguenza del crollo di Bretton Woods. Nel 1976 gli accordi della Giamaica riconobbero formalmente il sistema delle fluttuazioni controllate e riconobbero ai paesi la libertà di scegliere il regime di cambio, nella misura in cui ciò non risultasse destabilizzante per i partner commerciali o per l'ordine mondiale. A fine del 2005 metà dei 186 del FMI avevano optato per un qualche tipo di flessibilità del tasso di cambio. Gli Usa adottarono un regime di fluttuazione libera del cambio, mentre contemporaneamente nel 1979 nasceva l'ECU, e quindi le valute europee erano vincolate in una fascia di oscillazione di +/- 2,25%. In un regime di fluttuazione controllata sono necessarie delle riserve, tuttavia con gli anni si iniziò ad abbandonare l'oro: nel gennaio del 1975 gli USA vendettero parte delle proprie riserve auree nel libero mercato, come anche fece il FMI, che iniziò ad adottare il DSP come unità di misura delle riserva. Dal 1974 il valore di un DSP venne eguagliato alla media ponderata di un paniere costituito dalle 16 valute principali. Oggi è uguale alla media ponderata di queste 4 valute con i loro relativi pesi: Dollaro (45%) Euro (29%) Yen giapponese (15%) sterlina britannica (11%) 29.7 Il funzionamento attuale del FMI Le quote del FMI sono incrementate di modo che alla fine del 2005 le risorse totali ammontavano a 305,2 miliardi di dollari. La vecchi quota aurea è chiamata quota di primo credito. 72 Il Fondo ha ampliato di recente i suoi compiti fino ad includere quello di aiutare anche i paesi membri a superare i propri problemi strutturali: 1. Extended Fund Facility (EFF) istituito nel 1974 per sostenere le riforme strutturali nei paesi membri e ad affrontare le difficoltà nella bilancia dei pagamenti. 2. Supplemented Reserve Facility (SRF) istituita nel dicembre 1997 per provvedere all'assistenza di breve periodo per le difficoltà nella bilancia dei pagamenti dovuti a crisi di fiducia nei mercati 3. Compensatory Financing Facility (CFF) istituita nel 1963 per assistenza in caso di cadute dei proventi delle esportazione o eccessi nell'importazione dei cereali 4. Emergency Assistance diretta a fornire aiuti in caso di disequilibri della bilancia dei pagamenti dovuti a disastri naturali o disordini politici 5. Poverty Reduction and Growth Facility istituita nel 1999 per fornire assistenza di lungo periodo in caso di difficoltà profonde e strutturali nella bilancia dei pagamenti. L'accesso al credito è stato aumentato al 300% della quota conferita. Attualmente chi gode di più di questi fondi sono i paesi in via di sviluppo. Ai paesi richiedenti prestiti è solitamente richiesto dal FMI una riduzione della spesa pubblica e un maggior controllo dell'offerta di moneta, ma mettere in atto tali provvedimenti può portare alla caduta dei governi locali (come è successo in certi casi), e quindi in molti casi il FMI ha allentato la presa. 73